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FACOLTA' DI ECONOMIA. Tecnica professionale

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(1)

Dipartimento universitario con Sistema Qualità certificato UNI EN ISO 9001:2000

UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI SALERNO

Curriculum in Consulenza aziendale

Matr.: 0222100316

ANNO ACCADEMICO 2010-2011 TESI IN

CORSO DI LAUREA IN CONSULENZA E MANAGEMENT AZIENDALE

La stima dell'avviamento nei metodi misti e nei principi internazionali di valutazione delle aggregazioni aziendali

ANNUNZIATA MARRAFINO

FACOLTA' DI ECONOMIA

FORTE William

LAUREA MAGISTRALE

CANDIDATO:

Ch.mo Prof.

RELATORE:

Tecnica professionale

(2)

1

A zia Filomena

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2

Sommario

Ringraziamenti. ... 5

Introduzione. ... 6

Capitolo 1 ... 12

L’avviamento nell’ambito delle risorse immateriali. ... 12

1.1 Premessa. ... 12

1.2 L’avviamento: definizioni più diffuse . ... 14

1.3 Gli studi più recenti. ... 22

1.4 L’avviamento secondo il codice civile: art.2426 c.c. 31 1.5 L’avviamento secondo i principi contabili nazionali: l’OIC 24. ... 34

1.6 L’avviamento negativo. Cenni. ... 42

1.7 I casi tipici che determinano un avviamento. ... 43

Capitolo 2 ... 46

L’avviamento nelle valutazioni d’azienda. ... 46

2.1 Metodi di valutazione aziendale. Un confronto tra paesi. 46 2.2 Sviluppo storico dei metodi di valutazione. ... 48

2.3 L’avviamento nei vari metodi di valutazione. ... 53

2.4 I metodi patrimoniali. ... 56

2.5 I metodi patrimoniali semplici. ... 62

2.6 I metodi patrimoniali complessi. ... 73

2.7 L’utilizzo dell’avviamento nei metodi misti patrimoniali-reddituali. ... 84

2.8 Il metodo del valore medio. ... 98

2.9 Il metodo misto con stima autonoma del goodwill. 102 2.9.1 Capitalizzazione limitata del reddito differenziale medio (o del profitto medio). ... 104

2.9.2 Attualizzazione dei redditi differenziali analitici per n anni. ... 117

(4)

3

2.9.3 Capitalizzazione illimitata del reddito

differenziale medio (o del profitto medio). ... 118

2.10 Il modello dell’EVA. ... 123

2.10.1 La formulazione ‘finanziaria’. ... 144

Capitolo 3 ... 149

L’avviamento nei principi contabili internazionali IAS/IFRS. ... 149

3.1 I principi contabili internazionali IAS/IFRS. Premessa. ... 149

3.2 Le attività immateriali nei principi contabili internazionali. ... 150

3.3 L’IFRS 3 (revised 2008): le principali novità. ... 160

3.4 L’IFRS 3: definizione e caratteristiche del goodwill. ... 167

3.5 L’eccedenza negativa: il badwill (o avviamento negativo) secondo l’IFRS 3. ... 173

3.6 Il full goodwill. ... 177

3.7 L’impairment test dell’avviamento: IAS 36. ... 182

Capitolo 4 ... 195

Principi contabili internazionali e normativa nazionale: un confronto. ... 195

4.1 La rilevazione iniziale dell’avviamento. ... 195

4.2 La valutazione nei bilanci successivi. ... 203

Capitolo 5. ... 215

Un caso pratico: la rappresentazione dell’avviamento in bilancio consolidato secondo i principi contabili IAS/IFRS e l’impairment test. La A2A s.p.a. ... 215

5.1 Informazioni di carattere generale su A2A S.p.A. . 215

5.2 Prospetti contabili consolidati. ... 222

5.3 Note illustrative alle voci della situazione patrimoniale-finanziaria e alle voci di conto economico complessivo. ... 231

(5)

4

Conclusioni. ... 250 Bibliografia. ... 255

(6)

5

Ringraziamenti.

Desidero ringraziare ed esprimere la mia riconoscenza nei confronti di tutte le persone che, in modo diverso, mi sono state vicine e hanno permesso e incoraggiato sia i miei studi che la realizzazione e stesura di questa tesi.

Un particolare ringraziamento va al prof. William Forte per avermi seguito durante la redazione del lavoro, e a chi, con lui, ha contribuito ad impartirmi una formazione economico-aziendale.

(7)

6

Introduzione.

Quello dell’avviamento è un concetto molto antico sulla cui natura in dottrina e in giurisprudenza si è molto discusso.

Ciò che spinge a dare rilievo contabile a tale concetto è la percezione dell'esistenza di un fenomeno per il quale l'acquirente di un'azienda è disposto a pagare un prezzo maggiore alla somma dei valori degli elementi che compongono l'impresa stessa.

In passato l’avviamento d’azienda veniva identificato con la sua clientela, che ne costituiva l’elemento essenziale, al pari, secondo alcuni, dell’organizzazione, che però ne era il presupposto.

L’avviamento, oggi, è considerato una “qualità”

dell’azienda stessa, un elemento sul quale incidono numerosi fattori, dalla clientela all’organizzazione aziendale, dall’ubicazione all’abilità gestoria dell’imprenditore, e così via. L’avviamento viene definito

(8)

7

come la capacità dell’azienda di conseguire redditi nel tempo, la sua attitudine ad ottenere utili.

La differenza tra un’azienda di nuova costituzione e una avviata dipende dalla già collaudata combinazione dei fattori che caratterizza l’azienda “avviata” rispetto alla prima. L’azienda bene avviata, dunque, fa leva su un aggregato di condizioni immateriali favorevoli che le danno maggiore attitudine a raggiungere i propri obiettivi ed a produrre utili. Di conseguenza, chi acquista un’azienda funzionante riconosce al cedente un valore di avviamento, volendo evitare i rischi di insuccesso e i costi di impianto. L’avviamento comprende, quindi, una serie di fattori (immateriali) che rendono possibile, per l’imprenditore, il raggiungimento nel futuro di extra profitti. Esso, come valore economico, assume quindi particolare importanza tutte le volte che è necessario stimare il valore di un’azienda o di un suo ramo, particolarmente in occasione del trasferimento, ma anche in occasione di altre operazioni, ordinarie o straordinarie, che ne postulano la valorizzazione.

Il presente lavoro riassume dapprima le innumerevoli definizioni di avviamento che la dottrina economico-aziendale ha sviluppato nel tempo. Non è dato riscontrare una sua nozione univoca, in effetti, sulla quantificazione dell’avviamento, si registra un’abbondante letteratura, sia con riferimento alla disciplina economico-aziendale che a materie complementari come il diritto commerciale, il diritto tributario, e via di seguito. Il capitolo primo offre, quindi, una panoramica dei principali autori che nel tempo hanno

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8

cercato di definire l’avviamento e sul punto hanno ampiamente discusso: dall’Amodeo all’Ardemani, dal Villa al Besta, e ancora dallo Zappa, all’Onida, all’Amaduzzi, fino ad arrivare agli studi più recenti con autori come il Guatri. Si procede cercando di inquadrare civilisticamente l’avviamento ma pur mancando di una definizione normativa, questo trova puntuale disciplina nelle norme del codice civile ai fini della sua corretta valutazione ed esposizione nel bilancio di esercizio (art.

