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Cronache Economiche. N.241, Gennaio 1963

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(1)

--DELLA CAMERA DI COMMERCIO INDUSTRIA E AGRICOLTURA DI TORINO

!::~~

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E '~II,I::~~::

)

N.

241

~

GENNAIO 1963

~

L.

Olivelli

Audil

isponde

ad ogni

a

contabile

Ricchezza di dati, certezza di Informazione, possibilità di verifica: di questo ha bi-sogno un'azienda moderna. Ma l'Informazione completa, verificata, esatta, può darla, e In ogni momento, solo la contabilità meccanlzzata.

~

Già da anni la Olivelli ha diffuso In tutto il mondo migliaia e migliaia di macchine esemplari come le Audit 202 e le Audit 302. Esse ha"~v esteso anche ad aziende di dimensioni piccole e medie i vantag -gi della meccanizzazione contabile. I nuovi modelli Audit 402,413,502 e 513 sono ancora più ricchi di automatismi e di prestazioni, ma non meno economici. Con questi modelli Il campo di applicazione delle contabili Olivet11 si allarga fino ad Includere qualsiasi esigenza amministrativa e statist I.a. Una esperl flza orga I ~zativa di vari decenni ha consent v alla Oli-vetti di preparare un personale altamente specializzato che può fornire, senza impegno alcuno, ogni forma di assistenza e consentire cosi di utilizzare nel modo migliore le macchine secondo i plani e le necessità di ogni singola azienda.

(2)
(3)

cronache

economiche

mensile a cura della camera di commercio industria e agricoltura di tori no

numero 241 - gennaio 1963

Corrispondenza, manoscritti, pubblicdzioni deb-bono essere indirizzati alla Direzione della Ri-vista. GI. arllcoli firmllii è siglati rispecchiano ~ollanlo il pensiero dell'Autore e non impe-gnano la Direzione della Rivista ne "Ammini-straz.ione Camerale. Per le recensioni le pubbli-cazioni debbono essere inviale in duplice copia. E' vlelala la riproduzione degli erheali e delle noie senza cdare la fonle. Gli adicoli, anche se non pubblicati, non si restituiscono.

Comitato di redazione: Ono Dott. Giuseppe Alpino Pro!. Dott. Augusto Bargoni Pro/. Dott. Arrigo Bordin Dott. Clemente Celidonio Pro/. Dott. Giovanni Dalmasso Dol!. Giuseppe Franco Dol!. Giacomo Frisetti Pro/. Dott. F. Palazzi - Trivelli

Direttore responslbile: Pro/. Dott. Giuseppe Carone

sommano

3 Presentazione

5 Le macchine da calcolo: un'industria italiana d'avanguardia

Intervista con l'Ing. Nalale Capellaro, Direttore generale tecnico progel" della OlivetI!

G. Biraghi

9 Appunti di analisi regionale (II)

A. Peccei

15 La partecipazione italiana allo sviluppo economico internazionale

l. Jo"a Celesia

19 I bilanci delle società per azioni e le informazioni agli azionisti

N. R. Ve,fidello

27 Psicologia, sociologia e direzione aziendale

30 Rassegna della tecnica, a cura di G. F. Micheletti

U. Bardelli

36 Situazione in Inghilterra fra industria agricoltura e ricchezza di acqua

G. Sacerdote

39 Incontro degli operatori italiani con il Mercato Comune del Centro-America

A. Richetti

43 Equilibrio e sviluppo dell'economia mondiale, di Ragnar Nurkse

R. lenOI

45 Marcia eroica del ferro

R. F.

51 La situazione economica della C.E.E.: consuntivi e previsioni

54 Indice ANFIA di costo del lavoro nel settore delle Carrozzerie di veicoli industriali. Considerazioni introduttive (M.A.) - Metodo di calcolo - Indice

58 Tra i libri

- Ministero dell'Industria e del commercio: Caratteri strufturali del sistema distributivo in Ilalio nel 1961. (G. 8)

- R. Chabod. L. Grive', 5. Saglio: Monte Bianco _ la Sicilia - Friuli-Venezia Giulia. (L. B.) - In biblioteca,

Direzione, redazione e amministrazione:

(4)

nel Centenario del Club Alpino Italiano

a Torino

una Manifestazione unica in Europa, il

l° Salone Internazionale

della Montagna

Palazzo delle Esposizioni al Valentino

30 maggio - 9 giugno 1963

la vita alle alte quote in tutti i suoi aspetti economici, sociali, sportivi e turistici, su 60.000 mq di superficie espositiva

Mostra dei Monti d'Italia

Mostra delle Truppe Alpine Italiane

Rassegna del!' Architettura Montana

Mostra della Flora e Fauna Alpina

Rocciodromo

Pista artificiale per sci

funivie; macchine ed atlrezzature per la viabilità invernale, i cantieri, gli impianti idroelettrici, l'agricoltura montana e la silvìcoltura; aviazione alpina; alberghi e colonie; equipaggiamenti sportivi ed abbigliamento;

stampa specializzata; arie e artigianato alpino; roulotles, tende, bivacchi fissi e case alpine prefabbricate.

(5)

) , dcidcrio di acere a disposizione per l'ambiente economico prodnciale cd anche rrgionale un mezzo l'alido di informa;:;ione per quelli che sono gli aspetti salienti dr/la economia locale anch per i rapporti che lo stessa dene intessendo con economie più allargafe; lo funzione che, peraltro, ha lo Camera di Commer-cio, Industria e A.gricoltura di seguire lo problematico chp prrsenta /'economia di zona e rendere informati uomini di got;erno, pubblici ammini,stratori ed ope-rafori economici, hanno consigliafo che « Cronache Economiche ), già al . uo 16 anno di rito, assumesse. col 1963, un più definito indirizzo.

i infrnde porfare un contributo continuo alla conoscenza dei fenomeni locali considerati sul piano della ricerca, oltre lo semplice illustrazione di pro-blemi, act:alendosi, per questo, della collaborazione di uomini particolarmente preparati; incrementare poi quella fanto uti/e collaborazione fra mondo uni-cersi/ario e mondo operatiro.

In fempi in cui la tecnica t:iene ricoluzionando i sistemi tradizionali sia nei se'ttori produttit:i sia in quelli che interessano il collocamento dei prodotti e l'economia di consumo dene interessando in maniera particolare i mercati, mentre lo ricerca scientifica è dit:enufo elemento determinante per lo produt-tività, l'Istituto camerale ha da considerare quanta della sua attività debba tener conto di tutto questo e rendere' i 1I1e'zzi di CIIi dispone il più possibile produttivi, COn l'adeguarli al/e esigenze ed alle finalità dell'Organismo te'sso.

Cronache Economiche' ,già nota per

il

contributo dato in passato alla cono 'cenza di problemi di carattere specifico dell' economia locale e settoria/L', deve pertanto troeare corrispondenza nei tempi ed es ere al passo con essi. Non sempre è sufficientemente nota tutta lo materia di interesse dei fanti aspetti che presenta un'economia di zona; la conoscenza di problemi di settore può riportare ulteriori contributi alla stessa ricerca scientifica, mcntre dalle impo-slazioni teoriche possono trar i indicazioni per pratiche soluzioni.

La Camera di Commercio ha una funzione di propulsione che diriene dalla natura stesa dell'istituto; perchè fole fUllzione non abbia a risultare isteri-/ita, 1I0n può tra CI/rare che i fatti, le iniziatit;e che /111101.:Ono l'economia di zona siano nOI1 solo studiati, e attentamente tudiati, ma resi, del pari, con l'C'-lIiente11lente noti.

(6)

E' un principio generale comune a tutte le Camere di Commercio, così come è comune l'altra funzione di osservatorio econ0111ico provinciale.

