• Non ci sono risultati.

L’avviamento: definizioni più diffuse

È fin dagli albori della Ragioneria che gli studiosi si sono soprattutto concentrati sull’analisi delle cause che portano il prezzo di cessione di un’azienda ad essere maggiore della somma algebrica di attività e passività cedute. Tale differenza, è definita “avviamento” ed il problema è da sempre stato il definirne la natura ed una modalità di stima.

In passato l’avviamento d’azienda veniva identificato con la sua clientela, che ne costituiva l’elemento essenziale, al pari, secondo alcuni, dell’organizzazione, che però ne era il presupposto.

Osserva il Villa: “Diconsi capitali immateriali, le somme che si impiegano, per esempio nell’acquisto di clientela, altrimenti avviamento di commercio. Se

15

rilevando un negozio si pagano 10 mila lire a titolo di avviamento, non viene perciò ad aumentare di un millesimo il valore delle mercanzie comperate; ma il credito di cui gode il negozio rilevato, la buona qualità delle mercanzie, l’onesta de’ prezzi attirandovi degli avventori, le 10 mila lire sono il valore di questo credito.

La somma pagata a titolo di avviamento è un capitale immateriale, il cui rimborso potrà ottenersi nell’esercizio di commercio, come si cerca di ottenere il rimborso di un’altra spesa, oppure nella cessione del negozio ad un terzo”4. L’illustre Autore evidenziò, quindi, come l’avviamento fosse identificato col concetto di clientela, riconoscendo così un valore immateriale di cui possa essere costituita un’azienda e che porta, chi l’acquista, a corrispondere un prezzo maggiore rispetto al valore delle c.d. mercanzie presenti nella stessa ed è proprio quel capitale di credito a costituire il valore dell’avviamento.

Circa la natura di capitale dell’avviamento scrive anche il Rossi: “… siccome le energie economiche che sono capaci di dare un reddito, se oggettivamente considerate, sono capitali, così anche quell’energia che si è formata con un’azienda produttiva sarà da considerarsi come un capitale, avente un valore proporzionato al reddito che procura. Ora codesta potenza economica,

4 F.VILLA, Elementi di amministrazione e contabilità, Eredi Bizzoni, Pavia, 1870, pag. 49.

16

codesta energia, insomma codesto capitale sui generis … dicesi avviamento”5.

Il Besta, invece, avverte la natura dell’avviamento quale elemento del patrimonio suscettibile di una valutazione autonoma asserendo che esso è: “… il valore che l’impresa prospera ha per sé stessa indipendentemente dai beni suoi, o se vuolsi il maggior valore che acquistano questi beni in quanto trovansi congiunti insieme e impiegati in modo proficuo oltre la misura normale”6. È da questo impiego proficuo oltre il normale che il noto Autore ci dice del metodo di stima dell’avviamento: “ Il valore dell’avviamento di un affare singolo, o di un’impresa complessa, è essenzialmente pari al valore attuale dell’eccesso dei frutti che, nell’ipotesi di una gestione normale retta da energie fisiche, di volere e di intelligenza normali, ordinarie, possono separarsi e presumersi dai capitali effettivamente investiti in quell’affare e in quell’impresa sui frutti medi che sogliono dare capitali impiegati con pari sicurezza in altri affari o imprese simili o analoghe, ma in condizioni comuni, non privilegiate”7. Quindi possiamo ben comprendere delle asserzioni fondamentali: il valore di un’impresa non è altro che la somma dei beni di cui vi fanno parte e del valore dell’avviamento, nello specifico, quest’ultimo risulta attribuibile all’esistenza di redditi superiori al

5 G.ROSSI, Sulla tassabilità del prezzo di avviamento delle imprese e del sovrapprezzo delle società commerciali e industriali, Società Tipografica, Modena, 1906, pagg. 12-13.

6 F. BESTA, La Ragioneria, I, Vallardi, Milano, 1922, pag. 85.

7 F. BESTA, La Ragioneria, I, Vallardi, Milano, 1922, pag. 85.

17

livello ritenuto normale, a causa di condizioni privilegiate, ed è stimato attraverso la capitalizzazione dei sovraredditi aziendali.