2426). Inoltre, ci si sofferma anche su quanto ci precisano i principi contabili nazionali, in particolare, l’OIC 24 dal titolo “Le immobilizzazioni immateriali” che va ad integrare quanto previsto dall’art. 2426 del c.c. e ci definisce l’avviamento (anche chiamato goodwill) come :

“ L’attitudine di un’azienda a produrre utili in misura superiore a quella ordinaria derivante da fattori specifici o da incrementi di valori che il complesso dei beni aziendali acquisisce rispetto alla somma dei valori dei singoli beni, in virtù dell’organizzazione dei beni in un sistema efficiente ed idoneo a produrre utili”.

Il capitolo secondo risulta, invece, essere direttamente focalizzato sui metodi di valutazione aziendali che utilizzano l’avviamento. Partendo dai metodi patrimoniali semplici si è evidenziato come in realtà essi siano metodi che ignorano del tutto l’avviamento; si è proseguito facendo un passo in avanti col metodo patrimoniale complesso che considera l’avviamento solo indirettamente o parzialmente, tramite la valutazione di alcuni assets immateriali trasferibili con l’azienda; infine si è concentrata l’attenzione sull’utilizzo

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9

dell’avviamento nei metodi misti patrimoniali-reddituali.

Si parlerà quindi del metodo del valore medio dove si evidenza chiaramente che ai fini della valutazione d’azienda il capitale netto rettificato (K) viene maggiorato della differenza tra il valore reddituale e patrimoniale (R/i- K) assunta, però, prudenzialmente al 50%, differenza che è poi rappresentativa del goodwill (avviamento); si prosegue col metodo misto con stima autonoma del goodwill (considerato nelle sue tre varianti) che se da un lato è fondato sulla valutazione analitica degli elementi attivi e passivi del patrimonio, dall’altro, si fonda sulla capitalizzazione della quota-parte dei redditi eccedenti la misura ritenuta ‘normale’ (i c.d. sovraredditi).

Quest’ultima componente, in particolare, permette di quantificare l’avviamento per poi giungere all’estrinsecazione del valore d’impresa.

Per completare il discorso si affronterà il metodo EVA. Il metodo EVA (Economic Value Added) è un approccio basato sulla capacità dell’impresa di offrire una extraremunerazione (valore aggiunto economico) all’intero capitale investito in luogo che al solo capitale netto, come invece nel metodo misto con evidenziazione del goodwill; da questo punto di vista esso presenta comunque una somiglianza concettuale. In effetti, il concetto di goodwill equivale sostanzialmente al “valore economico aggiunto” al patrimonio d’impresa.

Nel capitolo terzo, ancora, si è voluto focalizzare l’attenzione sull’avviamento nei principi contabili internazionali IAS/IFRS dove il goodwill costituisce un pagamento effettuato dall’acquirente in previsione di

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10

benefici economici futuri derivanti da attività che non possono essere identificate, misurate e rilevate separatamente e quando esso è presente, deve essere iscritto come attività nell’ambito dello stato patrimoniale.

In particolare ci si concentra poi sulle novità introdotte dall’IFRS 3 (revised 2008); sull’impairment test dell’avviamento previsto dallo IAS 36, esso va cioè sottoposto a verifica periodica di conservazione del valore con cadenza almeno annuale e, qualora vi fossero “segnali di impairment”, in misura più frequente. Infatti, sempre per espressa previsione dell’IFRS 3, il goodwill, in quanto attività immateriale a vita indefinita, non è sottoposto ad alcun processo di ammortamento; si discuterà poi del full goodwill dove l’aspetto più evidente è rappresentato dalla rilevazione in bilancio consolidato della parte di avviamento relativa alla quota di terzi.

Ulteriori aspetti rilevati sono le fondamentali differenze nei due ordinamenti, nazionale ed internazionale, in merito alla rilevazione iniziale dell’avviamento positivo (goodwill) come anche della rilevazione dell’avviamento negativo (babwill) riscontrate al capitolo 4. In effetti, differentemente dalla disciplina nazionale, che stabilisce la continuità dei valori contabili, nelle operazioni di business combination, i principi contabili internazionali prevedono l’applicazione del purchase method o metodo del costo di acquisto delle attività e passività acquisite.

Nel capitolo 5, ultimo capitolo, è stato, invece, analizzato il bilancio consolidato 2009 della A2A s.p.a., una multiutility dell’energia nata dalla fusione tra AEM

(12)

11

SpA Milano e ASM SpA Brescia con l'apporto di Amsa ed Ecodeco (le due società ambientali acquisite dal Gruppo), attraverso la quale si è voluto affrontare un caso pratico al fine di riscontrare concretamente quanto previsto sul piano teorico in merito al trattamento contabile dell’avviamento secondo i principi IAS/IFRS ed al suo impairment test previsto dallo IAS 36.

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12

Capitolo 1

L’avviamento nell’ambito delle risorse immateriali.

1.1 Premessa.

Il concetto di avviamento è strettamente connesso alla caratteristica dell’azienda in funzionamento di essere un “sistema” di beni, persone e operazioni, nel quale i singoli elementi trascendono la loro individualità, stabiliscono rapporti di interdipendenza e diventano parte costitutiva di una coordinazione più ampia e complessa1.

L'avviamento dell'azienda è stato da sempre oggetto di innumerevoli definizioni, analisi, ricerche e valutazioni rivolte soprattutto alla possibilità di dargli una collocazione ben precisa all'interno della vita aziendale.

La dottrina economico-aziendale ha sviluppato nel tempo una pluralità di definizioni di avviamento, seguendo un percorso evolutivo tortuoso. Non è dato riscontrare una sua nozione univoca, in effetti, sulla quantificazione dell’avviamento, si registra un’abbondante letteratura, sia con riferimento alla

1 L’azienda è un sistema “aperto, finalizzato, eccessivamente complesso, probabilistico, dotato di particolari forme di regolazione e capace di influenzare l’ambiente” G.ZANDA, La grande impresa.

Caratteristiche strutturali e di comportamento, Giuffrè, Milano, 1974, pag.222.

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disciplina economico-aziendale che a materie complementari come il diritto commerciale, il diritto tributario, e via di seguito. L’unico dato di fatto incontrovertibile è che trattasi di un quid, considerato dalla dottrina prevalente come un vero e proprio bene immateriale facente parte del complesso aziendale.

In Italia, il De Minico e l’Amodeo osservano: “ogni autore ha attribuito alla parola ‘avviamento’ significato del tutto personale, e si è accinto a confutare le argomentazioni altrui, le più volte senza chiarire le proprie iniziali posizioni di pensiero”2.

Anche l’Ardemani a tal proposito sostiene che:

“pochi concetti hanno trovato nelle indagini di ragioneria formulazioni più varie di quella avuta dall’avviamento d’impresa, tanto da legittimare, a prima vista, il dubbio che i diversi autori abbiano dell’avviamento concetti completamente differenti” 3. Nello specifico egli avverte che: “mentre per la generalità dei concetti di ragioneria si hanno solamente definizioni dirette tendenti cioè a porre in rilievo in modo immediato gli elementi essenziali dei concetti stessi, per l’avviamento si hanno anche definizioni indirette tendenti cioè a delineare la natura economica dell’avviamento o mediante l’elencazione dei suoi fattori, o per mezzo della sua misura espressa –

2 L. DE MINICO-D. AMODEO, Saggi di economia delle aziende, Giuffrè, Milano, 1942.

3 E. ARDEMANI, L’avviamento d’impresa, Marzorati, Milano, 1957, pag.9.

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generalmente – in termini di valori, o ancora, con la rassegna degli effetti economico-finanziari che esso produce o, infine, mediante le condizioni per le quali un’impresa possiede l’avviamento. Le definizioni dirette senza dubbio sono le meno numerose”.

