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L’utilizzo dell’avviamento nei metodi misti

Un approccio ulteriore per la stima del capitale economico che “media” tra il metodo patrimoniale e reddituale, è quello misto patrimoniale–reddituale, la cui caratteristica essenziale è appunto quella di ricercare un risultato finale che consideri contemporaneamente gli aspetti patrimoniali e reddituali.

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In effetti, è cosa nota: “la corretta valutazione di un’azienda … , in quanto formi oggetto di scambio, deve cercare fondamento in due grandi ordini di indagini riguardanti, rispettivamente, le prospettive economico-finanziarie di esercizio e lo stato del patrimonio col quale l’azienda viene trasferita”124.

“I metodi misti tendono a compendiare l’approccio patrimoniale e quello basato sui flussi attesi, in genere reddituali. Già nel dire dei metodi patrimoniali è stato messo in evidenza che una loro corretta applicazione richiede necessariamente di non trascurare la considerazione della redditività attesa. A meno che, quindi, non si impieghi un metodo patrimoniale semplice, perché, per esempio, si sta stimando un’impresa immobiliare (ma anche in questo caso il valore corrente dei cespiti implicitamente tiene conto dei flussi futuri attenibili), in ogni altro caso la stima delle prospettive reddituali future non può ritenersi irrilevante”125.

Un metodo, questo, che ha origini europee ed ha goduto e gode tuttora di largo credito tra i professionisti incaricati alla valutazione d’azienda.

Il metodo misto si basa sul convincimento che nel lungo termine il valore patrimoniale d’azienda trovi riscontro nel valore reddituale, e quindi poggia sull’ipotesi

124 P. ONIDA, Economia d’azienda, Utet, Torino, 1971, pag. 645.

125L. POTITO, Le operazioni straordinarie nell’economia delle imprese, Giappichelli, Torino, 2006, pag. 62.

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che l’impiego di mezzi patrimoniali nel lungo termine generi una redditività medio normale126.

Di sicuro la così alta applicazione del modello in esame è dovuta alla capacità di mediazione del metodo che si esprime nella ricerca di una sintesi tra l’obiettività e la verificabilità dell’analisi patrimoniale e la razionalità quale caratteristica fondamentale dei metodi basati sulla stima dei flussi reddituali. Anche se col tempo la caduta dei metodi patrimoniali come stime fini a se stesse ha rimesso in discussione anche il modello misto, che in molti paesi ha nel tempo perduto credito.

Al riguardo osserva il Guatri: “è invece innegabile che il modello misto dev’essere rivisto nei suoi contenuti, affinché possa confermare le proprie rilevanti capacità informative e di scissione del valore unico, senza troppo sacrificare alla esigenze di razionalità delle stime, condizione senza la quale perde di significato”.

Inoltre afferma che: “da alcuni decenni è scomparsa, nella dottrina prima e nella pratica poi, la tendenza a diffidare della componente reddituale, in passato giudicata sostanzialmente poco affidabile, con la conseguente riduzione del goodwill ai minimi termini. In questa diversa ottica la componente reddituale non solo assume peso quanto quella patrimoniale, ma diventa prevalente, anche se l’informazione patrimoniale conferma ancora un suo non trascurabile significato”127. Ciò in ossequio al

126 M. VISCONTI, Conferimenti d’azienda, Maggioli Editore, 2008, pag. 227-228.

127 L.GUATRI, M. BINI, Nuovo trattato sulla valutazione delle aziende, EGEA, Milano, 2009, pag. 599.

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principio che l’azienda vale più che altro per quanto è capace di fruttare.

Le capacità informative fornite dal modello in esame sono state rafforzate soprattutto dal fervore degli studi e delle ricerche sulla stima degli intangibles (anche ai fini dei principi contabili internazionali) che esprimono valori patrimoniali, ma in quanto tale non hanno significato alcuno senza adeguate verifiche di tipo reddituale. Verifiche che il metodo misto patrimoniale reddituale, nelle sue varie formulazioni, può consentire o comunque in qualche modo agevolare.

È accomunabile al metodo patrimoniale, basandosi sul fatto che il valore attribuibile ad una azienda, la quale svolga un’attività economicamente redditizia, può risultare superiore a quello derivabile dalla somma algebrica dei valori delle singole attività e passività che la compongono. Ciò significa che all’azienda è attribuibile un goodwill (avviamento), che costituisce un attivo contabilmente inespresso ma economicamente dotato di un valore.

