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Rivista di diritto finanziario e scienza delle finanze. 1959, Anno 18, n.3, settembre

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(1)

Spedizione in abbonamento postale - Gruppo IV

RIVISTA DI DIRITTO FINANZIARIO

E S C I E N Z A D E L L E F I N A N Z E

Fondata da BENVENUTO GRIZIOTTI

(e

RIVISTA ITALIANA DI DIRITTO FINANZIARIO)

D I R E Z I O N E :

L U I G I

E I N A U D I

ACHILLE D. GI ANNI NI

D E L L * U N I V E R 8 I T À D I T O R I N O

GIAN ANTONIO MICHELI

(2)

La Redazione è a Pavia, Istituto di Finanza presso l'Università e la Camera di Commercio, Strada Nuova n, 65. Ad essa devono essere inviati manoscritti, bozze corrette, cambi, libri per recensione in duplice copia ete. R ed a tto r e

Capo, prof. Francesco Forte.

L ’abbonamento decorre dal 1° gennaio di ogni anno e dà diritto a tutti i numeri dell’annata, compresi quelli già pubblicati.

Il pagamento può effettuarsi direttamente all'editore, anche con versamento sul conto corrente postale 3/17986, indicando a tergo del modulo, in modo leggi­ bile, nome, cognome e indirizzo dell’ abbonato; oppure presso i suoi agenti a ciò autorizzati. Il rinnovo dell’abbonamento deve essere effettuato entro il 15 marzo di ogni anno. Trascorso tale termine l ’amministrazione provvede direttamente a ll’incasso nella maniera più conveniente, addebitando le spese relative.

Le richieste di cambiamento di indirizzo devono essere accompagnate dall’ im­ porto di L. 70 in francobolli.

I fascicoli non pervenuti a ll’abbonato devono essere reclamati entro 10 giorni dal ricevimento del fascicolo successivo. Decorso tale termine, non si spediscono che contro rimessa dell’ importo.

Gli abbonamenti che non saranno disdetti entro il 10 dicembre di ciascun anno si intenderanno tacitamente rinnovati per l ’anno successivo. L ’ abbonamento però non può essere disdetto se l ’ abbonato non è al corrente con i pagamenti.

Per ogni effetto l ’abbonato elegge domicilio presso l ’amministrazione della rivista.

ABB O N A M E N TI C U M U L A TIV I : Gli abbonati alla Rivista di Diritto Finanziario e Scienza delle Finanze, in regola con il pagamento, hanno diritto ad una ridu­ zione del 10 % sugli abbonamenti alla Rivista dei Dottori Commercialisti ed a II Diritto fallimentare e delle società commerciali, edite dalia Casa Dott. A. Giuffrè.

Ai collaboratori saranno inviati gratuitamente 50 estratti dei loro saggi. Copie supplementari eventualmente richieste a ll’atto del licenziamento delle bozze ver­ ranno fornite a prezzo di costo. La maggiore spesa per le correzioni straordinarie è a carico dell’ autore.

(3)

P A R T E P R 1 M A

D O T T R IN A

pag.

Giancarlo Mazzocchi - A p rop osito d ell’ in ch iesta in glese su p rezzi, p ro­ d u ttività e red d iti ...;>01

Em ilio Rosimi - O sserva zion i sul c o n c e tto di red d ito im pon ibile ai fini d ell’ im posta di f a m i g l i a ... 210 Nerio Nesi - A lcu n i appunti su lle n u ov e a g evola zion i trib u ta rie a fa v o r e

d elle con cen tra zion i a z i e n d a l i ...225

A P P U N T I E R A S S E G N E

Premiano Picarelli - C on sid era zion i su lle rece n ti m odifiche alla im posta di r e g i s t r o ... 2.39 Renato Ricci - R assegn a di la v ori pa rlam en ta ri in m a teria finanziaria nel

terzo trim estre 1959 218

R E C E N S IO N I

Franco Vo lpi - L e finanze com un ali in un gra n d e cen tro u rbano (G.

P a r r a v i c i n i ) ...281

Antonino Romani - L a perm u ta . R eg im e trib u ta rio (F. MafTezzoni) . . 284

Euclide Antonini - L a form u la zion e d ella leg g e e ca teg o rie g iu rid ich e

(A. D.) 286

Costantino De Bono - L ’ u su fru tto n elle leggi di reg istro e di su ccession e

(Primiano P i c a r e l l i ) ...2S8

Antonio Berliri-Marcello Cogliati Dezza-Mabio Maltauro - M assim ario della G iurispru denza d elle Im p o ste (Primiano Picarelli) . . . . 288

A L T R E O P E R E R IC E V U T E ...289

(4)

AngeloDtjs- C on sid era zion i in tem a di in te rp reta z io n e d elle 'norme fiscali 201

Eugenio Rig h i - Sulla leg ittim ità dei v ersa m en ti a n ticip a ti d’ im posta d isp osti da n o n n e reg ola m en ta ri - A ppu n ti suU’ a ssog g etta b ilità ad im p osta di con su m o dei m a teria li im piega ti nella co stru z io n e di strad e e a u t o s t r a d e ...224

Armando Giorgetti - D ella com p eten za del trib u n ale fa llim en ta re in ma­ ter ia di co n ten zio so trib u ta rio in sed e am m in istrativa . . . . 248

S E N T E N Z E E D E C IS IO N I A N N O T A T E

Imposta di registro - Industrializzazione del Mezzogiorno - Agevolazioni fiscali - A chi compete - Registrazione con aliquota fissa (D.L. 14 di­ cembre 1947, n. 1598. art, 5) (Appello L ’Aquila, 29 gennaio 1957)

(con nota di A. Dtjs) ... 201 Imposte di consumo - Norma regolamentare che dispone il versamento di

un terzo della presunta imposta prima dell’inizio della costruzione - Non è illegittima.

