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Rivista di diritto finanziario e scienza delle finanze. 1953, Anno 12, n.4, dicembre

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DICEMBRE 1953 P u b b lica zion e trim estrale Anno XII • N. 4 Spedizione io abbonamento poetale - Gruppo IV

RIVISTA DI DIRITTO FINANZIARIO

E S C I E N Z A D E L L E F I N A N Z E

(

e

RIVISTA ITALIANA DI DIRITTO FINANZIARIO)

D I R E Z I O N E : L U I G I E I N A U D I

Membro onorario

ACHILLE D. GIANNINI BENVENUTO GRIZIOTTI S A L V A T O R E S C O C A E Z I O V A N O N 1

M I L A N O

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Pubblicazione sotto gli auspici

della C a m e r a di C o m m e r c i o di P a v i a

La Direzione è a Pavia, Istituto di Finanza presso l’Università e la Camera di Commercio, Strada Nuova n. 65, presso il Prof. Benvenuto Griziotti, al quale devono essere inviati manoscritti, bozze corrette, cambi, libri per recen­ sione in duplice copia, eoe., Assistente, I)r. Francesco Forte.

Redazione corrispondente in Roma presso Prof. Cesare Cosciani, Via Cesare Battisti 121, p. I li, e presso Prof. Gian Antonio Micheli, Via Sommacam- pagna, 15.

L Amministrazione è in Milano, Via. Solferino 19, presso l’ editore A. Giuffrè. Ad essa vanno indirizzate le richieste di abbonamento (c.c. postale 3/17986), le comunicazioni per mutamenti di indirizzo e gli eventuali reclami per man­ cato ricevimento di fascicoli.

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Diritto fallimentare e delle società commerciali, edite dalla Casa Dott. A. Giuffrè.

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LE SPESE PUBBLICHE NELLA SCIENZA DELLE FINANZE

1. — In una monografia del 1912 (1), al fine di evitare le discussioni

sui bisogni pubblici e sulle pubbliche spese e sui limiti dell’attività dello Stato, e di non dipartirmi dallo studio gnoseologico della indagine finan­ ziaria, ritenni che la spesa è un presupposto della scienza delle finanze, perchè di fatto un’ attività finanziaria sorge per il compimento di spese e di fini dello Stato (o altro ente pubblico) e che fra entrate e spese corrono rapporti necessari per far corrispondere alla natura e allo svolgimento delle spese le entrate adeguate per sostenerle. Sicché ho sempre rilevato che uno stesso pensiero politico determina la scelta del­ le spese e delle entrate (2). Tuttavia la scienza delle finanze lia per oggetto di studio le pubbliche entrate e diverse sono le questioni logiche, che si riferiscono alle spese pubbliche da quelle che riguardano le en-triltA questa opinione fui portato dall’insegnamento noto del De Viti

de Marco di evitare nella ricerca scientifica ogni carattere di arte pre­ cettistica IR), che sembrava di riconoscere nei trattati di scienza delle finanze di quel tempo, allorché si discuteva del « carattere delle

pub-d i B Gk iz io t t i, Considerazioni sui metodi e problemi della scienza delle finanze, Rorna Universelle, 1912 (in parte riprodotto in Giorn. degli Econo-negli studi finanziari in « f n «egU

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finanziario dalla mia prolusione di Catania (1914) >> Qualsiasi

ordi-gono da t a , Una valuta f «Elementi di scienza delle finanze» a> f ^ del criterl politlci nei fenomeni dell’entrata e Carattere teorico dell’economia finanziaria, Rom(a3 )pasqim Uiccri888, P- « della prefazione e pp. 41-48.

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bliclie spese » o della « opportunità dello sviluppo delle singole cate­ gorie di spese » (4).

Del resto allora nei trattati, nei quali si vedeva considerata la spesa pubblica in tutti i suoi dettagli, non mi appariva il ponte di passaggio fra lo studio delle pubbliche spese e quello delle pubbliche entrate, onde io venni alla conclusione negativa circa la considerazione delle pub­ bliche spese per ciò che riguarda le pubbliche entrate. E ’ da notare che in quel tempo la finanza extrafiscale non aveva preso lo sviluppo che oggi noi consideriamo in tutti i sistemi finanziari del mondo. Allora si riteneva piuttosto che la finanza dovesse essere neutrale come risul­ tante dalla filosofia politica del secolo XIX, per cui si riteneva che la finanza pubblica non devesse modificare le condizioni della produzione, del consumo e della distribuzione della ricchezza.

Ma la redistribuzione della ricchezza diventa poi sempre più ac­ centuata se mediante le spese pubbliche lo Stato cerca con la ricchezza dei più ricchi di soddisfare i bisogni delle classi più povere sia prov­ vedendo maggiormente al mantenimento e al sostegno dei vecchi, dei poveri e degli ammalati, sia provvedendo ai bisogni di perfezionamen­ to dal lato quantitativo e qualitativo, economico e sociale con l’istru­ zione superiore, l’assistenza e le pensioni per la vecchiaia e per gli inabili al lavoro, nella misura ed estensione ritenute fondamentali se­ condo la coscienza sociale e la civiltà. Quindi la politica finanziaria non può non essere considerata sia dal lato delle entrate sia dal lato delle spese. La politica sociale si è sviluppata specialmente in America, dove per la grande ricchezza che possiede quel continente ha permesso di potere provvedere più largamente ai cosidetti bisogni sociali (per es. automobili e macchine per televisioni diffuse fra le classi meno abbien­ ti), anche in vista di una maggiore massa di consumo, che è 1 elemento fondamentale per incrementare la stessa produzione.

Negli Stati Uniti, partendo dalla crisi intorno al 1930, col pro­ gramma di Roosevelt, detto del « New Deal », cioè del « nuovo compito » dello Stato, si è cercato di promuovere la pubblica prosperità anche provvedendo ad allargare il consumo delle ricchezze prodotte con il concorso dello Stato, che viene incontro alle classi bisognose e nello stesso tempo provvede all’espansione della produzione della stessa eco­ nomia nazionale. La quale in questo modo venne tratta dalla depres­ sione e dalla crisi e rimessa nella spirale della produzione della pro­ sperità. Di questa politica, che in America, per impulso di Roosevelt, ebbe un grande sviluppo, si ebbe, come anticipazione e anche come riflesso, nelle opere di scienza delle finanze, un ampio studio nei trat tati e nelle monografie con la considerazione della spesa oltre che del­

l’entrata. . „

Anche nella letteratura inglese, nei trattati di finanza, si \iene < dare un più ampio posto alle considerazioni della spesa come mezzo per il trasferimento della ricchezza.

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Tutto questo lia determinato lo sviluppo successivo della lettera­ tura di ogni paese, secondo tale indirizzo di indagini sulle spese oltre che sulle entrate, salvo l’ancoraggio di alcuni pochi scrittori, anche ita­ liani, che ritengono di limitare gli studi finanziari agli effetti delle sole entrate nell’ipotesi dell'imposta-grandine

Pertanto mi associo completamente all’opinione ormai generalmen­ te condivisa che la scienza delle finanze debba comprendere lo studio delle spese pubbliche accanto a quello delle entrate, pur conservando la primitiva idea che in questa disciplina la ricerca e la considerazione della spesa pubblica devono essere conservate nei limiti, entj’O i quali la conoscenza e l’esame della pubblica spesa può interessare lo studio finanziario delle pubbliche entrate e la conoscenza degli effetti comples­ sivi delle spese e delle entrate.

2. — Invero il fenomeno della spesa pubblica può essere oggetto

di varie discipline, come l’economia politica, la scienza della ammini­ strazione e la contabilità dello Stato, la statistica, per rimanere nel settore delle discipline confinanti della scienza delle finanze, oltre che di quest’ultima.

Ueconomia politica vede nella spesa pubblica un oggetto di studio come fenomeno che attiene al consumo, alla distribuzione e alla pro­ duzione della ricchezza e ai fenomeni della congiuntura economica. Anche gli effetti delle pubbliche entrate sono da considerarsi congiun­ tamente agli effetti delle pubbliche spese.

