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Cronache Economiche. N.244, Aprile 1963

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(2)

OLIVETTI

ARREDAMENTI

METALLICI

H

SPAZIO

H

Ing. C. Ollvetti & c., S.p.A.

(3)

cronache

econom c e

mensile a cura della camera di commercio industria e agricoltura di torino

numero 244 - aprile 1963

Corrispondenza, manoscritti, pubblicazioni deb· bono euer. indirizzati alla Di,ezione della Ri· v"la. l'accellazlone degli articoli dipende dal giudiZIO Insindacabile della Direzione. Gli sc,illi f.rma" e sigl.l, rispecchiano soltanto il pen-~Ie'o dell'autore e non impegnano la Direzione della Rivi" •• ne "Amministrazione Camer.le. P.r le recenllonl le pubblicazioni debbono es-~ere inviale In duplice copta. E' viet.t. la rj. prodUZIone degli a,ficoli e delle note senza l'autorizzazione dell. Direzione. I manoscritti, flnche ". non pubblicati. non si resilluiscono.

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Prol. Dott. GIuseppe Carone

sommano

3 l',ndustria del gas oggI

G. Cilnsilcchf

8 Cenlocinquanl'anni di organizzazione inlernazionale G. Tagllacarne

12 Come si mIsura Il cosio della vita P. Merlonghi

16 l'economia delle zone monlane e la formaZIone professionale A. lomb~rdi

22 le comunicazionI italo-francesi attraverso le Alpi Marittime E. BoII .. lell,

41 la monlagna e i SUOI elernl problemi

u. aardelli

44 Meccanlzzazlone e raccolta delle barbab,elole G. S~ce,dote

50 Prospettive dI una missione Ifaliana in alcuni paesI dell'esi remo oriente E. P.

53 la Camera di CommerCIo Inlernazionale al serVIzio dell'economia G. F. Michelelli

58 Rassegna della fecnica G. 8.

65 Tra i libri 66 In biblioleca

la folografia della coperllna è stala fornila dalla SOClela ITALGAS.

Direzione, redazione e amministrazione:

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CAMERA DI CO~IMERCIO I DV TRIA E AGRICOLTURA E UFFICIO PROVIl CIALE I mVSTRIA E CO~P\lERCIO

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Telegrammi: Borsa Merci - Via Andrea Doria. 15. Telefoni: 55.31.21 (5 linee).

GABI ETTO cunuco lERCEOLOGICO

(5)

L'I

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industria

del

gas

La ocielò Italiana per il Gas reppresenla la maggiore azienda pri-cala operante nel settore delle fonti di energia; es '0 ha sede nella nostra città sin dalla 5l/{} ormai centenaria costituzione.

L'atticità dell' lT ALGAS comprende, oltre a molteplici partecipa-zioni industriali, lo gestione del sen;izio del gas in molte città d'Italia, La uastitò del campo d'azione ci ha indotti a sr.:olgere lo nostra intercista non con tino sola persona, come si è fatto sino ad ora, ma con alcuni fra i maggiori dirigenti della sede ceni l'aIe, che hanno contribuito a fornire una infe1'essanle panoramica S1l tutto il setlore dell'industria del gas.

D. - Qual (l attualmente la situazione

concorren-ziaZc del gas nei confronti del/' elettricità sul mercato domcstico italiano?

R. - Il mercato domestico italiano, che si ta or-mai a\vicinando al livello degli altri pae i del MEC, comprende svariate forme di utilizzo delle fonti ener-geticht'.

Yi sono dei ~ettori domestici, e precisamente quelli

in cui l'energia elettrica si usa come forza motrice, che

si possono con iderare di suo dominio eselu ivo; tali

sono: lucidatrici, aspirapolvere. ventilatori, frullatori ed

in un certo enso altre ì i frigoriferi. ancorchè di questi

ultimi e!>istano anche dei tipi a gas che hanno il pregio

dell'assoluta silenzio ità.

el eampo tt'rmico invece il gas - e ciò dicasi tanto del gas di città quanto del gas liquido -

pre-senta requisiti intrinseci tali da esser enz'altro preva-lente, Per tutti gli usi di cucina ad esempio, la

pron-tezza. la regolabilità e la ste sa visibilità della fiamma

sono fattori decish'i a favore del gas. contro i quali

l'elettricità conduce una battaglia. !>ovente anche vi-\'ace e multiforme. ma che non può scuotere la

posi-zione del gas.

Anche nel campo del riscaldamento ambienti l'e-lettricità può trovare soltanto applicazioni limitate e saltuarie. mentre in quello della lavatura della

bian-cheria è indubbiamente più economico il riscaldamento dell'acqua mediante il gas, ferma restando

all'elettri-cità la ua funzione motrice.

Il campo in cui la situazione concorrenziale fra ga

eJ elettricità diwnta empre più aCuta è quello degli scaldabagno ecaldacqua. ma anche qui la po izione del gas è as\ai solida. Infatti l'utente di oggi, pre o da

un ritmo di vita sempre più veloce a cui è

perfetta-mente adeguato il servizio istantaneo e contint/ativo

fornito dal gas, sta sempre più orientando la sua

prefe-renza per quest'ultimo.

E' vero che i costruttori edili. per economizzare sui costi, tendono a lesinare in fatto di canne fumarie, ma

gli acquirenti di alloggi in co truzione po sono sempre ollecitarne !'installazione onde poter i tranquillamente

servire, con notevole risparmio di esercizio degli appa-recchi a ga per l"acqua calda.

L'ultimo non lieve o tacolo rappresentato dalla

pe-ricolosità è stato ormai nettamente superato dal gas con l'impiego delle moderne valvole di sicurezza,

men-tre l'elettricità pre enta ancora un certo rischio.

In sintesi si può affermare che le due fonti

energe-tiche. gas ed elettricità, stanno ormai delimitando i

rispettivi campi di azione per giungere ad un regime di

coesistenza paci.fìca con beneficio di entrambi.

D. - Si afferma, da parte dei tecnici. che uno dei pllnti eli uantaggio del gas nei confronti dell'elettricità è dato dal basso costo di distribuzione, favorito dall'as-senza di perdite; inoltre il gas può t:enirc immagazzi-nato, permettendo il massimo sfl"llttamento della capa-citò degli i.mpianti e lo piena disponibilità da parte dell'industria. QlIal è lo ,;aliditò di queste considera-zioni?

R. - Il fattore costo nella scelta fra ga od

elet-tricità da parte dell'utente non deve essere considerato

determinante: sono le caratteristiche dei due sen':Ìzi

che hanno importanza ben maggiore. Quanto alle

affer-mazioni del basso costo di distribuzione del gas e del-l'a enza di perdite esse non paiono attendibili: gli

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ingenti immobilizzi rappresentati dalle tubazioni stra-dali sotterranee e dai gasometri influiscono notevol-mente sul costo finale di erogazione del gas e le perdite, anche se limitate, non sono mai eliminabili totalmente. Le cure assidue dei nostri tecnici sono rivolte a conte-nere le dispersioni nei limiti normali esistenti in tutte le reti a gas e soprattutto ad evitarne le eventuali con-seguenze: in questo campo l'Italgas è all'avanguardia per la modernità delle tecniche di ricerca e per la mo-torizzazione dei servizi d'intervento.

Circa !'immagazzinamento del gas il pubblico deve sapere che i gasometri, anche se di proporzioni appa-rentemente colossali, possono contenere dei quantita-tivi di gas che corrispondono soltanto ad una parte del consumo giornaliero.

Essi quindi assolvono unicamente ad una funzione di compensazione tra la produzione che normalmente è continua nelle 24 ore ed il consumo, che è invece sostanzialmente concentrato in determinate ore.

Il vantaggio dell'immagazzinamento nei gasometri, oltre ad essere limitato, si paga a caro prezzo dato il loro costo elevato.

Per questo oggi si preferisce sovente rinunciare alla produzione uniforme adottando quella variabile con-sentita dalla gassincazione dei prodotti petroliferi, pro-cesso che sempre più va diffondendosi nella moderna industria del gas.

In America si stanno attuando forme di immagazzi-namento in grande stile, soprattutto per il gas naturale, in certi strati del sottosuolo, ma purtroppo l'Italia è in larga parte di formazione geologica tale da lasciar prevedere che ben difficilmente potrà essere da noi realizzato qualcosa di simile.

