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Rivista di diritto finanziario e scienza delle finanze. 1953, Anno 12, n.3, settembre

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Spedizione in abbonamento poetale - Gruppo IV

RIVISTA DI DIRITTO FINANZIARIO

E S C I E N Z A D E L L E F I N A N Z E

(

e r i v i s t a i t a l i a n a d i

DIRITTO FINANZIARIO)

d i r e z i o n e :

L U I G I E I N A U D I Membro onorario

ACHILLE D. GIANNINI BENVENUTO GRIZIOTTI

S A L V A T O R E S C O C A E Z I O V A N O N I

M I L A N O

(2)

Pubblicazione sotto gli auspici

della C a m e r a di C o m m e r c i o di P a v i a

La Direzione è a Pavia, Istituto di Finanza presso l’Università e la Camera di Commercio, Strada Nuova n. 65, presso il Prof. Benvenuto Grizlotti, al quale devono essere inviati manoscritti, bozze corrette, cambi, libri per recen­ sione in duplice copia, ecc., Assistente, Dr. Francesco Forte.

Redazione corrispondente in Roma presso Prof. Cesare Cosciani, Via Cesare Battisti 121, p. I li, e presso Prof. Gian Antonio Micheli, Via Sommacam- pagna, 15.

L’ Amministrazione è in Milano, Via Solferino 19, presso l’ editore A. Giuffrè. Ad essa vanno indirizzate le richieste di abbonamento (c.c. postale 3/17986), le comunicazioni per mutamenti di indirizzo e gli eventuali reclami per man­ cato ricevimento di fascicoli.

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DELLE IMPOSTE “

E APPLICAZIONI ALLA POLITICA FIN AN ZIARIA

1- — Il teorema della pressione comparata di imposte dirette e in­ dirette a parità di prelievo è tornato ad occupare, in questi tempi, l’at­ tenzione di studiosi, soprattutto di lingua anglosassone, i quali hanno accresciuto con saggi e articoli sull’argomento la letteratura economica finanziaria, specializzata.

L’impostazione data dal Barone, con intento critico nei riguardi di quella, celebre, del Pantaleoni, sin dal 1912 (1), è rimasta in piedi. Anzi, essa è stata riproposta, come cosa nuova, da alcuni autori, i quali han­ no evidentemente dimostrato di non conoscere la letteratura italiana riguardante il problema (2).

In definitiva, sembra di poter distinguere vari ordini di ricerche: nel primo ordine possono comprendersi quelle che, seguendo anche in­ dipendentemente le premesse proprie del teorema di Barone, indagano sui limiti di validità del teorema stesso, ponendo in evidenza i casi di eccezione, che per lo più fanno modificare in un risultato di indifferen­ za quello di preferenza per l’imposta diretta a cui il Maestro italiano era pervenuto (3).

(1) E. Barone, Studi di economia finanziaria, nel « Giornale degli Econo­ misti », 1912. Il saggio è riprodotto in E. Barone, Le opere economiche, voi. I li, Principii di economia finanziaria, Bologna 1937, eap, II. Vedi, in quest’ul­ timo, i paragrafi 26 e 27 e la Nota matematica, che si tengono presenti per le notazioni.

(2) Simile rilievo venne formulato da E. d’ALBEKoo, Sviluppi di un teo­ rema finanziario e sue relazioni con il massimo benessere, in « Studi in memo­ ria di Guglielmo Masci », Milano, Giuflrè, 1943, pag. 6 dell’estratto, su cui si tornerà più avanti.

In un articolo apparso su «E conom ica», N. S., febbraio 1951, A note on thè Theory o f Income Distribution, a firma di T. Peacock e D. Berry, è riven­ dicata al Borgatta (con implicito riferimento al saggio : Intorno alla pressio­ ne di qualunque imposta a parità di prelievo, «Giornale degli Economisti», agosto 1921) la priorità di taluni rilievi critici formulati sul teorema dalla M. F. W. Joseph, in The Excess Burden of Indìrect Taxation, « Review of Economie Studies », giugno 1939.

(3) Possono comprendersi in questo gruppo gli scritti di G. Borgatta,

oit.; M. Fasiani, Di un particolare aspetto delle imposte di consumo, in « R i ­ forma Sociale», gennaio-febbraio 1930; M. F. W. Joseph, cit. ; M W. Reder,

Welfare Economics and Rationing, «T h e Quarterly Journal o f Èconomics », novembre 1942 ; G. J. Stigler, The Theory of Competitive Price, N. Y., 1942 e Theory of Price, N. Y., 1946, pagg. 81 e 82 ; E. D. Aj.t.e.v e O. H. Brownlee,

Economics of Public Finance, N. Y., 1947, pagg. 343-345.

Il prof Scotto, nel saggio Sulla pressione comparata dell’imposta sul red­ dito e dell’imposta sul consumo, (nella « Collana di Studi economici e

(4)

Si mantengono ferme, cioè, le ipotesi esplicite ed implicite che sono alla base della dimostrazione del Barone e particolarmente: a) iden­ tità di incidenza e di prelievo dell’imposta indiretta (4); b) si suppone l’assenza di effetti dell’iinposta sui costi, sul volume della produzione, sull’offerta degli sforzi ovvero sulla quantità di reddito prodotto (ri­ mozione), sui gusti dell’individuo rappresentati dalle curve di indif­ ferenza ; c) si prescinde dagli effetti della spesa pubblica (5).

In un altro gruppo di scritti, figurano quelli che escono dal sud­ detto campo di ipotesi, introducendone altre proprie in un diverso gra­ do di approssimazione, con negazione di alcune di quelle sopraenun- ciate. Si prendono in considerazione, ad esempio, i differenti effetti, eventualmente rilevati, dell’imposta diretta e indiretta sulla produzio­ ne del reddito, sulla sua distribuzione fra consumi e investimenti, sul sistema dei prezzi (price-distorting ejfects)', si abbandona l’ipotesi del singolo soggetto che compara, secondo il teorema tradizionale, la pres sione dei due tipi di imposta, per affrontare il problema di macroeco­ nomica in cui l’alternativa è vista in termini di benessere collettivo; si tiene conto dei riflessi monetari della questione, per i processi di in­ flazione o di deflazione, che si fanno porre in vita, in diverso grado, dai due modi di prelievo; si scarta l’ipotesi di piccole variazioni, per as­ sumere quella, più aderente al caso concreto, di variazioni (prelievi sul reddito e mutamento di prezzi per fatto fiscale) di una certa entità; la quale ipotesi si palesa incompatibile con l’altra che postula la costanza dei gusti del soggetto, determinando perciò, nella rappresentazione grafi­ ca, lo spostamento del sistema di curve di indifferenza, che secondo la nota espressione Paretiana (Manuale, III, 57) danno la « fotografìa » dei gusti stessi (6).

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ri » della Facoltà di Economia e Commercio di Genova, 1947), ha passato in rassegna, nella prima parte, le posizioni assunte nei confronti del teorema di Barone da vari Autori, alle cui argomentazioni, peraltro sottoposte a minuta analisi critica, ne ha aggiunte altre proprie, con particolare riguardo all’ipo­ tesi di indivisibilità dei beni che entrano nel bilancio dell’edonista consuma­ tore, di cui si studia il comportamento, appunto, in presenza di imposte di­ rette e indirette, alternativamente.

(4) Simile ipotesi è da ritenersi normalmente implicita nei ragionamenti del tipo di quello condotto dal Barone. Peraltro, il prof. Scotto ha ritenuto di evitare eventuali critiche, modificando nella formulazione delle risultanze del teorema del Barone l’espressione « a parità di prelievo (o di riscosso) » con quella « a parità di incidenza » (vedi saggio citato, paragr. 4).

(5) Vedi M. Fasiani, cit..

(6) Fanno simili ipotesi, tra gli altri, i seguenti Autori: Haskell P.