I metodi misti, tuttavia, si differenziano dai metodi patrimoniali puri per il fatto di incorporare una procedura di stima di tale avviamento in grado di correggere l’ottica patrimoniale attraverso un giudizio di tipo reddituale.

Tale metodo, in altri termini, viene denominato

“misto” perché giunge alla stima finale del capitale economico aziendale contemperando due elementi distinti:

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 Il valore patrimoniale ottenuto dalle rettifiche di quei componenti che presentano un valore contabile non coerente con il valore di mercato e la conseguente rilevazione di plusvalenze e minusvalenze;

 Il valore reddituale rappresentato, in una formulazione massimamente semplificata, da R , cioè dalla formula della rendita perpetua.

i

Il valore della società è determinato in questo caso calcolando il patrimonio netto, come precedentemente definito, e sommando ad esso l’avviamento o goodwill, definito come surplus (o deficit, a seconda che sia positivo o negativo) di reddito che il capitale investito dell’azienda può generare rispetto al reddito normale atteso per il settore e per il tipo di azienda desiderata128.

La stima condotta valorizzando la sola componente patrimoniale, in effetti, può solo costituire una base di partenza ma non può ritenersi generalmente sufficiente ad una valorizzazione realmente attendibile del capitale economico. Viene così operata una verifica di tipo reddituale dei valori patrimoniali129.

Quindi questi metodi, nella formulazione storica originaria, si caratterizzano per il mettere in evidenza un valore di avviamento o goodwill che è dato dalla

128 G. ODETTO, E. ZANETTI, Il recesso del socio. Aspetti civilistici e fiscali, IPSOA, 2008, pag. 147.

129 G. CREMONA, P. MONARCA, N. TARANTINO, Manuale delle operazioni straordinarie, IPSOA, 2009, pag. 352.

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differenza tra il risultato della stima reddituale ed il valore patrimoniale130 e viene così espresso:

G = R – K i Dove:

G = è la stima dell’avviamento ovvero i beni immateriali (brevetti, esclusive, immagine, know-how, clienti, ecc.) non valutati (in toto o in parte) nel valore patrimoniale, anche se l’avviamento può essere in realtà positivo o negativo (Goodwill o Badwill131);

R / i = è il risultato della stima reddituali con la formula della rendita perpetua;

K = è il valore patrimoniale ovvero il patrimonio netto rettificato.

Precisamente si avrà che: nelle aziende con buone prospettive di reddito il goodwill è positivo, in quanto

130 L. GUATRI, Trattato, cit., pag. 279.

131 Al riguardo il Guatri afferma: “il badwill è formato da due essenziali componenti: le perdite attese per il futuro e la carenza di remunerazione del capitale investito”, ed aggiunge: “mentre la prima componente è di significato ovvio, la seconda merita qualche commento. È intuitivo che, oltre alle perdite, anche la mancata remunerazione per n anni futuri del capitale investito è motivo di riduzione del valore patrimoniale dell’azienda. La mancata remunerazione va riferita al costo del capitale proprio (c.o.e.)”, L.GUATRI, M. BINI, Nuovo trattato sulla valutazione delle aziende, EGEA, Milano, 2009, pag. 624.

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R/i>K, invece nelle aziende con modeste prospettive o comunque in aziende che sono in perdita esso diviene negativo, in quanto R/i<K, e si ha quello che è l’avviamento negativo o badwill132.

In poche parole, quindi, il valore economico d’azienda (W) viene stimato effettuando un contemperamento tra il valore patrimoniale rettificato, calcolato in base al metodo patrimoniale semplice o complesso, ed il valore del sovrareddito che l’azienda è in grado di produrre rispetto alla media delle imprese del settore di appartenenza133 che non è altro che il risultato della stima reddituale, facendo emergere in sostanza un

“valore di avviamento”, un valore cioè diverso ed ulteriore rispetto ad un approccio patrimoniale, evidentemente limitato in ambito aziendale.

Ciò fa capire come tale metodo sia poco significativo o inapplicabile per imprese dotate di scarsa redditività e per quelle in perdita sistematica (badwill), con riferimento ovviamente alla redditività prospettica.

