• Non ci sono risultati.

Rivista di diritto finanziario e scienza delle finanze. 1953, Anno 12, n.2, giugno

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "Rivista di diritto finanziario e scienza delle finanze. 1953, Anno 12, n.2, giugno"

Copied!
100
0
0

Testo completo

(1)

G I U G N O 1953 P u bbH ca zìon e trim estrale Anno X II - N. 2

Spedizione in abbonamento postale - Gruppo IV

RIVISTA DI DIRITTO FINANZIARIO

E S C I E N Z A D E L L E F I N A N Z E

(e

RIVISTA ITALIANA DI DIRITTO FINANZIARIO)

(2)

Pubblicazione sotto gii auspici

della C a m e r a di C o m m e r c i o di P a v i a

La Direzione è a Pavia, Istituto di Finanza presso l’Università e la Camera di Commercio, Strada Nuova n. 05, presso il Prof. Benvenuto Griziotti, al quale devono essere inviati manoscritti, bozze corrette, cambi, libri per recen­ sione in duplice copia, ecc., Assistente, Dr. "Francesco Forte.

Redazione corrispondente in Roma presso Prof. Cesare Cosciani, Via Cesare

Battisti 121, p. I li, e presso Prof. Gian Antonio Micheli, Via Sommacam- pagna, 15.

L’ Amministrazione è in Milano, Via Solferino 19, presso l’ editore A. Giuffrè.

Ad essa vanno indirizzate le richieste di abbonamento (c.c. postale 3/li9Sb), le comunicazioni per mutamenti di indirizzo e gli eventuali reclami per man­ cato ricevimento di fascicoli.

Condizioni di abbonamento Abbonamento annuo L. 3000

Estero . . . . » 4000

Fascicoli separati . » 1000

Estero . . . . » 1500

L’abbonamento decorre dal 1» gennaio di ogni anno e dà diritto a tutti i numeri dell’annata, compresi quelli già pubblicati.

Il pagamento può effettuarsi direttamente all’editore, anche con versamento sul conto corrente postale 3/17988, indicando a tergo del modulo, in modo leggi­ bile, nome, cognome e indirizzo dell’abbonato ; oppure presso i suoi agenti a ciò autorizzati. Il rinnovo dell’abbonamento deve essere effettuato entro il 15 marzo di ogni anno. Trascorso tale termine l ’amministrazione provvede direttamente all’incasso nella maniera più conveniente, addebitando le spese relative.

Le richieste di cambiamento di indirizzo devono essere accompagnate dall’im­ porto di L. 70 in francobolli.

I fascicoli non pervenuti all’abbonato devono essere reclamati entro 10 giorni dal ricevimento del fascicolo successivo. Decorso tale termine, non si spediscono che contro rimessa dell’importo.

Gli abbonamenti che non saranno disdetti entro il 10 dicembie di ciascun anno si intenderanno tacitamente rinnovati per l’anno successivo. L’abbonamento però non può essere disdetto se l’abbonato non è al corrente con i pagamenti.

Per ogni effetto l’ abbonato elegge domicilio presso l’ amministrazione della rivista.

ABBONAMENTI CUMULATIVI: Gli abbonati alla Rivista di Diritto Finanziario

e Scienza delle Finanze, in regola con il pagamento, hanno diritto ad una ridu­

zione del 10 % sugli abbonamenti alla Rivista dei Dottori Commercialisti ed a II

Diritto fallimentare e delle società commerciali, edite dalla Casa Dott. A. Giuffre.

(3)

IL PR IN C IPIO D ELLA SO L ID A R IE T À ’ F IN A N Z IA R IA

1. — Nelle comunità o associazioni si possono rilevare questi tre

tipi di rapporti: di com m utazione, di solid a rietà e infine di p a ra ssi­ tism o o spogliazione o sopraffazione.

Nell’attività economica sono caratteristici i rapporti di com m u­

tazione o di contratto nella supposizione ciré le due parti abbiano uguale forza (Pantaleoni). Si forma un mercato di scelte e il prezzo ne è la risultante.

Quando prevalgono atti di solid a rietà , o scompaiono i rapporti

economici o la attività economica risulta deviata dall’atto solidale. Il padre non esercita una attività economica nel seno della famiglia, quando distribuisce il suo reddito secondo i bisogni di ciascun membro di essa. In una società regolata da principi di vera mutualità, sono soddisfatti gli interessi di tutti, altrimenti essi non aderirebbero alla società, ma i più capaci sacrificano proventi, che potrebbero ottenere in una società non retta da principi mutualistici, a favore dei meno capaci, che realizzano nella mutua utili maggiori che in altre società di diversa natura.

A misura che prevalgono azioni di p a ra ssitism o, spogliazione o

di fo rza (1) viene a cessare o risulta sacrificata l’attività economica, che presuppone libertà di scelte o di contratto e libertà di riparti­ zione e godimento della ricchezza e si afferma una attività di altra natura.

2. — Nell’attività finanziaria, con la scelta simultanea di spese

per rendere servizi (o produrre beni) pubblici e di entrate pubbliche per provvedere ad esse, lo Stato soddisfa all’interesse pubblico. Questo comprende l’interesse comune o indivisibile e proprio dello Stato, sic­ ché esso non sarebbe soddisfatto in mancanza di tale ente politico. Ma l’interesse pubblico non esclude sempre la sua concordanza con l’in­ teresse collettivo, ossia della società convivente o operante nello Stato, e l’interesse privato dei singoli individui o enti. Diventano pubblici gli interessi collettivi e individuali, allorché lo Stato ritiene, che senza il proprio intervento essi non potrebbero essere assicurati in modo generale, illimitato e duraturo, come meglio conviene secondo la

valu-(1) M. Pan taleon i, Erotemi di Economia (L ’Atto Economico e Tentativo

di analisi di « forte e debole » in economia), Laterza, Bari, 1925, voi. I, p. 67 e 329 ss.

(4)

— 108

tazione pubblica, per inadeguati mezzi economici dei singoli o di parte di essi o per non eguale ed universale o duraturo loro apprezzamento.

3. — Nell’attività finanziaria non si riscontrano i caratteri del­

l’attività economica. Inoltre la Finanza alle sue scelte subordina quelle dell’attività economica. Invero lo Stato nell’esercizio dell attività fi­ nanziaria secondo l’interesse pubblico dispone di forza coattiva os­ sia di potere finanziario. Questo si manifesta simultaneamente dal lato delle spese e da quello delle entrate. Così vengono preordinati i servizi pubblici da prestare colle spese statali e i mezzi finanziari destinati a provvedere ad esse. La duplice simultanea scelta viene compiuta dallo Stato in conformità ai criteri cbe il parlamento ed il governo suppon­ gono più idonei a soddisfare l’interesse pubblico e insieme quelli col­ lettivi e individuali. Ma tali supposizioni possono corrispondere agli interessi della totalità, (.Iella maggioranza o della minoranza dei cit­ tadini o essere discordanti da essi, per misura, qualità e durata o in modo assoluto, poiché la collettività e i singoli possono essere contrai i alle scelte fatte dal parlamento o dal governo per molteplici e varie ragioni. Tuttavia le scelte vengono compiute e trovano forza di legge nel bilancio pubblico. Nonostante l’adesione o per la mancata adesione dei cittadini e della collettività la natura delle scelte delle spese e delle entrate pubbliche si afferma politica, cioè coattiva, e pertanto non economica.

Di queste scelte restano subordinate le scelte economiche. Gli ope­ ratori economici dalla conoscenza delle spese e delle entrate pubbliche e dei rispettivi piani finanziari traggono l’orientamento delle loro scelte per lo svolgimento della loro attività economica, che diventa comple­ mentare e susseguente all’attività finanziaria. Essi provvedono ai ser­ vizi non prestati dallo Stato o corrisposti in misura e in qualità ina­ deguate e, tenendo conto dei loro costi finanziari e parafinanziari, pos­ sono calcolare se l’attività economica, che intendono svolgere, presenta margini di utili, dati i prezzi prevedibili sul mercato.

D ’altra parte i consumatori compiono le scelte dei consumi, a cui provvedere con l’uso dei loro redditi o con l’impiego del patrimonio, dopo aver conosciuto i servizi offerti dallo Stato e gli oneri pubblici, che decurtano la loro ricchezza, sicché solo con la residua ricchezza disponibile possono provvedere ai loro interessi.