D. - Qual è la distribuzione percentuale delle ven-dite dell' ltalgas nei uari settori, domestico, industriale, commerciale ed altri?

R. - L'Italgas gestisce il servizio del gas di città in oltre 50 Comuni dell'Italia Settentrionale e Centrale di cui 15 Capoluoghi di Provincia. La ripartizione delle vendite fra le varie categorie di utilizzazioni presenta tali diversità fra un centro e l'altro che un dato medio generale sarebbe privo di ogni significato concreto: è certo più efficace qualche dato specifico a titolo di esemplificazione.

Nel nostro Esercizio di Torino il consumo dome-stico rispetto al totale delle vendite assorbe una p ercen-tuale del 76 % circa a cui si aggiunge un 4 % per ri-scaldamento ambienti: gli usi industriali raggiungono l'll % ed il restante 9 % è riferibile agli usi commer-ciali ed equiparati.

Invece nel nostro Esercizio di Roma il settore do-mestico, compresi i limitati consumi per riscaldamento, totalizza il 97,5 0/0, mentre agli usi industriali ed a quelli commerciali va rispettivamente soltanto 1'1,5 % e

n

%.

Completamente diversa è poi la situazione degli Esercizi con distribuzione di metano puro: a Cremona

4

I

l

c R o N A C H E E C o N o M I C H E

- per esempio - gli usi domestici normali registrano il 160/0, quelli per riscaldamento il 59 0/0, gli usi indu-striali il 3 % ed i commerciali ben il 22 0/0.

Queste notevoli disparità dimostrano che, pur te-nendo conto delle differenti situazioni locali, vi sono dei settori suscettibili ancora di uno sviluppo notevole, sviluppo che però è strettamente subordinato alla pos-sibilità di disporre di larghi quantitativi di gas vendi-bili a tariffe particolamlente favorevoli.

E: in questo senso appunto che ci sforziamo di orientare i nostri programmi aziendali che però richi e-dono mezzi finanziari ingenti, sicurezza degli investi-menti effettuati e sereno svolgimento delle gestioni, condizioni tutte che a loro volta sono legate a sane e

stabili direttive di politica economica generale.

D. - Qual è la dinamica dei vari settori d'uso di cui alla domanda precedente?

R. - Occorre distinguere fra Esercizi nei quali vie-ne distribuito gas « fabbricato» ed esercizi con distri-buzione di metano allo stato naturale.

I consumi domestici comuni continueranno certa-mente a crescere in misura pressochè costante, come avviene ormai da anni, sia per le distribuzioni di gas « fabbricato }> che per quelle di metano allo stato

na-turale: in parte per effetto del naturale incremento del numero degli utenti, ed in parte per l'aumento dei relativi consumi unitari. Ciò che è dovuto sia alla pro-gressiva sostituzione dei piccoli fornelli con « cucine»

a gas dotate di forni, che all'aumento del percento degli utenti che impiegano il gas, oltrechè per la cot-tura delle vivande, anche per altre applicazioni, soprat-tutto per la preparazione di acqua calda.

Pure i consumi per riscaldamento domestico hanno una spiccata tendenza ad estendersi in ogni genere di distribuzioni, ma è verosimile - almeno per gli Ese r-cizi gestiti dalla ns. Società - che tale estensione si verifichi soprattutto in quelli ove si distribuisce gas fabbricato, e questo come conseguenza dell' evoluzione in atto nei sistemi di produzione del gas. Fintantochè infatti il gas si otteneva per distillazione del carbon fossile la produzione era per così dire rigida, e le Offi-cine Ga:s avevano difficoltà ad adeguarla alle forti escursioni stagionali provocate dai consumi di gas per riscaldamento invernale di ambienti. Ma ora che dalla distiUazione del carbon fossile si passa sempre più alla gasificazione degli idrocarburi liquidi (nafta e benzi-na), processo questo assai più elastico, dette difficoltà si fanno sentire assai meno.

Nelle distr.ibuzioni di metano naturale invece, i consumi per riscaldamento invernali sono destinati ad essere alquanto frenati dalle sempre maggiori difficoltà frapposte dalle Aziende fornitrici del metano all'incr e-mento delle consegne nella stagione invernale.

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industrie le quali trovano pi'l conveniente ricorrere nelle loro lavorazioni all'uso del combustibile gassoso, anche se più costoso, dati i vantaggi da esso offerti, che alla fin fine si traducono in economie tali, da compen-sare anche ampiamente il suo maggior costo.

Se si aggiunge il continuo sviluppo della industria-lizzazione dei Centri urbani, non ci sarà da stupire che, laddove l'acquisizione delle Utenze industriali sia li-bera, i consumi di gas di città per uso industriale cre-scano continuamente.

Nelle città servite dalla nostra Società con metano puro invece (tutte nella Valle Padana) le Utenze indu-striali - come noto - sono di Dorma riservate aII'ENI: restano pertanto alIe Aziende gas locali soltanto le utenze minoli.

D. - Quale pa rte ha avuto il metano nel " mira-colo economico italiano »? Le nostTe riserve di gas naturale sono tali da giustificaTe ottimistiche pTevisioni per quanto riguQJrda il futUTO ruolo del metano nella nostra economia?

R. - La comparsa del metano naturale nel mercato energetico italiano data da almeno un venticinquennio, ma fu soltanto colla scoperta e la messa in coltivazione dei giacimenti della Valle Padana che esso cominciò ad assumere una crescente importanza nell'economia del nostro Paese: sia come fonte di energia termica che come materia prima per l'industria chimica. La sua produzione, che nel 1951 era stata di 945 milioni di m3

, nel 1956 era già salita a 4336 milioni di ma, e nel 1961 fu di 6850 milioni di m3 i quali contribuirono alla copertura del fabbisogno energetico italiano di que l-l'anno nella misura del 12 Ofo circa.

Già questa sola cifra dice quale parte il metano abbia assunto nella nostra economia. E' fuori dubbio che la disponibilità, a condizioni di prezzo favorevoli, di un combustibile pregiato quale è il metano naturale, fu una delle circostanze che contribuirono a facilitare la vivace espansione industriale verificatasi nel nostro Paese in ·questo ultimo decennio.

Mentre inizialmente il metano fu principalmente destinato ad usi industriali termici, da qualche anno sono soprattutto gli usi industriali per sintesi chimiche quelli oggetto di sviluppo più vivace. Nel 1961, p. es., andarono a tale destinazione ben 1183 milioni di m", corrispondenti al 17,4 Ofo della produzione totale.

Altri consumi che vanno del pari aumentando, sia in valore assoluto che in percento, sebbene con ritmo assai lento, sono quelli per gli usi " civili»: nel 1961 essi rappresentarono il 13,3 % dei consumi totali. E' una cifra purtroppo ancora modesta (dato che è pro-prio negli usi domestici che il metano riesce di van-taggio diretto al maggior numero di consumatori e dà un maggior apporto dal punto di vista dell'economia energetica), ma si spera possa in un prossimo futuro essere convenientemente maggiorata, così da avvici-narsi almeno alle percentuali raggiunte altrove (negli USA, p. es., il 40

Ofo

circa; in Francia, il 30 % circa).

Le riserve italiane di gas metano naturale, nono -stante i cospicui giacimenti rinvenuti nel Ravennate nonchè quelli più modesti scoperti altrove (soprattutto negli Abruzzi, in Lucania ed in Sicilia) si sono andate purtroppo assottigliando. Secondo una recente dichia-razione del Ministro delle partecipazioni Statali do-vrebbero aggirarsi sui 90 miliardi di m3

Ma si sa che ormai anche la disponibilità di metano non è più legata, come si riteneva un tempo, ai Paesi produttori, o quanto meno a quelli ad essi immediata-mente adiacenti. Oggi infatti si parla correntemente di importazioni di metano anche da Paesi oltremare e sono note le previsioni che si fanno per la importa-zione, anche in Italia, di metano dal vicino or d-Africa: allo stato gassoso per mezzo di metanodotti sot-terranei o previa liquefazione per mezzo di navi m e-taniere.