Wald, The elassiaal Indici ment of Indirect Taxation, «T h e Quarterly Journal o f Economies », agosto 1945, assai citato; A. Henderson, The Case for Indi­ rect Taxation, « The Economie Journal », dicembre 1948 ; Earl R. Ro l p h e

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e-E. d’A lbergo, appunto verifica n d o e, quindi, m odificando fondam en­ talmente la teoria delle im poste sui consum i a lla luce delle an alisi di P areto-Slutzky e di J. E. H ieks della dom anda del consum atore, annun­ ciava d ie le risultanze del teorem a di B arone possono essere invertite se, con un m aggior grado di approssim azione, si introduce l ’ipotesi del mutam ento delle preferenze e nei gusti, e quindi dell’ andamento delle curve di indifferenza, a seguito dell’ im posizione, la quale sotto questo rigu ardo può operare diversam ente a seconda che sia diretta o in d i­ retta (7) [I n quest’ultim a afferm azione già p u ò tro v a rsi spiegazio­ ne del diverso atteggiarsi della soluzione del problem a. In fa tti, se cosi non fosse, ancora verrebbe verificata, ceteris paribu s, la v a lid ità de

teorema di B a ro n e ]. . .

A ltr i studiosi si sono addentrati nel tema che qui ci occupa senza fa r uso dello strum ento delle curve di in differen za. Ma in questa lo ­ gica rim angono H arold H otellin g e B agn ar P risch (8), allorché del p r o ­ blema hanno fa tto una generalizzazione, assumendo come soggetto g ì in dividui d ell’ intera collettiv ità e come oggetto un sistema di im posta sui consumi, in luogo rispettivam ente del sin golo in dividuo e dell im ­ posta su una merce. E ssi hanno fa tto ricorso, invero, alla logica, che da quella delle curve di indifferenza direttam ente prosegue, delle ipersu- perfici di indifferenza, nello spazio ad n dim ensioni. I l d’A lb erg o, nel sag­ gio del 1943, citato, riferisce su lla polem ica fr a i due econom isti, traen ­ do u tili argom entazioni, che, senza che detti au tori le intuiscano, discen­ dono necessarie, con altre considerazioni, per la tesi da lu i prospettata nel senso che « l ’elemento q u a lita tivo (form a, specie o tip o d im p o s ta : diretta o in d ire tta ),... pu ò essere tra scu ra to in ra p p orto al problem a del massimo benessere collettivo, nelle enunciazioni che con feriscono im portanza strum entale a ll’elemento trib u ta rio dal lato quantitativo ». Ma la citazione che qui si fa di tale saggio h a rigu ardo, soprattutto, agli accostam enti che in esso l’A . com pie fr a le im postazioni di M arshall e di P antaleoni, negli sv ilu pp i tr a tti d a lla H iek s e da U. E ic c i (9). I

vue de Science et de Lég. F in.», ottobre-dicembre 1952. Si veda anche la n0tai i 8saggio, citato a nota 3, di A. Scotto va tenuto presente anche per gli aspetti a cui questa nota si riferisce, perchè in esso, nei paragrafi da 1 18 si affronta razionalmente l’esame analitico degli effetti comparati delle imposte dirette e indirette sulla produzione del reddito (nella circostanza, suiiofferta Vanalisì Pareto-Slutzky della domanda e la teoria delle imposte sui consumi, «Giornale degli Economisti», gennaio-febbraio 1949

(81 E’ ben nota la polemica, per la vastita ed importanza del campo aperto all’indagine, avutasi fra i due studiosi, attraverso i seguenti citatissimi articoli e relative repliche : H . Hotellin g, The General Welfare tn relation to Problemi of Taxation and of Railway and Utility Rates,, « Ecpnometnca », 1 - glio 1938- R. Fk is c h, The Dupuit Taxation Theorem, « Econometrica », aprile 1939. Per una visione critica della stessa rimando a d’Albergo, cit., che lh a

'usa in‘ ^ j , h i c k s, The Fbnance of British Government 1920-1936, Lon­

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208 —

quali, se hanno preso indipendentemente le mosse dal concetto di ela­ sticità della domanda, per rilevare un caso di indifferenza di pressione di imposta sul reddito o sul consumo, qualora quest’ultima colpisca un bene a domanda « assolutamente inelastica », a questa comune conclu­ sione sono pervenuti per vie diverse: la Hicks ragionando in termini di « combinazioni di merci » e « scelte inferiori » — che, come il d’A l­ bergo fa notare (10), sono proprii della teorica Paretiana delle curve di indifferenza —, mente il Eicci, rivedendo l’impostazione di Pantaleoni, ha fatto richiamo al riaggiustamento dell’eguaglianza delle utilità mar­ ginali ponderate a livelli più o meno lontani, nei due sensi, da quello precedente all’imposizione.

E’ interessante far notare, inoltre, che mentre la Hicks, nell’opera del 1938, citata, respingeva il concetto di « rendita del consumatore », J. R. Hicks ne faceva applicazione trovando conferma del teorema di Barone (11). E’, però, vero che nel Valve and Capital viene introdotta una definizione di « consumer’s surplus » che non si identifica con quella Marshalliana, di cui peraltro viene data una nuova rappresentazione grafica (12). E’ il concetto di « compensating varìation » che viene usato per dimostrare che, nei confronti del consumatore, « a tax on commo- dities lays a greater burden... than an income tax » (13).

o minore con un’imposta diretta o di consumo, « Giornale degli Ecpnomisti », settembre 1938.

(10) Saggio citato, pagina 8 dell’estratto.

(11) J. R. Hic k s, Value and Capital, Oxford, 1939, nota al cap. II, pagg. 38-41. Il libro, come l’A. ricorda nella prefazione, è stato scritto contempora­ neamente a quello della consorte, citato.

(12) E’ noto che questo punto di Value and Capital è tutt’altro che paci­ fico. Si vedano, nell’ordine, gli sviluppi più significativi, a nostro parere, ad opera dello stesso Hicks, Rehabilitation o f Consumer’s Surplus, « The Review of Economie Studies », voi. V ili , 1941 ; Hendebson, Consumer’s Surplus and the Compensating Variation, voi. V ili, 1941 ; ancora J. R. Hicks, The Four Consumer’s Surpluses, idem, voi. XI, 1943 ; E. H. Knigh t, Realism and Rele­ vance in the Theory of Demand, « The Journal of Pol. Econ. », dicembre 1944 ; E. J. Mish a n, Realism and Relevance in Consumer's Surplus, «T h e Review o f Econ. Studies », voi. XV, 1947-48.

(13) ' Infatti, lo Hicks, con ragionamento di senso inverso a quello usuale, che presuppone l ’aumento di prezzo per l’introduzione dell’imposta indiretta, fa vedere, nelTesempio da lui fatto, che se « the price o f oranges falls from 2 d. to 1 d. as the result o f a reduction in taxation, then (assuming constant costs) the reduction in tax receipts from our particular consumer is 6 d. (nel­ l ’ipotesi che il consumo sia di sei unità). I f this is taken from him by an income tax, he is still left better off, and the government no xcorse off-».

Sostanzialmente la via seguita dallo Hicks per la dimostrazione può, guar­ dando a posteriori, farsi coincidere con quella del Barone: sono i punti di partenza che non si identificano. Ciò appare chiaro, traducendo il ragiona­ mento dell’economista inglese nel linguaggio delle curve di indifferenza usato dal Barone e di cui egli stesso si è servito, in quel passo di Value and Capital, per rappresentare la rendita del consumatore.

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equi-Una im postazione del tutto diversa, da quelle di cui si è finora d i­ scorso, il problem a ha ricevuto dal p ro f. B ord in (14) nel 1930, a poch i m esi di distanza dalla pubblicazione del saggio di M. P a sia n i, citato, Kb rio su una curva di indifferenza ad indice più elevato : sia esso Pi- Lo Stato ha rinunciato a 6 d. di imposta misurata dal segmento V Z.

Si ehiede di quanto può essere ridotto direttamente il reddito perchè il consumatore sia lasciato « no better off than before». La risposta è data da NS, per NM parallela a RS e tangente in P2 alla curva di indifferenza pas­ sante per P. Evidentemente è NS maggiore di VZ, secondo la dimostrazione geometrica data dal Barone e, per diversa via, dal Pasiani, nel saggio citato a nota 3. Pertanto la compensatine variation del reddito è maggiore dell’am­ montare dello sgravio dell’imposta indiretta ipotizzato.

