SETTEMBRE 1984 Pubblicazione trimestrale Spedizione in abbonamento postale ■ Gruppo IV • 70 %
Anno XLIII - N. 3
RIVISTA DI DIRITTO FINANZIARIO
E S C I E N Z A D E L L E F I N A N Z E
Fondata da BENVENUTO GRIZIOTTI
(
eRIVISTA ITALIANA DI DIRITTO FINANZIARIO)
D I R E Z I O N E
ENRICO ALLO RIO - EM ILIO G ERELLI
COMITATO SCIENTIFICO
CESARE COSCIANI - AN DREA FED ELE - FRANCESCO FORTE IGNAZIO MANZONI - GIANNINO P A R R A V IC IN I - ALDO SCOTTO
SERGIO STEVE
COMITATO D IR ET T IVO
ROBERTO ARTONI - FILIPPO CAVAZZUTI - ENRICO DE MITA AUGUSTO FANTOZZI - FRANCO GALLO - DINO PIERO GIARDA ITALO MAGNANI - EZIO LANCELLOTTI - GILBERTO MURARO LEONARDO PERRONE - PASQUALE RUSSO - ROLANDO VALIANI
GIULIO TREMONTI
Pubblicazione sotto gli auspici del Dipartimento di Economia pubblica e territoriale dell’Università, della Camera di Commercio di Pavia e dell’Istituto di diritto pubblico della Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Roma
La Direzione è in Pavia, Dipartimento di Economia pubblica e territoriale del l’Università, Strada Nuova 65.
Ad essa debbono essere inviati bozze corrette, cambi, libri per recensione in duplice copia.
Redattore: Angela Fraschini, Dipartimento di Economia pubblica e territoriale del l’Università di Pavia.
L’Amministrazione è presso la casa editrice Dott. A. GIUFFRÈ EDITORE S.p.A., 20121 Milano, Via Statuto, 2 - Telefoni 652.341/2/3.
Pubblicità:
dott. A. Giuffrè Editore S.p.a. - Servizio Pubblicità - via Statuto, 2 20121 Milano - tei. 652.341/2/3 int. 20.
CONDIZIONI DI ABBONAMENTO PER IL 1985 Abbonamento annuo Italia ... L. 55.000 Abbonamento annuo e s t e r o ... L. 85.000
Annate arretrate senza aumento rispetto alla quota annuale.
L’abbonamento decorre dal 1° gennaio di ogni anno e dà diritto a tutti i numeri dell’annata, compresi quelli già pubblicati.
11 pagamento può effettuarsi direttamente all’Editore, anche con versamento sul conto corrente postale 721209, indicando a tergo del modulo, in modo leg gibile, nome, cognome ed indirizzo dell’abbonato; oppure presso i suoi agenti a ciò autorizzati.
Gli abbonamenti che non saranno disdetti entro il 10 dicembre di ciascun anno si intenderanno tacitamente rinnovati per l’anno successivo.
Il rinnovo dell’abbonamento deve essere effettuato entro il 15 marzo di ogni anno: trascorso tale termine, l’Amministrazione provvede direttamente all’incasso nella maniera più conveniente, addebitando le spese relative.
I fascicoli non pervenuti all’abbonato devono essere reclamati entro 10 giorni dal ricevimento del fascicolo successivo. Decorso tale termine si spediscono contro rimessa dell’importo.
A ll’Editore vanno indirizzate inoltre le comunicazioni per mutamenti di indirizzo, quest’ultime accompagnate dall’importo di L. 500 in francobolli.
Per ogni effetto l’abbonato elegge domicilio presso l’Amministrazione della Rivista.
Ai collaboratori saranno inviati gratuitamente 50 estratti dei loro saggi. Copie supplementari eventualmente richieste all’atto del licenziamento delle bozze ver ranno fornite a prezzo di costo. La maggiore spesa per le correzioni straordinarie è a carico dell'autore.
Registrazione presso il Tribunale di Milano al n. 104 del 15 marzo 1968 Direttore responsabile: Em ilio Gerelli
Rivista associata all'Unione della Stampa Periodica Italiana
Pubblicità inferiore al 70 %
INDICE-SOMMARIO
P A R T E P R I M A
Laura Castellucci - L ’incidenza dei tributi nello schema macroeconomico con fondo salari di Wteliseli. Una r i v i s i t a z i o n e ... 321 Gian Maria Bernareggi - Capitale di rischio, fondi comuni d’investimento
e finanza pubblica. Osservazioni sul caso i t a l i a n o ... 342 Carlo Buratti - Metodi di stima del gettito delle imposte dirette, con
particolare riferim ento alle imposte progressive sul reddito delle persone f i s i c h e ... - 377 Fabrizio Bulckaen - Equità dei sistemi di controllo della evasione delle
im poste personali sul r e d d i t o ... 399 Pasquale Russo - Problemi in tema di rapporti tra processo penale e
processo t r i b u t a r i o ...427 Enrico Nuzzo - Riflessioni sul presupposto del tributo successorio e degli
altri tributi sulla circolazione di r i c c h e z z a ...457 Antonio Branoasi - Appunti per la ricostruzione del sistem a di coper
tura finanziaria delineato dalla legge quadro sul pubblico impiego . 486
NUOVI L I B R I ...546
RASSEGNA D I PUBBLICAZIO N I R E C E N T I ...518
P A R T E S E C O N D A
Noè Cinti - Sull’imposta ipotecaria per le iscrizioni e rinnovazioni di garanzie per somme di denaro espresse con clausola oro-valuta . ■ 161 Fabio Paradisi - Il reddito del collaboratore nell’impresa familiare e
l’I L O R ...175
SENTENZE ANNOTATE
Pubblicazione sotto gli auspici del Dipartimento di Economia pubblica e territoriale dell’Università, della Camera di Commercio di Pavia e dell’Istituto di diritto pubblico della Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Roma
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Laura Castelli; eci - L ’incidenza dei tributi nello schema macroeconomico con fondo salari di W icksell. Una r i v i s i t a z i o n e ... 321 Gian Maria Bernaeegoi - Capitale di rischio, fondi comuni d’investimento
e finanza pubblica. Osservazioni sul caso i t a l i a n o ... 342 Carlo Buratti - Metodi di stima del g ettito delle imposte dirette, con
particolare riferim ento alle imposte progressive sul reddito delle persone fisiche
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t 377 Fabrizio Bulckaen - Equità dei sistemi di controllo della evasione delleim poste personali sul r e d d i t o ...399 Pasquale Bu sso - Problemi in tema di rapporti tra processo penale e
processo t r i b u t a r i o ... ... Enrico Nuzzo - Riflessioni sul presupposto del tributo successorio e degli
altri tributi sulla circolazione di r i c c h e z z a ...457 Antonio Branoasi - Appunti per la ricostruzione del sistema di coper
tura finanziaria delineato dalla legge quadro sul pubblico impiego . 486
NUOVI L IB R I .
RASSEGNA D I PU B BLICA ZIO N I RE CEN TI
P A R T E S E C O N D A
Noè Cinti - Sull’imposta ipotecaria per le iscrizioni c rinnovazioni di garanzie per somme di denaro espresse con clausola oro-valuta . . 161 Fabio Paradisi - I l reddito del collaboratore nell’impresa familiare e
l’I L O R ... ... 175
SENTENZE ANNOTATE
della somma per la quale il richiedente intende effettuare l’annota- mento - Imposta dovuta (Cass., Sez. I, 16 aprile 1983, n. 2624) (con nota di N. Cin ti) ... 161 Imposta locale sui redditi - Impresa fam iliare - Reddito del collabora
tore - È reddito d’impresa - Assoggettabilità (Comm. Trib. I grado Piacenza, Sez. I, 21 gennaio 1984, n. 850) (con nota di F. Paradisi) 175
I l i
STUDI ECONOM ICI E A ZIE N D A L I Università degli studi di Milano Facoltà di scienze politiche
1. SCARPAT OR LA N D O
LA POLITICA DELLE RETRIBUZIONI NEL PUBBLICO IMPIEGO
1983, 8°, p. XIV-128.