Dello stesso pensiero del Besta sembra essere anche Del Penna che dell’avviamento allo stesso modo scrive:

“… valore che l’impresa prospera ha per se stessa indipendentemente dai beni suoi, o se vuolsi il maggior valore che acquistano questi beni in quanto trovansi congiunti insieme e impiegati in modo proficuo”8.

Lo Zappa, invece, se in un primo periodo come altri illustri Autori del tempo, identificava l’avviamento come un capitale immateriale, formato da quei fattori che concorrono a far si che la restante parte dei patrimonio di un’impresa frutti oltre il nomale9, successivamente, con la nozione di capitale economico10, lo classifica come un elemento complementare del complesso economico capace di condurre ad un soprapprofitto11 non riconoscendone la natura di elemento patrimoniale in quanto la capitalizzazione di una presunta redditività non

8 F. DELLA PENNA, I fondamenti della Ragioneria, Castellani, Roma, 1931, pag. 123.

9 G. ZAPPA, Le valutazioni di bilancio, Istituto Editoriale Scientifico, Milano, 1927, pag. 169.

10 Lo Zappa definisce il capitale economico come: “… un valore unico, risultante dalla capitalizzazione dei redditi futuri” da cui consegue che: “ … il capitale è prodotto dal reddito … non il reddito dal capitale” G.ZAPPA, Il reddito di impresa. Scritture doppie conti e bilanci di aziende commerciali, Giuffrè, Milano, 1943 pag. 57 e 74.

11 G. ZAPPA, Il reddito di impresa. Scritture doppie conti e bilanci di aziende commerciali, Giuffrè, Milano, 1943, pag. 531.

18

permette l’individuazione precisa di disgiunti elementi patrimoniali12.

Sono molti gli studi che criticano la possibilità di pervenire ad una valutazione autonoma dell’avviamento e di questo avviso è l’Onida che evidenzia la difficoltà oggettiva di discernere, “se non in modo del tutto arbitrario”, la pluralità di elementi che, in modo complementare, giungono a definire la redditività aziendale13. L’avviamento, in particolare, per l’ Onida è espressione di un “modo d’essere” dell’impresa, ovvero dell’insieme di condizioni immateriali dell’azienda, legate alla leadership e alla qualità del progetto strategico, all’organizzazione umana, tecnica e produttiva, alle competenze diffuse nelle risorse umane, alle relazioni che si innescano con l’ambiente competitivo e con l’ambiente socio-economico di riferimento, tutti elementi immateriali che contribuiscono alla redditività dell’impresa14 in funzione della quale viene conferito al capitale economico un valere superiore al valore del capitale di gestione o di liquidazione o del capitale risultante da un bilancio valutando singolarmente gli elementi del patrimonio.

Tra gli Autori che criticano la possibilità di una sua valutazione autonoma vi è anche il Cassandro sostenendo

12 G. ZAPPA, Le produzioni nelle economie delle imprese, Giuffrè, Milano, 1967, pag. 511.

13 P. ONIDA, L’avviamento nelle valutazioni di cessioni o di liquidazione di azienda, in rivista italiana di Scienze Commerciali, novembre-dicembre, 1949.

14 P. ONIDA, I finanziamenti iniziali d’impresa, Istituto Editoriale Scientifico, Milano, 1931, pag. 388.

19

che l’avviamento, se considerato quale elemento patrimoniale dell’azienda e pertanto un’attività da sommarsi alle altre con una sua autonoma valutazione, comporti un’erronea valutazione in quanto esso in realtà non è atto allo scambio e quindi non può esistere tale autonomo valore15.

Allo stesso modo scrive il Ferrero sottolineando ancora critiche sulla possibilità di pervenire ad un valore autonomo dell’avviamento: “… L’avviamento -in quanto complesso di condizioni immateriali -possa anche intendersi come variabile in funzione della quale si determina il presunto valore di scambio del capitale economico: trattasi tuttavia di una variabile che sfugge a qualsiasi autonoma determinazione e che può concorrere solo indistintamente all’accennato valore di scambio”16

Dello stesso pensiero è, infine, il Ceccherelli che scrive: “… l’avviamento non è componente patrimoniale che possa disgiungersi o pensarsi separato dal complesso aziendale per assumere una posizione autonoma: esso fa parte del complesso, non come elemento aggiunto che si possa, quando si voglia, incorporare nel patrimonio, ma nel complesso e nelle sue manifestazioni di vita, trova origine spontanea ed in quanto la forza vitale del complesso stesso sia capace di generarlo”17.

