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RIVISTA DI DIRITTO FINANZIARIO
E S C I E N Z A D E L L E F I N A N Z E
Fondata da BENVENUTO GRIZIOTTI
(e
RIVISTA ITALIANA DI DIRITTO FINANZIARIO)
D I R E Z I O N E :
L U I G I
E I N A U D I
ACHILLE D. GI ANNI NI
D E L L * U N I V E R 8 I T À D I T O R I N O
GIAN ANTONIO MICHELI
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P A R T E P R 1 M A
D O T T R IN A
pag.
Giancarlo Mazzocchi - A p rop osito d ell’ in ch iesta in glese su p rezzi, p ro d u ttività e red d iti ...;>01
Em ilio Rosimi - O sserva zion i sul c o n c e tto di red d ito im pon ibile ai fini d ell’ im posta di f a m i g l i a ... 210 Nerio Nesi - A lcu n i appunti su lle n u ov e a g evola zion i trib u ta rie a fa v o r e
d elle con cen tra zion i a z i e n d a l i ...225
A P P U N T I E R A S S E G N E
Premiano Picarelli - C on sid era zion i su lle rece n ti m odifiche alla im posta di r e g i s t r o ... 2.39 Renato Ricci - R assegn a di la v ori pa rlam en ta ri in m a teria finanziaria nel
terzo trim estre 1959 218
R E C E N S IO N I
Franco Vo lpi - L e finanze com un ali in un gra n d e cen tro u rbano (G.
P a r r a v i c i n i ) ...281
Antonino Romani - L a perm u ta . R eg im e trib u ta rio (F. MafTezzoni) . . 284
Euclide Antonini - L a form u la zion e d ella leg g e e ca teg o rie g iu rid ich e
(A. D.) 286
Costantino De Bono - L ’ u su fru tto n elle leggi di reg istro e di su ccession e
(Primiano P i c a r e l l i ) ...2S8
Antonio Berliri-Marcello Cogliati Dezza-Mabio Maltauro - M assim ario della G iurispru denza d elle Im p o ste (Primiano Picarelli) . . . . 288
A L T R E O P E R E R IC E V U T E ...289
AngeloDtjs- C on sid era zion i in tem a di in te rp reta z io n e d elle 'norme fiscali 201
Eugenio Rig h i - Sulla leg ittim ità dei v ersa m en ti a n ticip a ti d’ im posta d isp osti da n o n n e reg ola m en ta ri - A ppu n ti suU’ a ssog g etta b ilità ad im p osta di con su m o dei m a teria li im piega ti nella co stru z io n e di strad e e a u t o s t r a d e ...224
Armando Giorgetti - D ella com p eten za del trib u n ale fa llim en ta re in ma ter ia di co n ten zio so trib u ta rio in sed e am m in istrativa . . . . 248
S E N T E N Z E E D E C IS IO N I A N N O T A T E
Imposta di registro - Industrializzazione del Mezzogiorno - Agevolazioni fiscali - A chi compete - Registrazione con aliquota fissa (D.L. 14 di cembre 1947, n. 1598. art, 5) (Appello L ’Aquila, 29 gennaio 1957)
(con nota di A. Dtjs) ... 201 Imposte di consumo - Norma regolamentare che dispone il versamento di
un terzo della presunta imposta prima dell’inizio della costruzione - Non è illegittima.
Imposte di consumo - Autostrade - Materiali impiegati nella loro costru zione - Sono assoggettabili ad imposta (Tribunale di Firenze, 12 marzo 1959) (con nota di E . Rig h i) ... • 224 Imposta di consumo sui materiali da costruzione - Dichiarazione d’inam
missibilità della procedura contenziosa amministrativa, prevista dal- l ’ art. 90 del T .U . 14 settembre 1931, n. 1175, in coesistenza con la procedura fallimentare (Ministero delle Finanze - Direzione gen. per la finanza locale - 15 giugno 1959) (con nota di A. Giorgetti) . . 248
ERALDO POSSATI
PROBLEMI
DEI NOSTRI GIORNI
NOTE ECONOMICHE DEL PERIODO 1946-1957
Problemi nazionali - Problemi internazionali - Visioni sul
mondo - Tendenze del nostro tempo - Appendici.
« In questa pubblicazione sono raccolti molti articoli dell’illustre pro fessor Fossati, apparsi in riviste e giornali. Gli argomenti che egli svolge, non hanno un’impostazione unitaria e sistematica, giacché af frontano le questioni di attualità necessariamente varie e senza alcun filo conduttore. Questa frammentarietà però non toglie nulla al valore intrinseco del contenuto. Il lettore, che svolgerà le pagine così dense di questo volume, si imbatterà nelle soluzioni nette e precise dei pro blemi, che affiorano di continuo sul tormentoso terreno economico nel decennio trascorso dal ’46 al ’57. Nessuno dei problemi economici, sia di carattere nazionale sia internazionale, che nel periodo menzionato si sono agitati, è sfuggito all’abile penna dell’autore. Egli ha saputo svincolarsi dai vecchi schemi dell’economia classica, che aveva perduto di vista l’uomo reale per correre dietro al fantoccio astratto dell’uomo oeconomicti8... Sono pagine, che offrono materia di ripensamento per chi detiene le redini del potere politico economico ».
(Da la « Civiltà Cattolica» del 21 novembre 1959)
Volume in 8°, pag. VIII-249
L, 1.500
MAFFEO PAN TALE O N I
T E O R I A
D E LLA
TRASLAZIONE DEI TRIBUTI
D E F IN IZ IO N E , D IN A M IC A E U B IQ U IT À D E L L A T R A S L A Z IO N EPrefazione di GL U.
Pa p iIntroduzione di E.
d' Al b e k g oDalla Prefazione del prof. G. U. Papi:
L’Istituto di Economia e Finanza della Facoltà Giuridica dell’ Università di Roma, nel centenario della nascita di Maffeo Pantaleoni, decideva di onorarne la memoria ripubblicando un’opera ormai quasi introvabile: « La teoria della traslazione dei tributi », che era stata la sua tesi di laurea.
Il Prof. Ernesto d’Albergo accettava l’incarico di predisporre una <t Intra- dazione » alla lettura rinnovata del primo libro del Pantaleoni, agevolando il tradursi in pratica di una iniziativa al tempo stesso doverosa e allettante. È sorta cosi questa pubblicazione che, se pure appare con lieve ritardo, nulla perde nella finalità di mostrare tutta la freschezza e attualità dell’ insegnamento del Pan- falconi, non pure in questo o quel settore della scienza economica, quanto nel metodo medesimo dell’indagine. Oggi soprattutto in cui la pretesa crisi della scienza economica sembra risalire, per la massima parte, a una certa confu sione, o sovrapposizione, o lacunosità di metodi nello studio dei fenomeni eco nomici.
Volume in 8° di pag. XCVI-371, in brossura L. 2000 - rii. in
tela L. 2400.
Q U A D E R N I
DELL’ ASSOCIAZIONE ITALIANA
PER GLI STUDI DI MERCATO
1. — Gu g l ie l m o Ta g l ia c a r n e,
L
ostudio delle aree di mer
cato in Italia. Testo illustrato da 36 cartine a colori.