2. PO RTA PIER LUIGI
SCUOLA CLASSICA E TEORIA ECONOMICA 1984, 8°, p. XII-146.
3. MASCIOCCHI GIUSEPPE
CRISI DI IMPRESA : VARIABILI CRITICHE E BILANCI DI LIQUIDAZIONE
1983, 8°, p. VIII-112.
166
un insostituibile strumento di consultazione per l’ amministratore e per l’ operatore giuridico
LUCIANO ZANOBINI
REPERTORIO AMMINISTRATIVO
DELLO STATO
Il Repertorio costituisce il più aggiornato, completo e organico testo di consultazione e documentazione della legislazione amministrativa italiana, integrato con la costante interpretazione giurisprudenziale e la più qualificata dottrina.
L ’opera, a schede, è suddivisa in trentacinque grandi voci che abbrac ciano tutte le materie e le funzioni amministrative dell’ordinamento vigente, dal Commercio all’Amministrazione locale, dalla Difesa alla Giustizia Amministrativa, all’Urbanistica. Ogni grande voce tiene poi debito conto del complesso intreccio di norme e rapporti con gli isti tuti (civili, sociali, economici, penalistici, ecc.) ricompresi nella Costi tuzione, nelle leggi ordinarie e nei settori organici amministrativi at tualmente disciplinati dalle norme sui trasferimenti e sulle deleghe delle funzioni amministrative.
Nell’ambito di ciascuna grande voce sono quindi esposti, raggruppati in sottovoci, i principali testi normativi sull’argomento trattato, che forniscono un quadro completo ed equilibrato della complessa nor mativa.
Ogni testo normativo sul quale si siano avute importanti e costanti de cisioni è corredato della relativa giurisprudenza esposta cronologica mente e dotata di un indice per articoli.
Sono inoltre attentamente poste in luce le prevalenti linee interpreta tive, non trascurando gli orientamenti diversi, anche di giudici di prima istanza, meritevoli di segnalazione.
La bibliografia esposta alla fine di ogni grande voce costituisce il più ampio panorama dottrinario sulla materia trattata e privilegia le opere e gli orientamenti di particolare importanza che hanno, in varia parte, influenzato la giurisprudenza.
Le indicazioni bibliografiche sono raccolte per argomenti, in corrispon denza a quelli delle parti legislative e giurisprudenziali.
Si tratta, dunque, di un’opera assolutamente nuova, che unisce ad un alto impegno un’elevata utilità pratica, e che si propone come un in sostituibile strumento di consultazione.
423 >
V
L ’opera base, costituita da circa 12.500 schede in ventuno raccoglitori con custodia, rilegati in tela con savrastampa in oro, è aggiornata al 31 dicembre 1982 per la legislazione e al 31 dicembre 1981 per la giurisprudenza e la bibliografìa.
Il Repertorio viene aggiornato annualmente con schede aggiuntive che non sostituiscono il testo base.
Le schede di aggiornamento fino al 31 dicembre 1983 (per la legisla zione, la giurisprudenza e la bibliografia) saranno poste in distribu zione entro il mese di marzo 1985.
SOMMARIO:
Parte I - I PRINCIPI
La Costituzione - Le fonti del diritto. Parte li - L ’ ORGANIZZAZIONE
L’amministrazione centrale - L’amministrazione locale - Gli im piegati.
Parte III - I M EZZI. LA POPOLAZIONE. LA GIUSTIZIA AMMINISTRA TIVA
I beni - La finanza - La popolazione - La sicurezza pubblica - La giustizia amministrativa.
Parte IV - I SERVIZI SOCIALI
L’assistenza sociale - La sanità - L’istruzione - La cultura - Le attività ricreative, turismo - I servizi pubblici, trasporti - Il lavoro - L’artigianato - Il commercio - L ’industria - La cooperazione - Il credito e il risparmio - Le assicurazioni.
Parte V - ASSETTO ED UTILIZZAZIONE DEL TE R R ITO R IO
L’agricoltura, le foreste e la zootecnia - I territori e le comunità montane - La caccia - La pesca - L ’urbanistica - L’edilizia - Le occupazioni d ’urgenza, requisizioni ed espropriazioni per pubblica utilità - I lavori pubblici.
Parte VI PROGRAM M AZIONE E PARTECIPAZIONI La programmazione - Le partecipazioni statali. Parte VII - AFFARI ESTERI E DIFESA
Gli esteri - La difesa.
Indici - Analitico - Cronologico - Numerico.
La pubblicazione dell’ opera, suddivisa in quattro fasi (le prime tre di sei raccoglitori, per L. 6 0 0 .0 0 0 ciascuna, l’ ultima di tre raccoglitori, per L. 3 0 0 .0 0 0 ),
sarà completata entro il mese di novembre 1984. PREZZO OPERA BASE L. 2 .1 0 0 .0 0 0
424
V I
CODICE CIVILE
CON LA COSTITUZIONE
E LE PRINCIPALI LEGGI SPECIALI
SCELTE PER GLI ISTITUTI TECNICI
A cura di Carlo Emilio Traverso Aggiornato al 31 agosto 1983
Un’edizione speciale realizzata per aiutare gli studenti ad usare in modo più funzionale il Codice, con:
• Il testo della Costituzione corredato di brevi richiami che evidenziano l ’argomento di ogni norma;
• Un sommario analitico per ogni libro del Codice e per ogni settore di leggi speciali, che descrive in sintesi gli argomenti trattati e i punti di maggior rilievo;
• Un breve testo all’inizio di ogni pagina che agevola la identificazione delle norme di ogni singolo testo le gislativo;
• Un’accurata selezione delle principali leggi speciali particolarmente utili alla scuola secondaria;
• Un indice analitico generale che facilita qualsiasi tipo di ricerca.
16°, p. X I-1310, L. 1 0 .0 0 0
VII
L’O RDIN AM EN TO TRIB U TA R IO IT A L IA N O Collana diretta da G. FALSITTA e A. FA N T O Z Z I
volumi pubblicati:
G A E TA N O NANULA La rivalutazione monetaria
dei cespiti patrimoniali delle imprese Aspetti civili, fiscali, contabili ed economico-finanziari 8”, p. VI 11-450
M A R IO M ACCARONE
Teoria e tecnica delle imposte sui redditi
Tom o I: L’imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF) Tom o II: L’imposta sul reddito delle persone giuridiche (IRPEG)
L’imposta locale sui redditi (ILO R) 8”, p. XX-1100
R O D O LFO DI STEFANO
Lineamenti del sistema valutario italiano Tom o I: La disciplina normativa
Tom o II: Disposizioni legislative di maggior interesse 8°, due tomi di complessive pp. XV-1390
AUGUSTO FA N T O Z Z I
Imprenditore e impresa nelle imposte sui redditi e nelI’I.V .A .
