A colpo sicuro
Sulle scelte produttive e amministrative, sulle soluzioni di problemi scientifici, urge il flusso crescente delle informazioni.
La tecnica elettronica
esaltando illimitatamente le possibilità del calcolo e dei metodi di analisi e di confronto
interviene nei settori più diversi,
rivela le tendenze, individua le frequenze, indica la mira esatta,
consente per ogni decisione a tutti i livelli la sicurezza di chi conosce le proprie ragioni.
cronache
economiche
mensile a camera di indusfria e cura della commercio agricolfura di forinonumero 242 - febbraio 1963
Corrispondenza. manoscritti, pubblicazioni deb-bono euef8 indirizzaI! alla Direlione della Ri-VI1,ta. Gli articoli firmai. e \Iglall 'Ispecchiano \ollanlo il pensiero dell' Autore e non impe-9nano la Direzione della Rivista ne "Ammlni. strazione CllImerale. Per le recensioni le pubbli-caZioni debbono essere inviale in duplice copia. E' vlelala la riproduzione degli adicoli e d.lle noie senza citare la lonte. Gli adicoli, anche se non pubblicati, non si reslilu;\Cono.
Comitato di reduione: On Dott. Giuseppe Alpino Prof Doti. Augusto Bargoni Pro/. Dott. Arrigo Bordin Dott. Clemente Celidonio Pro/. Dott Giovanni Dalmasso Dott. Giuseppe Franco 0011. Giacomo Frisetti Pro/. Dott. F. PalaZZI - Trivelli
Direttore responsabile: Prof, Dott G useppe Caro ne
sommano
3 Una hplCa induslrla lorinese: i cuscinetti a rololamenlo InterVista con il Cav. del lavoro Ing. Pietro Bedolone
.. , Garino Canina
6 luCi ed ombre nell'evoluzione dell'agrlcollura asligiana
G. Brr.ghl
11 Appunli di analisi regionale (III)
G. F. Mlcheletli
16 PICcole aziende industriali e « aulomazlone» (I)
F. Feniil Conti"
20 Il controllo degli inveslimenfl
C. M. Tu"hi
22 Calcolalorl elettronici e ricerca economica
E. B.lloslelli
27 l'acciaio zlncalo nell'edilizia rurale
u. Bardelli
31 Come l'lnghillerra fratta I suoi gravI problemi di carenza d'acqua
N. R. Ve,fidello
37 l'uomo al lavoro: bisogni e movenil
A. Trinchefì
39 la tormazione professionale per I servizi di ammlnlslrazione
G. Sl'cerdote
44 Congiunlura « delICata» per il commercio estero
c. P.
48 la collaboraZione economica nel quadro degli accordi Internazionali
À. RlChelll
53 Apparenza e realtà nell'economia del popoli. di Adolf Weber
55 Rassegna della Tecnica, a cura di G. F. MlCheletli
61 Concorsi bandili dalla C.C.I.A. di Torino
Direzione, redazione e amministrazione:
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GRICOLTLRI\.
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Sede: Palazzo Lascaris - \'Ia Vittorio Alfitri, 15. Corrispondellza: Via Vittorio Alfieri, 1.5 - Torino (120) - Casella Postale .j 13. Telegrammi: Camcol11l11.
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Sert'izio Cassa: Ca 'sa di Risparmiu di Torino - Sede Centrale - CI c 53.
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Via an Francesco da Paola, 28. Telegrammi: Borsa.
Telefolli: Uffici 54.77.04 - Comitalo Borsa 5.1.77.43 - Ispellore Tesoro 5·1.77.03.
Via Andrea Doria, 15.
Telegrammi: Borsa ~!erci - Via Andrea Doria. 15. Telefolli: 55.31.21 (5 linee).
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L'indI/stria italiana dei cuscinetti
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alla
minor dinamica
di-mostrata
n
e
l
corso degli
1IlUmi
anni,
rispetto ael altri
settori, dalla
meccanica di
precisione.
Quali sono
iprincipali fattori che
hanno
detenni-nato
questa espansione?
R. - L'industria dei cuscinetti a TOtolamento di-pende in gran parte dalla domanda dell'industria mec-canica generale e dell'industria dei mezzi di trasporto ed l' legata, per quanto concerne i ricambi, con la cir-colazione automobilistica.
Come si nota dalle erie di indici allegati, lo vi-luppo della produzione di cuscinetti è intennedio fra lo s\ i1uppo dell'industria meccanica generale e quella mo-toristica.
Lo s\'iluppo goduto dall'industria nazionale di cu-scinetti a rotolamento si spiega appunto col fatto cii essere legata a ùue settori industriali che hanno avuto, insieme alj'jnùu tria chimica,
il massimo ritmo di
svi-luppo nel dopoguerra. Poichè i citati ettori di do-manda si sono analogamente viluppati in altre parti del monùo, anche le eportazioni italiane di cuscinetti ne hanno beneficiato, contribuendo allo viluppo delle aziende.Altri .ettori della meccanica di precisione non han-no potuto godere di tali favorevoli circo tanze.
Il Cav. del Lavoro Ing. Pietro Berlolone (').
NU},IERI INDICI DELLA PRODUZIO~E DI CU CINETTI, ~!ECCA~ICA GENERALE, COSTR ZIO 'E ~IEZZI DI
TRASPORTO, E DELLA
CIRCOLAZIONE AUTmlOBILISTlCA (195.3 = 100) Anfll Cuscinetti Ind. Mecc Cen. Costruz.
(escL m. trasp.) m. trasp.
19,50 69 82 78 1951 75 91 SO 1952 96 97 ')4 1953 ] 00 100 100 195-1 83,0 101,5 10-1.8 19,55 99,1 111,7 123.5 1956 118,2 ]17,0 l.J,s,6 1957 133,6 129.3 155,9 1958 1-17,5 128,1 171.1 1959 151,2 136,7 l .7 1960 171,5 16·l,l 22 '.3 1961 21" -1 189,0 2,56,2 1962 gen.-otl. 224:4 193,6 297,6 Fonte l TAT; Elaborazioni su dati ANFIA.
Circolaz. Automob. 63,1 73,9 85,6 100,0 109,2 130,9 151,3 174,6 193,6 228,5 289,2 322,3
D. -
Potrebbe illustrarci la porlata
c gli
obiet-tir;i degli importanti programmi
incorso
di attuazione
in Piemonte da parte della
RIV (stabilimentoeli
Ai1'Q-sco)?
R. - La realizzazione del ~Iercato Comune Eu-ropeo ha portato e porterà
seco
un intensificarsi dellaoncorrenza e cii con egllenza una maggiore pres ione sui prezzi cii yendjta. Poichè d'altra parte i va mani-festando con cre cente eyidenza un incremento del
sto della manodopera, si impone alla RIV il problema di aumentare la produttività per addetto, e quindi un
continuo sforzo di organizzazione e di miglioramento nell' attrezzatura di produzione.
In questo quadro rientra appunto la costruzione dello stabilimento di Airasca, che sarà particolarmente
attrezzato per produzioni di grandi serie ed alta pro-duttività.
D. - Quali elementi (geografico-economici od al-tri) hanno determinato l'ubicazione dello stabilimento di Airasca?
R. - Dal punto di vista geografico, lo stabilimen -to di Airasca si trova su una linea ideale che lo
con-giunge ,con gli altri due tradizionali, e sempre fonda -mentali, stabilimenti di Torino e Villar Perosa. Infatti
esso si affaccia sulla statale che da Torino porta a Pine -rolo e da qui a Villar Perosa. Non si dimentichi che, su questa stessa strada, è in attività da qualche anno lo
stabilimento di Pinerolo, la cui produzione di corpi di rotolamento è utilizzata negli altri stabilimenti.
Il fatto inoltre di essere situato praticamente alle porte di Torino, rende possibile il trasferimento di m
a-nodopera residente in questa città.
D. - Nel corso del 1961 le importazioni di cusc i-netti hanno registrato un incremento di circa il 37 % in peso, mentre le esportazioni sono diminuite di circa
il
2 %; qual è stato l'andamento dell'ùnport-export nel 1962?La causa del suddetto au.mento delle importazioni non 1·isiede forse nell'ùnpossibil-ità dell'industria na-zionale di fronteggiare la domanda interna?