Diventa, pertanto, opportuno cercare di fare chiarezza sul tema, al fine di addivenire ad una più chiara determinazione del concetto di avviamento.

1.2 L’avviamento: definizioni più diffuse .

È fin dagli albori della Ragioneria che gli studiosi si sono soprattutto concentrati sull’analisi delle cause che portano il prezzo di cessione di un’azienda ad essere maggiore della somma algebrica di attività e passività cedute. Tale differenza, è definita “avviamento” ed il problema è da sempre stato il definirne la natura ed una modalità di stima.

In passato l’avviamento d’azienda veniva identificato con la sua clientela, che ne costituiva l’elemento essenziale, al pari, secondo alcuni, dell’organizzazione, che però ne era il presupposto.

Osserva il Villa: “Diconsi capitali immateriali, le somme che si impiegano, per esempio nell’acquisto di clientela, altrimenti avviamento di commercio. Se

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rilevando un negozio si pagano 10 mila lire a titolo di avviamento, non viene perciò ad aumentare di un millesimo il valore delle mercanzie comperate; ma il credito di cui gode il negozio rilevato, la buona qualità delle mercanzie, l’onesta de’ prezzi attirandovi degli avventori, le 10 mila lire sono il valore di questo credito.

La somma pagata a titolo di avviamento è un capitale immateriale, il cui rimborso potrà ottenersi nell’esercizio di commercio, come si cerca di ottenere il rimborso di un’altra spesa, oppure nella cessione del negozio ad un terzo”4. L’illustre Autore evidenziò, quindi, come l’avviamento fosse identificato col concetto di clientela, riconoscendo così un valore immateriale di cui possa essere costituita un’azienda e che porta, chi l’acquista, a corrispondere un prezzo maggiore rispetto al valore delle c.d. mercanzie presenti nella stessa ed è proprio quel capitale di credito a costituire il valore dell’avviamento.

Circa la natura di capitale dell’avviamento scrive anche il Rossi: “… siccome le energie economiche che sono capaci di dare un reddito, se oggettivamente considerate, sono capitali, così anche quell’energia che si è formata con un’azienda produttiva sarà da considerarsi come un capitale, avente un valore proporzionato al reddito che procura. Ora codesta potenza economica,

4 F.VILLA, Elementi di amministrazione e contabilità, Eredi Bizzoni, Pavia, 1870, pag. 49.

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codesta energia, insomma codesto capitale sui generis … dicesi avviamento”5.

Il Besta, invece, avverte la natura dell’avviamento quale elemento del patrimonio suscettibile di una valutazione autonoma asserendo che esso è: “… il valore che l’impresa prospera ha per sé stessa indipendentemente dai beni suoi, o se vuolsi il maggior valore che acquistano questi beni in quanto trovansi congiunti insieme e impiegati in modo proficuo oltre la misura normale”6. È da questo impiego proficuo oltre il normale che il noto Autore ci dice del metodo di stima dell’avviamento: “ Il valore dell’avviamento di un affare singolo, o di un’impresa complessa, è essenzialmente pari al valore attuale dell’eccesso dei frutti che, nell’ipotesi di una gestione normale retta da energie fisiche, di volere e di intelligenza normali, ordinarie, possono separarsi e presumersi dai capitali effettivamente investiti in quell’affare e in quell’impresa sui frutti medi che sogliono dare capitali impiegati con pari sicurezza in altri affari o imprese simili o analoghe, ma in condizioni comuni, non privilegiate”7. Quindi possiamo ben comprendere delle asserzioni fondamentali: il valore di un’impresa non è altro che la somma dei beni di cui vi fanno parte e del valore dell’avviamento, nello specifico, quest’ultimo risulta attribuibile all’esistenza di redditi superiori al

5 G.ROSSI, Sulla tassabilità del prezzo di avviamento delle imprese e del sovrapprezzo delle società commerciali e industriali, Società Tipografica, Modena, 1906, pagg. 12-13.

6 F. BESTA, La Ragioneria, I, Vallardi, Milano, 1922, pag. 85.

7 F. BESTA, La Ragioneria, I, Vallardi, Milano, 1922, pag. 85.

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livello ritenuto normale, a causa di condizioni privilegiate, ed è stimato attraverso la capitalizzazione dei sovraredditi aziendali.

Dello stesso pensiero del Besta sembra essere anche Del Penna che dell’avviamento allo stesso modo scrive:

“… valore che l’impresa prospera ha per se stessa indipendentemente dai beni suoi, o se vuolsi il maggior valore che acquistano questi beni in quanto trovansi congiunti insieme e impiegati in modo proficuo”8.

Lo Zappa, invece, se in un primo periodo come altri illustri Autori del tempo, identificava l’avviamento come un capitale immateriale, formato da quei fattori che concorrono a far si che la restante parte dei patrimonio di un’impresa frutti oltre il nomale9, successivamente, con la nozione di capitale economico10, lo classifica come un elemento complementare del complesso economico capace di condurre ad un soprapprofitto11 non riconoscendone la natura di elemento patrimoniale in quanto la capitalizzazione di una presunta redditività non

8 F. DELLA PENNA, I fondamenti della Ragioneria, Castellani, Roma, 1931, pag. 123.

9 G. ZAPPA, Le valutazioni di bilancio, Istituto Editoriale Scientifico, Milano, 1927, pag. 169.

10 Lo Zappa definisce il capitale economico come: “… un valore unico, risultante dalla capitalizzazione dei redditi futuri” da cui consegue che: “ … il capitale è prodotto dal reddito … non il reddito dal capitale” G.ZAPPA, Il reddito di impresa. Scritture doppie conti e bilanci di aziende commerciali, Giuffrè, Milano, 1943 pag. 57 e 74.

11 G. ZAPPA, Il reddito di impresa. Scritture doppie conti e bilanci di aziende commerciali, Giuffrè, Milano, 1943, pag. 531.

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permette l’individuazione precisa di disgiunti elementi patrimoniali12.

Sono molti gli studi che criticano la possibilità di pervenire ad una valutazione autonoma dell’avviamento e di questo avviso è l’Onida che evidenzia la difficoltà oggettiva di discernere, “se non in modo del tutto arbitrario”, la pluralità di elementi che, in modo complementare, giungono a definire la redditività aziendale13. L’avviamento, in particolare, per l’ Onida è espressione di un “modo d’essere” dell’impresa, ovvero dell’insieme di condizioni immateriali dell’azienda, legate alla leadership e alla qualità del progetto strategico, all’organizzazione umana, tecnica e produttiva, alle competenze diffuse nelle risorse umane, alle relazioni che si innescano con l’ambiente competitivo e con l’ambiente socio-economico di riferimento, tutti elementi immateriali che contribuiscono alla redditività dell’impresa14 in funzione della quale viene conferito al capitale economico un valere superiore al valore del capitale di gestione o di liquidazione o del capitale risultante da un bilancio valutando singolarmente gli elementi del patrimonio.

Tra gli Autori che criticano la possibilità di una sua valutazione autonoma vi è anche il Cassandro sostenendo

12 G. ZAPPA, Le produzioni nelle economie delle imprese, Giuffrè, Milano, 1967, pag. 511.

13 P. ONIDA, L’avviamento nelle valutazioni di cessioni o di liquidazione di azienda, in rivista italiana di Scienze Commerciali, novembre-dicembre, 1949.