Obiettivi, criteri e metodi per la delimitazione delle
aree di mercato - Contributi allo studio delle aree di
mercato in Italia.
Volume ili 8° di pag. IV-97
.
L. 1.200
2. —
Gu g l ie l m o Ta g l ia c a r n e- Livio
Li v i,Guida statistica
per le analisi di mercato.
Prontuario di dati provinciali e regionali per le inda
gini di mercato.
Volume in 8° di pag. 1 0 8 ... L. 1.200
3. —-
Lu i g iD
eLu c ia,Problemi di tecnica campionaria nelle
analisi di mercato. La stima delle proporzioni.
Campionamento semplice - Campionamento stratificato
- Prospetti.
Volume in 8° di pag. VIIL128
L. 1.000
4. — Benedetto Ca t i,
Le ricerche di mercato nel settore
bancario.
Volume in 8° di pag. VIII-192
L. 1.200
5- —
Gu g l ie l m o Pi z z ied
a l t r i,Le ricerche di mercato nel
campo dei beni strumentali.
Volume in 8° di pag. XII-104 .
.
.
L.
700
R ' e c e n t i p u b b l i c a z i o n i di T A N C R E D I B I A N C H I :
GLI AUMENTI DI CAPITALE
N E L L E I M P R E S E
Aspetti economico-tecnici degli aumenti di
capitale proprio nelle imprese - Il mercato
dei diritti d’opzione; la formazione del prez
zo dei diritti - Calcolo di parità teoriche
di diritti d’opzione.
Volume n. 17 della
Collana dell’Istituto di
Economia aziendale dell’ Università Bocconi
di Milano.
Volume in 8° di 143 p a g in e ... L. 800
ME R C A T O F I N A N Z I A R I O
E RORSA VA L ORI
Il mercato finanziario - La borsa valori e
le caratteristiche dinamiche dei corsi - Lo
svolgimento tecnico delle operazioni di bor
sa - Gli effetti conseguenti all’inefficienza
dei mercati finanziari.
Volume n. 18 della
Collana dell’Istituto di
Economia aziendale dell’ Università Bocconi
di Milano.
Volume in 8° di 260 p a g in e ... L. 1200
B E N V E N U T O
G R I Z I O T T I
SAGGI SUL R IN N O V A M E N TO
DELLO STUDIO DELLA SCIENZA
DELLE FIN A N ZE
E DEL DIRITTO FINANZIARIO
Voi. in 8° di pag. IV-4 3 8 ... L. 2000
S T U D I
DI SC IE N ZA DELLE F IN A N ZE
E D I R I T T O F I N A N Z I A R I O
VOLUME PRIMO:
Prefazione di
Luigi Ein au d i. — Parte Pr im a:Sugli ef
fetti della conversione della rendita e sul calcolo della ric
chezza imponibile. —
Parie Seconda: La ripartizione po
litica del carico tributario e l’imposizione delle rendite e
degli incrementi di valore. -—
Parte Te r z a:Studi sulle
finanze postali. —
Parte Qu a r t a:La scienza pura delle fi
nanze e le spese pubbliche (in 8°, pag. XL-522).
VOLUME SECONDO;
Prefazione di Ezio
Vanon i.—
Parte Pr im a:Le prime e le
ultime lezioni. —
Parte Seco n d a:Contributi e discussio
ni.
— Parte Te r z a:Monografie finanziarie.
— Parte Quar t a:Rassegne di opere e di scuole (in 8°, pag. XVI-588).
Prezzo
dei
due
volumi L .
6.000
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rilegati
in
tela
.
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SAGGI DI TEORIA E POLITICA ECONOMICA
Collana diretta da F R A N C E S C O V IT OSIRO LOMBARDIA'I
FONDAMENTI E PROBLEMI DELL’ECONOMIA DEL BE
NESSERE
Volume in 8°, pag. XII - 1 2 8 ... L. 600
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IL RAPPORTO FRA I LIVELLI NAZIONALI DEI PREZZI
Volume in 8°, pag. XII-200
... L. 800
ERCOLE CALCATERRA
L’AGRICOLTURA NELLO SVILUPPO DELLE ECONOMIE
ARRETRATE
Volume in 8°, pag. V III-1 5 6 ... L. 800
FRANCO FEROLDI
FORMAZIONE DEL CAPITALE E POLITICA CREDITIZIA
NELLO SVILUPPO ECONOMICO
Volume in 8°, pag. 1 1 8 ...L. 600
SIRO LOMBARDINI
L’ANALISI DELLA DOMANDA NELLA TEORIA ECONO
MICA
Volume in 8°, pag. VIII-204 ...L. 1000
GIANCARLO MAZZOCCHI
RISPARMIO E CICLO ECONOMICO
Volume in 8°, pag. I V - 1 6 8 ... L. 1200
NINO ANDREATTA
DISTRIBUZIONE DEL REDDITO E ACCUMULAZIONE
DEL CAPITALE
Volume in 8°, pag. 1 7 3 ... L. 1000
A PROPOSITO DELL’INCHIESTA INGLESE
SU PREZZI, PRODUTTIVITÀ’ E REDDITI (*)
1. Introduzione.
In un recente rapporto del governo inglese sulle conseguenze eco
nomiche della piena occupazione (1) si concludeva con le seguenti
parole : « Ognuno vuole la piena occupazione ed insieme prezzi sta
bili. L’ esperienza di questi ultimi dieci anni ha dimostrato che
quanto più piena è l’occupazione tanto più i prezzi tendono a salire ;
tuttavia il governo non crede che esista un conflitto inevitabile tra
questi due obiettivi ».
A ragione possiamo ritenere racchiuso in questa frase tutto il
dramma che le economie del mondo occidentale stanno vivendo.
Preoccupate delle conseguenze economiche e sociali di una caduta
del reddito e dell’ occupazione e sotto la spinta di mutamenti ideo
logici circa il ruolo dello stato nella vita economica e sociale, le
economie moderne hanno assunto la piena occupazione come una
delle priorità fondamentali. Ma operando i sistemi economici a li
velli molto vicini alla piena occupazione, si è cominciato a speri-
metare un fenomeno che certamente non preoccupava gli economisti
venti anni fa : il fenomeno dell’ aumento progressivo dei prezzi.
Questo è il motivo per cui gli economisti, in questi ultimi tempi,
hanno ripreso in considerazione l’ armamentario metodologico per lo
studio del comportamento dei vari sistemi economici per affinarlo al
fine di un’interpretazione più realistica e di una soluzione più ade
guata della problematica attuale. Così ad es. gli studi recenti sulla
inflazione, sui rapporti tra produttività e salari e sulle politiche
monetarie e fiscali per conciliare piena occupazione e stabilità dei
prezzi non sono altro che il risultato di questa tendenza.
Se questi problemi sono presenti in tutte le economie del mondo
(*) C ouncil on P r ices , P r o d u ctiv ity and In com es, 3 voll. di pagg. 75.