4. _ Questa mancata coincidenza dell’attività economica e di quella

politica si accentua anche per la circostanza che l’attività economica è regolata dal mercato, in cui il prezzo si afferma secondo l’equilibrio, la dinamica dell’offerta e della domanda.

(5)

— 109 —

perchè ne sono diversi l’oggetto e la causa. Nell’economia lo scambio si effettua al minimo costo e la causa di esso è l’interesse delle parti che lo attuano.

Nella finanza pubblica il minimo costo è subordinato al criterio del pieno raggiungimento dell’interesse pubblico, che diventa la causa della commutazione in armonia con l’interesse privato dell’altra parte. Con questo rapporto di diritto pubblico non si effettua un contratto, perchè esso non ha valore di legge fra i contraenti. La commutazione si opera per legge di diritto finanziario. Se le condizioni della com­ mutazione, col verificarsi di nuove circostanze, non sono più conformi all’interesse pubblico, lo Stato con disposizione legislativa scioglie o modifica le condizioni della commutazione precedente con comando unilaterale.

5. — L’interesse pubblico non viene soddisfatto come l’interesse pri­

vato nell’economia di mercato, anche perchè esso si combina direttamen­ te col criterio della solidarietà. Pertanto l’interesse pubblico rimane condizionato dal criterio della solidarietà sia dal lato delle spese sia da quello delle entrate pubbliche.

L’offerta dei servigi pubblici, anziché trovare il proprio limite nella domanda, come avviene nell’economia di mercato, si manifesta in mi­ sura da soddisfare l’interesse publico, sicché non solo i servizi di inte­ resse comune, ma anche parecchi che riguardano gli interessi collettivi e individuali, vengono prestati e consolidati nella misura, nella qualità e per la durata, che sono conformi all’interesse pubblico. Così avviene per i servizi della difesa, della polizia, della giustizia, delle scuole, delle comunicazioni, dell’igiene, dell’acqua, ecc., i quali vengono pre­ stati senza tenere conto della richiesta fatta dai cittadini, anzi in modo che tale richiesta non venga fatta allo Stato, per essere già stata sod­ disfatta esaurientemente e spesso gratuitamente, affinchè gli interessi pubblici e privati siano integralmente soddisfatti. Talvolta i servizi vengono imposti ai privati, quando essi mancano di farne richiesta, come nel caso dell’istruzione elementare gratuita e generale.

In coerenza con l’atto finanziario di prestare tali servizi in modo obbligatorio e gratuito, il costo viene addossato mediate prelievi obbli­ gatori da cittadini dotati di capacità contributiva, con esclusione di quelli che ne sono privi. Ma anche quando alle spese di servigi conso­ lidati si provveda con tributi reali, che non ammettono esenzioni, si verifica ancora la circostanza che i pubblici servigi, corrisposti in eguale misura ai più poveri e ai più ricchi, e non secondo la particolare richiesta e il consumo di tali servigi, gravano sui ricchi più che sui po­ veri, anche se l’imposta è proporzionale (2). Se l’imposta è progressiva diventa maggiore l'onere per i ricchi. Altri servigi sono prestati su ri­ chiesta di chi li desidera (come quelli della giustizia, della posta e di

(6)

— 110 —

altre comunicazioni, dell’istruzione media e superiore), ma il corrispet­ tivo viene stabilito in rapporto all’interesse pubblico che tali servigi siano o no diffusi nella collettività. Nel primo caso il corrispettivo può essere inferiore al costo; negli altri casi può uguagliare o superare il costo.

Pertanto nella prestazione di questi servigi può esercitare la sua azione il criterio della solidarietà sociale, per cui diventa interesse pub­ blico che un certo gruppo di servizi pubblici venga corrisposto larga­ mente a tutti anche se molti non hanno la capacità contributiva per farne la richiesta integrale in conformità ai suoi interessi.

Può avvenire anche il fenomeno che per solidarietà i servizi siano prestati a coloro che non ne fanno richiesta e che agli stessi venga im­ posto il loro costo completamente o in parte. Così si delibera di sistemare a pubblico mercato una parte della città per assecondare gli interessi dei produttori, dei commercianti e della collettività dei consumatori. Il costo complessivo della spesa pubblica risultante viene ripartita in due parti. L’una viene messa a carico dei proprietari degli edifici, che si trovano circostanti al mercato, in rapporto al supposto incremento di valore per tali fabbricati, anche se il proprietario e gli inquilini di tali fabbricati preferiscono che tale mercato non fosse stato creato al posto di un grande giardino alberato. L’altra parte del costo viene ripartita con imposte generali.

Parimenti, per atto di solidarietà politica, il costo di una guerra perduta, mediante provvedimenti fiscali di varia natura, viene posto a carico di cittadini, che in parte o in generale erano contrari alla dichia­ razione ed al combattimento di essa.

Inoltre, se tale costo viene coperto mediante prestiti pubblici, dei quali gli interessi e le quote di ammortamento saranno corrisposti negli anni susseguenti, oppure mediante emissione di carta moneta, che ver­ rà rimborsata con imposte dell’avvenire, oppure sarà ridotta a zero per la perdita del potere d’acquisto della moneta, tutti questi procedi­ menti finanziarii per trasferire il costo delle spese di guerra sulle ge­ nerazioni future, che possono anche riconoscere tutto il danno e il nes­ sun vantaggio derivante per loro dalla guerra perduta, si fondano su atti di solidarietà politica fra le generazioni successive di uno stesso popolo o di un medesimo Stato.

Le spese pubbliche, che all’inizio dell’unità nazionale vennero com­ piute a favore specialmente delle regioni e delle industrie situate al Nord e quelle che attualmente in particolare si compiono per la valo­ rizzazione e la riforma fondiaria e agraria delle regioni meridionali e insulari e in genere delle zone depresse; quelle per promuovere la salute delle nuove generazioni mediante colonie fluviali, marine e alpine; le spese erogate per favorire la costituzione e il progresso di industrie, di commerci, di banche; i fondi erogati per l’I.E.I. e per l’I.M.I. e il cre­ dito a medio termine per gli artigiani, tutti questi dispendi sono sempre applicazioni del criterio della solidarietà, politica, economica e sociale.

(7)

— I l l

riemerge al primo piano il principio della solidarietà, quando si accorda la protezione doganale per favorire i produttori mediante dazi sulle merci, die sono a scapito dei consumatori, che subiscono l’aumento delle merci. Il consumatore avrebbe tutto l’interesse di acquistare il pane al prezzo del mercato internazionale e solo indirettamente come pro­ duttore potrà in parte compensare il danno con il vantaggio di parte­ cipare all’attività di un mercato più attivo e complesso per opera della protezione. E’ questo un caso di attuata solidarietà politica, sociale ed economica.

Anche le spese demografiche gravano il fardello della solidarietà, quando favoriscono con premi e con la provvista di corredi a nunzialità e natalità, con varie facilitazioni le famiglie numerose.

Gli esempi potrebbero proseguire, ma difficilmente aggiungerebbero una nuova espréssione della solidarietà finanziaria dal lato delle pub­ bliche spese.

6. — Della solidarietà finanziaria nel riguardo delle entrate nelle

pagine precedenti ho già avuto occasione di dire parola.

Ma parlando esplicitamente di esse, è da segnalare una manifesta­ zione di solidarietà negli atti finanziari di liberalità per lo Stato o di altri enti pubblici per opera di vivi o mortis causa, ovvero da Stato a Stato, o dallo Stato federale agli Stati federati, alle provincie e ai comuni o reciprocamente. Particolare esempio di solidarietà da parte di stati esteri si ebbe verso l’Italia e verso l’Olanda in occasione delle recenti alluvioni, ecc. Pure atti di solidarietà commisti ad interessi pubblici internazionali sono anche gli atti di salvataggio di paesi ab­ battuti daH’inflazione durante o dopo lunghe guerre, come avvenne per l’Austria, l’Ungheria, la Grecia ed altri paesi.

Altresì conviene sottolineare come il criterio della solidarietà, come riflesso delle direttive di natura pubblica della finanza pubblica, si inne­ sti nelle entrate, ottenute per commutazione diretta o indiretta fra pre­ stazioni dei pubblici servigi degli enti pubblici e controprestazione da parte di chi partecipa ad essi, e sommerga ogni altro criterio, quando dalle spese pubbliche non è ritraibile alcuna utilità, perchè vennero com­ piute in mera perdita.

