A colpo sicu .... o
Sulle scelte produttive e amministrative, sulle soluzioni di problemi scientifici, urge il flusso crescente delle informazioni.
La tecnica elettronica
esaltando illimitatamente le possibilità del calcolo e dei metodi di analisi e di confronto
interviene nei settori più diversi,
rivela le tendenze, individua le frequenze, indica la mira esatta,
consente per ogni decisione a tutti i livelli la sicurezza di chi conosce le proprie ragioni.
cronache
economiche
mensile a cura della camera di commercio industria e agricoltura di forinonumero 252 - dicembre 1963
Co"i~pondenle. manoscritti, pubblicazioni deb-bono ene,. mdlriuati alla Di,ezione della Ri· viii •• l'acceltazione degli articoli dipende dal giudizio Insindacabile della Direzione. Gli serilli f.rmali e siglati rispecchiano soltanto il pen-"ero dell'aulor. e non impegnano la Direzione della Riyisla ne "Amministrazione Camerale. Per le recensioni I. pubblicazioni debbono es-se'. inviaI. in dupljce cop.a. E' vielet. la ri· produzione degli articoli 8 delle note ,enza ,'autorizzazione della Direzione. I manoscrilli, anche se non pubblicali. non si reshluiscono.
Comitalo di reduione: Ono 0011 GIuseppe AlpIno Pro!. DotI. Augusto Bargoni 0011. Clemente Celidonio Prof. 0011. Giovanni Dalmasso 0011. GIuseppe Franco Doli, Giacomo Frisell< Pro!. 0011. F. Palazzi - Trivelli Prof Emilio Zaccagnini
Direttore responsabile: Prof. 0011 Giuseppe Carone
sommano
3 Le macchIne grafIche dalianeInlerl/i"ta con il dr. Donalo Cattaneo
F. M. Pilcces
8 Gli islttuli tecnici fra la precetlisltca e la cultura
A. Ruuo·Frilttasi
13 Puntualizzazione suglI SVtlUPPI del nodo ferrOVIario di Torino
L. lagie,·B,uno
29 Eludes sur les vOles de communicalton de la règlon du Sud-Est
43 Sulla riforma del contenzIoso tribulario e sul progello Bosco-Trabucchi
C. livrea
51 PreparazIone professionale degli apprendlslt
C. Dilmasso
61 La vile e ti vIno nel quadro dell'economia agricola dello Siaio d'Israele
G. Sice,dote
69 Consunlivl ed esigenze deglI scambI con l'estero
72 In biblIoteca
In copertina: Foto Nebiolo
Direzione. redazione e amministrazione:
CAMERA DI COMMERCIO INDUSTRIA E AGRICOLTURA E UFFICIO PROVINCIALE INDUSTRIA E COMMERCIO
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A questo numero hanno collaborato:
L'INTERVISTA
D
EL MESE
Le
macchine
grafiche
italiane
D. - Qual è attualmente la struttura dell'industria
italiana delle macchine grafiche?
R. - La produzione delle macchine gra1lche e car-totecniche italiane si articola su un gran numero di ditte piccole e medie (oltre 150) e su un gruppo, più limitato, di ditte di maggiore consistenza e di più an-tica tradizione, situate principalmente nel Piemonte e nella Lombardia.
Alcune aziende esistono a Bologna, in Liguria, in Toscana, e recentemente alcune iniziative si sono rea-lizzate nel Mezzogiorno d'Italia (in provincia di Fro-sinone). La maggior parte delle aziende non supe-rano i 50 dipendenti; una sola supera i duemila ad-detti, una decina superano i 250. La regione nella quale sono concentrati i più importanti gruppi produt-tivi, con una produzione di oltre i 2/3 di quella na-zionale complessiva, rimane il Piemonte. In Torino ha sede la Nebiolo che è l'industria italiana più importan-te del ramo con circa duemiladuecento dipendenti.
D. - Qual è la gamma produttiva della
proclu-::ione italiana?
R. - In questi ultimi anni la produzione ha subìto un notevole incremento sia come quantità sia come
Il Dr. Donalo Cattaneo C)
gamma di prodotti, in concomitanza con i sostanziali progressi compiuti nel campo della progettazione e della produzione.
Nel campo delle macchine tipografiche, che costi-tuiscono ancora oggi il nerbo della produzione del settore grafico, la Nebiola, che vanta circa un secolo
di vita, offre una gamma di modelli conosciuti ed ap-prezzati in tutto il mondo.
In relazione agli sviluppi della tecnica, si è venuta rapidamente diffondendo anche la produzione di mac-chine litografiche offset, ad uno o più colori, che ve n-gono nonnalmente prodotte da ditte che fabbricano anche macchine tipogranche, come ad esempio la Ne-biolo, la quale sta incrementando largamente questo settore. Su un livello quantitativo e qualitativo molto elevato è anche la produzione italiana di macchine ro -tocalco per la stampa di riviste e di materiale per im-ballaggi, il cui massimo produttore si trova in Piemonte a Casale Monfenato.
Anche tutti gli altri sistemi di stampa (all'anilina, serigranca ecc.) sono ben rappresentati nella produ-zione italiana così come le macchine e mateliale per la composizione (macchine per fondere e compone, fonditrici, caratteri, matrici, ecc.), per riproduzione,
per cartotecnica e legatoria (tagliacarte, cucitrici, pie-gatrici, fustellatrici) e tutte le altre attrezzature ne-cessarie 'sia alle piccole ditte, sia ai grandi moderni complessi industriali che continuamente "anno sorgen-do per La lavorazione della carta e del caltone.
Il valore complessivo della produzione di macchine grafiche, che fino a qualche anno fa oscillava intorno ai 10-12 mili.ardi di lire, è oggi superiore ai venti mi-liardi e si prevede che in pochi anni giunga a superare largamente i trenta miliardi.
D. ~ Quali sono le prospettiue dell'industria. ita-liana delle macchine g'l'Ofiche?
R. ~ La crescente fiducia dimostrata in questi ul-timi anni dagli utilizzatori italiani e stranieri per le macchine di fabbricazione italiana incoraggia i co-struttori a perseverare nel miglioramento della pr odu-zione nonchè nell'accrescimento della gamma pro-duttiva.
Le capacità di assorbimento del mercato nazio-nale sono notevoli, come è dimostrato dal costante aumento delle vendite sia di prodotti nazionali che
esteri (queste ultime macchine sono aumentate note-volmente nel 1962 e nel 1963, palticolarmente a se-guito della liberalizzazione completa dell' area del MEC).
Altl'a prova indiretta delle crescenti possibilità di assorbimento del mercato nazionale è il costante au-mento della produzione cartaria, in particolare di car-ta destinata alla stampa, che viene utilizzata com' è noto in gran parte sul mercato nazionale.
Il rihTIo di aumento della produzione delle mac-chine per le industrie grafiche si è mantenuto vivace anche nel 1963, com'è dimostrato dai numeli indici della produzione industriale, che hanno raggiunto in alcuni mesi punte mai l'aggiuTIte in precedenza.
Se le nostre possibilità competitive non verranno ulteriormente indebolite, è quindi da prevedere un ul-teriore incremento nella produzione aTIche per le enor -mi possibilità di assorbimento dei mercati esteri, siano essi Paesi a grande sviluppo industriale, dove più con-tinui sono gli ammodernamenti del1e industrie grafi -che, oppure Paesi in via di sviluppo, con esigenze di nuovi impianti.
Gli eventuali !"allentamenti che si potranno veri -ficare negli investimenti per le incertezze determinate dalla situazione generale intern,a e per la temporanea rarefazione di capitali in cerca di investimenti a lungo tenTIine, potrebbero tuttavia incidere sostanz1almente sui previsti sviluppi di questa industria, più sensibile di tante altre alle oscillazioni della congiuntura.
Circa le prospettive di incremento delle vendite sul mercato nazionale, basta ad esempio dare uno sguardo alla consi tenza del parco macchine installate per intuire le grandi necessità di ammodernamento, per la vetustà di molti macchinari, che ne rendono indilazionabile la sostituzione.
4
1
CRONACHE ECONOMICHED. ~ Qual è la portata della ConC01'1'en;:;a estemi' R. ~ La concorrenza estera si manifesta attivis-sima sul mercato nazionale ed in tutto il mondo, specie
da parte dell'industria tedesca, che oltre ad essere la massima produttrice del ramo ha creato e tiene viva in ogni mercato un' ottima organizzazione di vendita e di assistenza tecnica.