39 e 53, Londra, Her M ajesty’s Stationery Office.
occidentale, in Gran Bretagna essi sono, per le ragioni che vedremo,
di particolare urgenza e gravità. Questo è il motivo per cui nell’ago
sto del 1957 fu insediato un comitato (2) con lo scopo di esaminare
e di riferire in modo continuo sul comportamento dei prezzi, della
produttività e del livello dei redditi. Naturalmente il comitato non
si è limitato ad elaborare dati sulle grandezze suddette ma ha ten
tato anche un’interpretazione degli eventi in esame. Ed è proprio
per questo che i tre rapporti finora comparsi sono particolarmente
interessanti e meritano attenta considerazione da parte degli stu
diosi.
2. Il comportamento dell’economia inglese nel dopoguerra: una
nuova problematica.
Fra tutti i paesi del mondo occidentale che nel dopoguerra ten
tarono di conciliare la piena occupazione con la stabilità dei prezzi,
il caso della Gran Bretagna è certamente uno dei più interessanti.
Negli anni successivi alla seconda guerra mondiale l’occupazione si
mantenne ad alti livelli e la produzione aumentò notevolmente (at
torno al 3 % all’anno), ma anche i prezzi sperimentarono una co
stante tendenza all’aumento (l’ aumento medio fu del 4-5 % all’anno).
Naturalmente non tutti i prezzi hanno manifestato la stessa dina
mica. Così nello stesso gruppo dei beni di consumo, gruppo partico
larmente importante per i suoi effetti sull’indice del costo della vita
e quindi sulle richieste salariali, i prezzi dei vari prodotti hanno
manifestato una dinamica diversa : infatti ad es. i prezzi dei pro
dotti alimentari sono aumentati molto più dei prezzi dei beni di
consumo durevoli, dei servizi ecc. Solo nel 1958 i prezzi, mentre la
produzione e l’occupazione diminuivano, rimasero stazionari mo
strando di risentire della recessione americana, della caduta dei
prezzi delle materie prime e, forse, delle misure prese dal governo
nel settembre del 1957.
Particolarmente interessante il comportamento dei salari e dei
profitti nel periodo considerato. I dati ci dicono che sia nel periodo
1938-48 che nel periodo 1948-56 i profitti aumentarono più lenta
mente dei salari e degli stipendi, fenomeno che risultò in modo par
ticolarmente evidente durante il periodo 1952-56.
Come già si è osservato, il fenomeno del progressivo aumento dei
prezzi ha caratterizzato, nel periodo successivo alla seconda guerra
mondiale, quasi tutte le economie del mondo occidentale anche se è
vero che la natura e il meccanismo del processo inflazionistico sem
bra essere stato diverso per molti di questi paesi (3). Così, tanto per
fare un esempio, mentre in Gran Bretagna e in Svezia l’ aumento dei
salari monetari
èrisultato maggiore dell’aumento di produttività,
in Italia, che pure ha sperimentato un notevole processo inflazioni
stico nel periodo, l’aumento di produttività ha sorpassato l’ aumento
dei salari (4).
Tutto ciò sta a significare che può essere illusorio pensare di sco
prire la causa o il meccanismo del processo inflazionistico, dato che
questi possono risultare diversi nel tempo e nello spazio e soprat
tutto per paesi a struttura economica diversa. Ma prima di adden
trarci in queste questioni, desideriamo esaminare le idee espresse
nei rapporti che presentiamo.
3. Le cause dell’ aumento dei prezzi e dei redditi, 1946-57: l’inter
pretazione della commissione.
Secondo gli estensori dei rapporti, la spinta all’aumento dei
prezzi e dei redditi va ricercata nell’ alto livello della, domanda di
beni e servizi sperimentato dalla fine della guerra ad oggi. La neces
sità della ricostruzione prima, il peggioramento delle relazioni in
ternazionali poi (con la conseguente corsa alle spese militari) in
sieme agli sforzi del governo per raggiungere e mantenere la piena
occupazione (che ha fatto seguire una particolare politica monetaria)
hanno provocato una costante pressione della domanda di beni e
servizi (pubblica e privata) sull’offerta causando l’ aumento dei
prezzi. Così anche gli aumenti dei salari (che in Inghilterra hanno
superato gli aumenti di produttività) sembrano derivare, oltre che
dalla forza delle unioni sindacali, dalla situazione generale di ecce
denza della domanda sull’offerta. Inoltre non si nega che l’aumento
dei prezzi di importazione abbia avuto effetti inflazionistici; tut
tavia, dopo il 1951, tale fattore ha perso molto della sua forza. L’ ec
cesso di domanda quindi sembra essere la variabile strategica che
(3) Si veda J. H. Fu r t h, In d ica to r s o f In fla tion in W e s te r n E u rop e, 1952-1955, in T h e R e v ie w o f E con om ics and S ta tistics, 1956, pag. 335 e segg.
può spiegare il comportamento inflazionistico dell’economia in
glese (5).
È evidente che questa conclusione è in linea con la teoria tra
dizionale dell’ inflazione di derivazione wickselliana e keynesiana (6)
teoria a cui il prof. Robertson ha dato importanti contributi (7) e
a cui si è mantenuto fedele anche in questi rapporti. Generalmente
parlando tale sistema scopre la causa dei processi inflazionistici nel
fatto che nel sistema economico considerato vi è troppa moneta a
caccia di beni esistenti in quantità troppo limitata. Il fenomeno del
l’aumento dei prezzi quindi è un fenomeno
indotto
dall’ eccesso di
domanda. Naturalmente non si nega (soprattutto nell’analisi keyne
siana) che vi possano essere degli aumenti
spontanei
dei prezzi.
Keynes considera esplicitamente il caso quando tratta dei criteri di
determinazione dei salari e dei poteri delle unioni sindacali, pur ri
tenendo sempre più importanti, soprattutto nel breve periodo, le
variazioni
indotte
dei prezzi (8).
Ora, senza voler negare validità alla teoria dell’eccesso di do
manda (sul mercato dei prodotti come dei fattori produttivi) come
causa dei processi inflazionistici, ciò che occorre chiederci è se tale
spiegazione non debba essere integrata con altri tipi di spiegazione
dell’ inflazione. Ciò è dovuto al recente interesse degli economisti per
tali spiegazioni alternative ed al fatto che, nei rapporti considerati,
tali alternative, se non sono escluse, non sono esaminate in modo
soddisfacente (9).
4.
La catena di eventi e la pressione di un’ inflazi-one indotta dalla
domanda.
Come si è visto, è l’ eccesso di domanda
(inflationary gap)
che,
secondo la teoria tradizionale, porta all’aumento dei prezzi, aumento
che continuerà fino a che l ’eccesso di domanda non è scomparso. Ma
questo eccesso di domanda può persistere per lungo tempo? Ora, è
evidente che se ogni operatore economico tende a massimizzare i
suoi profitti nel breve periodo, l’eccesso di domanda non può esistere
che momentaneamente poiché ogni impresa che può vendere una
(5) Si veda il P rim o R a p p o rto , op. c it, pag. 24 e segg.
(6) Intendiamo riferirci al Keynes del T rea tise on M o n ey e del H o w to P a y f o r th e W a r.