14 P. ONIDA, I finanziamenti iniziali d’impresa, Istituto Editoriale Scientifico, Milano, 1931, pag. 388.

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che l’avviamento, se considerato quale elemento patrimoniale dell’azienda e pertanto un’attività da sommarsi alle altre con una sua autonoma valutazione, comporti un’erronea valutazione in quanto esso in realtà non è atto allo scambio e quindi non può esistere tale autonomo valore15.

Allo stesso modo scrive il Ferrero sottolineando ancora critiche sulla possibilità di pervenire ad un valore autonomo dell’avviamento: “… L’avviamento -in quanto complesso di condizioni immateriali -possa anche intendersi come variabile in funzione della quale si determina il presunto valore di scambio del capitale economico: trattasi tuttavia di una variabile che sfugge a qualsiasi autonoma determinazione e che può concorrere solo indistintamente all’accennato valore di scambio”16

Dello stesso pensiero è, infine, il Ceccherelli che scrive: “… l’avviamento non è componente patrimoniale che possa disgiungersi o pensarsi separato dal complesso aziendale per assumere una posizione autonoma: esso fa parte del complesso, non come elemento aggiunto che si possa, quando si voglia, incorporare nel patrimonio, ma nel complesso e nelle sue manifestazioni di vita, trova origine spontanea ed in quanto la forza vitale del complesso stesso sia capace di generarlo”17.

15 P.E. CASSANDRO, L’avviamento e la sua valutazione, 1955, in Scrivi vari, Cacucci, Bari, 1991, pag. 303.

16 G. FERRERO, La valutazione economica del capitale d’impresa, Giuffrè, Milano, 1966, pag. 157.

17 A. CECCHERELLI, Le funzioni professionali del commercialista, Villardi, Milano, 1967, pag. 175.

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Il pensiero prevalente ha ampiamente criticato la nozione di avviamento inteso quale “bene” facente parte del patrimonio aziendale, sottolineando, invece, la sua natura di “qualità” o comunque di “ attributo” dell’azienda e quindi è da considerarsi quale capacità dell’azienda di generare sovraredditi futuri18.

In particolare l’Onesti osserva: “L’avviamento, presupponendo l’esistenza di un soprareddito, contraddistingue i regimi di mercato diversi dalla concorrenza perfetta. Infatti, nel regime ideale di concorrenza perfetta, l’avviamento non può esistere, in quanto il soprareddito attira nuove imprese che erodono le posizioni di dominio di quelle che per prime operavano sul mercato, assottigliando prima e annullando poi il valore dell’avviamento”19

Il D’Ippolito a tal riguardo affermava: “ Tale concezione che l’avviamento sia una qualità o un particolar modo di essere del sistema aziendale, per cui questo è atto a fruttare un soprareddito, è quella accolta oggi dalla dottrina prevalente sia economico-aziendale che giuridica”20. Quindi si può capire come un siffatto

18 T. ONESTI, L’avviamento d’impresa: definizione, misurazione e rilevazione, ammortamento e svalutazione, in AA.VV., Le immobilizzazioni immateriali, Cacucci, Bari, 2000, pag. 79.

19 T. ONESTI, L’avviamento d’impresa: definizione, misurazione e rilevazione, ammortamento e svalutazione, in AA.VV., Le immobilizzazioni immateriali, Cacucci, Bari, 2000 pag. 79.

20 T. D’IPPOLITO, La valutazione delle aziende in avviamento, Giuffrè, Milano, 1946, pag. 21.

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concetto di avviamento sia ben collegabile alla c.d. teoria del sovrareddito o dell’extraprofitto.

Dello stesso avviso è l’Amaduzzi riconoscendo sempre l’avviamento come una “condizione” che permetta l’azienda di “produrre redditi che significhino economicamente profitti; cioè che siano superiori a quelli richiesti dal minimo della convenienza economica;

superiori a quella misura che remuneri capitali, energie personali, grado di rischio economico”21.

L’Ardemani, infine, identifica quelle che sono le

“astrazioni” che soggiacciono alla formulazione del concetto di avviamento concependolo come prospettiva di durevoli futuri redditi alla luce di fattori economico- finanziari attuali dove per questi ultimi non si considerano solo i beni materiali e immateriali bensì anche tutto quello che può influire sullo svolgimento della gestione e di conseguenza sulla capacita dell’azienda di produrre reddito, nello specifico, egli avverte che: “… solo una parte dei più autorevoli cultori di ragioneria posa il proprio concetto di avviamento su dati beni materiali o immateriali… Per questo motivo è opportuno estendere il concetto di fattore economico-finanziario a tutto ciò che può influire sullo svolgimento dei cicli economico- finanziari d’impresa e particolarmente sui futuri redditi.

Al fine delle determinazione del concetto di avviamento possono quindi essere considerati come fattori economico-finanziari tanto la struttura funzionale del

21 A. AMADUZZI, Ragioneria generale, L.Macri ed., Firenze, 1948, pag. 342.

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capitale, quanto l’abilità dell’imprenditore; tanto un’eventuale posizione di monopolio dell’impresa quanto un’abitudine della clientela”22.

1.3 Gli studi più recenti.

Con il passar del tempo e l’evolversi degli studi economico–aziendali ci si è concentrati sull’analisi della natura e dei metodi di stima dell’avviamento, cercando soprattutto una definizione ed una quantificazione di quelli che sono i beni immateriali.

L’Amodeo definisce le risorse immateriali alla stregua di “circostanze” e “modi di essere” del capitale di impresa che danno al reddito una certa fisionomia ed altezza23.

Ciò che preme sottolineare è l’importanza che il patrimonio intangibile aziendale sta assumendo sempre più quale differenziale competitivo tra le imprese.

Dall’altro, nei metodi di stima patrimoniali complessi, nella definizione del valore dei beni immateriali si cerca di mettere insieme quel maggior rispecchio della realtà tipico dei metodi patrimoniali con una razionalità di quei metodi fondati invece sui flussi di

22 E. ARDEMANI, L’avviamento dell’impresa, Carlo Marzorati Editore, Milano, 1958, pagg. 23-24.

23 D. AMODEO, Ragioneria generale delle imprese, Giannini, Napoli, 1989, pagg. 125-126.

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risultato di cui dovrebbe tener conto la stima dei beni immateriali.

È utile chiarire dapprima una nozione di beni immateriali in quanto sugli stessi non vige un’ unanimità di consensi24.

Le origini del dibattito circa i beni immateriali, circa le opportunità e modalità di inserimento di tali valori all’interno del bilancio, ha la sua origine in Italia con le opere dello Zappa (1950) e successivamente di altri aziendalisti come soprattutto l’Onida (1974), ma, il riconoscimento del valore dei beni immateriali alla formazione e alla misura del capitale economico ha origini più recenti.

Molti autori come il Renoldi (1992) e Itami (1988) fanno riferimento all’ultimo ventennio come un periodo in cui viene data una grande attenzione agli intangibili; è soprattutto agli inizi degli anni ’80 che in Italia, soprattutto grazie al Guatri (1987), si diffondono maggiormente nuove tipologie di valutazione degli intangibili, ormai considerati negli studi aziendali variabili chiave per lo sviluppo. È proprio con gli studi di Guatri, infatti, che per la prima volta si parla di metodi patrimoniali complessi dove l’entità del capitale economico è data dal capitale netto rettificato al quale viene aggiunto il valore dei beni immateriali non contabilizzati, l’elemento, quindi, che lo contraddistingue rispetto al metodo patrimoniale semplice è rappresentato

24 D. AMODEO, Ragioneria generale delle imprese, Giannini, Napoli, 1989, pagg. 125-126.

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dalle risorse immateriali, costituite, a loro volta, dai beni immateriali propriamente detti e dall’avviamento, sono, quindi, tutti elementi immateriali che rappresentano patrimonialmente la capacità reddituale futura dell’azienda.