Imposte di consumo - Autostrade - Materiali impiegati nella loro costru­ zione - Sono assoggettabili ad imposta (Tribunale di Firenze, 12 marzo 1959) (con nota di E . Rig h i) ... • 224 Imposta di consumo sui materiali da costruzione - Dichiarazione d’inam­

missibilità della procedura contenziosa amministrativa, prevista dal- l ’ art. 90 del T .U . 14 settembre 1931, n. 1175, in coesistenza con la procedura fallimentare (Ministero delle Finanze - Direzione gen. per la finanza locale - 15 giugno 1959) (con nota di A. Giorgetti) . . 248

(5)

ERALDO POSSATI

PROBLEMI

DEI NOSTRI GIORNI

NOTE ECONOMICHE DEL PERIODO 1946-1957

Problemi nazionali - Problemi internazionali - Visioni sul

mondo - Tendenze del nostro tempo - Appendici.

« In questa pubblicazione sono raccolti molti articoli dell’illustre pro­ fessor Fossati, apparsi in riviste e giornali. Gli argomenti che egli svolge, non hanno un’impostazione unitaria e sistematica, giacché af­ frontano le questioni di attualità necessariamente varie e senza alcun filo conduttore. Questa frammentarietà però non toglie nulla al valore intrinseco del contenuto. Il lettore, che svolgerà le pagine così dense di questo volume, si imbatterà nelle soluzioni nette e precise dei pro­ blemi, che affiorano di continuo sul tormentoso terreno economico nel decennio trascorso dal ’46 al ’57. Nessuno dei problemi economici, sia di carattere nazionale sia internazionale, che nel periodo menzionato si sono agitati, è sfuggito all’abile penna dell’autore. Egli ha saputo svincolarsi dai vecchi schemi dell’economia classica, che aveva perduto di vista l’uomo reale per correre dietro al fantoccio astratto dell’uomo oeconomicti8... Sono pagine, che offrono materia di ripensamento per chi detiene le redini del potere politico economico ».

(Da la « Civiltà Cattolica» del 21 novembre 1959)

Volume in 8°, pag. VIII-249

L, 1.500

(6)

MAFFEO PAN TALE O N I

T E O R I A

D E LLA

TRASLAZIONE DEI TRIBUTI

D E F IN IZ IO N E , D IN A M IC A E U B IQ U IT À D E L L A T R A S L A Z IO N E

Prefazione di GL U.

Pa p i

Introduzione di E.

d' Al b e k g o

Dalla Prefazione del prof. G. U. Papi:

L’Istituto di Economia e Finanza della Facoltà Giuridica dell’ Università di Roma, nel centenario della nascita di Maffeo Pantaleoni, decideva di onorarne la memoria ripubblicando un’opera ormai quasi introvabile: « La teoria della traslazione dei tributi », che era stata la sua tesi di laurea.

Il Prof. Ernesto d’Albergo accettava l’incarico di predisporre una <t Intra- dazione » alla lettura rinnovata del primo libro del Pantaleoni, agevolando il tradursi in pratica di una iniziativa al tempo stesso doverosa e allettante. È sorta cosi questa pubblicazione che, se pure appare con lieve ritardo, nulla perde nella finalità di mostrare tutta la freschezza e attualità dell’ insegnamento del Pan- falconi, non pure in questo o quel settore della scienza economica, quanto nel metodo medesimo dell’indagine. Oggi soprattutto in cui la pretesa crisi della scienza economica sembra risalire, per la massima parte, a una certa confu­ sione, o sovrapposizione, o lacunosità di metodi nello studio dei fenomeni eco­ nomici.

Volume in 8° di pag. XCVI-371, in brossura L. 2000 - rii. in

tela L. 2400.

(7)

Q U A D E R N I

DELL’ ASSOCIAZIONE ITALIANA

PER GLI STUDI DI MERCATO

1. — Gu g l ie l m o Ta g l ia c a r n e,

L

o

studio delle aree di mer­

cato in Italia. Testo illustrato da 36 cartine a colori.

Obiettivi, criteri e metodi per la delimitazione delle

aree di mercato - Contributi allo studio delle aree di

mercato in Italia.

Volume ili 8° di pag. IV-97

.

L. 1.200

2. —

Gu g l ie l m o Ta g l ia c a r n e

- Livio

Li v i,

Guida statistica

per le analisi di mercato.

Prontuario di dati provinciali e regionali per le inda­

gini di mercato.

Volume in 8° di pag. 1 0 8 ... L. 1.200

3. —-

Lu i g i

D

eLu c ia,

Problemi di tecnica campionaria nelle

analisi di mercato. La stima delle proporzioni.

Campionamento semplice - Campionamento stratificato

- Prospetti.

Volume in 8° di pag. VIIL128

L. 1.000

4. — Benedetto Ca t i,

Le ricerche di mercato nel settore

bancario.

Volume in 8° di pag. VIII-192

L. 1.200

5- —

Gu g l ie l m o Pi z z i

ed

a l t r i,

Le ricerche di mercato nel

campo dei beni strumentali.

Volume in 8° di pag. XII-104 .