R. - Va osservato che, con la graduale el
imina-zione delle barriere doganali (il fenomeno è natural-mente molto più sensibile nell'ambito del MEC), i mercati da chiusi si aprono ad una sempre più libera concorrenza.
In queste condizioni un paese, che in un certo mo
-mento si trova di disporre di un eccesso di capacità produttiva, non trova difficoltà ad intervenire in un altro paese dove momentanea.mente la capacità pro-duttiva fosse vicina alla saturazione, tanto da dover frenare la propria esportazione.
Successivamente la situazione tenderà ad invertirsi per il fatto che gli aumenti di capacità produttiva
no~
sono mai continui ma avvengono per gradini e proba-bilmente non simultanei nei diversi paesi concorrenti.
I dati riportati in calce indicano appunto un feno-meno di questa specie.
COMMERCIO ESTERO DEI CUSCINETTI Import. Aumento
'
I
,
Esport. Aumento 0/0q anno precedo q anno precedo
1959 12.425 47.260 1960 25.178
+
102,6 59.398+
25,7 1961 34.485+
97,2 58.364 - 1,7 1961 (9 m.) 24.047 43.088 1962 (9 m.) 28.055+
16,7 48.400+
12,3 Fonte ISTAT.41
CRONACHE ECONOMICHED. - Quali altri fattori limitano il nostro export? R. - Il cuscinetto è un bene strumentale di impor-tanza rilevantissima, sia nello sviluppo industriale di un paese sia nei piani di difesa militare. Molti paesi che nell'ultimo decennio hanno conquistato !'indip
en-denza e che cercano oggi di darsi un certo assetto
eco-nomico, e molti che questa indipendenza già possede-vano ma che erano industrialmente arretrati, si propon-gono piani di sviluppo industriale in ciò assistiti 0-vente da esperti delle organizzazioni economiche
in-ternazionali.
In tutti questi piani non potevano mancare
pro-getti per la costruzione di una fabbrica di cuscinetti a
rotolamento.
Così fabbriche son sorte recentemente, o sono state
molto potenzìate, in Jugoslavia, Romania, India, Bra-sile, Argentina, Spagna, Portogallo ed anche in
Giap-pone, nell'immediato dopoguerra, con il contributo di
americani, con la conseguenza che verso tali paesi
1'esportazione tende a diminuire.
Un importante fattore limitativo, che potrà diven-tare, fra non molto, veramente grave e preoccupante,
risiede nell'aumento troppo rapido dei costi di
produ-zione, che potrebbe metterci in condizione di non poter più fronteggiare la concorrenza internazionale.
D. - Quali sono i principali e più temibili concor-renti nell'ambito del MEC?
R. - Nel Mercato Comune Europeo sono pratica-mente presenti tutte le più importanti concorrenze del
mondo.
Citiamo: la SKF svedese con i suoi 5 stabilimenti
in Germania, 5 in Francia e l in Olanda. La F'AG con
i suoi 6 stabilimenti in Germania. Quest'ultima società
controlla la J aeger e, recentemente, ha assunto il
con-trollo della Durkopp con stabilimenti in Germania ed
in Italia (Casoria-Napoli).
La Timken americana con 2 stabilimenti in Francia. L'INA con i suoi 5 stabilimenti in Germania ed
l in Francia.
Di proporzioni più modeste, ma pur sempre
rag-guardevoli, sono Mueller in Germania; la SNR e Na-della in Francia; Macchi, CBF, Giustina, Gnutti, IMI, CSD ed altri minori in Italia.
Si tenga inoltre presente che la tariffa esterna del MEC non è un ostacolo invalicabile e praticamente
tutte le marche produttrici di cuscinetti al di fuori di tale area yj fanno cospicui affari, particolarmente le marche inglesi, americane, giapponesi, svedesi e
sviz-zere.
D. - L'industria dei cuscinetti è strettamente l e-gata allo svilu.ppo dell'industria automobilistica (che assorbe un terzo della produzione). Quali sarebbero le conseguenze in caso di recessi.one di quest'ultima?
il livello di motorizzazione raggiunto, ancora ben lon-tano dai livelli dei paesi economicamente più evoluti
di noi e dato il dimostrato slancio esportativo.
Comunque se di vera recessione dovesse parlarsi e non di diminuito gradiente espansivo, essa sarebbe certamente limitata ad una flessione di pochi punti
percentuali, che, pesando su una parte soltanto della produzione dell'industria dei cuscinetti, non potrebbe assumere aspetti allarmanti.
Più grave sarebbe se una erisi dell'industria auto-mobilistica si generalizzasse nel resto dell' economia nazionale.
D. - I risultati dello stabilimento di Cassino pre-ludono ad una espansione dell' atiioità RIV nel Me;:;-zogiomo?
R.
-
La RIV fu sollecita, nel dopoguerra, adindi-rizzare parte dei propri investimenti nel Mezzogiorno
ed i risultati sono stati soddisfacenti. I no tri
pro-grammi prevedono fin d'ora un potenziamento dello stabilimento di Cassino e seguiamo con estremo inte-resse il processo d'industrializzazione del Mezzogiorno
e le misure governative per un equilibrato e più rapido sviluppo.
Il Cavaliere del Lavoro Gr. Uff. Ing. Pietro Bertolone, Amministratore Delegato della RIV, è nato a Torino nel 1899. Iniziò la sua carriera presso la RIV nel 1922 come capo-squadra, appena conseguita la laurea in ingegneria industriale. In breve tempo ricoprì incarichi sempre più importanti fino ad essere nominato Direttore degli Stabilimenti nel 1930; Amministratore Delegato e
Direttore Generale nel 1943.
Sotto la sua guida la RIV registrò quello spettacolare sviluppo che la portò all'attuale organizzazione: 8 stabilimenti per la
produzione di cuscinetti (di cui 2 all'estero) ed una rete commerciale in oltre 60 paesi del mondo.
Attualmente l'Ing. Bertolone ricopre numerose cariche presso altre aziende industriali; ne ricordiamo alcune: - Presidente della CIMAT, Concerie di Borgaro, Laminati Pirelli RIV, RIV Dodge, Tecalemit Italia. - Consigliere di Amministrazione delle società DI PALO, Morando F.lli, Way-Assauto, SAPAV, Bolla & C. Tra le cariche ricoperte presso associazioni ed enti pubblici ricordiamo:
- Presidente del U.N.I.P.RE.A., Vice-Presidente dell'Assottica, Consigliere del Banco di Novara, dell'Ospedale Civile E.
Agnelli di Pinerolo, dell' A IMA, dell'Unione Industriale per la provincia di Torino, della Confindustria, di Torino Esposizioni.
Luci ed oIllbre nell' evoluzione
dell' agricoltura astigiana
A
. G arino Canina
La partecipazione dell'Italia al Mercato comune
europeo (M.E.C.) ha fatto risorgere, intensificandoli,
svariati gravi problemi agricoli, relativi alla struttura
delle imprese, come pure alla loro organizzazione, con-cementi l'emigrazione e l'immigrazione temporanea
della mano d'opera, considerata nei confronti della
sua composizione e della sua istruzione professionale, aventi tratto, infine, anche all' organizzazione del mer-cato dei prodotti.
Rientra in questo quadro, purtroppo non sempre ottimistico, anche la situazione dell'agricoltura nella
provincia di Asti, la quale, sovrattutto per l'aggravarsi delle difficoltà da cui era già prima tra vagliata la vi-ticoltura, attraversa una crisi di non facile risoluzione.
Luci ed ombre sulle colline dell'astigiano.
Problemi vari e complessi quelli relativi all'attuale
situazione della viticoltura nella così detta provincia del vino, i quali, se, da un lato, si inseriscono in quelli di
carattere generale delle regioni viticole del nostro Pae-se, presentano, però, sotto alcuni aspetti, caratteri del
tutto speciali, degni di essere presi in considerazione - come risulta dal recente interessante volume « L' e-voluzione economica delle colline dell'astigiano», edito a cura dell'Osservatorio di economia agraria del Pie
-monte (l).