Così è da mettere in rilievo che i corrispettivi (3) differiscono dai prezzi dell’economia per l’accento posto dal principio della solidarietà.

Parimenti avviene per le tasse (come tasse di giustizia civile), quando esse non siano determinate per criteri di polizia, (tassa sulle armi) o altri princìpi (tasse giudiziarie penali), che non corrispondono a quelli della solidarietà.

Nelle imposte dirette s’accentua il criterio della solidarietà per l’uso

(3) Sul significato di corrispettivo si legga B. Gk izio t ti, La contropre­ stazione e sue applicazioni, In « Rivista di Diritto Finanziarlo e Scienza delle

(8)

(li aliquote proporzionali e di quelle progressive in rapporto al concetto della capacità contributiva, che comporta esenzioni nelle imposte perso­ nali e discriminazioni delle aliquote nella imposta di ricchezza mobile e in quella delle successioni. Con questo tributo si tiene conto anche della parentela, per attenuare le aliquote quanto più essa risulta prossima ed accrescerle sui parenti più lontani e sugli estranei. Tutte queste varie disposizioni sono connesse a criteri della capacità contributiva e altresì della solidarietà.

Inoltre, con i soli criteri della solidarietà si riesce a giustificare le imposte, che, per coprire le spese di guerra, colpiscono altresì contri­ buenti, che durante il conflitto non si sono arricchiti, bensì impoveriti, perchè i loro averi subirono la perdita nel potere d’acquisto.

E’ ben vero che prima del conflitto i loro redditi e i risparmi si sono potuti accumulare sotto la protezione dello Stato, per usare l’espres­ sione degli antichi studiosi e in particolare di Adam Smith. In Inghil­ terra, durante la seconda guerra mondiale, i ricchi hanno dato prova della loro solidarietà finanziaria, accettando serenamente per amor patrio l’imposizione assai dura, che ridusse i contribuenti aventi più di 6 mila sterline da 7.000 a 60. Ancora è evidente il criterio della solidarietà nella sottoscrizione dei prestiti pubblici, patriottici, il cui interesse negli U.S.A. è disceso durante la guerra nel confronto dei tassi vigenti nel tempo di pace, anche se il fenomeno può essere riferibile altresì all’ab­ bondante liquidità finanziaria dovuta all’enorme sviluppo dell’economia di guerra e all’incremento dei profitti, non neutralizzati dalle imposte, nei ceti medi.

Il criterio della solidarietà è da apprezzare anche nelle finanze extra- fiscali, con i tributi redistributivi della ricchezza, con i dazi protettivi...

Per considerare solo i tributi redistributivi è il criterio della soli­ darietà fra le varie classi di redditieri a spiegare il pacifico accorcia­ mento delle distanze economiche e sociali, che si opera mediante l’im­ posta progressiva. Ma bisogna evitare che questa non oltrepassi il punto

critico, al di là del quale l’evasione, l’emigrazione o l’esportazione di

capitali, le rivolte e le rivoluzioni rendono vano il tentativo di abusare del criterio della solidarietà per giungere alla drastica ridistribuzione della ricchezza per mezzo dei tributi.

Passando ai rapporti finanziari ispirati a criteri di parassitismo, di spogliazione e di sopraffazione, cioè alla finanza arbitraria o illecita, il principio della solidarietà cessa dall’avere qualsiasi applicazione, essendo la situazione giuridica e sociale in contrasto evidente con esso.

Gli atti della finanza pubblica sia rispetto alle spese sia alle entrate e al loro bilancio sono considerati strumenti di una più diffusa ed elevata prosperità generale e di una maggiore occupazione.

Il fondamento di questa politica economica e finanziaria risiede nel criterio della solidarietà, per la quale si spostano gli interessi del mer­ cato, creando rendite positive per gli uni e rendite negative per gli altri in vista dell’interesse pubblico collettivo. Così si parte da un movimento

(9)

113

di inflazione, che riduce il potere d’acquisto dei redditi fissi, per ottenere il sollievo economico di settori economici agricoli, industriali e commer­ ciali. D’altra parte remissione di prestiti pubblici e l’aumento di spese per opere pubbliche in vista di tale politica economica promuovono nuove entrate per provvedere agli interessi e agli ammortamenti, nonché alla riduzione del disavanzo. Si pongono in giuoco così interessi opposti per il conseguimento dell’interesse comune per virtù dei criteri della solidarietà.

7. — Il criterio della solidarietà nella finanza pubblica lecita si è dunque dimostrato immanente in quasi tutte le spese e le entrate. Esso condiziona le scelte finanziarie e attenua la difficoltà delle loro applica­ zioni ai casi concreti, mediante le opportune riduzioni od esenzioni di corrispettivi o di tributi.

8. _ per ciascuno dei principi politici, che caratterizzano le scelte di ogni singola entrata, il criterio della solidarietà esprime la funzione sociale dell’atto finanziario, che ha per oggetto il prelievo della ric­ chezza. Quindi, l’analisi di ogni entrata pubblica porta a distinguere il

p rin cip io p olitico, che dà il criterio della sua scelta e la sua funzione econom ica e s o c ia le ; il ra p p o rto giu rid ico e l’ op era zion e tecnica, mediante i quali il potere finanziario attua l’entrata. I primi due elementi e gli altri due sono fra loro particolarmente connessi in ogni entrata e rispet­ tivamente esprimono: a) l’elem ento p olitico e la sua fu n zion e econom ica e s o c ia le ; b) l’ elem ento giu rid ico, che riguarda sia il ra p p orto di d iritto finanziario fr a lo S tato e il con trib u en te, sia l ’op era zion e tecn ica finan­ ziaria di attuazion e dell’ en trata.

L’elemento politico economico sociale rappresenta la causa dell’atto finanziario, ossia la sua funzione specifica e obiettiva di pubblico inte­ resse, in considerazione della quale la legge riconosce come giuridica la entrata pubblica (4).

Per Nicola Coviello, per i negozi giuridici, che importano disposi­ zione patrimoniale, la causa, definita « la ragione economica-giuridica del negozio», per quanto ne sia elemento essenziale, può non essere menzionata nel documento scritto (5).

I rapporti di diritto finanziario importano trasferimenti patrimo­ niali e perciò è essenziale per l’ordinamento giuridico che la legge finan­ ziaria presupponga la causa di tale trasferimento, anche se nella legge non se ne trova menzione, e che l’atto finanziario, che procura un entrata sia riconosciuto nella sua validità giuridica, ove la sua specifica funzione politica economica sociale sia identica a quella della legge.

(4) Per analoga definizione della causa nel diritto amministrativo si veda

R . Resta, La natura giuridica dell’ eccesso di potere, in « Studi in onore di

F. Cammeo», Cedam, Padova, 1933, p. 410-11.

(5) N. Coviello, Manuale di Diritto Civile Italiano, Soc, Ed, Libr., Mi­

(10)

Nella causa sono fondamentali gli elementi politico ed economico, come i principi della commutazione, del beneficio e della capacità contri­ butiva, a cui corrispondono le funzioni specifiche corrispondenti dello scambio diretto o indiretto nelle entrate fiscali, e nelle entrate extra­ fiscali i principi della protezione, della redistribuzione, della piena occu­ pazione e simili. Ma non meno essenziale nella causa è l’elemento sociale, nel quale emerge il criterio della solidarietà. L’applicazione del criterio della solidarietà conferisce un senso di umanità al potere fiscale. Così la causa della legge necessariamente confluisce sull’atto finanziario come elemento essenziale della sua legittimità e liceità, e concorre sia a rico­ noscere la sua essenza, sia i suoi limiti, sia i criteri della sua appli­ cazione o interpretazione, sia le doppie imposizioni.

Quindi nelle entrate fiscali e nelle extra-fiscali il criterio della soli­ darietà concorre a conciliare l’interesse pubblico con l’interesse privato o il sacrificio privato momentaneo col suo interesse permanente di cit­ tadino con l’interesse pubblico.

Nelle entrate acausali, come nella finanza arbitraria, illegittima o illecita, la mancanza di causa indica l’atto finanziario disgiunto dal cri­ terio della solidarietà.

Quindi il criterio della solidarietà qualifica l’elemento politico éd economico di ogni entrata ed è caratteristico della causa delle leggi finanziarie e dei singoli atti, che ne derivano.