Pertanto anche la politica economica e finanziaria considera, entro la possibilità dei singoli paesi rispetto alle loro condizioni, la spesa pubblica come strumento equilibratore dei fenomeni fisiologici e pa­ tologici della struttura economica, secondo gli interessanti studi del Keynes e dell’Hansen e di tutta la scuola che ha preceduto e seguito le teorie citate.

La scienza dell’ amministrazione finora si è limitata alla considera­ zione morfologica delle spese pubbliche e si è inaridita nelle sue ri­ cerche, mentre con approfonditi esami delle spese pubbliche potrebbe completare sotto diversi aspetti lo studio del diritto amministrativo, al quale era premessa e associata nell’ordinamento legislativo dell’istru­ zione, parallelamente allo studio congiunto di scienza delle finanze e diritto finanziario. Come la scienza delle finanze si è arricchita di ri­ cerche economiche politiche e sociali e dello studio degli effetti, delle condizioni e dei sistemi delle pubbliche entrate, la scienza della ammi­ nistrazione avrebbe potuto approfondire lo studio dell’ordinamento del­ la pubblica amministrazione e delle pubbliche spese per ricercare del- l’una e delle altre il migliore ordinamento, i maggiori effetti e la ph\ elevata redditività sociale, col minimo costo per i contribuenti. Nello stesso tempo avrebbe potuto scientificamente esaminare le premesse, gli scopi e le funzioni del diritto amministrativo.

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contabile, esamina tutte le questioni relative al bilancio per le attri­ buzioni delle spese e delle entrate secondo la loro natura e le recipro­ che relazioni funzionali e temporali.

La statistica con le sue analisi induttive sui vari dati economici, finanziari e demografici può compiere rilevatissime ricerche sulle rela­ zioni fra le spese pubbliche e le pubbliche entrate, in modo da rendere quantitativamente più precisi i rapporti di interdipendenza che la scienza delle finanze può dedurre e nello stesso tempo dalle serie stati­ stiche rilevare i fattori dell’incremento effettivo delle pubbliche spese, al netto da apparenze monetarie.

Alla scienza delle finanze spetta di compiere lo studio della destina­ zione delle pubbliche entrate, per meglio comprendere la natura e gli effetti di queste. Spese pubbliche e pubbliche entrate sono strettamen­ te collegate. L’ammontare delle entrate è determinato dalle spese alle quali sono destinate. Dalla natura e dagli effetti delle spese si traggono gli elementi integratori della conoscenza della natura e degli effetti delle entrate. Solo la sintesi delle spese e delle entrate rende determi­ nata e significativa l'attività finanziaria svolta in un certo sistema. L’apparente natura di un’entrata, per es. di un’imposta proporzionale sul reddito, risulta ben differente, se essa alimenta una spesa, che favorisce in modo regressivo gli interessi delle classi meno abbienti. L’integrale attività finanziaria dell’entrata e della spesa in tale caso risulterebbe progressiva, se alla soddisfazione degli interessi delle classi povere hanno provveduto le categorie abbienti con l’imposta pro­ porzionale ai redditi, soprattutto quando il reddito medio sia molto i elevato e perciò molto diffuso il benessere sociale.

I

3. — L’esame delle spese pubbliche e dei loro effetti economici sul­

l’economia nazionale dopo la prima guerra mondiale, e in particolare la valutazione economica delle spese elevate per pensioni ai veterani della guerra, ha dato luogo, prima negli U.S.A. e poi in Inghilterra, alla distinzione delle spese di trasferimento e delle spese di consumo.

La teoria delle spese di trasferimento ricorda l’antica dottrina sul debito pubblico, secondo la quale un paese non impoverisce col pas­ saggio del denaro dalla mano destra alla mano sinistra, in quanto gli interessi, prelevati colle imposte dai contribuenti, sono corrisposti ogni semestre ai possessori dei titoli emessi dallo Stato. Nel complesso il calcolo della ricchezza nazionale non cambia, quando si faccia prima e dopo il pagamento delle rendite pubbliche (5).

Luigi Einaudi nella Riforma Sociale (1928, p. 159 e ss.) nel fare un’ampia rassegna della prima edizione (1928) del volume di A. C. Pigou - A Stiuty in Public Finance (Macmillan 1948), ha ricordato che

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già fiume aveva combattuto l’errore dell’antica dottrina e in parti­ colare egli ha messo in evidenza die a furia di trasferimenti i proprie­ tari dei terreni, che pagano gli interessi dei debiti pubblici e ne ef­ fettuano il rimborso, s’impoveriscono, mentre i titolari dei debiti pub­ blici diventano ricchi. Quindi mediante ripetuti trasferimenti di ric­ chezza si opera una profonda rivoluzione economica e sociale, senza che la teoria tenga conto di questi mutamenti economici e sociali.

Ma una osservazione deve essere aggiunta. Coloro che posseggono i titoli del debito pubblico o gli aventi causa hanno anticipato un ca­ pitale allo Stato, che può essere stato investito in opere molto produt­ tive oppure in spese improduttiye di nuova ricchezza, oppure di utilità. Se il capitale venne investito dallo Stato in opere molto feconde, come per il risanamento di terreni paludosi, che attualmente sono divenuti molto produttivi, nessun trasferimento nè rivoluzione economica socia­ le avvengono, qualora i proprietari di detti poderi paghino gli interes­ si e rimborsino i capitali per estinguere i debiti pubblici.

In questo caso non si verifica l’ipotesi fatta dall’Einaudi. Dal che si deduce che l’esito economico e sociale della spese pubblica dipende dalla natura produttiva o improduttiva della spesa compiuta col rica­ vo del debito pubblico.

Tutto ciò mette in rilievo come la natura e gli effetti di un’opera­ zione d’entrata non sono significativi senza la conoscenza della natura ' e degli effetti della spesa pubblica.

Queste considerazioin devono ripetersi per gli altri modi di spesa per pagamenti di stipendi o salari agli impiegati od operai dello Stato o di pensioni ai veterani. Bisogna considerare l’opera prestata nei suoi effetti immediati o futuri da queste varie categorie di persone, che hanno acquistato titolo al prelievo di stipendi, salari e pensioni, per giudicare se tali erogazioni sono state provvide per gli interessi dello Stato, della collettività e dei singoli cittadini, o se riuscirono inutili o dannose. Nel primo caso si deve ritenere che sia avvenuta un’operazione finanziaria produttiva, e nell’altro che si è sperperata la ricchezza.

' Se i pagamenti vennero compiuti all’estero, essi non sono spese di

trasferimento, secondo il Pigou, ma spese di consumo (6). Ma anche in questo caso il computo non è completo ed il giudizio non è esatto, per­ chè non si tiene conto della contropartita della spese fatta all’estero. Questa spesa può avere per effetto l’importazione di macchine, con cui ridurre i costi della produzione o bonificare terreni mai coltivati, op­ pure provocare lo sviluppo del commercio internazionale, con notevole vantaggio per il paese che ha fatto i pagamenti o inviato aiuti all’este­ ro, e allora essa ha accresciuto la ricchezza del paese, che ha fatto la spesa all’estero, oppure la spesa ha prodotto un impoverimento del pae- \se e allora è avvenuta una distruzione di ricchezza, o, se si vuole, si

può dire un consumo di ricchezza.

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In ogni caso l’analisi deve compiersi Ano in fondo studiando tutti gli effetti dell’entrata e della spesa.

4. — Alcuni, come il Dalton (7), distinguono due momenti nella funzione dei debiti pubblici. A ll’origine nel passato, quando sono stati emessi i titoli e investiti i capitali corrispondenti, la qualifica finanzia­ ria degli interessi, che si pagano ai creditori, dipende dall’uso, che si fa, del capitale introitato, o per saldare il disavanzo del bilancio, o per investimenti produttivi. Nel primo caso si tratta di consumo, nell’altro di investimento.

Al presente, il pagamento dell’interesse può dirsi un dono che si fa ai titolari dei titoli, perchè essi non rendono un servizio economico. Ma evidentemente essi all’origine hanno reso un servizio economico al­ l’ente pubblico e tanto basta perchè tale servizio sia considerato al momento del rimborso del pagamento degli interessi. Anche se il bene­ ficio del capitale prestato sia stato goduto dalla generazione preceden­ te, è sempre da supporre che gli effetti di quel beneficio originario ven­ gano trasmessi di generazione in generazione, che sono da ritenere col­ legate da rapporti di connessione nel tempo.