.

.

L.

700

(8)

R ' e c e n t i p u b b l i c a z i o n i di T A N C R E D I B I A N C H I :

GLI AUMENTI DI CAPITALE

N E L L E I M P R E S E

Aspetti economico-tecnici degli aumenti di

capitale proprio nelle imprese - Il mercato

dei diritti d’opzione; la formazione del prez­

zo dei diritti - Calcolo di parità teoriche

di diritti d’opzione.

Volume n. 17 della

Collana dell’Istituto di

Economia aziendale dell’ Università Bocconi

di Milano.

Volume in 8° di 143 p a g in e ... L. 800

ME R C A T O F I N A N Z I A R I O

E RORSA VA L ORI

Il mercato finanziario - La borsa valori e

le caratteristiche dinamiche dei corsi - Lo

svolgimento tecnico delle operazioni di bor­

sa - Gli effetti conseguenti all’inefficienza

dei mercati finanziari.

Volume n. 18 della

Collana dell’Istituto di

Economia aziendale dell’ Università Bocconi

di Milano.

Volume in 8° di 260 p a g in e ... L. 1200

(9)

B E N V E N U T O

G R I Z I O T T I

SAGGI SUL R IN N O V A M E N TO

DELLO STUDIO DELLA SCIENZA

DELLE FIN A N ZE

E DEL DIRITTO FINANZIARIO

Voi. in 8° di pag. IV-4 3 8 ... L. 2000

S T U D I

DI SC IE N ZA DELLE F IN A N ZE

E D I R I T T O F I N A N Z I A R I O

VOLUME PRIMO:

Prefazione di

Luigi Ein au d i. — Parte Pr im a:

Sugli ef­

fetti della conversione della rendita e sul calcolo della ric­

chezza imponibile. —

Parie Seconda

: La ripartizione po­

litica del carico tributario e l’imposizione delle rendite e

degli incrementi di valore. -—

Parte Te r z a:

Studi sulle

finanze postali. —

Parte Qu a r t a:

La scienza pura delle fi

nanze e le spese pubbliche (in 8°, pag. XL-522).

VOLUME SECONDO;

Prefazione di Ezio

Vanon i.

Parte Pr im a:

Le prime e le

ultime lezioni. —

Parte Seco n d a:

Contributi e discussio­

ni.

— Parte Te r z a:

Monografie finanziarie.

— Parte Quar­ t a:

Rassegne di opere e di scuole (in 8°, pag. XVI-588).

Prezzo

dei

due

volumi L .

6.000

-

rilegati

in

tela

.

.

.

... L . 7.000

(10)

SAGGI DI TEORIA E POLITICA ECONOMICA

Collana diretta da F R A N C E S C O V IT O

SIRO LOMBARDIA'I

FONDAMENTI E PROBLEMI DELL’ECONOMIA DEL BE­

NESSERE

Volume in 8°, pag. XII - 1 2 8 ... L. 600

ERCOLE CALCATERRA

IL RAPPORTO FRA I LIVELLI NAZIONALI DEI PREZZI

Volume in 8°, pag. XII-200

... L. 800

ERCOLE CALCATERRA

L’AGRICOLTURA NELLO SVILUPPO DELLE ECONOMIE

ARRETRATE

Volume in 8°, pag. V III-1 5 6 ... L. 800

FRANCO FEROLDI

FORMAZIONE DEL CAPITALE E POLITICA CREDITIZIA

NELLO SVILUPPO ECONOMICO

Volume in 8°, pag. 1 1 8 ...L. 600

SIRO LOMBARDINI

L’ANALISI DELLA DOMANDA NELLA TEORIA ECONO­

MICA

Volume in 8°, pag. VIII-204 ...L. 1000

GIANCARLO MAZZOCCHI

RISPARMIO E CICLO ECONOMICO

Volume in 8°, pag. I V - 1 6 8 ... L. 1200

NINO ANDREATTA

DISTRIBUZIONE DEL REDDITO E ACCUMULAZIONE

DEL CAPITALE

Volume in 8°, pag. 1 7 3 ... L. 1000

(11)

A PROPOSITO DELL’INCHIESTA INGLESE

SU PREZZI, PRODUTTIVITÀ’ E REDDITI (*)

1. Introduzione.

In un recente rapporto del governo inglese sulle conseguenze eco­

nomiche della piena occupazione (1) si concludeva con le seguenti

parole : « Ognuno vuole la piena occupazione ed insieme prezzi sta­

bili. L’ esperienza di questi ultimi dieci anni ha dimostrato che

quanto più piena è l’occupazione tanto più i prezzi tendono a salire ;

tuttavia il governo non crede che esista un conflitto inevitabile tra

questi due obiettivi ».

A ragione possiamo ritenere racchiuso in questa frase tutto il

dramma che le economie del mondo occidentale stanno vivendo.

Preoccupate delle conseguenze economiche e sociali di una caduta

del reddito e dell’ occupazione e sotto la spinta di mutamenti ideo­

logici circa il ruolo dello stato nella vita economica e sociale, le

economie moderne hanno assunto la piena occupazione come una

delle priorità fondamentali. Ma operando i sistemi economici a li­

velli molto vicini alla piena occupazione, si è cominciato a speri-

metare un fenomeno che certamente non preoccupava gli economisti

venti anni fa : il fenomeno dell’ aumento progressivo dei prezzi.