Naturalmente, l'ampliarsi e lo spec'ializzarsi delle economie, la particolare ambientazione, i mezzi a disposizione, possono imporre ad alcune più che ad altre compiti di maggiore ampiezza e complessità, Non va dimenticato che Torino è local'izzata in ambiente particolarmente sensibile all'evolversi de l-l'economia nelle forme più dive'rse e più nuove, e che, pe7tanto, peT la Carnera di Commercio, IndustTia e Agricoltum di Torino assume una ben precisa impor-tanza la fu.nzione di osservatorio economico,

Queste considerazioni hanno appunto consigliato di staccare da « Cronache

Economiche» la pmte di dimtta ed immediata info'rmazione e di interesse dei vm'i gruppi, per restituire alla Rivista la più specifica funzione di docu-mentazione, di studio, di Ti.cerca, di Ti lancio di problemi di pmticolare intemsse. Alla pmte di di,retta informazione e come mezzo utile soprattutto per gli ope-ratori economici, provvederà invece il Bollettino Ufficiale, quale supplemento quindicinale di « Cronache Economiche»,

Col fascicolo di gennaio 1963 la Di1'ezione di « Cronache Economiche» vie-ne affidata al nuovo SegretaT'io Generale della Camera di Commercio, Porof. Giu -seppe Carone, mentm il Dr. Giuseppe Franco, direttore della Rivista fino al dicemhe 1962, avendo lasciato per raggiunti limiti di età la Segreteria Gene -rale della Camera di Commercio, va a far pmte del Comitato di redazione, com-posto dai Signori On, DT, G, Alpino, Prof. A. Bm'goni, Prof. A. Bordin, Dr. C. Celidonio,' Prof. G, Dalmasso, Dr. G. Frisetti, Prof. F, Palazzi Trivelli, ai quali va il ringraziamento per la tanto fattiva collaborazione prestata per il passato e per quella che, non v' è dubbio, vorranno continuare a dm'e a « Cronche Economiche)) ed alla Camera di Commercio.

Al Dr. Franco un particolare ringmz;iamento per tutta l'attività svolta e per

il

contributo sempre portato per la conoscenza dei problemi provinciali acquisita nei molti anni di direzione della Camera di Commercio di Torino.

(7)

l'Ing. Natale Capellaro (-), Direttore Generale Tecnico Progetti della Olivetti.

D. - Quali sono le caratteristiche attuali del me1'

-cato italiano delle calcolatrici e quali previsioni si

pos-sono avanzare?

R. - A conferma della tendenza manifestatasi or-mai da diversi anni, la produzione italiana di macchi-ne da calcolo si sta sviluppando ad un ritmo notevol-mente superiore a quello delle macchine per scrivere.

Nel 1962 sono state fabbricate 708 mila macchine da cakolo e contabili contro 664 mila macchine per scrivere. Percentualmente la produzione delle sole mac-chine da calcolo è arrivata a rappresentare il 51 % della produzione totale, dal 29

Ofo

che essa era nel 1950. La maggior parte viene ·assorbita dai mercati esteri. Nel 1961 ne venne esportato il 78

Ofo

e nel 1962 ben 1'82 Ofo.

Non bisogn.a sottovalutare d'altro canto che anche le richieste del mercato italiano aumentano, il consu-mo medio nel 1962 è stato di 5,2 macchine per scri

-vere per 1000 abitanti (1,32 nel 1950) e di 2,8 mac-chine da calcolo per 1000 abitanti (0,74 nel 1950).

Queste tendenze dovrebbero ulteriormente conso-lidarsi nel prossimo futuro.

D. - Quali tappe sono ipotizzabili nel prossimo futuro dei calcolatori in ge'nere?

L'INTERVISTA DEL MESE

Le macchine

da calcolo:

un' industria italiana

d'avanguardia

R. - Gli utenti si orientano sempre più verso le macchine da calcolo scriventi, con una più accentuata richiesta di macchine a tre o quattro operazioni ca-paci di eseguire calcoli complessi. Si può ritenere che anche altri tipi di macchine, come le fatturatrici e i registratori di produzione avranno più accentuata dif-fusione, affiancandosi in maniera consistente ai mac-chinari tradizionali.

D. - Dal punto di vista tecnico sono p-revedibili ulteriori perfezionamenti dell' attrezzatum delle mac-chine per ufficio?

R. - Tutta la tecnica e quindi anche quella me c-canografica è in continua evoluzione, ·anche perchè la nostra industria opera in regime di aperta concorrenza sul piano mondiale. Ricorderò che la nostra calcolatrice Divisumma 14 è rimasta per molti anni la più com-pleta e ricercata calcolatrice scrivente del mercato. La concorrenza naturalmente ha fatto di tutto per un riav-vicinamento delle reciproche posizioni. Con la Te -tractys abbiamo raggiunto di nuovo una posizione di assoluta avanguardia. E la corsa al prodotto migliore non è finita: tanto più che non è fine a se stessa ma ri-sponde ad una effettiva esigenza del mercato, alle cre-scenti necessità degli utenti.

(8)

D. - Quali caTOtteristiche positive o negative di-versificano la produzione italiana da quella stranieTO?

R. - Tutte le macchine da calcolo Olivetti - che rappresentano circa 1'80 % della produzione italiana - sono scriventi, cioè documentano chiaramente su una striscia di carta i dati del calcolo. Rispetto alle macchine non scriventi - che si limitano a far ap-parire su un indice l'esito dell' operazione e che verrà cancellato da quella successiva - le macchine scri-venti sono meno veloci proprio per la necessità di far

lavorare il meccanismo di scrittura.

La velocità operati\'a delle nostre attuali calcola-trici si è dimostrata tuttavia assolutamente sufficiente alle effettive esigenze degli operatori e comunque è largamente compensata dall'utilità della scrittura.

Que-sta affermazione viene confortata dalle preferenze de-gli utenti che, come ho detto, sempre in maggior

nu-mero richiedono le calcolatrici di tipo scrivente.

D. - Qual è la situazione dell'impoTt di calcola-tTici dall' esteTa?

R. - In regime di piena liberalizzazione, il volu-me delle importazioni continua ad essere sensibilme

n-te inferiore a quello delle esportazioni come risulta

dalla seguente tabella:

Anni 1950 1951 1952 1953 1954 1955 1956 1957 1958 1959 1960 1961 1962 (0) lvlACCHINE DA CALCOLO Numero pezzi (scriventi e non scriventi)

(indice: 1950 = 100)

Percent. impo·rt. Esportaz. Importaz. su esporto

(1) 100,0 100,0 50,9 185,4 100,8 27,7 195,4 106,7 27,8 185,7 102,4 28,1 243,3 70,3 14,7 354,0 83,4 12,0 413,7 77,2 9,5 551,1 84,3 7,8 624,6 67-,0 5,5 789,2 76,1 4,9 1.436,5 105,6 3,7 2.309,0 120,1 2,6 2.777,7 157,5 2,9

(0) dati provvisori. (1) incluse contabili.

D. - Cosa pensa della graduale automaz'ione d e-gli uffici dal punto di vista contabile e dei relativi li-miti?

R. - L'automazione amministrativa è in pieno

sviluppo anche in Italia soprattutto da quando l'elet-tronica ha messo a disposizione delle aziende e degli uffici i suoi eccezionali strumenti di elaborazione. Le

61

CRONACHE ECONOMICHE

loro capacità sarebbero rimaste però in gran parte

inu-tilizzate se la periferia aziendale e burocratica non avesse potuto essere attrezzata con speciali macchine, a funzionamento meccanico e di basso costo, capaci

di raccogliere automaticamente su speciali supporti i

dati contenuti nei documenti contabili consentendone il diretto invio ai centri di elaborazione elettronica. Mi riferisco in particolare alle contabili Olivetti della clas-se Audit, dotate di perforatore di nastro con le quali si sono realizzate le indispensabili basi periferiche per

una integrale meccanizzazione del lavoro ammini stra-tivo e contabile.

Elettronica e meccanica si sono incontrate in ma-niera ancor più diretta, intima direi, in macchine come la nostra Mercator: una fatturatrice nella quale alla parte meccanica è connesso un pannello elettronico per

]' esecuzione ultrarapida della moltiplicazione.

Senza togliere nu Ila all' elettronica il cui campo di azione è destinato ad allargarsi, è anche certo che in

taluni settori la meccanica resterà insostituibile. Non si dimentichi che gli stessi elaboratori elettronici han-no bisogno di organi meccanici per l'introduzione delle

informazioni e di altri organi meccanici per la stampa dei dati elaborati.

D. - La produzione della Unde'l'wood americana è oTientata pTincipalmente veTSO le macchine da scri-veTe o anche verso il settore delle calcolatTici?

R. - Da quando la Olivetti ne ha assunto il con-trollo, la Underwood ha riorganizzato la sua produ-zione, riducendo i tipi delle proprie macchine e orien-tandosi soprattutto sulle macchine per scri\'ere, al fine

di conseguire una riduzione dei costi.

Le conseguenze di questa politica di

specializzazio-ne produttiva si sono dimostrate positive: le macchine

per scrivere standard Underwood - ad esempio

-hanno già conquistato un terzo di tale settore del mer-cato americano.

D. - Quali sono gli aspetti della pTeparazione e del repeTimento del personale specializz'ato in 1'e la-zione aZZa fabbricazione delle calcolatrici e della pTO-duzione Olivetti in geneTe?