15 P.E. CASSANDRO, L’avviamento e la sua valutazione, 1955, in Scrivi vari, Cacucci, Bari, 1991, pag. 303.

16 G. FERRERO, La valutazione economica del capitale d’impresa, Giuffrè, Milano, 1966, pag. 157.

17 A. CECCHERELLI, Le funzioni professionali del commercialista, Villardi, Milano, 1967, pag. 175.

20

Il pensiero prevalente ha ampiamente criticato la nozione di avviamento inteso quale “bene” facente parte del patrimonio aziendale, sottolineando, invece, la sua natura di “qualità” o comunque di “ attributo” dell’azienda e quindi è da considerarsi quale capacità dell’azienda di generare sovraredditi futuri18.

In particolare l’Onesti osserva: “L’avviamento, presupponendo l’esistenza di un soprareddito, contraddistingue i regimi di mercato diversi dalla concorrenza perfetta. Infatti, nel regime ideale di concorrenza perfetta, l’avviamento non può esistere, in quanto il soprareddito attira nuove imprese che erodono le posizioni di dominio di quelle che per prime operavano sul mercato, assottigliando prima e annullando poi il valore dell’avviamento”19

Il D’Ippolito a tal riguardo affermava: “ Tale concezione che l’avviamento sia una qualità o un particolar modo di essere del sistema aziendale, per cui questo è atto a fruttare un soprareddito, è quella accolta oggi dalla dottrina prevalente sia economico-aziendale che giuridica”20. Quindi si può capire come un siffatto

18 T. ONESTI, L’avviamento d’impresa: definizione, misurazione e rilevazione, ammortamento e svalutazione, in AA.VV., Le immobilizzazioni immateriali, Cacucci, Bari, 2000, pag. 79.

19 T. ONESTI, L’avviamento d’impresa: definizione, misurazione e rilevazione, ammortamento e svalutazione, in AA.VV., Le immobilizzazioni immateriali, Cacucci, Bari, 2000 pag. 79.

20 T. D’IPPOLITO, La valutazione delle aziende in avviamento, Giuffrè, Milano, 1946, pag. 21.

21

concetto di avviamento sia ben collegabile alla c.d. teoria del sovrareddito o dell’extraprofitto.

Dello stesso avviso è l’Amaduzzi riconoscendo sempre l’avviamento come una “condizione” che permetta l’azienda di “produrre redditi che significhino economicamente profitti; cioè che siano superiori a quelli richiesti dal minimo della convenienza economica;

superiori a quella misura che remuneri capitali, energie personali, grado di rischio economico”21.

L’Ardemani, infine, identifica quelle che sono le

“astrazioni” che soggiacciono alla formulazione del concetto di avviamento concependolo come prospettiva di durevoli futuri redditi alla luce di fattori economico-finanziari attuali dove per questi ultimi non si considerano solo i beni materiali e immateriali bensì anche tutto quello che può influire sullo svolgimento della gestione e di conseguenza sulla capacita dell’azienda di produrre reddito, nello specifico, egli avverte che: “… solo una parte dei più autorevoli cultori di ragioneria posa il proprio concetto di avviamento su dati beni materiali o immateriali… Per questo motivo è opportuno estendere il concetto di fattore economico-finanziario a tutto ciò che può influire sullo svolgimento dei cicli economico-finanziari d’impresa e particolarmente sui futuri redditi.

Al fine delle determinazione del concetto di avviamento possono quindi essere considerati come fattori economico-finanziari tanto la struttura funzionale del

21 A. AMADUZZI, Ragioneria generale, L.Macri ed., Firenze, 1948, pag. 342.

22

capitale, quanto l’abilità dell’imprenditore; tanto un’eventuale posizione di monopolio dell’impresa quanto un’abitudine della clientela”22.