Inoltre per il criterio della solidarietà avviene l’esenzione o la miti­ gazione del dovere finanziario alle persone, agli enti e alle ricchezze, che pur essendo favoriti dai benefici delle pubbliche spese non presen­ tano capacità contributiva, sicché il peso dei carichi pubblici si riparte su quelli che ne sono dotati e si ottiene l’equità nella finanza pubblica.

9. — Il principio della solidarietà finanziaria non può trovare appli­

cazione sempre e ovunque, perchè si devono considerare le condizioni, entro le quali può considerarsi possibile la sua effettuazione, e i limiti, che esso non deve oltrepassare.

Nelle finanze di popoli, le cui condizioni economiche sono modeste, uniformi e primitive e perciò le spese e le finanze pubbliche sono assai moderate, non vi è opportunità di differenziare i doveri dei cittadini in considerazione dei criteri della solidarietà nelle spese e nelle entrate, all’infuori che negli stati patrimoniali, nei quali il principe provvede a gran parte delle spese pubbliche con il suo patrimonio ed egli è sorretto da una classe di nobili, che per le loro terre fanno altrettanto. Ma per il resto delle spese pubbliche si compiono prelievi reali sui prodotti. In molti paesi le imposte arrivano solo al 2 o 3 per mille del valore (non bene accertato) della proprietà. Il criterio della solidarietà non può manifestarsi per la minima pressione tributaria e per l’eguaglianza delle condizioni economiche.

Anche in paesi, in cui la miseria dilaga fra centinaia di milioni di abitanti, dispersi in enormi territori, scarsamente coltvati e situati in miserabili condizioni economiche (aree depresse) e dove relativamente

(11)

— 115

pochi ricchi posseggono patrimoni colossali, la finanza pubblica non può attingere alle ricchezze dei pochi grandi miliardari, per promuovere lo sviluppo dell’economia nazionale (strade, ferrovie, telegrafi, telefoni, bonifiche, macchine agricole e industriali), sicché occorre l’intervento dell’economia e della finanza internazionale.

A l contrario in America del Nord le spese pubbliche produttive aumentano rapidamente il reddito di tutti e creano la pubblica prospe­ rità, come avvenne dopo la grande crisi del 1929-30 col « New Deal ». In queste condizioni i più poveri diventano abbienti e gli abbienti ricchi e i grandi ricchi meno ricchi per effetto dell’imposta progressiva elevata e bene applicata: l’imposta rappresenta un mezzo di solidarietà e di diffusione del benessere. Allora è possibile di differenziare la pressione dei tributi con il criterio della solidarietà politica ed economica e di incrementare le spese pubbliche, con lo stesso principio della solidarietà, per i servizi fondamentali di sicurezza interna ed esterna, giustizia, igiene, istruzione, comunicazioni, assistenza sociale, beneficenza ecc., e per tutte le altre manifestazioni di solidarietà finanziaria, la quale è simile alle forme di solidarietà, che caratterizzano la famiglia, le chiese e le associazioni politiche, culturali, sportive, ma che si manifestano pure fra altre specie di animali, di vegetali, come una esigenza della vita, dell’equilibrio, della coerenza o coesione vitale e fisica, creandosi così situazioni e dinamiche, che sono però limitate e contrastate da forze opposte.

In questo ordine di spese e imposte per solidarietà vi è un limite tanto più vicino, quanto meno essenziali e proficue sono queste specie di solidarietà e quanto meno adatte sono le condizioni per l’applica­ zione di questo principio, affinchè non si verifichi un processo regressivo, anziché quello desiderato del progresso. Così la crisi attuale dell’In­ ghilterra è in parte da attribuire all’eccesso di provvedimenti ispirati a sentimenti di solidarietà, durante gli anni del dopoguerra.

Questo limite si può in via eccezionale spostare sia per le spese sia per le entrate, nel caso di lotta per 1’esistenza. La stessa Inghilterra nella seconda guerra mondiale ha scardinato, colle imposte portate ad oltre il 90 % , i secolari patrimoni della nobiltà (castelli, gallerie d’arte, gioielli, latifondi), perchè di fronte al pericolo dell’invasione, il dilemma per i patrioti inglesi fu di uccidersi o di farsi uccidere. Gli inglesi vinsero la guerra e i più ricchi di ieri divenuti i declassati di oggi considerano il maggior titolo di nobiltà l’aver sacrificato la ricchezza per la libertà del proprio paese.

Il limite della solidarietà invece è immediato sia per le spese come per i tributi corrispondenti, quando si tratta di spese scellerate, come quelle che abusivamente contro ogni fondamento della morale politica, della costituzione ed altresì del diritto internazionale sono destinate a corrompere i costumi, a provvedere alle spese di guerra del nemico inva­ sore contro la nostra patria. Allora cessa la solidarietà finanziaria nei popoli amanti della libertà, per dar luogo ai sentimenti opposti.

(12)

DEGLI EFFETTI D I DISTORSIONE DELLE IMPOSTE SUI CONSUMI

1. _ L’impulso in verità vigorosissimo die gli studi di finanza

hanno ricevuto e sempre maggiormente ricevono dall’abbandono del a concezione per dir così «neutrale» dell’attività statale, ripropone con

maggiore urgenza taluni temi su cui ebbero a soffermarsi 1 nostri

Maestri, ed al cui studio i contemporanei si accingono con un piu vasto corredo di perfezionati strumenti di indagine. Uno di questi temi è quello degli effetti comparati di due sistemi di imposte rispet 1- vamente sui consumi e sul reddito, da cui logicamente discende il prò- blema della diversità o meno di pressione tributaria, a parità di pre­ lievo nonché i connessi teoremi della doppia tassazione del risparmio,

da un lato, e dell’effetto di distorsione delle imposte sui consumi, dal­ l’altro. Sul primo di questi due teoremi si è recentemente riaccesa la

polemica su talune riviste italiane(1) ed è quasi parsa un non del

tutto inatteso cavallo di ritorno, dopo le lunghe e sottili dissertazioni che su questo argomento si erano succedute nel primo trentennio di questo secolo, e che avevano visto impegnati taluni dei nostri maggiori

economisti (2); su secondo si è nuovamente acuito l’interesse degli sto­

n i O fr F Vi l l a n i, II sofisma della d o m a tassazione del risparmio in m v & ì d i P M t i e a Economica, gen n a io 1952, p a g. 1 ;

ari redditi e il fondam ento teorico delle imposte, « G io r n a le d egli E c o n o m is t i» « R ev u e de Scien ce et de Legislatura F in a n c iè r e » , a p rile-gn ign o 1951.

(2) Jo h n St u a r t Mi l l, Principles o f politicai economy, voi. I, <=ap. p a rte IV e gli in terv en ti in sede di C om ita to p e r la In coin e 'F ix nol SÒI -

e nel 1861; Fi s h e r, La matura del capitale e del reddito Torino 1922 p ^ 191 e segg • Ei n a u d i, In torn o al concetto di reddito imponibile e di un « » * im poftè sul reddito consumato, T o r in o , 1912 ; Id ., J " t r i b u t a ia - r , . . . i . - pfi 104«• Td M iti e paradossi della giustizia triouiarin, : . w i 2 ed., 1924, pagg. 670 e s e g g .;.I d A study T T u il finance, 1928, pagg. 135 e .s e g g .; M.

dm risparmio in La Riform a Sociale, m a rzo-a p rile 1928, pag. l u i e s e g g ., U. Ric c i, La taxation de Vépargne in R evue d’économ ie p o l i r e m ^ g io ^ g iu g n o

1097 n a é 878 e segg ; Id., La tassabilità del risparmio in La Riform a Sociale rn a ryo^anrile 1928 p g g 12 2 ; Id., L ’im posta unica sui consumi non n ecessari nel Rom a 1914- A. Or a z ia n i, Istitu zion i di scienza delle finanze, 2 ed., i a i i . „ „ „ ’ 317 e ’ s e g g - A De Vi t i De Marco, Scienza delle Finanze, R om a 1 0 « , J f . , 3 1 * principi di Econom ia Finanziaria, E d iz. Scien tifich e, E in a u d i,

(13)

117

diosi anglosassoni, e nordamericani in ispecie, riecheggiando così la non sopita eco del famoso dibattito IIotelling-Frisch (3). Anche sn questo secondo problema, però, non ha mancato di farsi sentire la voce di qualcuno fra i più attenti e profondi cultori italiani della scienza della finanza pubblica (4).