Questo è il motivo per cui gli economisti, in questi ultimi tempi,

hanno ripreso in considerazione l’ armamentario metodologico per lo

studio del comportamento dei vari sistemi economici per affinarlo al

fine di un’interpretazione più realistica e di una soluzione più ade­

guata della problematica attuale. Così ad es. gli studi recenti sulla

inflazione, sui rapporti tra produttività e salari e sulle politiche

monetarie e fiscali per conciliare piena occupazione e stabilità dei

prezzi non sono altro che il risultato di questa tendenza.

Se questi problemi sono presenti in tutte le economie del mondo

(*) C ouncil on P r ices , P r o d u ctiv ity and In com es, 3 voll. di pagg. 75.

39 e 53, Londra, Her M ajesty’s Stationery Office.

(12)

occidentale, in Gran Bretagna essi sono, per le ragioni che vedremo,

di particolare urgenza e gravità. Questo è il motivo per cui nell’ago­

sto del 1957 fu insediato un comitato (2) con lo scopo di esaminare

e di riferire in modo continuo sul comportamento dei prezzi, della

produttività e del livello dei redditi. Naturalmente il comitato non

si è limitato ad elaborare dati sulle grandezze suddette ma ha ten­

tato anche un’interpretazione degli eventi in esame. Ed è proprio

per questo che i tre rapporti finora comparsi sono particolarmente

interessanti e meritano attenta considerazione da parte degli stu­

diosi.

2. Il comportamento dell’economia inglese nel dopoguerra: una

nuova problematica.

Fra tutti i paesi del mondo occidentale che nel dopoguerra ten­

tarono di conciliare la piena occupazione con la stabilità dei prezzi,

il caso della Gran Bretagna è certamente uno dei più interessanti.

Negli anni successivi alla seconda guerra mondiale l’occupazione si

mantenne ad alti livelli e la produzione aumentò notevolmente (at­

torno al 3 % all’anno), ma anche i prezzi sperimentarono una co­

stante tendenza all’aumento (l’ aumento medio fu del 4-5 % all’anno).

Naturalmente non tutti i prezzi hanno manifestato la stessa dina­

mica. Così nello stesso gruppo dei beni di consumo, gruppo partico­

larmente importante per i suoi effetti sull’indice del costo della vita

e quindi sulle richieste salariali, i prezzi dei vari prodotti hanno

manifestato una dinamica diversa : infatti ad es. i prezzi dei pro­

dotti alimentari sono aumentati molto più dei prezzi dei beni di

consumo durevoli, dei servizi ecc. Solo nel 1958 i prezzi, mentre la

produzione e l’occupazione diminuivano, rimasero stazionari mo­

strando di risentire della recessione americana, della caduta dei

prezzi delle materie prime e, forse, delle misure prese dal governo

nel settembre del 1957.

Particolarmente interessante il comportamento dei salari e dei

profitti nel periodo considerato. I dati ci dicono che sia nel periodo

1938-48 che nel periodo 1948-56 i profitti aumentarono più lenta­

mente dei salari e degli stipendi, fenomeno che risultò in modo par­

ticolarmente evidente durante il periodo 1952-56.

(13)

Come già si è osservato, il fenomeno del progressivo aumento dei

prezzi ha caratterizzato, nel periodo successivo alla seconda guerra

mondiale, quasi tutte le economie del mondo occidentale anche se è

vero che la natura e il meccanismo del processo inflazionistico sem­

bra essere stato diverso per molti di questi paesi (3). Così, tanto per

fare un esempio, mentre in Gran Bretagna e in Svezia l’ aumento dei

salari monetari

è

risultato maggiore dell’aumento di produttività,

in Italia, che pure ha sperimentato un notevole processo inflazioni­

stico nel periodo, l’aumento di produttività ha sorpassato l’ aumento

dei salari (4).

Tutto ciò sta a significare che può essere illusorio pensare di sco­

prire la causa o il meccanismo del processo inflazionistico, dato che

questi possono risultare diversi nel tempo e nello spazio e soprat­

tutto per paesi a struttura economica diversa. Ma prima di adden­

trarci in queste questioni, desideriamo esaminare le idee espresse

nei rapporti che presentiamo.

3. Le cause dell’ aumento dei prezzi e dei redditi, 1946-57: l’inter­

pretazione della commissione.

Secondo gli estensori dei rapporti, la spinta all’aumento dei

prezzi e dei redditi va ricercata nell’ alto livello della, domanda di

beni e servizi sperimentato dalla fine della guerra ad oggi. La neces­

sità della ricostruzione prima, il peggioramento delle relazioni in­

ternazionali poi (con la conseguente corsa alle spese militari) in­

sieme agli sforzi del governo per raggiungere e mantenere la piena

occupazione (che ha fatto seguire una particolare politica monetaria)

hanno provocato una costante pressione della domanda di beni e

servizi (pubblica e privata) sull’offerta causando l’ aumento dei

prezzi. Così anche gli aumenti dei salari (che in Inghilterra hanno

superato gli aumenti di produttività) sembrano derivare, oltre che

dalla forza delle unioni sindacali, dalla situazione generale di ecce­

denza della domanda sull’offerta. Inoltre non si nega che l’aumento

dei prezzi di importazione abbia avuto effetti inflazionistici; tut­

tavia, dopo il 1951, tale fattore ha perso molto della sua forza. L’ ec­

cesso di domanda quindi sembra essere la variabile strategica che

(3) Si veda J. H. Fu r t h, In d ica to r s o f In fla tion in W e s te r n E u rop e, 1952-1955, in T h e R e v ie w o f E con om ics and S ta tistics, 1956, pag. 335 e segg.