Posto ciò, secondo l'approccio di valutazione di capitale economico, scrive Guatri che: “le aree in cui è più agevole identificare gli intangibles sono il marketing e la tecnologia; ci si potrebbe quindi limitare a queste due classi definendo adeguatamente i contenuti dell'una e dell'altra. Tutt’al più si può pensare a tre classi: oltre alle due citate gli 'altri intangibles' legati alla conoscenza e alle capacità, non collegabili direttamente né al marketing né alla tecnologia. Andare al di là di questa tripartizione potrebbe portare a inutili ripetizioni”.

La soluzione preferibile25, almeno nell'ottica delle valutazioni di capitale economico26 e di capitale

25 Cfr. L. Guatri, Trattato sulla valutazione delle aziende, EGEA, Milano, 1998, pagg. 245 e seguenti.

26 “Il concetto di capitale economico esprime il valore di scambio attribuibile al capitale proprio considerato come complesso economico vincolato al funzionamento di una data azienda ed il cui trasferimento opera il trasferimento della stessa azienda e precisamente dei diritti e obblighi patrimoniali e di controllo ad essa inerenti”. Cfr. L. Pozza, Le risorse immateriali. Profili di rilievo nelle determinazioni quantitative d'azienda, EGEA, Milano, 1999, pag.

178. “Il capitale economico è, infatti, quella particolare configurazione del capitale d'impresa stimata da un perito indipendente nell'ipotesi di trasferimento del complesso aziendale. È, in altre parole, quella configurazione del capitale che esprime il valore di scambio di una azienda stand alone”. Cfr. G. Zanda-M. Lacchini- E. Laghi, Conferimenti aziendali ed eventuale iscrivibilità in bilancio

(26)

25

potenziale, è quella che adotta il criterio della dominanza.

Ciò per evitare il rischio di duplicazioni e sovrapposizioni, in presenza di situazioni in cui i valori degli intangibles appaiono legati sia al mercato (ovvero in altra versione alla fiducia), sia alla tecnologia (ovvero alla conoscenza).

Tale criterio conviene sulla “opportunità di stimare gli intangibles globalmente, come beni legati alla tecnologia o al marketing, secondo la prevalenza dell'uno o dell'altro profilo”. È evidente che i beni immateriali sono soltanto punti di vista diversi per esprimere concetti e fenomeni che in parte si sovrappongono. È quindi più agevole comprenderli in pochi o addirittura in un unico valore27al quale può essere relativamente indifferente applicare questa o quella denominazione.

dell'avviamento e dei beni immateriali: una nota critica, in "Rivista Italiana di Ragioneria e di Economia Aziendale", settembre-ottobre 1995, pagg. 451-452.

27 L'espressione in un'unica entità del valore dei beni immateriali trova una necessaria ed ineliminabile verifica nelle capacità di produrre reddito dell'impresa. Se l'impresa non ha la capacità di produrre adeguati redditi, non ha senso attribuire valore ai beni immateriali; anche se la loro riproduzione comporta certi costi, non sarebbe conveniente riprodurli. Da ciò deriva l'ovvia conseguenza, dato che il reddito è un concetto unitario, non distribuibile tra i singoli beni immateriali, che la verifica della congruità del valore attribuito a tali beni deve avvenire complessivamente. Quindi un'ipotetica attribuzione di valori distinti ai vari tipi di beni immateriali non potrebbe essere verificata, nell'aspetto reddituale, per singoli beni.

Cfr. L. Guatri, op. cit., pag. 246.

(27)

26

Di carattere metodologico e definitorio sono le novità introdotte dal Brugger28 che sottolinea ben tre elementi caratteristici dei beni immateriali:

 Il bene deve essere all’origine di costi ad utilità differita;

 Il bene deve essere trasferibile (caratteristica questa che evita il problema della duplicazione, ovvero il rischio che, con nomi differenti, si vada a valutare la stessa cosa);

 Il bene deve essere misurabile nel suo valore.

“Ciò che importa è che il serbatoio di utilità, che esso rappresenta, possa essere individuabile e preso in considerazione in modo distinto, che sia insomma possibile chiaramente identificare e circoscrivere, e poi misurare, la sua partecipazione alla redditività aziendale”29.

Il Guatri, approva suddetta concezione di bene immateriale definita da Brugger, e rifiuta la corrispondenza tra valore del capitale economico e valore di tutti i bene materiali ed immateriali, anzi, esclude che in tali beni vi rientrino condizioni e fattori che anche se

28 G. BRUGGER, La valutazione dei beni immateriali legati al marketing e alla tecnologia, in Finanza, Marketing e Produzione, n.1, 1989, pag. 33.

29 L. POTITO, Le operazioni straordinarie nell’economia delle imprese, Giappichelli, Torino, 2006, pag. 57.

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27

abbiano un valore per l’impresa, non possiedano quelle caratteristiche e pertanto sono da considerarsi come “…

un generico valore di avviamento”30.

Segue lo stesso pensiero Renoldi, il quale definisce in primis quali fattori immateriali: “…. L’insieme di tutti quegli elementi che residuano una volta che siano state enucleate le attività materiali”31, inoltre, ai fini dell’individuazione degli stessi fa particolare riferimento al criterio dell’identificabilità, distinguendo così32:

 Beni immateriali in senso stretto, ovverosia beni che possiedono un’autonoma rilevanza e sono per questo identificabili;

 Valori immateriali non suscettibili di autonoma individuazione, e che rientrano nell’ambito del “goodwill”.

Quindi, Renoldi, fa una classificazione che risulta essere allargata rispetto a quella fatta dal Brugger nel 1989, una classificazione che a parere dell’Autore avrebbe il premio di “ridimensionare l’area grigia di valutazione aziendale rappresentata dall’avviamento”. In pratica, Renoldi, piuttosto che una valutazione degli intangibili all’interno dell’avviamento, si esprime a favore di una

30 L. GUATRI, Trattato sulla valutazione delle aziende, Egea, Milano, 1998, pag. 241.

31 A. RENOLDI, La valutazione dei beni immateriali. Metodi e soluzioni, Egea, Milano, 1992, pag. 21.

32 A. RENOLDI, La valutazione dei beni immateriali. Metodi e soluzioni, Egea, Milano, 1992, pag. 25-26.

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28

loro valutazione autonoma, al fine di evitare la scarsa dimostrabilità dei valori di avviamento33, una posizione questa che comunque andava in quegli anni controcorrente in quanto in molti si esprimevano contro il calcolo autonomo dei beni immateriali e a favore del calcolo dell’avviamento come misura onnicomprensiva.

Dello stesso avviso del Renoldi sembra essere il Coda che scrive:

“… non tutti i valori di cui si compone il capitale di un’impresa funzionante sono riconducibili a beni”34 nonché il Cavalieri che scrive del capitale d’impresa come: “… un insieme finalizzato di condizioni (positive e negative) di produzione. Esso è dato, in un definito istante, dal complesso delle utilità economiche (beni materiali, immateriali e potenzialità) di cui l’impresa dispone per lo svolgimento della sua attività produttiva (componenti positive, attività) e del complesso delle obbligazioni che l’impresa ha assunto verso terzi (componenti negative, passività)”35.