Si profila, ora, la coincidenza dei due ragionamenti: la rappresentazione grafica che si è fatta è la medesima introdotta dal Barone, con la differenza che egli ha preso l’inizio dal punto di equilibrio P » proseguendo poi con l’ipo­ tesi del prelievo dell’imposta diretta NS (che sappiamo essere maggiore di 6 d.), confrontato con quello VZ ottenuto mediante un’imposta sul consumo di eguale sacrificio (che nell’esempio risulta poi essere di 1 d. per arancia).

Pertanto, sembra di poter affermare che il problema della diversità di pressione, in termini edonistici, di imposta diretta e indiretta, a parità di prelievo, studiato alla luce del concetto Hicksiano di « compensatine varia­ tion», si identifica, in definitiva, con quello tradizionale del Barone, di cui soffre le stesse eccezioni e col quale ha in comune i limiti di validità.

Si avverte, infine, ohe l ’identificazione a cui si è pervenuti richiede, come premessa logica, la reversibilità delle modificazioni nelle condizioni di equi­ librio ; cioè a dire che se, ad esempio, il prelievo dell’imposta indiretta spo­ sta il’ consumo da Pi a P, lo sgravio della medesima imposta riporta indietro a Pj. E’ questa, però, una ipotesi di prima approssimazione : si deve a E. d’Al­

bergo, (Politica tributaria. Hitleriana e teoria degli € sgravi fiscali», in « Itiv. Intern. di Scienze Sociali », novembre 1936) la dimostrazione su base razio­ nale, deduttiva, della irreversibilità di tali movimenti, accogliendo una visione dinamica degli effetti delle imposte.

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210 —

a cui il Bordin stesso si riferiva. Egli concludeva che « l’imposta sul consumo è più vantaggiosa dell’imposta sul reddito all’acquirente con­ sumatore; l'opposto accade per il venditore». Però, come il prof. Scotto ha fatto notare (15), sono diversi non solo l’impostazione — che avviene nell’ambito della teoria dell’equilibrio dello scambio, in cui, tra l’altro, il prezzo viene determinato anche in funzione dell'imposta diretta, a differenza della ipotesi di invariabilità assunta dagli altri Autori nei confronti di tale vincolo — ma anche i termini del problema in questio­ ne, in cui la parità di prelievo non può considerarsi equivalente al vincolo che il residuo di numerario, presso gli scambisti, risulti il me­ desimo nelle posizioni di equilibrio raggiunte, rispettivamente, dopo la imposizione diretta e indiretta.

Comunque, il prof. Scotto ha preso lo spunto dal saggio del pro­ fessore Bordin, per tentare una via di soluzione del problema che ha riguardo al confronto fra una imposta sul reddito e una sul consumo, di pari gettito complessivo, alternativamente prelevate su una data col­ lettività di scambisti. I risultati a cui lo Scotto perviene non sono uni­ voci; il campo resta, in ogni caso, aperto a feconde analisi. A mio pa­ rere, può sembrare non giustificata, nell’assunto del citato Autore, la limitazione della natura di componenti del reddito colpito da imposta diretta alle sole quantità di numerario possedute inizialmente dai sin­ goli, trascurando cioè le quantità di merci di cui pure i medesimi di­ spongono, per lo scambio e per il consumo diretto.

2. — Si è visto che, in definitiva, qualunque siano gli strumenti lo­ gici usati, in varie combinazioni, nei molteplici scritti citati (e cioè il teorema del livellamento delle utilità marginali, la teorica delle curve o ipersuperfici di indifferenza, il concetto di rendita del consumatore, nel­ le visioni che fanno capo ai nomi di Marshall e di Hieks, e la sua misu­ razione in moneta con l’Hicksiana « compensating variation », il con­ cetto di elasticità della domanda rispetto alle variazioni del prezzo e del reddito), l’enunciazione data dal Barone al teorema, nell’ambito delle note premesse logiche, non è stata invalidata. Indubbiamente, come ge­ neralmente si verifica nelle indagini astratte di prima approssimazio­ ne, il teorema ammette diverse qualificazioni, appunto fatte rilevare da gran parte degli studiosi citati, che giungono per lo più ad affermare l’indifferenza dei due modi di prelievo di fronte al sacrificio in termini di utilità del contribuente consumatore.

E’ anche vero che, partendo da più numerose e più vaste premesse, arricchendo il problema di altri vincoli e condizioni, si può capovolgere la conclusione che dà la preferenza all’imposta diretta. Ciò non deve sor­ prendere: il teorema di Barone, come è proprio delle ricerche ipotetiche astratte di economia finanziaria, vale nei limiti delle sue premesse lo­ giche e non ha la pretesa di servire immediatamente da norma agendi di politica fiscale (16). In generale, sembra di poter trarre 1 uniformità

(15) A. Scotto, cit., paragrafi 20 e segg.

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econo-che le ipotesi estranee alle premesse del Barone (quali, ad esempio, il considerare il soggetto non solo come consumatore ma anche come pro­ duttore e scambista; il tener conto di effetti monetari, ecc.), le quali fanno pervenire a diversa conclusione, in definitiva valgono soprattutto a modificare l’ipotesi, esplicitamente introdotta dal Maestro italiano (17), che l’imposta diretta lascia immutati i prezzi relativi, mentre l’imposta indiretta (che non sia uniforme, ad valore-m, generale su tutte le merci) li modifica in stretta relazione con la misura dell’imposta stessa. E’ evi­ dente (e la rappresentazione grafica facilmente costruibile ne darebbe immediata dimostrazione) che se si suppone che i prezzi relativi ven­ gano alterati anche dall’imposta diretta, il problema ammette più ri­ sposte : non sarebbe stato neppure il caso di porlo (18).

Altrettanto dicasi dell’ipotesi, almeno ingenuamente introdotta, che l’imposta indiretta non modifichi il prezzo, essendo trasferita all’indie- tro. (Così si è regolato, ad esempio, di recente Earl B. Eolph (Iti1), il quale, per dirla in breve, fatta con tutta indifferenza, l’ipotesi che l’im­ posta sul consumo incida sul produttore o venga trasferita sui posses­ sori dei fattori di produzione, conclude, sinistramente, che raffermare che i consumatori sono, in generale, necessariamente resi worse off da un’accisa è « a theoretically defunct proposition »].

3. _ Un tentativo di presentare come falsa la dimostrazione del Barone è stato compiuto, recentemente, da Milton Friedman, nel sag­ gio: The (( Welfare » effects of an Income Tax and an Excise Tax, del 1952, indicato nella nota n. 6.

Invero, egli non nomina il Barone e parla genericamente di una se­ dicente dimostrazione (alleged proof), che sembra attribuire alla Joseph per l’articolo del 1939, citato (v. nota n. 2).

Senonchè falso è, invece, il ragionamento, di forma sillogistica, che il Friedman ha condotto. Poiché esso, a prima vista, può lasciare qual che perplessità nel lettore, lo riferiamo in sintesi, per potere poi far agevolmente rilevare l’errore in cui M. Friedman è caduto (20).

mia finanziaria, ampiamente illustrata nella parte introduttiva dell’opera — che a tale visione rimane strettamente aderente per l’intera trattazione di E d’Albe rgo, Economia della Finanza pubblica, in due volumi, a cura dell l- stituto di Cultura Bancaria, Milano, 1952, per i tipi della S.T.E.B. di Bologna.

(17) Invero, il Barone scrive: «S e ora all’individuo si sottrae diretta- mente una parte di reddito EA senza alterare i prezzi... », op. cit., pag. 39.

(18) Richiamando il saggio citato di A. Scotto, occorre tener presente che la questione qui in esame non è che uno degli aspetti della teoria dell in­

cidenza dell’imposta. _.

(19) Earl R. Ro l p h, A Proposed Revision of ExCise-tax Theory, « T h e

Journal o f Poi. Econ. », aprile 1952. _ _ .