N egli ultimi anni l'industria italiana ha colto
affer-mazioni molto interessanti nei confronti della concor-renza internazionale (valga per tutti l'esempio della Nebiolo) impernrando la propria azione soprattutto su:
progetti modernissimi;
organizzazione del1a produzione per la riduzione
dei costi;
affinamento della organizzazione commerciale e di assistenza dopo le vendite;
sempre più stretta collaborazione con gli utilizza-tori italiani peTchè meglio conoscano ed appTezzino i nostri prodotti e, d'altro canto, per adeguaTe le
nuove progettazioni alle loro necessità.
Che questa politica abbia dato buoni risultati lo prova tra l'alh'o il sempre crescente accanimento nella lotta contro certe nostre industrie palticolannente
af-fenTIate da parte dei concorrenti stranieri più potenti. D. ~ Qual è la situazione delle esportazioni? R. ~ Una chial'a idea del progresso conseguito dalla indushia italiana delle macchine grafiche negli ultimi anni è fornit'a dal prospetto allegato, che riporta i dati, in quantità e valore, delle esportazioni dal 1950 al 30-6-1963.
L'esportazione assorbe più del 50 per cento della produzione nazionale e per talune aziende supera il 70 per cento come ad esempio per la Nebiolo, che distribuisce i suoi prodotti in circa 80 mercati che vanno dai Paesi Soandinavi all'Esh-emo Oriente, dalla Germania agli USA, all'URSS, a tutti i Paesi Europei,
al Centro e Sud America, all' Africa Mediterranea ed
all'Afrioa Nera; particolare rilievo 'assume in questo quadro la rilevantissima corrente di lavoro che la Nebiolo ha stabilito in questi ultimi anni con il Giap-pone.
L'interesse delle nostre Ditte ai mercati esteri è
confermato dalla crescente partecipazione di esposi-tori italim1i alle fiere internazionali di settore. Qu
e-st' anno alla IPEX (fiera internazionale per il mateliale
grafico che ha avuto luogo a Londra dal 16 al 27 lu-glio) ben 40 ditte italiane hanno presentato i loro pro-dotti.
Una partecipazione così massiccia dà veramente la misura dell'interesse rivolto dai produttori italiani ai mercati esteri e, reciprocamente, del sempre maggior favore con cui le loro macchine vengono accolte.
D. - Quali S0110 i princi.pali mercati di es pol'ta-;:;ione?
come la Francia, la Germania. il Regno Unito, i P ae-si Scandinavi, l'URSS, gli Stati Uniti, il Giappone, vanno annoverati anche molti territori dell'Africa e dell'Asia che solo di recente hanno conquistato la loro indipendenza. Circa i Paesi C.E,E. un aumento hanno registl'ato le nostre esportazioni verso detta area: esse costituiscono il 26,5
%
delle vendite totali (nel 1961 tale percentuale fu del 22,8 %). L'incremento delle nostre importazioni dai paesi C.E.E. ha superato n o-tevolmente quelle delle nostre vendite nella stessa area, consolidando così gli aspetti che da anni cara t-terizzano l'interscambio del settore graEco, con nostri acquisti preponderanti dai paesi C. E. E. (68,6Ofo
del totale), cui fanno riscontro esportazioni di nostri m ac-chinari graEci destinati in minor misura verso l'area comunitaria e per la maggior parte verso i paesi terzi. La tendenza suddetta rende, pertanto, necessaria una sempre più intensa e vigile azione di « promotion » delle nosh'e esportazioni si.a verso i paesi C.E.E., sia verso i mercati estemi della Comunità, al Ene di assi-curare maggior sbocco alla nostra crescente produ-zione e neutralizzare gli effetti negativi della nostra minore competitività, che si è determinata per i più elevati costi di produzione in questo ultimo anno,Giusto per provare una volta di più come ogni problema settoriale assuma spesso valori e dimensioni diverse quando h'asferito nel quadro generale dell' in-terscambio, si può ricordare che la Nebiolo sta incon-trando non lievi difEcoltà nell' esportazione delle pro-prie macchine in Giappone in quanto le autOlità giap-ponesi, visto che certi loro prodotti non vengono am-messi in Italia per non disturbare la pTOduzione lo-cale, cercano di ottenere lo sblocco di tale situazione non concedendo licenze di importazione in sufficien-te misura a quelle poche ditte italiane, h'a cui la Ne-biolo, che si sono affermate sul mercato giapponese,
D. - Cosa si può dire dell'evoluzione tecnica? R. - Le principali ditte italiane che vivono ormai in competizione con le più rinomate ditte straniere, non hanno trascurato di dotare, negli investimenti rea -lizzati negli scorsi anni, i propri stabilimenti oltre che delle più moderne attrezzature anche di efficienti uf-fici tecnici e di progettazione, nonchè di adeguati mez -zi di sperimentazione e di ricerca sciel1tifìca,
Ne è Iisultato un notevole miglioramento della pro-duzione, specie nel campo delle macchine tipografi-che, delle offset, delle rotocalco e delle macchine per comporre e relative mah'ici.
Particolare sviluppo è stato dato da parte della N e-biolo allo studio dei problemi della stampa in offset ed alla fabbricazione dei relativi macchinari. Con la progettazione di un tipo standard di elementi di stam-pa facilmente combinabili per l'allestimento di mac-chine da uno a sei cololi si è raggiunto un efficiente sistema di produzione che darà benefici notevoli ai tipograE, non soltanto per la sua semplicità ed uni-formità, ma anche perchè i termini di consegna
po-tranno essere abbreviati ed il servizio parti di ricam-bio reso e mantenuto più efficiente.
Nel campo delle macchine tipografiche la produ-zione è di altissimo livello tanto che, come si diceva poc'anzi, le macchine italiane di questo tipo hanno incontrato un'affermazione lusinghiera in tutto il mondo.
Il sistema tipograEco è un metodo di stampa molto semplice - anche per l'addestramento della mano d'opera - e perciò è ancora il più diffuso: così quindi si spiega come mai le fabbriche italiane del settore dedichino una parte rilevante della loro attività alla produzione di macchine tipograEche, Ciò non si gni-Eca però che gli altri sistemi ed orientamenti vengano sottovalutati o trascurati, che anzi ad essi viene aed i-cato il maggior interesse da palte dei « research depa r-hnents» delle massime ditte italiane: in questo cam -po la Nebiolo occupa addirittura una posizione d'm'an-guardia in campo europeo,
I possibili futuri sviluppi elel sistema di stampa ti-pografica con lastre flessibili ed avvolgibili (che attual-mente sono troppo costose per poter reggere la con-correnza con le lastre litograEche offset), non costi-hliscono una speciale preoccupazione per i fabbricanti di macchine offset perchè le macchine offset standard (che funzionano in base al principio rotativo) possono facilmente essere trasformate in offset a secco, adatte precisamente ad impiegare i suddetti tipi di lastre,
La Nebiolo ha addirittura anticipato i tempi, pro -gettando e fabbricando le sue macchine offset già da alcuni anni in modo che sia possibile passare alla stampa offset a secco, o tipoimpressione indiretta, se n-za difficoltà e senza la necessità di alcuna modifica.
Anche in altTi settori, come quello della rotativa-roto calco, dove già cinque fabbriche specializzate ope -rano in Italia, i progressi conseguiti sono informati alle più moderne tecniche cosh'Uttive. Analog'amente per gli altri sistemi di stampa e per tutti gli altri settori produttivi, della fabbricazione di caratteli, di matrici e di tutti gli altri materiali per la composizione e la preparazione delle fmme, alle più svari.ate macchine per la cartotecnica e la legatoria.
Anche i fabbricanti italiani, nella preclisposizione dei loro programmi produttivi non possono sfuggire agli imperativi imposti dalla industlializzazione CTescente, dalla scarsezza di mano d'opera e dalla costante ne-cessità di comprimere il continuo aumento dei costi controbilanciandolo con l'attuazione di tutti i mezzi atti ad incrementare la produttività, mantenendo nel contempo immutato, od addirittura migliorandolo, quell'elevato standard di qualità che è oggi un punto di forza delLa produzione italiana.
In questo sforzo di trasformazione verso un'i ndu-sh'ia di accentuata specializzazione sarà essenzi.ale la collaborazione fra le varie indushie, med~ante una ri-cerca scientrnca coordinata ed un vasto scambio di in -formazioni tecniche, principalmente con gli utilizza-tori delle macchine e naturalmente anche con i fab-bricanti dei vari materiali che concorrono alla
zazione della stampa, come ad esempio gli inchiostri, la carta, le lastre ecc.