(14)

può spiegare il comportamento inflazionistico dell’economia in­

glese (5).

È evidente che questa conclusione è in linea con la teoria tra­

dizionale dell’ inflazione di derivazione wickselliana e keynesiana (6)

teoria a cui il prof. Robertson ha dato importanti contributi (7) e

a cui si è mantenuto fedele anche in questi rapporti. Generalmente

parlando tale sistema scopre la causa dei processi inflazionistici nel

fatto che nel sistema economico considerato vi è troppa moneta a

caccia di beni esistenti in quantità troppo limitata. Il fenomeno del­

l’aumento dei prezzi quindi è un fenomeno

indotto

dall’ eccesso di

domanda. Naturalmente non si nega (soprattutto nell’analisi keyne­

siana) che vi possano essere degli aumenti

spontanei

dei prezzi.

Keynes considera esplicitamente il caso quando tratta dei criteri di

determinazione dei salari e dei poteri delle unioni sindacali, pur ri­

tenendo sempre più importanti, soprattutto nel breve periodo, le

variazioni

indotte

dei prezzi (8).

Ora, senza voler negare validità alla teoria dell’eccesso di do­

manda (sul mercato dei prodotti come dei fattori produttivi) come

causa dei processi inflazionistici, ciò che occorre chiederci è se tale

spiegazione non debba essere integrata con altri tipi di spiegazione

dell’ inflazione. Ciò è dovuto al recente interesse degli economisti per

tali spiegazioni alternative ed al fatto che, nei rapporti considerati,

tali alternative, se non sono escluse, non sono esaminate in modo

soddisfacente (9).

4.

La catena di eventi e la pressione di un’ inflazi-one indotta dalla

domanda.

Come si è visto, è l’ eccesso di domanda

(inflationary gap)

che,

secondo la teoria tradizionale, porta all’aumento dei prezzi, aumento

che continuerà fino a che l ’eccesso di domanda non è scomparso. Ma

questo eccesso di domanda può persistere per lungo tempo? Ora, è

evidente che se ogni operatore economico tende a massimizzare i

suoi profitti nel breve periodo, l’eccesso di domanda non può esistere

che momentaneamente poiché ogni impresa che può vendere una

(5) Si veda il P rim o R a p p o rto , op. c it, pag. 24 e segg.

(6) Intendiamo riferirci al Keynes del T rea tise on M o n ey e del H o w to P a y f o r th e W a r.

(7) Si veda ad es. B a n k in g P o lic y and th e P r ic e L e v el, Londra, 1949. (8) J. M. Keyn es, A T r e a tis e on M o n ey, New York, 1930, voi. I, pag. 166

e segg.

(15)

maggior quantità di prodotto ai prezzi attuali tenderà ad aumentare

i prezzi (o la produzione) : il che porterà domanda ed offerta in

equilibrio (10). D’altra parte se ogni gruppo economico tenta di

stabilizzare la propria remunerazione reale, adeguando questa al­

l’aumento dei prezzi e/o in presenza di aspettative elastiche, sia dei

consumatori che degli imprenditori, circa l’ andamento dei prezzi, il

processo inflazionistico può essere progressivamente accellerato. Per

dirla con lo Smithies infatti affinchè un punto di equilibrio possa

essere raggiunto « l’inflazione deve produrre una redistribuzione del

reddito in favore delle classi ad alta propensione al risparmio e/o

aumentare la propensione individuale al risparmio da un dato red­

dito reale » (11).

Ora a ben guardare l’esperienza ed il comportamento dei sistemi

economici del mondo occidentale, non sembrano conformarsi alle due

alternative suddette. Se è vero infatti che i prezzi hanno continuato

a crescere nel periodo considerato (Robertson direbbe che la inflatio­

nary gap non è stata chiusa), è anche vero che il processo inflazioni­

stico non è stato progressivamente accelerato, anche se in molti paesi

i vari gruppi economici sono riusciti nel loro intento di difendere il

livello reale delle loro remunerazioni (si pensi ad es. agli aumenti

salariali che, in paesi come la Gran Bretagna e la Svezia, sono ri­

sultati ben superiori agli aumenti di produttività) (12).

Queste considerazioni ci portano ad una conclusione di estrema

importanza. Se ricordiamo infatti che i prezzi non sono aumentati

in modo tale da chiudere la inflationary gap (e la persistenza dell’au­

mento dei prezzi starebbe a dimostrarlo) ed inoltre che l’ inflazione

non è stata accelerata dallo sforzo dei vari gruppi economici di man­

tenere invariato il livello delle loro remunerazioni reali, è chiaro che

implicitamente siamo portati ad attribuire importanza alle decisioni

(10) Duesenbebry J. S., T h e M ech a n ics o f In flation , in T h e R e v ie w o f E con om ics and S ta tistics, 1950, pag. 144. Si tenga presente però che la presenza

di « bottlenecks » potrebbe impedire un rapido aggiustamento di domanda ed offerta.

(11) Sm it h ie s A., T h e B eh a v io r o f M o n ey 'National In co m e U nder I n ­ fla tio n a ry Conditions, in Q u a rterly J ou rn al o f E con om ics, 1942, pag. 117.