8”, p. VI 11-244 CARLO BAFILE
Il giudizio di terzo grado nel processo tributario 8°, p. VIII-158
M AN LIO INGROSSO Il credito d’ imposta 8°, p. VI 11-296
CLAUDIO SACCHETTO I redditi di lavoro autonomo, nozione e disciplina tributaria 8°, p. VIII-408
182
vin
FINAFRICA -CAR IPLO
COLLANA
« MONETA E FINANZA NELLE ECONOMIE IN SVILUPPO » Sergio Bortolani - Anita Santorum
M ONETA E BANCA IN CINA 8°, p. X-236
COLLANA
« COOPERAZIONE E SVILUPPO >» Sergio Alessandrini
LA PO LITICA IT ALIA N A
DI COOPERAZION E A LLO SVILUPPO 8°, p. 312
Carlo Secchi
LA R IL O C A L IZZA ZIO N E PR O D U TTIV A ITALIA N A NEI PAESI IN V IA DI SVILUPPO Il caso di Malta, Marocco, Tunisia ed Egitto 8°, p. 276
COLLANA
« I MERCATI CREDITIZI AFRICANI » Andrea Calamanti
M ERCATO MOBILIARE E SOTTOSVILUPPO La borsa valori in Costa d ’Avorio, M arocco, Tunisia 8°, p. 264
Clara Caselli
L’IN TE R N A TIO N A LISA TIO N BANCAIRE EN EGYPTE
8°, p. 224
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\,X 'L ’INCIDENZA D E I T R IB U T I NELLO SCHEMA MACROECONOMICO CON FONDO SALARI D I WICKSELL.
UNA RIVISITAZIO N E (*)
Sommario: 1. Premessa. — 2. Il m odello di W icksell. — 3. Gli effetti della introduzione delle im poste sul reddito e sul prod otto. — 4. L ’effetto « paradossale » dell’im posta sul p rod otto e la nostra valutazione. — 5. R affronto tra lo schem a di W icksell e quello neoclassico puro via le funzioni della produzione. — 6. L e conseguenze dell’interdipendenza tra l e t. — 7. Conclusioni.
1. Questo riesame critico ha due limitati scopi. Il primo è di na tura concettuale e si propone di chiarire il significato e le implicazioni del legame che Wicksell ipotizza tra tasso di salario e tempo medio di investimento. Il concetto di tempo medio di investimento rappre senta l’aspetto più difficile da penetrare dell’impostazione di Wicksell, e della teoria austriaca del capitale in generale, ed è ciò che dà un significato peculiare alla teoria dell’incidenza. Su di esso centriamo il nostro lavoro.
Il secondo obiettivo è di tipo metodologico. Prendendo spunto da un’imprecisione analitica nella formulazione di Musgrave (1), abitual mente utilizzata, si intende fornire una semplice esposizione algebrica e grafica completa, degli effetti delle diverse imposte.
La rivisitazione è dunque strettamente riferita a Wicksell e non ha l’ambizione di estendersi alla teoria generale dell’incidenza neoclas sica (o marginalista) considerando Wicksell come punto di riferimen to (2). Essa intende semmai dare risalto a ciò che distingue il
margi-( ) jRingrazio vivamente Umberto Balucani e Stefano Gorini per aver discusso a piii riprese diversi punti di questo lavoro e Sergio Steve per le attente osservazioni critiche su una prim a stesura. Nessuno, eccetto l’autore, è ovviamente responsabile del contenuto.
(1) Mu sg ra v e R ., « The Theory of Public Finance », New Y ork , 59, pp. 392-99.
(2) Per chi fosse viceversa interessato a questo tipo di critica si c o n siglia: PedoneA ., « Taxes on Production and the Average Period of Investment. A Critique of the Neoclassical A nalysis of Cenerai Incidence », in Public Finance, n. 4, 1966.
— 322 —
nalismo di Wickseil dal marginalismo « puro », il cui vero punto di ri ferimento è il paradigma di Solow (3).
2. Con eccezionale coincisione ed estrema chiarezza, Wicksell espo ne la sua teoria dell’incidenza in poche pagine nelle Finanztheoretische Untersuchungen del 1896 (4). Il sistema, nella simbologia dell auto re (5), si compone delle tre equazioni seguenti:
[1] p = a tm
[2] p = 1 + z l t
[3] K = A l t
L ’equazione [1] rappresenta la funzione della produzione. Il pro dotto per lavoratore nell’unità di tempo (p), dati i parametri dell econo mia a (positivo) e m (positivo minore di uno), cresce al crescere del tem po medio di investimento (t), ad un ritmo decrescente. Il tempo di inve stimento è « il periodo di tempo che corre fra l’investimento di un capi tale individuale mediante acquisto (salariale) di lavoro e lo scambio del medesimo mediante la vendita dei beni finiti di consumo (beni di primo grado) ... Parleremo di periodo medio di investimento del capitale re lativo quando poi, come di solito accade, occorre applicare del lavoro ed anticipare di conseguenza del capitale a varie scadenze per la
pro-(3) Riteniam o che l ’esposizione più sem plice e insieme piu rappresen tativa del pensiero neoclassico sia effettivam ente rappresentata da &olow R . M ., « Orowth Theory: an E xposition », O xford U niv. Press, 1970. E aPPena il caso di notare d ie lo schema di W icksell è statico e che perciò 1 confronti vanno effettuati mutatìs mutandis.
(4) Wicksell K., « Finanztlieoretische Untersuchungen nebst Varsteuung und KritiTc des Steuersystems Schwedens », Jena, 1896. T rad otto, n on per in tero, in italiano nella N u ova Collima degli E conom isti, voi. I X Finanza, T orino, 1934. Il caso cui ci riferiam o, il più sem plice secondo 1 autore, e quello di libera concorrenza e con servizi della terra gratuiti.
—- 323 —
duzione e la vendita di una merce » (6). Il prodotto pro-capite cresce al crescere di esso perchè « un aumento della produttività media del lavoro impiegato è sempre possibile con una opportuna introduzione di lavoro preparatorio, ciò che equivale ad un allungamento del periodo
medio di investimento del capitale impiegato » (7). L ’ipotesi infine che
il ritmo di accrescimento sia decrescente, « sembra corrispondere com pletamente alla realtà » (8).
L ’equazione [2], definitoria, dà la ripartizione del prodotto pro capite tra salario (pro-capite l) e profitto o interesse (pro-capite z) sul capitale impiegato per occupare un lavoratore a quel salario e per quel tempo medio di investimento (tutte le grandezze sono espresse in unità di prodotto).
L ’equazione [3] rappresenta il fondo salari o capitale, in unità di prodotto, (K ). Esso è dato dal prodotto del numero dei lavoratori impiegati nell’unità di tempo {A) per il tasso di salario (l) e per il tem po medio di investimento (t).
Wicksell suppone che l’imprenditore-capitalista abbia l’obiettivo della massimizzazione del profitto sul capitale dato, e quindi del tasso di profitto ( = tasso di interesse) e perciò scelga il tempo medio di investimento, che, come si vedrà, è sinonimo di tecnica produttiva, secondo questo criterio. La scelta non è però indipendente dal tasso di salario perchè se il prodotto è una funzione di t (equazione [1]), il tasso di profitto è una funzione di t e di l (equazione [2]). In altre pa role, per ciascun livello di tasso di salario, esiste un t « ottimo » che massimizza z. « Il livello dei salari e la lunghezza del periodo di inve stimento del capitale sono interdipendenti » (9).
Utilizzando la Figura 1 seguente possiamo rappresentare con pre cisione il problema di scelta che ha di fronte a sè l’imprenditore-capi talista. Nell’asse verticale riportiamo il prodotto per lavoratore e in quello orizzontale il tempo medio di investimento. La curva p (t) è data dall’equazione [1] ed ha le consuete proprietà dt p (t) > 0,
V (0 < 0. La curva g (t) deriva dall’equazione [3] e possiamo chia
marla curva della piena occupazione nel senso che, dato il capitale K, come si suppone e ugualmente dato il numero dei lavoratori A,
risul-(6) Wic k se ll K ., op. cit., p. 30.
(7) Wic k se ll K ., op. cit., p. 32. (Corsivi nel testo).