Secondo i calcoli degli esperti, effettuando il tra-sporto in ragione di quantitativi pari a qualche mi -liardo

eli

m3/anno il metano africano, reso al consu-matore italiano, dovrebbe venire a costare, per unità termica, non più dell' olio combustibile.

Sembra pertanto giustificata la fiducia che, anche indipendentemente dagli sperati nuovi ritrovamenti nel nostro Paese, !'importanza del metano nella nostra eco-nomia sia destinata nei prossimi anni a crescere ult e-riormente.

D. - Qual è la situazione attuale del mercato dei gas liquidi in Italia?

R. - L'Italia, fra i Paesi europei, e uno di quelli nei quali la produzione di gas liquidi (i cosiddetti GPL) ha avuto uno sviluppo parhcolarmente notevole: diretta conseguenza della rapidità colla quale si è an-data evolvendo, in questi ultimi anni, la nostra indu-stria della raffinazione del petrolio, dalla quale soprat-tutto essi derivano.

Secondo i dati statistici pubblicati dalla stampa tecnica la produzione italiana di GPL, che nel 1950 era stata solo di 16.000 T. dopo solo un quinquennio già era salita a 305.000 T./anno, per raggiungere nel 1961 il valore di 713.000 T. Vi stanno di fronte, sempre secondo le stesse statistiche, per i corlispondenti co n-sumi:

35.000 T. nel 1950, 340.000 T. nel 1955, 725.000 T. nel 196!.

Il consumo dei gas liquidi è caratterizzato da un andamento stagionale con richieste massicce nei mesi estivi e depressione delle vendite durante l'inverno. E' facile prevedere però che il forte incremento della produzione, già manifestatosi nel 1962 e che tanto più si farà sentire nell'anno in corso ed in quelli futuri, sia per l'aumentata attività delle nostre Raffi-nerie che per l'apporto della industria petrolchimica, farà si che il problema della scarsità estiva sarà presto superato, e che anzi pure in tale stagione si

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ranno dei « surplus », nel mentre quelli invernali già in atto potranno raggiungere valori preoccupanti.

Ora, proprio l'industria del « gas di città» sarebbe

in grado di contribuire in modo sostanziale alla solu-zione del problema dei superi di GPL, ri~ervando loro una razionale utilizzazione, ma purchè essa possa usu-fruirne - così come avviene in altri Paesi - a prezzi non gravati da eccessivi oneri fiscali.

Se il Ministero delle Finanze avesse accolta la

ri-chiesta per la prima volta presentata dalla nostra in-dustria fin dal 1954, e successivamente più volte rin-novata, di poter accedere ai GPL pagando su di essi una imposta sostenibile, non soltanto essa avrebbe po-tuto giovarsene (e con vantaggio soprattutto dell' uten-za), nella difficile fase evolutiva che essa stava attra-versando, ma si sarebbe evitato all'Economia Naz io-nale il danno derivante dalla necessità in cui si tro-varono - e si trovano tuttora - le Raffinerie, di svi-lire al ruolo di semplice combustibile, ed in parte

di-sperdere alla torcia, centinaia di migliaia di T. di un prodotto pregiato quali sono i GPL. Di più, l'Erario stesso ne avrebbe potuto trarre notevole giovamento. Finalmente nel 1962 e cioè dopo otto anni, la

ri-chiesta è stata accolta, ma ormai la situazione è radi-calmente mutata.

Oggi presso le nostre Officine l'impiego del carbon fossile va scomparendo, e proporzioni sempre maggiori del gas sono prodotte per gasmcazione di combustibili liquidi (benzine ed oli combustibili) eHettuate in appa-recchi, peculiarità dei quali è la massima elasticità. Poche quindi saranno le Officine Gas per le quali l'ag e-volazione fiscale nella misura prevista dalla legge sarà ritenuta incentivo sufficiente all'impiego di quantita-tivi sostanziali di GPL. Per la maggioranza delle stesse invece sarà necessario qualcosa di più. Verrà questo concesso, ed in misura sufficiente per portare i GPL a competere, nella funzione di materia prima, almeno

colle benzine agevolate?

Se sì, allora il problema dei surplus della disponi-bilità di GPL potrà trovare almeno in buona parte la sua soluzione negli impieghi presso le Aziende gas, così come l'ha trovata da tempo in altri Paesi che pra-ticarono una politica fiscale in proposito assai più illu-minata.

Basti citare r esempio della Francia, dove nel 1960, con una produzione di GPL di poco superiore a quella italiana (in quell' anno infatti furono lavorate colà circa 32,9 milioni di T. di petrolio gg. contro 30,8 milioni di T. in Italia) della stessa ne furono consumate presso Officine Gas ben 130.000 T. (contro 3.000 T. soltanto m Italia)!

D. - Si parla com.unemente di rivoluzione tec no-logica nei processi produttivi del gas: quali sono i punti salienti di questa rivoluzione?

R. - Per le sue caratteristiche del passato,

l'indu-stria del gas è sempre stata considerata fra le più

tra-6

1

CRONACHE ECONOMICHE

dizionali e tale è ancora nella convinzione di larghi strati della popolazione.

Giustamente invece oggi si parla di una rivoluzione tecnologica nei processi produttivi del gas, perchè è realmente in avanzato corso di attuazione una tr

asfor-mazione radicale dovuta al progressivo abbandono della distillazione dei fossili ed alla introduzione di nuove materie prime quali il metano, gli oli combu-stibili, le benzine speciali ed anche i gas liquidi se

questi ultimi fossero totalmente sgravati da imposte. Le ragioni principali di questa rivoluzione sono da ricercarsi anzitutto nell'inderogabile necessità della ri-duzione dei costi, specie di quelli finanziari, per com-pensare i maggiori oneri fiscali e del personale, nonchè nell' entrata sul mercato dei prodotti petroliferi e del gas naturale, che hanno oHerto ai tecnici larghe

possi-bilità di nuove soluzioni nel campo della produzio-ne gas.

Oggi molte nostre Officine producono con fonti molteplici: si ottiene gas, non solo dal fossile e dalla gassificazione del coke, ma dal cracking dell'olio

com-bustibile e delle benzine, nonchè dal metano crackiz-zato o miscelato. Tutto ciò naturalmente comporta non solo la creazione di nuove unità produttive e l'antici-pata messa fuori uso di quelle esistenti, ma anche il

ridimensionamento e la riqualificazione del personale, ponendo quindi, accanto a quelli strettamente tecnici, problemi complessi di ordine finanziario, economico e sociale.

Anche per la risoluzione di questi problemi le Aziende hanno assoluta necessità che la \ita

econo-mica del Paese si svolga in piena normalità, senza

con-tinue innovazioni legislative in tutti i campi ed inter-venti improvvisi provocati da ragioni puramente po-litiche.

D. - Qual è il rappOTto fTG le va.rie fonti di pro-duzione del gas (gas di carbone, metano, gas di cokerie, gas d'acqua, gas di raffineria, gas di petrolio ed altri) e qu.ali sono le previsioni per il futuro?

R. - Il concorso percentuale delle diverse materie

prime alla produzione del gas è naturalmente mutevole nello spazio e nel tempo. Per quanto riguarda la nostra

Società, nello scorso esercizio la ripartizione, riferita alla produzione totale in calorie, è stata all'incirca la seguente:

gas da carbon fossile . metano (nelle varie forme) gas da prodotti petroliferi gas di raffineria e di cokeria.

43 % 42 Ofo

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nuove materie prime, ma tendono ad eliminare glI

Im-pianti a fossile esistenti, ogni qualvolta si presentano le circostanze propizie.

D. - Quali sono le prospettive dell'industria del

gas nel Mezzogiomo?

R. - Nell'Italia Meridionale le città principali sono da tempo già dotate del servizio gas, mentre ciò

non è avvenuto per le città di media importanza con-trariamente a quanto è stato nel Centro-Nord. A tale squilibrio ha egregiamente supplito la diffusione dei

gas liquidi, che è proporzionalmente più accentuata nel Sud.

D'altra parte la creazione di nuove reti urbane in

centri importanti finora non serviti è talmente onerosa che non è avvenuta nemmeno al Nord e ciò non

sol-tanto da parte delle Aziende private, ma anche degli stessi Comuni. E' bensì vero che sono stati dotati del servizio gas con distribuzione di metano puro numerosi

piccoli centri situati lungo il percorso dei metanodotti,

ma ciò è dovuto esclusivamente alla loro particolare ubicazione.