La configurazione fisica della provincia di Asti è, infatti, del tutto peculiare, in quanto essa è presso che completamente compresa nella regione di collina di diversa altezza: dai 759 metri di Roccaverano, dai 549 di Albugnano, dai 498 di Cocconato sino alla zona collinare, che con dolce pendìo scende verso la valle del Tanaro, di un centinaio di metri all'incirca.
I clivi vignati, che davan"o un tempo un reddito tutt' altro che trascurabile, più o meno elevato a
se-conda sovrattutto della loro vocazione viticola, se pre-sentano ~utt' ora quell' aspetto piacevole a vedersi, che
al Manzoni, agricoltore appassionato e poeta, lasciò
una speciale sensazione di lieta bellezza, tanto che nei « Promessi Sposi» egli ricordava, quale tipico
esem-pio di serenità e di alta soddisfazione estetica, «un'alba in maggio, una \"Ìgna in settembre », sono attualmente
fonte di non lievi preoccupazioni a motivo della crisi agraria, che travaglia la provincia di Asti, sovrattutto nei confronti della viticoltura. E' ormai lontano il tem-po in cui si levavano al cielo nei vesperi i giocondi
canti della vendemmia, quasi ad esprimere, non solo
la gioia del lavoro compiuto, ma anche la soddisfa-zione delle favorevoh prospettive di una forma di a
tti-vità economica prospera, rispondente non solo alle
61
CRONACHE ECONOMICHEnobili tradizioni dell'agricoltura italiana, ma
sovrat-tutto alle condizioni fisiche ed economiche della terra astigiana.
Ora, come è noto, non lievi difficoltà travagliano la viticoltura nella zona collinare dell'astigiano, dovute alla struttura delle imprese rurali, agli scarsi redditi netti, all'esodo dalla campagna, disordinato e costante, della migliore mano d'opera, attratta verso le città dalle prospettive, oltre che di più redditizie re tribu-zioni e di più soddisfacenti provvidenze sociali, sovrat-tutto di una vita meno faticosa di quella di chi attende ai duri lavori agricoli, non sempre scevri neppure da rischi meteorologici, nella speranza di un'esistenza più piacevole per le attrattive - anche se tah'olta illusorie - della vita cittadina.
Come è noto, prevalgono nella provincia. di Asti la
piccola e la piccolissima impresa, dovuta, sia alle fre-quenti suddivisioni avvenute, attraverso il tempo, per eredità di già modesti poderi, sia allo spezzettamento, verifÌcatosi in periodi anteriori, di vaste proprietà, ac-quistate da vigili speculatori a prezzi convenienti e, rivendute, poi, frazionate in meno estesi poderi e m e-glio valorizzate. Opera questa, che fu in passato utile, in quanto rendeva accessib:Ie anche a piccoli e medi
coltivatori la proprietà di terreni, prima costituenti unità agrarie vaste non sempre coltivate secondo i più
progrediti canoni dell'agronomia, venendo, così, a for-mare quell'impresa rurale di proporzionate dimensioni, che, col tempo, a motivo delle ripetute suddivisioni e
re-ditarie avvenute nel nucleo familiare, dovevano, però,
- come già si è detto - dar "ita all'attuale eccessivo n-azionamento del suolo. Frazionamento, anzi polveriz-zazione della proprietà viticola, la quale potè reggersi
durante il primo grande conflitto e nell'immediato
dopo-guerra, a motivo dell' eccezionale, quanto tr ansi-torio, rialzo del prezzo dei vini, ma che ora, anche a
cagione del suo accentuarsi, in prosieguo di tempo, rappresenta un non trascurabile ostacolo strutturale a l-l'introduzione di una più vasta meccanizzazione ed
all'attuazione di più progrediti sistemi di coltura della vite.
Sta di fatto che nel complesso della provincia
asti-giana attualmente il 96
Ofo
circa della proprietà ha una superficie che non supera i cinque ettari, e che tali im-prese occupano il 69 % dell'intera superficie. I poderi di vaste estensioni sono assai scarsi: in tutta lavincia esistono soltanto ventisei proprietà, che supe
-rano i cinquanta ettari, occupando complessivamente soltanto !'l,8 % della superficie (2).
Scarsissima è pertanto la grande proprietà, mentre prevale quella di modesta estensione, la cui decisa prevalenza è dovuta, oltre che alle cause dianzi rico
r-date, anche alla vasta proporzione assunta nella
pro-vincia di Asti dalla viticoltura, la quale mal si presta alle vaste imprese, meglio adatte per i terreni in
pia-nura, nei quali sono molto più agevoli e redditizi, sovrattutto nelle zone irrigue, sia il largo impiego dei
macchinari, sia !'introduzione dei più progrediti sistemi
di coltivazione, di quanto non avvenga nella zona co
l-linare, dove la viticoltura richiede, come è noto, note
-vole quantità di lavoro individuale, spesso qualificato, necessario anche per evitare il deterioramento del
fondo, nel quale non di rado sono stati investiti co-spicui capitali.
Situazione unica tra le varie regioni del nostro Paese è quella che si verifica per Asti, nella cui pro -vincia la coltura della vite occupa circa il 40 % della superficie agraria e circa il 35
Ofo
dell'intera superficie agricola e forestale. Siffatta decisa prevalenza della piccola proprietà, che potè reggersi in passato, come già si disse, a motivo di un livello dei prezzi del vino mantenutisi per un certo periodo particolarmente ri-muneratori, ora si rivela irta di ostacoli al progresso tecnico ed agronomico della viticoltura di fronte alcrescere dei costi per la coltivazione della vite e per la vinificazione e tenuto conto delle difficoltà tuttora no
-tevoli per quanto concerne, sia l'incertezza del mercato vinicolo, sia sovrattutto la deficienza di mano d'opera qualificata, in gran palte determinata dallo sviluppo
industriale della provincia di Asti e delle regioni limi -trofe. Questa fase di transizione da un' economia pre
-valentemente agricola ad un'altra decisamente volta all'industrializzazione, che si avvera anche in altre provincie, ma che appare più accentuata e più grave in quella astigiana, può considerarsi, sotto alcuni aspet -ti, qualcosa che ricorda le rivoluzioni economiche ve
ri-ficatesi in passato. Nè essa può venir sottovalutata, data
la sua importanza, sovrattutto nei confronti dei pro
v-vedimenti necessari per superare questo difficile pe -riodo.
Nel considerare l'evoluzione dell'economia
asti-giana durante questa difficile fase, occorre sovrattutto esaminare in guisa palticolareggiata le svariate cause che determinarono l'attuale crisi.
Tra queste sono da tener presenti anzitutto le già ricordate ripercussioni della struttura di una gran
parte delle unità agrarie, spesso troppo piccole per
poter attuare i progrediti sistemi di tecnica culturale necessari per reggere alla sempre più viva concorrenza, di recente acuitasi ancora coll'ingresso dell'Italia nel
Mercato comune. Notevoli sono, poi, anche i fattori fì ici, che nelle colline dell' astigiano, più che in diverse altre provincie viticole del nostro Paese, rendono arduo
introdurre le più progredite attrezzature colturali atte a contrarre i costi di produzione, quali le pendenze
non di rado ripide, le scarse precipitazioni, le alte
tem-perature durante l'estate ed i rigori talora in tensi della stagione invernale, la difficoltà, infine, di realizzare adeguati impianti d'irrigazione nei clivi vignati ecc. -gravi incom·enienti, contro i quali ben poco vale l'opera
dell'uomo.