(8) Su questo punto W icksell richiam a la discussione con L exis ¡ch e avrebbe con d otto alla dim ostrazione che « ogni prolungam ento del periodo di investim ento del capitale aum enta la produ ttiv ità del lavoro ma in misura non proporzionale ». Wicksell K ., op. cit., pp. 32-33.
— 324 —
tano determinate coppie di tasso di salario l (in unità di prodotto) e di tempo medio di investimento t corrispondenti alla piena occupa zione. La g (t) può anche chiamarsi curva delVintensità di capitale di
piena occupazione (10), intendendo con ciò richiamare l’attenzione sul
fatto che per ogni l vi è un solo t compatibile con la piena occupa zione. Dalla [3], indicando con fc il rapporto tra il capitale dato K o il numero dei lavoratori A ovvero il capitale pro-capite, si ottiene dunque:
La curva li (t) (v. equaz. [6]) descrive le possibilità di scelta del- l’imprenditore-capitalista. Tutti i punti sulla h (t) danno infatti, per ciascun livello di tasso di salario, il tempo medio che massimizza il tasso di profitto sul capitale (che, fatta l’assunzione di capitale dato, coincide con la massimizzazione del volume dei profitti). Tale curva può chiamarsi della massimizzazione del tasso di profitto o, invertendo, del salario lordo di equilibrio, per dare risalto al fatto che, per 1 im prenditore-capitalista quel salario accoppiato a quel tempo medio di investimento, rappresenta un equilibrio. Per ottenerla, una volta de finito il tasso di profitto, come funzione di t per salario dato, e cioè:
[5] 2 = ---—--- - = « (t)V (*) - 1 VZ „ m
basta uguagliare a zero la sua derivata rispetto a i e quindi risolvere per l (11). Si ha infatti, derivando:
d ,z
8t p (t) 11 — l (p (t) - l) ¥T2
(10) R iprendiam o più avanti il problem a della nozione di intensità di capitale in W icksell. Qui basta pensare che due tecniche richiedono la stessa quantità di capitale nel senso di W icksell, se im piegano uno stesso am m on tare di capitale per lo stesso tem po. Se in vece il tem po richiesto da una tecnica è superiore, ciò equivale a dire che essa richiede m aggiore quantità di capitale. Essa è cioè, in term ini correnti, una tecn ica a m aggiore intensità di capitale. Simmetricamente, il tem po m edio di in vestim ento individua la
325 —
uguagliando a zero:
l { t d t P (<) — V (<) + l) = 0
e risolvendo per l:
[6] l = p (t) - t d t p ( t ) = h (t)
che possiamo scrivere:
[6'] A (t) = lz (t)
Il sistema sarà in equilibrio soltanto in corrispondenza del tempo medio di investimento tt , essendo l’unico che soddisfa contempora neamente le equazioni [4] e [6]. La condizione di equilibrio è infatti data da:
[7] k = t lz (t) — t h (t)
che si ottiene sostituendo al tasso di salario l della [4] il tasso di sa lario lz (t), chiamato di equilibrio, e dunque tt si ottiene in corrispon denza dell’uguaglianza-intersezione lz (t) = g (t).
Come si giunga all’equilibrio è facilmente spiegabile se, supponendo dato un certo tasso di salario, per esempio l0 , tracciamo nel grafico 1 una retta parallela all’asse delle ascisse di livello l0 e la interpretiamo come sentiero che il capitalista-imprenditore percorrerà muovendo dal
nell esprimere Z com e funzione di t (riportiam o i suoi sim boli) invece di considerare L dato, sostituisce a L la relazione L = , cioè la curva MN
F
ig
u
ra
— 327 —
limite corrispondente ad occupazione nulla e tempo medio di investi mento infinito, nell’intento di rendere massimo il suo profitto (volume e tasso di profitto). Via via che si allontana da questo estremo e ini zia ad occupare lavoratori, a quel tasso di salario, e contemporanea mente riduce il tempo medio di investimento (il che corrisponde nel grafico al movimento da destra verso sinistra lungo la retta l0), il pro fitto cresce, finché giungerà in B dove è massimo per costruzione (si ricordi che la h (7 ) = l.. (t) e stata costruita scegliendo il t che massi mizza z per ogni livello di tasso di salario) e a cui corrisponde il tem po di investimento Zjg. Ma per il salario l0 , si ha la piena occupazione per il tempo medio di investimento corrispondente al punto G nel grafico, cioè tc . Si ha dunque disoccupazione e conseguente spinta al ribasso del salario. Se invece il tasso del salario fosse stato l1 , il ca pitalista-imprenditore giunto in B, avrebbe occupato tutti i lavora tori ma non massimizzato il suo profitto (sempre a salario dato Z1). Per far ciò dovrebbe scegliere il t corrispondente ad E, ma a questo punto Ad sarebbe eccesso di domanda di lavoro e conseguente spinta aH’aumento del salario. Soltanto quando il salario è lt , il capitalista- imprenditore giunto in F riesce a occupare tutti i lavoratori e a mas simizzare il suo profitto, scegliendo appunto il tt corrispondente. Gra ficamente si può vedere che in effetti il tasso di interesse ( = profitto) è massimo in corrispondenza del tt , tracciando la tangente alla curva del prodotto e passante per lt (12).
Possiamo adesso renderci conto con precisione di ciò che accade al tasso di profitto di equilibrio al crescere di t. Basta sostituire nella [5], che definisce il tasso di profitto, il salario lordo di equilibrio
ìi (t) = lz (t). Si ha:
» (t) = V {t) ~ ll (t) = P W ~ (*) ~ *dt V (*)]
t h G) th ( t ) “ _ t 8t V (t) _ 8t p (t)
th ( t ) h (t)
che possiamo indicare con zt (t) dato che è il tasso di profitto
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mito in corrispondenza del tasso di salario di equilibrio. L ’espressione da analizzare è pertanto:
[
8
] »1 (t) = dt V (t)h(t)
Per le assunzioni fatte sulla funzione della produzione il numera tore della equazione [8] decresce al crescere di t (la derivata del nu meratore è, come si vede, la derivata seconda della funzione della produzione, per ipotesi negativa). A l denominatore abbiamo l’espres sione h (f) = p (t) — t 8t p (<) la cui derivata 8t In, (t) = 8t p (t) — _ Qt p y) — t 8U (t), è chiaramente positiva (i primi due termini si an nullano mentre il terzo è positivo perchè t è positivo e la derivata se conda della funzione della produzione è negativa) e quindi l’espressio ne cresce al crescere di t. Nell’insieme il tasso di profitto di equilibrio
zl (t) decresce al crescere di t. Questa proprietà si può anche verifi
care in maniera intuitiva ragionando sulla Figura 1, ricordando che l’intercetta sulle ascisse (lato sinistro) della tangente a p (t) passante per un l dato misura il reciproco del tasso di interesse (v. nota 12).
3. Distinguiamo tra le imposte sul reddito (speciali e generali) e le imposte sul prodotto (13). L ’incidenza delle prime resta, com ’è fa cile rendersi conto, sul fattore tassato. Se supponiamo infatti un’im posta sul profitto, avremo un divario tra profitto lordo e netto ov vero, data l’aliquota x dell’imposta, il profitto netto sarà dato dal lordo meno l’imposta, cioè z' (t) = z (t) (1 — x). Derivando il profitto netto si ha:
[9] 8t z' (t) = 8t z (t) (1 - x)
Dalla [9] appare evidente che il tempo medio in corrispondenza del quale si annullava la derivata del profitto lordo (dato l), è anche quello per il quale si annulla quella del profitto netto(il termine (1 — x) è positivo e dunque il prodotto si annulla quando si annulla 8t z (t)). La curva del salario di equilibrio resta quindi immutata e allo stesso modo resta invariato il tempo medio di investimento corrispondente all’uguaglianza-intersezione tra le curve g (t) e h (t) rimaste invariate. L ’imposta grava interamente sul profitto.