A nostro avviso l’impostazione originariamente data ai due pro­ blemi in termini microeconomici non poteva non addurre a sterili ri­ sultati. La valutazione della preferenza di un sistema di prelievo ri­ spetto ad un altro non può farsi se non in termini dei suoi effetti eco­ nomici (effetti che in definitiva condizionano anche gli effetti in ter mini di benessere e individuale e collettivo, anche se con essi non coin­ cidono necessariamente): questa analisi deve pertanto esser condotta tenendo conto in primo luogo delle modificazioni che l’attività dello Stato provoca nell'intera struttura produttiva. Ciò si rende necessa­ rio: a) per tener conto dei processi di formazione, distribuzione e impiego del reddito; 6) delle variazioni di equilibrio del periodo luogo.

La ricerca degli effetti delle imposte in termini di variazioni nell’equilibrio generale del mercato è stata del resto perseguita da un gran numero di studiosi, italiani e stranieri, fra i quali segnalia­ mo, accanto ai classici della finanza pubblica, come Barone, Panta- leoni, Einaudi, De Viti De Marco, G. Boi-gatta (5) parecchi economisti anglosassoni contemporanei, quali lo Hansen, il Samuelson, il Boul- ding (6), e i nostri D’Albergo e Arena che nei loro corsi di economia della finanza publica sembrano aver accolto la concezione che ripudia l’adozione di un metodo atomistico nella ricerca degli effetti delle im­ poste, ritenendo necessario fare sistematico riferimento a problemi di massa esaminati per di più nel loro divenire (7).

493 ; Id., La teoria dell'ammortamento dell'imposta e l’imposta personale sul red­

dito, in Giornale degli Economisti, giugno e agosto 1927 ; D.H. Mac Gregok, Taxa. lion of Saving in Economia, 1936, novembre, pagg. 387-403 ; Fa s ia n i, Principi di Scienza delle finanze, Ed. Giannichelìli, Torino 1941, voi. II, appendice VII,

pagg. 285 e seg, ; Fa b ia n i, A proposito di un recente volume sull’incidenza del­ le imposte, Giornale degli Economisti, gennaio-febbraio, 1940; G. Capodaglio, Nota su una « vexata questio », in Economia, maggio 1940 ; U. Ric c i, La tassa­ zione del risparmio in Rivista di studi economici corporativi, 1940.

(3) Cfr. Ragnar Fr is c ii, The Dupuit Taxation Theorem, Econometrica.

1939, pagg. 145-151 ; Haiioi.ii I Iotei.tjn g, The relation of prices to marginai costs in an optimum System. Ibid. pagg. 151-155 ; e ancora Fr is c ii e Hotel -

l in g, ibid., rispettivamente a pagg.. 156 e 158.

(4) Cfr. specialmente, E. D ’Albergo, Economia della Finanza Pubblica, Bologna, 1951, voi. I e II, e sopratutto le altre opere più oltre citate.

(5) Barone, Principi di economia finanziaria in L e Opere, voi. I li, Bo­

logna, 1937; M. Pan taleon i, Studi di finanza e statistica, Bologna, Zanichelli,

1938; Ein a u d i, Principi di Scienza delle Finanze, Torino, 1940; De Vi t i De

Marco, Principi di Economia Finanziaria, Torino, 1934 ; G. Borgatta, Appunti di Scienza delle Finanze e Diritto Finanziario, Milano, 1933.

(6) A. IIa n se n, Fiscal Policy and Business C ycles; P. Sa m u e l s o n, Eco- nomics, Me. Grow-Hill, 1948 ; IV Bo u l d in g, Economie Analysis.

(14)

— 118 —

Una impostazione di questo tipo implica com’è ovvio, una diversa impostazione anche dei singoli problemi ai quali abbiamo fatto cenno, e in particolare di quello degli effetti di distorsione delle imposte sui consumi, sul quale intendiamo soffermarci in questo saggio : mentre ci proponiamo di rinviare ad altro momento lo studio degli effetti economici comparati di due diversi sistemi di tassazione, a parità di prelievo.

2. Dal teorema pantaleoniano della identità della pressione

teorica di qualunque imposta a parità di ammontare, e dalla oppo­ sta tesi del Barone affermante la inesistenza di tale identità, si e sviluppata una lunga polemica prò e contro la prefenbilita, dal punto di vista della perdita di utilità del consumatore individuale, delle imposte sui consumi e sul reddito, considerate come metodi alter­ nativi di prelievo di un ammontare dato di imposta.

La tesi del Pantaleoni (8) è nota: essa si può sintetizzare nei

seguenti 4 punti:

1) una data sottrazione di reddito a Tizio — comunque sia fatta ( diretta o indiretta) — ha sempre per effetto un riordinamento dei consumi con identico risultato a parità di reddito sottratto;

2) a parità di provento, la perdita di utilità del consumatore

è eguale;

3) l’imposta si ripartisce ai margini di tutti ì consumi;

4) sussiste una diversità degli effetti a seconda della elevatezza

dei redditi; .

5) l’imposta è considerata un fatto più definitivo di un aumento

di prezzi.

Altrettanto nota è la opposta tesi del Barone (9), che qui rie­ sponiamo per pura comodità del lettore:

1) La perdita di utilità di Tizio è minore con l’imposta diretta. 2) Il riordinamento dei consumi è diverso (pag. 38, op. cit.'' T " dimostrazione del Barone appare dalla fig. 1, qui riprodotta.

La

voi. I, passim, e capitoli V ili , IX e X ; C. Ar e n a, Corso di Scienza delle Finanze e Diritto Finanziario, Jovene, Napoli, 1940. .

(8 ) PANTALONI, L’identità della pressione teorica di qualunque imposta a parità di ammontare e la sua semeiotica, d o m a le degli Economisti, marzo

1910, pag. 293.

La tesi pantaleoniana era stata in precedenza sostenuta, anche se con argomentazioni diverse e inadatte a cogliere il vero aspetto del problema (che si pone in termini di guadagno o perdita di utilità per il contribuente) dal Go b b i in un articolo dal titolo: TJn preteso difetto delle imposte sui consumi,

apparso nel Giornale degli Economisti, aprile 1904, pag. 304

(91 Barone Le opere Economiche, voi. I l i Principi di Economia Finan­

ziaria, Zanichelli ed., Bologna, 1937, pagg. 36-41. C f r a n c h e : B obgatta Intorno

(15)

— 119 —

Prima dell’imposta, il punto è C. Con l’imposta sul reddito, il pun­ to è D. Se il fisco vuol cagionare al contribuente la stessa perdita di utilità, l’imposta sui consumi deve essere del tipo PA (tangente ad I2).

EA = imposta diretta, il triangolo LUE è simile ad IK A

(trian-A

A

goli con angoli eguali A = E), e poiché L H < I K sarà H E < K A . Ora poiché l'ammontare di imposta riscossa è data da H K = HE -j- EK, sarà HE + EK < KA + EK e coè HK < EA. L’ammontare di riscosso, a parità di sacrificio del contribuente, è minore con l’im­ posta indiretta (op. cit., pag. 38).

In un suo acuto saggio critico, il D’Albergo (10) ha operato un accostamento logico fra le tesi di Pantaleont e di Barone, e il teorema marshalliano della minor perdita della rendita del consumatore quando il prelievo avvenga su merci necessarie invece che su merci di lusso, nonché fra gli sviluppi che da questi due teoremi hanno tratto da un lato i nostri Ricci e Fasiani, e dall’altro W. K. Hicks e M. F. Joseph.

La confutazione che il Ricci fa del teorema pantaleoniano si basa, com’è noto, sulle tre ipotesi di merce a domanda anelastica, inelastica ed elastica. Senza utilizzare il metodo delle curve di in­ differenza — il che lascia la trattazione esposta alle critiche nei confronti della possibilità di misurazione della utilità individuale che questo metodo ha cercato di superare — il Ricci dimostra che il passaggio dall’imposta diretta a quella indiretta (su un solo bene) provoca una maggiore perdita per il contribuente in tutti i casi, tranne

che in quello di merci a domanda assolutamente rigida (11).

(10) E. D ’Alb e r g o, Sviluppi di un teorema finanziario e sue relazioni con il massimo benessere, in Stridi in memoria di Guglielmo Masci, voi. I,

pagg. 95 e segg.