(20> Cecil G. Ph i p p s, nella nota Friedman’s « Welfare » Effects, apparsa sul Journal of Poi. Econ., agosto 1952, avverte che il ragionamento del Fried­ man è errato. La sua critica, però, condotta secondo un procedimento col quale le osservazioni che faccio seguire nel testo nulla hanno a che vedere, non coglie esattamente il punto falso del ragionamento medesimo.

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argo-212 Y H M F O K C N L B X Fig. 2

Nel grafico che riproduciamo, con alcune integrazioni che torne­ ranno utili più avanti, è P j la combinazione di equilibrio iniziale, in assenza di imposta; P2 è la combinazione di equilibrio risultante dopo

l’introduzione dell’imposta A * sulla merce X, con aliquota --- - sul

prezzo comprendente l’imposta stessa, di incidenza pari a quella corri­ spondente alla combinazione P 3, che il soggetto avrebbe preferito, sic­ come appartenente ad una curva di indifferenza ad indice più elevato, se il prelievo fosse avvenuto con imposta diretta Bj (21).

Si supponga che il soggetto sia in P2 e venga applicata un’impo­ sta A y, di aliquota eguale a quella della A*, sulla merce Y. La linea del bilancio è allora FC, parallela ad AB, tangente in P4 ad una curva di indifferenza. Se, invece dell’imposta Ay, si fosse prelevata un’imposta diretta B2, di eguale ammontare, l’individuo si sarebbe portato in P 5, su una linea di indifferenza più alta.

Secondo la dimostrazione del Barone, e l’imposta Bx preferibile a quella Ax. Se si riesce ad invertire la proposizione, con la contraddizio­ ne che ne risulterebbe verrebbe provata la falsità della suddetta dimo­ strazione, definita sedicente dal Friedman, ma « maintenant classique » dalla U. K Hicks (22).

mentazioni del Phipps, pur affrettandosi a dichiarare di scarsa importanza la propria dimostrazione, di cui qui si fa rilevare la erroneità.

(21) E’ superfluo avvertire che, nella circostanza, i termini « riscosso », « prelievo », « incidenza », vengono usati indifferentemente, essendo sottintesa l ’ipotesi che l’imposta venga trasferita totalmente sul consumatore ed il prezzo aumenti di una quantità eguale all’imposta stessa.

(22) U. K. Hicks, Les impôt indirects dans l’économie moderne, cit., pag. 766. Neppure essa, però, nomina il Barone.

(11)

Ecco come lo studioso americano svolge il suo ragionamento, che prende l’inizio supponendo l’individuo in P 2. E’ ovvio, afferma, che: l’imposta diretta B2 (più quella Ax) è preferibile all’imposta A y (più quella A*). Ma le due imposte A x e Ay, insieme, si identificano con una

CB FA

imposta 0 sul reddito, --- = ---■

OB OA

Allora si può scrivere che l’imposta B2 più la A x è preferibile alla imposta C. Quest’ultima imposta, prosegue il Friedman, è evidentemente l’imposta Bx più l’imposta B 2, dal momento che la Bn e la B« sono eguali di ammontare, rispettivamente, alla Ax ed alla A y. Allora si conclude che l’imposta B2 più l’imposta A x è preferibile all'imposta B2 più l’im­ posta Bx; dal che, eliminando nella diseguaglianza la B2, si ottiene che l’imposta A x è preferibile all’imposta sul reddito Bj, di pari ammon­ tare. E’ stata, cioè, invertita la proposizione legata al nome di Barone. Avverte il Friedman che indubbiamente c’è un errore; senonchè, in luogo di cercarlo nel suo ragionamento, tenta tutt’altra via, seguendo una analisi che qualifica gratuitamente come « correct s> : in primo luo­ go passa sopra alle ipotesi che costituiscono le premesse della dimostra­ zione che egli vorrebbe invalidare (23).

Dov’è l’errore? Una semplice occhiata al grafico lo rileva. Infatti P4 e PB, se sono indifferenti, quanto al gettito, rispetto a P2, non lo sono affatto nei confronti di Px. E’ sì l’imposta C equivalente alle imposte Ax e A y prese insieme; ma non anche è equivalente all’imposta B x più 1 im­ posta B2. Basti osservare che l’imposta Ax più l’imposta B 2, che con­ sente all’individuo le combinazioni indicate sulla linea del bilancio HK,

KB HA

possono essere fatte equivalenti alle imposte sulla merce X e

OB OA

sulla merce Y ; ovvero ad una imposta diretta LB di X (HA di Y), più K L

l’imposta --- sulla merce X. Rispetto alla linea del bilancio HL, la cui

OL

costruzione parallela alla AB da noi fatta è evidente, risulta che P x c PB non possono rappresentare combinazioni che danno un eguale am­ montare di imposta; quindi neppure rispetto alla AB, su cui si trova P,. Il mutare della ragione di scambio, con l’alternarsi di imposte dirette (che per ipotesi non mutano i prezzi relativi) e di imposte indirette (che invece, sempre per ipotesi, li variano esattamente del loro ammontare ed il cui gettito è in relazione con le quantità consumate), non consente

(12)

214 —

ragionamenti di forma sillogistica, come è quello seguito nella circo­ stanza dal Friedman.

Comunque, da quanto si è detto per dimostrare l’errore della pre­ tesa « correct analysis » del Friedman, si trae conferma della seguente proposizione, che può essere prospettata come un corollario del teorema di Barone: a parità di gettito, un sistema di imposte sul consumo ad aliquote diverse è più gravoso, in termini di utilità, di una imposta ad valorem che colpisca le medesime merci con aliquota costante.

Il corollario, evidentemente, apre la via a molte qualificazioni e può anche essere dimostrato altrimenti. Restando alla rappresentazione grafi­ ca, dalla figura 2 risulta che, essendo HK la linea del bilancio (ovvero, secondo l’espressione usata dal Borgatta, la linea del reddito parziale

KB HA

Fisheriano) a cui l’individuo è stato costretto da due im poste---

-|---OB OA

di diversa misura relativa sulle merci X e Y, è P5 la combinazione di equilibrio. Ma eguale introito fiscale — si ricordino le avvertenze sull’uso di simile espressione — può essere ottenuto con la combinazione P6 per ipotesi appartenente a più alta curva di indifferenza, sulla linea di bi­ lancio MN, risultante dopo il prelievo di un’imposta uniforme ad valorem

NB MA

--- = --- sui beni X e Y (ovvero un’imposta sul reddito NB di X

OB OA

eguale a MA di Y, equivalente alla precedente).

4. — Richiamo, ora, l’attenzione su di un punto dell’esposizione di Barone, che ha una importanza sua particolare. Mi servo della rappre­ sentazione grafica di pag. 38 dei Prìncipii di Economia finanziaria, che integro secondo le indicazioni dello stesso Autore.

(13)

sul reddito o sul consumo non solo relativamente al sacrificio di utilità a parità di prelievo; ma anche nei confronti della redistribuzione del reddito operata dal consumatore inciso, secondo la visione Pantaleonia- na, appunto da lui criticata (¿4).

Orbene, in sintesi egli fa constatare:

1 ) D’ (ed implicitamente anche D) è a sinistra e più in basso di C; 2) G-’ a destra e più in basso di D’ ;

3) G’ può essere a destra o a sinistra di 0 a seconda dell anda­ mento delle curve di indifferenza.

Da ciò il Barone fa discendere che:

— l’imposta diretta riduce il consumo di entrambi i beni; la spesa in ciascuno di essi è minore di quella precedente all’imposta (OM <ON;

M E <N A );

— l’imposta indiretta riduce sempre il consumo del bene tassato (G’ L < C N );

— la spesa nel bene tassato può essere minore, eguale o maggiore di quella precedente e, pertanto, quella sul bene non tassato maggiore, eguale o minore, rispettivamente.