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Se supponiamo un’imposta sul salario, abbiamo di nuovo un di vario tra salario lordo e netto ma per il capitalista-imprenditore, che è qui l’unico soggetto che opera delle scelte di massimizzazione, non vi sono mutamenti. Egli paga lo stesso salario (e quindi di nuovo è immutata la curva h (t) da interpretarsi come curva del salario lordo) al lavoratore che riceve un salario netto decurtato dell’ammontare dell’imposta. I lavoratori potrebbero trasferire l’imposta soltanto se, e per l’ammontare in cui, accettassero disoccupazione.
Se poi supponessimo un’imposta generale sul reddito, avremmo la combinazione delle due precedenti con uguale invarianza della h (t), ovvero del t di equilibrio. Ciascun reddito risulterebbe pertanto inciso nella misura dell’aliquota, uguale o diversa, ad esso applicata. Questi noti risultati appaiono nella Figura 2.
Diverso è il caso dell’imposta sul prodotto, di aliquota x. In que sto caso infatti dobbiamo ricalcolare la curva della massimizzazione del profitto o del salario di equilibrio, perchè il tasso di profitto netto, ottenuto dal prodotto netto da imposta, è definito dalla [10] e non dalla [5].
[10] z ' ( t ) = { ( l - x ) p ( t ) - m i t
Seguendo il procedimento di cui sopra, per ogni livello del tasso di salario, si ottiene il tasso di profitto massimo derivando e ugua gliando a zero la [10]. Si ha dunque:
s m _ ( ! - V W 11 - l [ ( 1 - oo) p (t) - l ] O* Z [ti — --- - = 0
(i t f
Risolvendo per l si ha:
l = (1 - x) [p (i) - t d t p (<)]
Usando la simbologia sopra introdotta e cioè sostituendo all’espres sione dentro parentesi quadra h (t) si ottiene
[11] l = (1 — x ) h (t)
ovvero il tasso di salario corrispondente al t che massimizza il tasso di profitto. Tale tasso di salario di equilibrio, che indichiamo con lzl (t), risulta ridotto rispetto a quello che si avrebbe in assenza di imposta
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La condizione di equilibrio sopra espressa dalla [7] diventa adesso:
[12] Jc = t l 2l (t) = (1 - x ) t h (t) = (1 - x ) t [p (t) - t d t p (t)]
Dalla semplice ispezione alla Figura 3, dove per comodità del let tore abbiamo riportato le curve in assenza di imposta e quelle inclu sive dell’imposta, disegnate tratteggiate, si constatano i seguenti fatti: 1. il tempo medio di investimento di equilibrio si è allungato; 2. il tasso di salario si è ridotto;
3. la riduzione del tasso di salario non è pari all’ammontare dell’imposta di aliquota x, ma è minore;
4. il tasso di profitto si è ridotto.
Algebricamente il risultato di cui al primo punto è facilmente ot tenuto utilizzando le condizioni di equilibrio senza imposta [7] e con imposta [12]. Supponiamo che la [7] sia soddisfatta dal tempo medio di investimento t0 e dal tasso di salario corrispondente l0 = li (Z0), cioè
h = t0 h (t0). Se inseriamo t0 nella nuova condizione di equilibrio espres
sa dalla [12], otteniamo la disuguaglianza seguente:
li > (1 — x) t0 h (t0)
proprio perchè per un’aliquota di imposta positiva x, il termine (1 — x) è minore di uno. Per ristabilire l’uguaglianza occorre che cresca il tempo medio di investimento. All’aumentare di t cresce la funzione
h (t) (si veda sopra) e a maggior ragione cresce il prodotto di h (t) per
il t medesimo. L ’uguaglianza è ristabilita quando l’allungamento del tempo di investimento avrà compensato la decurtazione causata dal l’imposta. Indichiamo questo nuovo tempo con tx > t0 e avremo:
le = (1 — x ) t 1 h (ij) per un tasso di salario pari a Zx — (1 — x) h (11).
Con ciò risulta chiarito anche il secondo punto e ugualmente il terzo se semplicemente raffrontiamo il tasso di salario di equilibrio senza imposta l0 — h (t0), con il tasso di salario di equilibrio inclusivo
dell’imposta sul prodotto = (1 — x) h (fx) e con il tasso di salario
di equilibrio precedente l’imposta decurtato di tutto l ’ammontare del l’imposta (1 — x) l0 = (1 — x) li (t0). Dal confronto risulta che
l0 > h > (1 — x) Z0 , ovvero che il tasso di salario risulta minore di
F
ig
u
ra
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quello netto da imposta sono espressi da una identica funzione di t (14). D ’altra parte il tasso di profitto di equilibrio zl (t) = e/ (t) decresce al crescere di t e perciò, sebbene il tasso di profitto netto di imposta (sul prodotto) in corrispondenza del nuovo tempo medio di investimento di equilibrio > t0 sia uguale a quello lordo, esso è minore del tasso di profitto di equilibrio corrispondente a t0 (cioè z { fa) = zl fa) < z% (i0)). Anche il tasso di profitto risulta decurtato e nel caso si assuma che la funzione di produzione p (t) abbia la forma particolare p (t) = a tm, o semplicemente p (t) = tm potendosi assorbire il coefficiente nell’unità di misura del prodotto, si può concludere che anche la riduzione del profitto è minore della percentuale corrispondente all’imposta. In ge nerale, per poter accertare se la decurtazione è uguale o minore della percentuale dell’imposta, occorre raffrontare il nuovo profitto corri spondente a , ovvero (1 — x ) [p fa) — h (ij)] con quello che sarebbe stato al netto dell’imposta se il tempo medio dell’investimento non fosse variato, ovvero (1 — x) [p fa) — h (<„)]. In effetti si vede dal gra fico 3 che, per una funzione standard p (t), e in particolare per una del tipo p (t) — a tm, la differenza [p (i) — h (i)] cresce al crescere del tempo medio di investimento. M ente invece possiamo dire in gene rale circa la proporzione relativa in cui vengono decurtati tasso di profitto e di salario (15).
4. È ormai generalizzato l’uso di considerare « strano » se non ad dirittura « paradossale » (16), il fatto che un’imposta sul prodotto fac cia aumentare la produzione pro-capite via l’allungamento del tempo
(14) Ciò si vede facilm ente utilizzando la definizione di tasso di profitto netto di im posta sul p rod otto z' (f) = [(1 — x) p (t) — I] / 11, e seguendo il solito m etodo usato nel testo per ottenere il salario di equilibrio la (i). Uguagliata a zero la derivata, si risolve per il tasso di salario chiam ato appunto di equilibrio e in dicato con lzl (i) = (1 — *) h (t) e quindi si sosti tuisce nella definizione in lu ogo del tasso d i salario dato l.
' , m = (1 ~ x) p (f) - la (t) (1 — x ) p (t) — (1 — x ) h (t) p ( t ) - h (t)
1 U ln ■ t h( t ) ( l - x ) t h (t) t
V fa ~ [P f a ~ t d , p (i)] S, p (t) _ tn h W t ~ h(t) - * ' W
Il risultato dà una funzione uguale alla [8] che esprim eva la funzione del tasso di profitto di equilibrio in assenza di im posta.
(15) Si veda sopra la n ota (5).
