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L’avviamento secondo il codice civile: art.2426 c.c

Pur mancando una definizione testuale dell'avviamento nella normativa civilistica, questo trova puntuale disciplina nelle norme del codice civile ai fini della sua corretta valutazione ed esposizione nel bilancio di esercizio.

L’art. 2426 del c.c. recita cosi: “l'avviamento può essere iscritto nell'attivo con il consenso, ove esistente, del collegio sindacale, se acquisito a titolo oneroso, nei limiti del costo per esso sostenuto e deve essere ammortizzato entro un periodo di cinque anni. E' tuttavia consentito ammortizzare sistematicamente l'avviamento in un periodo limitato di durata superiore, purché esso non superi la durata per l'utilizzazione di questo attivo e ne sia data adeguata motivazione nella nota integrativa”.

Inoltre, circa le immobilizzazioni consistenti in partecipazioni in imprese controllate e collegate: “…

Quando la partecipazione è iscritta per la prima volta in

40 A. MECHELLI, Creazione di valore e stima del risultato di periodo, Giuffrè, Milano, 2005, pag.150.

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base al metodo del patrimonio netto, il costo di acquisto superiore al valore corrispondente del patrimonio netto risultante dall'ultimo bilancio dell'impresa controllata o collegata puo' essere iscritto nell'attivo, purché ne siano indicate le ragioni nella nota integrativa. La differenza, per la parte attribuibile a beni ammortizzabili o all'avviamento, deve essere ammortizzata … ”.

Il trattamento civilistico permette, quindi, l’iscrizione in bilancio dell’avviamento se acquistato a titolo oneroso anche nei casi in cui tale acquisto oneroso avviene senza l’esborso di denaro come nel caso del conferimento, della permuta e via di seguito; oppure, quando esso avvenga in assenza di una precisa indicazione delle parte di costo imputabile distintamente ad avviamento, come nell’acquisto di partecipazione ad un prezzo superiore alla corrispondente parte di patrimonio netto, con un riconoscimento “indiretto” di un avviamento41.

In quanto costo di natura pluriennale è ammortizzabile, cioè suddivisibile in quote parti negli esercizi futuri, in funzione dell’utilità ripartita nel tempo.

L’orizzonte temporale è civilisticamente determinato in 5 anni42 salvo però durata superiore43. Si stabilisce, infatti,

41 P.P. BIANCONE, Le attività immateriali, l’avviamento e l’impairment nei bilanci, Giuffrè, Milano, 2006, pag. 172.

42 Fiscalmente, ai sensi dell’art. 103, comma 3, del D.P.R. 917/86, l’avviamento è ammortizzabile per un diciottesimo del suo costo, si stabilisce, quindi, che le quote di ammortamento del valore di avviamento iscritto nell’attivo del bilancio sono deducibili in misura non superiore ad un diciottesimo del valore stesso, tale norma

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la possibilità di superare tale limite quinquennale a condizione che l’avviamento sia sistematicamente ammortizzato per un periodo limitato che non vada oltre la sua durata di utilizzazione e che ne sia, però, data un’adeguata informazione in nota integrativa. Adottare la parola “sistematicamente” impone però l’uso di un piano di ammortamento che tenga conto delle condizioni originarie esistenti all’epoca dell’acquisizione44.

Circa invece le perdite di valore si fa riferimento a quanto l’art. 2426 del c.c. prevede in generale per le immobilizzazioni: “l' immobilizzazione che, alla data della chiusura dell'esercizio, risulti durevolmente di valore inferiore al costo deve essere iscritta a tale minore valore”.

determina di conseguenza un periodo minimo del processo di ammortamento dell’avviamento, fissandolo in 18 esercizi. Vista la divergenza tra la quota di ammortamento civilistica e quella fiscale, nella dichiarazione dei redditi dovrà essere effettuata una variazione e dovranno essere rilevate le imposte anticipate. La quota di ammortamento dell’avviamento è deducibile anche ai fini Irap.