Faccio notare :

a) La 1) è legata ad un caso particolare, perchè D può anche es­ sere a destra e più basso ovvero a sinistra e più alto di C. La stessa cosa dicasi di D’, il cui significato, però, interessa meno nella presente circostanza rispetto a D, dato che si vuole limitare il confronto ad impo­ ste di eguale ammontare. Di conseguenza, per D a destra e piu basso di C, si ha che l’imposta diretta ha ridotto il consumo della sola merce B, mentre la quantità della merce A e la spesa in essa fatta risultano

aumentate. , . ... .__

Se invece D è a sinistra e più alto di C, si deve dire che la riduzio del reddito operata dall’imposta diretta ha indotto il consumatore ad aumentare la sua domanda di B, a cui destina una spesa maggiore di prima, riducendo la quantità di A e la spesa relativa. Ciò dipende, ov­ viamente, dall’andamento delle curve di indifferenza; e può sorpren­ dere che il Barone non vi abbia prestato attenzione, come invece ha fatto in merito al punto 3).

Ma la Nota Matematica II (pagina 466 dei Prmcipn), con la quale il Barone dà conferma analitica di quanto esposto, chiarisce il dubbio. Invero egli, scrivendo le condizioni di equilibrio dopo il prelievo di una imposta sul reddito AR, fa l’ipotesi che l’utilità marginale di un bene

sia funzione (decrescente) soltanto della sua quantità.

(14)

216 —

Dette Ar. e An, le variazioni delle quantità dei due beni (e colman­ do un’omissione tipografica nella seconda espressione), « si ha

cpb (rb + Arb) (pa (ra + Ara) =

---Pb Ar» + pb Arb = — AR

« e qui le Ar. e Arb devono essere entrambe negative... », per ovvi mo­ tivi. Anche la dimostrazione che egli dà di quanto riferito ai punti 2) e 3) è del suddetto ordine logico. Il quale non consente, inevitabilmente, di tener conto della distinzione fra «beni superiori» e «in feriori», im­ portante in relazione agli effetti di reddito e di sostituzione, e conse­ guentemente della multidirezionalità della domanda; concetti questi che dominano la teoria della domanda e la cui fecondità di applicazione nel campo razionale della teorematica finanziaria è stata rivelata, per pri­ mo, dal d’Albergo, nel saggio celebrativo del centenario della nascita di I’ areto, citato alla nota n. 7.

Invece, come si è detto, il Barone assume il senso univoco delle va­ riazioni della domanda, in relazione alle variazioni del prezzo o del red­ dito; ed anche le curve di indifferenza da lui tracciate nella figura (a pagina 38 dei Principii) hanno un andamento tale da far verificare ta­ le assunto.

6) E’ vero che G’ è sempre a destra e più basso di D’ e di D, ma non necessariamente è più basso di C, e ciò per quanto si è detto al pre­ cedente punto a). Nulla vieta, ad esempio, guardando alla figura qui tracciata, che C si trovi nel tratto ZA, e cioè sia più basso di G’.

Perciò, approfondendo l’analisi del comportamento della domanda, l'affermazione del Barone appare corretta, ma soltanto nel senso che la quantità di merce tassata consumata dall’edonista è sempre minore di quella corrispondente alla combinazione ottima, per il medesimo, com­ patibile con un’imposta sul reddito di pari ammontare (G’ L<D M ). Ma nulla può dirsi rispetto alla quantità iniziale : infatti, in relazione a quanto si va rilevando, potrebbe essere G’ L > C N , con un certo anda­ mento delle curve di indifferenza. Sono fatti salvi, s’intende, i casi par­ ticolari, fra cui può interessare, nell’occasione, di ricordare quelli che prevedono la coincidenza dei due punti G’ e D, visti dal Fasiani, dalla

Joseph e dallo Scotto nei saggi citati (25).

c) L’avere il Barone previsto che G’ può essere a destra o a si­ nistra di C, seppure di quest’ultimo più basso, va messo in relazione con la necessità logica di tener conto dell’elasticità della domanda ri­ spetto alle variazioni del prezzo, secondo la definizione Marshalliana. Invero, a seconda che il bene B, tassato, sia a domanda elastica, anela­ stica o inelastica, sarà G’ a destra, sulla stessa ordinata o a sinistra di C, a significare appunto che la spesa nel suddetto bene è minore, eguale o maggiore di prima dell’imposta.

(15)

A conclusione delle osservazioni che precedono in questo paragrafo, sembra di poter affermare che, nell'ambito delle premesse compatibili con il grado di approssimazione del problema in esame, solo una unifor­ mità può trarsi in relazione alla redistribuzione del reddito fra i vari

consumi operata dal soggetto, edonista consumatore, conseguentemente all’introduzione dell’imposta. E cioè, come è stato enunciato al punto h), in generale nel caso dell’imposta indiretta il consumo della merce tas­ sata è minore che con l’imposta sul reddito di eguale ammontare; reci­ procamente, si dirà che nelle due combinazioni ottime risultanti dopo l’applicazione di un’accisa su un bene o di una imposta sul reddito, a parità di prelievo, il bene non tassato figura in maggiore quantità nella prima alternativa.

Null’altro, in proposito, può dirsi, dovendosi tener conto, caso per caso, dei possibili andamenti delle curve di indifferenza, come ripetuta­ mente è stato messo in evidenza nell’esposizione che precede (26).

(26) Si deve naturalmente supporre che il sistema di curve di indiffe­ renza (leggi i gusti) non risulti cambiato a seguito del prelievo fiscale. Anche in ciò soccorre l’ipotesi di piccole variazioni, che comunque non vadano « oltre i confini di una piccola regione intorno al punto di equilibrio praticamente osservato » (Pareto, Manuale, IV, 25).

Se è vero che le curve di indifferenza fotografano i gusti dell’individuo, il quale, dice Pareto, dopo può anche sparire, è anche vero che i gusti riflet­ tono l’influenza del mondo esteriore, dell’ambiente economico sull’individuo : essi, ad esempio, risentono, tra l’altro, dei prezzi relativi dei beni. Pareto am­ monisce che « quando mutano le condizioni, mutano pure i gusti degli uomi­ ni ». E per « condizioni » il Maestro intendeva anche il prezzo, dal momento che subito dopo, in un esemplo illustrativo, fa il caso dell’aumento del prezzo dei brillanti. Cosi come, in seguito, si riferisce alle variazioni del reddito (Manuale, IV, 26). La dipendenza dei gusti dai prezzi, giova ricordarlo, è stata tenuta presente dal Pantaleoni nel saggio ben noto, del 1910, che ha offerto al Barone lo spunto della sua analisi critica costruttiva (vedi a pag. 110 di Studi di Finanza e di Statistica, Bologna, 1937).

Pertanto, se si volesse fa r compiere al teorema, che è oggetto del pre­ sente studio, un passo in avanti, nel senso di una maggiore approssimazione al concreto, pur rimanendo nel campo puramente ipotetico, e si abbandonasse l ’ipotesi di piccole variazioni — in quanto meno compatibile con la realtà, che fa assistere a prelievi fiscali corrispondenti a grandi variazioni — occor­ rerebbe prendere in considerazione la probabilità dell’alterazione dei gusti, che si traduce graficamente in un diverso sistema di curve di indifferenza. [E ’ quanto ha fatto il d’Albergo, nel saggio : L’analisi Pareto-Slutzky della do­ manda e la teoria delle imposte sui consumi, citato, allorché ha voluto indi­ care l’accentuazione della preferenza per i beni « superiori » in relazione ad un aumento del reddito reale del consumatore].

Ma poiché non è detto che la fotografia dei gusti sia identica, nei due casi di imposta sul reddito e di imposta sulle merci, non generale e uniforme, dato che ne possono risultare diversamente modificati i prezzi relativi delle merci, e potendosi avere perciò due diversi sistemi di curve di indifferenza, viene tolta la possibilità di una base comune di confronto immediato.

(16)

218 —

5. — Il riesame del noto teorema, tenendo presenti anche scritti re­ centi, e le conclusioni a cui rimango aderente, consentono di passare ad alcune applicazioni a fenomeni ipotetici. Ammettendosi, invero, una di­ mostrata pressione relativa ad un tipo di imposta, si può spiegare o solo indicare razionalmente, almeno in prima approssimazione, possibili indirizzi ed atti di politica finanziaria. Il problema della differenza di pressione delle due imposte può essere guardato da due punti di vista : 1 ) dell’individuo, il quale, come edonista consumatore, confronta i sacrifici causati dall’imposizione, nelle due forme, alternativamente, a parità di prelievo; 2) dello Stato, ovvero della classe governante per la colletti­ vità, la quale effettua il medesimo confronto avvalendosi del ritratto dei gusti, cli’essa ha appositamente raffigurato, dei membri della col­ lettività, o quanto meno dei membri tipici dei gruppi o classi in cui la collettività stessa si divide (27).