(7) Si veda ad es. B a n k in g P o lic y and th e P r ic e L e v el, Londra, 1949. (8) J. M. Keyn es, A T r e a tis e on M o n ey, New York, 1930, voi. I, pag. 166
e segg.
maggior quantità di prodotto ai prezzi attuali tenderà ad aumentare
i prezzi (o la produzione) : il che porterà domanda ed offerta in
equilibrio (10). D’altra parte se ogni gruppo economico tenta di
stabilizzare la propria remunerazione reale, adeguando questa al
l’aumento dei prezzi e/o in presenza di aspettative elastiche, sia dei
consumatori che degli imprenditori, circa l’ andamento dei prezzi, il
processo inflazionistico può essere progressivamente accellerato. Per
dirla con lo Smithies infatti affinchè un punto di equilibrio possa
essere raggiunto « l’inflazione deve produrre una redistribuzione del
reddito in favore delle classi ad alta propensione al risparmio e/o
aumentare la propensione individuale al risparmio da un dato red
dito reale » (11).
Ora a ben guardare l’esperienza ed il comportamento dei sistemi
economici del mondo occidentale, non sembrano conformarsi alle due
alternative suddette. Se è vero infatti che i prezzi hanno continuato
a crescere nel periodo considerato (Robertson direbbe che la inflatio
nary gap non è stata chiusa), è anche vero che il processo inflazioni
stico non è stato progressivamente accelerato, anche se in molti paesi
i vari gruppi economici sono riusciti nel loro intento di difendere il
livello reale delle loro remunerazioni (si pensi ad es. agli aumenti
salariali che, in paesi come la Gran Bretagna e la Svezia, sono ri
sultati ben superiori agli aumenti di produttività) (12).
Queste considerazioni ci portano ad una conclusione di estrema
importanza. Se ricordiamo infatti che i prezzi non sono aumentati
in modo tale da chiudere la inflationary gap (e la persistenza dell’au
mento dei prezzi starebbe a dimostrarlo) ed inoltre che l’ inflazione
non è stata accelerata dallo sforzo dei vari gruppi economici di man
tenere invariato il livello delle loro remunerazioni reali, è chiaro che
implicitamente siamo portati ad attribuire importanza alle decisioni
(10) Duesenbebry J. S., T h e M ech a n ics o f In flation , in T h e R e v ie w o f E con om ics and S ta tistics, 1950, pag. 144. Si tenga presente però che la presenza
di « bottlenecks » potrebbe impedire un rapido aggiustamento di domanda ed offerta.
(11) Sm it h ie s A., T h e B eh a v io r o f M o n ey 'National In co m e U nder I n fla tio n a ry Conditions, in Q u a rterly J ou rn al o f E con om ics, 1942, pag. 117.
di coloro che controllano la formazione dei prezzi (ad es. imprese,
sindacati ecc.). Cosa significa infatti dire che, in presenza di un
eccesso di domanda, i prezzi non sono aumentati in modo tale da
chiudere la inflationary gap? Significa che le imprese, per una qua
lunque ragione, non seguono una politica di massimizzazione dei pro
fitti nel breve periodo per cui la determinazione del prezzo sul mer
cato risulta indipendente dal livello della domanda, almeno fino a
che questa si mantiene sufficientemente alta. Così anche il fatto che
il processo inflazionistico non venga accelerato quando i vari gruppi
economici tentano di mantenere stabili le loro remunerazioni reali,
mette in evidenza l’importanza delle decisioni di coloro che formano
il prezzo dei prodotti ed i salari, e cioè imprese e unioni sindacali.
Dato che le politiche delle imprese e dei sindacati si condizionano
reciprocamente (le prime non possono agire senza tener conto delle
reazioni degli altri e viceversa), è probabile che il livello dei prezzi
sia influenzato, oltre che dal livello della domanda, dal particolare
comportamento delle imprese e indirettamente delle unioni sindacali.
Se ciò è vero è chiaro che l’aumento dei prezzi (e quindi l ’in
flazione) non può essere spiegato soltanto dall’ ipotesi dell’ eccesso di
domanda. Infatti fino a che la domanda si mantiene nell’ intorno del
livello sufficiente per raggiungere la piena occupazione, il comporta
mento dei prezzi può essere determinato e regolato dal particolare
comportamento delle imprese e dei sindacati (13) ; ed è solo quando
il livello della domanda supera il livello necessario per la piena occu
pazione o cade ad un livello tale da provocare forte disoccupazione
che esso riprende ad influenzare direttamente il livello dei prezzi.
Questa è la ragione per cui gli economisti hanno fornito spiegazioni
alternative dell’inflazione, valide soprattutto nel caso dell’inflazione
lenta che attualmente caratterizza molti sistemi economici.
5. Le spiegazioni alternative dell’ aumento dei prezzi.
Normalmente all’ inflazione del tipo indotto dalla domanda viene
contrapposto il tipo indotto dai costi (14). Con ciò si intende che,
(13) Secondo alcuni il comportamento delle imprese spiegherebbe la ten denza all’aumento dei prezzi anche quando la domanda si flette notevolmente come in una fase di recessione (si veda J. K . Galbraith, M a rk et S tru ctu re and S ta b ilisa tion P o lìc y , in T h e R ev ieto o f E con om ica and S tatistica , 1957,
pag. 124 e segg.). Questo però non è che un caso speciale del fenomeno più generale che considereremo in seguito.
anche in assenza di un eccesso di domanda sia sul mercato dei pro
dotti che dei fattori produttivi, un processo inflazionistico può essere
iniziato ed alimentato da un comportamento autonomo dei costi di
produzione. Ed è proprio nell’identificazione dei motivi e delle cause
di questo comportamento autonomo dei costi che sta la chiave per
capire queste spiegazioni alternative dell’aumento dei prezzi. In de
finitiva la domanda a cui dobbiamo rispondere è questa: perchè, in
una situazione di equilibrio sul mercato dei prodotti e dei fattori
produttivi, i costi di produzione e quindi i prezzi possono manife
stare una tendenza all’aumento?
Astraendo da alcune caratteristiche particolari di ogni singola
spiegazione, possiamo dire che, in generale, le spiegazioni alterna
tive si dividono in due grandi gruppi. Nel primo gruppo sono com
prese quelle spiegazioni che mettono l’ accento su alcune modificazioni
istituzionali e strutturali sopravvenute nelle politiche economiche e
nel mercato del lavoro nei vari paesi come causa di una particolare
dinamica del livello generale e settoriale dei prezzi. Nel secondo
gruppo invece sono comprese quelle teorie che sottolineano l’ impor
tanza delle modificazioni sopravvenute nella struttura del mercato
dei prodotti e quindi nei criteri di determinazione dei prezzi. Natu
ralmente tale classificazione serve semplicemente per scopi di inda
gine dato che alcuni elementi o pezzi di spiegazione del fenomeno
sono comuni alle teorie dei due gruppi.