U n fatto analogo potrà gradualmente verificarsi anche nel Sud dove è però in primo luogo necessario

fa-vorire la costruzione di nuovi stabilimenti ed è per

questo che il metano del Sud è stato destinato, dallo

Stato stesso, ai nuovi usi industriali termici ed anche

petrolchimici. Soltanto quando il reddito medio

pro-capite avrà subito nel Sud un incremento apprezzabile e saranno quindi migliorate le condizioni generali della

popolazione si potrà fornirle anche la comodità del ser-vizio del gas di città. A questo fine potrà molto contri-buire l'apporto del metano sahariano, di cui per la maggior vicinanza fruiranno per prime le zone

meridio-nali dell'Italia.

D. - Quali ampliamenti sono previsti nella rete distribu.tiva di Torino verso i Comuni finit-imi?

R. - La fornitura del pubblico servizio del gas è già stata estesa, a cura dell'Esercizio di Torino dell'Ital-gas, ai principali Comuni della « cintura» e

precisa-mente: Moncalieri, Rivoli, Venaria, Grugliasco, Niche-lino, Collegno.

Ulteriori ampliamenti potranno esser posti allo stu-dio quando fosse assicurata alla concessionaria una ade-guata durata della gestione, oggi regolata da una

con-venzione di ormai prossima scadenza, precisamente nel 1965.

Le maggiori distanze dei collegamenti rispetto ai predetti comuni già serviti nonchè la difficoltà del pas-saggio delle utenze dal gas liquido al gas di città, sono elementi di importanza considerevole per la eventuale formulazione di un nuovo programma di estensione.

Premessa fondamentale di quest'ultimo è però

l'appro-vazione del piano intercomunale della viabilità e dei

piani regolatori dei comuni finitimi per poter consentire

un ponderato studio delle percorrenze delle tubazioni.

D. - E' possibile qualche anticipazione sui pro-g-rammi futuri dell'ltalgas? In 1·elaz'ione a certe recenti « municipalizzazioni» è ipoti.zzab-ile una specializza-zione delle vendite dell'ltalgas verso una clientela esclusivamente industriale, laddove avvengano altre municipaUzzazioni?

R. - L'Italgas mantiene i suoi programmi di tra

-sformazione e di potenziamento dei suoi Esercizi e pro-cede alla loro realizzazione perchè è sempre stata ed è tuttora profondamente consapevole dei suoi compiti di

concessionaria di un importante servizio pubblico. Anche se alcuni Comuni decidono, con superficialità

tutta politica, di procedere alla municipalizzazione, so -vente si rendono poi conto che i veri interessi della

col-lettività possono essere perfettamente serviti anche da un'Azienda privata, sotto la vigilanza del Comune, pur-chè essa dia pieno affidamento per la sua capacità t ec-nica e le sue possibiltà finanziarie.

Quanto all' eventualità che l'Italgas possa

conser-vare le forniture industriali in città che eventualmente procedessero alla municipalizzazione del servizio, se m-bra, allo stato attuale, di doverla escludere non solo per

motivi tecnici, ma anche per ragioni commerciali. In-fatti i quantitativi venduti per usi industriali, anche se ceduti a prezzi fortemente ridotti, contribuiscono oggi

a contenere le tariffe domestiche, ma non sarebbero

af-fatto remunerativi se provenissero da fonti produttive e da reti distributive autonome.

D. - Qual è l'entità. e l'utilizz·abilità. dei giaci-menti metaniferi del Saha-ra? Sarebbe possibile e op-p01tuno un eventuale sfruttamento mediante metano -dotti nel nostro Mezzogiorno?

R. - Tutta la stampa e non solo quella tecnica ha già ampiamente illustrato le grandiose risorse di gas

naturale di cui "Si è ora iniziato lo sfruttamento nel Sahara.

Gli studi ed i progetti francesi per portare il

me-tano africano in Europa si sono moltiplicati, ma ancora

non si può dire nulla di definitivo. Se le ragioni pura-mente geografiche e tecniche dovessero prevalere, è probabile che il percorso del metanodotto si svolga

at-traverso la Sicilia e la penisola italiana. In tal caso il grande benefi.cio che deriverà a quelle regioni è e vi-dente.

Ma quasi certamente la prima iniziativa che verrà

realizzata porterà il metano a Cartagena e di qui nella Francia meridionale, per cui non è improbabile che per tale via il metanodotto sahariano venga collegato attra

-verso le Alpi con la rete dei metanodotti del Nord

Italia.

L'altra forma di trasporto del metano e cioè me -diante la liquefazione, è già stata realizzata su scala in-dustriale dall'Inghilterra e potrebbe esserlo rapida-mente anche dall'Italia se le pastoie burocratiche non

costituissero un motivo di grave incertezza per la

co-struzione dei depositi costieri necessari per lo scarico

delle speciali navi metaniere.

(10)

Centocinquant' anni

di

organIzzaZIone

E' stato più volte scritto che la comunità interna -zionale attuale è caratterizzata dal moltiplicarsi delle unioni fra Stati, a carattere istituzionale e stabile. Me n-tre i singoli Stati costituivano - ancora fino a tutto il secolo XIX - l'esclusiva organizzazione di vita s o-ciale e politica degli uomini, om ad essi si affiancano numerosissime forme associative interstatuali le quali tendono, con maggiore o minore successo, ad appagare i cresciuti bisogni di estese collettività umane; sopra gli Stati, divenuti membri di più ampi e complessi s o-dalizi, si ergono le cosiddette « organizzazioni interna -zionali », istituzioni autonome, con propria personalità giuridica, propria burocrazia, propri mezzi finanziari, propri scopi, perseguiti nel comune interesse di una pluralità di governi.

Questo fenomeno associativo, a livello internaz io-nale, si è iniziato, in Europa, con il Congresso di Vie n-na del 1815, congresso che chiude il turbolento pe rio-do napoleonico e consolida un frazionamento statale europeo rimasto pressochè immutato, nelle sue linee essenziali, fino al 1914.

Un primo strumento di unione, di natura tipica -mente politica, l'abbiamo nella cosiddetta «pentarchia» (Austria, Russia, Prussia [poi Germania], Inghilterra e Francia) la quale tende, mediante una stabile alleanza fra le Grandi Potenze europee, ad istituire un direttorio diplomatico-militare nei confronti delle minori Pote n-ze, idoneo ad imporre soluzioni di compromesso nelle controversie internazionali, a bloccare rivoluzioni in-terne, a minacciare ed effettuare interventi armati. Que -sto « concerto europeo» delle cinque Grandi Potenze - allargatosi a sei con l'ingresso dell'Italia dopo il 1870 - nonostante le guerre, i contrasti diplomatici e le alleanze militari contrapposte, riesce, mediante nego -ziati, conferenze e trattati equilibratori, a conservare fino al 1914 quella funzione di vigilanza, di concilia -zione e di coazione sulle Potenze minori che attual-mente vediamo assunta ed esercitata dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite e che fra le due grandi guerre mondiali era stata attribuzione nel Consiglio della Società delle Nazioni. Ma se la pentarchia europea era una associazione

8/

CRONACHE ECONOMICHE

internazionale

G.

Cansacchi politica formatasi in via «di fatto », non regolata da atti giuridici precostituiti all'uopo e tanto meno este -riorizzata in un apparato burocratico autonomo e per -manente, nel Congresso di Vienna vennero creati due altri strumenti associativi, a carattere stabile e con ade -guata strutturazione giuridica: la confederazione e la unione internazionale amministrativa.

La confederazione soddisfaceva, mediante l'istit u-zione di organi comuni e il perseguimento di un'azione unitaria in molteplici settori, la tendenza unionistica in Stati limitrofi, portatori di interessi politico-e cono-mici largamente similari; l'Atto finale di Vienna del 9-VI-1815 costituì due confederazioni: quella ger ma-nica e quella elvetica.