In questi casi, si può essere tentati di tornare all’applicazione del metodo patrimoniale, in quanto con la redditività approssimativamente nulla o negativa, il risultato tenderebbe a coincidere o ad essere molto prossimo. Per i casi in cui, invece, la redditività non presenti caratteristiche negative o di negatività, il metodo in parola appare tuttoggi efficace e applicato nella prassi.

132 L.GUATRI, M. BINI, Nuovo trattato sulla valutazione delle aziende, EGEA, Milano, 2009, pag. 599.

133 M. VISCONTI, Conferimenti d’azienda, Maggioli Editore, 2008, pag. 228.

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Il metodo misto patrimoniale – reddituale trova idonea applicazione:

 nelle operazioni di scissione e di acquisizione, per la capacità di valutare autonomamente sia la componente patrimoniale che quella reddituale;

 nella valutazione delle aziende industriali che solitamente associano il possesso di beni materiali con la capacità di generare flussi di reddito.

Essendo che, come detto, il valore economico è composto sia da una componente patrimoniale che reddituale, il valore dell’azienda risulta sempre compreso in un intervallo che ha come limite inferiore il patrimonio netto a valore di liquidazione134 e come limite superiore il valore dell’impresa determinabile attraverso il metodo reddituale.135

134 “Il valore di liquidazione (VL) è concettualmente considerato la grandezza limite del capitale di un’azienda (o, nell’ aspetto asset side, delle attività lorde), al di sotto della quale il risultato della stima non può scendere. In un’ipotesi di prima approssimazione, il problema si definisce in termini semplici. Basta assumere che l’azienda cessi subito la propria attività e proceda alla vendita al meglio (in blocco, o per parti, o a stralcio) delle attività, al realizzo dei crediti e al soddisfacimento delle passività: ciò che, alla fine, rimane come

‘netto’ è il valore di liquidazione dell’azienda. L.GUATRI, M. BINI, Nuovo trattato sulla valutazione delle aziende, EGEA, Milano, 2009, pag. 136.

135 M. VISCONTI, Conferimenti d’azienda, Maggioli Editore, 2008, pag. 228.

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Ai fini di una maggiore comprensione del metodo misto patrimoniale-reddituale nel suo significato, nei suoi obiettivi e nei suoi limiti è utile richiamare un’apposita figura che permette di esprimere il concetto che solo al crescere della redditività assume via via senso il concorso al valore dell’azienda:

 delle plusvalenze patrimoniali (PL), da cui K;

 degli intangibili specifici (BI), da cui K’;

 del goodwill.

In assenza di adeguate attese di flussi reddituali, le plusvalenze patrimoniali e gli intangibili specifici (PL,BI) non entrano a comporre il valore, che si limita al puro capitale netto contabile, oppure si riduce al di sotto di tale grandezza in una misura corrispondente al badwill136.

136 L.GUATRI, M. BINI, Nuovo trattato sulla valutazione delle aziende, EGEA, Milano, 2009, pag. 601.

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Valore(W)

A Goodwill

BI BI

PL PL PL Badwill

BV BV BV BV

1 2 3 4 5 Redditività BV = valore del capital netto (valore di libro)

PL = plusvalenze su beni materiali BI = valore di intangibili specifici A = valore di avviamento (goodwill)

Tale figura consente di collegare lo specifico valore attribuibile agli intangibili (BI) alla redditività dell’impresa dove la situazione base è al punto 2 in cui l’azienda è stimata in una misura pari al suo valore contabile o “di libro” non esprimendo nessuna maggiorazione per plusvalenze su beni materiali (punto 3) o per intangibili (punto 4) o, ancora, per il goodwill (caso

BV BV BV BV

PL PL PL

BI BI

A

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5). Invece, il punto 1 corrisponde al caso in cui si tratti di un’impresa con W (valore) al di sotto del netto contabile.

Il punto 5 è il caso di un’azienda a più alta redditività, la differenza W-(BV+PL) è in parte attribuibile a intangibili specifici (BI) ed in parte al goodwill (A).