(11) U. Ric c i, Se il sacrificio del contribuente sia maggiore 0 minore con un’imposta diretta o di consumo. Giornale degli Economisti, 1938, pag. 722.

Per comprendere chiaramente l’impostazione del Ric c i, è opportuno far rife­ 's rimento ad un precedente articolo dello stesso A., apparso nel Journal of

(16)

120 —

3. Quest’ultima conclusione del Ricci è stata, coni è noto, di­

mostrata graficamente e approfondita nella trattazione die il Fa­

giani (12) ha dedicato allo stesso problema, identificando due casi

limite in cui il teorema pantaleoniano mantiene la propria validità (ed escludendone tutti gli altri, qualora l’imposta sui consumi gravi su di una sola merce A).

Lo stesso Fasiani pone in rilevo (13) come questo caso possa veri­

ficarsi quando la domanda del bene B è assolutamente rigida e

cioè nello stesso caso a cui si riferiva il Ricci.

A conclusioni analoghe a quelle del Fasiani è giunto lo Joseph (14), considerando però da un lato una sola merce, e dall’altro il reddito — e rilevando pertanto che nel caso-limite considerato si azzera la ela­ sticità di sostituzione rispetto al reddito - e la Hicks (15), che ha però utilizzato un « approach » che discende logicamente dal teorema marshalliano, mediante una dimostrazione a contrariis (16).

4. — La discussione si allargò e si approfondì considerevolmente

a seguito della polemica Hotelling-Frisch sul teorema del Dupuit (17). I termini di questa polemica sono nella sostanza abbastanza noti. Partendo dalla equazione del bilancio individuale, espressa in fun­ zione di Pi e qj (prezzi e quantità delle merci i) e di m (reddito mo­ netario), espressa sotto la forma seguente: L pt % = rib lo Hotelling osserva che per ogni punto dello spazio (si tratterà ovviamente di uno spazio ad n dimensioni, se si considerano n merci) passa un iper-piano definito dalla equazione cp ( q , ... fin) = K (dove K mdica il livello del reddito reale). La posizione di equilibrio dell’operatore coincide con il massimo di cp.

Se, a parità di provento, lo Stato sostituisce una imposta diretta — già in vigore — con una imposta indiretta, il nuovo punto di massimo sarà cp’ diverso da cp (e perciò ad esso inferiore, per il variare del prezzo relativo delle merci considerate, e quindi delle quantità dei

(12) M. Fa b ia n i, Di un particolare aspetto delle imposte di consumo, La Riforma Sociale, 1930, pagg. 1-20.

(13) Nella nota (1) a pag. 8 dell’art. cit.

(14) Jo s e p h, The excess Burden of indirect taxation, Review of Econo-mic Studies, giugno 1939, pagg. 226-231.

(15) W. K. Hi c k s, The finance of British government, 1920-1936. Londra,

H. Milford, pagg. 253-255. ,

(16) Per una analisi critica delle impostazioni della Hicks e del Joseph, rinviamo il lettore al già citato saggio del D’Albergo.

(17) L’articolo originario di H. Hotelling è apparso su Econometrica nel

luglio 1938 con il titolo: The general W elfare in relation to problems of

taxation and of railway and utility ra tes; la replica di R. Fr is c h: (The

Dupuit taxation theorem) e le successive note di Hotelling e dello stesso Frxscli

(17)

— 121 —

vari beni die compaiono nella collezione prescelta dal consumatore. Alla tesi dello Hotelling, il Friscli replicò dimostrando come i due massimi possono coincidere nel caso in cui l’imposta indiretta sia pro­ porzionale ai prezzi originari delle merci. Questa conclusione — prati­ camente definitiva, in quanto la replica dello Hotelling non valse a mutare i termini della questione — a cui giunse la polemica Hotelling- Friscli, dimostra die in tal modo il problema veniva deformato rispetto alla originaria enunciazione pantaleoniana, che considerava una impo­ sta indiretta gravante su di un singolo bene. E in effetti raffermare che un sistema di imposte indirette proporzionali equivale, dal punto di vista della perdita di utilità che esso procura al consumatore indi­ viduale, ad una imposta diretta di pari ammontare, si riduce in so­ stanza ad una mera tautologia, poiché, come rilevava a suo tempo il Pantaleoni (18), il considerare il reddito come una cosa a sé che poi venga suddivisa in vari capitoli di spesa è soltanto un artificio con­ tabile, in quanto il reddito non è altro che la somma delle spese so­ stenute.

5. — La polemica sugli effetti di distorsione delle imposte sui con­

sumi ha avuto, negli anni più recenti, ulteriori sviluppi, sui quali in­ tendiamo richiamare l’attenzione dei lettori. Vogliamo tuttavia preci­ sare che nessuna delle argomentazioni su cui avremo agio di soffer­ marci ci sembra che sia riuscita a distaccarsi dal metodo tradizionale di analisi in termini di equilibri parziali, che dimostreremo inade­ guato ; inoltre in esse non si tiene conto del prelievo « reale » di ri­ sorse, il che rende l’analisi puramente illusoria, anche dal punto di vista del benessere individuale.

La introduzione del principio di pagamento compensativo è valsa a dare alla dimostrazione del Barone una maggiore raffinatezza for­ male. Riprendiamo la dimostrazione data dal Boulding, nel suo vo­ lume « Economie Analysis » (19.

Sia:

Pb Ps = ammontare di imposta unitaria su di un singolo bene. BP e SP = curve di domanda e offerta sul mercato dello stesso bene. OQ = quantità del bene scambiato (invece di OQj) nella nuova posi­ zione di equilibrio.

QPb = prezzo per il compratore.

QPS = prezzo per il venditore.

Si assuma in un primo tempo che le curve di indifferenza siano parallele « in senso verticale » per i due scambisti. Ciò significa che

(18) M . Pan taleon i, Studi di finanza e di statistica, (Zanichelli, 1938,

pag. 124. C fr. anche il D ’Albergo, art. cit., pag. 108.

(19) K . Bo u l d in g, Economie Analysis (rev. ed.), Londra, Hamilton, 1948,

(18)

122 —

esse hanno la stessa inclinazione ( = saggio marginale di sostituzione) per la stessa quantità di bene scambiato, indipendentemente dalla quantità di moneta. Ciò corrisponde all’importante assunto marshal- liano della costanza dell’utilità marginale della moneta.

Il pagamento compensativo per il compratore, dovrebbe coprire

l'area Nb Pb PN (per porlo in grado di acquistare la stessa quantità di beni); per il venditore N P P8 Ns (per poter vendere la stessa quan­ tità di beni).Pb P Pa rimane perciò non compensato, perchè l’ammon­ tare di tassa prelevata è Nb Pb P s Ng.

Se si abbandona l’assunto che le curve di indifferenza siano paral­ lele, il ragionamento è analogo, sostituendo Hb a Pb, e u a Ps.

Lo Henderson (20), dopo aver ripreso la tesi del Barone, fornisce in forma graficamente diversa la stessa dimostrazione del Boulding, tenendo però anche conto degli effetti che ha l’imposta, rispettivamente sul reddito e sui consumi, sulla offerta di lavoro. E’ inutile rilevare che qui viene considerata l’ipotesi di una imposta parziale sui consumi, considerando così come pacifiche sia le tesi del Ricci e del Fasiani (attinenti alla particolare, forme delle curve di indifferenza, o alla rigidità della domanda del bene colpito), sia le conclusioni a cui si era giunti al termine della citata polemica Hotelling-Friscli.

Il tener conto degli effetti dei due sistemi di imposizione sull’offerta

di lavoro pecca di tre errori: 1) introduce nell’analisi un nuovo ele­

mento (offerta dei fattori di produzione) in forma parziale, e perciò inadeguata, perchè bisognerebbe tener conto anche degli effetti dei

(20) He n d e r so n, The case for indirect taxation. «T h e Economic Journal»

dicembre 1948, pag. 438. Cfr. anche M.F.W. Jo s e p h, The excess burden of in­ direct taxation « Review of Economic Studies» giugno 1939, pagg. 266-231;

Ha s k e l l Wa l d, The classical indictment of indirect taxation « Quarterly Jour­

(19)

— 123 —

due sistemi di imposta sulla offerta degli altri fattori produttivi,

come il risparmio; 2) sposta arbitrariamente i termini in cui il pro­

blema era stato inizialmente impostato; 3) introduce un elemento di indeterminazione nell’analisi, non solo perchè è difficile dire fino a che punto l’offerta di lavoro individuale è rigida (per la relativa rigi­ dità dell’orario di lavoro, entro certi limiti), ma anche perchè la forma della curva di offerta del lavoro non può essere nota a priori, se non si assumono parecchie ipotesi limitative, attinenti al livello di reddito iniziale, allo stato di progresso tecnico, etc.