Data la situazione strutturale e fisica della produ -zione della collina astigiana, non è da meravigliarsi se
troppo spesso si è verificato in passato e se talvolta si avvera anche oggi un eccesso di lavoro dedicato alla viticoltura nei confronti del capitale in questa investito;
di guisa che siffatto importante ramo dell'attività agr
a-ria è lontano dall' « optimum » di combinazione dei fattori produttivi. Frequenti sono stati, infatti, i casi di sotto-occupazione parziale delle forze lavorative con conseguente scarsa produttività della mano d'opera, e
frequente è stato anche il livello dei salari agricoli inferiori a quelli industriali. Situazione questa, che, col crescente sviluppo industriale di Asti e della r e-gione limitrofa, va ora modificandosi in seguito al
-l'afflusso della parte migliore della mano d'opera rurale verso la vicina città ed anche verso la non lontana T
o-rino. Su questo movimento di correnti di forze di lavoro
tendenti ad inurbarsi, - determinato, è vero, anche da cause economiche tutt'altro che trascurabili, - come già si disse, non è, però, lieve anche l'influenza eser
ci-tata dal vivo desiderio di una parte della popolazione agricola di sottrarsi ai duri lavori dei campi per vivere
una vita meno faticosa, anzi, più piacevole a motivo
delle attrattive della vicina città e della non lon
-tana Torino, per quell' attrazione propria delle « villes
tentaculaires », così ben descritta dal Verharen. Di qui le correnti di immigrazione di lavoratori dal Veneto e
dal Mezzogiorno, non sempre provenienti
da
regioniviticole e meno esperti nella viticoltura, i quali ri e-scono solo limitatamente a sostituire con equivalente
produttività l'opera dei rurali piemontesi. Non senza
fondamento appare, invero, l'affermazione, fatta già da
tempo, da esperti coltivatori, della superiorità nel ca m-po tecnico agricolo, in genere, di coloro che dedicano la
loro attività ai lavori delle zone collinari su quelli a di-biti ai lavori rurali svolgentisi nei terreni di pianura.
A queste cause, che hanno determinato non solo
nella provincia di Asti, ma anche in altre regioni, so
-vrattutto nei riguardi delle zone viticole, una situa -zione dinamica di immigrazione e di emigrazione di masse lavoratrici, si aggiungono ancora, per le colline
dell' astigiano, speciali circostanze, che aggravano in modo particolarmente sensibile la diffi·cile situazione,
quale la notevole diminuzione della popolazione res i-dente nella campagna - circostanze, le quali, asso
-ciandosi ai fattori dianzi ricordati, concorrono a dete r-minare l'intensificarsi del fenomeno di invecchiamento
della popolazione rurale per l'assottigliarsi delle forze
di lavoro giovanili.
Notevole, a questo proposito, il fatto che, non solo mezzadri, coloni parziali, braccianti fissi ed avventizi
abbandonano la campagna, bensì anche non pochi la
-(2) M. PAGELLA: Op. cit., p. 24.
voratori diretti, i quali mostrano, così, di preferire il lavoro operaio dipendente, purchè svolto in città, a
quello di imprenditore agricolo.
Qualche temperamento a siffatta situazione dete r-minata dall'incessante esodo rurale, si potrebbe avere
nella piccola impresa familiare, affidata sovrattutto alle
cure di quello che si può considerare l'operaio-conta-dino, del lavoratore, cioè, il quale, pur svolgendo
abi-tualmente la sua attività in uno stabilimento
indu-striale, continua a prestare, durante le ore libere, un utile lavoro manuale in un piccolo podere, del quale
talora conserva anche la direzione effettiva. Siffatta unità agraria, di modeste proporzioni, che può sorgere
nelle regioni agricolo-industriali, se generalmente
in-contra difficoltà nell'attuazione dei più progrediti s
i-stemi di tecnica agraria, può rappresentare un elemento
ed un fattore di equilibrio, tanto nella fase di prospe -rità, quanto in quella di depressione economica per
quel supplemento di reddito, che l'operaio-contadino
ricava da un appezzamento di terra, troppo esiguo per
l'impiego di progrediti sistemi di coltivazione mecca -nizzati. Si tratta, però, come è ovYio, di piccole
im-prese, che possono solo in determinate zone ed in date circostanze trovare attuazione e purtroppo non sono
tali da contrastare efficacemente il continuo esodo
ru-rale, che si manifesta in sempre più vaste proporzioni.
Di fronte ad una situazione di crisi, quale è quella
che travagli a sin d'ora la zona viti cola astigiana e si
delinea forse anche più grave nell'immediato aV\'enire,
sorge evidente il problema dei provvedimenti, cui si può ricorrre, per mitigare, in parte almeno, le
diffi-coltà delle condizioni attuali e di quelle future dell'
a-gricoltura, sovrattutto nei confronti della viticoltura;
tanto più se si pensa che lo sviluppo industriale di Asti andrà sempre più accentuandosi anche in
consi-derazione della prossima apeltura di più inlportanti
vie di comunicazione, quale l'auto-strada
Torino-Pia-cenza, che direttamente interessa tutta la provincia. Di
qui la necessità di riforme atte, da un lato, a ridurre i
costi della produzione viti-vinicola ed a migliorare, dal-l'altro, le condizioni di vita e le attuali provvidenze sociali nei confronti dei layoratori rurali - oltre
natu-ralmente alle altre misure, spesso invocate, a tutela
della viticoltura italiana, quali la disciplina degli im-pianti viticoli e della produzione del vino, l'istituzione di sempre più numerosi consorzi viticoli, la tutela delle denomin~zioni di origine e della provenienza dei vini
pregia ti, ecc.
Se l'ambiente fisico della zona collinare è in molti
casi assai difficile da trasformarsi, non pochi sono i miglioramenti che si possono introdurre nell
'agricol-tura astigiana, trattandosi, in questo caso, di modificare fattori non rigidamente legati a caratteristiche
strut-turali immutabili.
Sarà pertanto particolarmente utile l'opera intesa a favorire le opportune modifìcazioni colturali, associan-tisi all'accorporamento delle imprese troppo piccole, in guisa da evitare il frazionamento, anzi, la polve
-rizzazione delle unità agrarie. Risultato questo, che
8
1
CRONACHE ECONOMICHEpotrà essere realizzato - sia pure non senza
difficol-tà - coll'intervento dello Stato, senza dover, però,
ri-correre a mezzi coattiyi.
Saranno a tal fine particolarmente vantaggiosi
an-che i provvedimenti intesi ad agevolare il trapasso
di piccoli appezzamenti di terra alla formazione di più vasti poderi, meglio atti alla meccanizzazione ed
all'impiego di progrediti sistemi tecnici di coltivazione « con l'abolizione alla radice - come scriveya
l'Ei-naudi - di tutti i tributi sul trapasso a titolo oneroso e con l'assunzione, a spese degli uffici catastali, dei l
a-vori di ricostruzione dei poderi oggi dispersi in decine
di frammenti » (3) - provvedimento questo, in parte soltanto attuato con la recente disposizione, che esenta
dall'imposta di successione e da quella sul valore
glo-bale dell'asse ereditario i fondi rustici del valore sino
a 12 milioni di lire già coltivati direttamente dal d
e-funto, limitatamente ai cespiti devoluti a beneficiari agricoltori diretti, facenti parte del nucleo familiare del
de cuius.
Con provvedimenti di tale natura e con altri te
n-denti a ridurre la pressione tributaria incidente sull 'a-gricoltura in genere ed in specie sulla viticoltura, si potrà ovyiare, in parte almeno, alle difficoltà in cui sovrattutto quest'ultima si trova durante l'attuale crisi.
Un alleviamento della persistente fase di depressione
delle zone viti-vinicole dell'astigiano potrà, infatti, d
e-rivare dall'attuazione, non solo di una maggiore
sem-plificazione delle norme legislative, che nel campo
tri-butario reggono la produzione ed il commercio del vino, ma sovrattutto da una maggiore perequazione
delle imposte incidenti sulla viticoltura in confronto
di quelle che colpiscono altre coltivazioni agrarie, le
quali un tempo davano, è vero, redditi netti minori ed ayevano un valore commerciale inferiore a quello del vigneto, ma che oggi, essendosi, si può dire, inyertite le
parti, sono più redditizie ed hanno pertanto in co m-mercio più elevati prezzi.