L'unione amministrativa realizzava, invece, m e-diante la riunione periodica di funzionari di numerosi governi e l'emanazione e 1'osservanza di appositi re go-lamenti di natura tecnica, una stabile coordinazione di attività in settori amministrativi di comune interesse, quali la navigazione nei fiumi internazionali, negli stret -ti e nei canali marittimi, la coordinazione delle comuni -cazioni postali (ed in prosieguo, telefoniche, telegr a-fiche, ferroviarie ecc.), la lotta contro le epidemie, il potenziamento di certi servizi ecc.; 1'Atto finale di Vien -na attuò un'unione amministrativa fra gli Stati rivie -raschi del Reno per la migliore utilizzazione di questo grande fiume. Ricordo queste due forme associative, la confederazione e l'unione amministrativa, perchè esse furono le dirette pro genitrici nelle organizzazioni internazionali moderne anche se, dal punto di vista strutturale e per le realizzazioni conseguite, queste ul -time rappresentano un notevole superamento delle prime.

Basterà sottolineare che il meccanismo giuridico confederale, limitato ad alcuni settori della vita inter -nazionale, è tuttora realizzato nella maggior parte del -le un:oni fra Stati, sia in unioni a vocazione universale, quale la defunta Società delle Nazioni ed ora l'O.N.U. e gli Enti Specializzati delle Nazioni Unite, sia in un io-ni a vocazione limitata, dette regionali, quali l'O.C. E.D., la .A.T.O., il Consiglio d'Europa ecc.

(11)

at-tuale gli organi deliberanti S0,10 costituiti da inviati dei

governi e non da eletti dei popoli, e le deliberazioni che vi sono prese - per lo più all'unanimità - non hanno immediata efficacia negli ordinamenti degli Sta-ti membri, costituendo unjcamente delle

raccomanda-zioni rivolte ai governi associati di prendere, nel loro interno, i provvedimenti necessari (legislativi e am-ministrativi) alla loro realizzazione.

Il meccanismo giuridico dell'unione amministrati-va, anch'esso fondato sull'associazione dei governi, è

il progenitore sia delle commissioni :B.uvIali sorte tra il 1856 e il 1920 (delle quali la più famosa fu la Com-missione Europea del Danubio), sia dei Bw·eaux In ter-nationau.x della seconda metà del secolo XIX.

I Bureaux Internationaux - chiamati da noi Uffici Intemazionali - si diffusero nel periodo a cavallo fra

i due secoli; ricordiamo i principali: l'Ufficio

interna-zionale delle amministrazioni telegrafiche (creato a Pa -rigi nel 1865), l'Ufficio internazionale dei pesi e delle misure (pure a Parigi nel 1875), l'Ufficio internazionale

per la protezione della proprietà industriale (istituito a Berna nel 1883), l'Ufficio per la protezione delle opere letterarie ed artistiche (Berna 1886), l'Ufficio interna -ziona,le delle amministrazioni telegrafiche (Berna 1865), l'U fficio in temazionale dei trasporti ferroviari (Bema

1890), l'Ufficio internazionale d'agricoltura (creato a Roma nel 1905), l'Ufficio internazionale di sanità

(Pari-gi 1907), l'Ufficio internazionale per le statistiche

com-merciali (creato a Bruxelles nel 1913), l'Ufficio inte

rna-zionale di idrografia (Monaco 1919), l'Ufficio

interna-zionale del vino (Parigi 1924), l'Ufficio internazionale

per le malattie contagiose degli animali (Parigi 1924), l'Ufficio internazionale di soccorso (Ginevra 1907) ecc.

Questi Bareaux rappresentarono un limitato ed im-perfetto congegno di cooperazione internazionale, ma, cionostante, ebbero il merito di abituare i governi me m-bri ad una congiunta attività in molteplici settori

ammi-nistrativi; si ebbero, così, i primi esempi di una

buro-crazia internazionale, di regolamenti amministrativi uniformi, di accordi multilaterali di attività unitaria, di

profiqui e continuati scambi.

L'organizzazione interna dei Bureaux, stabilita e

successivamente perfezionata nelle periodiche confe -renze fra gli Stati associati, era assai semplice: vi era un direttore, nominato d'accordo in seno aHa

confe-renza, coadiuvato da una limitata schiera di funzionari tecnici. Un regolamento disciplinava le funzioni

del-l'ufficio, funzioni per lo più circoscritte a chiedere e a ricevere informazioni e documenti, a compilare sta ti-stiche, a pubblicare bollettini tecnici, a suggerire ai

go-verni rifOlme opportune di un dato servizio, a patroci-nare accordi nel settore di competenza; in certi casi il

Bureau si adoperava a regoIare compensazioni

finan-ziarie fra le amministrazioni statali interessate, a

risol-vere controversie contabili fra le medesime, ad effe

t-tuare registrazioni con efficacia interna (per es. la regi-strazione internazionale dei marchi di fabbrica), ad elargire sovvenzioni in casi particolari (tale l'Unione internazionale di soccorso in caso di calamità).

Le unioni amministrative internazionali, già alla

fine del secolo XIX, avevano costituito, nell' ambito

della comunità internazionale, un felice compromesso

fra il principio della sovranità degli Stati - attributo che nessun governo avrebbe voluto abbandonare - e l'impellente esigenza di reciproche limitazioni al fine di raggiungere mete comuni.

"

"

"

In seguito alla prima guerra mondiale 1914-18, e quale diretta conseguenza delle enOlmi distruzioni da essa provocate, sorse un nuovo tipo di unione inters ta-tuale: un'associazione permanente fra tutti gli Stati del mondo diretta alla conservazione della pace ed alla

ri-soluzione l)acifica delle controversie internazionali. Con questo programma. fu creata, per iniziativa del presidente statunitense Wilson, la Società delle Nazioni

la quale, conferendo una preminenza alle Grandi Po-tenze con seggio pelmanente nel Consiglio, is tituziona-lizzò e disciplinò quel « concerto» delle grandi potenze mondiali che nel secolo XIX aveva mantenuto, in via di fatto, la pace europea o, almeno, l'aveva ripristinata

dopo brevi con:B.itti.

Non è qui il caso di illustrare in dettaglio le cara t-teristiche istituzionali della Società delle Nazioni, la

sua organizzazione, la sua attività nel ventennio

1919-1939, i suoi difetti ed, infine, la sua estinzione; basterà ricordare che anch' essa aveva assunto la struttura con-federale di cui si è parlato più sopra, con organi coll

e-giali - l'Assemblea ed il Consiglio - formati da in-viati dei governi membri e non dei parlamenti o dei

corpi elettorali e con deliberazioni di raccomandazione indirizzate ai governi.

La Società delle Nazioni mancò al suo scopo poli -tico non tanto per difetti strutturali, quanto piuttosto

per lo scarso spirito di collaborazione e di intesa fra le Gr.andi Potenze con seggio permanente; ebbe, però, una notevole benemerenza: in forza dell' art. 24 del Patto istitutivo attuò un' opera benefica di incitamento, di svi -luppo, di coordinazione e di vigilanza sugli uffici inte r-nazionali già operanti e di altri promosse l'istituzione.

Le unioni amministrative internazionali ricevettero,

così, nuovo impulso e dimostrarono vieppiù ai governi associati la loro crescente utilità.

Nell'ambito della cooperazione internazionale d e-vono poi essere Ticordate, perchè istituite già all'inizio

del ventennio considerato, l'Organizzazione Inte rnazio-nale del Lavoro (con il benemerito Bureau Intematio-nal du Tmvail) e la Corte di Giustizia Internazion.ale. Il primo realizzò le più importanti convenzioni bilate -rali e multilaterali in oggetto al trattamento dei lavora -tori e ne vigilò l'adempimento nell'interno degli Stati aderenti; la seconda consolidò uno stabile ed efficiente

tribunale internazionale atto a decidere sulla base del diritto internazionale le controversie giuridiche fra gli

Stati.