R. - Nei reparti di montaggio delle macchine da calcolo e per scrivere possono essere utilizzati anche operai non specializzati, Le nostre linee di montaggio sono organizzate secondo una suddivisione di fasi,

ri-dotte in alcuni casi anche a meno di un minuto, per cui un operaio non provvisto di nozioni meccaniche è in grado dopo pochi giorni di addestramento di svol-gere il suo compito in modo perfetto.

Le officine di attrezzaggio e di produzione hanno invece bisogno di personale spesso altamente

specia-lizzato. A questo particolare aspetto farò accenno più

(9)

D. - Tra i fattori geog1"Ofico-economici che hanno determinato l'insediamento della Olivetti nella zona di Ivrea, rientrano fOt"se particolari disposizioni della ma-nodopera locale?

R. - La Olivetti è sorta e si è sviluppata a Ivrea perchè il suo fondatore, l'ing. Camillo Olivetti, vi era nato e qui viveva.

Ivrea, ai primi del secolo, era al centro di una zona esclusivamente agricola senza una qualsiasi tradizione industriale; tale caratterizzazione ambientale costituì ovviamente non un vantaggio ma un ostacolo per l'av-viamento dell'impresa. L'ing. Camillo Olivetti dovette addestrare da se stesso uno per uno i suoi operai, ex contadini o ex artigiani, impartendo loro nozioni di meccanica, di elettricità e di tecnologia. E tra questi operai riuscì a individuare e a formare elementi di grande valore, come Domenico Burzio, che divenne addirittura il suo primo direttore tecnico.

D. - Cosa pensa del futuro della manodopera

spe-cializzatai' Cosa si sta facendo in questo specifico

set-tore?

R. - Praticamente già siamo giunti ad un regime

di pieno impiego per gli operai specializzati. E l'inc es-sabile trasformarsi e progredire dei processi tecnolo-gici e produttivi consoliderà questo fenomeno a scapito delle qualifiche inferiori e, a maggior ragione, della

manovalanza. L'Olivetti da molti anni provvede a for-mare manodopera specializzata nelle sue scuole per meccanici; altra ne reperisce attra\"erso le nom1ali vie di reclutamento.

Nelle assunzioni, nella scelta del personale - mi sembra importante aggiungere - non viene effettuata alcuna discriminazione che non derivi da una rigorosa selezione professionale. Ricorderò che accanto a me,

nel gruppo di progettisti che partecipano al mio lavoro, vi sono diversi ingegneri e tecnici venuti a I Vl·ea. dal Mezzogiorno. E nel nostro stabilimento di Pozzuoli,

dove tutto il personale è stato reclutato sul posto, la produttività non è affatto inferiore a quella delle mae-stranze del Nord. Anzi in taluni casi è addirittura su-periore.

(0) A Natale Capellaro, progettista geniale e fecondo, spetta una parte di primo piano nella fortunata vicenda industriale del-la Olivetti, affermatasi come la più grande e progredita fabbrica del mondo di addizionatrici e cal.colatrici scriventi. Queste

mac-chine, praticamente tutte, portano infatti la sua firma; e costituiscono gli episodi più evidenti della sua quarantacinquennale vita dii -tecnico. Il 20 dicembre '62 l'Università di Bari gli ha conferito la laurea in ingegneria «honoris causa ».

Capellaro, oggi direttore generale tecnico per la progettazione delle macchine per sClivere e da calcolo, è nato a Ivrea il 22-12-1902 e fu assunto dalla Olivetti nel 1916, quattordicenne, come apprendista operaio.

Nel 1929 veniva promosso capo reparto d'officina. A lui si devono gli studi per la suddivisione in fasi del lavoro per il montaggio delle macchine per scrivere, secondo un metodo che ha costituito la base della moderna produzione di serie

della Olivetti. el 1930 passò all'ufficio progetti, dove collaborò alla messa a punto di alcuni modelli di macchine per scrivere e alla realizzazione delle prime macchine da calcolo, nel 1938 venne promosso impiegato. Ne divenne capo nel 1943. Un anno dopo usci

la sua prima calcolatrice, assolutamente nuova rispetto ai modelli tradizionali. Nel 1948 questa macchina, corredata del dispositivo di divisione automatica, pur conservando il saldo negativo, diveniva - col nome «Divisumma» - la più completa e ricercata

cal-colatrice del mercato mondiale. el 1948 Capellaro fu nominato dirigente, nel 1952 direttore centrale, nel 1957 vice direttore ge-nerale, nel 1959 condirettore generale e nel maggio 1960 direttore generale tecnico progetti Macchine per Scrivere e da Calcolo, per

assumere dopo quella data anche ia responsabilità dei progetti di nuovi modelli di macchine per scrivere a movimento elettrico e manuale.

Nuove macchine da calcolo, di piccole e di grandi dimensioni, addizionat.rici, contabili (con un meccanismo di scrittura, a

ruote portacaratteri, unico nel suo genere) venivano intanto realizzate e messe in produzione, in modelli sempre d'avanguardia sia per l'originalità delle soluzioni in esse contenute, sia per le capacità operative di cui risultavano dotate. Ba ti ricordare la «Tetractys»,

che, per le sue eccezionali prestazioni, praticamente non ha incontrato concorrenza su nessun mercato.

Diversi modelli sono stati muniti di «perforatori di banda », a comando automatico, per la codificazione dei dati calcolati su

strisce di carta, destinate ai centri meccanografici ed elettronici. Altre applicazioni sono state realizzate in macchinari speciali per la

registrazione dei dati, e in fatturatrici dotate di dispositivi elettronici per l'esecuzione della moltiplicazione.

Nello stesso tempo, Capellaro ha dedicato una cura particolare ai prodotti minori - vere «macchine portatili» che pesano poco più di 4 chili - in cui sono stati condensati tutti gli accorgimenti tecnici delle calcolatrici di maggiori dimensioni.

(10)
(11)

Appunti

di

Coefficiente di concentrazione nazionale - Il quoziente di localiz-zazione regionale ci aiuta a cono-scere se in una data regione un cer-to tipo di attività economica è pro-porzionalmente presente, o meno, in rapporto a determinate grandez-ze fondamentali. E' molto difficile, per non dire impossibHe, che si ab-bia un perfetto equilibrio e pe r-tanto una distribuzione non unifor-me costituisce la regola. Ciò posto, sorge 1'esigenza di una misura s in-tetica del grado di concentrazione, cioè di non equi distribuzione, dei diversi rami o classi o categorie di intraprese. E' quello che gli anglo-sassoni chiamano « coefficient of

10-calization » e che potremmo conve -nientemente tradurre in « coeffi-ciente di concentrazione nazionale».

Esso viene normalmente calcola-to: a) determinando per ogni reg io-ne la differenza fra la quota perce n-tuale di addetti ad un certo ramo di attività economica e la quota pe r-centuale della grandezza assunta come base (nel nostro caso ancora il territorio, la popolazione, gli oc-cupati nell'industria e nel commer-cio); b) sommando fra loro le diffe -renze esclusivamente positive (o quelle esclusivamente negative). Si ottiene così un valore oscillante fra lo zero e l'unità.

Se una certa attività economica è per ipotesi distribuita esattamente come il fenomeno preso quale ter -mine di riferimento, il valore sarà zero; se invece è concentrata in una sola regione, il valore si approssi-merà all'unità (1).

Va osservato che la struttura del coeffìciente di concentrazione -confronto di due distribuzioni per-centuali riferito ad un determinato

INDAGINI E PROBLEMI

analisi

r

egionale

*

II

applicata, oltre che aHe precedenti, a qualsiasi altra coppia significativa di distribuzioni percentuali. Abba-stanza frequente, ad esempio, è

1'a-G.

Biraghi

per una valutazione preliminare, di approccio, circa il tipo di intraprese che possono essere sollecitate ed in-centivate. E' chiaro infatti che le

Tab. 1 - COEFFICIENTI DI CONCENTRAZIONE NAZIONALE (1961)

(addetti all'industria e al commercio)

Rispetto alla

I

Rispetto alla

Rispetto alla dlstrlb. degli Rami di attività economica dlstrlb. superfiCie della dlstrlb. della addetti attlv.

terrl torlale

-Agricoltura, foreste,

caccia e pesce! 0,19 Industrie estrattive 0,24 Industrie mallifatturiere 0,36

Costruzioni e impianti 0,29

Elettricità, gas, acqua 0,27

Commercio 0,24

Trasporti e comunicazioni 0,26

Credito e assicurazione 0,28

Servizi 0,22

Industria e commercio

(in complesso) 0,29

complesso di regioni può essere nalisi della distribuzione territoriale comparata di due attività economi-che: allora si preferisce parlare di «coefficiente di associazione geo-grafica» (coefficient of geographic assoCÌ'ation) .