D. - Quali sono i problemi della mano d'opera speci a lizzata ?
R. - Il problema, comune a tutte le industrie mec -caniche, ha per noi l.a stessa importanza ed esso con-diziona l'aumento della produttività.
Premessa la carenza di personale specializz·ato (per la inadeguatezza del gettito da Scuole professionali in genere ed in particolare nel Mezzogiorno, da cui si attingono in gran parte le nuove le"e di l,avoratori) gli aspetti di questo problema sono molteplici e vanno dal reclu.tamento .all'istmzione attraverso la istituzione di corsi professionali aziendali.
Gli assunti vanno selezionati secondo il grado di cultura generale e la specifica preparazione tecnica per essere destinati ai diversi tipi di addestramento.
Questi corsi comportano oneri gravissimi per le aziende e la necessità di vincolare gli allievi con patti speciali per un congruo periodo di prestazione di l a-voro presso l'azienda.
Questo è il problema numero uno dell'industria meccanica e della nostra in particolare ed esso, come si è detto, condiziona ogni serto sviluppo produttivo, ogni nuovo investimento, ogni sorgere di nuovi sta-bilimenti.
D. - Qual è l'attività clelia stabilimento di San Mauro?
R. - In armonia da una parte con le rapidamente crescenti necessità di fabbricazione e dall'altra con l'esigenza di incrementare la produttività adottando of-ficine modeme e razionali (oltre che impianti, macchi-nari e sistemi d'avanguardia), la Nebiolo ha già iniziato la costruzione dei nuovi stabilimenti situati nel comune di San Mauro Torinese.
L'area totale è di circa 160.000 mq. dei quali circa 25.000 sono stati a tutt'oggi coperti come prima pmte del progetto complessivo che pre"ede costruzioni per circ.a 80.000 mq.
N ella nuova officina è stata già da tempo trasferita tutta la fabbricazione dei telai, dalla lavorazione mecca-nica al montaggio, collaudo ed imballo.
Negli ultimi mesi è stato pure trasferito a San Mauro il montaggio di alcuni tipi di macchine grafiche e nei primi mesi del '64 si Earà il trasferimento delle lavor a-zioni meccaniche pesanti.
Si è ottenuto in tal modo il risultato di render dispo-nibile nello stabilimento di Via Boggio il cOrrispondente spazio, che sarà utilizzato per il montaggio di alcuni m o-delli di macchine offset di grande formato entmti recen-temente 'a far parte del programma di produzione N e-biolo.
CONSISTENZA DELLE MACCHINE GRAFICHE E CARTOTECNICHE (al 31 dicembre 1960)
Tipo di macchina
Macchine tipografiche a pressione di piani (Pedaline o platine) . . . . Macchine tipografiche a pressione piano-cilindriche. Macchine litografiche e per la stampa in offset - a un colore. . .
- a più colori . . Rotocalco dalla bobina
IMPORTAZIONE
Quantità (Q.li) Valori (mil.n·i li.re)
1961 1962 1961 1962 Macchine per le industrie grafiche 31.811 53.003 5.981 9.635 eli cui:
I
- da Germania 20.777 17.270 3.064,5 5.029,161
CRONACHE ECONOMICHE Prima del 1931 N. 4.902 4.648 :130 124 15 7 Dal 1931 Dal 1951 Totale Di fabbrico al 1950 al 1960 nazionale N. N. N. N. -2.818 3.843 11.563 7.207 2.743 4.410 11.801 7.997 467 1.211 2.008 518 295 734 1.153 339 109 :145 469 23 31 140 178 131 ESPORTAZIONEQ.li Milioni Lit.
\IERCATI DI ESPORTAZIONE DELL'INDUSTRIA GRAFICA E CARTOTECNICA ITALIANA 1958 1959 196() 1961 1962 TOTALE, 2.966 3.888 5.872 7.634 8.351 Principali Paesi di destinazione: FRANCIA 458,9 563,3 847,4 1.093,9 1.228,9 BELCIO-LUSSEMBURGO 43,0 231,0 236,9 278,4 277,2 CERMANIA (R. F.) 151,3 62,6 172,5 209,7 403,1 RECNO UNITO 193,6 55,3 394,2 867,7 4.87,8 SVEZlA 37,4. 67,9 82,2 163,4 500,0 SVIZZERA 73,0 103,0 157,3 195,3 118,5 PORTOCALLO 58,5 44.,0 71,3 186,8 92,1 SPAGNA 18,1 46,4. 89.5 153,2 271,9 GRECIA 28,2 61,2 174,9
UNIONE DEL SUD AFRICA 107,1 69,8 97.7 117,7 202.0
STATI U ITI D'AMERICA. 16,3 132.0 523,4 660,7 562,5
CANADA' 6,7 24.,6 173,0 189.2 206,7 COLOMBIA 17,8 84,0 51,4 84.,1 21,1 VENEZUELA 16.3 132,0 28,9 57,7 70,1 PERU' 9,9 12,9 30,8 67,8 114.,9 BRASILE. 165.6 44.,1 9,8 ARGENTINA 11.0 287,2 14.8,3 295,5 34.7,1 FILIPPINE 4.9,1 11,5 89,5 102,5 GIAPPOI E 0,4. 11,0 110,2 317.7 367,9 ì\IESSICO 92,9 100,7 134,0 323,5 279,0 HONG KONG 38.4 23,5 83,3 97,0 131,1 AUSTRALIA 52,8 145,1 263.0 238,1 302.4 U.R.S.S. 18,4 103,7 321,7 303,1 222,4
(0) Donato CATTANEO, nato a Como il 12.7.1913, laureato in Scienze economiche e commerciali. - Amministratore Delegato e Diret-tore Generale della soc. NEBIOLO di Torino - Presidente della NEBITYPE S.p.A. - Presidente della LINOTYPE Italiana di Mi-lano. - Presidenle dell'Istituto Tecnico Industriale Statale di Arti Grafiche e Fotografiche di Torino. - Presidente dell' ACIMGA -Associazione Co truttori Italiani ì\[acchine Grafiche e Affini.
ISTRUZIONE TECNICA E FORMAZIONE PROFESSIONALE
GLI ISTITUTI TECNICI
FRA LA PRECETTISTICA E LA CULTURA
(Postilla al Convegno per
il
Cinquantenario dell'Istituto
Commerciale Eugenio
Bona
di
Biella)
F.
J
YI. Pacces
Il Pro/. F. M. Pacces è Ordinario nell'Uniuersilà cii Torino e ne clirige l'Istituto di Amministrazione Industriale.
L'articolo qui pubblicato, e che /ratta clelia capacità formativa dell'istituto t ec-nico in un indirizzo ben diverso da quello oggi imposto tllliformemente dal centro, rientra in una problematico più vasia, che il Prof. Pacces fa oggello di assiduo studio e di corrente azione da oltre un venlicinquennio.
E' la problematica della formazione dei quadri per /'industria. Recentemente, in occasione dell'inaugurazione dell'anno accadem'ico 1960-61 dell'Ateneo torinese, egli aveva svolto in argomento una prolusione che non è rimasta soltanlo negli Annali dell'Università. Da essa in/alt'i ha tratto nuovo alimento quell'idea ciel dop -pi.o livello di laurea che - unanimamente chiest.a dagli Industriali - il Pacces aveva già portato nel campo dell'insegnamento dell'amministrazione industriale con una scuola universitaria che, sorta nel 1958 ad affiancare i corsi ufficiali clelia F a-coltà di Economia e Commercio, viene om ad inserirsi, immutata nello spirito e nell'ordinamento, nello Statuto dell'Uniuersità di Torino.
L'iniziativa del prof. Pacces offre così alla nostra Città un altro primato: Torino prima in Italia, ha nel suo Aleneo Wl corso di diploma bienna'e in amministr
a-zione industriale, al quale farà seguito un corso cii laurea, egualmente biennalc, nello stesso gruppo di discipline.