La dimostrazione dello Ilenderson ha tuttavia una sua importanza, ai nostri fini, in quanto sgombra il terreno dalla obiezione secondo la quale le imposte sul reddito avrebbero alla loro volta un effetto di distorsione nelle scelte fra lavoro e ozio, incidendo in maggior mi­ sura sull’incentivo al lavoro. Facendo astrazione dal fenomeno delle illusioni finanziarie, correttamente osserva lo Henderson che la mag­ giore riduzione nell’incentivo al lavoro dipende soprattutto dalla mag­ giore o minore regressività dell’imposta, e non dall’essere essa una im­ posta sul reddito o sui consumi. Inesatta è invece la affermazione, se­ condo la quale la maggiore regressività (non tanto teorica, quanto pra­ tica) dall’imposta sui consumi causerebbe una minore riduzione nell’of­ ferta di lavoro, in quanto ciò dipende dal livello di reddito iniziale e dalla forma della curva di offerta del lavoro delle varie categorie di redditieri — elementi questi che non sono passibili di generalizzazione.

Lo Schwartz (21) alla sua volta osserva che, se è vero che l'imposta indiretta lascia invariato il prezzo monetario dell’ozio, essa ne varia però il valore reale (in quanto aumenta il prezzo dei beni di consumo), ed ha perciò lo stesso effetto di distorsione nelle scelte fra lavoro e ozio — ceteris paribus — di una imposta sul reddito.

6. — Il tentativo compiuto dal Friedman (22) di dimostrare la

inesistenza dell’effetto di distorsione delle imposte sui consumi mediante una prova per absurdum, è stato dimostrato fallace dal Phipps (23) nel corso di una polemica svoltasi nel « Journal of Politicai Economy ». Ne riassumiamo brevemente i termini essenziali.

Si supponga che, in un sistema in cui i beni considerati siano sol­ tanto 2, sia già in atto una imposta sui consumi A applicata su x: il (21) E. Sc h w a r t z & D. A. Moore, The Distorting Effect of Direct Taxa tion a Re - evaluation « The American Economic Review », marzo 1951, pagg.

139-148, Richard Goode, The Income Tax and the Supply of Labour. « Tr. Jour­

nal of Political Economy », ottobre 1949, pagg. 428-437.

(22) M. Friedm an, The weefare effects of an income tax and of an excise tax. « The Journal o f Political Economy » febbraio 1952, pagg. 25-33. Cfr. an-

ch e: Id., The Marshallian Demand Curve, « The Journal of Political Econo­

my », 1949, pagg. 463-495.

(23) C. G. Ph i p p s, Friedman’s welfare effects. « The Journal of Political

Economy », agosto 1952, pagg. 332-334 e la replica dello stesso Friedm an, ibidem,

pagg. 334-336.

(20)

consumatore si trova nella posizione P2, e l’effetto di distorsione — se­ condo la teoria tradizionale — lia già luogo. (C fr. lig. 3).

Se ora si applica una imposta sui consumi B, di ammontare pari ad A applicata su y, il consumatore si sposta sulla FC //A B .

Se, anziché prelevare l’ammontare B mediante una imposta su y, si fosse applicata una imposta sul reddito di eguale ammontare, il con­ sumatore si sarebbe mosso su di un alinea punteggiata //A C , e quindi su di una curva di indifferenza più elevata.

— 124 —

Se definiamo con i simboli A ’, B’ = imposte sul reddito j

dipariam-A, B = imposte sui consumi ( montare

Avremo che B’ -f- A > B -f- A

Ma A -4- B equivale — se i beni sono solo 2 (e A = B), ad una im­ posta generale sul reddito C\ Sarà perciò B’ -f- A > C ; e, poiché C’ equivale alla somma di due imposte sui redditi di ammontare pari, alla metà di C’, ed eguali fra loro sarà:

C’ = = A ’ + B’

da cui B ’ -(- A > A’ -f- B ’

da cui ancora A > A ’ , il che è palesemente assurdo, per­

chè equivale addirittura a dimostrare il contrario dell'assunto inizial­ mente posto.

(21)

— 125 —

diseguaglianza A > A’. E ciò perchè la A ’ appartiene al triangolo A O C, dove il saggio di sostituzione fra i due beni è diverso da quello esistente nel triangolo A O B, in cui A O C è compreso. Il raf­ fronto risulta dunque impossibile. Questa è in sostanza la posi­ zione del Phipps, quando afferma che non si può togliere dalla dise­ guaglianza B’ | A > A’ -|- B’ lo stesso ammontare di reddito spen­ dibile, perchè nelle due situazioni i prezzi relativi sono differenti.

7. — Ma il problema degli effetti di distorsione delle imposte sui

consumi non può essere risolto con la impostazione tradizionalmente adottata, perchè tale impostazione è errata. L’errore è da ricercarsi nel fatto che la dimostrazione è impostata in termini microeconomici ed esclusivamente monetari.

Da questa erronea impostazione discende l’inadeguatezza del me­ todo di analisi tradizionalmente adottato nella ricerca degli effetti delle imposte sui consumi.

Tentiamo ora di ricostruire l’analisi in termini dell’equilibrio ge­ nerale del mercato. Yi siano soltanto due gruppi di produttori (e di redditieri) che producono due uniche merci A e B. A i fini della nostra analisi non ha importanza che i redditi siano o meno equidistribuiti. Si supponga anche che: 1) tutte le risorse produttive siano impiegate;

2) i prezzi marginali eguaglino i costi marginali.

Che cosa accadrà ora se lo Stato preleverà mediante una impo­ sta sul reddito un ammontare di moneta pari a Z, per poi distruggerla materialmente? Il livello generale dei prezzi diminuirà, in prima ap­ prossimazione, di un ammontare proporzionale a Z : gli effetti sui prezzi relativi dipenderanno dal tip odi imposta applicato (progressiva, pro­ porzionale, regressiva, etc.), dal grado di concentrazione dei redditi, e dalla elasticità della domanda di tali beni da parte dei redditieri diver­ samente colpiti. Se i redditi fossero equidistribuiti, l'imposta propor­ zionale e i gusti dei vari consumatori simili a parità di reddito, dimi­ nuirebbe proporzionalmente il livello generale dei prezzi lasciando im­ mutati i prezzi relativi. Ma se i redditi non sono equidistribuiti — e soprattutto se l’imposta non è proporzionale, ma progressiva — il così detto effetto di distorsione avrà comunque luogo, anche nel caso di una imposta sul reddito — nel caso limite qui ipotizzato.

(22)

— 126

rialmente distrutto dallo Stato, diminuisca il livello generale dei prez­ zi, lasciando però immutati i prezzi relativi. L’ipotesi che il provento monetario dell’imposta venga materialmente distrutto dallo Stato è però inammissibile a lungo periodo: occorrerà perciò introdurre - sempre limitando l’analisi al campo esclusivamente monetario — il concetto di pagamento compensativo. Possiamo ad esempio supporre che lo Stato utilizzi il provento dell’imposta per attuare una redistri­ buzione dei redditi.

Ancora una volta però, non possiamo sottrarci alla ovvia conside­ razione che una simile manovra fiscale — attuata, si badi, mediante una imposta sui redditi — può provocare il noto effetto di distorsione nei bilanci individuali. Si prenda per esempio il caso di taluni maggiori redditieri: prima dell’applicazione dell’imposta, essi ripartivano il pro­ prio reddito fra vari tipi di beni x, y, z,.... in maniera da raggiun­ gere un massimo di utilità. Non è lontano dal vero il supporre che una redistribuzione muti il livello dei prezzi relativi. Ciò avrebbe per effetto di provocare nei bilanci individuali — o per lo meno in alcuni di essi — i noti effetti di distorsione. I maggiori redditieri sarebbero dunque colpiti non solo per effetto della decurtazione di reddito subita, ma anche perchè le proprie scelte risulterebbero distorte. Dovremmo dunque dedurne che anche una imposta sul reddito può — sotto certe ipotesi — produrre quegli stessi effetti di distorsione nelle scelte che si attribuiscono alle imposte sui consumi. Ma allora, in questo senso, qualunque variazione nel livello relativo dei prezzi — che lasci immu­ tato il reddito di un operatore individuale — provocherebbe nei con­ fronti di detto operatore un effetto di distorsione, senza supporre ne­ cessariamente l’intervento del fattore fiscale!