5. — Abbandoniamo, dunque, questo punto di vista e cerchiamo di delineare il metodo di discussione delle spese pubbliche dal punto di vista finanziario.

Cominciamo a considerare le spese corrispondenti alle varie ca­ tegorie di entrate, che possono dipendere da atti di liberalità, o di equi­ valenza fra il beneficio procurato dallo Stato ai suoi sudditi e le pre­ stazioni compiute da essi allo Stato; o di solidarietà o infine di estor­ sione e spogliazione o sfruttamento.

6. — Le liberalità possono essere compiute da privati ad enti pub­ blici con o senza uno scopo determinato da effettuare. Nel caso che li­ beralità siano rivolte a particolari istituzioni e scopi, ogni ricerca si esaurisce nel considerare se lo scopo generale o particolare della dona­ zione sia stato attuato nello spazio o nel tempo. Uguali considerazioni sono da fare nel caso di liberalità compiute da un ente pubblico verso un altro ente pubblico, sia questo d’ordine superiore o inferiore all’ente donatore. La spesa pubblica compiuta con queste donazioni può essere straordinaria od ordinaria, produttiva di ulteriore ricchezza o mera­ mente consuntiva, sempre secondo lo scopo della donazione.

7. — Il principio del beneficio o quello della capacità contributiva nei rapporti di equivalenza hanno in comune il significato che le entra­ te traggono origine dalle spese pubbliche, produttive di servizi

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ci, che sono suscettibili di richiesta da parte dei contribuenti o che possono essere imputati a quelli di essi, che si presumono avvantaggiati da tali servizi per valutazioni dello Stato o di altro ente pubblico.

Nella prima ipotesi si tratta di spese pubbliche, che possono essere ritenute dallo Stato o altri enti pubblici esclusivamente di interesse col­ lettivo o individuale e che pertanto sono da fare entro i limiti della stessa richiesta, che gli stessi interessati ritengono di compiere secondo il beneficio, che attribuiscono a tali pubbliche spese. Queste possono essere effettuate dagli enti patrimoniali dello Stato, destinati a servizi di pubblica utilità (acqua, scuole, telefoni, posta, ferrovia) o dai pub­ blici istituti (zecca, giustizia, polizia, registro). Nel primo caso la spesa è compensata in tutto o in parte o con un sovrapiù mediante corrispet­ tivi, nel secondo da tasse.

Nella seconda ipotesi le spese pubbliche sono determinate da inte­ ressi dello stesso ente pubblico, a cui corrispondono però interessi col­ lettivi e particolari dei singoli enti o individui. Allora la spesa pub­ blica si commisura all’interesse dell’ente pubblico, che l’esegue nella misura, nel tempo e nel luogo che l’Ente stesso fissa secondo il suo scopo. Così dispone il servizio contro le malattie delle piante e degli animali oppure della tubercolosi e altre malattie infettive. Tale servi­ zio soddisfa ad esigenze pubbliche ed è pertanto istituito secondo i cri­ teri quantitativi e qualitativi, di tempo e di luogo che lo Stato ritiene di seguire. Le entrate necessarie per pagare tali spese vengono prele­ vate con imposte, cioè mediante l’uso della coazione, da chi è ritenuto avvantaggiato da detta spesa o possegga un reddito che supera il mi­ nimo dell’esistenza, ossia in ragione della capacità contributiva di cia­ scuno. La capacità contributiva in questo caso è assunta come indizio del beneficio reso ai contribuenti dalla spesa dello Stato.

8. — Oltre e al di sopra della famiglia, della chiesa e delle asso­

ciazioni private lo Stato esercita pure un’azione, che è fondamentale in qualsiasi ordine di vita, umana o non umana, l’azione della solida­ rietà, sia nel prelievo delle entrate sia nella prestazione di servizi me­ diante le spese pubbliche (8).

Quando esse soddisfano l’interesse comune, proprio dello Stato, co­ me nel caso dei servizi della difesa e della sicurezza, della viabilità e dell’istruzione elementare obbligatoria, vengono compiute nel tempo e nello spazio, come lo Stato ritiene opportuno, e perciò non dipendono dalle richieste compiute dai privati. Tali servizi vengono preordinati, affinchè possano soddisfare tempestivamente al fabbisogno, quando esso si presenta, come nel caso di minaccia del nemico ai confini del proprio paese. Di conseguenza essi risultano non determinabili a richiesta dei

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singoli cittadini. Tali servizi corrispondono oltre che all’interesse del paese, anche a quello particolare di tutti, poveri e ricchi, perchè tutti amano la libertà e non vogliono divenire sudditi dello straniero o es­ sere aggrediti nella pubblica via o in casa. Pertanto tutti contribui­ scono con le imposte dirette. Ma rispetto al pagamento di tributi diretti soltanto gli abbienti sono tenuti in misura della loro capacità contributiva (art. 53 della Costituzione) a versare le imposte dirette per sostenere le pubbliche spese necessarie per tali servigi. Così per virtù di questo atto di solidarietà si completa questa attività finanzia­ ria nel provvedere a servizi essenziali per lo Stato e alla riscossione delle corrispondenti entrate.

Col progredire dello stato moderno l’attività pubblica interviene sempre più ad adempiere compiti sociali, per assistere i poveri e i meno abbienti nello sviluppo del loro benessere fisico e morale, nella loro preparazione tecnica e professionale, nel soccorrerli nel caso di malattia, disoccupazione e vecchiaia, nel provvedere alla loro ricrea­ zione, nell’istituire colonie marine e montane e con tutto ciò si svilup­ pa la solidarietà finanziaria distribuendo il carico delle spese pubbli­ che in misura della capacità contributiva dei più abbienti.

Quando tutte queste spese superano le possibilità del reddito at­ tuale (o del patrimonio disponibile) dei contribuenti, ecco che le spese pubbliche sono coperte da prestiti pubblici, di cui gli interessi e il rimborso saranno affidati alla capacità contributiva delle generazioni successive (la solidarietà nel tempo).

Il significato della capacità contributiva attraverso le varie esem­ plificazioni è venuto ad assumere rilievi particolari, passando la soli­ darietà dalle spese per i fini propri dello Stato, che sono comprensivi anche dei fini collettivi e individuali, alle spese, che sono di interesse particolare dei meno abbienti e che divengono per riflesso di interesse comune e collettivo.

In ogni caso il pagamento dei tributi lia per causa l’interesse par­ ticolare per la spesa pubblica e altresì la solidarietà finanziaria a che la stessa spesa giovi parimenti anche agli altri o in particolar modo agli altri membri della collettività, sforniti di capacità contributiva.

La solidarietà rappresenta l’elemento sociale nella causa dell’atto finanziario e conferisce un senso di umanità al potere fiscale mediante la conciliazione dell'interesse pubblico con l’interesse privato, del sacri­ ficio tributario del contribuente col suo interesse permanente di citta­ dino per il raggiungimento dell’interesse pubblico.

9. — Il criterio della solidarietà finanziaria nelle spese pubbliche

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re-— 317 re-—

gioiti per opera di altre regioni, come spese di distruzione di ricchezze per guerre sostenute infaustamente e seguite dalle disfatte, spese com­ piute per regioni ricche a carico di regioni mancanti di capacità con­ tributiva, gli sperperi delle pubbliche amministrazioni e gli sperperi di ricchezze destinate non a scopi pubblici benefici, ma a spese allusive e senza causa.

Il criterio può trovare applicazione, ove si verifichino le sue con­

dizioni nelle effettive possibilità economiche e sociali del paese per la effettuazione delle pubbliche spese, sicché può dirsi che il principio della solidarietà finanziaria non può trovare applicazione medesima­ mente sempre ed ovunque (9).

10. — L’art. 53 della Costituzione afferma che l'ordinamento tributa­ rio italiano deve seguire il criterio della progressività. Ma per cono­ scere l’effettiva struttura delle finanze pubbliche in un paese, non ba­ sta tener conto delle entrate. Bisogna considerare come esse vengono spese.