Infine, Reilly e Scheweihs 36 , dopo aver sottolineato gli elementi caratteristici dei beni immateriali, allo stesso modo ci dicono di come molti fenomeni economici, che

33 D. MONTEFORTE, Teorie e tecniche di valutazione delle aziende, Morlacchi Editore, Perugia, 2004, pag. 16.

34 V.COSA, Introduzione alla valutazione dei capitali economici, Giuffrè, Milano, 1963, pag. 43.

35 E. CAVALIERI-R. FERRARIS FRANCESHI, Economia Aziendale, Vol. I, Attività aziendale e processi produttivi, Giappichelli, Torino, 2000, pag. 236.

36 R.F. REILLY-R.P. SCHWEIHS, The advanced business valuation, McGraw-Hill, New York, 2000, pag. 7.

(30)

29

pur avendo un valore per l’impresa, non possano comunque essere identificati quali beni immateriali.

Lo Zanda sembra invece essere non completamente d’accordo al riguardo, in effetti, egli fa dei beni immateriali una precisa classificazione distinguendo i beni immateriali strutturali (capitale umano , licenze e tecnologie), ovvero: “…. quelle risorse intangibili di cui qualsivoglia metodologia valutativa patrimoniale deve necessariamente tenere conto in quanto meritevoli di valutazione autonoma. Tali risorse si caratterizzano, da un lato, in quanto esprimono il valore delle mutue e reciproche relazioni che si istaurano tra i diversi beni aziendali, trasformandoli da mero coacervo di res staccate in un complesso sistemico di beni, persone ed operazioni finalizzato al conseguimento di risultati economici;

dall’altro lato consentono all’impresa di acquisire le condizioni giuridico-amministrative necessarie per operare nel proprio settore economico”37; e i beni immateriali non strutturali ovvero risorse che: “…

traggono il proprio valore dalle relazioni che si instaurano tra l’impresa ed il mercato”38. In particolare, di questi ultimi beni, in quanto connessi al mercato di riferimento dell’azienda, ne fa una distinzione sulla base del settore

37 G. ZANDA-M.LACCHINI-T.ONESTI, La valutazione delle aziende, Giappichelli, Torino, 2001, pag. 191-192.

38 G. ZANDA-M.LACCHINI-T.ONESTI, La valutazione delle aziende, Giappichelli, Torino, 2001, pag. 192.

(31)

30

economico, precisamente i settori e quindi i beni immateriali non strutturali corrispondenti sono39:

SETTORE BENI IMMATERIALI

NON STRUTTURALI Imprese industriali

operanti su commessa

Portafoglio valori Imprese industriali che

producono per il mercato

Marchio

Imprese commerciali Insegna

Intermediari finanziari Portafoglio clienti Settore bancario Valore della raccolta

Quindi, sembrerebbe che secondo lo Zanda il metodo di stima del valore del capitale economico potrebbe essere il metodo patrimoniale complesso dove il suddetto valore sarà dato dal patrimonio netto rettificato, che ci dice del valore corrente dei beni materiali, più quei valori di beni immateriali strutturali e non strutturali precedentemente definiti.

Quello dello Zanda, concludendo, appare essere un concetto di bene immateriale più ampio rispetto a quello definito dal Guatri, perchè, volendo fare un esempio, se per il primo Autore annoverabile tra i beni

39 G. ZANDA-M.LACCHINI-T.ONESTI, La valutazione delle aziende, Giappichelli, Torino, 2001, pag. 196-197.

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31

immateriali è anche il valore del capitale umano questo di certo non risulta essere compreso tra i beni immateriali definiti dal secondo40.

1.4 L’avviamento secondo il codice civile: art.2426 c.c.

Pur mancando una definizione testuale dell'avviamento nella normativa civilistica, questo trova puntuale disciplina nelle norme del codice civile ai fini della sua corretta valutazione ed esposizione nel bilancio di esercizio.

L’art. 2426 del c.c. recita cosi: “l'avviamento può essere iscritto nell'attivo con il consenso, ove esistente, del collegio sindacale, se acquisito a titolo oneroso, nei limiti del costo per esso sostenuto e deve essere ammortizzato entro un periodo di cinque anni. E' tuttavia consentito ammortizzare sistematicamente l'avviamento in un periodo limitato di durata superiore, purché esso non superi la durata per l'utilizzazione di questo attivo e ne sia data adeguata motivazione nella nota integrativa”.

Inoltre, circa le immobilizzazioni consistenti in partecipazioni in imprese controllate e collegate: “…

Quando la partecipazione è iscritta per la prima volta in

40 A. MECHELLI, Creazione di valore e stima del risultato di periodo, Giuffrè, Milano, 2005, pag.150.

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32

base al metodo del patrimonio netto, il costo di acquisto superiore al valore corrispondente del patrimonio netto risultante dall'ultimo bilancio dell'impresa controllata o collegata puo' essere iscritto nell'attivo, purché ne siano indicate le ragioni nella nota integrativa. La differenza, per la parte attribuibile a beni ammortizzabili o all'avviamento, deve essere ammortizzata … ”.

Il trattamento civilistico permette, quindi, l’iscrizione in bilancio dell’avviamento se acquistato a titolo oneroso anche nei casi in cui tale acquisto oneroso avviene senza l’esborso di denaro come nel caso del conferimento, della permuta e via di seguito; oppure, quando esso avvenga in assenza di una precisa indicazione delle parte di costo imputabile distintamente ad avviamento, come nell’acquisto di partecipazione ad un prezzo superiore alla corrispondente parte di patrimonio netto, con un riconoscimento “indiretto” di un avviamento41.

In quanto costo di natura pluriennale è ammortizzabile, cioè suddivisibile in quote parti negli esercizi futuri, in funzione dell’utilità ripartita nel tempo.

L’orizzonte temporale è civilisticamente determinato in 5 anni42 salvo però durata superiore43. Si stabilisce, infatti,

41 P.P. BIANCONE, Le attività immateriali, l’avviamento e l’impairment nei bilanci, Giuffrè, Milano, 2006, pag. 172.

42 Fiscalmente, ai sensi dell’art. 103, comma 3, del D.P.R. 917/86, l’avviamento è ammortizzabile per un diciottesimo del suo costo, si stabilisce, quindi, che le quote di ammortamento del valore di avviamento iscritto nell’attivo del bilancio sono deducibili in misura non superiore ad un diciottesimo del valore stesso, tale norma

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33

la possibilità di superare tale limite quinquennale a condizione che l’avviamento sia sistematicamente ammortizzato per un periodo limitato che non vada oltre la sua durata di utilizzazione e che ne sia, però, data un’adeguata informazione in nota integrativa. Adottare la parola “sistematicamente” impone però l’uso di un piano di ammortamento che tenga conto delle condizioni originarie esistenti all’epoca dell’acquisizione44.

Circa invece le perdite di valore si fa riferimento a quanto l’art. 2426 del c.c. prevede in generale per le immobilizzazioni: “l' immobilizzazione che, alla data della chiusura dell'esercizio, risulti durevolmente di valore inferiore al costo deve essere iscritta a tale minore valore”.

determina di conseguenza un periodo minimo del processo di ammortamento dell’avviamento, fissandolo in 18 esercizi. Vista la divergenza tra la quota di ammortamento civilistica e quella fiscale, nella dichiarazione dei redditi dovrà essere effettuata una variazione e dovranno essere rilevate le imposte anticipate. La quota di ammortamento dell’avviamento è deducibile anche ai fini Irap.