Con /'istituzione clei corsi in amministrazione industriale, lo l1Gstra Uniuersilà riprende in pieno lo funzione, c71e le compete, cii fornire all'industria gli elementi destinati a formare i, quadri dirigenti aziendali a medio e ad alto livello per i settori commercial'i e amminist ratiui, fino all'ammi11istrazione dell'impresa.
n
problema ri.mane tuUavia insoluto per i quadri tecnici a livello cli ingegneria di produzione; nonc71é per i quadri a livello eseCtlt.ivo, alZa cui formazione dor:re b-bero prolJvedere gli istituti tecnici.AZ/a discussione su questi ultimi, aperta dall'articolo che segue, inuiliamo do -centi ed operatori economici, a gil/sfolitolo preocCtipati della carenza dello Stola
in quella che dovrebbe essere la sI/a più impegnativa funzione: la preparazione dei giocani alle responsabilità di classe dirigente.
In occasione del cinquantenario della fondazione dell'Istituto Tecnico Commerciale Eugenio Bona si è tenuto a Biella un convegno di studio volto a fare il punto sull'ordinamento di quell'istituto in rapporto alla formazione dei quadri amministrativi e commerciali in-termedi delle aziende industriali, con particolare ri-guardo all'economia biellese.
Ne sono emerse alcune conclusioni la cui portata va al di là degli interessi culturali ed economici che ave -vano motivato il convegno. Mette dunque conto rito r-narvi e riprendere un discorso che, iniziato a proposito di un istituto e di un indirizzo particolari, investe l'in-tero insegnamento tecnico superiore, o quanto meno il ramo commerciale di tale in egnamento.
E' una discussione che dura da decenni, con pause e dimenticanze più o meno lunghe, in frammezzate da ritorni di fiamma che ben possono dirsi effimeri, dal
momento che sono stati sempre facilmente domati dai
vigili pompieri del corpo ministeriale della P.I.
Chi scrive ebbe ad occuparsene per la prima volta
altorno agli anni 1919-20; poi (con maggiore autorità
formalc ma con effetti egualmente nulli) esattamente vent'anni dopo, ministro del tempo Giuseppe Bottai e direttore generale dell'istruzione tecnica Erberto Guida.
Anche da questa seconda occasione mancata sono pa s-sati altri vent'anni e più. Un giovane segretario che Guida aveva al suo fianco, e che già allora si distin -gucva per attività e vivacità d'ingegno, è oggi direttore
generale dell'istruzione tecnica. Ed è stato peccato che il dottor Prisinzano non abbia partecipato al con-vegno di Biella, neanche attraverso un suo delegato;
chè incontri fra docenti, arnministratori scolastici e in-dustriali possono giovare più di cento relazioni a s ta-bilire fra chi forma e chi impiega i giovani quel clima di mutua comprensione e di collaborazione dal quale
(e soltanto dal quale) la scuola può ottenere chiarezza di obietti\'i ed aderenza ai bisogni della società di oggi e di domani.
Non sembri, questa, facile retorica. Sappiamo be -nissimo che Biella è all'estrema periferia d'Italia e che Roma è al centro di un mondo. Ma non consta che a
Roma si lavorino lane, o si fabbrichino automobili, o
si varino navi. Queste cose si fanno alla periferia; dove sorgono manifatture, officine, cantieri.
Manifatture, officine, cantieri, hanno bisogno di quadri. A Roma non ci sono (ancora) dei ministeri per
stabilire quali e quanti tessuti si debbano tessere, quali
e quante macchine costruire, quali e quante navi im -postare nei cantieri. Però c'è un ministero che stabilisce che cosa si deve insegnare - quali materie, con quali programmi e in quante ore settimanali per ogni ma-teria - ai giovani che dovranno poi produrre, vendere, organizzare, controllare, amministrare. E questo «che
cosa» deve essere - -secondo il verbo romano - eguale
per tutti, quale pos a essere la futura attività eco
nomi-ca dei giovani diplomati.
Si dice: nessuno può sapere che cosa farà un ragio-niere uscito da un istituto di Potenza o di Napoli, e neanche di Milano o di Pisa. Perciò non gli si può dar altro che un'istruzione generica. Biella è un caso
spe-ciale. A Biella c'è stato, cinquant'anni fa, un industria-le che ha offerto cinquecentocinquanta mila lire 1913
(pari a oltre mezzo miliardo di lirette 1964) perché so r-gesse un istituto commerciale ad indirizzo amminis tra-tivo-industriale con particolare riguardo all'industria
tes ile laniera. L'economia della regione biellese è così
fatta (per il meglio e per il peggio) che su una popo
la-zione attuale di 200.000 abitanti, 55.000 lavorano ne l-l'industria; e di questi ben 45.000 nella sola industria tessile laniera. Si può quindi presumere che otto ragio
-nieri industriali su dieci trovino impiego in un'azienda
laniera. Ciò giustificherebbe, secondo l'opinione co r-rente, un indirizzo specializzato. Ma è un'opinione fon-data solo a metà.
La situazione dell'occupazione che si è indicata in
cifre (e che era più o meno la stessa, fatte le debite pro-porzioni, anche cinquant'anni fa) spiega perché sia
sorto a Biella un istituto ad indirizzo speciale, e vi abbia prosperato; offre una ragione storica. Ma le
ra-gioni storiche sono mutevoli: se la situazione nel bi(' l-lese dovesse cambiare, sarebbe ancora giustificato]' a t-tuale indirizzo dell'insegnamento tecnico-commerciale?
Non è una domanda oziosa. Fra ,altri cinquant'anni (ma
al 2 °/0 annuo di incremento demografico ci si arriverà nel 1998) la popolazione della regione biellese sarà salita a 400.000 unità; e l'industria - tenuto conto del
-le immissioni dalle attività agricole e dei passaggi ad a t-tività terziarie - potrà occupare intorno a 100.000
unità, di cui non più di 40-50.000 addetti alla l
a-niera (1).
Per ogni dieci ragionieri che si diplomeranno nella
Biella di fine secolo XX, e tenuto conto dello sviluppo più che proporzionale delle attività terziarie, non più di tre o quattro saranno destinati a rinnovare i quadri am-ministrativi intermedi dell'industria laniera. Si deve concluderne che !'indirizzo specializzato del Bona d
eb-ba via via attenuarsi, o che !'Istituto debba prepararsi a dar vita, accanto alla sezione tessile-laniera, ad una sezione di indirizzo generico?
Concludere in tal senso (certo non discaro ai nostri uniformatori ad ogni costo) vorrebbe dire non aver im-parato nulla dalI'esperienza del Bona - e di quei po-chissimi altri istituti cui Sua Maestà la Regina (in p er-sona del ministro protempore della P.I.) ha graziosa -mente concesso una qualche larva di autonomia di-dattica.
Vorrebbe dire non aver capito che gli istituti ad in-dirizzo speciale sono i soli in cui l'istntzione tecnica cessa di essere mero insegna mento informati []Q e
fati-(l) Le cifre esposte nel testo si fondano sull'ipotesi che l'eco -nomia del biellese si sviluppi con ritmo approssimativamente pari a quello del Mercato Comune Europeo; ciò che - data la staticità dell'industria laniera in Europa - implica necessa -riamente sviluppo in alh'e direzioni e quindi una strutlura in-dustriale ben altrimenti diversifìcata. Se invece !'industria bie l-lese dovesse rimanere laniera nell'attuale proporzione dell'SO per cento, ]' economia della regione cesserebbe eli svilupparsi, o rallenterebbe il proprio sviluppo, perde71do o poco o poco
l'im-portall;:;o che oggi esso ha Ile/l'economia italiano, per rielursi al livello attuale eli Chieri o tute al più di Prato.
cato apprendimento nozionistico, per assurgere a
di-gnità di cultura, a capacità formativa.
ò ò
Corre in Italia un luogo comune: il luogo comune della cultura generale.
Ma la cultura « generale» non esiste. Lo prova pro-prio l'esempio che viene da molti addotto a favore del liceo classico. Il liceo classico è la più formativa delle scuole italiane: in ciò siamo tutti d'accordo. Ma perchè è la più formativa? Perchè è la più specializzata:
con-centra lo studio sulle letterature classiche (greco, l a-tino, italiano classicheggiante); sulla filosofia greca e medioevale (Aristotele e la Scolastica); e trascura pr es-sochè in toto - dove anche nella lettera dei program-mi, sempre nello spirito - il pensiero moderno: chi studia sul serio, nei licei, Leonardo e Galileo, per non parlare neanche di Bacone e di Einstein?