Se l’imposta sul reddito è progressiva, ma il suo provento è speso esclusivamente in conformità all’interesse delle classi ricche, cessa dal­ l’essere progressiva, perchè non esprime alcun criterio di solidarietà finanziaria. Può persino aversi un sistema regressivo, se le spese pub­ bliche vennero compiute altresì col contributo dei meno abbienti a van­ taggio dei ricchi. Il complesso delle imposte esprimono il carattere della progressività, se la spesa pubblica corrispondente è regressiva, cioè è destinata particolarmente a promuovere il benessere delle classi me­ no abbienti.

E’ soltanto dall'esame delle entrate e delle spese che può risultare l’indirizzo politico e sociale di un ordinamento finanziario.

11. — Come ha già dimostrato Ugo Mazzola le spese pubbliche sono complementari alle spese private (10), poiché ciascuno, col denaro che gli residua dopo aver pagato i tributi, provvede alle spese, che già non vennero fatte dallo Stato, per ottenere i servizi che desidera. Onde crescendo le spese consumi di servizi, osserva J. J. Due, diminuiscono le spese dei privati.

La spesa pubblica, erogata col criterio della solidarietà in modo da rendere servizi ai meno abbienti, che da sè non riuscirebbero a procurarseli o li otterebbero in modo meno perfetto o a un costo mag­ giore, promuove l’occupazione nel paese, potenzia l’economia nazionale, eleva la civiltà, onde nasce e s’avvia sempre più un complesso superiore e dinamico, che è per se stesso origine di maggiore progresso e prospe­ rità. Donde J. J. Due mette in giusta evidenza l’importanza economica

(9) B. Griziotti, Saggi, cit., p. 250, n. 10.

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delle spese pubbliche sul livello del reddito nazionale, sulla distribu­ zione dei redditi e sulla composizione del reddito nazionale lordo (11). Queste osservazioni sono autonome dalla particolare dottrina del Keynes e dello Hansen, che qui non occorre investigare, come di parti­ colare competenza degli economisti e degli studiosi di politica econo­ mica e finanziaria.

12. — La considerazione delle spese pubbliche in connessione delle pubbliche entrate è ancora interessante in due settori della teoria: l’uno, che considera gli effetti della sistemazione dei tributi fino al contribuente che rimane inciso e quelli del nuovo equilibrio dei prezzi del mercato; l’altro, che si rivolge alla ricerca dei benefici o dei danni, clic possono derivare da un sistema di entrate e di pubbliche spese.

13. — Il metodo di studio degli effetti delle imposte (e in generale delle entrate) per conoscere l’incidenza dell’attività finanziaria potè essere compiuto sotto l’ipotesi che lo Stato abbia già eseguito le spese pubbliche e reso i servizi indivisibili, di guisa che le une e gli altri sono da considerare come dati di fatto immutabili, e poi compia la di­ stribuzione degli oneri che ne derivano fra i diversi gruppi economici e sociali. Dopo di che si studiano i fenomeni della ripercussione, della incidenza e della rimozione in condizioni statiche o parzialmente di­ namiche, perchè non si consideravano gli effetti della spesa.

Tutt’altra via si segue se si tiene conto della spesa pubblica e dei servizi che derivano ai gruppi che sopportono o non sopportono gli oneri delle pubbliche entrate. La spesa può modificare sensibilmente gli effetti delle entrate, perchè li può diminuire o annullare oppure addirittura provocare una forte dinamica negli interessi generali e par­ ticolari del paese, creando un maggior benessere, secondo i fini, che lo Stato può proporsi con l’attività finanziaria, quando essi vengano be­ ne proposti e conseguti. Oppure la considerazione della spesa può con­ durre per la via opposta a farci considerare quanto sia stata rovinosa la spesa pubblica e quanto essa aggravi gli oneri fianziari posti sulla popolazione, annullando o quasi il potere d’acquisto dei privati per la cura dei loro particolari interessi. Altre situazioni intermedie sono da concepirsi da chi voglia approfondire il tema, in luogo di tracciare i termini generali dei problemi, al fine di mostrare le differenze deri­ vanti dai diversi metodi di studio della finanza pubblica.

Invero sia nella prima, come nella seconda ipotesi, lo studio anzi­ ché ridursi alla considerazione di equilibri statici, si trova di fronte a notevoli dinamiche, volgenti al progresso o alla crisi dell’economia e della stessa civiltà del paese.

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Tuttavia alcuni problemi dell’imposizione possono essere studiati in un primo tempo sotto il solo aspetto tecnico.

Così Tammortamento delle imposte, che colpiscono il reddito di ca­ pitali durevolmente investiti, avviene anche senza tener conto della spesa pubblica compiuta col ricavo di dette imposte. Se la spesa è così feconda di utilità particolare per gli immobili da produrre l’elisione degli effetti dell’accertamento, si potrà sempre riconoscere che il prez­ zo di mercato degli immobili è rimasto invariato, perchè il deprezza­ mento prodotto dall’imposta è stato compensato dall’equivalente in­ cremento di valore causato per virtù della spesa. Se invece la spesa sarà riuscita dannosa l’effetto della spesa si aggiungerà a quello del­ l’ammortamento e lo aggraverà.

Nella dinamica conseguente agli oneri e ai benefici della finanza, sono da mettere in rilievo diverse forze operanti nello studio degli effetti finanziari:

— le variazioni nei costi, dovuti agli oneri finanziari; — le variazioni dei benefici, derivanti dalle spese ;

— le variazioni nell’ammontare dei capitali e dei risparmi; e nel nu­ mero degli imprenditori e della manodopera;

— le variazioni nella circolazione monetaria e bancaria; le tendenze della congiuntura a breve e a lunga durata;

— le variazioni di direzione della speculazione o delle previsioni del mercato, interno e mondiale.

In considerazione del complesso di questi elementi e delle loro forze specifiche di tensione sono da riconsiderare i problemi e le solu­ zioni relative agli effetti e alla dinamica di una certa economia o dei singoli settori di essa in un determinato paese.

Ma non basta esaminare le ralazioni fra i benefici delle spese e gli oneri o i sacrifici finanziari, quando l’attività finanziaria si svolge per rapporti di equivalenza per i medesimi gruppi di contribuenti, i quali sono tenuti a dare controprestazioni allo Stato in ragione delle pre­ stazioni di servigi ottenuti mediante la spesa pubblica.

Invero la spesa pubblica può essere eseguita secondo criteri di so­ lidarietà, per i quali non sono da attendersi questi rapporti di equi­ valenza in modo immediato e diretto. Invece può essere che si effet­ tui una ridistribuzione accentuata della ricchezza sia mediante la spesa sia per effetto delle imposte, oppure perchè i consumatori sopportano au­ menti di prezzo sulle merci di loro consumo per consentire, mediante sussidi e altri sistemi, la protezione di alcuni prodotti nazionali. Ma gli effetti mediati, alla lunga, di questa solidarietà finanziaria possono giovare ad attivare in diversi modi l’economia nazionale, sicché gli stessi contribuenti sacrificati possono a lungo termine essere favoriti come operatori economici in un mercato nazionale più prospero e dinamico, sicché le industrie aumentano di numero e di dimensione, la

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pazione viene assorbita, si eleva il livello del reddito individuale me­ dio, allorché detta protezione non rappresenta un fenomeno diverso, che qui subito si studia.

Invece, quando la spesa è sperperata e i tributi sono abusivi, l’at­ tività finanziaria si svolge con criteri di spogliazione e sfruttamento, avviene una involuzione nella economia nazionale, o un ritardo nello sviluppo delle forze economiche progressive del paese, perchè manca la propulsione della spesa pubblica, si distrugge la ricchezza e i tributi rappresentano mezzi di oppressione a favore di ceti parassitari.

La formula della pressione tributaria deve, come una sintesi di simboli, tener conto di tutti i suindicati elementi positivi e negativi della spesa e dell’entrata pubblica ossia dell’attività finanziaria inte­ grale, come ho già avuto occasione di rilevare (1).