43 D. BALDUCCI, La valutazione dell’azienda, Edizioni Fag, Milano, 2006, pag. 37.

44 A tal riguardo osserva Colombo: “… questa formula, diversa da quella proposta dalla Commissione D’ Alessandro (che aveva stabilito un limite non superabile di 10 anni), è sostanzialmente tautologica (non era certo necessario mettere per iscritto l’ovvio principio che il periodo di ammortamento non deve superare il tempo di utilizzabilità dell’avviamento ricevuto, derivando ciò dai principi in tema di ammortamento), indeterminata (l’aggettivo “limitata” non significa nulla, essendo evidente che qualsivoglia periodo, per quanto lunghissimo, sarà pur sempre “limitato”), e rischia di non porre alcun serio limite al prolungato permanere, nell’attivo del bilancio, di quote non ammortizzate dell’avviamento”. G.E. COLOMBO, Bilancio d’esercizio e consolidato, pag. 266.

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1.5 L’avviamento secondo i principi contabili nazionali: l’OIC 24.

Ad integrare quanto previsto dall’art. 2426 del c.c. è il Principio Contabile Nazionale 24, dal titolo “Le immobilizzazioni immateriali”, in particolare ci dice della problematica connessa al trattamento contabile dell’avviamento45.

Tale principio definisce innanzitutto l’avviamento o goodwill come : “ L’attitudine di un’azienda a produrre utili in misura superiore a quella ordinaria derivante da fattori specifici o da incrementi di valori che il complesso dei beni aziendali acquisisce rispetto alla somma dei valori dei singoli beni, in virtù dell’organizzazione dei beni in un sistema efficiente ed idoneo a produrre utili”.

Quindi, alla luce ti quanto esposto, l’avviamento nasce nel momento in cui la società, quale universalità di beni, riesce a produrre più redditi di quelli che scaturiscono dalla somma dei singoli beni che la compongono. L’armonia tra le risorse, l’affinamento delle tecniche di produzione, il miglioramento dei processi o la semplice allocazione delle capacità produttive in un luogo che ha acquisito diverso valore di mercato, incrementano

45 CNDC-CNR, Documento n. 24 della Commissione per la Statuizione dei Principi Contabili, Le immobilizzazioni immateriali, cit.

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il valore dell’azienda rispetto al valore che i singoli beni riescono a produrre46.

Inoltre, il Principio Contabile Nazionale 24 ci precisa dell’avviamento due accezioni: quello derivativo (detto anche derivato o più semplicemente avviamento tout court) e quello originario (anche detto avviamento generato internamente), mentre il primo è generato dall’operazione di trasferimento a titolo oneroso d’azienda o rami d’azienda, è quindi un’attività nata da un acquisto o da una permuta o da un conferimento d’azienda, oppure da un’operazione di fusione o di scissione; il secondo, è generato all’interno dell’azienda quale risultato dell’efficienza della gestione tanto dell’organizzazione del complesso dei beni aziendali, materiali e immateriali, quanto delle risorse umane e pertanto estraneo alla logica delle valutazioni di funzionamento le quali sono orientate alla quantificazione di un reddito “consumabile”47.

Quest’ultimo, quindi, esprime il valore attuale di un flusso di profitti futuri che sono tutti sperati e non già effettivamente conseguiti in quanto potrebbero emergere solo in sede di trasferimento del complesso aziendale e quindi non rilevabile in bilancio. Si pensi alle spese sostenute per generare internamente marchi, testate giornalistiche, diritti di editoria, anagrafiche clienti e diritti simili, sono tutti costi difficili da stimare né riescono ad essere facilmente distinti dettagliatamente ai

46 W. ROTONDARO, P.ZAMBON, Bilancio 2010, Maggioli Editore, 2010, pag. 94.

47 D.BALDUCCI, Il bilancio d’esercizio, Edizioni Fag, Milano, 2007, pag. 147.

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fini di una loro capitalizzazione dai costi complessivamente sostenuti dalla società48. Si parla di avviamento originario anche nel caso in cui, grazie ad eventi esterni alla società, questa accresca il suo valore senza materialmente sostenere alcun tipo di costo ma solo per il fatto di trovarsi in un dato luogo e in un certo momento con caratteristiche particolari, che permetto un incremento del suo valore complessivo49.

Per quanto concerne l’iscrizione in bilancio dell’avviamento, il Principio Contabile 24 ne individua innanzitutto le caratteristiche, che sono:

 Deve essere costituito da oneri e costi a utilità differita nel tempo che garantiscano benefici economici futuri50;

48 W. ROTONDARO, P.ZAMBON, Bilancio 2010, Maggioli Editore, 2010, pag. 95.

49 Un classico esempio può essere l’esistenza di un locale pubblico di nuova costituzione di proprietà di un’impresa neo costituita situato in una zona periferica di una grande città. Dopo qualche tempo la stazione degli autobus viene trasferita proprio di fronte tale locale, i gestori del locale sostengono così costi di abbellimento nella consapevolezza che il locale acquisterà un valore di mercato superiore a quello originario, anche se tale importo non potrà essere evidenziato tra le attività patrimoniali sia perché non definibile in termini di oneri e costi ad utilità differita nel tempo (venendo meno già uno dei suoi requisiti fondamentali per la sua definizione), sia perché esso costituisce il valore attuale di un flusso di futuri utili presunti e sperati, di conseguenza difficili da definire.