Ciò che il linguaggio corrente designa con la parola cultL/1"G (sottointendendo l'aggettivo generale) è dunque nient'altro che una « zona» della cultura: la zona della cultura classica. E' una « specializzazione » nel tempo. La fortuna di questo tipo di insegnamento si può tro-vare, oltre che nella tradizione, nel fatto che la mente dei ragazzi è congeniale al pensiero delle civiltà primi-tive, relativamente semplici e ingenue: è più atta a se-guire la logica del Critone e i fantastici itinerari di Ulisse (o dell'Alighieri), che non il progresso delle es plo-razioni geografiche e il maturare del pensiero scienti-fico contemporaneo. Il ragazzo giunge così alla « sua» maturità ad un livello intellettuale paragonabile a que l-lo di un uomo di cultL/ra rinascimentale: che per certo
sapeva ben poco di matematiche; nulla di scienze fisi-che (lo stesso Bacone, contemporaneo di Galileo, pro-pendeva per il sistema tolemaico); e, naturalmente, non poteva neanche sospettare 1'esistenza di discipline di là da venire come la psicologia, l'economia e la socio-logia. Ma se le fondamenta sono ben stabilite, vi si potrà costruire sopra ciò che si vuole: la fisica nucleare
o l'economia keynesiana.
Il fallimento dei ricorrenti tentativi di dar vita ad un liceo «moderno» (2) costituisce la più eloquente controprova a conferma di quanto s'è detto.
Ancora un esempio, scelto nel campo universitario. C'era una volta una laurea in ingegneria. Oggi ce ne sono, anche da noi, sette o otto. Le università sovie-tiche (certo le più specializzate del mondo) ne hanno oltre 180. Esaminandone il contenuto, proviamo a ri-durre 180 a otto e le otto a una. Naturalmente tenendo conto di ciò che una mente umana può decentemente assorbire in 5 o 6 anni di studio. Ne otterremo un pro-gramma di una desolante superficialità: un po' di tutto, e niente di serio. Un ingegnere « generico » non è più
lO
I
CRONACHE ECONOMICHEconcepibile: meglio un fisico teorico, magari persino per fargli riparare un rubÌl1etto che perde o per tirar su un muro di mattoni. E tuttavia nessuno si scandalizza se un ingegnere elettrotecnico finirà in un'industria
chimica, o un ingegnere elettronico in un' officina mec -canica. Ciò che prova la superiorità fom1ativa di un in-segnamento specializzato su quello generico, e pertanto necessariamente nozionistico e superficiale.
ò <> ò
Ora possiamo ritornare agli istituti commerciali e
all'Eugenio Bona in particolare. Non che fra quelli e questo vi sia vera differenza nel senso di un rapporto da «generico » a «specializzato». I programmi del Bona sono quelli vigenti per qualsiasi altro istituto tec-nico commerciale ad indirizzo amministrativo, più qual-cosa. Il « qualcosa» in più si identifica in tre materie d'insegnamento: la merceologia (compresa altresì, ma con diverso contenuto, nei programmi degli istituti ad indirizzo mercantile), la tecnologia industriale tessile, la tecnica amministrativa delle aziende tessili-laniere. L'aggiunta di queste materie (non compensata da
al-leggerimenti corrispondenti in altre) porta l'orario delle lezioni ed esercitazioni dalle già troppe 33, 33 e 35 ore
settimanali (rispettivamente al III, IV e Vanno di corso degli istituti tecnici commerciali) alle 37, 38 e 38 del Bona.
E' un carico senz' altro eccessivo; e come gli studenti cerchino di liberarsi dell' eccesso di peso ho detto nella relazione generale al Convegno biellese. Ma ho anche detto che proprio in quelle tre materie aggiunte è il valore formativo del Bona. E' solo un principio, ma è un principio nella direzione giusta. Credo che gli am-ministratori e la presidenza del Bona (e, con essi, gli
organi amministrativi e direttivi dei pochi altri istituti « autonomi») farebbero bene a non lasciar nulla di in-tentato per convincere l'autorità scolastica centrale a dar loro un po' più di fiducia e di corda.
Valga il vero. La merceologia così come la intende il programma ministeriale, è uno scatolone pieno delle cose più varie, dalla chimica dei prodotti alimentari
allo studio, non meglio qualificato, dei « materiali da
scultura ». Naturalmente, tutto ciò che un diligente in -segnante può tirarne fuori è una più o meno estesa
en-ciclopedia di nozioni varie, che gli allievi, a loro volta,
si adoperano a compendiare in un elenco mandato a memoria, e non più organico di quello che ognuno di noi potrebbe fare salendo ad inventariare gli oggetti
accatastati nei solai d'una vecchia casa di campagna
Nè diverso destino potrebbe attendere una
tecnolo-gia che pretendesse descrivere sia pure sommariamente i processi tecnologici attraverso i quali si ottengono
ma-terie prime e semilavorati e prodotti industriali: dalla
distillazione del coke alle fibre artificiali, dal montaggio di un'automobile alla conserva di pomodoro.
Perciò la merceologia, nei programmi degli istituti tecnici ad indirizzo « mercantile », vi rappresenta l'
e-sempio più cospicuo di insegnamento meramente n
o-zionistico; mentre la tecnologia resta fuori programma,
così nell'indirizzo « mercantile» come in quello «
am-ministrativo ». Il che (se è giustificato dall'inutilità di una assurda tecnologia industriale « generale») priva
di ogni seria base qualsiasi pur elementare insegnamen -to di organizzazione aziendale e di ricerca dei costi,
l'una e l'altTa va ria ndo col vaTiare dei processi te cno-logici.
Nei programmi del Bona, la merceologia s'incentra nello studio delle fibre tessili, dei filati e dei tessuti, con
parti·colare riguardo alla lana e ai manufatti lanieri. E la tecnologia è tecnologia tessile, sempre con un occhio
alla lavorazione della lana. Così che la tecnica
ammi-nistrativa potrà poi s\"olgersi su codeste premesse: e quando gli studenti sentiranno parlare di organizzazione
aziendale (poniamo dell'ufficio approvvigionamenti) sa-pranno che si tratta di organizzare un'industria laniera, e non una cantina sociale o una raffineria di petrolio;
e quando si parlerà di costi potranno rendersi conto che il processo di fOlmazione del costo di un tessuto segue
il processo tecnologico e lo schema organizzativo de l-l'azienda; e non è campato per aria come lo vogliono i programmi ministeriali per gli istituti tecnici
commer-ciali: i quali (fra l'altro) pretendono che si tratti del prezzo prima che dei costi di distTibuz·;one; e di questi un anno pTima di ogni accenno all'esistenza di un costo di produzione.
Merceologia, tecnologia e tecnica amministrativa, rite-rite ad un'industria, acqurstano così organicità e
con-cretezza: veramente dal loro coordinato studio s' impa-ra qualcosa. E quando si sia imparato sul serio qualcosa
circa un'industria, non riuscirà difficile applicarlo ad
altre industrie, o ad altri settori dell'attività economica. Nel che è l'essenza d'ogni insegnamento formativo.
Perciò noi chiamiamo cultura e formazione
ammini-strativa ciò che s'insegna al Bona (in particolare col gruppo merce
ologico-tecnologico-tecnico-amministrati-vo)
e chiamiamo inutile bagaglio nozionistico ciò ch' è compreso nei programmi ministeriali di merceologia edi tecnica commerciale, ad indirizzo generico (3).
Così come sono « cultura» i dialoghi platonici; men -tre costituiscono inutile bagaglio nozionistico quei com-pendi di storia della fìlosofia che conducono, in cento pagine, da Socrate al prof. Sartre e sui quali purtroppo
non pochi esami di maturità sono stati « preparati» e
si preparano.
Comprendo ch'è molto difficile andare a Fermo e
dire ai signori che amministrano quell'istituto tecnico e ai professori che vi insegnano: datevi un indirizzo
specializzato. Nella ricchezza della sua tradizione di
studi un tempo anche universitari, e di attività artigia-nesche, è difficile individuare a Fermo una vocazione
industriale.
Ma dove una tale vocazione \"i sia - è il caso di Biella com' è il caso di Torino, di Salerno, di Parma,
di Prato, di Ivrea, di Fabriano e di cento altre città
d'Italia - ritengo che a Viale Trastevere se ne dovre b-be avere un po' più di considerazione.
Non soltanto perchè in tal modo si rispetterebbe
-meglio di quanto oggi non si faccia - la funzione so-ciale della scuola (e in particolare delle scuole prof
es-sionali, inferiori e superiori), la quale funzione consiste
nel rispondere ai diversi bisogni delle diverse strutture
sociali, delle diverse vocazioni economiche. Ma perchè
solo in tal modo, fuor d'ogni retorica nazionalistica o
regionalistica, si serve la cultura d'un'epoca e di un paese.