Passando a considerare le opinioni comprese nel primo gruppo,
accenneremo solo brevemente a quelle che vedono nelle politiche sta
tali della piena occupazione e nella forza dei sindacati la causa del
l’aumento dei prezzi. Secondo le prime sarebbe la continua pressione
della spesa statale per mantenere la piena occupazione (o per gli
armamenti) a determinare la lievitazione continua dei prezzi; in
questo caso però non ci si discosta molto, a nostro parere, dalle
analisi tradizionali sull’inflazione indotta dalla domanda. Inoltre
non pare possa essere accettata l’ opinione di coloro che vedono nel
potere dei sindacati la causa dell’aumento dei prezzi perchè, se que
sto fosse il caso, la pressione dei sindacati per l’aumento dei salari,
provocherebbe, in un mercato concorrenziale e in assenza di politiche
In Inghilterra si è avuto un simposio sul sistema monetario e creditizio, i cui lavori sono stati pubblicati in B u lletin o f th è O x fo rd U n iv ersity I n s titu te
o f S tatistica, novembre 1957 e che ha dato ampia considerazione al nostro pro
della piena occupazione, un aumento della disoccupazione tale da
bloccare la pressione sindacale e fermare l’aumento dei costi e dei
prezzi (15). Per poter dimostrare invece come la pressione dei sin
dacati possa portare all’aumento dei prezzi, i sostenitori di questa
opinione devono integrare il loro discorso supponendo l’esistenza
di politiche della piena occupazione o di prezzi amministrati nel
mercato dei prodotti; devono cioè invocare nuovi meccanismi che
servono a dimostrare che la loro è una opinione parziale che non può
da sola spiegare l’aumento dei prezzi.
Ben più importante e completa è la spiegazione che, partendo
dalle analisi di Clark, Hansen ed Hicks, vede la causa dell’aumento
dei prezzi nel meccanismo di ciò che è stata chiamata la « nuova sta
bilità ». A i tempi della « vecchia stabilità » (che corrispondono a
quelli in cui funzionava il sistema aureo) erano i costi (compresi
quelli del lavoro) ed i prezzi che oscillavano in presenza di stimoli
provenienti dall’estero o in seguito a variazioni nella produttività
all’ interno del sistema economico. Così ad es. quando la produttività
(per uomo-ora) aumentava, i costi diminuivano portando alla dimi
nuzione dei prezzi. I frutti del progresso tecnico erano quindi distri
buiti attraverso il meccanismo dei prezzi.
Dalla fine della prima guerra mondiale ad oggi il criterio della
vecchia stabilità è stato sostituito dal criterio della nuova stabilità
che ha scaricato sul sistema monetario (e non più sui costi e sui
prezzi) la responsabilità del riaggiustamento agli stimoli provenienti
dalPinterno e dall’estero. Così, per fare l’ esempio che più ci inte
ressa, all’aumento della produttività all’interno, il riaggiustamento
non avviene attraverso una diminuzione dei costi e dei prezzi, ma
attraverso un aumento dei redditi monetari. Ma è proprio questo
diverso meccanismo che può portare al lento ma continuo aumento
dei prezzi.
Si supponga infatti che in un dato periodo di tempo si abbia un
aumento di produttività all’ interno del sistema economico. Se in
passato come si è visto ci si poteva attendere un ritorno all’ equi
librio attraverso la diminuzione dei prezzi oggi (ed è a questo punto
che la forza delle unioni sindacali può essere introdotta con profitto)
si avrà una spinta all’aumento delle remunerazioni monetarie dei
fattori produttivi che, se contenuta entro i limiti dell’ aumento di
produttività, potrà mantenere, teoricamente parlando, i prezzi dei
prodotti invariati.
Il guaio è che ben difficilmente ciò accade in un sistema econo
mico progressivo. Questa situazione infatti potrebbe verificarsi solo
se le industrie del sistema fossero ugualmente toccate dal progresso
tecnico ; o, in altri termini, se l’aumento di produttività fosse uguale
in tutti i rami d’ industria. Ma, come è evidente, questa ipotesi non
è realistica. Ben più realistica è l’ ipotesi che gli aumenti di produt
tività siano diversi nelle diverse industrie. Ma non appena questa
ipotesi è avanzata è possibile individuare parecchi motivi per dimo
strare come i prezzi siano portati ad aumentare. Questo fenomeno
può essere provocato o da un aumento dei salari (in tutti i rami
d’ industria) in linea con l ’aumento di produttività sperimentato nelle
industrie più progressive (come sembra supporre Haberler) (16) o da
un aumento dei salari (in tutti i rami industriali) corrispondente
all’aumento medio della produttività nell’economia, ammesso in que
sto ultimo caso che i prezzi nei settori più progressivi siano suffi-
centemente rigidi o almeno non diminuiscano in modo tale da com
pensare l’inevitabile aumento dei prezzi nei settori meno progres
sivi (17).
Nel secondo gruppo sono comprese quelle teorie che attribuiscono
la responsabilità dell’ascesa dei prezzi alle imperfezioni che regnano
sul mercato dei prodotti. Fondamentalmente ciò che accomuna e ca
ratterizza le teorie di questo gruppo è l’idea che il criterio della,
massimizzazione del profitto sia da considerare valido, con le odierne
strutture di mercato dei prodotti, non tanto nel breve periodo quanto
nel lungo periodo. Come Harrod ha verificato nel caso del « boom »
inglese del 1954-55, le imprese operanti in mercati a struttura oligo
polistica tendono, in periodi di domanda crescente, non tanto ad
aumentare i prezzi (fino al punto in cui il costo marginale è uguale
(16) Haberler Infatti pensa che l’economia americana sia sufficentemente competitiva per trasmettere nel breve periodo gli aumenti salariali ai settori meno progressivi dell’economia. Si veda C reeping In fla tion R esu ltin g fr o m
W a g e In crea se s in E x c e s s o f P r o d u ctiv ity , in Com m ittee foe Economic Deve lopm en t, P ro b lem s o f th e U .8 . E con om ic D ev elo p m en t, New York, 1958, p. 139.
al ricavo marginale di breve periodo) e a smaltire le ordinazioni
ricevute con il ritmo normale quanto a mantenere fermi i prezzi ed
a razionare le ordinazioni (18). Ciò può essere dovuto a varie ragioni
tra cui ciò che vien detta la « inevitabile imperfezione della col
lusione » (il fatto cioè che in situazioni di interdipendenza ogni
reazione implica un ritardo temporale), al timore di perdere clienti
come di un cattivo giudizio del pubblico ecc. Il risultato però è evi
dente: nel breve periodo i profitti non vengono massimizzati e si
formano ciò che Galbraith ha chiamato « guadagni di monopolio non
realizzati » (19).
Questo modello serve ad interpretare con sufficiente esattezza
alcuni recenti comportamenti dei prezzi nelle economie del mondo
occidentale. Se infatti il criterio della massimizzazione del profitto
non tiene nel breve periodo, è chiaro che l’ aumento dei prezzi (in
presenza ad es. di un movimento della domanda) sarà più lento che
non nel caso che i profitti siano massimizzati instantáneamente. Se
è vero poi che questo fenomeno porta alla costituzione di guadagni
di monopolio non realizzati, è chiaro che le imprese possono essere
indotte a realizzare questi guadagni (aumentando i prezzi) quando
qualche evento nuovo (un aumento salariale o del saggio d’interesse
o dell’ imposizione) fornisce una giustificazione (presso gli altri oli
gopolisti o presso il pubblico) per gli aumenti di prezzo. E ciò anche
se la domanda mostrasse, nel periodo, segni di flessione.