È possibile anche rappresentare i limiti entro i quali il valore del capitale economico, secondo il criterio in esame, può variare al variare della redditività. In particolare, il valore superiore non è altro che il capitale netto rettificato maggiorato dell’intero goodwill (K+G) mentre, dall’altro, il limite inferiore risulta il capitale netto rettificato ma diminuito del badwill (K-B), col limite del valore di liquidazione a stralcio delle attività che costituiscono il capitale (KL). Quindi, considerato che il limite inferiore del valore del capitale di un’azienda in funzionamento è la somma dei valori di liquidazione per stralcio delle singole attività o di gruppi di queste, viene assunto che, in presenza e nella previsione di risultati negativi, risulti conveniente decidere nella cessazione dell’attività stessa e nell’alienazione dei vari beni che costituiscono il capitale, anche separatamente. Di conseguenza, si assumerà quale nuovo valore del capitale netto, il capitale netto di liquidazione (KL).

Bisogna dire, però, che non sempre tale valore del capitale netto di liquidazione è il limite inferiore di WM (valore dell’azienda secondo il metodo misto), anzi, in talune circostanze, ad esempio per ragioni socio-politiche, anche con aziende con prospettive economiche pesantemente negative, nel breve temine, non è possibile

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procedere a scioglierle. Considerato ciò, le perdite attese peseranno tutte su WM che, a questo punto, scende anche al di sotto del limite KL . in questo caso, il valore del capitale economico deve tener conto del valore pieno del badwill137.

Goodwill e Badwill in senso lato.

Badwill illimitato Badwill Goodwill

KL K K+G Redditività

In una rappresentazione più complessa si può, invece, aggiungere all’unico valore patrimoniale K due altri valori patrimoniali: K’, che riguarda stime che considerano anche gli intangibili specifici e C che riguarda il capitale netto contabile esclusi BI e PL, cioè escluse tutte le plusvalenze. Quindi, il valore del goodwill si riduce dell’intervallo K’-K che riguarda la stima patrimoniale degli intangibili specifici e assume così la dimensione G’ ovvero il goodwill specifico. Spesso, quel

137 L.GUATRI, M. BINI, Nuovo trattato sulla valutazione delle aziende, EGEA, Milano, 2009, pag. 601-602.

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valore K’-K assorbe buona parte o anche per l’intero il valore del goodwill: ciò dipende proprio dalle concrete possibilità di stabilire un autonomo valore degli intangibili specifici. Si vuole motivare analiticamente, in termini di specifici beni dotati di reale o supposto valore, la stima del capitale, portando al minimo il goodwill, valore considerato incerto per la difficoltà di previsione dei redditi futuri e della misura del tasso; o anche perchè vi sono esigenze di rappresentazione analitica delle singole poste patrimoniali, compresi gli intangibili specifici.

Dall’altro, man mano che diminuisce la redditività fino a divenire negativa, a una rivalutazione dei beni patrimoniali che porta a un pesante badwill che la neutralizza è da preferire la sostituzione con un badwill specifico (la riduzione è K-C), questo significa non considerare le plusvalenze (PL), riducendo il riferimento ai fini della stima del badwill al puro valore contabile C.

A maggior ragione non si ritiene opportuno, in carenza di redditività, partire dal valore patrimoniale K’ e stimare un enorme badwill che riassorbirebbe erroneamente anche il valore attribuito agli intangibili specifici. Ma questo non dovrebbe succedere perché non esiste o non dovrebbe comunque esistere valore per gli intangibili specifici in carenza di adeguate attese di risultati futuri.138

138 L.GUATRI, M. BINI, Nuovo trattato sulla valutazione delle aziende, EGEA, Milano, 2009, pag. 602.

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Goodwill e badwill specifici.

Badwill Goodwill

Badwill Goodwill specifico specifico

KL C K K’ K’+G’

Redditività

A ben vedere, sono molti i procedimenti che vengono fatti rientrare nella categoria dei metodi misti, in particolar modo quelli che tengono conto tanto dell’assetto patrimoniale quanto della redditività futura.

Quelli maggiormente diffusi sono i metodi del valore medio e il metodo cosiddetto della stima autonoma dell’avviamento (o goodwill) che, secondo la classificazione del Paganelli, deve rientrare comunque nell’ambito dei metodi misti139.

Tali metodi vengono di seguito analizzati singolarmente.

139 O. PAGANELLI, Valutazione delle aziende. Principi e procedimenti, Utet Libreria, Torino,1990, capitolo V.

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