43 D. BALDUCCI, La valutazione dell’azienda, Edizioni Fag, Milano, 2006, pag. 37.

44 A tal riguardo osserva Colombo: “… questa formula, diversa da quella proposta dalla Commissione D’ Alessandro (che aveva stabilito un limite non superabile di 10 anni), è sostanzialmente tautologica (non era certo necessario mettere per iscritto l’ovvio principio che il periodo di ammortamento non deve superare il tempo di utilizzabilità dell’avviamento ricevuto, derivando ciò dai principi in tema di ammortamento), indeterminata (l’aggettivo “limitata” non significa nulla, essendo evidente che qualsivoglia periodo, per quanto lunghissimo, sarà pur sempre “limitato”), e rischia di non porre alcun serio limite al prolungato permanere, nell’attivo del bilancio, di quote non ammortizzate dell’avviamento”. G.E. COLOMBO, Bilancio d’esercizio e consolidato, pag. 266.

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34

1.5 L’avviamento secondo i principi contabili nazionali: l’OIC 24.

Ad integrare quanto previsto dall’art. 2426 del c.c. è il Principio Contabile Nazionale 24, dal titolo “Le immobilizzazioni immateriali”, in particolare ci dice della problematica connessa al trattamento contabile dell’avviamento45.

Tale principio definisce innanzitutto l’avviamento o goodwill come : “ L’attitudine di un’azienda a produrre utili in misura superiore a quella ordinaria derivante da fattori specifici o da incrementi di valori che il complesso dei beni aziendali acquisisce rispetto alla somma dei valori dei singoli beni, in virtù dell’organizzazione dei beni in un sistema efficiente ed idoneo a produrre utili”.

Quindi, alla luce ti quanto esposto, l’avviamento nasce nel momento in cui la società, quale universalità di beni, riesce a produrre più redditi di quelli che scaturiscono dalla somma dei singoli beni che la compongono. L’armonia tra le risorse, l’affinamento delle tecniche di produzione, il miglioramento dei processi o la semplice allocazione delle capacità produttive in un luogo che ha acquisito diverso valore di mercato, incrementano

45 CNDC-CNR, Documento n. 24 della Commissione per la Statuizione dei Principi Contabili, Le immobilizzazioni immateriali, cit.

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35

il valore dell’azienda rispetto al valore che i singoli beni riescono a produrre46.

Inoltre, il Principio Contabile Nazionale 24 ci precisa dell’avviamento due accezioni: quello derivativo (detto anche derivato o più semplicemente avviamento tout court) e quello originario (anche detto avviamento generato internamente), mentre il primo è generato dall’operazione di trasferimento a titolo oneroso d’azienda o rami d’azienda, è quindi un’attività nata da un acquisto o da una permuta o da un conferimento d’azienda, oppure da un’operazione di fusione o di scissione; il secondo, è generato all’interno dell’azienda quale risultato dell’efficienza della gestione tanto dell’organizzazione del complesso dei beni aziendali, materiali e immateriali, quanto delle risorse umane e pertanto estraneo alla logica delle valutazioni di funzionamento le quali sono orientate alla quantificazione di un reddito “consumabile”47.

Quest’ultimo, quindi, esprime il valore attuale di un flusso di profitti futuri che sono tutti sperati e non già effettivamente conseguiti in quanto potrebbero emergere solo in sede di trasferimento del complesso aziendale e quindi non rilevabile in bilancio. Si pensi alle spese sostenute per generare internamente marchi, testate giornalistiche, diritti di editoria, anagrafiche clienti e diritti simili, sono tutti costi difficili da stimare né riescono ad essere facilmente distinti dettagliatamente ai

46 W. ROTONDARO, P.ZAMBON, Bilancio 2010, Maggioli Editore, 2010, pag. 94.

47 D.BALDUCCI, Il bilancio d’esercizio, Edizioni Fag, Milano, 2007, pag. 147.

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36

fini di una loro capitalizzazione dai costi complessivamente sostenuti dalla società48. Si parla di avviamento originario anche nel caso in cui, grazie ad eventi esterni alla società, questa accresca il suo valore senza materialmente sostenere alcun tipo di costo ma solo per il fatto di trovarsi in un dato luogo e in un certo momento con caratteristiche particolari, che permetto un incremento del suo valore complessivo49.

Per quanto concerne l’iscrizione in bilancio dell’avviamento, il Principio Contabile 24 ne individua innanzitutto le caratteristiche, che sono:

 Deve essere costituito da oneri e costi a utilità differita nel tempo che garantiscano benefici economici futuri50;

48 W. ROTONDARO, P.ZAMBON, Bilancio 2010, Maggioli Editore, 2010, pag. 95.

49 Un classico esempio può essere l’esistenza di un locale pubblico di nuova costituzione di proprietà di un’impresa neo costituita situato in una zona periferica di una grande città. Dopo qualche tempo la stazione degli autobus viene trasferita proprio di fronte tale locale, i gestori del locale sostengono così costi di abbellimento nella consapevolezza che il locale acquisterà un valore di mercato superiore a quello originario, anche se tale importo non potrà essere evidenziato tra le attività patrimoniali sia perché non definibile in termini di oneri e costi ad utilità differita nel tempo (venendo meno già uno dei suoi requisiti fondamentali per la sua definizione), sia perché esso costituisce il valore attuale di un flusso di futuri utili presunti e sperati, di conseguenza difficili da definire.

50 Per verificare che l’eccedenza del prezzo sugli elementi patrimoniali acquisiti sia effettivamente all’origine di oneri e costi a utilità differita nel tempo, e che di conseguenza garantiscono benefici economici futuri, il Principio Contabile 24 ci specifica dei fattori e

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37

laddove l’avviamento sia dovuto alla conclusione di un “cattivo affare” o attribuibile a decisioni dell’acquirente, non direttamente correlabili all’azienda acquisita, esso non può essere contabilizzato ma sarà da trattarsi quale componente negativo di reddito dell’esercizio in cui è conclusa l’acquisizione stessa;

 Deve avere un valore quantificabile, in effetti, è inserito nel corrispettivo pagato;

 Non è suscettibile di vita propria indipendente e separata dal complesso aziendale e non può essere considerato un bene immateriale a sé stante, oggetto di diritti e rapporti autonomi.

 Deve essere iscritto tra le immobilizzazioni immateriali (classe B, sottoclasse I, voce 5 dell’attivo dello stato patrimoniale).

Nello specifico, il valore del goodwill iscritto è dato dalla differenza tra il prezzo corrisposto per l’acquisizione dell’azienda o anche il suo valore di conferimento e il valore corrente degli elementi patrimoniali attivi e passivi.

variabili da considerarsi: valore normale delle attività e passività contabilizzate; durata prevedibile dell’attività operativa; turbolenza del mercato di riferimento; obsolescenza del prodotto; variazioni delle domanda; variabili macroeconomiche; aspettative riguardo alla permanenza in servizio di dipendenti “chiave”; azioni prevedibili dei concorrenti attuali e potenziali; clausole legali o contrattuali condizionanti la durata della vita utile.

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38

Se si tratta di fusioni o scissioni è rappresentato dall’eccedenza del costo di acquisizione della società incorporata o fusa, o dal patrimonio trasferito dalla società scissa alla società beneficiaria, rispetto al patrimonio netto espresso a valori correnti.