Quando si scrive: «A viale Trastevere se ne do-vrebbe avere un po' più di considerazione », non è so l-tanto per esprimere un auspicio. Voglio dire che non ci illudiamo che, in una luminosa giornata di sole,
qual-cuno a Roma si svegli animato da altruistici propositi di
libertà. La libertà degli altri è sempre menomazione
della nostra autorità.
Ciò vuoI dire che anche quella forma parziale e c ir-coscritta di libertà che è ]' autonomia, va conquistata. Essa muove dal basso verso ]' alto, come il vapore in
(3) A questo punto il discorso potrebbe salire di tono, giac -ché un programma formativo non s'incentra su questo o su quel
gruppo di discipline, bensì su un oggetto di studi ben definiti e osservabile nella realtà. Che nel caso del Bona è l'azienda
tessile laniera. Si tratta di tradurre quella realtà in termini di-dattici, non solo di merceologia, di tecnologia, ecc., ma altresì di geografia economica, di ragioneria, ecc. Più in generale an-cora, è da chiedersi se programmi di lettere italiane o di storia, perfettamente intonati in un indirizzo di studi classici, possano
adattarsi egualmente bene, con qualche « ritocco» e qualche
« sfrondatura », ad un indirizzo completamente diverso, qual è
quello tecnico-commerciale. Può darsi - ad esempio - che sia
saggio risparmiare ai giovani immersi fino al collo in un bagno di cultura greco-latina, anche il più lontano accenno alla
rivo-luzione agricola (VIII millennio a.C. circa) e alla rivoluzione industriale (XVIII secolo d.C.). Ma è difficile trovare analoga
giustificazione per la totale dimenticanza di codesti fatti nei programmi di storia degli istituti tecnici.
una pentola a gas. Quando la pressione è sufficiente, il coperchio salta: in termini gerarchico-burocratici si parlerà allora di « concessione ». (Anche Carlo Alberto « concesse» lo Statuto ai piemontesi: quando i pi emon-tesi ve lo costrinsero).
Che cosa occorre per far saltare il coperchio dei programmi ministeriali per l'insegnamento tecni co-su-periore, disperatamente uniformi dalle Alpi al Lilibeo? Occorre che gli istituti periferici ad amministrazione autonoma, ciascuno per sè, ne elaborino di migliori, migliori sia in assoluto (il che non è difficile) (4) e sia in rapporto alla vocazione economica della popolazione ch' essi servono (il che richiede una certa conoscenza di quella vocazione, e un certo grado di collaborazione fra scuola e industria). Fatto questo, i consigli di am-ministrazione degli istituti agiranno saggiamente non limitandosi ad affidare l'inoltro delle proposte al pre -side. Che è organo gerarchicamente sottoposto ai fun-zionari ministeriali, e quindi scarsamente dotato di for-za di persuasione. Forse agirebbero opportunamente, in vista del fine che si prefiggono, promuovendo la for-mazione di un comitato cittadino (o regionale) del qua-le siamo chiamati a far parte, in buon numero, parla-mentari, docenti accademici, esponenti dell'industria,
12 CRONACHE ECONOMICHE
del commercio e della banca. Che sono ciò che gli am e-ricani chiamano « panels » e che i trattati di psicologia sociale definiscono « gruppi di pressione ».
(4) Per non Tipetermi, rinvio alle osservazioni intomo agli attuali programmi che ho avuto occasione di compiere nella già citata relazione generale al Convegno di Biella. Dalla quale, a
titolo di esempio, trascrivo soltanto la seguente che riguarda il programma di matematica: «Diciamo subito, a scanso d'equi-voci, che nessuno più di noi è convillto dell'importanza
forma-tiva e della utilità pratica della matematica. Anche - e
vm'-remmo dire particolarmente - per gli amministratori e per i
dirigenti industriali. Ma non è questa una ragione sufficiente per l"iempire la testa dei giovani di nozioni perfettamente Ìl1Utili, o comunque inapplicabili al campo di attività del ragioniere. Poniamo fra queste (senza pretendere di esaurire qui l
'argo-mento) alcuni concetti di matematica probabilistica (come la speranza matematica e la teoria dei giochi) e l'intiera m
atema-tica attuariale. A quest'ultima (che già appesantisce con utilità che dosiamo generosamente al 3 per cento il piano di studi della laurea in economia e commercio) i programmi dell'istituto
tecnico commerciale dedicano buona parte del IV anno e
l'in-tiero Vanno: il che ci dice che il compilatore di quei pro-grammi, e con esso il legislatore, non sono neanche stati s
fio-rati dall'idea che la professione dell'attuario è una professione a sé, molto seria, e che nessuna compagnia di assicurazioni si sognerà mai di affidame neppure le frange a ragionieri. Per i quali tutto quello studio non riuscirà dunque soltanto ostico;
Puntualizzazione sugli sviluppi
del nodo ferroviario di Torino
Contributo agli studi
per il Piano Regolatore
Intercomunal~
Alberto
Russo
Frattasi
Premessa
Il Compartimento delle F. S. di Torino - che sovraintende alle linee ferroviarie che servono il Pie-monte - ha giurisdizione su di una vasta rete, la più estesa rispetto a quella delle altre regioni italiane, le cui linee complessivamente hanno raggiunto circa 1957 km. dei quali 1025 km. di linee elettrificate (con c.c. 562 km. e con c.a.t. 463 km.) nonchè 932 km. di linee non elettrificate.
Situazione attuale
A Torino fanno capo tre linee di gr.ande comuni-cazione e precisamente:
Torino, Bardonecchia, Modane di 106 km. dei
qua-li 83 a doppio binario e 23 a semplice binario, con trazione elettrica a c.c., circolazione regolata col sistema del blocco elettromeccanico e pendenze fino al 30 Q/o (l);
Torino, Milano di 153 km. a doppio binario, con trazione c.c., circolazione regolata con blocco elet-tromeccanico mentre fra Torino e Chivasso sono in corso i lavori di installazione del blocco automa-tico per aumentare la portata della linea;
Torino, Asti, Alessandria di km. 91 a doppio bi-nario, con trazione elettrica a c.c., circolazione re-golata col blocco elettromeccanico salvo che nel tratto Torino-Trofarello dove è in vigore il blocco automatico (2).
Da questi grandi assi ferroviari si diramano altre importanti linee quali:
quella di Susa a Bussoleno (8 km.) quella di Biella a Santhià (30 km.)
quella di Arona a Santhià (62 km.) quella di Aosta a Chivasso (132 km.) quella di Casale a Chivasso (49 km.)
- quella di Asti a Chivasso (51 km.)
- linea concessionaria Canavesana a Settimo Tori-nese
- quella di Torre Pellice dal bivio Sangone (55 km.) - quella di Ceva da Trofarello (149 km.)
- quella di Chieri da Trofarello (9 km.).
Queste linee che gravitano sul nodo ferroviario di Torino convogliano giornalmente in media, sugli im-pianti ferroviari della città, un totale di:
n. 160 coppie giornaliere di treni viaggiatori n. 60 coppie giornaliere di treni merci
n. 20 coppie giornaliere di treni straordinari merci n. 6 coppie giornaliere di treni straord. viaggiatori n. lO coppie giornaliere di treni vari
con circa 123.000 viaggiatori in arrivo, partenza e transito su 850-900 carrozze, nonchè circa 45.000 tonno di merci ripartite in circa 5.000 carri, tonnellate delle quali circa 12.500 interessano la gestione degli scali di Torino.
A Torino Smistamento giornalmente vengono ma-novrati 1800 carri, con punte massime di 2300, carri provenienti in parte dalle linee poste a Nord di To-rino (20 % dalla linea di Modane e 33010
da
quelladi Milano) ed in parte dalle linee poste a Sud di To-rino (6 '010 da Milano per la via di Voghera, 29 '010 da Alessandria, 9 '010 da Savona e 3 010 da Pinerolo).
In particolare occorre mettere in evidenza, nel mo-vimento passeggeri, il traffico pendolare dei
lavo-(1) Si ricorda che su questa linea vi sono ancora 23 km. di binario semplice tra Bussoleno e Salbertrand, gli unici del1a
tratta Modane-Roma non appena saranno ultimati i lavori in
corso sui lO km. del tratto Framura-Monterosso.