Limiti devono essere riconosciuti nella finanza pubblica alla pos­ sibilità della dinamica di distruzione, che può derivare sia dalle pub­ bliche spese sia dai pubblici prelievi. Non può concepirsi che l’attività finanziaria metta in moto forze di autodistruzione, perchè la finanza pubblica è sempre necessaria in qualsiasi assetto economico e sociale nella piena saldezza delle sue forze. Qualsiasi profonda rivoluzione so­ ciale deve effettuarsi all’infuori delle finanze, per l’esigenza che esse siano in grado di adempiere le loro funzioni sia dal lato della spesa pubblica sia da quello delle entrate.

Non vi sono invece limiti nella dinamica dei miglioramenti degli assetti economici e sociali, che le opportune spese ed entrate pubbli­ che possono operare.

14. — La ricerca, da ipotetica e parziale, si trasforma in studio

totale e concreto. Il ricorso alla statistica dei redditi e dei patrimoni, per numero e ammontare, potrà mettere in rilievo gli effetti concor­ renti di determinate spese e di determinati tributi. Si vedranno le variazioni di consistenza dei vari gruppi di redditieri e di ammontari di patrimoni e di redditi, come conseguenza di determinate spese pub­ bliche e di un certo sistema finanziario. Così la ricerca diventa con­ creta ed empirica, piuttosto che subordinata alla formulazione di ipo­ tesi e di conseguenti deduzioni, e perciò acquista consistenza scienti­ fica con l’esame sistematico della realtà dei fatti.

45. — Le considerazioni degli oneri e dei benefici derivanti dal­ l’attività finanziaria possono far ritenere che si possa giungere ad una valutazione precisa della ripartizione dei benefici e degli oneri finanziari.

Vari tentativi furono compiuti da vari studiosi moderni.

— 320 —

(15)

— 321

Essi hanno applicato diversi metodi per effettuare riconoscimenti dei singoli benefici derivanti dalla spesa e dai particolari oneri della attività finanziaria nei riguardi di ciascuna categoria economica, in modo da indicare le specifiche correlazioni fra attività finanziaria e attività economica, che io finora ho invece segnalato nel loro comples­ so o nella loro teorica.

Il metodo di Wassily Leontief. — Esso consiste nello studio ana­ litico delle complesse serie di transazioni di beni e servizi scambiati fra le persone e gli enti, le quali caratterizzano l’economia di un paese in un determinato anno. Per il 1947 e per gli Stati Uniti l’A. in una tavola d’immissione-erogazione ha disposto in 42 righe orizzon­ tali e 42 colonne verticali e riassunto le transazioni economiche di quel paese. Questa tavola è il riassunto di un’altra a 500 sezioni, co­ struita dopo 2 anni di lavoro dalla « Divisione di Economia Interna­ zionale » della « Statistica dell’Ufficio del Lavoro ». Il concetto fon­ damentale dell’analisi dell’immissione-erogazione consiste nel ricono­ scere che esiste un rapporto fondamentale fra il volume della produ­ zione di un’industria e quello dei suoi acquisti.

La tavola di 42 voci pubblicata in Industria rappresenta la pro­ duzione nelle righe orizzontali e gli acquisti nelle colonne verticali. Le cifre al n. 40, corrispondenti al «governo», segnate nelle righe orizzontali rappresentano il valore dei servizi resi dal governo' alle 41 industrie contemplate nella tavola, mentre le cifre, segnate alla co­ lonna 40, rappresentano l’ammontare delle entrate fiscali versate dalle indicate 41 industrie al Governo (1).

Un collaboratore del Leontief, il Prof. Paul G. Clark nell ’Indu­ stria (1952, p. 500-526) ha fatto « l’applicazione dello schema del

Leon-(1) Wassily W. Leontief, The structure of American Economy 1919-1939, Oxford University Press, 1951.

In., Id., Le tavole di immissione-erogazione, in Industria, 1951, p. 503-514. La matrice di immissione-erogazione (Input-Output) compresa in Econo­ mia consta di queste voci, che sono identiche nel senso orizzontale e in quello verticale :

(16)

tief all’economia italiana » nel 1950, mediante una matrice rettango­ lare che tenne conto, oltre che dei reciproci 21 settori vendenti e acqui­ renti, anche dei dati relativi alle esportazioni, ai consumi civili, alle spese della pubblica amministrazione, agli investimenti lordi, all’incre­ mento delle scorte e al loro decremento.

Le spese della pubblica amministrazione riguardano (in milioni di lire):

Agricoltura, zootecnia e foreste 23.637

Estrazione di combustibili 962

Estrazione di minerali —

Industrie alimentari 41.667

Industrie tessili 18.534

Industria delle fibre artficiali •—

Industrie dell’abbigliamento e del cuoio 4.348

Industria del legno —

Industria della carta 7.000

Industria della gomma ■—

Industrie varie 15.000

Industrie chimiche 68

Industria dei metalli ferosi —

Industria dei metalli non ferrosi —

Industrie meccaniche 87.964

' Lavorazione dei minerali non metallici —

Costruzioni 315.970

Kaffinazione degli oli minerali 9.900

Produzione di gas e derivati del carbone —

Energia elettrica ed acqua 12.500

Servizi di distribuzione e altri 33.818

Trasporti 4.738

Totale 579.106

Valore aggiunto 638.724

Metodo R. S. Tucker - R. A. Musgrave. — Dopo parecchie discus-sioni svolte nel National Resource Committee e pubblicate nel Natio­ nal Tax Journal (1951-1953) e dopo aver considerato che la distribu­ zione dei tributi fra le diverse classi di reddito rimane indeterminata senza la conoscenza del beneficio toccato a tali categorie della spesa del ricavo dell’imposta, entrambi gli autori hanno presentato due re­ lazioni all’American Economie Association sul riparto degli oneri e dei benefici finanziari (1).

(17)

— 323 —

In particolare il Tucker (della General Motor Corporation) illu­ stra con grafici e statistiche l’accrescimento della curva delle aliquote tributarie dal 1929 al 1935 e dal 1941 al 1948 e con quadri statistici la distribuzione del reddito, del carico tributario e dei benefici gover­ nativi, con riferimento in ciascun decimo delle unità spendibili, e, data

TAVOLA I.

Decimi

1929 1935 1941 1948

Redd. Imposte Benefici Redd, Imposte Ben«fici Redd. Imposte Benefici Redd. Imposte Benefici

A B C D A B c D A B c D A B C D * I 1.4 1.1 7.7 2.2 2.1 1.8 7.8 5.1 2.1 1.6 6.6 3.3 2.3 1.4 7.0 3.9 II 3.2 2.5 8.4 4.0 3.1 2.3 8.2 5.4 3.5 2.2 8.0 4.5 3.9 2.1 8.2 5.1 III 3.8 2.9 8.5 4.3 4.5 3.7 9.0 7.4 4.4 3.0 8.6 5.4 4.8 3.1 8.6 5.5 IV 5.0 3.9 8.6 5.0 5.6 4.4 9.1 7.8 5.8 3.4 8.7 6.1 7.0 5.1 9.5 6.8 V 5.4 4.3 8.6 5.8 7.0 5.8 9.2 8.1 7.0 5.0 8.8 6.3 7.4 6.1 10.1 7.7 VI 6.7 5.0 8.7 7.0 9.1 6.8 9.3 8.5 8.7 8.0 9.8 7.9 8.7 7.0 10.3 8.4 VII 8.0 6.6 9.0 7.8 9.5 7.9 9.4 8.9 9.5 8.8 10.2 8.4 9.6 7.2 10.4 8.9 V i l i 10.0 8.5 9.2 8.9 11.3 9.9 9.6 10.0 12.0 10.1 10.6 10.4 11.3 10.0 10.7 9.7 IX 13.5 11.0 9.7 11.2 15.2 12.3 9.9 11.8 15.5 12.1 11.7 13.1 13.7 12.7 11.0 12.6 X 43.0 54.2 21.6 43.8 32.6 45.1 18.5 27.0 31.5 45.8 17.0 34.6 31.3 45.3 14.2 31.4 ; Totale 100.0 100.0 100.0 100.0 100.0 100.0 100.0 100.0 100.0 100.0 100.0 100.0 100.0 100.0 100.0 100.0

Nella colonna C i benefici non assegnabili sono distribuiti prò capite ; in quella D per possesso di proprietà.

la difficoltà di avere elementi statistici in base ai quali valutare i be­

nefici derivanti, le basi per l’attribuzione dei benefici governativi nel

1948 (mediante una distribuzione percentuale per classi di reddito). E.S. Tucker per ciascuna delle seguenti ventisette voci, riprodotte nella tavola II procede a ragionamenti per calcolare come si distribui­ scono i benefici per ciascun titolo elencato.