Laddove si verifichi un’eccedenza e questa risulti da un maggior valore dell’azienda acquisita, recuperabili tramite i redditi futuri da essa generati, tale eccedenza verrà appunto iscritta in bilancio nell’attivo patrimoniale;

se proviene invece da decisioni dell’acquirente, non direttamente correlabili alla redditività dell’azienda acquisita (vedi l’intenzione di eliminare un concorrente o l’introduzione in un nuovo mercato), sarà un componente negativo di reddito e pertanto da iscrivere a conto economico.

Più articolata sembra la questione circa l’ammortamento dell’avviamento derivativo iscritto nell’attivo patrimoniale. Il Principio Contabile 24 recita cosi: “l’ammortamento deve avvenire sistematicamente, preferibilmente per quote costanti, per un periodo non superiore ai cinque anni. Sono tuttavia consentiti periodi di maggiore durata, che comunque non deve superare i venti anni, qualora sia ragionevole supporre … che la vita utile dell’avviamento sia senz’altro superiore ai cinque anni”.

Quindi, l’avviamento se abbia un’effettiva valenza di costo anticipato per utili futuri deve essere ammortizzato per un periodo corrispondente alla sua vita utile, ma entro i “limiti definiti”, inoltre, il principio contabile nazionale stabilisce che le condizioni che

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39

giustifichino un periodo superiore di ammortamento devono essere specifiche e ricollegabili direttamente alla realtà e tipologia dell’impresa cui l’avviamento stesso si riferisce51 come per esempio imprese la cui attività necessiti di lunghi periodi di tempo per essere portata a regime; imprese i cui cicli naturali siano di lungo periodo;

imprese operanti in settori in cui non si prevedono rapidi e improvvisi mutamenti tecnologici e produttivi per le quali si possa ragionevolmente assumere una sostanziale invarianza nel tempo delle posizioni di vantaggio acquisite; esistenza di contratti di esclusiva, di somministrazione o anche contratti diversi, quali i contratti di licenza, franchising, merchandising che assicurino una redditività all’impresa fino al termine del contratto.

Qualora siano presenti condizioni del genere nelle scelta del periodo di ammortamento, si può ritenere che la discrezionalità degli amministratori sia accettabile ed il

51 Sul punto afferma l’Onesti: “un’analisi empirica dei migliori bilanci delle società quotate della Borsa di Milano denota che, grazie all’estensione del periodo di ammortamento dell’avviamento, si possono attuare-e si attuano-politiche di bilancio: la scelta di ammortizzare l’avviamento in cinque o venti anni non è priva di effetti sotto il profilo reddituale e patrimoniale. Le motivazioni addotte dagli amministratori delle società in parola, per giustificare l’allungamento del periodo di ammortamento, sono risultate alquanto generiche: ci si limita, ad esempio, a dire che i flussi attesi si estendono per un periodo superiore a cinque anni”. T. ONESTI, L’avviamento d’impresa: definizione, misurazione e rilevazione, ammortamento e svalutazione, cit.

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40

trattamento contabile dell’avviamento rispecchi i principi di prudenza e ragionevolezza52.

Il Principio Contabile 24 conclude, poi, chiarendo delle rettifiche cui l’art. 2426 del c.c. fa riferimento al punto 3, precisando di svolgere quello che è l’impairment test, ovvero svolgere una rigorosa analisi, un’attenta ricognizione, per valutare eventuali variazioni intervenute nel tempo nei fattori e nelle variabili originariamente considerate, e qualora si presenti il venir meno delle condizioni originarie che hanno giustificato l’iscrizione dell’avviamento si procederà alla sua svalutazione, integrale o proporzionale.

Infine, il Principio Contabile in questione nel paragrafo D:V: “Ripristino di valore” afferma: “La norma di legge prevede che quando vengano meno in tutto o in parte le cause che hanno determinato la svalutazione, questa non può essere mantenuta: il valore originario deve essere ripristinato al netto degli ulteriori ammortamenti non calcolati a causa della precedente svalutazione. Una

52 Sul punto l’Angiola distingue fattori a livello generale (subA) e fattori specifici (subB) che giustifichino l’estensione del periodo di ammortamento oltre i cinque anni e scrive: “l’imprescindibile probabilismo che pervade le condizioni di cui subA) e l’intuibile maggiore verificabilità delle condizioni subB) fanno propendere per la considerazione di queste ultime quali “presupposti essenziali” e delle prime come “condizioni di convalida” ai fini dell’estensione della vita utile dell’avviamento derivativo. In definitiva, l’estensione del periodo di ammortamento sarebbe verosimilmente la risultante dell’effetto combinato di un insieme più o meno nutrito di fattori di portata generale e particolare”. N. ANGIOLA, Prezzo di acquisizione, effetto sinergico e valore di avviamento: rilievi economici e contabili, in Rivista dei Dottori Commercialisti, n. 2, 1997, pag. 317.

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41

tale situazione non potrà che accadere molto raramente, perché una perdita di valore duratura (con la conseguente svalutazione) deve derivare da fatti gravi da valutarsi con molta accuratezza: se così non fosse, si trasformerebbe la norma di legge in un comodo strumento per attuare politiche di bilancio”, in tal modo cerca di chiarire il trattamento dell’avviamento circa il caso in cui i motivi della rettifica vengano successivamente meno, in effetti, il principio generale, che è poi valido per tutte le immobilizzazioni, ci dice che quel “minor valore” non può essere ancora tale se sono venuti meno i motivi della rettifica nell’esercizio successivo, ma dall’altro bisogna considerare che non sia possibile il ripristino di valore dell’avviamento che precedentemente sia stato rettificato in minus, per cui, se tale ripristino di valore non è giustificato dalla corresponsione di un prezzo, equivarrebbe ad una capitalizzazione di utili attesi in contrasto col principio della prudenza.

“Il ripristino di valore non può comunque trovare applicazione per alcune tipologie di immobilizzazioni immateriali, quali l’avviamento e i costi pluriennali, in quanto per queste immobilizzazioni non può verificarsi il presupposto delle variazioni degli elementi che e avevano determinato la svalutazione”53.

53 M. ROMANO, L’impairment test dell’avviamento e dei beni intangibili specifici, Giappichelli, Torino, 2004, pag. 51.

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42

1.6 L’avviamento negativo. Cenni.

L’avviamento fin qui discusso è l’avviamento positivo o goodwill, ma, il caso opposto, ovvero, quando il prezzo complessivamente sostenuto risulta inferiore rispetto al valore netto contabile degli elementi patrimoniali attivi e passivi acquisiti, determina la condizione c.d. di avviamento negativo o badwill.

In altre parole, l’avviamento negativo è il minor valore attribuito, in sede di trasferimento, all’azienda rispetto al valore della mera sommatoria algebrica delle sue singole componenti, proprio come l’avviamento (positivo) è il maggior valore attribuito, in sede di trasferimento, all’azienda rispetto al valore della sommatoria algebrica delle sue singole componenti.

La normativa nazionale disciplina solo l’avviamento positivo (goodwill) ma nulla dice, invece, in merito al trattamento dell’ avviamento negativo o badwill.

Per averne una definizione ed inquadrare così il badwill da un punto di vista civile, e soprattutto da un punto di vista fiscale, dobbiamo rifarci al documento relativo al principio contabile internazionale IFRS 3 che disciplina l’iscrizione in bilancio sia dell’avviamento positivo che dell’avviamento negativo (badwill), ma sul punto si chiarirà successivamente.

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