Non a tutti è noto, infatti, che nella provincia di
Asti oggi le coltivazioni più colpite da tributi sono,
ge-neralmente, in ordine di onerosità della tassazione, a
n-zitutto i vigneti, quindi
il
seminativo, poi il prato ed,infine, il bosco e l'incolto; mentre, sotto l'aspetto del
reddito netto e pertanto dei valori commerciali, la situazione è invertita. Ed invero, il prato (la
cian-do da parte le colture orto-frutticole) raggiunge
at-tualmente i prezzi più elevati della proprietà t
er-riera nella provincia di Asti, seguito dal seminativo di
buona fertilità e quindi dal vigneto. Essendosi
pur-troppo conservata pressoché immutata, agli effetti tri
-butari, la situazione di tempi lontani in cui il reddito
netto delle zone viti cole era particolarmente rilevante,
ci troviamo dinanzi a questa assurda sperequazione che
il prato, ad esempio, - il quale oggi vale almeno il doppio del vigneto e dà un reddito netto assai s u-periore a quello della coltura a yite, - è soggetto ad
(3) L. EINAUDI: Di. alCllni problemi dell'economia agraria
italiana -Discorso tenuto all'Accademia dei Georgofìli il 3 fe
un'imposta fondiaria sensibilmente inferiore a quella
incidente sui vigneti. Infatti, mentre il prato ha un
coefficiente di reddito dominicale non troppo elevato, il
vigneto è colpito da un' aliquota di tributo se
nsibil-mente superiore. Tale sperequazione, già grave di per sè nei confronti dell'imposta fondiaria, si accresce ancora, intensificandosi, nei successivi tributi connessi con questa, quali quelli assisi sulla valutazione auto-matica dei fondi rustici agli effetti dei trasferimenti di poprietà a titolo oneroso e gratuito e dei trasfermenti
per successione ereditaria.
Inoltre, anche nella capitaLzzazione del valore pa-trimoniale dei fondi rustici non lievi sperequazioni si verincano a motivo dei coefficienti di reddito domini-cale, attualmente in vigore, non sempre rispondenti a
l-l'effettivo rendimento netto delle diverse coltivazioni
agrarie.
Appare veramente contradditoria ed ingiusta, non
solo la politica tr:butaria seguita nei confronti della
tassazione delle diverse coltivazioni, ma sovrattutto la politica economica del governo relativamente alla v
iti-vinicoltura. Mentre, infatti, da un lato, si cerca di a l-leviare con svariati provvedimenti la crisi che la tr a-vaglia, dall'altro, l'imposizione è per essa più onerosa di quella incidente su altre colture agrarie nella stessa zona aventi redditi netti superiori. Con tale sperequ a-zione tributaria si viene praticamente ad elidere, in
parte almeno, il vantaggio derivante dalle provvidenze a favore di una delle più antiche e tipiche produzioni, meglio rispondenti alle nobili tradizioni dell'ag
ricol-tura italiana.
Non tutto il complesso problema dell'attuale crisi della viti-vinicultura astigiana si riduce, è vero, all 'at-tenuazione della pressione tributaria; ma, pur non po-tendosi considerare trascurabili sotto l'aspetto pratico gli effetti di siffatta sperequazione, non è certo scevra di importanza, da un punto di vista più elevato, la
violazione del principio di giustizia tributaria, a cui si deve costantemente tendere nel campo, sia della ripar-tizione degli oneri nscali, sia dei benenci ritratti da
l-l'attività nnanziaria dello Stato.
Come è evidente, ai provvedimenti di carattere tributario dovranno accompagnarsi altri, intesi a val o-rizzare l'opera dei viticoltori ed a migliorare l'organi z-zazione, tanto della coltura della vite, quanto della
vinincazione e del mercato del vino.
Gioverà pertanto anzitutto favorire la preparazione di quadri tecnici e di una più progredita istruzione
pro-fessionale dei lavoratori, per quanto si tratti - non
occorre scordarlo - di provvidenze, i cui benenci
ef
-fetti non possono essere immediati.Particolare assegnamento si suoi fare su una più
vasta e più razionale attuazione dell' ordinamento co-operativo nella zona viti-vinicola. Ma, per ora. non
sono lievi, a questo riguardo, le difficoltà per
l'attua-zione di un vasto ordinamento di tale natura, a motivo
anzitutto del ben noto spirito eccessivamente
indivi-dualistico del piccolo poprietario ed a causa, inoltre, delle non lievi dencienze, già verincatesi nella
provin-cia di Asti, per quanto riguarda il funzionamento delle cantine sociali.
Secondo le notizie riferite nella citata accurata e
documentata monografia dell'Osservatorio di economia agraria del Piemonte, non sempre si è riuscito, sin ora almeno, a realizzare per ogni impresa cooperativa, nei riguardi della vinificazione, quella dimensione ottimale, che assicura il migliore rendimento. Non di l'ado m an-ca, infatti, l'unità di indirizzo tecnico-enologico e
com-merciale nei vari gruppi di cantine sociali; di guisa che, a motivo della disparità di tendenze dei diversi di
-Tigenti ed enologi, invece di avere una produzione di vini di tipi assai afnni, si ebbe, sinora almeno, una
pro-duzione di qualità assai differenti, nonostante la viva propaganda per la creazione di vini tipici. Scarsa si è ri-velata anche l'azione delle cantine sociali nei confronti dell'auspicato miglioramento delle condizioni di
ven-dita del prodotto - senza parlare, poi, dei fallimenti verincatisi talora di alcune cooperative, con grave
dan-no dei soci ed anche del prestigio, nell' opinione
pub-blica, di tali cantine (4). Dati i risultati sinora conse-guiti nell'ordinamento cooperativo per quanto con-cerne la viti-vinicultura, pare probabile che non minori
difncoltà debbano sorgere per l'estensione su vasta scala della cooperazione in altri settori dell'agricoltura astigiana: nella conduzione di terreni appartenenti a piccoli proprietari e sovrattutto nell'uso di macchinari, occorrenti il più delle volte quasi contemporaneamente,
in date circostanze, alla grande maggioranza dei viti -coltori. Ma si spera che, malgrado le difncoltà sinora incontrate in questo campo nei riguardi della viti-vin
i-coltura astigiana, la situazione possa modincarsi in av-venire anche in grazia alle notevoli agevolazioni con-cesse dal governo alle cooperative.
Un altro problema di particolare rilievo è quello ri-guardante il necessario miglioramento dell' organizza-zione della produorganizza-zione e del mercato vinicolo.
Attual-mente, infatti, abbiamo una notevole varietà, non solo
nei sistemi di coltura della vite, ma sovrattutto nella vinincazione, un imperfetto grado di adesione dell' o -rientamento della produzione nei riguardi della richie-sta del consumo. Mancano troppo spesso, come già si è osservato, sia la tipicizzazione del prodotto, sia una con
-veniente ed adeguata propaganda per il consumo. A
questo riguardo, giova qui ricordare quanto si afferma
nella citata monografia, che la differenza di prezzo del vino nel passaggio dal produttore al consumatore, di
circa il 25-30% , poh'ebbe già costituire, di per sè, un
margine di utile, atto ad alleviare alquanto lo stato di disagio del viticoltore - margine di utile, che si
po-trebbe conseguire con una più progredita organizza-zione del mercato vinicolo (5).
Ma il miglioramento di siffatta organizzazione, come pure dell'ordinamento cooperativo, della produ-zione viticola e della vinincazione, anche se potesse
venire attuato entro breve periodo senza troppe
diffi-(4) M. PAGELLA: Op. ciI., pp. 210 e seguenti.
(5) M. PAGELLA: Op. cit., p. 207.
coltà, non potrebbe da solo risanare la crisi che tra va-glia l'agricoltura astigiana. Di qui la saggia conclusione del Prof. Proni, il quale nella prefazione del ricordato volume afferma: «una soluzione valida dell' attuale crisi può derivare soltanto da un complesso organico di interventi, ossia da una programmazione a carattere globale che tenga conto dei sempre più stretti rapporti tra l'agricoltura astigiana ed il settore industriale e che tenda ad attenuare l'azione negativa dei vincoli che ne attardano lo sviluppo, stabilendo una precisa coordinazione negli interventi stessi» (6). Programma certo organico e razionale, la cui non facile attuazione potrà, però, solo gradatamente venir realizzata.