In questo secondo gruppo vi è infine da menzionare una teoria
che ha ricevuto crescente considerazione in questi ultimi tempi e che
va sotto il nome di « markup inflation » (20). Supponiamo infatti
che le imprese seguano, nella determinazione dei prezzi, la pratica
del markup che consiste nel caricare sui costi diretti (costi delle
materie prime e del lavoro) una data percentuale o markup. Sup
poniamo poi che anche il prezzo del fattore produttivo lavoro sia
determinato applicando un dato markup su di un indice del costo
della vita. In questo caso è chiaro che il modello può generare un
livello generale dei prezzi costante, crescente o decrescente, indi
pendentemente dal fatto che nel sistema conomico esista eccesso o
(18) Harrod E . F ., T h e B ritish B oom , 19^5^-55, in T h e E con om ie Journal, 1956, p. 4.(19) Gaubraith J. K ., M a r k e t S fr a c tu r e and S tah ilisation P o lic y , in T h e R e v ie w o f E co n o m ics and S ta tistic, 1957, pag. 124 e segg.
affinchè il livello dei prezzi possa mantenersi stabile sono le seguenti :
1) stabilità dei markups, 2) stabilità dei costi diretti delle imprese
e del costo della vita, 3) compatibilità dei markups.
Ma detto questo è anche facile capire che le possibilità di rot
tura dell’ equilibrio e di continuo aumento dei prezzi sono molteplici
anche in assenza di un generale eccesso di domanda. È sufficente un
ritocco superiore del markup in un gruppo di imprese che forniscono
alle altre imprese materie prime o semilavorati (si pensi all’ industria
dell’ acciaio) per provocare o aumenti dei costi diretti o ritocchi dei
markups da parte delle altre imprese e quindi aumenti di prezzi;
e ciò è possibile soprattutto in una fase di espansione all’irrigidirsi
delle curve di domanda come Harrod ci ha insegnato (21). Come è
sufficente una pronta risposta ad un aumento della domanda in quei
settori in cui il prezzo è determinato dal mercato (ad es. il settore
agricolo) perchè i costi diretti o il costo della vita possano aumen
tare, e generare quindi una spirale inflazionistica. Questa infine può
essere provocata dal fatto che i markups caricati dalle imprese e
dalle organizzazioni sindacali siano troppo alti o, meglio ancora,
incompatibili. È chiaro infatti che queste istituzioni (imprese e sin
dacati) possono pretendere parti della torta nazionale che, unite in
sieme, corrispondano a più del 100 % del dividendo nazionale, ma è
anche chiaro che esse non potranno mai spartirsi più del 100 % (22).
Il risultato sarà solo quello di far aumentare il valore monetario
della torta.
6. Sono realmente alternative le spiegazioni alternativef
Come si è visto in questi ultimi tempi le spiegazioni della infla
zione hanno imboccato strade diverse da quella tradizionale. Ciò era
il minimo che ci si potesse attendere dato il cammino percorso dalla
scienza economica e le modificazioni intervenute nella struttura delle
economie odierne. Ma sono realmente alternative le varie spiegazioni
dell’inflazione? Questo è il problema che ora dovremo discutere, pro
blema che ricorda da vicino quello del ciclo economico e delle sue
cause.
(21) Harkod R. F., T h e T ra d e C ycle, Oxford, 1936, pag. 85 e segg. E ’ in
teressante notare che, mentre per Harrod ciò ha un effetto stabilizzante, nel modello di Ackley l’effetto destabilizzante è evidente.
Come tutti sanno, gli economisti hanno lottato e lottano stre
nuamente per costruire la teoria del ciclo economico valida nel tempo
e nello spazio. Ma alle modificazioni strutturali dei vari sistemi eco
nomici, le quali risultano dallo sviluppo economico dei sistemi stessi,
non soltanto vengono alla luce nuovi fattori che possono originare
squilibri ma anche certe parti del meccanismo in base al quale viene
spiegato il cumularsi delle fasi cicliche devono essere sostituite (23).
La teoria del ciclo economico è forse il campo in cui il progresso
tecnico è più forte, come stanno a dimostrare le recenti indagini di
Dahmen, Lundberg, Kaldor e Duesenberry.
Così è secondo il nostro parere, per il problema dell’ inflazione.
Una spinta al rialzo del livello generale dei prezzi può venire dalle
fonti più diverse. Quello però che interessa conoscere non è tanto chi
possa dare la spinta iniziale quanto il meccanismo o processo attra
verso il quale la spinta possa essere cumulata attraverso il sistema
economico. Ma allora è chiaro che le parti di questo meccanismo non
potranno risultare valide nel tempo e nello spazio ma muteranno con
il mutare della struttura economica dei vari sistemi.
Così in un sistema economico in cui la concorrenza regna so
vrana il meccanismo di cumulazione dell’ aumento dei prezzi sarà di
verso da quello di un sistema che presenta zone monopolistiche ed
oligopolistiche. Ciò non significa che alcuni fattori o parti del mec
canismo debbano essere estromessi dal gioco ma solo che il mecca
nismo va integrato.
Questo è il motivo per cui non aderiamo all’ espressione infla
zione indotta dalla domanda o inflazione indotta dai costi o infla
zione indotta da markup. Quello che si può dire è che l’ inizio, il
cumularsi ed il ritmo della spirale inflazionistica dipende dal livello
della domanda, dalla struttura del mercato e quindi dalle partico
lari pratiche di determinazione dei prezzi ed inoltre dal potere dei
gruppi di pressione che determinano la formazione di particolari poli
tiche economiche (24). Alcuni esempi serviranno a chiarire meglio
la nostra posizione.
L’ Ackley, il sostenitore della markup inflation, tiene esplicita
mente conto della domanda nel suo modello quando afferma che « il
(23) Ciò ricorda da vicino le discussioni su cause necessarie e cause sufficienti del ciclo economico contenuta in Vito F., L e F lu ttu a z io n i C iclich e,
Milano, 1954, can. 3 °.
livello medio dei markups applicati aumenta all’aumento della do
manda e diminuisce al diminuire della domanda » ed inoltre che
« l’aumento dei prezzi tende ad essere uguale all’ aumento dei costi
a moderati livelli di domanda, più grande (ma non di molto) quando
la domanda è più alta, più piccolo (ma non di molto) quando la
domanda è più bassa » (25).
D ’altra parte il Seiden, sostenitore della demand Inflation, è
costretto ad ammettere che « vi può essere un sostanziale ritardo in
qualche caso tra l’aumento di domanda e l’ aumento dei prezzi » ;
ritardo dovuto al fatto che gli imprenditori si preoccupano sempre
più delle pubbliche relazioni ed hanno imparato a mantenere inal
terati i prezzi fino a che qualche aumento di costo possa giustificare
l’aumento dei prezzi (26). Questo però non è che un implicito rico
noscimento dell’ importanza di certe pratiche di determinazione dei
prezzi nelle economie attuali e quindi della necessità di tenerne conto
nello studio dei processi inflazionistici.