Poniamoci da questo secondo punto di vista e facciamo l’ ipotesi che la classe governante, dovendo ottenere un certo introito fiscale, esa­ mini l’alternativa di applicare imposte sul reddito o sul consumo di una merce, con riguardo al comportamento dei membri della collettività, limitatamente alla loro condizione di edonisti consumatori. La classe governante immagini le combinazioni indifferenti tra la merce Y e il reddito in moneta, ad esempio per due individui distinti, di diverso reddito E e P (ricco e povero), raffigurate nelle curve di indifferenza m e n, rispettivamente (28), tracciate nella figura che segue.

Supponendo risolto il problema della ripartizione dell’imposta, che pone a carico dei due individui i prelievi misurati dai segmenti BE’ e PP’, un’imposta diretta farebbe determinare l’equilibrio in Q2 e q2, ri­ spettivamente punti di tangenza delle linee del reddito al netto dell’im­ posta con curve di indifferenza relative ai due individui ipotizzati. Se invece lo Stato, dando scarso peso alla maggior pressione (è ormai superfluo ripetere che il ragionamento è ipotetico e vale nei limiti delle sue premesse), decìde di prelevare le stesse quote di reddito con una imposta sul consumo della merce Y, l’equilibrio risulterebbe in Q4 e q4, secondo la nota costruzione grafica.

Orbene, le EM e PN solo in caso del tutto particolare sono paral-

OE OP

lele, dato c h e ---^ --- ; il che significa, abbandonando il linguaggio

OM ON

grado di ofelimità di un individuo, o di un gruppo, in relazione a diverse con­ dizioni dell’ambiente economico.

(27) Sulla legittimità logica di assumere, nell’ipotesi, come soggetto delle valutazioni utilitaristiche la classe governante per la collettività in luogo dei singoli edonisti consumatori, si veda l’ampia e profonda disamina dettata da E. d’ALBERGO, in Economia della Finanza pubblica, cit., cap. I li, particolar­ mente ai paragr. da I a IV. L’ipotesi, propria del problema di economia finan­ ziaria, dà prova della sua fecondità in tutta la trattazione, fornendo la base per la « spiegazione » dell’aspetto economico razionale del fenomeno finanziario.

(17)

grafico, clie lo Stato solo in un caso particolare troverebbe il suo in­ tento compatibile con un’imposta sul consumo ad aliquota unica (29). In generale, le aliquote dovrebbero essere diverse per i due consuma­ tori, in relazione appunto all’andamento delle rispettive curve di indif­ ferenza. Ovvero, il prezzo di Y dovrebbe essere differenziato fra i due gruppi di cui sono tipici gli individui considerati.

Esiste tutta una serie di problemi di politica economica e fiscale, in senso razionale, ebe ha origine appunto da questo fatto. Esaminia­ mone alcuni. Innanzi tutto distinguiamo fra le seguenti ipotesi:

OR OP

1 ) ___ — ---, cioè i due prezzi sono eguali (imposta ad aliquota

OM ON

unica) ;

OR OP

2) --- > ---, ossia il prezzo di Y (quindi imposta sul consumo)

do-OM ON

vrebbe essere discriminato a favore della classe dei mi­ nori redditieri;

OR OP

3) --- < ---, ossia gli appartenenti alla classe dei più alti

reddi-OM ON

tieri, dovrebbero beneficiare di una minore imposta sul consumo di Y.

(18)

mi-Non occupiamoci del caso 1). Con l’ imposta ad aliquota unica lo Stato risolve il suo problema, secondo le premesse, dalle quali esulano quegli altri vincoli, di vario ordine, che facilmente possono pensarsi. Allo Stato può, tra l’altro, interessare in quale quantità la merce Y viene a risultare nelle combinazioni di equilibrio, nel senso che può ri­ tenere eccessivo, per sue finalità, lo scostamento dalla quantità, mag­ giore, che figura nella combinazione di equilibrio compatibile con il pre­ lievo dell’imposta diretta (combinazioni Q2 e q2). Si richiama, nell’oc­ casione, l’uniformità rilevata al precedente paragrafo 4.

La classe governante potrebbe anche volere tener conto, ad esem­ pio, della probabilmente diversa misura della perdita di utilità che i due membri tipici di altrettanti gruppi della collettività incontrano con la più gravosa imposizione sul consumo, rispetto a quella sul reddito (30).

Il secondo caso, in cui l’intento della classe governante è compati­ bile con la discriminazione del prezzo di Y a favore dei meno abbienti, può « essere gradito » alla classe governante stessa, che mette a proprio «vantaggio» l’illusione legata al «privilegio» di cui apparentemente gode la classe dei minori redditieri. [Simili espressioni, invero, sono proprie di una impostazione sociologica del problema finanziario in esa­ me. Tien conto ripetere che, in questa sede, il suddetto atteggiamento della classe governante ha valore di ipotesi ed i fini della stessa sono un dato che ci viene fornito dall’esterno del problema stesso].

L’attuazione del sistema di prezzi discriminati, e quindi la riscos­ sione di imposte differenziate, possono richiedere, ad esempio: a) l’isti­ tuzione di un tesseramento e razionamento, che consenta ai consumatori appartenenti alle classi povere di acquistare, al minor prezzo, la merce Y nella quantità indicata appunto dalla combinazione tipizzata q2 (può essere il caso degli spacci statali esperimentati in paesi dell’Europa Orientale, a cui accedono solo i lavoratori dipendenti, in cui si identi­ ficano, nella visione della élite al governo, gli appartenenti alla classe dei meno abbienti; in detti spacci le merci sono gravate di una minore imposta « sulla circolazione ») ;

b) l’istituzione di una privativa fiscale, senza razionamento, se ad esempio il bene può essere offerto in modo differenziato (entro certi limiti, può essere il caso del monopolio del tabacco, almeno per quelle varietà che si differenziano nel prezzo più per la confezione che per la qualità del prodotto).

sura delle variazioni del prezzo con la misura dell’imposta ; ossia il consu­ matore è inciso, nell’ipotesi, totalmente dall’imposta stessa. Vedi in prece­ denza a nota n. 4.

(30) Si è trascurato, infatti, in quale rapporto stiano fra loro le dimi­ nuzioni di ofelimità determinate dagli spostamenti da Q2 a Q, e da q. a q,. Ciò sta a dimostrare, tra l’altro, che per il problema della ripartizione del­ l ’imposta in base a criteri edonistici non è indifferente l’aspetto qualitativo del prelievo, se cioè effettuato con imposta diretta o indiretta.

Nei criteri o principii del sacrificio si fa astrazione da tale questione, im­ plicitamente ipotizzando l’indifferenza del modo di prelievo.

(19)

Il terzo caso, che cioè il prezzo debba essere maggiore per le classi povere che per le ricche, appare naturalmente il più imbarazzante, al­ meno se si tiene ferma la premessa. d’ordine sociologico citata per il caso precedente.

E’ pensabile — e noi ne facciamo l’ipotesi — che la classe gover­ nante non accetti la suddetta condizione e, pur mantenendo ferme le singole quote d’imposta da prelevare, intenda fare esistere sul mercato un solo prezzo, come ipotesi limite: in ogni caso, le classi povere non debbono pagare un prezzo più alto delle classi ricche, pur corrispon­ dendo allo Stato rammentare d’imposta stabilito.

Graficamente, si tratta allora di vedere in qual punto la parallela alla EM, condotta da P, incontra la P ’T’. Quel punto, che si trova nel tratto q4T’, indicherà la combinazione compatibile con le condizioni in­ dicate. Notisi, però, che tale combinazione può appartenere a curva di indifferenza ad indice più elevato di quella relativa a q4. La combina­ zione ottima, relativamente, è la q2, a cui l’individuo si sarebbe libera­ mente portato se il prelievo fosse avvenuto con imposta diretta. Perciò, non necessariamente l’individuo peggiora, in termini di ofelimità, la propria condizione. Anzi, come si è detto, può anche migliorarla.