A seguito della seconda guerra mondiale (

1939-1945), per iniziativa statunitense, venne costituita una

nuova società delle nazioni, chiamata Organizzazione

(12)

delle Nazioni Unite (O.N.U.), regolata da uno Statuto approvato con il Trattato di San Francisco del 26 giu-gno 1945. Anche la nuova società concreta una unione istituzionale e permanente di Stati a vocazione univer-sale, tendente ad ammettere nel suo ambito tutti gli Stati del mondo; anch' essa presenta una struttura con-federale con organi formati dai rappresentanti dei go-verni membri; anch'essa emana deliberazioni colleg-giali indirizzate, a titolo di raccomandazione, ai go-verni membri e non atti normativi ed esecutivi dire tta-mente efficaci per gli individui e per gli enti stabiliti nei territori statuali. L'O.N.U. - come già la S.d.N. - con-ferisce una preminenza di decisione e di azione coat-tiva alle Grandi Potenze con seggio permanente nel Consiglio di Sicurezza, ma il diritto di veto ha in gran parte frustrate le sue attribuzioni.

L'Organizzazione delle Nazioni Unite ha però ac-quisita la sua massima benemerenza, nel mondo mo-derno, con il potenziamento della cooperazione fra Stati in vastissimi settori dell' amministrazione internazio-nale; in quest'ambito l'Organizzazione delle Nazioni Unite, creando i cosiddetti Enti Specializzati o trasfor-mando in tali Enti molte unioni amministrative del

pas-sato, ha conseguito reali e notevoli progressi, superando di gran lunga i limitati risultati raggiunti dai BUTeaux nel secolo XIX e nei primi decenni del XX.

Attualmente gli Enti Specializzati sono undici: l'Or-ganizzazione internazionale del lavoro (I.L.O.); l'Or-ganizzazione internazionale delle N.U. per l'educa-zione, la scienza e la cultura (U.N.E.S.C.O.); l'Organiz-zazione mondiale della sanità (W.H.O.); la Banca in-ternazionale per la ricostruzione e lo sviluppo (BANK); il Fondo monetario internazionale (FUND); l'Organiz-zazione internazionale per l'aviazione civile (I.C.A.O.);

l'Unione postale universale (U.P.U.); l'Unione int

erna-zionale delle telecomunicazioni (I.T. U.); l'Organizza-zione meteorologica mondiale (W.M.O.); l'Organizza-zione internazionale consultiva marittima (I.M.C.O.). E' in progetto di creazione l'Organizzazione interna-zionale del commercio (I.T.O.), ed altre ancora segui-ranno.

Questi Enti Specializzati delle Nazioni Unite

-chiamati con termine anglo-sassone Specialized-Agen-cles - costituiscono anch' essi unioni di Stati a strut-tura confederale e ad attività amministrativa. Hanno il loro fondamento giuridico in un trattato associativo multilaterale, aperto all' adesioné di tutti gli Stati; pre-sentano organi direttivi formati da rappresentanti dei governi membri ed organi esecutivi di tipo burocratico con personale tecnicamente specializzato; operano, cia-scuno, in un determinato settore con strumenti di coo-perazione di varia natura: preparando e favorendo la conclusione di accordi fra gli Stati membri, indicendo ed organizzando conferenze internazionali, rivolgendo raccomandazioni e presentando progetti ai governi in-teressati, preparando ed inviando esperti, favorendo l'impiego di capitali, creando istituzioni ed uffici, ri-chiedendo e ricevendo materiale documentario e sta-tistico, costruendo impianti-pilota, allacciando nella

10

I

CRONACHE ECONOMICHE

cooperazione Stati con esuberanza di capitali e di tec-nici e Stati ad aree depresse o in fase di sviluppo, po-tenziando gli scambi ecc. ecc.

Indubbiamente, nei settori di rispettiva compe-tenza, gli Enti Specializzati, quali strumenti giuridico-tecnici di cooperazione internazionale, rappresentano un rilevante progresso rispetto ai BUTeaux Int ematio-naux dei quali abbiamo precedentemente parlato. An-zitutto essi godono di più ampia autonomia di orga-nizzazione e di attività; hanno personalità giUlidica, abbondante personale tecnico, notevoli entrate finan-ziarie; in secondo luogo la loro azione è opportuna-mente coordinata e facilitata da un organo apposito delle Nazioni Unite, il Consiglio Economico e Sociale. Questi Enti, pur con notevoli ed insopprimibili man-chevolezze, hanno, nel loro complesso, realizzati

im-portanti successi, specialmente in alcuni settori fra i quali meritano particolare menzione quelli del lavoro, dei finanziamenti, del\.a lotta contro la fame, della

sa-nità, della diffusione della coltura. Ne è prova la

sem-pre più larga adesione degli Stati, ivi compresi quelli di nuova formazione (gli Stati afro-asiatici), il conferi-mento agli Enti esistenti di nuovi e più importanti com-piti, la programmazione di istituirne dei nuovi in altri

settori. Gli Enti Specializzati sono stati a ragione

con-siderati « istituzioni di pubblico servizio » in campo in-ternazionale.

"

"

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Ma il panorama delle organizzazioni internazionali attuali non sarebbe completo se si omettesse di men-zionare le «intese regionali », cioè le organizzazioni fra gruppi di Stati che attuano un'intima cooperazione fra i medesimi in un ambito geografico circoscritto. Il fenomeno non è nuovo, ma mentre prima del 1939 era limitato e sporadico, dopo il 1945 si è diffuso al di là di ogni previsione.

Tralasciando di trattare delle organizzazioni mili-tari europee ed extra europee (N.A.T.O.; C.E.N.T.O.; S.E.A.T.O.; O.A.S.; Blocco di Varsavia ecc.), ritengo meritino specialissima segnalazione le intese

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quin-ta (l'E.F.T.A.) promuove fra g!i Stati dell'Europa occi-dentale, non associati nel M.E.C., un'area di libero scambio.

Queste organizzazioni economiche si differenziano in inte7'goDernative e sopronazi.onali; le prime conser vano la tipica struttura confederale con organi co m-posti soltanto da funzionari dei governi associati; le se-conde presentano di già elementi federalistici con or-gani costituiti da funzionari tecnici, in larga misura in-dipendenti dai governi membri e vincolati per mezzo di un rapporto di fiducia ad un'assemblea di natura parlamentare.

Non è qui il caso di discutere sulle differenze giu-ridiche fra queste due forme associative; mi limiterò a sottolineare questo importante elemento: nelle unioni intergovernative le deliberazioni degli organi sociali sono sempre ed esclusivamente rivolte ai governi asso-ciati che conservano la sovrana competenza di ade -guarvisi nel loro ordinamento interno e nella loro azio-ne esterna; nelle unioni sopranazionali, invece, si mani-festa di già l'immediatezza di molti atti sociali. Si han-no, cioè, decisioni, direttive, regolamenti, sentenze, emesse dagli organi sociali, che hanno immediata e ffi-cacia per le persone fisiche e giuridiche (essenzial-mente per gli operatori economki) cui sono rivolti, senza richiedere una preventiva autorizzazione o de li-bazione alla loro esecuzione interna per parte di un organo dello Stato membro interessato. Queste comu-nità economiche sopranazionali hanno una struttura quasi statale; hanno proprie funzioni normative, esec

uti-ve e giudiziarie, una propria politica economica, un pro-prio potere di negoziazione internazionale, una propria finanza, proprii mezzi di azione indipendenti da quelli degli Stati; l'eventuale contrasto di interessi fra lo Sta-to o le sue imprese, da un lato, e la comunità soprana-zionale, dall'altro, è esclusivamente demandato al giu-dizio insindacabile dell'organo giudiziario di quest'ul-tima. Queste unioni - ed in particolare il Mercato

Co-mune Europeo - realizzano fra i popoli associati un' u-nità economica che porta al totale abbattimento delle barriere fra Stato e Stato.

Le comunità economiche europee, di tipo sopra-nazionale, rappresentano lo stadio attuale più evoluto dell'organizzazione internazionale regionale; dal cam-po economico esse ineluttabilmente trasbordano nel campo politico e, sia pure con alterne vicende, con p e-riodi di progresso e di regresso nella cooperazione, te n-dono ad una lenta trasformazione dell'Europa occiden-tale da una costellazione di Stati sovrani, in una fed e-razione con organi centrali rivestiti di effettivi e diretti poteri politici.