Ma anche in altre analisi risulta evidente l’ unione di vari pezzi
di meccanismi diversi per poter spiegare l’aumento dei prezzi. Così
nell’analisi di Clark-Hansen sull’ ottimo aggiustamento dei salari al
variare della produttività, il livello generale dei prezzi può mante
nersi stabile solo se l’aumento dei salari è in linea con l’aumento
medio di produttività nel sistema economico e se i prezzi diminui
scono nelle industrie più progressive. Se invece in questi settori, per
certe loro caratteristiche strutturali, i prezzi non diminuiscono, il
livello generale dei prezzi dovrà aumentare.
Alla stessa conclusione si giunge dall’ esame di una recente ipo
tesi elaborata dallo Schultze (27). Secondo questo Autore, l’ inflazione
recente, almeno nei paesi sviluppati, può essere spiegata in base alla
volubilità dei campioni di consumo dei soggetti economici, volubilità
che può essere spiegata dall’altezza del livello del reddito e anche,
secondo il nostro parere, dalla particolare forma che oggi assume il
risparmio nei paesi sviluppati (28). Ne deriva che in presenza di
rapidi spostamenti della domanda, il livello generale dei prezzi deve
(25) Ac k le y G., A T hird A p p roa ch to th e A n a lysis and C on trol o f I n fla tion , op. cit., pag. 630.
(26) Selden R . T ., A d m in istered P r ic e s R e c o n s id e r e d : D iscu ssion , in A m erica n E co n o m ic R e v ie w , 1951 (Supplemento), pag. 455.
(27) Sc h u l t z e C. L., R e c e n t In fla tion in th e U nited S tates, Washington,
1959, pag. 1.
(28) Si veda il nostro lavoro R isp a rm io e ciclo econ om ico con p a rtico
aumentare se, l’aumento dei prezzi nei settori in cui vi è aumento
di domanda non è compensato dalla diminuzione dei prezzi nei set
tori in cui la domanda diminuisce. Ma ciò può accadere solo se
certe pratiche di determinazione dei prezzi nei settori in cui la
domanda diminuisce impediscono ai prezzi di cadere.
Queste conclusioni pare possano essere giustificate sulla base di
una analisi empirica, condotta dal Furth sulla spinta inflazionistica
nei paesi dell’ Europa Occidentale. Dopo aver esaminato il compor
tamento di alcuni indici economici e finanziari (29) nel periodo 1953-
1955, il Furth conclude che .« la mancanza di una significativa corre
lazione positiva tra il grado della pressione inflazionistica e gran
parte dei movimenti economici e finanziari che sono normalmente
supposti come connessi a tale pressione... non indica necessariamente
che tali movimenti economici non sono stati di fatto positivamente
connessi con l’ inflazione. Ciò mostra soltanto che ogni influenza
positiva che tali movimenti possono aver avuto sull’ inflazione o che
l’ inflazione può aver esercitato su di essi, è stata compensata in
questi paesi e durante questo periodo, da opposte influenze esercitate
da altri fattori » (30). Questo, secondo il nostro parere, è un impli
cito riconoscimento dell’importanza che le strutture economiche dei
singoli paesi hanno nel processo di generazione e di cumulazione del
l’ inflazione.
Gia n c a r l o Ma z z o c c h i
(29) Gli indici considerati sono : l’offerta di moneta, l ’offerta di credito, la produzione industriale, l’occupazione, i salari, l ’eccesso di offerta di moneta e di credito, la produttività, i salari di efficenza e i salari reali.
A I FIN I DELL’ IMPOSTA DI FAMIGLIA
1.
Va consolidandosi nella giurisprudenza della Cassazione (1),
e anche della Commissione Centrale che in tal senso ha modificato
il suo primitivo indirizzo (2), il principio secondo cui non è con
sentito ai comuni di valutare in modo autonomo, ai fini dell’ impo
sta di famiglia, i redditi accertati ai fini delle imposte erariali.
L’ argomento è di grande interesse pratico, e ha un’importanza
addirittura fondamentale per le finanze dei piccoli comuni, i cui
contribuenti sono prevalentemente agricoltori. Ma la questione è di
notevole rilievo anche sotto il profilo teorico ; e non pare che la
Corte regolatrice l’ abbia sufficientemente approfondita. Questo breve
studio intende sottolineare alcuni aspetti del problema e metterne
in luce altri che sinora sono stati trascurati anche da chi ha ma
nifestato, il suo dissenso dall’ insegnamento della Cassazione.
2.
Oggetto dell’imposta di famiglia è certamente un reddito
effettivo: l’obbligo del Comune di tener conto, nella determinazione
dell’imponibile, « di ogni indizio di ricchezza individuale » (art. 117
T.U.F.L.) non vale a trasformarla in un’imposta sul reddito con
sumato, la spesa essendo nuli’ altro che un indizio del reddito (3).
L’accertamento induttivo vale quindi a integrare l’ accertamento ana
litico, nel senso che a redditi direttamente e analiticamente accer
(1) Sez. I, 8 febbraio 1954, n. 1031, in R iv . di dir. fin ., 1954, I I , pag. 335, con nota adesiva di Napolitano; Sez. Un., 5 giugno 1956, n. 1908, in D ir. e pra t. trib ., 1957, fase. I l i ; Sez. I, 19 luglio 1957, n. 3032, in D ir. e p ra t. trib ., 1958,
fase. I V ; queste due annotate in senso critico da Provini. Ultimamente: Sez.
Un., 14 agosto 1959, n. 2524, in F o r o it., 1959, I, 1262.
(2) N. 32658, del 6 febbraio 1952, in F o r o it., 1953, I I I , 32, con nota di
A . Be b l ir i; n. 80910, del 14 aprile 1956, in E iv . di dir. fin., 1956, II, pag. 382.
Ma anche la Cassazione in passato era andata in diverso avviso: Sez. I, 27 giugno 1953, in E iv . di d ir. fin ., 1954, I I , pag. 17.
(3) Provini, L ’ im p osta di fa m iglia , Padova, 1956, pag. 57; cfr. anche
tati possono aggiungersi redditi accertati indirettamente a mezzo
di indizi idonei a farne presumere l’ esistenza (4). L’ imposta colpisce
dunque un coacervo di redditi che, anche per essere di diversa na
tura e provenienza (oltre che spettanti eventualmente a diversi mem
bri dello stesso nucleo familiare), possono essere stati accertati con
criteri diversi.
Se questi redditi non hanno formato oggetto di altro accerta
mento, nulla quaestio. Nell’ ipotesi invece che i redditi fossero stati
accertati dagli uffici finanziari statali, l’ art. 119 T.U.F.L. dispo
neva che « per i contribuenti assoggettati all’ imposta complemen
tare di Stato, le aliquote dell’imposta di famiglia sono applicate agli
imponibili... che servirono di base alla determinazione della com
plementare, senza che occorrano accertamenti da parte del Comune ».
