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Rodolfo Berti

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THE EXTRAJUDICIAL SETTLEMENT IN THE MICROPERMANENT DISABILITITIES FROM TRAFFIC ACCIDENT: PROSPECTS OF

COORDINATION BETWEEN THE INSTITUTION OF MEDIATION, THE ARTICLES 148 AND 149 OF THE CODE OF THE INSURANCES AND

THE ARTICLES 696 AND 696 BIS OF THE CODE OF THE CIVIL PROCEDURE.

LA CONCILIAZIONE STRAGIUDIZIALE NEI MICRO DANNI DA INCIDENTE STRADALE: PREVISIONI DI COORDINAMENTO TRA

L’ISTITUTO DELLA MEDIAZIONE, GLI ARTT. 148 E 149 COD. ASS., E GLI ARTT. 696 E 696 BIS CPC

Rodolfo Berti*

Fino al marzo scorso la fase stragiudiziale per l’accertamento e liquidazione dei danni da microlesioni causati da incidente stradale, era caratterizzata da tre istituti aventi tutti finalità sostanzialmente conciliative, il primo dei quali stabilito dal D.lgs. 209 del 2005 con gli artt. 148 e 149, il secondo dall’ATP ex art. 696 cpc e dalla Consulenza Tecnica Preventiva ai fini conciliativi di cui al successivo art. 696 bis cpc, introdotto dal 01/03/2006 con la L. 80/2005, ed il terzo disciplinato dall’art. 185 dello stesso codice di rito civile.

Il primo dei tre istituti, anche se all’apparenza è destinato, nell’ambito del cd.

spatium deliberandi, all’istruzione della pratica e per formulare l’obbligatoria offerta o rifiutarla, nella sostanza è indubbiamente finalizzato al raggiungimento di un accordo con il danneggiato onde evitare il giudizio.

La Consulenza Tecnica Preventiva, spesso confusa con l’ATP, ha anch’essa questa

*Avvocato, Foro di Ancona

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finalità, tant’è vero che, in caso di conciliazione, premiale è l’esenzione dall’imposta di registro e la validità di titolo esecutivo del verbale.

Esclusivamente conciliativo è il disposto dell’art. 185 cpc.

Dal 4 marzo 2010, il decreto legislativo n. 28 ha introdotto la Mediazione finalizzata alla conciliazione delle controversie civili e commerciali, istituto nuovo ma che entrerà in vigore nel marzo 2011.

In previsione dunque dell’entrata a regime della mediazione, che costituisce ai sensi dell’art. 5 condizione di procedibilità per le azioni giudiziali relative anche al

“risarcimento del danno derivante dalla circolazione dei veicoli e natanti”, è interessante credo analizzare quale di questi istituti finalizzati alla conciliazione, e quindi alla composizione della lite, sopravviverà, quali invece diventeranno inammissibili e quali del tutto inutili.

Che il legislatore del nuovo Codice delle Assicurazioni abbia espressamente inteso subordinare la proponibilità dell’azione civile all’accertamento dei presupposti del risarcimento e alla formulazione di un’offerta risarcitoria allo scopo di accordare le parti, danneggiato e assicuratore, è reso evidente dalla parzialmente diversa formulazione dell’art. 148 rispetto a quella dell’abrogato art. 5 della L. 57/2001, e alla introduzione del risarcimento diretto, come disciplinato dall’art. 149 e regolato dagli artt. 5-6-7-8 e 9 del D.P.R. 254 del 18/07/2006.

Nell’art. 9 del richiamato DPR c’è la novità assoluta che conferma l’ipotesi che il nuovo istituto del risarcimento diretto delle microinvalidità fino a 9 punti percentuali, sia finalizzato proprio all’accordo fra le parti e quindi alla conciliazione per evitare il contenzioso.

L’assistenza tecnica ed informativa che l’assicuratore del danneggiato dovrebbe infatti fornire all’assicurato, a prescindere che si tratti di obblighi contrattuali o meno,

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lascia intendere come sostanzialmente la gestione del sinistro avvenga, per così dire, intra moenia tra assicurato ed assicuratore al solo scopo di semplificare la trattativa senza la presenza ingombrante di avvocati con risparmio delle conseguenti parcelle.