In realtà il presupposto da cui si parte nella analisi tradizionale, sia pure implicitamente, è un altro. Si suppone cioè che: 1) le domande dei vari beni siano in funzione del raggiungimento di un optimun di utilità individuale e collettiva, e che le produzioni dei vari beni, ed i prezzi relativi, si siano perfettamente adeguati, in una posizione di equi­

librio, a questo optimum di utilità individuale e collettiva; 2) che i

prezzi marginali eguaglino i costi marginali.

L’intervento statale — ritenuto implicitamente esogeno al sistema — turba un equilibrio di optimum (non tanto individuale, quanto col­ lettivo), ed è perciò che ad esso viene imputata la responsabilità di provocare l’effetto di distorsione nelle scelte individuali.

Tuttavia, anche assumendo l’ipotesi della imposta-grandine e riferendoci unicamente agli aspetti monetari del fenomeno, l'analisi tradizionale — che si basa sull’assunto che, se esistono due beni sol­ tanto A e B, di cui l’uno colpito e l'altro no, il prezzo del bene non

colpito rimanga immutato — per lo meno in un primo momento si

(23)

— 127 —

ste alcuna possibilità eli aumentare il prezzo del bene colpito (traslan- do così l’imposta sul consumatore) Se non riducendo l’offerta, e quindi la produzione, e quindi anche la remunerazione complessiva dei fattori impiegati a produrre il bene A. (24). Si verificheranno allora i seguenti fenomeni: 1) una redistribuzione di risorse dai settori tassati a quelli

non tassati, o meno che proporzionalmente colpiti; 2) un aumento

nei prezzi delle merci tassate ed una diminuzione in quelli delle merci

non tassate; 3) una diminuzione nel livello delle remunerazioni di

tutte o gran parte le risorse produttive — al termine del periodo di assestamento — per effetto della diffusione dell’imposta.

Sia che si introduca o no il principio di pagamento compensativo — supponendo ad esempio che il provento dell’accisa venga redistribuito dallo Stato sotto forma di sussidi sul reddito individuale — è impossi­ bile determinare a priori fino a che punto si verifichi l’effetto di distor­ sione nelle scelte individuali. Tuttavia è indubbio che esso ha luogo in queste circostanze: infatti l’intervento fiscale avrebbe in questo caso proprio lo scopo di modificare le scelte degli operatori, riducendo la do­ manda di certi beni, mentre la domanda globale — in presenza di un pagamento compensativo — viene mantenuta immutata. Ma, come ab­ biamo precedentemente accennato, ciò non sta necessariamente a dimo­ strare la pretesa inferiorità delle imposte sui consumi rispetto a quelle sui redditi come metodo di prelievo; in quanto anche queste ultime pos­ sono provocare modificazioni nei prezzi relativi, quando si attua una redistribuzione dei redditi.

9. — D’altro canto il caso in cui lo Stato materialmente distrugga il provento monetario dell’imposta, o lo redistribuisca agli operatori in­ dividuali, è un caso limite, e non risponde alle ipotesi che vengono nor­ malmente adottate nell’addurre la inferiorità delle imposte di consumo come mezzo di prelievo, rispetto alle imposte nel reddito. Dobbiamo per­ ciò riproporre il problema in termini reali, e cioè tenedo conto degli effetti che il prelievo ha sulla struttura produttiva, pur continuando a fare astrazione dall’impiego del provento dell’imposta. Supponiamo che

nella comunità presa in considerazione: 1) viga una equidistribuziono

dei redditi individuali; 2) i singoli redditieri abbiano le stesse prefe­ renze, e prescelgano perciò identiche collezioni di beni (25). Dato l’am-(24) La tesi secondo la quale una Imposta sui consumi non viene neces­ sariamente traslata sul consumatore — o lo viene soltanto parzialmente — in un sistema libero concorrenziale, mentre modifica il livello dei prezzi relativi ed incide sulla remunerazione delle risorse, è stata recentemente ripresa ed approfondita dal Rolpit, facendo seguito alle analisi compiute dal Brow n e

dal Due. Cfr. E. R. Rolph, Proposed Revisión of Excise - Tate Theory ,«;The Journal of Politicai Economy » aprile 1952, pagg. 102-117 ; H. G. Br o w n, The Incidence of a General Excise and of a General Sales Tax, «T he Journal of Po­

liticai Economy », aprile 1939, pagg. 254-262 ; J. Dtje, A General Sales Tax and

thè Level of Employment : A Reconsideration, «National Tax Journal», giu­

gno 1942, pag. 123.

(24)

montare complessivo delle risorse disponibili per la collettività, esiste ranno varie combinazioni produttive possibili dal punto di vista tec­ nico, atte a produrre i vari beni che la collettività consuma. Supponia­ mo per semplicità rappresentativa che tali beni siano soltanto due, X e Y. Tali combinazioni produttive tecnicamente possibili giacciono, in un piano delimitato da due assi ortogonali, su di una curva produt­ tiva r). Date le ipotesi assunte, possiamo dividere le coordinate di questa curva per il numero di componenti della collettività, proiettandola così su di una mappa di indifferenza individuale (cfr. fìg. 4).

— 128 — ' 'f

In una posizione di equilibrio concorrenziale, ciascun individuo si troverà nel punto Pc, (che è il punto di tangenza della curva di indif­ ferenza individuale); punto nel quale il saggio di sostituzione nel con­ sumo fra i due beni eguaglia il rapporto fra i prezzi relativi (indicato dalla AB) ed eguaglia altresì il saggio di sostituzione nella produzione.

Se viene ora applicata una imposta sul reddito, la curva della prò

duzione rimane invariata, il consumatore si sposta in Pl9 e lo Stato

preleva — in termini reali — esattamente: b” b’ e a’ a” di x e di y.

Soltanto in questo caso il consumatore individuale non subisce, per ef­

fetto della imposta nel reddito — una distorsione nelle proprie scelte. Se invece lo Stato prelevasse esclusivamente beni del tipo x, ciò avrà per effetto: 1) di mutare i prezzi relativi di x ed y; 2) di mutare la strut­ tura produttiva, e quindi di modificare la forma della curva della pro­ duzione GII. Infatti a lungo periodo il prelievo deve essere considerato come una sottrazione di risorse produttive, che producono ora beni per lo Stato, anziché per il consumo privato. L’effetto di distorsione avviene perciò anche dal punto di vista delle combinazioni produttive. Esso si verifica ogni qualvolta i prezzi relativi dei due beni, x e y, risultano modificati per l’intervento del fattore fiscale.

Riferimenti

Documenti correlati

In sostanza D e Viti individuava questa sfasatura tra moderniz­ zazione (che investì l’Italia nel periodo 1870-1914), processo di in­ dustrializzazione e costruzione

Le stime delle equazioni [9] e [10] non variano in maniera signifi­ cativa anche quando si tiene conto degli effetti che le variabili neo­ classiche dell’accumulazione

Questi P rin cip i di scienza delle fin a n ze sono il testo scritto delle lezioni di teoria e politica finanziaria tenute dall’A. alla Facoltà di economia dell’Università di

In tale ipotesi si applicano con­ giuntamente le norm ative relative ai conferimenti in natura (art. del codice civile. Operazione logi­ camente antecedente, ma

Resta comunque il risultato generale di questo tipo di analisi, e cioè che il successo della riforma fiscale ambientale nel generare un se- condo dividendo oltre a

Con riferimento al caso italiano, si osservi la Tabella 3, ove sono riportati alcuni dati delle dichiarazioni presentate nel 1992 — relativi alla distribuzione

I meccanismi che presiedono alla formazione delle decisioni in materia tributaria non sono formalmente diversi da quelli abituali: vi sono innanzitutto le

The basic background o f the MacDougall Report has been the theory and practice o f fiscal federalism. The various stages to­ wards Economic and Monetary Union