Il Tucker conclude che il sistema tributario negli U.S.A. è alta­ mente progressivo rispetto al reddito e ancor più progressivo, se mi­ surato rispetto ai benefici ricevuti. La redistribuzione dei redditi per mezzo di imposte progressive e di spese pubbliche regressive può au­ mentare il reddito nazionale e migliorare il benessere generale, ma essa può diventare un congegno dannoso che fermerà e invertirà lo sviluppo del reddito nazionale e porterà a un deterioramento econo­ mico, politico e morale. Quindi occorre compiere questi studi con molta cautela e sapere dove si va a finire.

Critiche allo studio del Tucker. — Nella discussione seguita alla

(18)

— 324 —

TAVOLA II.

Classi di reddito monetario 0-1 1-2 2-3 3-4 4-5 5-7.5 7.5-10 10

1 Unità spendibili 12.1 17.7 22.9 20.1 11.6 10.2 2.4 2.9

2 Popolazione 9.4 15.4 22.0 22.4 13.0 11.1 2.7 3.4

3 Aspettativa di vita 8.4 15.4 22.8 22.9 13.7 11.1 2.6 3.1

4 Reddito monetario 2.0 7.6 16.1 19.5 14.5 17.3 5.5 17.5

5 Reddito totale 2.8 8.1 16.3 19.3 14.3 16.9 5.4 16.9

6 Spesa monetaria per con­

sumi 3.9 9.3 18.0 20.3 14.4 16.6 5.0 12.5

7 Consumo totale 4.6 9.7 18.0 20.0 14.2 16.3 4,9 12.3

8 Proprietà di capitale 1.8 5.6 13.9 17.2 11.3 18.2 7.7 24.3 9 Interessi di debito pubblico 3.3 6.2 13.6 15.1 11.8 18.0 7.7 24.3 10 Distribuzione di benefici

dellassicurazione sociale o-

peraia 27.4 20.3 15.2 15.8 9.1 8.1 1.9 2.2

11 Distribuzione delle buonu­

scite delle ferrovie 11.8 17.6 29.6 8.5 11.8 13.8 3.4 3.5 12 Pensioni federali civili 2.0 7.6 34.3 23.1 13.3 15.0 3.7 1.0

13 Assicurazione per la disoc­

cupazione 16.9 23.9 20.3 14.2 10.9 9.6 2.4 1.8

14 Benefici ai disoccupati fer­

roviari 17.8 21.3 28.3 7.9 10.9 9.6 2.4 1.8

15 Assicurazioni governative 7.6 13.3 27.4 24.3 14.0 6.6 2.1 4.7 16 Pensioni militari, per ina­

bilità e buonuscite 7.1 12.7 21.2 30.9 17.3 4.7 2.7 4.4

17 Compensi ecc. 9.2 16.4 31.3 22.9 13.2 4.5 1.5 1.0

18 Altri pagamenti di trasfe­

rimento 9.2 16.4 31.3 22.8 13.2 4.6 1.5 1.0

19 Ministero dell’agricoltura 5.2 11.1 15.3 11.6 10.1 23.9 6.0 16.8 20 Ministero del Lavoro 1.0 7.2 21.5 27.1 17.9 15.8 4.3 5.2 21 Ministero del Commercio 2.2 6.6 13.5 16.2 12.3 15.7 5.2 28.3

22 Istruzione 9.6 15.0 22.6 22.0 12.8 12.1 3.2 2.7

23 Costruzione di abitazioni 4.9 14.6 24.0 25.7 14.8 10.9 2.7 2.4 24 Spese per strade federali 3.2 8.1 15.1 20.2 15.4 17.7 7.7 12.6 25 Pensioni statali e locali 2.0 7.6 48.2 22.3 12.8 5.1 1.2 0.8

26 Sussidi diretti 27.4 51.4 12.9 6.5 1.7 0.1 —

27 Spese per strade statali e

locali 2.8 8.1 15.5 20.2 14.4 16.8 5.3 16.9

relazione del Tucker il prof. Harold M. Groves lia affermato che è vano il tentativo di volere distribuire i benefìci del governo per unità di spesa. Per esempio il benefìcio delle spese scolastiche non si può attribuire soltanto ai singoli scolari, perchè le scuole sono semplice- mente uno dei godimenti della civiltà, che noi percepiamo collettiva­ mente come pubblico, come osserva anche John Stuart Mill. Le stati­ stiche degli oneri pubblici per unita di spese porta alla confusione inevitabile di confrontare l’incomparabile.

(19)

Richard B. Goode lia continuato questa critica e l’ha estesa anche al Musgrave, dimostrando che la sua concezione statica dell’equilibrio del mercato deve essere superata da una più profonda considerazione di tutte le alterazioni economiche prodotte dal prelievo dei tributi e dalle pubbliche spese. Aggiunge poi che lo stesso Tucker riconosce mal­ fermi alcuni suoi giudizi sui benefici delle spese e che non è reali­ stico e utile il tentare di attribuire agli individui i benefici delle spese per la difesa nazionale, il governo, la conservazione delle sorgenti na­ zionali e simili. La presente generazione ha un’« interesse indivisibile » a mantenere le istituzioni politiche e sociali, che sono protette e soste­ nute da tali spese. D’altra parte solo indirettamente venne rilevato dalle statistiche il significativo risultato, per es. delle spese per l’istruzione pubblica, di avere distrutto lo scarso valore della coltura, come in parte si manifesta nel movimento dei salari manuali e degli stipendi degli in­ tellettuali. Un altro esempio: le patenti giovano a preservare valori di scarsità e influiscono sulla distribuzione del reddito, anche se la loro garanzia e protezione importano pochissime spese governative. Molti altri esempi di come lo Stato crea o distrugge i mezzi economici o cambia le loro proprietà vengono in mente a ciascuno. In conclusione è da ritenere che il processo di ripartizione delle imposte e delle spese è molto più complesso, logorante di tempo, conseguibile alla lun­ ga di quanto non si ritenga. Perciò noi conosciamo' molto meno in questa materia di quanto spesso amiamo di pensare. Occorrono, dun­ que, maggiori studi teorici ed empirici per verificare meglio le ipotesi e sviluppare nel modo più accurato possibile sulla incidenza a breve termine delle imposte e delle spese, così da formar le basi di ulteriori ricerche, senza prestare molta attenzione alle incidenze alla lunga, che potrebbero essere realizzate soltanto in un nuovo equilibrio, che non può essere mai raggiunto.

Metodo Adler-Sclilesinger. — John H. Adler in una raccolta di studi del prof. Kenyon E. Paole (1) con l’aiuto di E. R. Schlesinger, che ha curato i calcoli statistici, più semplicemente dell’esame dei tributi e delle spese sociali, ha dimostrato quale influenza i tributi progressivi e i benefici delle spese sociali hanno esercitato nella curva dei redditi, con particolare beneficio per i redditi medi.

— 325 —

(1) K. E. Poole, Fiscal Policies and American Economy - Prentice Hall, Inc. New York, 1951. In questa raccolta di scritti di autori diversi John H. Adler (Collaboratore della «Federai Reserve Banck of New Y ork ») ha pub­ blicato il capitolo ottavo su The Fiscal System, the Distribution of Income and Public Welfare. Eugen R. Schlesinger ha nell’appendice compiuto la « Sta­ tistical Allocation of Taxes and Expeditures in 1938-39 and 1946-47 » (p. 359- 471).