L’offerta, che a seguito della collaborazione prestata dall’assicuratore all’assicurato, dovrebbe, per lo meno nelle peraltro frustrate intenzioni del legislatore, essere sempre congrua in quanto conseguente ad un’istruttoria congiunta e pilotata dallo stesso assicuratore nell’interesse del proprio assicurato, il che rende palese il fine conciliativo.

D’altra parte l’art. 149 comma 6 del D.lgs. 209/05, che prevede che l’azione diretta di cui al precedente art. 145 può essere proposta “nei soli confronti” della propria impresa di assicurazioni in caso di “mancato accordo”, conferma che lo scopo della norma è quello del raggiungimento di un accordo, cioè di una conciliazione.

Il danneggiato-assicurato non può che rispettare le modalità e termini delle richiamate norme che costituiscono presupposto per la proponibilità dell’azione diretta, ed altrettanto deve fare l’assicuratore, altrimenti sanzionato dall’ISVAP, sicché questo, che oserei definire, tentativo di conciliazione deve, o meglio dovrebbe, avvenire obbligatoriamente entro i termini dello spatium deliberandi ma l’esperienza ci dice che sovente non avviene per vari motivi che in questa sede è inutile esaminare.

Laddove l’accordo non sia stato raggiunto, risultando la somma offerta inferiore a quella pretesa, o laddove l’assicuratore abbia opposto al proprio assicurato eccezioni relative all’applicabilità del risarcimento diretto, per esempio per mancata collisione, di sovente accade che i danneggiati ricorrano al Giudice competente, presidente del Tribunale o G. di P., ai sensi ed agli effetti degli artt. 696 e 696 bis cpc al fine di ottenere l’accertamento della lesione, la quantificazione dei postumi, la durata della

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temporanea e l’accertamento della responsabilità nonché anche la liquidazione del conseguente credito risarcitorio.

Al di là del nomen iuris, che spesso viene impropriamente utilizzato dal ricorrente, va detto che la Consulenza Tecnica Preventiva a scopo conciliativo è ammissibile solo in quanto incontestata tra le parti sia la responsabilità contrattuale o, come nel caso di incidente stradale, extracontrattuale sicché il giudizio di merito può essere evitato attraverso una aestimatio del credito risarcitorio, cioè del risarcimento del danno.

“La richiesta di consulenza tecnica preventiva ex art. 696 bis c.p.c. può trovare accoglimento se finalizzata alla composizione della lite, secondo la rubrica del citato articolo, talchè suo presupposto è che la controversia fra le parti abbia come unico punto di dissenso ciò che, in sede di processo di cognizione, può costituire oggetto di consulenza tecnica, acquisita la quale, secondo le preventivamente dichiarate intenzioni delle parti, appare assai probabile che esse si concilieranno, non residuando – con valutazione da compiersi in concreto ed ex ante – ad altre questioni controverse. È inammissibile pertanto la richiesta di detta consulenza laddove le parti non controvertano soltanto sulla misura dell’obbligazione risarcitoria, bensì anche sulla effettiva sussistenza della stessa, oltre che sulla individuazione del soggetto a essa eventualmente tenuto” (Trib. Milano, 17/04/2006; Trib. Milano, sez. X, 23/01/07; Trib.

Pavia 14/07/2008; Trib. Torino Sez. III, 31/03/2008).

Poiché è ben noto che il risarcimento del danno alla persona segua l’accertamento dell’entità della lesione, essendone una conseguenza, e l’accertamento del nesso causale tra l’evento lesivo ed il fatto illecito secondo la struttura dell’illecito civile di cui all’art. 2043 c.c., consegue che la liquidazione del credito risarcitorio potrà avvenire solo se risultino certi ed incontestati tra le parti la sussistenza dell’illecito, la

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responsabilità dello stesso e la quantificazione dei postumi permanenti.