Kesta, però, da vedere come l’edonista possa essere costretto a con­ sumare la quantità del bene Y indicata dalla combinazione individuata nel modo sopradescritto. Invero, se lasciato libero di scegliere, il con­ sumatore si porterebbe su un’altra combinazione, a destra e più in basso della precedente, in cui la linea del bilancio è tangente ad una curva di indifferenza di indice superiore. Ma in quel punto, che è a destra della P’T’, l’imposta darebbe un gettito minore di quello che è fissato dallo Stato e condiziona il problema.

Una soluzione può trovarsi, ad esempio, allorché lo Stato dispone che talune remunerazioni, soprattutto di lavoro, che nel dato di massa concorrono in tutta prevalenza a formare le classi dei redditi minori, vengano corrisposte, in parte, in natura e precisamente col bene sul cui consumo grava l’imposta, nella quantità che figura appunto nella com­ binazione voluta dallo Stato stesso.

Questa soluzione è, inoltre, rispondente all’eventuale fine della classe governante, che veda in un maggior consumo del bene Y, rispetto a quello corrispondente a q4, un più alto grado di utilità (nel significato che il termine ha in sociologia) per la collettività.

[Può essere, in certo senso, il caso italiano del chinino, che in ta­ lune regioni è distribuito ai lavoratori dai datori di lavoro, ai quali lo Stato — che del chinino ha il monopolio, esercitato con l’apposita Azienda — cede il farmaco a prezzo discriminato di favore. Può darsi che se ai lavoratori venisse corrisposto in moneta il prezzo del chinino, lasciando loro la libertà dell’acquisto, gli stessi ne farebbero minor consumo, compatibilmente con una posizione di maggiore ofelimità, ma con danno della salute. Evidentemente, perchè l’ esempio qui fatto sia calzante, è necessario riconoscere al chinino, distribuito nella circostan­ za suddetta, la natura di quota di salario].

(20)

Potrebbe anche, la classe governante, in relazione all’intento di dare OE

un unico prezzo alla merce Y, aumentare il p re z zo ---sino ad

egua-OP OM

gliare --- , anziché abbassare il secondo al livello del primo. Solo in ON

caso affatto particolare, la combinazione che l’individuo (ricco) libera­ mente sceglierebbe si determinerebbe in un punto di Q4R’ ; è più pro­ babile, perciò, che la combinazione di equilibrio, risultante nel modo indicato, non sia precisamente compatibile con il vincolo fiscale: il get­ tito dell’imposta sul consumo di Y, da parte del membro della collet­ tività qui considerato, potrebbe essere maggiore o minore di quello sta­ bilito nella premessa (ER’). Si renderebbero, perciò, necessari provve­ dimenti vincolativi, più o meno analoghi a quelli di cui si è discorso poco prima. Questa soluzione, però, sicuramente diminuisce il grado di ofelimità di cui godono i due individui, dato che la nuova combinazio­ ne di equilibrio dell’individuo ricco, risulta certamente peggiore della Q4. Il che poteva non accadere, se addirittura non accadeva il contra­ rio, nella soluzione precedente.

Un’ altra eventualità, circa il comportamento della classe gover­ nante, in questo terzo caso che andiamo considerando, può prospettarsi nei termini seguenti: l’imposta sulla merce Y viene applicata soltanto nei confronti dei consumatori appartenenti alla classe di redditieri più abbienti; dagli altri lo Stato otterrà il gettito stabilito, mediante una imposta diretta, che lascia il prezzo immutato, ad un livello più basso del prezzo pagato dai più ricchi componenti la collettività. E’ chiaro che, così argomentando, si è usciti dai vincoli posti, in via di ipotesi, alla classe governante, di cui si è esaminato il comportamento in sede di ricorso a sole imposte indirette sul consumo. Però si è voluto rife­ rire anche quest’ultima eventualità — la quale pure richiede di essere accompagnata da provvedimenti quali razionamento, tesseramento, pri­ vativa fiscale ecc. - siccome meno peregrina di quanto non sembri a tutta prima.

(21)

pos-sono in certo senso, prestarsi ad esemplificare quanto si è prospet» tato in via puramente deduttiva, sono offerti dall'attuale regime del mercato delle abitazioni. Sono troppo ovvie le avvertenze da aver pre­ sente in simile citazione, perchè si debba enunciarle].

A l termine della disamina compiuta in questo paragrafo, sembra non superfluo far presente che, allorché si è fatto riferimento a com­ binazioni in parte costrette da provvedimenti vincolanti la libertà di scelta dell’individuo, si è ritenuta non invalidata, per quésto solo fatto, la logica delle curve di indifferenza. Questo può sembrare1 introduzione di un certo grado di arbitrio, dato che di tale teoria è indissolubile premessa la libertà per l’edonista di muoversi sul colle delPofelimità : ma i gusti del consumatore, di fronte a vincoli del genere di quelli considerati, subiscono una probabile alterazione, ammettendo movi­ menti o scelte, nelle date curve di indifferenza, equivalenti a quelle che si compirebbero dai soggetti in base a nuove e diverse curve condizio­ nate secondo le ipotesi che precedono.

Di ciò si potrà tenere conto in una indagine di maggiore appros­ simazione.

Gu g l ie l m o Gola

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ALCUNI PROBLEMI FONDAMENTALI DEL DIRITTO TRIBUTARIO \NEL « SISTEMA » D I E. BLUMENSTEIN

1. — Nel « Sistema di diritto delle imposte » (1) del Blumenstein, da me tradotto in italiano, oltreché l’indirizzo metodologico applicato con rara coerenza e purezza scientifica e la sistematica poderosa che inqua­ dra tutta la materia allacciando nozioni teoriche e casi della giuri­ sprudenza e della prassi in una trattazione minutissima, eppure sinte­ tica (Ibis), mi sembra che al lettore italiano potranno altresì partico­ larmente interessare parecchi passi singoli, in cui l’A. ha svolto, con la sua conosciuta profondità, questioni che sono dibattute anche nella nostra dottrina, oppure ha indagato istituti peculiari del diritto tribu­ tario svizzero che possono essere tenuti utilmente presenti per lo svi­ luppo del nostro, oppure ha costruito concetti e distinzioni di teoria generale che valgono, anche prescindendo dal punto di vista del diritto fiscale positivo, in una sede scientifica e giuridica più ampia.

Mi limiterò ad alcune delle questioni più salienti fra le tante di cui è doviziosa l’opera.

2. — Il primo problema è quello della giustizia tributaria in senso giuridico (2). La garanzia della eguaglianza giuridica nel diritto 1 2

(1) L’opera di cui qui si discorre è la versione italiana della II ed. del «Sistema di diritto delle im poste» (System des Steuerrechts), Milano,

Giuf-frè, 1953. . , . . .

I passi del « Sistema » qui citati e le singole questioni considerate, pos­ sono essere agevolmente rintracciati mediante l’ampio indice della materia an­ nesso al volume. Si omette quindi di indicare nel testo il riferimento alle

pagine. . .

(Ib is) Il prof. Imboden ha giustamente avvertito che il grande pencolo che corre quest’opera del B. è di non essere apprezzata nella giusta misura, a cagione dell’estrema concentrazione dei concetti.

Cfr. Im b o d e n, Ernst Blumenstein wissenschaftliches Vermächtnis. Schw. Archiv für Abgaberecht, 1952, 277. . .