Sono pertanto da incoraggiare tutti i provvedimenti volti a conseguire, sia pure entro un certo tempo, l'au-spicata ripresa della viticoltura astigiana. Di notevole vantaggio sarà senza dubbio l'azione volta, per mezzo dell'intervento statale, senza ricorrere, però, a mezzi coercitivi, all'attenuazione dell'attuale frazionamento della proprietà, miglior.ando l'ordinamento colturale e favorendo in pari tempo l'accorporamento delle unità agrarie troppo rish"ette, in guisa da coordinarle in una forma di ricomposizione fondiaria vantaggiosa per l'in-cremento della produttività. Ogni sforzo dovrà, inol-tre, essere volto a promuovere una più efficiente orga-nizzazione del mercato vinicolo, come pure ad intensi -Ecare il movimento cooperativo nella viti-vinicoltura, conEdando nell'attenuarsi delle difEcoltà sinora avutesi in questo campo.
N è potrà trascurarsi anche il problema tributario, nei riguardi, sia delle imposte incidenti sui terreni col-tivati a vite, sia dei tributi che colpiscono i prodotti da questi ottenuti. Il vino, che sin dai più remoti tempi è stato oggetto di vessatori oneri tributari (7), è tuttora gravato da una tassazione, la quale, non solo dovrebbe venire sempliEcata, ma sovrattutto ridotta, aggiornan -dola in guisa da tenere conto del reddito netto, oggi effettivamente percepito dal viticoltore. Occorrono, in-fatti, norme meglio rispondenti alla giustizia tributaria di quelle attualmente in vigore, evitando che le zone viticole, il cui reddito netto è attualmente, come è noto, assai inferiore a quello di altre colture, quale, ad esempio, quella a prato, soggia,cciano ad una tassazione sensibilmente più onerosa.
Questa sperequazione, - la quale impone un'im-mediata revisione dei criteri oggi vigenti sull' imposi-zione deJle diverse colture nella provincia di Asti, in guisa da adattare la tassazione all' effettivo reddito netto di esse - deve essere eliminata, non solo per considerazioni di carattere pratico, dei danni, cioè, de-rivanti ai viticoltori, ma anche in ossequio alla giu-stizia tributaria.
Particolarmente utili riusciranno anche i provve di-menti intesi a ridurre le avversità dell' ambiente Esico, sovrattutto con opere di irrigazione e di difesa, tecnica ed economica, contro la grandine, le alluvioni, le bri -nate. Tutti i provvedimenti volti ad alleviare l'attuale crisi viti-vinicola astigiana, dovrebbero, inEne, essere coordinati nello spazio e nel tempo.
10
I
CRONACHE ECONOMICHEA questa azione diretta a migliorare la situazione della viticoltura delle colline dell'astigiano dovrà, poi, associarsi anche quella derivante dagli attesi provv e-dimenti di carattere generale, volti a dare una migliore disciplina degli impianti viticoli, anzi, di tutta la pro-duzione della vite, nonchè a regolare con precise nor -me la tutela delle denominazioni di origine e della provenienza dei vini pregiati. Problema questo annoso, risalente nientedimeno che al 1904, allorchè, per opera dell'onorevole Calissano, furono compiuti i primi passi per soddisfare questa giusta ed onesta aspirazione del settore viticolo, di vedere, cioè, tutelati efficacemente contro la sleale concorrenza le denominazioni di ori-gine e la provenienza dei ben noti rinomati vini della provincia. Se, come vivamente si spera, l'iter parlam en-tare del provvedimento, sì spesso invocato, avrà tra breve esito favorevole, si sarà recato un nOn dispr ez-zabile contributo al superamento di una parte, almeno, delle difficoltà, che travagliano la viticoltura, non solo delle colline dell' astigiano, ma di tutto il settore. Note -voli vantaggi si ritrarranno, inoltre, dalla disciplina degli impianti viticoli, nonchè di tutta la produzione della coltura della vite e da una migliore organizza-zione del mercato vinicolo.
Coi provvedimenti a favore della viticoltura, sia di carattere generale, sia di indole particolare, riguar-danti la provincia di Asti, dovrebbe sopravvivere, anzi prosperare, almeno quella parte della coltura della vite, che per la spiccata vocazione del terreno presenta il carattere di produzione naturale, nel senso di produ -zione veramente adatta alle condizioni fisiche ed eco-nomiche della regione, evitando, così, i gravi danni derivanti da disinvestimenti e reinvestimenti, che rap -presentano, come è ovvio, una inevitabile immediata perdita di ricchezze spesso ingenti. Si pensi a quanto è stato fatto da generazioni di coraggiosi agricoltori, do-lati di speciale tenacità ed abilità; si pensi all'intenso lavoro ed ai cospicui capitali, necessari per !'impianto ed il continuo miglioramento di vigneti, non di rado sorti su aspri colli un tempo boschivi, che coltiv
a-tori appassionati, per il vivo attaccamento alla loro proprietà, hanno generosamente prodigato, sia per il desiderio di un tornaconto materiale, più che giustiE-cato, sia anche per la soddisfazione di avere un podere in perfette condizioni colturali, esempio a tutti coloro che si interessano ai progressi tecnici della viticoltura. Appare dunque necessario il massimo sforzo per ri-sanare, quanto più sarà possibile, la presente crisi della viti-vinicoltura, non solo astigiana, ma I\nche di varie altre regioni del nostro Paese, una delle più antiche ed importanti nostre produzioni, rispondente alle nobili tradizioni dell'agricoltura italiana, ed a vantaggio per -tanto dell' economia nazionale.
(6) M. PAGELLA: Op. ciI., p. VIII.
(7) Sui numerosi, vessatori balzelli, che, attraverso i secoli,
hanno colpito il vino, si vedano le particolareggiate notizie con
-tenute nel mio saggio Cenni storici sull'imposizione fiscale del vino in « Scritti di storia economica", Torino, Giappichelli, 1961,
Appunti
di
Carta dello sviluppo regionale comparato -Abbiamo detto che una
quan tificazione degli spostamfnti intervenuti fra due epoche
succes-sive, in un contesto di unità
terri-toriali, nei riguardi
dell'occupazio-ne in uno o più rami dell'attività economica può essere espressa dal
« coefficiente di ridistribuzione ».
Un'altra misura dello stesso
feno-meno è data dal « tasso di
variazio-ne» (shift ratio).
Esse differiscono per il fatto che la prima si fonda sulla
contrappo-sizione fra distribuzioni effetti ve, mentre l'altra trae origine dal
con-fron to tra una distribuzione
effetti-va e quella teoricamente attesa se il
ritmo evolutivo di ciascuna regione fosse stato pari a quello medio na-zionale. Il tasso di variazione si ca l-cola infatti accertando
preliminar-mente il saggio di sviluppo
raggiun-to nello Staraggiun-to, fra i due estremi t
em-porali, dal settore considerato. Si
determina quindi, per ogni rfgione, la differenza fra l'occupazione finale
nel dato settore e quella che sarebbe risultata se il tasso di sviluppo fosse stato identico a quello nazionale. Differenze po itive denunciano
evi-dentemente, per la singola regione,
un processo di sviluppo accentuato,
mentre per differenze negative vale
il contrario: nella prima ipotesi
han-no operato forze di attrazione o di addensamento imprenditoriale; nel-la seconda si è verificato, in certo modo, un fenomeno di repulsione e di dispersione. Il « tasso di variazi o-ne », per ciascun tipo di attività
eco-nomica, si ottiene sommando fra
loro le differenze regionali esclusi
-vamente positive (o, alternativamen-te, esclusivamente negative) e po-nendo il risultato in rapporto all' oc
-INDAGINI
E
PROBLEMI
analisi
regionale'
III
cupazione nazionale nella attività economica in questione.
Gli analisti regionali sono
tutta-via concordi nel riconoscere che
-si ricorra all'uno o all'altro metodo
- c'è una pecca fondamentale in queste misure degli spostamenti economici interregionali: esse non tengono conto dei cambiamenti av-venuti in altre variabili essenziali. Mutamenti demografici, nei redditi monetari, nel valore aggiunto, negli
investimenti privati, nelle spese per servizi pubblici, ecc., possono
signi-ficativamente influenzare o
modifi-care le possibili implicazioni del tasso di variazione o del coefficiente di ridistribuzione di una attività
economica.