(16)

di coloro che controllano la formazione dei prezzi (ad es. imprese,

sindacati ecc.). Cosa significa infatti dire che, in presenza di un

eccesso di domanda, i prezzi non sono aumentati in modo tale da

chiudere la inflationary gap? Significa che le imprese, per una qua­

lunque ragione, non seguono una politica di massimizzazione dei pro­

fitti nel breve periodo per cui la determinazione del prezzo sul mer­

cato risulta indipendente dal livello della domanda, almeno fino a

che questa si mantiene sufficientemente alta. Così anche il fatto che

il processo inflazionistico non venga accelerato quando i vari gruppi

economici tentano di mantenere stabili le loro remunerazioni reali,

mette in evidenza l’importanza delle decisioni di coloro che formano

il prezzo dei prodotti ed i salari, e cioè imprese e unioni sindacali.

Dato che le politiche delle imprese e dei sindacati si condizionano

reciprocamente (le prime non possono agire senza tener conto delle

reazioni degli altri e viceversa), è probabile che il livello dei prezzi

sia influenzato, oltre che dal livello della domanda, dal particolare

comportamento delle imprese e indirettamente delle unioni sindacali.

Se ciò è vero è chiaro che l’aumento dei prezzi (e quindi l ’in­

flazione) non può essere spiegato soltanto dall’ ipotesi dell’ eccesso di

domanda. Infatti fino a che la domanda si mantiene nell’ intorno del

livello sufficiente per raggiungere la piena occupazione, il comporta­

mento dei prezzi può essere determinato e regolato dal particolare

comportamento delle imprese e dei sindacati (13) ; ed è solo quando

il livello della domanda supera il livello necessario per la piena occu­

pazione o cade ad un livello tale da provocare forte disoccupazione

che esso riprende ad influenzare direttamente il livello dei prezzi.

Questa è la ragione per cui gli economisti hanno fornito spiegazioni

alternative dell’inflazione, valide soprattutto nel caso dell’inflazione

lenta che attualmente caratterizza molti sistemi economici.

5. Le spiegazioni alternative dell’ aumento dei prezzi.

Normalmente all’ inflazione del tipo indotto dalla domanda viene

contrapposto il tipo indotto dai costi (14). Con ciò si intende che,

(13) Secondo alcuni il comportamento delle imprese spiegherebbe la ten­ denza all’aumento dei prezzi anche quando la domanda si flette notevolmente come in una fase di recessione (si veda J. K . Galbraith, M a rk et S tru ctu re and S ta b ilisa tion P o lìc y , in T h e R ev ieto o f E con om ica and S tatistica , 1957,

pag. 124 e segg.). Questo però non è che un caso speciale del fenomeno più generale che considereremo in seguito.

(17)

anche in assenza di un eccesso di domanda sia sul mercato dei pro­

dotti che dei fattori produttivi, un processo inflazionistico può essere

iniziato ed alimentato da un comportamento autonomo dei costi di

produzione. Ed è proprio nell’identificazione dei motivi e delle cause

di questo comportamento autonomo dei costi che sta la chiave per

capire queste spiegazioni alternative dell’aumento dei prezzi. In de­

finitiva la domanda a cui dobbiamo rispondere è questa: perchè, in

una situazione di equilibrio sul mercato dei prodotti e dei fattori

produttivi, i costi di produzione e quindi i prezzi possono manife­

stare una tendenza all’aumento?

Astraendo da alcune caratteristiche particolari di ogni singola

spiegazione, possiamo dire che, in generale, le spiegazioni alterna­

tive si dividono in due grandi gruppi. Nel primo gruppo sono com­

prese quelle spiegazioni che mettono l’ accento su alcune modificazioni

istituzionali e strutturali sopravvenute nelle politiche economiche e

nel mercato del lavoro nei vari paesi come causa di una particolare

dinamica del livello generale e settoriale dei prezzi. Nel secondo

gruppo invece sono comprese quelle teorie che sottolineano l’ impor­

tanza delle modificazioni sopravvenute nella struttura del mercato

dei prodotti e quindi nei criteri di determinazione dei prezzi. Natu­

ralmente tale classificazione serve semplicemente per scopi di inda­

gine dato che alcuni elementi o pezzi di spiegazione del fenomeno

sono comuni alle teorie dei due gruppi.

Passando a considerare le opinioni comprese nel primo gruppo,

accenneremo solo brevemente a quelle che vedono nelle politiche sta­

tali della piena occupazione e nella forza dei sindacati la causa del­

l’aumento dei prezzi. Secondo le prime sarebbe la continua pressione

della spesa statale per mantenere la piena occupazione (o per gli

armamenti) a determinare la lievitazione continua dei prezzi; in

questo caso però non ci si discosta molto, a nostro parere, dalle

analisi tradizionali sull’inflazione indotta dalla domanda. Inoltre

non pare possa essere accettata l’ opinione di coloro che vedono nel

potere dei sindacati la causa dell’aumento dei prezzi perchè, se que­

sto fosse il caso, la pressione dei sindacati per l’aumento dei salari,

provocherebbe, in un mercato concorrenziale e in assenza di politiche

In Inghilterra si è avuto un simposio sul sistema monetario e creditizio, i cui lavori sono stati pubblicati in B u lletin o f th è O x fo rd U n iv ersity I n s titu te

o f S tatistica, novembre 1957 e che ha dato ampia considerazione al nostro pro­

(18)

della piena occupazione, un aumento della disoccupazione tale da

bloccare la pressione sindacale e fermare l’aumento dei costi e dei

prezzi (15). Per poter dimostrare invece come la pressione dei sin­

dacati possa portare all’aumento dei prezzi, i sostenitori di questa

opinione devono integrare il loro discorso supponendo l’esistenza

di politiche della piena occupazione o di prezzi amministrati nel

mercato dei prodotti; devono cioè invocare nuovi meccanismi che

servono a dimostrare che la loro è una opinione parziale che non può

da sola spiegare l’aumento dei prezzi.