Concludendo, le unioni regionali, intergovernative o sopranazionali hanno assunto, dal 1945 ad oggi, una larga diffusione; in ogni area geografica del mondo esse tendono a costituirsi e ne è una prova il recente fer-mento associativo africano. Purtroppo non sempre que -ste unioni assolvono soltanto programmi di pace e di concordia; alcune yolte eSSe assumono spiccato car at-tere militare e non soltanto difensivo; in alcune di esse si manifestano preoccupanti elementi di imperialismo e di antagonismo rispetto a consimili e contrapposte formazioni. Tuttavia, per lo studioso che osservi obie t-tivamente il fenomeno, la tendenza odierna verso una sempre maggiore diffusione dell' organizzazione regio -nale è irreversibile; essa corrisponde alle necessità dei tempi e all'insufficienza di mezzi dei singoli governi; l'unione internazionale è l'unico meccanismo giuridico che sappia conciliare, senza troppo contrasto, due te r-mini antitetici: la sovranità degli Stati e la necessaria limitazione di queste sovranità ad opera di un potere imparziale, superiore ed esterno; essa armonizza anche

lo spirito nazionalistico, spesso con inquinature xen o-fobe, presente in quasi tutti i popoli (specialmente se da poco assurti all'indipendenza) con la necessità, sem-pre più sentita, di una collaborazione mondiale, senza distinzioni di razza e di ideologia.

(14)

Come

SI

mIsura

1. - Molteplicità degli indici

In un Convegno nel quale si è dibattuto per due giorni il problema del costo della vita, è opportuno anzi-tutto intenderci su come si misurano il livello e le va-riazioni del costo della vita. Abbiamo detto l'indice, ma avremmo dovuto dire gli indici, perchè ve ne sono parecchi, e invero la loro molteplicità è spesso fonte di equivoco. Sembrano creati a bella posta perchè ognuno possa scegliere quello che gli fa più comodo per dimo-strare le proprie tesi. Purtroppo anche questi indici sono veduti da ... destra e da sinistra, specialmente per riguardo alla loro interpretazione; ciò rende difficile la conoscenza della realtà e crea scetticismo sul valore della statistica.

Abbiamo accennato alla molteplicità degli indici. Infatti vi è un indice che va sotto il nome di « costo della vita », e un altro che si chiama «dei prezzi al consumo ». Entrambi sono calcolati ogni mese dall'Isti-tuto Centrale di Statistica, e si riferiscono alla fase del dettaglio, del consumo diretto. Incominciamo a parlare del ·primo. L'importanza di questo indice sta nel fatto che esso serve per regolare i salari di almeno dieci mi-lioni di lavoratori con la così detta «contingenza».

2. - Che cos' è l'indice del costo della vita

L'indice del costo della vita è costituito su un bi-lancio-tipo di una famiglia cittadina di reddito medio. I! calcolo viene effettuato impiegando una lista non molto ampia di articoli e di seJvizi, stabilita su una base ormai remota, che è quella del 1945 riportata al 1938 (1938 = l). Le voci considerate rimangono inva-riate per tutto il tempo, sia come quantità sia come qualità: è questa la tecnica che si usa per la costru-zione degli indici in parola, tenuto conto che lo scopo è di misurare le sole variazioni dei prezzi e non di altro. Ma ciò facendo, nè si può fare diversamente, si int ro-duce una prima discordanza fra l'indice che si calcola e la realtà, giacchè i prodotti e i servizi si evolvono con

-tinuamente, e quindi si differenziano da quelli « fissi»

il

costo

della

vita

*

G.

Tagliacarne

considerati per il calcolo. Alcune merci esistenti e us'ate nel 1945 sono andate fuo,ri uso, e altre che a tale data non esistevano o non erano di impiego cor-rente sono ormai entrate nei bilanci delle famiglie. M:a l'indice di tutto ciò non tiene conto. L'abbonamento alla televisione evidentemente non poteva figurare nelle spese del 1938 nè in quelle del 1945, ma ora sì; tuttavia questa spesa non entra nel calcolo. Il cinema-tografo di prima della guerra o del 1945 era tutt'altra cosa di quello di oggidì: ma che fare? L'indice del costo della vita, se vuoI includere questa spesa, non può scindere due cose: il prezzo e la qualità; quindi l'aumento di prezzo che viene registrato nel calcolo dell'indice del costo della vita include un fattore extra, che è costituito dal notevole miglioramento dello

spet-tacolo. Quello che si è detto per il cinematografo, può ripetersi per il telefono, per i tram-autobus cittadini, per l'abitazione, i giornali, le riviste, la biancheria (dal rayon al nylon) e per una quantità di merci, prima vendute alla rinfusa ed ora offerte in lucenti involucri, scatole e barattoli, con premi, ecc. e migliorate di qua-lità. L'indice calcolato dalla statistica non può star dietro a tutte queste evoluzioni e sostituzioni.

In conclusione, l'indice non può riflettere perfetta-mente la realtà dinamica. Qualche volta trascura di considerare una voce diventata importante, qualche al-tra continua a manteneme talune passate di uso; e inoltre finisce per trascinare con sè, oltre alla varia-zione pure e semplice dei prezzi, anche una variazione, spesso sostanziale, della qualità delle merci e dei ser-vizi assunti nella lista considerata.

3. - Il costo della vita {( psicologico»

I conti e le spese delle famiglie difficilmente vanno d'accordo con !'indice ufficiale del costo della vita. Il contrasto talvolta è sensibile. Ciò non può destare al-cuna sorpresa, giacchè tale indice si riferisce a una famiglia media, di condizioni e reddito medio, di con-sumi medi. Quando si dice media si fa un'astrazione.

La famiglia che si assume come riferimento è

costi-(0) Relazione presentata al « Convegno Nazionale di Studio del costo della vita" svoltosi presso la Camera di Commercio, Industria e Agricoltura di Torino il 7-8-9 marzo 1963 per iniziativa dell'Unione nazionale consumatori.

(15)

tuita da due persone adulte (genitori) e due ragazzi in

età scolastica; è una famiglia che vive in città, di medio

reddito, come si è detto. C'è da domandarsi: quante

sono in Italia queste famiglie? Forse appena ilIO per

cento; le altre 90 presentano situazioni diverse da que l-le ipotizzate.

Non tutte le famiglie risentono nello stesso modo delle variazioni che intervengono nei prezzi, perchè le

famiglie hanno bisogni diversi a seconda della loro

professione e condizione, dell' età e del numero dei

componenti, se hanno bambini piccoli o ragazzi che

vanno a scuola, alle elementari o alla università, ecc.

Se aumenta il prezzo del vino non fa nul,la per le

fami-glie che non ne bevono, ma consumano molto latte, le quali invece risentono fortemente di una variazione del prezzo del latte. Così dicasi, più o meno, per tutte le merci e tutti i servizi compresi nel calcolo ufficiale

dell'indice del costo della vita.

C'è poi una tendenza a considerare come aumento del costo della vita quello che è l'aumento della spesa,

che tende a livellarsi sull'aumento del reddito. Perciò

si può dire che il costo della vita è spesso identificato

da parte dei consumatori, con l'indice del reddito.

La donna di casa che registri diligentemente tutte

le spese della famiglia (ci sono ancora molte di queste

signore che hanno l'abitudine di notare giorno per gior-no tutti gli acquisti fatti?), che due anni fa spendeva 100.000 lire al mese, e che oggi ne spende 130.000, ciò che le è consentito dai maggiori guadagni del ma -rito, e che forse deve ora mandare a scuola i ragazzi

che due anni fa erano ancora in età prescolastica, sarà

pronta a sostenere, facendosi forte della sua contabilità

casalinga, che il costo della vita è aumentato del 30 per cento.

Tale aumento del 30 per cento comprenderà due gruppi di cause: una è quella del reale aumento dei prezzi, l'altra è il graduale aumento e miglioramento dei consumi. Precedentemente, con un reddito più

bas-so, si rinunciava al cinematografo, si beveva meno vino,

si fumayano meno sigarette, si dilazionava il più possi-bile l'acquisto di abiti e biancheria, si mangiava carne solo la domenica, si acquistava frutta di seconda qua-lità, ma con l'aumento del reddito, detti consumi si

sono dilatati e si sono migliorate le qualità.