Per tener conto di tali esigenze è
stata escogitata la cosiddetta « rela-tive growth chart» o « carta di
svi-luppo comparato ». Essa, nella
de-scrizione delle modincazioni int
er-venute nella struttura produttiva,
stabilisce un collegamento diretto
con una delle variabili fondam en-tali del divenire economico.
Un esempio e un' applicazione della «carta di sviluppo compara -to» l'abbiamo nel diagramma della figura l, costruito sulla scorta dei due ultimi censimenti dell'industria
e del commercio, assunto quale
va-riabile di riferimento il movimento demografico.
Sul!' asse delle ordinate si leggono i numeri-indice relativi alla massa degli addetti all'industria e al - com-mercio nel 1961, presa come base
e fatta uguale a 100 la situazione del 1951. Sull' asse delle ascisse sono
segnati i numeri-indice de ll'ammon-tare della popolazione nel 1961, an-che qui presa come base e fatta uguale a 100 la situazione del 1951.
G. Biraghi
Ciascuna regione del sistema, co-stituito dall'intero Paese, è
rappre-sentata da un punto (rosso), le cui coordinate sono determinate dalle
variazioni percentuali verificatesi sia nel numero degli addetti che
nell'ammontare della popolazione.
Pure con un punto (nero) sono in-dicati i movimenti percentuali medi nazionali.
I due assi perpendicolari a trat-teggio, corrispondenti entrambi al valore di 100, fissano graficamente
il termine di riferimen to cronol ogi-co - identificato con lo stato di
cose del 1951 - per ciascuna unità territoriale.
I due assi tracciati con linea
con-tinua e intersecantisi nfl punto
rap-presentativo dei valori nazionali precisano il termine medio di
con-fronto in ordine ai mutamenti
av-venuti nelle singole componenti del
sistema.
La diagonale passante per
l'ori-gine e per il punto di incontro delle
coordinate nazionali ha una incli-nazione pari al rapporto fra le due percentuali accertate per l'intero Paese e misurate sui due assi. E' importante aggiungere che tale in-clinazione corrisponde in valore alla variazione percentuale del livello di occupazione pro-capite n
ell'indu-stria e nel commercio. Ciò consente
di seguire l'evoluzione nel tempo del numero di addetti per ogni
abi-tante a tali attività economiche, e
quindi di valutare grosso modo se nel grado di «industrializzazione»
e di « terziarizzazione» della
popo-(0) La prima e seconda parte dello s tu-dio sono state pubblicate in « Cronache Economiche» n. 240 (dicembre 1962) e n. 241 (gennaio 1963).
CARTA DELLO SVILUPPO COMPARATO >70
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LAZIO 130 128,41 ____________________ _ _ _ __ _ _ _ _ _ _ _ --l;:;-;;-;-;rl._---'III..,L"'-°M"'.""AR"'°"'-'A_..
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rRIUU I V.GIULIA l UM8Rle i•
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SARDEGNA SIClllA I•
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I BASILICATA ! e LiGUtilA VALLE O'AOSTA o L---·---~80----~.0----1--'-00---,0~"'-0~1I0----'~20-Indice del ~ movimento della popolazione: 1951-1961
lazione vi siano state modificazioni
ed in quale senso e misura (""). E'
reso 'così possibile anche un imm
e-diato confronto visivo dei tassi di
mutamento pro-capite delle varie
unità territoriali fra loro e rispetto alla media del Paese.
Molteplici sono le situazioni
re-gionali ipotizzabili 'Sulla «carta di
sviluppo comparato », facilmente
configurabili peraltro sulla scorta
delle precisazioni or ora fornite. Ci
12
/
CRONACHE ECONOMICHE( 1951= 100 )
Fig. 1.
limitiamo quindi a pochi cenni
esemplificativi.
Osserviamo innanzi tutto che un
punto collocato alla destra dell' or-dinata a tratteggio mette in luce, per la regione interessata un feno-meno di espansione demografica,
ri-spetto all'anno-base; se il punto si
trova contemporaneamente al di
so-pra dell' ascissa a tratteggio rivela un progresso anche nel campo del-l'occupazione industriale e
commer-ciale. Conseguenze diverse, e ma-gari opposte, saranno ricavate da collocazioni e combinazioni diverse e opposte.
L'incremento della popolazione ed il suo assorbimento nelle attività
economiche di una regione
potran-no in certi casi essere superiori ai
tassi medi globali: allora il punto
rappresentativo sarà situato oltre (a
destra e al di sopra) gli assi che
tagliano il punto delle coordinate nazionali.
Se una regione è contraddistinta
da un punto giacente al di sopra e
a sinistra della diagonale, il suo
avanzamento in fatto di quoziente pro-capite degli addetti alle attività industriali e commerciali è
maggio-re di quello riscontrato nello Stato,
considerato come un tutto.
Un'attività economica che si
svi-luppi ad un saggio corrispondente
all' incirca a quello della
popolazio-ne totale, potrebbe mettere in luce
una dispersione di punti serrati lun-go la diagonale. Ciò starebbe a
in-di·care che, anche in presenza di un alto coefficiente di ridistribuzione,
si è avuto un limitato cambiamento
nei valori pro-capite delle singole
regioni.
D'altra parte un' ampia dis
semi-nazione di punti in senso
orizzon-tale significherebbe una considere-vole discrepanza fra le regioni nelle variazioni pro-capite, nonostante il
basso coefficiente di ridistribuzione.
Se invece si verificasse una
con-dizione di massima ridistribuzione
regionale degli addetti, combinata con un relativamente piccolo
muta-mento demografico, ne risulterebbe un notevole allineamento di punti in direzione verticale. Ciò denunce
-rebbe non solo l'influenza di un alto coefficiente di ridistribuzione, ma altresì la presenza di profonde
tra-(00) Infatti:
A61 / ASI A61 / P61
- - - , dove: P61 / PSI ASI / PSI
A = numero di addetti all'industria e al commercio.
p = popolazione legale.
61 = dati del censimento industria e
com-mercio 1961.
51 = dati del censimento industria e
sformazioni nei quozienti regionali
degli addetti pro-capite.
Lasciamo ora da parte le ipotesi
astratte e ripieghiamoci sui dati ef-fettivi contenuti nel diagramma del-la fig. l.
Rileviamo in primo luogo che tra
il 1951 e il 1961 tutte le regioni ita-liane hanno segnato un aumento
de-gli addetti alle attività industriali e commerciali: l'incremento è minimo
per la Valle d'Aosta (indice 103,61)
e massimo per l'Emilia Romagna
(154,63). Sei regioni - e prec
isa-mente Marche, Lombardia, Lazio, Toscana, Veneto ed Emilia Roma
-gna - hanno progredito ad un
tas-so superiore a quello medio
nazio-nale, il cui indice è 132,89. Il ritmo
di sviluppo del Piemonte (indice
126,55) risulta inferiore a quello
medio nazionale; altrettanto dicasi della terza regione del triangolo
in-dustriale, la Liguria (il cui indice è pari a 122,13).
Alquanto diversa la dinamica del
-la popolazione. Cinque regioni -Abruzzi e Molise, Veneto, Umbria,
Friuli-Venezia Giulia, Marche -denunciano una contrazione de
mo-grafica tra il 1951 e il 1961; sette regioni - e cioè Lazio, Lombardia, Sardegna, Piemonte, Liguria,
Cam-pania e Trentino-Alto Adige - pre -sentano invece un tasso di sviluppo superiore a quello medio nazionale
(indice 106,20). Il valore più alto è attinto dal Lazio, il cui indice è
117,42, immediatamente seguito
dalla Lombardia con 112,55 e - a
livello quasi uguale - dalla
Sar-degna con 110,76 nonchè dal Pie
-monte con 110,57.
La composizione dei movimenti
di segno diverso verifìcatisi sul
pia-no demografico ed occupazionale
determina la posizione di ciascuna
regione rispetto alla variazione del quoziente pro-capite degli addetti
alle attività industriali e commer-ciali. Premesso che l'aumento del valore medio nazionale è stato del
25,13 0/0, si osserva che hanno
rag-giunto un rapporto ancora più alto cinque regioni e cioè - in ordine
ascendente - Abruzzi e Molise,
Marche, Toscana, Veneto, Emilia Romagna. L'aumento pro-capite del numero di addetti alle attività in
-dustriali e commerciali è stato infe-riore a quello medio nazionale in tutte le altre regioni, comprese
quel-le del triangolo industriale, il cui saggio di incremento è stato del -1'1l,410/0 per la Liguria, del 14,45D/o
per il Piemonte e del 21,36% per
la Lombardia. E' chiaro, soprattutto per quest'ultima regione, che il fe -nomeno è dovuto essenzialmente alla notevole espansione demogra-fica.