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di investimento, con ciò permettendo un parziale recupero di impo sta che altrimenti avrebbe decurtato profitto e salario nella stessa proporzione. Riflettendo su questa circostanza che distingue lo sche ma di Wicksell dai risultati neoclassici tipici e su quanto è stato scrit to in merito, ci sembra di poter dare una diversa interpretazione del risultato. In altri termini, non si tratta di considerare lo schema del l’incidenza delle imposte di Wicksell uno schema marginalistico a me no dello strano risultato che si ottiene con l’imposta sul prodotto. Uè ci sembra di poter ascrivere tale risultato al fatto che Wicksell usi il fondo salari, e quindi indipendentemente dal fatto che ciò «para lizzi » il suo marginalismo (17) o sia « contestabile in un’analisi di pro duttività marginali » (18). A noi sembra che la conseguenza peculiare dell’uso del fondo salari sia essenzialmente quella di rendere l’inten sità di capitale, misurata da t, di piena occupazione, una funzione de crescente del salario pagato dall’imprenditore. (E Wicksell aveva già sottolineato il rapporto di interdipendenza tra t e i ) .
L ’atipicità del risultato è, a nostro parere, dovuta alla peculiarità del significato economico di t. Esso rappresenta l’intensità di capitale, ovvero quella nozione fìsica di tecnologia che nel marginalismo puro è data dal rapporto capitale-lavoro {K/L). Ciò chiama in causa un raffronto tra le funzioni della produzione di Wicksell e neoclassica pura.
5. Il prodotto totale in termini fìsici in Wicksell, dato dall’equa zione [1] moltiplicata per il numero dei lavoratori P = A p (t) = A a tm
è chiaramente funzione di due fattori fìsici: i lavoratori occupati A r
il tempo medio di investimento t (P = O ( A, t) o in simboli correnti
Q = G (L, t)). Ciò che vogliamo porre in evidenza è che in Wicksell
vi sono due nozioni di capitale. Da un lato vi è il capitale dato K vi sto come fondo salari che permette di occupare i lavoratori ad un certo tasso di salario. Dall’altro vi è il tempo di investimento che ciascun processo produttivo richiede. L ’ipotesi di Wicksell è che tan to più la tecnica è produttiva, in termini di prodotto fìsico per uomo, quanto più lungo è il tempo medio di investimento. In altre parole la produttività del lavoro può essere accresciuta tramite quello che Wicksell chiama il lavoro preparatorio e che, evidentemente, richiede un tempo di investimento più lungo. Il capitale ha dunque due
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mensioni (19): una cardinale, rappresentata dal capitale fìsico esi stente (20) e una ordinale, rappresentata dal tempo medio di inve stimento. Ora è proprio in questa sua dimensione « ordinale » che in fluisce sul prodotto fìsico e che consente di individuare le risorse fì siche in A e t ed è questa sua dimensione che misura propriamente l ’intensità di capitale.
La tipica funzione della produzione neoclassica ha invece, com ’è noto, due fattori fìsici diversi, sono il lavoro L (21) e il capitale K, e, come misura dell’intensità di capitale, il rapporto capitale-lavoro
K/L.
Raffrontiamo adesso la teoria dell’incidenza nello schema neoclas sico puro e in quello di Wicksell con l’aiuto della Figura 4. Riportiamo sulle ordinate il prodotto pro-capite derivante da una normale fun zione neoclassica a rendimenti di scala costanti del tipo Q = F (K, L), che espressa appunto in termine pro-capite come q = f (le), ha forma e significato analogo alla p (t) di Wicksell. Il rapporto capitale-lavoro
K/L = le rappresenta qui ciò che in Wicksell è rappresentato da t,
cioè una misura dell’intensità di capitale.
Anche in questo schema si deriva una curva analoga alla li (t), massimizzando il tasso di profitto per un dato tasso di salario indi cato adesso con w sempre espresso in unità di prodotto (l in Wicksell). Il tasso di profitto è definito dalla equazione seguente:
z = q (le) — w
le = z (le)
Derivando, uguagliando a zero e risolvendo per il tasso di salario, si ottiene quella che di nuovo possiamo chiamare curva della massi mizzazione del tasso di profitto o del salario lordo di equilibrio, in figura indicata con h (le) = wz .
La curva della piena occupazione è qui rappresentata da una ver ticale sulle ascisse in le = le = K/L. Per dati i e » , la determina zione di le corrispondente alla massimizzazione del profitto, coincide con la determinazione della occupazione (se nell’equazione le = K/L,
(19) L ’espressione è presa da Bl a u g, «E conom ie Theory in Retrospect », Cam bridge U niversity Press, 1980 ( l a edizione 1962), p. 535.
(20) Ci sem bra ohe, ov e ci si lim iti all’analisi statica, si possa sfuggire ai problem i di valutazione del capitale sollevati da Garegnani P ., « I l capi tale nelle teorie della distribuzione », M ilano, 1960.
337 —
sostituiamo il K dato e il A: corrispondente alla massimizzazione del profitto, si ottiene l’occupazione L).
Per rappresentare il comportamento dell’imprenditore si può se guire un ragionamento analogo a quello svolto per Wicksell. Dato un certo tasso di salario w0 elle rappresentiamo in figura con la retta parallela alle ascisse e di livello w0 , l’imprenditore percorre questo sentiero del salario partendo dall’estremo corrispondente ad occupa zione nulla e capitale pro-capite infinito e via via aumenta il numero degli occupati (movimento da destra verso sinistra nel grafico) nell’in tento di massimizzare il profitto. Quando giunge in B si arresta per chè ha massimizzato il profitto (e quindi il tasso di profitto), per quel certo tasso di salario. Ma in corrispondenza di B sì ha un capitale per uomo, lc£ , troppo elevato per poter occupare tutti i lavoratori. Vi è disoccupazione e conseguente spinta al ribasso del salario. Se il tasso di salario fosse u\ , un analogo comportamento condurrebbe in
G, in corrispondenza del quale si ha la massimizzazione del profitto
ma eccesso di domanda di lavoro con conseguente spinta all’aumento del salario. Soltanto quando il salario è W si realizzeranno entrambe le condizioni (massimo profitto e piena occupazione a quel salario) e si avrà equilibrio. È facile adesso verificare come si giunga alle note conclusioni marginalistiche sull’incidenza delle imposte.
In seguito alle imposte sul reddito, sia quella sul profitto che quel la sul salario o su entrambi, si verifica un divario tra i redditi lordi e netti ma non muta la curva del salario lordo di equilibrio (cioè Vìi (k)). Con ciò tutte le altre variabili restano immutate e l’incidenza di fatto coincide con quella di diritto. Anche con l’imposta sul prodotto, si perviene alla stessa conclusione in termini di incidenza, e cioè sia il profitto netto di equilibrio che il salario netto restano decurtati del l’ammontare dell’imposta. L ’unica differenza è rappresentata dal fatto che in questo caso anche il salario lordo, che è qui uguale a quello netto, si riduce (22).