(2) A seguito dell'installazione del blocco automatico sul
'tratto Torino-Trofarello la potenzialità delia linea è salita a 260 coppie di treni giornalieri.
ratori che crea una punta di circa 40 treni tra le 6
e le 8 del mattino trasportando circa 40.000 persone. Quanto sopra è regolato e svolto da linee ed
im-pianti che, malgrado i lavori recentemente effettuati
dall'azienda ferroviaria, sono inadeguati al traffico at-tuale ed a quello futuro (Tav. n. l).
Lavori da effettuarsi
Per dare quindi un panorama completo del
com-plesso delle opere necessarie per il livellamento degli
impianti con le necessità di s\iluppo della città -
iu-tesa nel senso lato di aI'ea metropolitana di Torino in
base alle previsioni del P.RG.C. e del P.R.I. - si espo-ne il programma dei lavori ritenuti indispensabili, se-condo alcune fasi che raggruppano quelli da effettuarsi nello stesso tempo, mentre la successione delle fasi è
ovviamente dipendente dai piani e dalle disponibilità
dell' amministrazione ferroviaria.
Fase 1)
1.1) Costruzione nuova stazione di Torino
Smistamen-to in Zona Orbassano-Beinasco-Grugliasco g
po-nente del futuro cimitero sud e relativi a1laccia-menti alle grandi linee di comunicazione ed agli impianti esistenti (Tav. n. 2);
1.2) Costruzione e trasferimento delle officine per il
materiale rotabile in zona Trofarello e relativo
allacciamento al fascio di binari di detto
Comu-ne (Tav. n. 3). Fase 2)
2.1) Abbassamento del piano del ferro dal Corso Vit-torio (all'in·circa) fino al ponte sulla Dora (all'in-circa) (Tav. n. 4);
2.2) Quadruplicamento dei binari nel tratto Bivio-Cro-cetta-Chivasso (Tav. fuori testo);
2.3) Impianto del blocco automatico tra Torino e
Chi-vasso;
2.4) Sistemazione delle stazioni di Torino Dora e
To-rino Stura.
Fase 3)
3.1) Quadruplicamento dei binari nel tratto Torino P. N. - Trofarello (Tav. fuor) testo).
Fase 4)
4.1) Trasferimento della Gestione V.O. e scalo Vallino da Toripo P.N. a Torino Smistamento Lingotto;
4.2) Trasferimento squadra rialzo di Torino P.N. e
sua unione con quella di Torino Lingotto;
4.3) Sistemazione del piano regolatore di Torino P.N. in funzione delle possibilità fornite dai suddetti
spostamenti (parco manovra e ricovero treni, ecc.).
(Ta\". 5). Frase 5)
5.1) Costruzione dei nuovi scali merci nelle zone
in-dicate dal P.RI. e precisamente:
141
CRONACHE ECONOMICHEa) nell'area antistante la nuova stazione di To-rino Smistamento in zona Grugliasco (Tav. n. 2);
b) nell' area di sviluppo del!' attuale stazione di
To-rino Stura (Tav. n. 6);
c) in area da definirsi nella tratta
Moncalieri-Tro-farello (Tav. n. 3). Fase 6)
6.1) Completamento del nuovo Scalo merci San Paolo e trasferimento in lo co della Gestione V.O. di Torino P.S.
Descrizione delle opere Fase 1)
L'incremento del traffico sia passeggeri che merci, la necessità di semplificare e sveltire le operazioni di
smistamento, il superamento tecnico (anche se
par-ziale) di alcuni degli impianti esistenti, la opportunità
di dare più ampio respiro ad alcuni servizi che devono restare in prossimità di Torino P.N., altri motivi di
ordine economico e commerciale, hanno consigliato il
trasferimento dello smistamento in zona atta a: soddisfare le necessità urbanistiche del P .RI.; assorbire il traffico con la Francia immediatamente
prima che questo entri nella cintura di Torino con
conseguente alleggerimento della linea
Torino-Bardonecchia-Modane;
smaltire e smistare, attraverso nuovi e moderni im-pianti e senza procurare intralcio alla circolazione dei treni viaggiatori, la maggior parte del traffico merci (3).
Questa stazione dovrebbe avere una potenzialità giornaliera di circa 5.000 carri, disporre di due fasci separati ed indipendenti per arrivi e partenze dotati ognuno di una yentina di binari lunghi 600 m. circa,
due selle di lancio, ecc. e coprire complessivamente
un'area di circa 650.000 mq.
Contemporaneamente dovrebbe essere dismessa a
favore del Comune di Torino, l'area fiancheggiante i
mercati generali per una superficie di circa mq. 300
mila, come risulta dalla Tav. n. 5.
La rimozione ed il trasferimento delle Officine
Ma-teriale rotabile già previsto nel P.RG.C. di Torino è
già stata presa in esame da parte dell' Amministrazione
Ferroviaria ed al momento dovrebbe essere in fase di
(3) In precedenza il P.R.I. aveva previsto - in via di prima approssimazione - la ubicazione dello Smistamento nella zona di Trofarello e precisamente a sud-est del fascio di binari di detta stazione. Le F. S. per contro, dopo aver
attentamente vagliato tutte le possibilità nell'arco degli im-pianti di Torino e Comuni limitrofi (Settimo, Trofarello, Gru-gliasco) - in funzione delle previsioni di incremento di traf-neo - hanno proposto di scegliere la zona di
definitiva ubicazione nel comprensorio di Trofarello dove, per le corse di prova dei locomotori, si potrà
sfrut-tare la facile immissione su di una linea veloce quale la Asti-Alessandria e su di una linea di minor traffico quale la Carmagnola-Fossano. Questo trasferimento consentirebbe j'eventuale recupero da parte del Co-mune di un'area di circa 140.000 mq. ubicata tra: corso Inghilterra e corso Bolzano.
Fase 2)
Attualmente il traffico giornaliero medio della sta-zione di Porta Susa è dell' ordine di oltre 20.000 unità con:
n. 46 coppie di treni viaggiatori in transito; n. 40 coppie di treni merci in transito;
n. 22 coppie di treni viaggiatori e merci che si atte-stano con un totale di 108 coppi'e per 216 treni dei quali 44 si attestano e stazionano in essa. A queste cifre sono da aggiungersi circa 40 treni straordinari parte in transito e parte facenti ivi testa. Inoltre la mancanza di alcuni servizi in loro (dep. locomotive, parchi di ricovero, impianti di pulizia car-rozze, impianti di carica accumulatori, ecc.) limita le possibilità di sviluppo della stazione e pertanto la ne-cessità di potenziamento e miglioramento del servizio, comporta una re\"Ìsione integrale degli impianti di sta-zione. Se a ciò si aggiunge:
la necessità di attestare a Porta Susa un maggior numero di treni non solo delle linee che vi conver-gono (direttrici di Collegno e Chivasso), ma anche quelli interessanti il tratto comune Bivio-Sangone, Bivio-Lingotto a scarico della stazione di Porta Nuova;
la previsione che il traffico convogli nei prossimi dieci anni, subisca un incremento del 25-30 %, e che pertanto i 216 treni attuali diventeranno all'incirca 276 dei quali non meno di 130 (che rap-presentano circa il 45 % del traffico ferroviario della linea) attestantisi in detta stazione;
la possibilità di collegare un impianto ferroviario di notevole importanza al nuovo Centro Direzio-nale previsto da P.R.G.;
la tendenza ad allontanare dal Centro storico la grande viabilità interna a mezzo di assi di scorri-mento molto prossimi a Porta Susa;
la necessità di eliminare il diaframma rappresen-tato dal sedime ferroviario attraverso la città, dia-framma superato solo con la Galleria di Piazza Statuto, il Cavalcavia di Porta Susa, il sottopas-saggio di Corso Regina Margherita e qualche altra opera di scarsa importanza;
risulta chiaro come l'abbassamento del piano del ferro nel tratto Corso Vittorio fino ad oltre la stazione Dora sia un elemento urbanistico di imprescindibile neces-sità, abbassamento collegato col quadruplicamento dei binari. slittamento della stazione di Porta Susa e suo
rifacimento più a sud, su parte dell'attuale scalo merci, sistemazione definitiva delle stazioni di Dora (in re-lazione al collegamento diretto di Corso Vigevano con Corso Mortara) e di Stura soprattutto in relazione al potenziamento di quello scalo merci.