La tabella che precede (tab. 1) contiene i coefficienti di concentra-zione nazionale per ogni singolo ra-mo di attività economica e per l'in-dustria e il commercio nel loro insie -me, calcolati ordinatamente con ri-ferimenti alla superficie territori.ale, alla popolazione legale e all' ammon-tare globale degli addetti all'indu-stria e al commercio.

Lo scopo principale di tali serie di coeffìcienti, 'la cui utilità cresce in funzione del livello di disaggre -gazione delle rispettive voci, è di mettere a disposizione del program-matore che intenda realizzare una politica di differenziazione e cono-mica territoriale un criterio

appro-popolaz. legale ind. e CQmm.

In complesso , 0,18 0,30 0,28 0,35 0,28 0,11 0,19 0,08 0,16 I 0,08 0,12 I 0,09 0,13 0,16 0,18 0,10 0,09 0,15 -0,19

-priato di scelta. Essi offrono -la base attività distinte da bassi coefficienti sono relativamente non cencentrate

(0) La prima parte dello studio è stata pubblicata in « Cronache Economiche",

n. 240, dicembre 1962. Ci r Ri Ni R N

(1) La formula applicabile è la seguente:

r Ri R Ci = L ( -- - ) , j=1 Ni N Ri R per - -

>

--,

in cui: Ni N coefficiente di concetrazione nazio-nale per l'attività economica i;

numero delle regioni;

numero degli addetti all'attività economica i in una data regione; numero degli addetti all'attività i

nello Stato;

ammontare della superficie territo -riale (o della popolazione, o degli addetti all'industria e al comme r-cio in complesso) di una data re -gione;

ammontare della superficie ter rito-riale (o della popolazione o degli

addetti all'industria e il commercio) dello Stato.

(12)

Tab. 2 - DISTRIBUZIONE REGIONALE DEGLI AD DE

(sE'condo i CensimenLi dell'Indust

foreste, cac· estrattive manifatturiere

_c_ia_e~pe_sc_a l _____ , -____ - . _____ I ______ . -____ ~ __

Costruzioni

e impianti Gas. Acqua Elettricità.

I

~aml Agricoltura, Industrie Industrie

Regioni 1961 1951 1961 varlaz. 1951 1961 varlaz. 1951 1961 varlaz. 1951 1961 varlaz

- - - --1- - - - 1 1 - - -- - -1- - - -1 - - - ;

Piemonte

Valle d'Aosta Liguria

Lombardia

Trent. Alto Adige

Veneto

Friuli - Ven. Giulia

Emilia - Romagna Marche Toscana Umbria Lazio Campania Abruzzi e Molise Puglia Basilicata Calabria Sicilia Sardegna 6,36 5,25 0,26 1,69 1,08 2,37 8,09 7,98 1,08 2,13 9,06 4,47 2,71 '2.27 15,48 4,21 4,37 3,30 5,96 19,23 1.34 2,43 4,75 6,60 3,78 10,44 0,91 4,35 8,88 3,65 2,82 1,42 3,55 0,17 1,00 11,37 4,50 20,69 6,08

+

0,83 15,92 15,26 - 0,66 l,56 - 0,13 0,33 0,24 -0,09 2,20 - 0,17 4,51 3,73 - 0,78 10,94

+

2,96 32,14 32,32

+ 0,18

2.88 +0,75 5,50

+

1,03 1,88 -0,39 4,37

+

0,16 1,45 -1,85 18,87 -0,36 0,94 -1,49 5,66

+

2,01 3,61

+

0,79 2,06

+ 0,64

4,98

+

1,43 0,51

+

0,34 1,25

+ 0,25

12,29

+

0,92 12,97 -7,72 1,30 1,18 - 0,12 7,63 8,40

+

0,77 2,63 2,37 -0,26 5,9fl 7,84

+

1,88 1,79 1,95

+ 0,16

6,8B 7,81

+ 0,95

1,29 1,10 - 0,19 3,83 4,05

+ 0,22

4,98 4,80 - 0,18

.

"'"

,..,

l:E "l • 1,47 1,21 - 0,26 3,02 2,61 - 0,41 0,45 0,31 - 0,14 l,51 1,05 - 0,46 3,46 2,98 - 0,48 0,92 0,79 - 0,13 9,17 0,76 4,49 19,11 3,37 6,59 3,37 9,23 2,58 6,18 1,15 13,04 4,41 3,07 3,16 1,12 2,42 4,88 1,90 9,22

+

0,05 0,33 -0,43 4,78

+

0,29 23,69

+

4,58 2,25 -1,12 8,80

+

2,21 2,89 -0,48 10,51

+

1,28 2,62

+

0,04 6,49

+

0,31 1,30

+

0,15 8,84 -4,20 4,66

+

0,25 2,28 -0,79 2,95 -0,21 0,96 - 0,16 1,93 -0,49 3,86 -1,02 1,64 -0,26 11,27 0,77 5,62 22,17 3,68 7,24 3,05 6,91 1,76 5,79 1,92 7,65 1 6' 97 1 1,77 3,21 0' 72 1 2,03 5,50 1,97 10,89 -0,3 1,19

+

O,~ 4,67

-0,9

23,63

+

1,4 3,00

I

-o,e

8,18

+

0,1 2,43 -O, 6,50 -O, 1,78

+

0,( 4,83 -O, 1,42 - 0, 7,06 -O" 6,79 -O, 2,29

+

0, 3,27 +0, 0,79

+

O, 1,90

-o

,

6,72

+

l, 2,66

+

0, 1- - - -1- - - --1- - - -- -- - - 1 - - - 1 , - - - -1- - - 1 - - - - -- - - -1 -ITALIA 100,00 100,00 100,00 100,00 100,00

(0) Non ha formato oggetto eli rilevazione nel censimento del 1951.

regiona:lmente e perciò presumibil-mente orientabili verso l'insedra-mento in aree bisognose di una' di-versiBcazione economica.

I valori speciBci raccolti nella no-stra tabella si prestano a inte res-santi considerazioni. Basterà qual-che cenno.

La concentrazione degli addetti ai vari rami di attività economica è In generale massima se si prende come base la superncie, decresce quando ci si riferisce alla popola-zione ed è minima allorchè si assu-me coassu-me termine di confronto il

cOlnplesso degh addettI alle attlvità

industriali e commerciali. La cosa

è abbastanza logica: il territorio è

10

I

CRONACHE ECONOMICHE

quello che è, geograBcamente Bsso per quante vicende storiche lo pos-sano toccare e magari sconvolgere; trasferibile è invece la popolazione, che -le esigenze del benessere so-spingono verso zone meno ingrate o più prospere; ancora più mobili le

forze di lavoro, sulle quali agisce ben decisamente il richiamo di più alte retribuzioni e di condizioni tec-nologiche più avanzate.

I rami che denunci.ano il più alto grado di concentrazione sono le in-dustrie estrattive ~seconda e special-mente terza serie di coefBcienti) e quelle mamfattunere (pnma e se-conda serie). Per le estrattive è fa-cile darsene ragione in quanto si

100,00 100,00 100,00 100,00

tratta di attività legate a condizioni naturali non modiBcabili. Per le ma-nifatturiere la spiegazione deve

es-sere attinta in quel processo cumu-lativo di sviluppo che è caratteri-stico delle aree inizialmente favorite da un certo insediamento di unità produttive: il sorgere e l'affermarsi di una efficiente industria manifat-turiera è stimolo per l'addensarsi di altre iniziative dello stesso tipo, e non solo di questo.