(23)

svizzero viene assicurata attraverso la giurisdizione costituzionale: in particolare il Tribunale federale ha accolto in centinaia di sentenze il principio di controllare, sotto il profilo di essa, le disposizioni tributarie dei Cantoni e la loro applicazione. Sono così emerse le due nozioni di: a) diseguftglianza giuridica formale, intesa come diseguale trattamento di diverse persone sotto gli stessi presupposti di fatto (ad es. la limita­ zione della detrazione dei debiti nelPimposta fondiaria ai soli crediti nei Cantoni) e di: b) diseguaglianza giurìdica materiale ovvero arbitrio, definito come ogni trasgressione a un chiaro diritto, ogni applicazione palesemente antigiuridica della legge, e specialmente ogni interpreta­ zione che non fosse conciliabile con Punico senso possibile di essa o che venisse presa solo per fiscalismo. Il B. ritiene impossibile una delimitazione definitiva dei criteri della diseguaglianza giuridica tribu­ taria materiale, nel senso della giurisprudenza del Tribunale federale. Ha però sottolineato che questa concezione riposa sul canone della (( buona fede » che deve trovare applicazione sia nei riguardi del contri­ buènte come degli organi fiscali. Ha inoltre stabilito che questi concetti servono « nel loro complesso alla attuazione della giustizia tributaria, come è da concepirsi nel senso giuridico ». Il che va tenuto presente per comprendere la posizione metodologica dell’A., il quale non rifugge dalle nozioni contenutistiche, come questa di giustizia, per accogliere solu­ zioni puramente formali, ma fa anzi di quelle uno dei pilastri del « Sistema », intendendole però « in senso giuridico » ossia nel quadro dell’ordinamento positivo studiato come sistema.

Ciò è importante perchè rivela come il metodo del « diritto puro » svolto dal B. differisca notevolmente da quello di altri studiosi: esso non trascura che nell’essenza del fenomeno giuridico vi sono elementi etici ed umani inscindibili (3), ma si studia di ricondurli a principi generali, razionalmente coordinati ; considera bensì la legge come punto di partenza dell’indagine di diritto positivo, ma non concepisce la norma come un dato disancorato dalla realtà della vita politica, economica e sociale, anzi — nei limiti che essa stessa e la sistematica che la rac­ chiude, gli suggeriscono per la sicurezza e razionalità dei rapporti giu­ ridici la studia nei suoi scopi e nei suoi interessi (fra cui quello della certezza del diritto si allinea). Il pregio maggiore di questo com­ plesso metodo, così armonioso nel suo svolgimento, sta naturalmente nel senso di misura con cui l’A. lo traduce in applicazione. E questo equi­ librio, che è strettamente connesso con la singolare forza di penetra­ zione del materiale indagato, costituisce una impronta irriproducibile della Sua individualità.

(3) Su questi problemi si veda : Carnei, tatti, Teorìa generale del diritto, Cedam, Padova, 1950, passim e già nella prefazione; da altri punti di vista

Gray, Interpretazione e. filosofia del diritto vigente, Rivista Rosminiana, fase. I-II, 1939 ; Id. Id., L’inconscio e le sue manifestazioni del mondo del diritto, Riv. Intera, di Filosofia del Diritto, anno VII, fase. VI, 1927; Cammarata,

(24)

— 226 —

3 — 11 senso di equilibrio e la armoniosa complessità del metodo del li. emergono nel Suo studio del problema dell’interpretazione delle norme tributarie. Di ogni procedimento interpretativo egli indaga la giustificazione giuridica nei princìpi generali del diritto e m relazione a ciò mostra i limiti, i pregi ed i pericoli.

In primo luogo egli avverte che il « metodo della costruzione dei concetti » (Begriffsjurisprudenz), come metodo logico si rivela utile per determinare esattamente i fenomeni considerati nella legge e ricercare « la loro struttura concettuale ed il loro significato » : esso però non deve essere applicato in guisa da condurre ad un « formalistico sche­ matismo » (41 che sarebbe contrario alla esatta considerazione della fat­ tispecie necessaria per conseguire il principio di eguaglianza giuridica tributaria. Pertanto esso è da completare con il metodo di interpreta­ zione secondo il criterio della realtà economica (5): «ciò particolar­ mente là dove il legislatore, ad es. nella delimitazione dell’oggetto del- pimposta, si fonda su concetti di natura del tutto generale quali patri­ monio e reddito, la cui essenza e i caratteri strutturali possono essere influenzati efficacemente dall’interessato, attraverso la scelta di speciali modi di configurarli ». Per stabilire allora se un particolare fenomeno sia da assumere sotto tali concetti, non ci si può fermare alla sua natura esteriore, ma bisogna anche considerare « le sue relazioni con il soggetto dell’imposta ed eventualmente il suo significato nella vita eco­ nomica e sociale ». Il B. però avverte che anche questo metodo può con­ durre ad un esagerato schematismo. « specialmente quando si raccolgono i fenomeni economici secondo tipi fìssi buoni per tutte le volte (metodo della tipizzazione)» (6): ciò è in antinomia col principio dell’eguaglianza giuridica correttamente inteso che richiede «una considerazione attenta dei presupposti di fatto nei casi singoli diversamente configurati ». L’A. ritiene che si possano applicare, per i fini e con ì limiti esposti a pro­ posito del criterio della realtà economica, il metodo dell’interpretazione teleologica e quella della sociologica (cosidetta giurisprudenza degli

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ridica.

Infatti riguardo all’interpretazione teleologica, il B. osserva che sco­ po del diritto delle imposte può essere solo il trattamento identico di tutti i contribuenti, avuto riguardo alle condizioni di fatto dei casi concreti; così il metodo di interpretazione teleologica riconduce al criterio della realtà economica. E poiché gli interessi da individuare e da valutare nel diritto tributario, si risolvono in quello della giusta distribuzione delle prestazioni di imposta secondo il principio della eguaglianza giu­ ridica e le altre garanzie costituzionali, il metodo di interpretazione sociologica (giurisprudenza degli interessi) a sua volta ha valore per considerare la natura economica dei casi. Il che mostra la coerenza sistematica con cui l’A. concilia l’impiego dei varii metodi di inter­ pretazione riconducendoli tutti al principio generale del diritto 'positivo dell’eguaglianza giuridica tributaria nel caso singolo, completamente considerato.

Tuttavia sarebbe un travisare il pensiero dell’illustre A. passare sotto silenzio che egli pone un netto limite aH’impiego dell’interpreta­ zione della ratio della legge ; infatti, dal principio generale che « le pre­ stazioni di imposta dell’individuo in ultima analisi devono essere stabi­ lite dalla legge, egli inferisce che « se il legislatore fa riferimento, nella determinazione del contribuente o dell’oggetto dell’imposta a determinati fatti, la loro delimitazione non deve allontanarsi da quella da lui data ». L’interpretazione non può essere estensiva e nemmeno può essere allar­ gata ad altri casi mediante l’analogia, nemmeno quando questi casi siano di identica struttura che quelli nominati nella legge e non esorbi­ tino dal pensiero giuridico che ha base nella legge. Parimenti è esclusa l’interpretazione restrittiva. E’ però da rammentare che questa rigorosa posizione del B. dipende dall’essenza dell’ordinamento giuridico svizzero. Le sue finalità ultime appunto spingono l’A. a far prevalere siffatta­ mente il principio di legalità in questo ambito. Importa dunque notare che non un freddo metodo di interpretazione logico-formale sostenuto per sè medesimo, ma il riconoscimento di un principio generale del diritto costituzionale vigente, quello di legalità dell’imposta, porta il B. a questa soluzione. Ossia, profondamente, egli intende il problema dei metodi di interpretazione come dipendente da quello dei princìpi gene­ rali dell’ordinamento giuridico (8). Quindi da un canone sostanziale, costituzionale e politico, quale quello della legalità tributaria, inteso come requisito di giuridicità dell’eguaglianza tributaria, egli trae i corol­

(7) Sull’ intepretazione teleologica e simili cfr. : M. S. Giannini, L’in­ terpretazione, e l’integrazione delle leggi tributarie, Riv. Dir. Fin. e Se. Fin.. 1941, I, p. 95 ss. e Vanoni, Natura e interpretazione delle leggi finanziarie,, Pa­ dova, Cedam, 1929; si confrontino inoltre i Saggi cit. del Griziotti, per l’in­ terpretazione funzionale che peraltro differisce notevolmente dai due indicati metodi in quanto si fonda sulle nozioni scientifiche della scienza delle finanze.

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