In linea di massima il nuovo piano del ferro di tutto il piazzale di Porta Susa dovrebbe essere a quota 236 m. circa s.l.m., mentre il quadruplicamento comporterebbe un ampliamento del sedime ferrovia-rio di circa 20 metri sotto il Corso Inghilterra nel tratto tra Corso Vittorio e Piazza Statuto, mentre, in pros e-cuzione, il quadruplicamento dovrebbe comportare un allargamento del sedime di circa m. lO sempre sul lato ovest (4).
L'installazione del blocco automatico fra Torino e Chivasso potrà indubbiamente apportare un miglio-ramento alla circolazione, ma per aumentare sostan-zialmente ed adeguatamente la potenzialità del ser-vizio, occorre attuare il quadruplicamento dei binari, dovendo assicurare una regolare circolazione dei treni per Norava, Milano, Chivasso-Aosta, Chivasso-Asti, Chivasso-Casale, Santhià-Biella e della ferrovia del Canavese tra Settimo e Torino, ferrovia che non può aumentare le_ corse da e per Torino per intensificare e migliorare particolarmente il servizio degli operai e degli impiegati.
La centralizzazione elettrica delle manovre degli scambi e dei segnali nelle stazioni di Torino Porta Susa, Torino Dora, Settimo e Chivasso, servirà a dare la indispensabile snellezza e sicurezza alla circolazione dei treni.
Fase 3)
Altra necessità imprescindibile per la città è quella del raddoppio dei binari di corsa nel tratto Trofarello-Ponte di Corso Bramante con profìlo altimetrico tale da consentire il collegamento, attraverso l'attuale so-pravia sulla linea Torino P.N.-Lingotto, col quadrivio Zappata per innestarsi sulla linea Q. Zappata Collegno fino al Bivio Lagrangia dove si entra nel nuovo im-pianto.
I! provvedimento faciliterebbe anche, nelle ore di punta, il servizio di Torino P.N., servizio per il quale si dovrebbe prevedere - in base ai lavori effettuati nelle fasi l e 4 - il potenziamento dei fasci di depo-sito materiali per il ricovero e formazione dei treni, nonchè l'aumento dei binari di ricevimento.
Infatti dopo il trasferimento della gestione V.O. (5) a Torino Sm. Lingotto e lo spostamento delle Officine della Squadra Rialzo si può realizzare, oltre la desti-nazione di circa 20.000 mq. a suolo edificatorio lungo
(4) L'abbassamento del piano del ferro a quota m. 234-236
s.l.m., tra gli assi di Via Duchessa Jolanda e Corso Regina
Margherita comporta la restituzione dei sedimi stradali a li-vello e la possibilità di creare una sottovia sotto piazza Statuto a quota - 6 rispetto a1Llltuale piano stradale.
(5) Velocità Ordinaria.
T AVOLA N.
1
-VALE N T
(
TAVOLA N. 2
CIp
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assi di collegamento Ira zone industriali strade attrezzate tangenziali interne CJ strade di penetrazione e di scorrimento
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area che si pensa di vincolare per scalo merci
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strade di penetrazione e di scorrimento
CJ ai centri abitati
strade di carattere intercomunale
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area vincolata dal P.R.G. di Torino per impianti ferroviari
area che si pensa di vincolare per scalo merci stradale-ferroviario
TAVOL.A N. 4
Piano del ferro attuale Piano di regolamento
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TAVOLA N. 6
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assi di collegamento fra zone industriali=
c::Jstrade attrezzate tangenziali interne
strade attrezzate di penetrazione e attraversamento veloce
strade di penetrazione e di scorrimento
ai centri abitati
strade di carattere intercomunale
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proprietà delle FF. 55.area vincolata dal P.R.G. di Torino
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per impianti ferroviarila cinta ferroviaria, la trasformazione di buona parte del piazzale Vallino a parco per ricovero carrozze ed
ampliamento del parco vecchio; la potenzialità di
questo parco potrebbe passare infatti da circa 475 a
circa 850 vetture, potenzialità che si può ritenere
ri-spondente alle esigenze anche per il futuro, tanto più
se si tiene conto che a Porta Susa potrà attestarsi
anche del materiale della linea Milano per la quale è
prevista l'opportunità di aumentare notevolmente i treni a carattere veloce (automotrici ed elettromotrici).
Fase 4)
Questa fase di lavori è prettamente ferroviaria e
la si accenna solo in quanto i risultati di tale nuova
sistemazione dovrebbero avere delle ripercussioni
fa-vorevoli nel servizio e nell'esercizio ferroviario.
Fase 5)
Come risulta dalla Tav. n. l gli attuali scali
ferro-viari penetrano profondamente nel cuore della città
per assolv.ere alle funzioni tipiche del loro servizio.
Nello studio del P.R.I., in sede di coordinamento
dei trasporti e di progetti di viabilità, è risultata
chia-ra, soprattutto in considerazione del decentramento
in-dustriale in atto, la necessità di impostare su diverse basi la penetrazione nell' area di Torino sia dei
viag-giatori che delle merci. Ne consegue che mentre p'er
i viaggiatori sono allo studio servizi metropolitani,
de-centramento degli arrivi e partenze in stazioni
perife-riche, ecc. per le merci si è studiata la possibilità di
realizzare un anello stradale di scorrimento, esterno
all'attuale centro urbano, per consentire che la
pene-trazione a\'venga esclusivamente con automezzi l
eg-geri, come meglio risulta nella relazione relativa al
traffico stradale.
Questo principio, ovviamente, porta di conseguenza la necessità di creare delle autostazioni merci sul bordo dello scorrimento e lungo le principali direttrici di traffico. Si è pertanto esaminata la possibilità di
ac-coppiare tali autostazioni a nuovi scali ferroviari creati
nella « banlieu·" industriale, parte realizzati
poten-ziando gli impianti esistenti, parte da costruirsj ex
novo, scali atti a tlcilitare il coordinamento strada
-rotaia al fine di ottenere una logica ed economica
ripartizione del traffico fra strada e rotaia. Questo
principio, già realizzato in altri paesi, permette di far
convergere sulla ferrovia tutto il nuovo Busso di traf
-fico che al momento si serve della strada sia per le
scomodità di accesso agli impianti ferroviari sia per
la inadeguatezza degli stessi. Ne consegue che le zone
scelte per questi nuovi scali misti sono state vagliate
in relazione alle possibilità di facile raccordo ferro
-viario e stradale ed in zone previste di sviluppo
in-dustriale.
In detti scali gli spedizionieri e gli
-autotrasporta-tori dovrebbero trovare posto per le loro sedi e dispo
-nibilità di tutti i servizi indispensabili al loro
eser-cizio nonchè il contatto immediato con gli impianti
ferro"iari.
Fase 6)
La sistemazione dello scalo San Paolo per una
po-tenzialità di 600 carri dovrebbe rientrare in una fase
di lavori di rapidissima attuazione allo scopo di per
-mettere la sistemazione della Gestione V. O. di Torino
Porta Susa e raccogliere parte delle spedizioni già del
-la Gestione V.O. di Torino P.N. da trasferirsi, nonchè
la cQ.struzione di magazzini ed impianti vari a cura
delle ditte concessionarie.
Conclusioni
Dall' esame dei lavori da effettuarsi da parte delle
F. S. risulta come 1'Amministrazione' Comunale di
To-rino ed alcune Amministrazioni di Comuni della «
cin-tura", sono particolarmente interessate alla
defini-zione dei punti LI, 1.2, 2.1, 2.4, 5.1 che comportano
notevoli operazioni fondiarie ed immobiliari a carat-tere pubblico e privato.
Infatti:
dal punto 1.1 risulta la necessità di riscatto delle
aree limitrofe ai Magazzini ferroviari per comple
s-siv.i mq. 300.000 ca., nonchè di quelle su via
Nizza per ca. 90.000 mq.; per contro occorre ope
-rare, attraverso il P.R.I., perchè in zona Orbassano,
Beinasco Grugliasco sia resa disponibile l'area
ne-cessaria al nuovo Smistamento;
- analogo ragionamento deve essere fatto per il punto 1.2 in base al quale 1'area da riscattare risulta di mq. 300.000;
per i punti 2.1 - 2.4 l'Amministrazione Comunale deve sollecitare la conoscenza delle date e del
pro-gramma di lavoro delle F. S. per poter stanziare i
fondi e progettare le opere di viabilità in base al
P.R.G.;
per il punto 5.1 è necessario operare attraverso il P.R.I. per la esatta destinazione e vincolo delle zone che saranno destinate a scali merci.
T.B. -I dati di traffico su esposti si riferiscono al periodo fine 1962 in.izio 1963.