Ben più importante e completa è la spiegazione che, partendo

dalle analisi di Clark, Hansen ed Hicks, vede la causa dell’aumento

dei prezzi nel meccanismo di ciò che è stata chiamata la « nuova sta­

bilità ». A i tempi della « vecchia stabilità » (che corrispondono a

quelli in cui funzionava il sistema aureo) erano i costi (compresi

quelli del lavoro) ed i prezzi che oscillavano in presenza di stimoli

provenienti dall’estero o in seguito a variazioni nella produttività

all’ interno del sistema economico. Così ad es. quando la produttività

(per uomo-ora) aumentava, i costi diminuivano portando alla dimi­

nuzione dei prezzi. I frutti del progresso tecnico erano quindi distri­

buiti attraverso il meccanismo dei prezzi.

Dalla fine della prima guerra mondiale ad oggi il criterio della

vecchia stabilità è stato sostituito dal criterio della nuova stabilità

che ha scaricato sul sistema monetario (e non più sui costi e sui

prezzi) la responsabilità del riaggiustamento agli stimoli provenienti

dalPinterno e dall’estero. Così, per fare l’ esempio che più ci inte­

ressa, all’aumento della produttività all’interno, il riaggiustamento

non avviene attraverso una diminuzione dei costi e dei prezzi, ma

attraverso un aumento dei redditi monetari. Ma è proprio questo

diverso meccanismo che può portare al lento ma continuo aumento

dei prezzi.

Si supponga infatti che in un dato periodo di tempo si abbia un

aumento di produttività all’ interno del sistema economico. Se in

passato come si è visto ci si poteva attendere un ritorno all’ equi­

librio attraverso la diminuzione dei prezzi oggi (ed è a questo punto

che la forza delle unioni sindacali può essere introdotta con profitto)

(19)

si avrà una spinta all’aumento delle remunerazioni monetarie dei

fattori produttivi che, se contenuta entro i limiti dell’ aumento di

produttività, potrà mantenere, teoricamente parlando, i prezzi dei

prodotti invariati.

Il guaio è che ben difficilmente ciò accade in un sistema econo­

mico progressivo. Questa situazione infatti potrebbe verificarsi solo

se le industrie del sistema fossero ugualmente toccate dal progresso

tecnico ; o, in altri termini, se l’aumento di produttività fosse uguale

in tutti i rami d’ industria. Ma, come è evidente, questa ipotesi non

è realistica. Ben più realistica è l’ ipotesi che gli aumenti di produt­

tività siano diversi nelle diverse industrie. Ma non appena questa

ipotesi è avanzata è possibile individuare parecchi motivi per dimo­

strare come i prezzi siano portati ad aumentare. Questo fenomeno

può essere provocato o da un aumento dei salari (in tutti i rami

d’ industria) in linea con l ’aumento di produttività sperimentato nelle

industrie più progressive (come sembra supporre Haberler) (16) o da

un aumento dei salari (in tutti i rami industriali) corrispondente

all’aumento medio della produttività nell’economia, ammesso in que­

sto ultimo caso che i prezzi nei settori più progressivi siano suffi-

centemente rigidi o almeno non diminuiscano in modo tale da com­

pensare l’inevitabile aumento dei prezzi nei settori meno progres­

sivi (17).

Nel secondo gruppo sono comprese quelle teorie che attribuiscono

la responsabilità dell’ascesa dei prezzi alle imperfezioni che regnano

sul mercato dei prodotti. Fondamentalmente ciò che accomuna e ca­

ratterizza le teorie di questo gruppo è l’idea che il criterio della,

massimizzazione del profitto sia da considerare valido, con le odierne

strutture di mercato dei prodotti, non tanto nel breve periodo quanto

nel lungo periodo. Come Harrod ha verificato nel caso del « boom »

inglese del 1954-55, le imprese operanti in mercati a struttura oligo­

polistica tendono, in periodi di domanda crescente, non tanto ad

aumentare i prezzi (fino al punto in cui il costo marginale è uguale

(16) Haberler Infatti pensa che l’economia americana sia sufficentemente competitiva per trasmettere nel breve periodo gli aumenti salariali ai settori meno progressivi dell’economia. Si veda C reeping In fla tion R esu ltin g fr o m

W a g e In crea se s in E x c e s s o f P r o d u ctiv ity , in Com m ittee foe Economic Deve­ lopm en t, P ro b lem s o f th e U .8 . E con om ic D ev elo p m en t, New York, 1958, p. 139.

(20)

al ricavo marginale di breve periodo) e a smaltire le ordinazioni

ricevute con il ritmo normale quanto a mantenere fermi i prezzi ed

a razionare le ordinazioni (18). Ciò può essere dovuto a varie ragioni

tra cui ciò che vien detta la « inevitabile imperfezione della col­

lusione » (il fatto cioè che in situazioni di interdipendenza ogni

reazione implica un ritardo temporale), al timore di perdere clienti

come di un cattivo giudizio del pubblico ecc. Il risultato però è evi­

dente: nel breve periodo i profitti non vengono massimizzati e si

formano ciò che Galbraith ha chiamato « guadagni di monopolio non

realizzati » (19).