La richiamata norma di cui all’art. 696 bis c.p.c. non riguarda però l’accertamento né della sussistenza del fatto illecito né dell’entità della lesione in corpore ma solo l’accertamento del credito risarcitorio del danno patrimoniale o non patrimoniale che sia.

Ma vi è un’ulteriore considerazione che non dovrebbe sfuggire perché è contra ius che la liquidazione del danno alla persona possa essere delegata ad un ausiliario ancorché esperto nel settore della medicina legale, posto che deve essere effettuata esclusivamente dal giudice ai sensi ed agli effetti del combinato disposto degli artt.

2056, 1223, 1226, 1227 c.c., e quindi attraverso la valutazione discrezionale e ad equità che solo il giudice può effettuare altrimenti si avrebbe un’inammissibile cessione di giurisdizione ad un terzo che, quand’anche ausiliario, non può giudicare ma solo valutare.

L’istituto in esame infatti è ben applicabile laddove, per esempio, si tratti di danni materiali e quindi la valutazione degli stessi può essere effettuata attraverso l’utilizzo di mercuriali e prezziari, ben noti al consulente tecnico, riguardando comunque danni patrimoniali da lucro cessante od emergenti che possono essere oggettivamente valutati.

Diversamente il danno alla persona non soggiace a dei prezziari, anche se le tabelle comunemente utilizzate o le medie nazionali di valutazione del punto biologico, spesso richiamate dalla giurisprudenza, costituiscono una base di calcolo alla quale solo però il giudice può ricorrere per di più legittimato ad operare quei correttivi in aumento così come previsti dagli artt. 138 e 139 del Codice delle Assicurazioni.

Il risarcimento del danno non patrimoniale alla persona infatti, soprattutto all’indomani delle pronunce delle Sezioni Unite della Cassazione dell’11/11/2008, non

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può più ritenersi congruo e satisfattivo qualora non avvenga tenendo conto delle

“condizioni soggettive del danneggiato”, come disposto dall’art. 139 Cod. Ass., e quindi deve essere personalizzato, e la aestimatio della valutazione ai fini della personalizzazione spetta solo al giudice che potrà anche presumere provati gli ulteriori pregiudizi all’esistenza del danneggiato e quindi applicare il correttivo con l’aumento fino ad 1/5 del valore monetario del danno biologico, operazione quindi assolutamente inammissibile da parte di un CTU.

Dunque il ricorso ai sensi dell’art. 696 bis cpc non è ammissibile quando si tratti di danni alla persona.

Ma nella prassi sappiamo tutti che, al di là del titolo del ricorso, sovente si confonde l’istituto dell’art. 696 bis cpc con quello dell’Accertamento Tecnico Preventivo, ammissibile però nel caso di urgenza quando la condizione clinica del danneggiato sia destinata a modificarsi nel tempo occorrente per il giudizio di merito, sostanziandosi tale accertamento in una fotografia conservativa ed in una valutazione delle cause e dei danni ma solo sotto l’aspetto medico-legale e non certamente ai fini dell’individuazione della responsabilità e del quantum risarcitorio, accertamento che spetta solo al giudice sulla scorta degli elementi probatori che le parti gli forniscono.

Per mia esperienza personale ho vissuto circa un centinaio di ATP e/o Consulenze Tecniche Preventive Conciliative che però hanno evitato il giudizio solo in pochissimi casi, al di sotto della percentuale del 5%.

Se lo scopo era quello di eliminare il contenzioso, l’obiettivo non è stato raggiunto anche perché in moltissimi casi l’ATP, quand’anche acquisito al successivo giudizio di merito, contenendo espressioni valutative anche sulla responsabilità, non è utilizzabile ed il giudice dispone comunque un’ulteriore consulenza d’ufficio con

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duplicazione dei costi e dei tempi processuali, per non parlare della Consulenza Tecnica Conciliativa che sortisce la stessa fine.

Comunque anche questi istituti hanno, il primo secondo una prassi deviata ed il secondo nelle intenzioni vane del legislatore, scopo conciliativo.