L’ art. 19 del D.L.L. 8 marzo 1945, n. 62, che ha abrogato
l’art. 119 T.U.F.L., è stato a prima vista interpretato nel senso
di attribuire ai comuni piena autonomia di accertamento riguardo
a tutti i cespiti concorrenti a formare il reddito complessivo impo
nibile per l’imposta di famiglia. E tale interpretazione era perento
riamente suggerita dalla ratio politica di quella abrogazione, dettata
dalla necessità d’ un sollecito adeguamento degli imponibili ai ra
pidi incrementi di reddito in cui si rifletteva lo slittamento del va
lore della moneta (5). Ma nella giurisprudenza più recente, all’abro
gazione dell’ art. 119 T.U.F.L. è stata attribuita una portata assai
più ristretta, come conseguenza d’una particolare interpretazione
della norma abrogata.
Nella sentenza n. 1031 dell’ 8 febbraio 1954 (dalla quale saranno
tratte anche le citazioni successive) la Cassazione ha ritenuto che
« mentre durante il vigore dell’art. 119 del citato T.U. l’ aliquota
dell’ imposta di famiglia veniva applicata agli imponibili determinati
ai fini della complementare... senza possibilità di integrare un tale
imponibile tenendo conto di tutti quegli elementi rivelatori di agia
tezza elencati nell’art. 117, una tale possibilità di un accertamento,
che potrebbe dirsi integratore e complementare, è resa operante anche
(4) Cass. Civ. I , 19 luglio 1957 clt. ; contra, Einaudi e Repaci, I l sistem a trib u ta rio ita lia n o, Torino, 1954, pag. 402; e Provini, op . c i t ., pag. 51.
nei riguardi dei contribuenti assoggettati ad imposta complementa
re ». Il che significa attribuire all’abrogato art. 119 la portata di
escludere, nei riguardi dei contribuenti assoggettati alla complemen
tare, la possibilità dell’accertamento indiziario a scopo d’ integrazione
di quello analitico, e non quella di escludere l’ accertamento autonomo,
da parte del Comune, dei redditi già tassati in complementare, per
chè questa esclusione si ricaverebbe aliunde, e quindi resterebbe
ferma anche dopo l’ abrogazione dell’ art. 119 : osservò infatti la Cas
sazione, riguardo all’ art. 117 del T.U., che «
parlandosi in esso di
redditi, non può essersi inteso che far riferimento a quelli determi
nati ai finì delle imposte erariali,
e cioè ai redditi accertati per l’ ap
plicazione dell’imposta di ricchezza mobile, di quella sui terreni e
dell’ altra sui fabbricati ».
Vale la pena di trascurare ogni possibile osservazione sulla re
lazione dell’art. 117 del T.U.F.L. con l’ art. 119, e ogni rilievo sulla
situazione dei contribuenti non assoggettati all’ imposta complemen
tare (6), per soffermarsi sull’ ultima considerazione della sentenza
ripetutamente citata : considerazione che, se ha una portata limitata
all’art. 117 T.U.F.L. ha soltanto il valore d’ una petizione di prin
cipio, e se invece ha una portata più generale avrebbe meritato di
essere argomentata con un approfondimento adeguato all’importanza
della massima che in tal modo pare si sia voluta enunciare.
3.
Se ci si potesse limitare all’applicabilità di quella massima
all’interpretazione dell’art. 117 T.U.F.L., basterebbe rilevare che
l’ art. 2 del R.D. 5 aprile 1923, n. 826, disponeva espressamente che
il reddito da accertare per la liquidazione dell’imposta di famiglia si
desumeva « dai redditi accertati agli effetti dell’ imposta di ric
chezza mobile, ecc. » ; sicché non pare corretto introdurre per via
d’ interpretazione una regola che il legislatore, modificando la fo r
mulazione della norma, ha mostrato di voler abbandonare.
Ma anche prescindendo da quest’ ultimo argomento, non pare
possa approvarsi quella massima, che peraltro la Cassazione mostra
di aver ricavato da una considerazione di evidente ragionevolezza
e dunque di apparente universale validità : «
In un sistema
tribu-(6) Secondo l ’insegnamento qui esaminato, dovrebbe logicamente conclu dersi che l ’ abrogazione dell’art. 119 T .U .F .L . non abbia avuto altro effetto che di parificare la situazione di tutti i contribuenti, assoggettati o meno al l ’imposta complementare (cfr. Na p o l ita n o, in R iv . di dir. fin., 1954, II, pag. 346).
ta ñ o tecnicamente e armonicamente congegnato non è concepibile
la coesistenza di diverse valutazioni di un unico reddito da parte di
uffici diversi
» (7).
È noto che il principio generale va desunto dalle norme positive.
E il nostro ordinamento non offre un principio generale che stabilisca
la necessaria uniformità degli accertamenti riguardo al medesimo
cespite quando sia colpito da imposte diverse. Anzi, una ben diversa
conclusione è positivamente suggerita dall’art. 14 del D.L.L. 19
ottobre 1944, n. 384, secondo cui il reddito dominicale dei terreni
e il reddito agrario possono, ai soli fini dell’accertamento dell’imposta
complementare, essere moltiplicati per coefficienti di variazione fis
sati annualmente dal Ministro delle Finanze (8). Il che potrebbe si
gnificare proprio che lo stesso reddito è diversamente valutato (e non
per mancanza di coordinamento fra gli uffici, ma per esplicita dispo
sizione di legge) a seconda che lo si consideri come presupposto del-
l’ una o dell’ altra imposta (9).
(7) Un giudizio di valore non è, in generale, un argomento ermeneutico di rilievo. Ma anche su quel piano di argomentazione, si può osservare che quella considerazione, che sembra corrispondere al più elementare senso co mune, non avrebbe forse il suffragio della scienza finanziaria. Il diritto tri butario non pone tanto un complesso quanto un sistema di tributi, che non soltanto concorrono alla diversificazione del carico tributario con riguardo alla diversa natura dei cespiti, ma anche eollaborano, mediante reciproci controlli e mutue compensazioni e integrazioni, a ll’ adeguamento (coi criteri che nel dato luogo e momento sono adottati dal legislatore) del carico fiscale di ogni cittadino alla sua capacità contributiva. E sotto questo profilo l ’uniformità sembra repugnare alla pluralità degli accertamenti, uno dei quali sarebbe af fatto inutile.
(8) Nè deve trarre in inganno il fatto che questi coefficienti dovrebbero riferirsi al mutevole potere d ’acquisto della moneta (il T .U . approvato col D .P . 29 gennaio 1958, n. 645, li riferisce all’andamento dei prezzi, che non pare una modificazione di rilievo): sia perchè la rivalutazione, non essendo consentita con riguardo alle relative imposte reali, viene a costituire in effetti un autonomo accertamento di quei cespiti ai soli effetti dell’imposta personale; sla perchè può essere operata (e lo è di fa tto : cfr. D .M . 30 novembre 1955) in misura diversa per il reddito dominicale e il reddito agrario, il che signi fica che il livello generale dei prezzi viene in considerazione solo come gene rico e collaterale criterio di valutazione.