(22) Quanto sopra è facilmente dimostrabile seguendo il procedimento algebrico consueto:
1. Tasso di profitto di equilibrio: a) senza imposta; b) con imposta sul prodotto.
Q
l.a z = —— £--- = z (le), si massimizzi z rispetto a le, si sostituisca il tasso di salario di equilibrio così ottenuto, w = q (le) — le 6* q (le) = h (k) =
wz (le) e si ottiene
* = -gJ*> ~ w = g <*> - g (*) + k 8* g W = at g (fc) = (fc)
fC K
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Il raffronto tra il grafico 3 e 4, più che la semplice algebra, pone in luce come il ruolo svolto dal rapporto K/L nella teoria neoclassica è in Wicksell svolto dal tempo medio di investimento. Essi non sono altro che i rispettivi indici di intensità di capitale e rispecchiano il fatto che le risorse fìsiche sono, nella funzione neoclassica tipica, il ca pitale K e il lavoro L, mentre nella funzione di Wicksell, il tempo medio di investimento t e il lavoro A ( = L). Non ci si deve attendere identità di risultati dai due schemi in conseguenza di un’imposta sul prodotti qualora vari in Wicksell, come infatti varia, l’intensità di capitale pur restando invariati K e A . In altri termini, non si trat ta a nostro avviso di scoprire cosa ci sia di non marginalistico in W ick sell che spieghi la non identità di risultati con i « veri » marginalisti. Si tratta bensì di rilevare come l’identificazione dell’intensità di ca pitale con il tempo medio di investimento, porti a violare l’ipotesi dalla quale dipendono i noti risultati marginalistici sull’incidenza, e cioè un ammontare dato di risorse fìsiche e la loro piena occupazio ne. Se nello schema neoclassico puro le risorse fìsiche, capitale e la voro sono costanti, in quello di Wicksell esse possono variare per chè sono rappresentate dalla coppia lavoro e tempo medio di inve stimento.
6. Dall’interpretazione di cui sopra segue immediatamente che non si devono attendere risultati atipici nello schema di Wicksell, ogniqualvolta le imposte non provochino una variazione del salario (lordo) pagato dal capitalista-imprenditore. Se invece il salario (lordo) pagato varia in seguito all’imposta come avviene in entrambi gli sche mi, neoclassico puro e di Wicksell, con l’imposta sul prodotto, e non invece con le imposte sul reddito, allora si avrà un « riaggiustamento » nel tempo medio di investimento, cioè una variazione dell’intensità di
1. b z' — — --- x)- q- {lc)---— = z' (k), si massimizzi e si sostituisca com e
re
sopra il tasso di salario d i equilibrio w = (1 — *) h (fc) = (1 — *) i», (k) = wzl (k) e si ottiene
, (1 — x) q (k) — (1 — x) k (k) . [q (k) - h (fc)] _
* = --- * ---(1 “ X> k
= (1— x) 3* q (k) = (1 — x) z„ (k) = »'«, (fc)
2. Tasso di salario d i equilibrio (lordo = netto) con im posta sul p r o d o t t o :
— 339 —
capitale. La riduzione del tasso di salario consente l’allungamento del tempo medio di investimento senza violare la condizione di piena oc cupazione dei lavoratori e del capitale dato. È questo il caso rappre sentato in Figura 3 dalla curva tratteggiata lzl (t). Analogamente un aumento del tasso di salario conduce a una riduzione della intensità di capitale.
Ancora una volta si sottolinea come in Wicksell la variazione del tasso di salario l, implicM la variazione di uno dei fattori fisici di pro duzione che figurano nella funzione della produzione (equazione [1]). Se poi si ritenga che ciò faccia perdere a questa analisi la sua conno tazione marginalistica, è una questione a nostro avviso terminologica. Per risolverla occorre intenderci su ciò che è fondamentale per il mar ginalismo e su ciò che non lo è ma è semplice conseguenza delle pre messe. Se si è d’accordo che il « cuore » del marginalismo consista nell’ipotesi di comportamenti massimizzanti (il profitto, l’utilità, ecc.), allora Wicksell è marginalista puro. Il funzionamento del suo modello è centrato sul comportamento massimizzante dell’imprenditore-capita- lista il quale, entro i limiti ipotizzati (capitale dato, piena occupazione, perfetta concorrenza, ecc.) sceglie la «tecnologia» che gli assicura il massimo profitto. Se invece si ritiene di poterlo definire marginalista soltanto a patto di mostrare che anche dal suo modello si ottengono i risultati distributivi consueti, e cioè salari e profitti uguali alle pro duttività marginali del lavoro e del capitale rispettivamente, allora avremmo qualche perplessità provocata proprio dalla peculiarità di t.
Una interpretazione recente in questo senso, e che appunto a no stro parere non esaurisce gli aspetti di questo problema, è proposta da Cavazzuti (23). L ’autore dimostra che anche in Wicksell, in equi librio, il salario è uguale alla produttività marginale del lavoro e il profitto alla produttività marginale del capitale-fondo salari, a patto di operare alcune sostituzioni nella funzione della produzione che, pur analiticamente corrette, lasciano secondo noi in ombra il ruolo impor tante della relazione tra ì e i.
Utilizzando l ’equazione [1] e [3], è possibile esprimere il prodotto, totale o pro-capite, a seconda che sia o no moltiplicato per il numero degli occupati, senza esplicito riferimento alla variabile t, che può
K
analiticamente essere sostituita dall’espressione t = ---- - . Si ha
dun-A l
340 —
que, in luogo di p (t) la funzione p {K/A l), ovvero una funzione del tipo F (K , A, l). Questa è una normale funzione della produzione, a rendimenti di scala costanti in l e i , per ogni dato tasso di salario l e infatti, tenuto fermo il tasso di salario, si ottengono le consuete re gole marginalistiche (24). Il problema sta dunque nel giudicare quanto sia o no anomala una funzione della produzione del tipo F (K, A, l), o in termini pro-capite / {le, l), dove solo A è propriamente un fattore fìsico di produzione, mentre gli altri due argomenti, K e l, non lo sono (e quindi non lo è neanche il rapporto k = K/A). In altre parole, nella funzione della produzione neoclassica, i fattori fisici di produzione so no il capitale e il lavoro e dunque l’intensità di capitale k. Il prodotto pro-capite varia infatti al variare dell’intensità di capitale misurata da k — FL\L, come in Figura 4. Sella funzione ottenuta da Cavazzuti, il prodotto pro-capite varia al variare di l, fermo restando k, oppure varia al variare di k fermo restando l. In entrambi i casi la variazio ne del prodotto pro-capite è ottenuta indirettamente dalle variazioni di l o di k, perchè queste fanno in verità variare t al quale è riferita la produttività del lavoro.
Queste considerazioni sono intese a chiarire e sottolineare la distin zione tra i fattori fisici della produzione nello schema neoclassico usua le e nel presente schema di Wicksell. Eiteniamo di aver mostrato che tale distinzione è importante sia in via di principio, sia ai fini dell’in terpretazione di particolari risultati deducibili dagli schemi stessi.
7. A parte l’utilità che una presentazione analitica e grafica quan to possibile completa può avere, riteniamo che il risultato di rilievo ottenuto sia quello di aver mostrato come nello schema di Wicksell non si abbiano risultati atipici se si riconosce nella nozione di tempo medio di investimento la vera misura dell’intensità di capitale. Così fa cendo la variazione del tempo medio di investimento provocata dalla imposta sul prodotto, cioè dall’imposta che dà luogo a una riduzione del salario pagato dall’imprenditore-capitalista, rappresenta un allonta namento dall’ipotesi neoclassica dalla quale conseguono le note conclu sioni sull’incidenza e che è quella di risorse fisiche date (e della piena occupazione delle stesse). Si è visto che la costanza di K e A non ha questo significato in Wicksell dove le risorse fisiche sono A e t, e per ciò l’ipotesi di i e 1 dati in Wicksell non ha lo stesso significato che ha nella teoria neoclassica pura.
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Ciò che semmai richiederebbe maggiori chiarimenti è la nozione stessa di tempo medio di investimento. Essa è molto interessante e facilmente comprensibile a livello intuitivo ma assai più sfuggente ai tentativi di approfondimento. In questo senso ci sembra che l’impo stazione Dorfman-Hirschleifer (25) sia ancora la più significativa, seb bene le pagine più illuminanti restino quelle di Wicksell stesso.