Sul terzo istituto c’è ben poco da dire perché quand’anche l’art. 185 cpc sia una norma presente nel nostro ordinamento processuale fin dal 1950, ha avuto ben scarsa applicazione e con risultati assolutamente irrilevanti, risultando peraltro superato, quantomeno nel periodo tra il 30/04/1995 e il 1°/03/2006, dalla vecchia formulazione del 1° comma dell’art. 183 cpc.

Allo stato attuale quindi l’unica vera disciplina che in qualche modo possa essere destinata al raggiungimento di una preventiva conciliazione a scopo deflativo del contenzioso, è quella contenuta nel nuovo Codice delle Assicurazioni che ha raggiunto un certo risultato anche se di molto inferiore alle più rosee aspettative del legislatore.

Nella gran parte dei casi infatti la liquidazione del danno da microinvalidità non è raggiunta in primo luogo perché l’art. 9 del D.P.R. 254/06 non ha trovato sostanziale applicazione, e in secondo luogo perché gli assicuratori, dopo le sentenze delle Sezioni Unite, hanno ritenuto di negare la risarcibilità del tradizionale danno morale subiettivo interpretando i principi enunciati, o meglio chiariti dalle Sezioni Unite, come un disconoscimento dell’esistenza del danno morale mentre in realtà i supremi giudici hanno semplicemente affermato che nel concetto della omnicomprensività del danno non patrimoniale, l’autonoma figura tradizionalmente definita come danno morale, non trovasse più albergo quale danno temporaneo e transeunte, dovendo invece essere riconosciuta, laddove provata anche per presunzioni, al sofferenza morale indotta dalla lesione, sofferenza che può essere sia di natura fisica che di natura psichica e che non

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può essere automaticamente liquidata, come se fosse un danno in re ipsa, con il criterio della frazione da ¼ alla metà del valore del danno biologico.

Ciò non vuol dire che il valore del punto biologico secondo le tabelle ministeriali non possa essere aumentato, perché è proprio l’art. 139 del Codice delle Assicurazioni a prevedere quel correttivo in aumento fino ad 1/5 in proporzione alle condizioni soggettive del danneggiato.

Tuttavia è onere della parte fornire la prova delle sue “condizioni soggettive”, cioè quegli elementi che inducano a ritenere che quella microinvalidità ha causato perdite di interessi, di relazioni sociali o affettive, cioè una modifica della cd. agenda quotidiana che condiziona la sua esistenza: solo allora potrà essere liquidato il correttivo in aumento al fine della congruità del risarcimento, al di là della definizione descrittiva che gli si voglia dare di danno morale, di danno da sofferenza morale, di danno esistenziale o di danno biologico dinamico-relazionale.

Peraltro è difficile che una microinvalidità di pochi punti percentuali, a parte sporadici casi, possa determinare influenze pregiudizievoli nell’ambito dinamico- relazionale nell’esistenza del microleso: pensiamo al classico trauma distorsivo del rachide cervicale di 1 o 2 punti percentuali!

A volte la conciliazione quindi è impedita non tanto da una rigida posizione degli assicuratori, quanto da un’ingiustificata pretesa risarcitoria che, se accolta, costituirebbe arricchimento senza causa.

Ulteriore motivo che non consente la conciliazione è la gaffe del legislatore che ha escluso il compenso stragiudiziale per i patrocinatori legali del danneggiato incentivando in tal modo il contenzioso di fronte ai giudici di prossimità, ben disposti a liquidare sovente onorari in misura maggiore dell’importo del risarcimento.

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Ma nel marzo 2011 entrerà in vigore, sempre che non venga modificata, la Mediazione obbligatoria di cui al D.L. 28 del 04/03/2010.

La Mediazione, nel caso di danni conseguenti ad incidenti stradali, è obbligatoria e costituisce presupposto di procedibilità dell’azione tanto che, laddove non sia stata preventivamente effettuata, o sia in corso, il giudice adito da alle parti 4 mesi di tempo per effettuare o concludere la procedura stragiudiziale, di fatto sospendendo il giudizio.