(20)

— 326

RIDISTRIBUZIONE DEI REDDITI PER OPERA DEL SISTEMA FINANZIARIO (1946-1947)

Percentuali per classi di unità di consumo totale

16. - Conclusioni. — Il metodo del Prof. Leontief considera anclie

le entrate e le spese nel quadro delle interrelazioni economiche na­ zionali ed è il meno approssimato allo studio specifico degli effetti complessivi dei tributi e delle spese. Applicato dapprima negli Stati Uniti d’America, ora viene propagandato per la sua applicazione in vari stati d’Europa, senza considerare se le condizioni generali delle rilevazioni statistiche (ed anche i mezzi non piccoli per eseguirle) si ritrovino in ciascun paese e senza attendere l’esperienza del tempo per considerare se questi metodi non siano stretti parenti dei « baro­ metri » per compiere la previsione della congiuntura economica.

Quindi le critiche, che sono state fatte giustamente nella discus­ sione del metodo Tucker al convegno del 1952 della National Tax Asso­ ciation, si possono trasferire senza altro al metodo Leontieff.

Meno suscettibile di critiche per i limitati scopi che si propone, cioè di conoscere l’influenza sulla curva dei redditi esercitata dalla progressione dei tributi congiuntamente alla regressione delle spese so­ ciali, è il terzo metodo Adler-Schlesinger.

(21)

— 327

della solidarietà, nonché quelle che rappresentano prelievi abusivi e consumi abusivi di spese pubbliche, cioè da un lato estorsioni e dal­ l’altro sfruttamenti, parassitismi, spese illegittime.

Per il momento quindi bisogna essere restii ad approvare simili calcoli statistici.

E’ mia opinione che la statistica finanziaria deve limitarsi per ora a settori, in cui l’arbitrio delle ipotesi sia per natura dell’oggetto da studiare relativamente limitato, come l’indagine dei costi di manuten­ zione delle strade prodotti dai diversi tipi di veicoli, la quale si man­ tiene entro i limiti di calcolo delle statistiche e delle esperienze dei tecnici dei trasporti. Naturalmente non è questo il solo settore da stu­ diare. Ma gli altri devono essere prudentemente scelti e investigati quando esperienze personali e statistiche estese e sicure consentono di fare i calcoli degli effetti delle entrate e delle spese, che più sopra sono dette corrispondenti al principio dell’equivalenza o commutazio­ ne, diretta e indiretta, cioè fino a comprendere le principali vecchie imposte aventi carattere fiscale (1).

Per le altre attività finanziarie, uno studio monografico, più che statistico, può giovare a studiosi di particolare esperienza, dottrina e disinteresse nel tentativo di compiere approssimazioni successive nella conoscenza del carattere della ripartizione degli oneri e dei be­ nefici anche per questa attività finanziaria di entrate e di spese.

Il tempo dirà quali progressi potranno essere compiuti.

Ho accennato anche al disinteresse della ricerca e questo è certa­ mente il requisito fondamentale, affinchè la indagine risulti veritiera e non inclini a ottenere risultati favorevoli al governo o ai suoi av­ versari, agli industriali piuttosto che agli agricoltori, ai ricchi anzi­ ché ai poveri o ai consumatori o reciprocamente.

17. — Le considerazioni appena esposte sono confermate anche

dalla conoscenza dei quattro principi corrispondenti alla prestazione dei servizi (2), che non sono tenuti in conto nel rapporto fra gli oneri finanziari e i benefici della spesa:

1) Il principio della gratuità. - Esso si applica nei servizi prestati

indipendentemente dal godimento o dalla domanda di essi, come nel caso della difesa nazionale e della istruzione elementare obbligatoria. I costi dei servizi, che lo Stato presta senza controprestazione diretta, sono distribuiti fra la collettività con criteri molteplici e con strumenti variabili secondo la natura dell’ordina mento finanziario. Non si deve ri­ tenere che solo le imposte provvedono a questi servizi, come affermano alcuni autori, secondo i quali le imposte sarebbero destinate al

paga-(1) B. Griziotti, Saggi cit., p. 319 e ss. Id. Id., Primi Elementi di Scienza delle Finanze, Giuffrè, Milano, 1953, p. 6-7.

(22)

mento dei servizi indivisibili. Certamente a questi servizi pubblici così detti gratuiti si provvede con tutto il bilancio, perchè all'insieme delle entrate corrisponde l’insieme delle spese. Nè contrasta questo insegna­ mento l’art. 81 della convenzione repubblicana, per cui ogni proposta di nuova spesa deve indicare la nuova tonte necessaria per sostenerla. In­ vero tale disposizione ha meramente la funzione di non alterare la sal­ dezza del bilancio con nuove spese senza che siano state provvedute en­ trate di pari ammontare. Se la spesa nuova sarà anch’essa prestata gratuitamente, essa si confonde con tutte le spese di fronte alle quali stanno le entrate che pareggiano l’introito con il dispendio della finanza.

2) Principio del costo. - E ’ appropriato ai servizi d’interesse pub­ blico, come poste e giustizia, che presentano utilità privata eminente. Perciò è opportuno che lo Stato copra il costo e niente più, perchè si cerca che il maggior numero di persone approfitti di questi servizi e soddisfi ai propri interessi. Le entrate corrispondenti a questi servizi sono le tiesse e i corrispettivi. Alle volte la tassa è inferiore al costo e il servizio è quasi gratuito, poiché il consumo di questi servizi cor­ risponde all’interesse pubblico.

3) Principio dell’avanzo. - Corrisponde ai servizi aventi interesse pubblico pari a quello privato, come nell’esercizio di banche e assicu­ razioni, in cui la domanda dei servizi è attiva.

4) Principio dell’introito con monopolio legale. - Nella vendita di alcune merci, come il tabacco e l’alcool, la cui domanda non è da favorire, perchè l’abuso nel loro consumo è in contrasto con l’igiene, si possono applicare imposte molto elevate. Per il tabacco in Italia l’a­ liquota è dell’80 % , direttamente corrisposta dall’Amministrazione del Monopolio a quella del Tesoro. La concorrenza non può essere fatta, perchè si tratta di monopolio legale, che riserva a sè la vendita dei prodotti.

Evidentemente anche di questi principi regolatori della spesa si deve tener conto nel calcolo degli oneri e dei benefìci finanziari.

18. — Facendo ora una sintesi delle riflessioni e osservazioni, che

finora si sono fatte nelle precedenti pagine, si può ritenere che calcoli statistici sugli oneri e benefìci dell’attività finanziaria sono molto com­ plessi e richiedono la collaborazione disinteressata non soltanto di statistici ed economisti ma pure di prudenti studiosi di finanza, i quali procedano poco alla volta a cercare la soluzione dei problemi più sem­ plici e meno suscettibili di grandi arbitri per poi con estensioni suc­ cessive arrivare ai più complessi, senza mai snaturare l’essenza della finanza, che è soprattutto fondata su criteri di solidarietà.

(23)

L’esame spetta sia alla scienza delle finanze sia al diritto fi­ nanziario.

La scienza delle finanze, che comprende l’economia finanziaria e la integra con la considerazione della realtà politica e sociale che domi­ na il mero calcolo economico, deve rivolgere lo sguardo alla dinamica profonda che la politica della spesa pubblica provoca nell’ assetto del paese e delle sue relazioni con gli altri paesi. La scienza delle finan­ ze così non si esaurisce nella logica deduttiva, che in base a ipotesi teoriche porta alla considerazione dei problemi scientifici della finan­ za dal punto di vista) statico e nella supposizione metodologica par­ ziale dell’imposta grandine.

Il diritto finanziario, considerando la spesa, che ha determinato l’entrata che la legge procura, supera lo studio astratto del solo aspet­ to formale, che può portare ad interpretazioni completamente equivo­ che della legge, poiché nella stessa forma possono trovarsi istituti le­ gislativi della finanza completamente diversi, e si eleva a studio sostan­ ziale e realistico della legge finanziaria, secondo l’indicazione precisa della scienza delle finanze, che si è integrata con P indagine critica della pubblica spesa, per cui è prelevata l’entrata; così il diritto finan­ ziario da statico diventa dinamico, in conformità alla essenza dei fe­ nomeni, che considera.