(13)

qua-VARI RAMI DI ATTIVITA' ECONOMICA del Commercio)

Commercio coTrasporti municazione i

r

1951

- -

-

1961 variaz. 1951 1961 variaz. 10,0.3 9,21 - 0,82 8,.39 8,51

+

0,12 0,25 0,26

+

0,01 0,14 0,16

+

0,02 5,19 5,11 - 0,08 9,21 8,80 - 0,41 18,84 19,00

+

0,16 13,39 15,63

+

2,24 2,00 2,17

+

0,17 1,64 l,56 -0,08 8,36 8,27 - 0,09 7,24 7,00 - 0,24 3,12 2,77 - 0,35 4,07 3,30 - 0,77 8,21 8,35

+

0,14 7,95 7,45 -0,50 2,26 2,24 - 0,02 2,13 2,06 - 0,07 7,30 7,29 - 0,01 7,21 7,.31

+

0,10 1,19 1,23

+

0,04 1,34 1,26 - 0,08 7,59 8,30

+

0,71 10,70 11,86

+

1,16 7,07 7,12

+

0,05 8,52 7,70 -0,82 2,28 2,30

+

0,02 1,8.3 1,83 -4,45 4,75

+

0,30 4,28 3,92 -0,36 0,62 0,60 - 0,02 0,56 0,52 -0,04 2,26 2,40

+

0,14 2,62 2,53 -0,09 6,88 6,.38 - 0,50 6,69 6,57 - 0,12 2,10 2,25

+

0,15 2,09 2,0.3 -0,06

Credito e Servizi [ndustria e commercio

Assicurazioni (In complesso) 1951

I

1961 variaz. 1951 1961 varlaz. 1951 1961 variaz. 8,73 8,84

+

0,11 8,50 8,44 -0,06 12,63 12,03 -0,60 0,11 0,23

+

0,12 0,15 0,20

+

0,05 0,35 0,27 - 0,08 4,80 4,96

+

0,16 4,87 5,02

+

0,15 5,07 4,66 - 0,41 21,86 22,95

+

1,09 14,91 15,50

+

0,59 24,87 25,57

+

0,70 1,43 l,54

+

0,11 1,12 1,27

+

0,15 1,71 1,62 - 0,09 6,14 6,13 - 0,01 6,61 6,87

+

0,26 7,59 8,15

+

0,56 2,78 2,52 - 0,26 2,96 2,83 - 0,13 2,94 2,61 - 0,33 7,17 7,31

+

0,14 7,92 8,93

+

1,01 7,02 8,17

+

1,15 2,05 1,88 - 0,17 2,30 2,27 - 0,03 2,05 2,10

+

0,05 7,04 7.10

+

0,06 7,72 7,81

+

0,09 7,18 7,58

+

0,40 1,03 1,02 -0,01 1,26 1,21 - 0,05 1,28 1,17 - 0,11 13,57 1.3,99

+

0,42 8,74 9,53

+

0,79 6,49 6,72

+

0,23 6,88 6,06 - 0,82 10,34 9,57 - 0,77 5,96 5,82 - 0,14 1,72 1.61 - 0,11 2,03 1,88 - 0,15 1,85 1,70 - 0,15 3,67 3,34 -0,33 6,13 6,03 - 0,10 3,62 3,47 -0,15 0,51 0,46 -0,05 0,93 0,72 -0,21 0,57 0,49 - 0,08 1,86 1,60 - 0,26 2,41 2,38 - 0,03 1,90 1,68 - 0,22 7,25 7,06 - 0,19 9,27 7,78 -1,49 5,14 4,64 - 0,50 1,40 1,40 - 1,83 1,76 - 0,07 1,78 l,55 - 0,23 )0,00 100,00

-

100,00 100,00 - 100,00 100,00 - 100,00 100,00 - 100,00 100,00

,

-dro della struttura economica gene -rale. Il contrasto fra la notevole co

n-centrazione territori.ale e demogr

a-fica ed il sensibile livello di equidi-stribuzione nel]' ambito del sistema produttivo stanno a significare che l'industria manifatturiera è fattore di propulsione e condizione di cr e-scita per tutta una gamma di altre attività. Essa si qualifica come

in-dustria effettivamente

motri

ce,

con-ditio sin e qua non di progresso

eco-nomico globale.

Le industrie estrattive segnano il

più alto valore nella terza serie di

coefficienti; a ridosso vengono le

at-tività industriali e commerciali con-nesse con il settore primario. Da ciò

appare come per un certo numero di regioni, in genere meridionali, la struttura produttiva non sia suffi -cientemente equilibrata, attraverso

una conveniente diversificazione di iniziative.

Le industrie manifatturiere

pre-sentano invece il massimo coeffi -ciente nel campo della distribuzio-ne territoriale, coefficiente che è pure il più elevato in senso ass o-luto: espressione numerica di quel triangolo industriale che fa dell 'Ita-ha Nord-Occidentale un' area

eco-nomica di srandard centro-europeo.

Valori di concentrazione fra i più bassi troviamo per i servizi ed il commercio, sotto il profilo te

rritoria->

le e demografico. Il fatto è abba-stanza plausibile, ove si rifletta che si tratta di attività radicalmente

svincolate da condizioni naturali e

piuttosto connesse alla ripartizione della popolazione. N ella terza serie

di coeffi'Cienti rivelano un notevole

livello di equi distribuzione, oltre

il

commercio, le industrie delle co-struzioni e installazioni di impianti, le industrie di produzione e distri-buzione di energia elettrica, gas, acqua, nonchè le attività del cre di-to, assicurazione e gestioni finanzi

a-rie. Anche questo è facilmente

com-prensibile, posto il carattere squisi-tamente strumentale di taIi rami nei

confronti dell' economia in genere.

(14)

"

I

~ 60 « u :;' o z § so

:c

~ ....

"

« « 60 U :;' o z §

'"

.... '> E « C 40 ;:: .... w o o 20 <t ,o

CURVE DI CONCENTRAZIONE Fig. 1

000

"

.0'

AGRIC.OLTURA, VOR(STL, (AeC111 ( PCSCI1.

COMMCRCIO

ALTR( ATTIVltA'

TOTALe.

20 40 SO ~ 90 100

SUPERFICIE TERRITORIALE (percentuale cumulativa l

CURVE DI CONCENTRAZIONE Fig. 2

..... ACRICOLTURA, rORI:Sn::. CACOA ( PeSCA

_ _ _ _ COMM(RCIO .~ •••••• _ ALTRI: ATTlVIT,II[

- - TOTAlt

60 70

..

.0 '00

POPOLAZIONE RESIDENTE (percentuale cumulativa )

12

l

C R O N A C H E E C O N O M I C H E

"

"

"

Coefficiente di ridistribuzione

Dagli esperti di analisi regionale

viene considerato come una

varian-te del coefficiente di concentrazione il « coefficient of redistribution» o

«coefficiente di ridistribuzione

Ier-ritoriale ». Esso è fondamentalmen -te una misura delle differenze fra

due distribuzioni dello stesso

feno-meno riferite ad epoche diverse. Il procedimento di calcolo è

iden-tico a quello impiegato per 'la dete

r-minazione del coefficiente di

con-centrazione. Nel nostro caso il coef-ficiente di ridistribuzione territoriale

può essere utilizzato per lo studio degli spostamenti intervenuti, fra il

Censimento del 1951 e quello del

1961, nella ripartizione regionale degli addetti alle attività industriali e commerciah in genere e ai singoli rami in specie.

11 primo passo da compiersi in

questo senso consiste nel raffronto

fra ,le quote pertinenti a ciascuna

regione, rispettivamente nel 1951 e nel 1961. Le risultanze sono

conte-nute nella tabella 2, dalla quale

emerge anche il senso e l'enti tà de

l-la variazione avvenuta.

Si è già detto che attraverso que-sta tabella è possibile avere un'idea

dei movimenti sopravvenuti in c

ia-scuna regione sotto il profilo del

peso comparativo della massa di ad-detti alle attività industriali e com-merci.ali. Uno sguardo sommario ai dati avverte che nel corso del de-cennio alcune regioni hanno cam-minato più in fretta di altre e

per-tanto la loro importanza sul piano

nazionale si è accresciuta; altre

han-no progredito più lentamente,

quan-d'anche non si sono fermate o han-no addirittura regredito. A questo

proposito è opportuno insistere sul

fatto che non sempre la diminuzione dei termini percentuali rispetto al valore globale nazionale è det ermi-nata da un arretramento in senso

assoluto, ma può essere invece la conseguenza di un disparato ritmo

di sviluppo.

Se esaminiamo la situazione degli

addetti all'industria e al commercio

nel loro insieme osserviamo che

(15)

relativa in primo luogo

l'Emilia-Ro-magna e poi, nell'ordine, la Lom-bardia, il Veneto, la Toscana, il La

-zio e le Marche; per le altre regioni

si è verificata una perdita di peso, che tocca un massimo per il Pie -monte.

Vale la pena di notare che fra le

regioni del triangolo industriale solo

la Lombardia ha rafforzato la sua posizione; le regioni meridionali in

genere hanno perso quota, mentre

le regioni dell'Italia nord-orientale e centrale mettono in mostra un e

vi-dente dinamismo.