Non è mio compito, e me ne guardo bene dal farlo, di giudicare l’istituto della Mediazione, lasciando ai posteri l’ardua sentenza. Mi limiterò pertanto a tentare di prevedere quali saranno i problemi pratici di coordinamento con la procedura del risarcimento diretto e quali potranno esser gli ostacoli per un più tempestivo accesso al giudizio e se i criteri di gestione del sinistro possano subire modificazioni.

L’istituto in esame costituisce l’attuazione della delega contenuta nell’art. 60 della Legge n. 69 del 2009 la quale indicava al Governo, quale fonte ispiratrice, la Disciplina Comunitaria contenuta nella Direttiva 52/08 e quella della conciliazione stragiudiziale in ambito societario, disciplina oggi abrogata, sicché l’intento del legislatore è stato quello di favorire la conciliazione, impedita sovente dagli inconvenienti contenuti nella disciplina codicistica.

Ma se l’intento originario del legislatore era quello di rendere la conciliazione strumento di facile accesso, in realtà la normativa appare finalizzata a superare le inefficienze della giustizia e a porsi come mera alternativa per la soluzione delle liti.

Siamo di fronte ancora una volta ad un istituto che ha l’evidente scopo di ridurre il carico del contenzioso giudiziale.

Che questo scopo poi verrà di fatto raggiunto aspetteremo a dirlo, anche se le parti che accederanno alla Mediazione dovranno comprendere che questo strumento

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non è finalizzato a risolvere questioni di diritto, ma solo a contemperare gli opposti interessi ai fini della soluzione anticipata della lite.

La Mediazione infatti non porta necessariamente ad una transazione, nella quale le parti si accordano sull’an e sul quantum debeatur, ma ad un’intesa che, prescindendo dall’aspetto del diritto, soddisfi solo quello dell’interesse.

È per questo motivo che penso che la Mediazione, soprattutto per quello che riguarda le microinvalidità da incidente stradale, possa avere scarso risultato.

Infatti, e qui entro nella disamina della correlazione con il Codice delle Assicurazioni, il danneggiato assicurato che ha ricevuto dal proprio assicuratore un’offerta, o la ritiene congrua e quindi il sinistro viene definito, oppure, prima di fare causa, dovrà adire la Mediazione per la differenza in più pretesa e non riconosciuta nell’offerta dell’assicuratore.

Ma in questo caso, trattandosi per gran parte di poche centinaia di euro, converrà al danneggiato assumere i costi della Mediazione, che comprende anche l’onorario del proprio avvocato e quello dell’esperto medico-legale che il mediatore può nominare ai sensi dell’art. 8?

La legge infatti non dispone nulla circa i costi della Mediazione che rimangono a carico delle parti, tranne i contemperamenti previsti dall’art. 20 “Credito d’Imposta”, il gratuito patrocinio di cui all’art. 17, fino a subire anche l’addebito delle spese processuali qualora la rifiutata proposta di accordo del mediatore sia ratificata nel successivo giudizio come dispone l’art. 13.

Ma a parte l’onerosità di tale istituto obbligatorio, c’è da considerare anche il prolungamento dei termini prima di poter accedere al giudizio civile.

Ai termini infatti stabiliti dall’art. 148 del D.lgs. 209/05, di 90 giorni addirittura

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prorogabili di ulteriori 30 per la incompletezza della documentazione, necessariamente si dovranno aggiungere quelli fino a 4 mesi come previsti per la durata della mediazione dall’art. 6 del D.L. 28/010.

Ovviamente la Mediazione potrà invece essere effettuata laddove l’assicuratore abbia omesso di effettuare l’offerta o l’abbia rifiutata, ma il problema del prolungamento dei termini e dell’aggravamento dei costi indubbiamente resta.

Mi sembra quindi di poter affermare, per lo meno da questo primo sommario esame del nuovo istituto e sperando di potermi ricredere, che la minaccia della Mediazione potrà costituire un valido ostacolo al contenzioso, incentivando l’assicuratore a proporre offerte congrue e il danneggiato ad accettarle, soprattutto se si tratta di microdanni direttamente risarcibili ai sensi dell’art. 139 del Codice delle Assicurazioni.