Un indice che riflette questo modo di «sentire» la variazione del costo della vita è quello che si ricava da indagini, come quelle periodiche effettuate dal-l'Istituto Doxa, nelle quali si pone a un gruppo di fa-miglie rappresentative di tutte le famiglie italiane, una domanda di questo genere: « Quanto ci vuole al mese a una famiglia come la sua per vivere in questo comune senza lusso, ma senza privarsi del necessario?» La media di tutte le risposte nel 1962 ha dato la somma di lire 94.700, mentre alla stessa domanda dieci anni fa era risultata un~ media di 53.010 lire; si può quindi dire che si sia avuto in dieci anni un aumento « psico-logico» del costo della vita intorno al 79 per cento. Per contro, l'indice ufficiale del costo della vita calco-lato dall'Istituto Centrale di Statistica ha registrato in

detto periodo un aumento del 34,4 per cento. Si tenga

inoltre presente che anche il predetto indice ufficiale

« incorpora », come si è spiegato più sopra, una parte di miglioramenti qualitativi, olh'e agli aumenti veri e

propri dei prezzi, giacchè nel decennio trascorso gli spettacoli cinematografici sono migliorati, i giornali harmo più pagine, le linee tranviarie-autobus sono mi-gliorate e più estese, le merci vengono servite con più cura (imballaggi, premi, negozi più confortevoli, ecc.),

4. - Aggiomamento dell'indice del costo della vita

Alcuni inconvenienti dell'attuale calcolo dell'indice

del costo della vita derivano dal fatto che la base di riferimento è ormai troppo vecchia: il 1945 (riportato

poi aHa base 1938). Le situazioni sono notevolmente

modificate nel frattempo, e inoltre si dispone oggidì di una serie di conti famili.ari (bilanci di famiglia) che

possono consentire una base di rilevazione su dati reali

di consumi e spese assai più ampi e attendibili di quelli

disponib~h nel 1938; allora le rilevazioni di questo

ge-nere erano molto lacunose.

L'Istituto Centrale di Statistica ha quindi intrapreso

una nuova elaborazione di indici del costo della vita, con la quale si introducono notevoli aggiornamenti e

miglioramenti. Sia chiaro però che con questa nuova

serie si, deve abbandonare la vecchia base del 1938, quindi il confronto all'ultimo anno prebellico. Il con -catenamento della nuova serie alla vecchia, se si vorrà fare, non può avere che un valore molto discutibile.

La nuova serie che è in via di elaborazione avrà per base iJ 1961 e comprenderà un numero di voci note-volmente più grande di quello considerato nel vecchio

indice. Inoltre le ponderazioni delle singole voci e dei

singoli capitoli di spesa saranno più aderenti alla realtà, e si riferiranno non più a una famigHa-tipo cittadina, ma al complesso delle famiglie italiane, Quando si co n-sideri la grande importanza che riveste il calcolo de l-l'indice del costo della vita ai fini sindacali (misura della contingenza) si comprende quanto sia opportuno disporre di un indice il più possibile attendibile.

5. -L'indice dei prezzi al consumo

Oltre l'indiJce notO' con la denominazione di « costo della vita» l'Istituto Centrale di Statistica ne calcola un altro che pubblica dal 1954, e assume come base il livello dei prezzi del 1953 (= 100); esso va sotto la denominazione di « indice dei prezzi al consumo »,

Detto indice è calcolato su una lista di voci assai più ampia di quella adottata per !'indice del costo della vita. Esso comprende 267 voci raggruppate in 38 cate-gorie merceologiche, e a lOTO volta costituiscono lO classi di consumi; e riflette non le spese di un dete nni-nato tipo di famiglie (cittadine, di reddito medio), ma tutta la collettività nazionale, quindi il complesso delle

transazioni che si svolgono nel paese ai prezzi di me r-cato.

Questa nuova serie, meglio di quella del costo della vita, è particolarmente adatta per le valutazioni del

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reddito nazionale, e probabilmente sostituirà definiti -yamente il calcolo dell'indice del costo della vita, an-cora conservato per i fini pratici già ricordati, della scala mobile delle retribuzioni.

Le 6levazioni per l'indice dei prezzi al consumo sono estese a tutti i ca'poluoghi di provinci.a e ad un

buon numero di centri non capoluoghi. Nei comuni

capoluoghi si rilevano ogni mese oltre 130.000 prezzi di generi alimentari, 16.000 prezzi per gli articoli di

abbigliamento, 14.000 prezzi per gli articoli vari, i ser-vizi personali, i servizi pubblici, ecc. Le rilevazioni per

i generi alimentari si effettuano ogni dieci giorni (il 5, il 15 e il 25 di ogni mese); quella degli altri prodotti e servizi ha luogo una volta al mese (il 15 del mese). Le divergenze fra !'indice del costo della vita e quello dei prezzi al consumo sono notevoli, come facil-mente si comprende da quanto si è detto. Anzitutto va rilevata la diversa importanza attribuita ai vari capitoli

di spesa. Nell'indice del costo della vita si dà maggior peso all'a.limentazione, alle spese per l'illuminazione e

il riscaldamento, mentre nell'indice dei prezzi al con-sumo ascon-sumono un peso note\'ole tutte le spese cos

id-dette « varie ", come appare dal seguente prospetto nel quale sono fornite le componenti percentuali dei due tipi di indici alla data di partenza del nuovo indice (prezzi al consumo).

COMPOSIZIONE PER CAPITOLI DI SPESA DELL'INDICE DEI PREZZI AL CONSUMO E DELL'INDICE DEL COSTO DELLA VITA

CAPITOLI DI SPESA

Alimentazione

pa/1e e deriuat'Ì dai cereali

carni pesce grassi.

latte, formaggi e uova

ortaggi

frutta

bevancle alcooliche

altri ge/1eri alimentari Abbigliamento E' ettrici tà e combustibili Abitazione Varie

"

Totale

Composizione perce/1t. Indice clei prezzi al consumo 47,3 9,7 7,9 1,8 3,2 6,6 4,0 4,1 5,1 4,9 14,5 2,8 2,1 33,3 100,0 Indice del costo clelia vita 57,8 12,4 14,9 1,3 3,8 7,3 3,7 4,0 4,4 6,0 15,2 5,1 5,7 16,2 100,0 Fonte: Istituto Centrale di Statistica: « Metodi e norme»

- serie A, n. 2.

Il confronto fra gli elenchi di merci considerate

nei rispettivi tipi di indici spiega chiaramente la

gran-de differenza nel significato da attribuire ai due indici.

In quello dei prezzi al consumo figurano numerose voci

141

CRONACHE

~CONOMICHE

completamente trascurate nella ben più limitata lista adottata per l'indice del costo della vita. Si compre n-dono infatti gli articoli fotografici, quelli per la caccia

e la pesca, i fiori, i televisori, i servizi domestici, la

camera d'albergo, la pensione completa, le consuma-zioni al bar, le spese legali, perfino le ... spese per tra

-sporti funebri! Si comprendono pure le spese per l'ac-quisto di automobili, e quindi quelle di autorimessa,

riparazioni, pezzi di ricambio e accessori, benzina e lubrificante. Tutte queste voci sono escluse nel calcolo

dell'indice del costo della vita. (Alcune verranno intr o-dotte nel nuovo indice del costo della vita che !'Istituto Centra1e di Statistica sta predisponendo, con base 1961,

come si è detto in precedenza).

6. - Confronto f1'Q gli -indici del costo clelia vita e gli indic'i dei prezzi al consumo

La differenza fra l'andamento dei prezzi delle due

serie di indici è notevole. In dieci anni, fra il 1952 e il 1962, !'indice del costo della vita risulta aumentato

del 34,4 per cento e quello dei prezzi al consumo del 24,5 per cento. Negli ultimi cinque anni gli aumenti sono stati rrspettivamente del 16,7 per cento e dell'1l,9 per cento. Infine nell'ultimo anno l'indice del costo della vita è aumentato del 5,8 per cento e quello dei prezzi al consumo del 4,7 per cento. In conclusione si nota che le variazioni dell'indice del costo della vita sono più ampie di quelle registrate per !'indice dei

prezzi al consumo.

VARIAZIONI DEGLI INDICI DEL COSTO DELLA VITA

E DEGLI INDICI DEI PREZZI AL CONSUMO

AN NI 1952 1953 1954 1955 1956 1957 1958 1959 1960 1961 1962 dal 1952 al 1962 I11dire del costo

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