50 Per verificare che l’eccedenza del prezzo sugli elementi patrimoniali acquisiti sia effettivamente all’origine di oneri e costi a utilità differita nel tempo, e che di conseguenza garantiscono benefici economici futuri, il Principio Contabile 24 ci specifica dei fattori e

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laddove l’avviamento sia dovuto alla conclusione di un “cattivo affare” o attribuibile a decisioni dell’acquirente, non direttamente correlabili all’azienda acquisita, esso non può essere contabilizzato ma sarà da trattarsi quale componente negativo di reddito dell’esercizio in cui è conclusa l’acquisizione stessa;

 Deve avere un valore quantificabile, in effetti, è inserito nel corrispettivo pagato;

 Non è suscettibile di vita propria indipendente e separata dal complesso aziendale e non può essere considerato un bene immateriale a sé stante, oggetto di diritti e rapporti autonomi.

 Deve essere iscritto tra le immobilizzazioni immateriali (classe B, sottoclasse I, voce 5 dell’attivo dello stato patrimoniale).

Nello specifico, il valore del goodwill iscritto è dato dalla differenza tra il prezzo corrisposto per l’acquisizione dell’azienda o anche il suo valore di conferimento e il valore corrente degli elementi patrimoniali attivi e passivi.

variabili da considerarsi: valore normale delle attività e passività contabilizzate; durata prevedibile dell’attività operativa; turbolenza del mercato di riferimento; obsolescenza del prodotto; variazioni delle domanda; variabili macroeconomiche; aspettative riguardo alla permanenza in servizio di dipendenti “chiave”; azioni prevedibili dei concorrenti attuali e potenziali; clausole legali o contrattuali condizionanti la durata della vita utile.

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Se si tratta di fusioni o scissioni è rappresentato dall’eccedenza del costo di acquisizione della società incorporata o fusa, o dal patrimonio trasferito dalla società scissa alla società beneficiaria, rispetto al patrimonio netto espresso a valori correnti.

Laddove si verifichi un’eccedenza e questa risulti da un maggior valore dell’azienda acquisita, recuperabili tramite i redditi futuri da essa generati, tale eccedenza verrà appunto iscritta in bilancio nell’attivo patrimoniale;

se proviene invece da decisioni dell’acquirente, non direttamente correlabili alla redditività dell’azienda acquisita (vedi l’intenzione di eliminare un concorrente o l’introduzione in un nuovo mercato), sarà un componente negativo di reddito e pertanto da iscrivere a conto economico.

Più articolata sembra la questione circa l’ammortamento dell’avviamento derivativo iscritto nell’attivo patrimoniale. Il Principio Contabile 24 recita cosi: “l’ammortamento deve avvenire sistematicamente, preferibilmente per quote costanti, per un periodo non superiore ai cinque anni. Sono tuttavia consentiti periodi di maggiore durata, che comunque non deve superare i venti anni, qualora sia ragionevole supporre … che la vita utile dell’avviamento sia senz’altro superiore ai cinque anni”.

Quindi, l’avviamento se abbia un’effettiva valenza di costo anticipato per utili futuri deve essere ammortizzato per un periodo corrispondente alla sua vita utile, ma entro i “limiti definiti”, inoltre, il principio contabile nazionale stabilisce che le condizioni che

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giustifichino un periodo superiore di ammortamento devono essere specifiche e ricollegabili direttamente alla realtà e tipologia dell’impresa cui l’avviamento stesso si riferisce51 come per esempio imprese la cui attività necessiti di lunghi periodi di tempo per essere portata a regime; imprese i cui cicli naturali siano di lungo periodo;

imprese operanti in settori in cui non si prevedono rapidi e improvvisi mutamenti tecnologici e produttivi per le quali si possa ragionevolmente assumere una sostanziale invarianza nel tempo delle posizioni di vantaggio acquisite; esistenza di contratti di esclusiva, di somministrazione o anche contratti diversi, quali i contratti di licenza, franchising, merchandising che assicurino una redditività all’impresa fino al termine del contratto.