Se ci soffermiamo su alcuni fra i

rami più indicativi, rileviamo che per le industrie manifatturiere fa n-no spicco i progressi dell 'Emilia-Romagna, delLa Toscana e del Ve -neto, mentre denunciano una re la-tiva flessione la Liguria e il Pie -monte; nel commercio aumenta la partecipazione soprattutto del La

-zio, mentre diminuisce sensibilme n-te quella del Piemonte; nel ramo

delle costruzioni e impianti si af-ferma ulteriormente la Lombardia, seguita a una certa distanza dal Ve

-neto e poi dall'Emilia-Romagna, mentre perde terreno il Lazio; nel

campo dei trasporti e delle comuni

-cazioni si accentua sensibilmente la presenza ancora della Lombardia e

del Lazio, mentre decresce quella della Campania e del Friuli.

I coefficienti di ridistribuzione, calcolati nel modo anzidetto, danno per i singoli rami e per il loro c om-plesso i valori raccolti nella tabella

seguente (tab. 3).

Tab. 3 - COEFFICIENTI DI RIDI-STRIBUZIONE (1951-1961) (addetti al!'industria e al commercio)

Rami di attività economica

I

Coeftlclen ti

Agricol tura, foreste,

caccia e pesca (0) -Industrie estrattive 0,12 Industrie manifatturiere 0,04 Costruzioni e impianti 0,09 Elettricità, gas, acqua 0,05 Commercio 0,02 Trasporti e comunicazioni 0,04 Credito e assicuarzione 0,02

Servizi 0,03

Industria e commercio

I

(in complesso) 0,03 (0) Questo ramo non ha formato og -getto di rilevazione nel Censimento del 1951. '" u 'i o z 8

'"

5' ~ ;;: E

'"

c

.,

"

"

"

...J

'"

"

z

'"

u 'i o ~ so tl CURVE 01 CONCENTRAZIONE Fig. 3

ACI!ICOLTURA. rOReSTC, CACCtA C pcscP, ltlDUSTRIA

-- -- COl'>'MCRCIO

••••••••• ALTRe ATTIVIT/:.

J<l 50 60

..

IO'

ADDETTI ALL' INDUSTRIA E AL COMMERCIO IN COMPLESSO (percentuale cumulativa)

CURVE 01 RIOISTRIBUZIONE Fig. 4

-- - - COMMeRCIO

•••..•• _ ALTR( AllIVIU'

- - TOHlL(

lO so 60 10

'"

ADDETTI AI SETTORI 01 AllIVITA' ECONOMICA NEL 1951 (percentuale cumulativa )

(16)

Queste cifre ci consentono di mi-surare fino a qual punto i rapporti tra regione e regione nel nostro Pa e-se sono andati mutando tra il 1951 e il 1961, per ciò che riguarda la struttura industriale e commerciale. In verità le posizioni non sem-brano gran chè cambiate, dal mo-mento che il coefficiente di ridi stri-buzione generale raggiunge solo il tre per cento. Il confronto fra i vari rami ci fa sapere però quali sono le attività produttive che più delle al-tre hanno con tribuito alle variazio-ni. E' chiaro che sono state soprat-tutto le industrie estrattive e quelle delle costruzioni e delle installazioni di impianti a subire i maggiori spo-stamenti territoriali; per tutte le al-tre si hanno coefficienti assai bassi, che poco si d'scostano da quello gl o-bale dell'industria e del commercio.

o o o

Ct/1"'ue di concentTGzione - Uno strumento in certi casi forse più pra-tico del coefficiente di concentra-zione è la « cu rva di concentra-zione ».

Essa viene costruita con il noto metodo di Lorenz, rappresentando in coordinate cartesiane i valori per-centuali cumulati delle varie regio-ni, con riferimento da un lato al numero di addetti alle attività eco -nomiche (ordinata), dall' altro all'en-tità della grandezza assunta come base (ascissa). Praticamente la cur-va di concentrazione viene ricavata dai valori contenuti nelle tabelle 2, 3 e 4 della precedente Parte

J

(2) mediante le seguenti operazioni: a)

ordinamento delle regioni in via d e-crescente sulla base del quoziente di localizzazione; b) disposizione dei valori che fungono da numera-tore e denominatore distintamente sui due assi, con procedimento cu-mulativo. In ultima analisi si tratta di un utile accorgimento per confi-gurare la posizione delle regioni in base al quoziente di localizzazione, poichè le inclinazioni dei segmenti di retta coincidono appunto con il valore dei quozienti di localizzazio-ne di ciascuna. Se una data attività

14

I

c R o N A C H E E C o N o M I C H E

economica, quanto a ripartizione degli addetti, è distribuita per re-gioni in maniera perfettamente cor-rispondente a quella della grandez

-za di base, i quozienti di Iocalizza-zione saranno uguali all'unità e la curva di concentrazione avrà una inclinazione di 45° a partire dal-l'origine. Viceversa qualunque di-vergenza nelle due distribuzioni si risolverà in uno spostamento della curva al di sopra e a sinistra della diagonale o retta di equidistribu-zione. L' en tità della deviazione co-stituisce una misura della concen-trazione della data attività econo-mica, rispetto al fenomeno di rife-rimento.

La curva di concentrazione è usa-ta soprattutto per stabilire confronti significativi e immediati. Questi pos -sono riguardare modelli di distribu-zione geografica di diverse attività economiche in un determinato mo-mento, oppure modelli di distribu-zione della stessa attività economica in epoche diverse. I vantaggi della presentazione grafica sono abbastan

-za evidenti. I diagrammi contenuti nelle figure l, 2 e 3 costituiscono una applicazione pratica delle cur-ve di concentrazione ai settori indu-striali e commerciali, secondo le ri-sultanze del censimento del 1961, assunti successivamente come ter-mini di confronto la superficie, la popolazione e il complesso degli ad-detti alle attività industriali e com-merciali.

Un rapido esame dei tre dia-grammi mette subito in chiaro che:

a) prendendo come termine di para-gone la superficie territoriale, l'in-dustria presenta il massimo grado di concentrazione; seguono le co-siddette « altre attività» (trasporti e comunicazioni, credito e assicura-zione, servizi); viene poi il commer-cio e per ultime le attività agricole, forestali, venatorie, pescherecce; b) facendo riferimento alla popolazio-ne lega.]e, la maggiore concentrazio-ne tocca ancora all'industria, segui-ta però dall'agricoltura ecc., e a distanza dalle « altre attività »; in-fine viene il commercio; c) assumen-do come base l'insieme degli

ad-detti alle attività industriali e com-merciali, il livello più alto di con-centrazione si riscontra nel settore dell'agricoltura ecc., a distanza ve n-gono le « altre atti"ità », il commer-cio e per ultima !'industria.

I! significato economico dei di-versi gradi di concentrazione è già stato esaminato, più analiticamente, nel paragrafo dedicato ai coeffi -cienti di concentrazione.

Anzichè porre in contrasto i mo-delli di distribuzione geografica del -le diverse attività produttive, può essere talora particolarmente int e-ressante - come s'è detto - porre a confronto due distribuzioni tem-porali delle stesse attività. In tal caso si parla propriamente di « cur-va di ridistribuzione ». N ella figura 4 sono tracciati i diagrammi di ridi-stribuzione dei settori fondamentali dell'industria e del commercio, fra il 1951 ed il 1961, (III e IV C ensi-mento generale dell'Industria e del Commercio).

Si ha qui la conferma, in termini più sintetici ed appariscenti, di quanto già si osservò a proposito del coefficiente di ridistribuzione. Per concludere, le curve di con-centrazione (o di ridistribuzione) possono ritenersi un utile comple-mento, anche se non un sostituto, del coefficiente di concentrazione (o di ridistribuzione). Esse offrono, in-sieme con la misura della concen-trazione, caratteristiche indicazioni territoriali, derivanti dal fatto che le pendenze dei segmenti di linea mettono in luce i quozienti di loca-lizzazione regionale e mostrano così le componenti elementari della struttura geo-economica nazionale. Si ha così a disposizione uno stru-mento di analisi, utile soprattutto quando si abbia a che fare con studi sistematici basati su un insieme di tabelle molto complesse, nelle quali sia adottata una classificazione delle attività economiche assai particola-reggiata.

(17)

La

partecipazione italiana

econOIllICO

allo sviluppo

internazionale

,;

A

.

Peccei

Abbiamo ormai bene in mente, dopo le relazioni

che hanno preceduto questa, le due forme tipiche che prende l'aiuto internazionale per lo sviluppo: la forma

del finanziamento e quella della cooperazione.