Se fissiamo l'attenzione, anzichè sulle singole regioni, sull' aspetto di
insieme del diagramma di dispe
r-sione rileviamo un caratteristico
ad-densamento intorno al punto rap
-presentativo dei valori medi naz io-nali, peraltro leggermente corretto
da una tendenza appena
pronuncia-ta ad una disposizione lungo la linea
verticale. Se ne ricava, a mo' di
conclusione, che non si sono avute
nel periodo intercensuale radicali
trasformazioni nè sotto il profilo del -la ridistribuzione territoriale degli
addetti all'industria e al commercio (già lo si è visto attraverso il
coeffi-ciente di ridistribuzione), nè sotto
quello delle variazioni del
quozien-te pro-capite degli stessi.
U 11 altro esempio di carta dello
sviluppo comparato è dato dal
dia-gramma della fig. 2.
CARTA DELLO SVILUPPO COMPARATO
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BR1A LIGURIAABRUZZI : _TRENTlNeO.AAOIGE
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BO 90 100 106,20 110 120Indice del movimento della popolazione: 1951 -1961
( 1951 = 100 )
Fig. 2.
Qui, mantenuto quale variabile di riferimento e misurato sull' asse de
l-le ascisse il movimento demo grafi-co, è stato registrato sull'asse delle ordinate il numero indice dei muta-menti avvenuti nell'ammontare d e-gli addetti al solo ramo delle indu-strie manifatturiere.
A differenza di quanto si è risc on-trato in precedenza per gli addetti all'industria e al -commercio in ge -nerale, tre regioni appaiono qui in
regresso: si tratta della Valle d' Ao-sta (indice 91,59), della Calabria (89,23) e della Basilicata (88,36). Anche in questo caso vi sono sei regioni che manifestano un' espan -sione superiore alla media nazion.a -le, il cui indice è 128,41: sono a p-punto le stesse di prima, anche se in ordine diverso, e cioè Lombardia, Lazio, Marche, Veneto, Toscana ed Emilia Romagna. Anche qui l'incre
-mento del Piemonte (indice 123,12) REGIONI Popolazione Addetti all'Industria e al Commercio in co m-plesso. . . Addefli ai vori rami cle l-/'Industria e del Com -mercio:
Pienlonte
110,57
I
126,55
risulta inferiore a quello medio na
-zionale; altrettanto si può ripetere per la Liguria, stavolta però con un
distacco ben più sensibile (indice
106,07).
Delle sei regioni menzionate, quattro - ed esattamente Marche, Veneto, Toscana ed Emilia Roma -gna - sono rappresentate da punti situati al di sopra della diagonale e mettono in tal modo in luce una va -riazione del quoziente pro-capite di addetti alle industrie manifatturiere più eleyata di quella media nazio-nale. Mentre il saggio di aumento di quest'ultima è pari al 20,91 0/0,
la Toscana avanza del 41,33 0/0, le Marche del 41,38
%,
il Veneto del44,44 % e infine l'Emilia-Romagna addirittura del 64,02 %. Vero è p e-raltro che il balzo in avanti del V e-neto e delle March~ si trova favo
-rito dalla concomitante contrazione demografica. Nel triangolo
indu-striale il rapporto addetti-popolazi o-ne subisce le seguenti modificazioni: espansione del 14,72 % per la Lom -bardia e dell'1l,32 % per il Pie -monte, riduzione del 3,24 % per la Liguria.
Sotto il profilo globale il diagram -ma di dispersione della fig. 2 si pre -senta un po' più sviluppato del pre -cedente in senso verticale lungo l'asse dell' ordinata che interseca il punto dei valori medi nazionali. Ciò sta a significare che nel ramo delle industrie manifatturiere si fa sentire l'influenza di un coefficiente di ridi -stribuzione un po' più alto di quello riscontrato nell'industria e nel com-mercio in generale.
I dati numerici su cui sono co-struite le due « carte dello sviluppo comparato» sono contenuti nella seguente tabella, nella quale ono
raccolti anche gli elementi relativi agli altri rami dell'attività indust
ria-le e commerciale.
INDICI DI MOVIMENTO DELLA POPOLAZIONE RESIDEN
(basE
Valle di Liguria Lombardia Trentina
Veneto Friuli Emilia Mare
Aosta A. Adige V. Giulia Romagna
105,96 109,62 112,55 107,81 97,85 98,29 102,88 98,1
103,61 122,13 136,60 126,07 142,82 118,05 154,63 136,
Agricoltura, foreste, cac
-cia e pesca . . (le variazioni relative a questo ramo non sono determinabili perchè nel Censimento del 1951 esso non è sl
Industrie estrattive
Industrie manifatturiere
Costruzioni e impianti
Elettlicità, gas, acqua . Commercio. . Trasporti e Comunica
-zioni
Gli studiosi di analisi regionale non chiedono agli strumenti che ab-biamo qui presentati, e applicati,
più di quanto essi possano dare. Si rendono esatto conto delle limitazio-ni tecniche e concettuali che queste
elaborazioni comportano. -E' evidente innanzi tutto che il valore di quozienti, coefficienti, rap-porti, le forme delle curve, ecc. sono strettamente legati al livello di di-saggregazione territoriale adottato. Il coefficiente di concentrazione di un determinato settore economico può essere ad esempio molto di-verso secondo che si assuma come unità territoriale la regione oppure la provincia.
In econdo luogo bisogna ricor-dare che si tratta di valori relativi: essi descrivono una determinata
di-stribuzione in termini di una certa
altra distribuzione, e pertanto il si-gnificato dei reperti va strettamente collegato e visto attraverso il feno-meno preso come elemento di con-fronto. Una cosa è rapportare la di-stribuzione degli addetti alla super-ficie territoriale ed un' altra rappor-tarla alla popolazione.
In terzo luogo i risultati dell' ana-lisi tenderanno a variare in funzione della diversa latitudine, e cioè della maggiore o minore ampiezza, delle classificazioni impiegate nell' esame del fenomeno principale. Diversi quindi potranno essere i valori ot-tenuti secondo che si analizzi un in-tero settore oppure un ramo o una classe o una categoria di attività economica.
Bisogna infine riconoscere, come del resto avviene per tutte le misu-razioni statistiche, che 1'armamen-tario utilizzato nel!' elaborazione dei dati serve solo relativamente a
iden-LI ADDETTI ALLE ATTI VITA' INDUSTRIALI E COMMERCIALI O)
tiBcare e a valutare le relazioni di causa ed effetto tra i fatti osservati. Pur con queste limitazioni, che vanno doverosamente e scrupolosa-mente tenute presenti, rimane se m-pre vero che un approccio del tipo di quello qui illustrato è di indub-bio aiuto per l'analista, in quanto lo fa avvertito di certe associazioni empiriche tra i fenomeni, capaci di suggerirgli interessanti indicazioni per l'ulteriore lavoro di analisi ed eventualmente di scelta. Esso cos ti-tuisce in certo modo una siste ma-zione di fondo del materiale grezzo fornito dalle rilevazioni e serve a mettere in luce i tratti caratteristici di una struttura che passerebbe for-se inosservata. In tal modo si dà ri-lievo qualitativo alla massa delle in-dicazioni quantitative disponibili e si acquisiscono i primi elementi per una interpretazione funzionale dei fatti economici osservati.
scana Umbria Lazio Campania Abruzzi Puglia Basilicata Calabria Sicili!a Sardegna ITALIA e Molise I - - -3,44 98,09 117,42 109,43 94,11 105,87
I
103,27 100,05I
105,02 110,76 106,20 I I 0,35I
121,72I
137,66I
129,69 121,77 127,08 I 115,01 117,21 119,97 116,00 132,89~etto cii rilevazione).