Qualora siano presenti condizioni del genere nelle scelta del periodo di ammortamento, si può ritenere che la discrezionalità degli amministratori sia accettabile ed il

51 Sul punto afferma l’Onesti: “un’analisi empirica dei migliori bilanci delle società quotate della Borsa di Milano denota che, grazie all’estensione del periodo di ammortamento dell’avviamento, si possono attuare-e si attuano-politiche di bilancio: la scelta di ammortizzare l’avviamento in cinque o venti anni non è priva di effetti sotto il profilo reddituale e patrimoniale. Le motivazioni addotte dagli amministratori delle società in parola, per giustificare l’allungamento del periodo di ammortamento, sono risultate alquanto generiche: ci si limita, ad esempio, a dire che i flussi attesi si estendono per un periodo superiore a cinque anni”. T. ONESTI, L’avviamento d’impresa: definizione, misurazione e rilevazione, ammortamento e svalutazione, cit.

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trattamento contabile dell’avviamento rispecchi i principi di prudenza e ragionevolezza52.

Il Principio Contabile 24 conclude, poi, chiarendo delle rettifiche cui l’art. 2426 del c.c. fa riferimento al punto 3, precisando di svolgere quello che è l’impairment test, ovvero svolgere una rigorosa analisi, un’attenta ricognizione, per valutare eventuali variazioni intervenute nel tempo nei fattori e nelle variabili originariamente considerate, e qualora si presenti il venir meno delle condizioni originarie che hanno giustificato l’iscrizione dell’avviamento si procederà alla sua svalutazione, integrale o proporzionale.

Infine, il Principio Contabile in questione nel paragrafo D:V: “Ripristino di valore” afferma: “La norma di legge prevede che quando vengano meno in tutto o in parte le cause che hanno determinato la svalutazione, questa non può essere mantenuta: il valore originario deve essere ripristinato al netto degli ulteriori ammortamenti non calcolati a causa della precedente svalutazione. Una

52 Sul punto l’Angiola distingue fattori a livello generale (subA) e fattori specifici (subB) che giustifichino l’estensione del periodo di ammortamento oltre i cinque anni e scrive: “l’imprescindibile probabilismo che pervade le condizioni di cui subA) e l’intuibile maggiore verificabilità delle condizioni subB) fanno propendere per la considerazione di queste ultime quali “presupposti essenziali” e delle prime come “condizioni di convalida” ai fini dell’estensione della vita utile dell’avviamento derivativo. In definitiva, l’estensione del periodo di ammortamento sarebbe verosimilmente la risultante dell’effetto combinato di un insieme più o meno nutrito di fattori di portata generale e particolare”. N. ANGIOLA, Prezzo di acquisizione, effetto sinergico e valore di avviamento: rilievi economici e contabili, in Rivista dei Dottori Commercialisti, n. 2, 1997, pag. 317.

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tale situazione non potrà che accadere molto raramente, perché una perdita di valore duratura (con la conseguente svalutazione) deve derivare da fatti gravi da valutarsi con molta accuratezza: se così non fosse, si trasformerebbe la norma di legge in un comodo strumento per attuare politiche di bilancio”, in tal modo cerca di chiarire il trattamento dell’avviamento circa il caso in cui i motivi della rettifica vengano successivamente meno, in effetti, il principio generale, che è poi valido per tutte le immobilizzazioni, ci dice che quel “minor valore” non può essere ancora tale se sono venuti meno i motivi della rettifica nell’esercizio successivo, ma dall’altro bisogna considerare che non sia possibile il ripristino di valore dell’avviamento che precedentemente sia stato rettificato in minus, per cui, se tale ripristino di valore non è giustificato dalla corresponsione di un prezzo, equivarrebbe ad una capitalizzazione di utili attesi in contrasto col principio della prudenza.

“Il ripristino di valore non può comunque trovare applicazione per alcune tipologie di immobilizzazioni immateriali, quali l’avviamento e i costi pluriennali, in quanto per queste immobilizzazioni non può verificarsi il presupposto delle variazioni degli elementi che e avevano determinato la svalutazione”53.

53 M. ROMANO, L’impairment test dell’avviamento e dei beni intangibili specifici, Giappichelli, Torino, 2004, pag. 51.

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