La i u b a Ca s t e l l u c c i
Università di Roma
CAPITALE D I RISCHIO,
FONDI COMUNI D ’INVESTIMENTO E FIN A N ZA PUBBLICA. OSSERVAZIONI SUL CASO ITALIANO (*)
So m m a r i o : 1. Introduzione. — 2. Il problema del capitale di rischio. — 3. Auto finanziamento ed emissione di azioni. — 4. Il finanziamento tram ite il mercato e le fluttuazioni dei corsi azionari. — 5. Gli intermediari com plementari a l mercato : A ) I fondi comuni d'investimento. — 6. B) I fondi pensione e le compagnie di assicurazione. — 7. Il finanziamento tramite gli intermediari creditizi. — 8. Banca universale e capitale di rischio. — 9. Il caso italiano e le Partecipazioni Statali. —• 10. Le prospettive dei fon di comuni in Italia. — 11. 11 ruolo della finanza pubblica : A ) I l sistema tributario. — 12. B ) I l disavanzo dello Stato. — 13. Osservazioni conclusive. - R iferim enti bibliografici.
1. Con l’approvazione della legge n. 77 del 28 marzo 1983, dopo quasi vent’anni di poposte e dibattiti, i fondi comuni d’investimento mobiliare sono finalmente entrati a far parte dell’ordinamento giu ridico italiano. A questo risultato deve avere contribuito molto la percezione del fatto che gestire un fondo comune può essere oggi- giorno un buon affare. In un’economia di mercato è naturale che l’aspettativa di profitto sia il motore dell’innovazione tecnologica, anche nel campo dell’intermediazione finanziaria.
Non mancano però argomenti per sostenere che la diffusione dei fondi comuni potrà avere effetti positivi non solo sul reddito degli « addetti ai lavori », ma anche sull’assetto produttivo dell’economia italiana, e soddisfare quindi interessi più generali. È su questa se conda possibilità che ci si propone di svolgere qualche considerazione. In via preliminare, è appena il caso di rammentare che discorsi del genere vanno comunque condotti con riferimento ad uno specifico ambiente finanziario, e quindi inter alia ai rapporti ivi esistenti fra attività finanziaria pubblica e privata. Nel nostro Paese in
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lare, la rilevanza di questi rapporti è tale da costituire una caratte ristica strutturale specifica dell’economia. Cosicché l’esame di una questione in astratto afferente all’area della finanza privata, qual'è quella del ruolo dei fondi d’investimento, costituisce nel caso concreto una buona occasione per riconsiderare le implicazioni di alcune at tuali caratteristiche della finanza pubblica in Italia.
2. È opinione comune che la struttura produttiva dell’economia italiana potrà essere migliorata dall’ingresso nel mercato finanziario dei fondi comuni nazionali, se essi — continuando sulla linea di quelli « esteri » già operanti (1) — impiegheranno una parte non trascura bile della loro raccolta nell’acquisto di azioni italiane. Ampliando il mercato azionario dal lato della domanda, i nuovi intermediari do vrebbero così contribuire a risolvere nel nostro Paese il tipico pro blema strutturale delle economie capitalistiche, costituito dalla for nitura dall’ esterno di mezzi propri o capitale di rischio alle imprese. Il problema del capitale di rischio esiste e non va sottovalutato. È ben vero che lo sviluppo dell’impresa capitalistica è caratteristi camente fondato sulla possibilità di ottenere finanziamenti a credito per produzioni che saranno remunerative solo in futuro, e che, per dirla con Schumpeter, il banchiere è « l’eforo dell’economia di mer cato » (2). Ma è anche vero che vi è un limite alle possibilità d’inde bitamento aziendale, e, come avverte Kalecki, è « a dir poco irreali stico » supporre che un « puro » imprenditore possa sopravvivere nel mondo degli affari senza un’appropriata dotazione di mezzi propri (3).
È nota l’idea kaleckiana del « rischio crescente ». Si tratta es senzialmente di una conseguenza del fatto che gli oneri finanziari sui debiti sono contrattualmente predeterminati, e rappresentano quindi, almeno nel breve andare, dei costi fissi per l’impresa. Ceteris paribus,
(1) I fon di mobiliari « esteri » (10 in tutto) sono in realtà promossi da istituzioni finanziarie italiane (istituti di credito, società finanziarie e di assi curazione) spesso di proprietà pubblica (IM I, Banco di Sicilia, Banco di Napoli, Credito Italiano. Banco di Roma, Banco di S. Spirito). Per la maggior parte sono stati istituiti a cavallo fra gli anni ’60 e ’ 70, come reazione alla caduta di tutte le proposte di regolamentazione legislativa nazionale allora presentate. D om i ciliati in un acconcio « paradiso fiscale » estero — nella fattispecie il Granducato di Lussemburgo — hanno finora operato in Italia su autorizzazione del Ministero del Commercio con l'Estero. Alla fine del 1983 il loro patrimonio complessivo ammontava a 2.905 miliardi di lire, di ..ai 1.074 miliardi, pari al 3 6 ,9% , in vestiti in azioni italiane prevalentemente quotate. Vedi Bancad’Itat.ia, Relazione
Annuale 1983 (1984), tab. D27, e i dati SA SIP pubblicati su II Sole-24 Ore, 29 gennaio 1984, p. 5.
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la quota degli oneri finanziari nel reddito lordo dell’impresa aumenta all’aumentare del rapporto d’indebitamento (del rapporto, cioè, fra debiti ed attività complessive o capitale impiegato). Per loro natura i profitti fluttuano nel tempo, ed anche i tassi d’interessi passivi pos sono rivelarsi volatili. Gome accade per tutti i costi fissi, la presenza di una maggior quota di oneri finanziari nel profitto lordo amplifica l’effetto di tali fluttuazioni sugli equity earnings o profitti netti per l’imprenditore — di qui l’uso dei termini leverage (effetto leva) e
gearing (ingranaggio, moltiplica) nella terminologia rispettivamente
americana e britannica per designare il rapporto d’indebitamento. Anche se può essere associato ad un tasso di profitto netto media
mente più alto (4), il crescere dell’indebitamento rende quindi più
instabile il flusso degli equity earnings nel tempo, aumentando per l’impresa le probabilità di trovarsi in condizioni d’insolvenza.
È così che, in un mondo governato dalle regole di selezione ti piche del capitalismo, il rapporto d’indebitamento delle imprese, e quindi il tasso d’investimento così finanziato, non può aumentare che entro dati limiti, pena il diffondersi di situazioni di crisi aziendale ed in ultima analisi — a livello macroeconomico — di disoccupa zione; e ciò indipendentemente dalla redditività lorda, e cioè dalle capacità di gestione operativa del management. A meno che, natural mente, le imprese non abbiano il potere di ricostituire il loro mar gine di profitto netto aumentando i prezzi; ma allora si ha la con seguenza altrettanto indesiderabile di una spinta sempre più forte all’inflazione da costi.
In un mondo più simile al nostro attuale, in cui la fondamentale regola del gioco capitalistico, data dal fallimento in caso d’insolvenza, viene spesso sostituita dalla consuetudine al salvataggio finanziato 4
(4) I termini « l o r d o » e « n e t t o » si riferiscono qui unicamente all’inclu sione o meno degli oneri finanziari nel profitto e dell’indebitamento nel capitale impiegato. Indicando con P i profitti al lordo degli oneri finanziari, con K il ca pitale complessivamente impiegato, con <t il rapporto d’indebitamento fra debiti
(D ) e A, e con i il tasso d’interesse passivo, il tasso di profitto netto per l ’im prenditore o rate o f return on equity assets sarà dato d a :
r = ( P-idK) / {t-d )K e cioè r ■■= (p-id)/U-d)
dove p = P/K rappresenta il tasso di profitto lordo d ’interessi sul capitale impiegato. Si può verificare c b e :
8r /5d ^ 0 con p ^ i