— 329 —

(24)

TE O R IA D E I T R IB U T I SPE C IA LI

Capo I

CONSIDERAZIONI PRELIMINARI

I. - L’attività finanziaria come fenomeno commutativo-distributivo.

1. — L’attività finanziaria può essere studiata nel suo aspetto com-

mutativo-distributivo, dei vantaggi e sacrifici che gruppi o singoli op­ pure beni conseguono, a cagione dei provvedimenti di entrata e di spesa pubblica e del loro complesso.

Questo esame ha importanza per la specificazione dei « vincoli » che all’economia privata derivano dall’attività finanziaria pubblica con eventuale alterazione delle combinazioni produttive, dei costi, di red­ diti, della domanda del mercato.

Ciò interessa : a) sia per lo studio della teorìa delle attività finan­ ziarie per sapere a quale criterio distributivo corrisponda un determi­ nato provvedimento finanziario e in quali condizioni esso serva per rag­ giungere la posizione di massima convenienza collettiva ipotizzata, b) sia per lo studio degli e fe tti economici dell’attività finanziaria come fenomeno di massa complessivo (1).

Come nell’economia interessa la legge del « valore », così nella fi­ nanza pubblica importa indagare la legge del riparto del costo dei pub­ blici servizi, e come nell’economia interessano le varie formazioni, possi­

bili del prezzo (con riguardo alle condizioni della domanda e dell’offer- (*)

(*) Ringrazio sentitamente il prof. B. Griziotti che mi ha costantemente indirizzato e consigliato in questa ricerca sin dal 2° anno di Università, come allievo dell’Istituto di Finanza. Desidero altresì esprimere la mia gratitudine al prof. S. Steve che ne ha discusso con me i singoli problemi, fornendomi pre­ ziosi suggerimenti e critiche per la redazione definitiva del lavoro. Il presente saggio è la prima parte di una mia serie di ricerche, in corso di preparazione, sulla teoria e la politica dei tributi speciali. Le parti successive di tali ricer­ che, che saranno man mano pubblicate su questa Rivista, riguardano . Teoria e politica dei tributi di utenza stradale; Teoria e politica dei contributi di miglioria ; Altri tributi speciali.

(25)

— 331

ta), così in finanza pubblica interessano i vari criteri e sistemi di ripar­ to di entrate e di spese e la risultante complessiva di ciascuno di essi (2). In questo campo però la visione del fenomeno non sara piu atomistica, ma prevalentemente di massa, ossia il problema sarà considerato per il gruppo o classe o categoria di soggetti e per il soggetto medio (più fre­ quente, tipico ecc.) anzicliè per il singolo (3).

Importa se esista una sorta di equivalenza fra pubbliche entrate e pubblici servizi per tali classi, gruppi, tipi di soggetti, in guisa totale e parziale, complessiva o differenziale, momentanea o permanente, al­ l'istante od entro un certo periodo di tempo, presuntiva od accertata.

2, — Secondo l’ambiente economico e politico, varia il massimo di convenienza finanziaria collettiva, perchè si darà un peso diverso alle utilità perdute ed acquistate dai gruppi e singoli soggetti o beni, ed inoltre muterà pure il punto di vista dal quale si apprezzano i vantaggi individuali. Predominando una visione individualista, si darà un peso maggiore alla ofelimità, a ciò che il soggetto soggettivamente ritiene utile per soddisfare i propri bisogni. Prevalendo opposte concezioni, si baderà alla utilità oggettiva, a ciò che in quel determinato ambiente appare atto ad accrescere il benessere del singolo, ossia a renderlo ido­ neo alla società esistente e a fargli acquistare le soddisfazioni in questo ambiente ritenute comunemente come le migliori (4).

3. — A questa visione dell’attività finanziaria come fenomeno com- mutativo-distributivo si obbietta che i vantaggi dei pubblici servizi per lo più sono indivisibili e che quindi il relativo massimo di convenienza eollettiva non può fondarsi sul confronto sopra indicato di utilità per­ duta ed acquistata ma deve dipendere da altre considerazioni.

(2) Sulla nozione di « risultante » dell’attività finanziaria, inclusi gli ef­ fetti della spesa pubblica, cfr. D ’Albergo, La determinazione della risultante del Barone e i dati del problema finanziario, Annali del’ Università, di Ferrara, n. 2. 1937. Sulla teoria dell’imposta come « prezzo politico », facilmente incom­ presa dagli studiosi, cfr. Pantaleoni, Considerazioni sulle proprietà di un si­ stema- di prezzi politici. Da fine provvisoria di una epopea, Bari, Laterza, 1919, 1 ss. e spec. 20 ss.

(3) Sulla visione di massa, insiste molto il D’Albergo, Economia della Finanza Pubblica, cit. passim e già nel saggio: Discriminazione delle spese pubbliche indivisibili ed elisione delle rendite di protezione, Studi in onore di Flora, Bologna, Zanichelli, 1937, 51 ss. e spec. p. 75, per superare le d if­ ficoltà relative al calcolo dei benefici dei servizi pubblici nell’imposizione.

(4) Pesenti, Studi sulla teoria del costo dell’attività finanziaria, Annali di Scienze Politiche, voi. V ili, fase. I l i , Pavia, 1935, spec. p. 20 ss. dell’estratto. Fabiani, Principi di Scienza delle Finanze, Giappicchelli, Torino, 1952, voi. I, 41 ss. con riguardo pure ai noti studi del Pantaleoni e del Pareto sui massimi di convenienza collettiva.

Il Pe s e n t i nel saggio cit. p. 25 in particolare indaga il principio economico

(26)

In particolare, come è noto, ci si rivolge a criteri di riparto riguar­ danti il solo lato dei tributi, prescindendo da quello dei vantaggi dei servizi. E in questo ambito più limitato, si ritiene soddisfatto il mas­ simo di convenienza, con l’adozione di regole come quella del sacrificio totale minimo, o quelle dei sacrifici eguali o proporzionali (5).

Il fatto però die nell’ambito delle premesse teoriche date, si riten­ gano preferibili criteri di sacrificio (o altri) die riguardano i soli pre­ lievi come tali, anziché il principio della equivalenza particolare, non implica di necessità la indivisibilità tecnica dei pubblici servizi. Può darsi semplicemente che l’una regola appaia migliore dell’altra, pur es­ sendo entrambi applicabili al caso concreto. Questa osservazione può sembrare fin troppo ovvia, tuttavia è importante, poiché in realtà acca­ de che l’abitudine ad usare — in teoria e in pratica — regole diverse da quella dell’equivalenza particolare radichi nell’opinione comune ed anche nel pensiero degli studiosi, la falsa credenza che ciò che usual­ mente non viene diviso non possa esserlo mai. E questa credenza si con­ solida facilmente, anche perchè lo scarso ricorso alla equivalenza par­ ticolare rende poco sviluppati e primitivi i metodi cui ricorrere per effettuare la misurazione dei vantaggi individuali dei pubblici servizi storicamente considerati come indivisibili.

— 332 —

II. - Uindivisibilità (lei pubblici servisi, nozione di prima approssima­ zione.

1. — La indivisibilità dei pubblici servizi, mi sembra, può essere

ricondotta a queste due nozioni:

a) Alla collettività giova che sia soddisfatto un certo bisogno in- divuale. Il soddisfacimento individuale è mezzo al raggiungimento del fine collettivo. In altri termini, si manifesta una solidarietà, nel senso che un vantaggio di alcuni viene stimato vantaggio di tutto il gruppo (6).

&) I bisogni individuali vengono soddisfatti mediante mezzi col­ lettivi, con un processo di produzione comune del servizio, in guisa tale che non si riesca a separare il costo di esso per ciascun utente; e d altra parte ciascun membro del gruppo gode del servizio, e ne trae la mede­ sima utilità (7).

(5) Su questi problemi generali cfr. da ultimo Steve, Finanza Pubblica, nell’Enciclopedia di Comunità, in corso di stampa. Ringrazio l’A. per le im­ portanti osservazioni fattemi a voce.

(6) Sulla nozione di solidarietà, cfr. Griziotti, Il principio dela solida­ rietà finanziaria, Saggi, cit., 241 ss. . . .

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