Infatti l’intento deflativo è reso evidente dal fatto che tra le azioni giudiziali subordinate al previo esperimento della mediazione, l’art. 5 abbia inserito, oltre a varie materie che effettivamente riguardano controversie che possono essere risolte extragiudizialmente, come i casi di responsabilità medica, la diffamazione, anche e soprattutto il risarcimento del danno derivante dalla circolazione stradale che a differenza di tutte le altre materie tassativamente elencate, già è soggetta a quel tentativo di conciliazione disciplinato dalle norme del Codice delle Assicurazioni che costituisce anch’esso presupposto pregiudiziale alla causa civile.

Sappiamo tutti che la gran parte del contenzioso che ingombra le Curie, riguarda gli incidenti stradali e che la maggior parte è relativa ai microdanni soprattutto quelli conseguenti al cd. colpo di frusta, e sappiamo tutti che l’80% dei danni denunciati alle assicurazioni è relativo appunto a questa italica micro patologia, sconosciuta negli altri

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paesi, il che comporta un onere gestionale da parte degli assicuratori estremamente rilevante con appesantimento dei bilanci e sottrazione di energie finanziarie e sinergie gestionali nella trattazione dei macrodanni, senza considerare poi la ricaduta sugli utenti per l’aumento dei premi.

Dunque l’inserimento dei danni da incidente stradale nell’art. 5 del D.L.

28/2010, è avvenuto proprio per la necessità di ulteriormente ridurre il contenzioso ed anche il costo di gestione dei danni causati da incidenti stradali, senza considerare però il prolungamento dei termini per la proposizione del giudizio e l’aggravio dei costi.

Rispetto invece alla Consulenza Tecnica Preventiva a scopo conciliativo di cui all’art. 696 bis cpc, pur essendo certo che non è subordinata all’espletamento obbligatorio della Mediazione, non costituendo giudizio ma solo procedimento di istruzione preventiva, tuttavia mi sembra evidente la sua sovrapponibilità all’istituto della Mediazione e quindi la sua sostanziale inutilità, sempre ammessa e non concessa la proponibilità di tale procedura nell’ambito del danno alla persona.

È infatti logico supporre che dopo il mancato accordo tra assicurato ed assicuratore, essendo obbligatorio ricorrere alla Mediazione quale presupposto per la proponibilità dell’azione civile, costituirebbe solo inutile appesantimento il ricorso ai sensi degli artt. 696 e/o 696 bis cpc, ben potendo le stesse finalità conciliative essere raggiunte con la Mediazione.

Inoltre ci sarebbe un aggravio dei costi per il danneggiato, già onerato da quelli della Mediazione, e un’inutile e quindi dannosa ulteriore perdita di tempo prima di poter iniziare la causa vera e propria.

Nulla questio invece per il tipico tentativo di conciliazione previsto dall’art. 185 cpc che finirà per essere un’inutile ultima spiaggia.

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La speranza quindi è quella che la Mediazione, barriera insormontabile per poter adire la giustizia ordinaria, costituisca per tutte le parti, assicuratori e danneggiati, una tale minaccia da costringere il componimento della lite in sede stragiudiziale nei limiti delle trattative previste e disciplinate dal combinato disposto degli artt. 139, 148 e 149 del D.lgs. 209/05.

Mi sia consentita una conclusione lapalissiana: il nostro ordinamento ci offre tutti gli strumenti più idonei per dirimere le liti ed evitare il contenzioso e le Linee Guida offerte dalla giurisprudenza ci consentono di arrivare ad una più rapida definizione della controversia, soprattutto nell’ambito dei micro danni da incidente stradale, ma se le norme non vengono rispettate, svuotati di contenuto i principi enunciati dai supremi giudici, puntualmente contrastati nella pratica applicazione, non solo vivremo nella più assoluta “incertezza del diritto”, ma assisteremo ad ulteriori per quanto inutili tentativi di mettere un freno all’abusato ricorso al giudice.

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