Cono-sciamo vie, modi e strumenti di codesta atti\"ità, secon-do che si configurino in programmi multilaterali - a scala mondiale o a sca,la regionale - o in programmi

bilaterali, o ancora in combinazioni varie di codesti tipi di programma; e sappiamo che il nostro discorso

si deve limitare alle forme di cooperazione che si

rivol-gono a paesi appena giunti all'indipendenza politica o alle soglie dell'indush'ializzazione, se non ad uno stadio anche più primitivo dello sviluppo, all'alba di un' eco-nomia di scambio. Dobbiamo escludere da esso ogni riferimento a tutte le manifestazioni di cooperazione economica - ovviamente assai più nutrite in numero

e sostanza - che tanta parte hanno nello sviluppo so-lidale dei paesi più avanzati. Dobbiamo escludere ogni

riferimento ad operazioni puramente finanziarie, pura

-mente industriali, puramente commercLali, puramente educative o altro, che non siano in sè e per sè o non

vengano concepite in quanto strumenti d'avvio e di

moltiplicazione di nuovi, autonomi progressi ec

ono-mici e sociali.

Non sarà sempre facile sceverare gli uni dagli altri. Un bilancio in cifre de]'la partecipazione italiana ai

programmi che ci stanno in mente fu tentato, si

ricor-derà, in occasione della pubblicazione del noto

rap-porto dell'OECE «The flow of financial resources to

countries in course of economic development» e fu

in parte precisato nel 1961 da un volume della

Con-findustria «L'assistenza finanziaria pubblica ai paesi

in via di sYiluppo ». Tali pubblicazioni misero a fuoco

lo sforzo compiuto, in varie fOlme, dal 1956 al 1959. Un bilancio Olmai vecchio, che tuttavia già mostra l'e

n-tità di codesto sforzo. Nei quattro anni considerati,

!'Italia aveva cantribuito ai programmi multilaterali

con 12 milioni 600 mila dollari (2,5 in sede Nazioni

Unite ed Enti collegati e 10,1 in sede CEE); aveva stanziato 7 milioni di dollari (e spesi già 4,4 di cui 1,6 nel 1959) per la ricostruzione economica della Libia; e dal 1950, anno in cui aveva ricevuto dalle

Nazioni Unite il mandato dell'amministrazione

fidu-ciaria della Somalia, aveva fornito a tale paese un aiuto di quasi 100 milioni di dollari (6 nel 1959).

Il quadro così fatto risentiva ancora molto, n eces-sariamente, degli impegni verso paesi sottosviluppati

cui !'Italia aveva dovuto far fronte in seguito alla guerra, a titolo di riparazioni o altro. Negli anni che

ci sono più vicini, soddisfatti quegli oneri, il bilancio

degli aiuti bi,Jaterali riflette una situazione via via più normale, diciamo pure esigua, anche in ragione della graduale scomparsa delle responsabilità di tutela che ci erano state attribuite. Aumenta notevolmente invece,

(0) Nel giugno 1962 veniva pubblicato a New York dalL'Or-ganizzazione delle Nazioni Unite un'importante rapporto inti-tolato: "Decennio delle Nazioni Unite _ Programmi ».

Presentando il rapporto in una cenferenza stampa il Se -gretario Generale U Thant, dopo aver ricordato che l'Assemblea Generale aveva adottato all'unanimità nel dicembre 1961 una risoluzione con la quale designava il corrente decennio come il " Decennio delle Nazioni Unite per lo sviluppo » dichiarava che gli stati membri ed i loro popoli avevano deciso di intensificare gli sforzi per mobilitare e sostenere l'aiuto alle misure necessarie, da parte sia dei paesi sviluppati che di quelli in via di sviluppo per accellerare il progresso verso una espansione autonoma del-l'economia delle singole nazioni ed il loro miglioramento sociale.

Scopo prefissato del Decennio è di "raggiungere, in ogni paese in via di sviluppo, un aumento sostanziale nel tasso di espansione, in modo che ogni paese, nel proporsi i propri obbi et-tivi, abbia cura di prendere come base minima da conseguire alla fine ciel decennio un tasso annuale di sviluppo del prodotto nazionale lordo del 5 per cento ».

Per lo studio dei problemi posti dalla realizzazione clei pro-grammi del Decennio la Società Italiana per l'Organizzazione Internazionale incliceva delle riunioni cii studio che venivano svolte eia prima a Torino, nell'ottobre scorso, nella secle della SIO! di Palazzo Bricherasio e successivamente, tra novembre e dicembre a Milano nella sede di Palazzo Reale.

In nove relazioni venivano esaminati i problemi della pi a-nificazione dello sviluppo e del coordinamento a livello inter-nazionale, clello sviluppo per settori e ciel finanziamento, della cooperazione tecnica e degli altri ausiliari dello sviluppo.

Le riunioni volevano anche esaminare l'apporto recato clal-\'Italia alla soluzione dei problemi in esame che venivano anche esaminati dal punto di vista delle esigenze, delle possibilità e degli interessi italiani. Per questo si domandava al Dr. Aurelio Peccei, presidente dell'Italconsult, di trattare della partecipa-zione Italiana allo sviluppo economico internazionale. La «r e-lazione Peccei », nella sua chiara impostazione e nelle sue con -clusioni, può costituire un'importante elemento per la conoscenza e la valutazione di uno clei più importanti problemi clella nostra epoca.

(18)

il contributo ita}.iano alle forme multilaterali d'aiuto. La situazione viene ristabilita, in parte, con la legge

che prevede la spesa pubblica di l miliardo di lire annue (circa 1,6 mili,oni di dollari) per forme bilaterali

di cooperazione tecnica e scientifica ai paesi in via di

sviluppo. Prendendo per base il bilancio del 1961, tale

stanziamento porta a 7 milioni 72 miJ,a dollari

l'im-pegno annuo di denaro pubblico per le diverse forme di cooperazione, e precisamente a 4 mHioni 505 mila dollari la spesa in programmi bilaterali, mentre di 2

milioni e 567 mila dollari è la spesa per programmi

multilaterali.

Il programma bilaterale comprende una spesa di

quasi 2 milioni e 500 mila dollari per 407 esperti o

insegnanti (principalmente per la Somalia), 900.000

dollari per 2.032 borse di studio o «stages », quasi

40.000 dollari per la fornitura di materiale scientifico

e quasi .50.000 dollari per dei centri di formazione

tec-nica. Per il 1962 si prevedono cambiamenti

principal-mente nella distribuzione della spesa bilaterale tra vari

capitoli, e precisamente un aumento di circa il 7 %

sotto il titolo borse di studio o « stages », un aumento

di circa il 25 % per i centri di formazione tecnica, una

diminuzione di circa il 18 % nella spesa per la Somalia.

Nel campo degli aiuti multilaterali va ricordato che quest'anno un di,egno di legge porta a l miliardo e

406 milioni 250 mil.a lire il contributo italiano al

Pro-gramma ampliato di assistenza tecnica e al Fondo

speciale delle Nazioni Unite ed enti collegati, e che

un' altra legge prevede un contributo straordinario a

l-l'U nesco di un miliardo di lire in sei anni per il

salva-taggio dei monumenti nubiani. Se si aggiungono a

queste cifre quelle assorbite dal programma europeo

(che per i soli 4 anni considerati dal rapporto OECE

furono di 10,1 milioni di dollari in sede CEE), si

ri-mane veramente impressionati dallo sforzo finanziario

che il nostro paese ha saputo fornire in questi ultimi

anni - e ancor più si impegna a fornirre per i prossimi

- a favore dei programmi di aiuto delle organizzazioni internazionali e 1n aggiunta allo sforzo privato. Ma

non bisogna neanche dimenticare che in avanguardia

o insieme a tali iniziative, l'industria italiana, e società di studio e di progettazione, come quella che ho

1'0-nore di rappresentare, hanno potuto talvolta accelerare il processo così messo in moto, supplendo con le

pro-prie capacità ai bisogni di «engineering » che

altri-menti non si sarebbero soddisfatti, autonomamente, se non COn molta lentezza.

In queste forme si è manifestato, essenzialmente,

lo sforzo tecnico di partecipazione del nostro Paese ai

programmi di aiuto per lo sviluppo. Di questo, difficile

se non impossibile è fare un bilancio che non asso

-migli troppo :rd una lunga elencazione di progetti.

Posso ricordare come degni di particolare nota, per

quanto riguarda l'Italconsult, studi regionali di

svi-luppo globale come quelli del Belucistan e del Sistan in Iran e del Viedma in Argentina, vaste progettazioni di valorizzazione agricola come quella di 90.000 ha. di

zona desertica in Egitto, studi idrologici come quelli

161

CRONACHE ECONOMICHE

del gran delta del Gange Bramaputra nel Pakistan

Orientale e di tutto il corso del Niger in Africa, studi

di pre-programmazione come quello fatto in Somalia

in vista dell' adozione di un piano di sviluppo.

Non c'è lavoro di questo genere in cui non si

con-fermino due esigenze diverse ai due estremi d'ogni

programma d'aiuto: quella di una notevole

anticipa-zione di fondi come condizione per partecipare atti

-vamente agli studi di sviluppo (per lo più di tipo

in-frastrutturale), e quella di un'integrazione dell'aiuto con un'assistenza anche nelle fasi successive

dell'ap-plicazione di essi: per esempio, per la progettazione

di impianti e per la formazione degli uomini che sono

necessari per metterli in moto. Le opinioni sembrano ormai concordare, tra beneficiari ed erogatori di pro-grammi di sviluppo, a favore del « turn key job ». E' il principio cui si attiene costantemente l'Italconsult.

Tuttavia qualche cosa frustra ancora la nostra

le-gittima aspirazione ad esercitare nel cosiddetto « terzo mondo » una funzione adeguata al ritmo di progresso

ed al potenziale economico del nostro Paese. (Una

funzione, vogliamo dire, degna delle capacità acqui-state in lunghe esperienze sofferte sul nostro stesso corpo, e sia pur lonbnamente propo·rzionata alla ri-chiesta pressante che ce ne giunge dalla maggior parte

delle aree in via di sviluppo - anche in virtù della

totale assenza di interessi coloniali che ormai ci di-stingue). Ne sono sintomi evidenti la scarsa parteci-pazione tecnica italiana ai programmi multilaterali, la

nostra scarsa capacità di utiolizzarli

complementarmen-te a un programma bilaterale e per il miglioramento anche qualitativo di esso; vantaggi, che sono rimasti ad uno stato potenziale e ad un livello affatto propor-zionale al contributo che a quegli stessi programmi

ab-biamo dato sul piano puramente finanziario. Poche

con-siderazioni, anche solo uno sguardo alla nostra posi-zione nei programmi del Fondo speciale delle Nazioni Unite ed Enti collegati, bastano a confermarci in

co-desta sensazione.

Gli esperti italiani utilizzati dal Fondo Speciale non

rappresentano neanche il 2 % dei mesi di lavoro

com-plessivamente finanziati da esso; società italiane di studio sono state utilizzate dal Fondo Speciale so l-tanto per 2 piccoli progetti e per uno eseguito insieme

a una ditta francese, su 43 appaltati; materiali italiani

sono stati acquistati per l'esecuzione di progetti del

Fondo Speciale soltanto per il corrispettivo di 100.000$

(1,7

Ofo

del totale) contro 2.329.700

$

nel Regno Unito,

271.600 $ nei Paesi Bassi, 309.600

S

in Francia,

171.400

$

in Svizzera. E si noti che questi ultimi due paesi danno al Fondo Speciale un contributo inferiore

a quello italiano.

Il Prof. Antigono Donati, presidente del Comitato

nazionale di coordinamento della cooperazione tecnica,

(19)

vero per quanto riguarda la difficoltà di reclutare in

Italia esperti d'assistenza tecnica. E si può forse

ag-giungere una considerazione di natura più psicologica.

L'esperienza ci mostra, infatti, che non è tanto

diffi-cile, oggi, trovare chi abbia le capacità scientifiche,

tecniche e linguistiche necessarie in rapporto ai vari

progetti di sviluppo, quanto di ottenere che la persona

in possesso di quelle capacità accetti di por mano ad

eseguirli, anche se la rimunerazione è attraente, anche

se il reimpiego in patria è garantito dopo il compimento

della missione.

Si tratta, anzitutto, di un tipo di rapporti di l

a-voro e di responsabilità cui non si è abituaJti, in

man-canza d'una esperienza nazionale di veri e propri

pro-grammi bilaterali di cooperazione tecnica. Last but

not least, si tratta di impegnare la propria coll

abora-zione in programmi elaborati sostanzialmente fuori del

nostro controllo, che tutto sommato è legittimo temere

ispirati a concezioni ancora un po' grossolane,

carat-terizzati da sproporzioni se non da contraddizioni tra

fini e mezzi su cui è talvolta cavalleresco non insistere ...

Quante, ancora, possibilità di sposare cause sbagliate,

di correre all'insuccesso, e quanta paura, in conse

-guenza, di comprometterci il proprio a\'venire! Il

nu-mero di casi in cui considerazioni di codesto tipo

fini-scono per prevalere è ormai tale da consentire la ge -neralizzazione.

L'esperienza di Italconsult è naturalmente diversa:

disponendo di un proprio, forte peso tecnico, essa de

-termina sempre in qualche modo anche i più

ambi-ziosi progetti cui è chiamata a collaborare, li fa in

qualche modo propri e li può eseguire con armonia

tra mezzi e fini.

Ciò nonostante, vera è anche per una società di

così forti spalle la difficoltà di operare da una base in

cui la nozione di cooperazione internazionale per lo

sviluppo economico e sociale è più conosciuta

attra-verso programmi altrui che per propria, deliberata e combattuta esperienza. L'esistenza di un forte e maturo

programma bilaterale in cui si coniughino e si

promuo-vano a vicenda sforzi pubblici e privati è, si può forse

concludere, un vero fattore moltiplicatore della part

e-cipazione, legittimamente ambita, ai programmi mul-tila terali.

Nel ricordato studio dell'OECE il rapporto tra aiuti multilaterali e aiuti bilaterali pubblici si stabilisce in Francia intorno a l : 46 ed è l : 35 perfino per gli Stati Uniti, nonostante la loro posizione dominante

nei programmi multilaterali. In Italia siamo ancora l

on-tanissimi da codesti livelli; pur ponendosi obbiettivi

più modesti, proporzionati alle effettive minori respo

n-sabilità mondiali del nostro paese, la strada che ci ri

-mane da percorrere è ancora tanta da stimolarci ad

affrettare il passo per quanto ce lo consentano le forze.

Mi si permetta di terminare con l'augurio che ciò

av-venga.

Nel corso della discussione che è seguita alla

rela-zione sono stati letti i seguenti brani, tratti dal « Profil

de l'Europe en 1971 » di Alfred Grosser:

« ... Traditionnellement, la puissance internationale était d'abord définie en termes militaires ( ... ). Or, il se

trouve que, si l'on fait abstraction de la force nucléaire

nécessaire à l'URSS et aux Etats Unis pour se neutr

a-liser l'un ]' aut re, le budget de l'Education Nationale

est en train de représenter, pour la définition de la puis-sance d'une nation, ce que le budget de la Défense na

-tionale a traditionnellement représenté. L'action que

la France ou la Grande Bretagne exerceront en Afrique et en Asie dépend beaucoup moins du nombre de leurs

bombardiers que du nombre des enseignants et tec hni-ciens qu'elles peuvent y envoyer pour une longue

durée.

« L'U nion Soviétique a choisi de pousser à la fois

l'armement et la formation de cadres techn:ques en faisant passer la consommation intérieure au second

pIan. Une fois admis que les pays de démocratie libé -rale ne peuvent pas en faire autant, il leur reste a cboisir ce qui, de l'armement et de la fornlation est plus importan t pour la politiqu~ interna tionale des

années à venir. Sauf pour les Etats-Unis, contraints à

tout faire à la fois, le cboix semble théoriquement

clair, mais difficile à faire comprendre et admettre ».

L'ISTITUTO NAZIONALE DELLE ASSICURAZIONI

I. N. A.

attuale

gestore del

FONDO INDENNITÀ IMPIEGATI,

porta

a conoscenza che

per

rispondere alle numerose

richieste

di

chiarimenti che

gli

pervengono, relative

al

prob

l

ema

dell'ac-cantonamento

d

e

ll

e

indennità

di

anzianità,

ha istituito

presso

l'Agenzia Gener. di

Torino,

via Roma, 101, te!. 46.902-3-4-5

un'apposita Segreteria:

"Informazioni Indennità Impiegati"

che è a

completa

disposizione de

ll

e

Aziende

in

tere

ssate

.

(20)

DEPOSITI FIDUCIARI

E CARTELLE IN CIRCOLAZIONE AL 31-12-1962

LIRE 631 MILIARDI 170 FILIALI IN ITALIA

ALL' ESTERO RAPPRESENTANZE A FRANCOFORTE SjM

LONDRA PARIGI ZURIGO

FONDI PATRIMONIALI LIRE 10,3 MILIARDI TUTTE LE OPERAZIONI

ED I SERVIZI DI

BANCA BORSA CAMBIO CREDITO FONDIARIO CREDITO AGRARIO

FINANZIAMENTI OPERE PUBBLICHE

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