Questo modello serve ad interpretare con sufficiente esattezza

alcuni recenti comportamenti dei prezzi nelle economie del mondo

occidentale. Se infatti il criterio della massimizzazione del profitto

non tiene nel breve periodo, è chiaro che l’ aumento dei prezzi (in

presenza ad es. di un movimento della domanda) sarà più lento che

non nel caso che i profitti siano massimizzati instantáneamente. Se

è vero poi che questo fenomeno porta alla costituzione di guadagni

di monopolio non realizzati, è chiaro che le imprese possono essere

indotte a realizzare questi guadagni (aumentando i prezzi) quando

qualche evento nuovo (un aumento salariale o del saggio d’interesse

o dell’ imposizione) fornisce una giustificazione (presso gli altri oli­

gopolisti o presso il pubblico) per gli aumenti di prezzo. E ciò anche

se la domanda mostrasse, nel periodo, segni di flessione.

In questo secondo gruppo vi è infine da menzionare una teoria

che ha ricevuto crescente considerazione in questi ultimi tempi e che

va sotto il nome di « markup inflation » (20). Supponiamo infatti

che le imprese seguano, nella determinazione dei prezzi, la pratica

del markup che consiste nel caricare sui costi diretti (costi delle

materie prime e del lavoro) una data percentuale o markup. Sup­

poniamo poi che anche il prezzo del fattore produttivo lavoro sia

determinato applicando un dato markup su di un indice del costo

della vita. In questo caso è chiaro che il modello può generare un

livello generale dei prezzi costante, crescente o decrescente, indi­

pendentemente dal fatto che nel sistema conomico esista eccesso o

(18) Harrod E . F ., T h e B ritish B oom , 19^5^-55, in T h e E con om ie Journal, 1956, p. 4.

(19) Gaubraith J. K ., M a r k e t S fr a c tu r e and S tah ilisation P o lic y , in T h e R e v ie w o f E co n o m ics and S ta tistic, 1957, pag. 124 e segg.

(21)

affinchè il livello dei prezzi possa mantenersi stabile sono le seguenti :

1) stabilità dei markups, 2) stabilità dei costi diretti delle imprese

e del costo della vita, 3) compatibilità dei markups.

Ma detto questo è anche facile capire che le possibilità di rot­

tura dell’ equilibrio e di continuo aumento dei prezzi sono molteplici

anche in assenza di un generale eccesso di domanda. È sufficente un

ritocco superiore del markup in un gruppo di imprese che forniscono

alle altre imprese materie prime o semilavorati (si pensi all’ industria

dell’ acciaio) per provocare o aumenti dei costi diretti o ritocchi dei

markups da parte delle altre imprese e quindi aumenti di prezzi;

e ciò è possibile soprattutto in una fase di espansione all’irrigidirsi

delle curve di domanda come Harrod ci ha insegnato (21). Come è

sufficente una pronta risposta ad un aumento della domanda in quei

settori in cui il prezzo è determinato dal mercato (ad es. il settore

agricolo) perchè i costi diretti o il costo della vita possano aumen­

tare, e generare quindi una spirale inflazionistica. Questa infine può

essere provocata dal fatto che i markups caricati dalle imprese e

dalle organizzazioni sindacali siano troppo alti o, meglio ancora,

incompatibili. È chiaro infatti che queste istituzioni (imprese e sin­

dacati) possono pretendere parti della torta nazionale che, unite in­

sieme, corrispondano a più del 100 % del dividendo nazionale, ma è

anche chiaro che esse non potranno mai spartirsi più del 100 % (22).

Il risultato sarà solo quello di far aumentare il valore monetario

della torta.

6. Sono realmente alternative le spiegazioni alternativef

Come si è visto in questi ultimi tempi le spiegazioni della infla­

zione hanno imboccato strade diverse da quella tradizionale. Ciò era

il minimo che ci si potesse attendere dato il cammino percorso dalla

scienza economica e le modificazioni intervenute nella struttura delle

economie odierne. Ma sono realmente alternative le varie spiegazioni

dell’inflazione? Questo è il problema che ora dovremo discutere, pro­

blema che ricorda da vicino quello del ciclo economico e delle sue

cause.

(21) Harkod R. F., T h e T ra d e C ycle, Oxford, 1936, pag. 85 e segg. E ’ in­

teressante notare che, mentre per Harrod ciò ha un effetto stabilizzante, nel modello di Ackley l’effetto destabilizzante è evidente.

(22)

Come tutti sanno, gli economisti hanno lottato e lottano stre­

nuamente per costruire la teoria del ciclo economico valida nel tempo

e nello spazio. Ma alle modificazioni strutturali dei vari sistemi eco­

nomici, le quali risultano dallo sviluppo economico dei sistemi stessi,

non soltanto vengono alla luce nuovi fattori che possono originare

squilibri ma anche certe parti del meccanismo in base al quale viene

spiegato il cumularsi delle fasi cicliche devono essere sostituite (23).

La teoria del ciclo economico è forse il campo in cui il progresso

tecnico è più forte, come stanno a dimostrare le recenti indagini di

Dahmen, Lundberg, Kaldor e Duesenberry.

Così è secondo il nostro parere, per il problema dell’ inflazione.

Una spinta al rialzo del livello generale dei prezzi può venire dalle

fonti più diverse. Quello però che interessa conoscere non è tanto chi

possa dare la spinta iniziale quanto il meccanismo o processo attra­

verso il quale la spinta possa essere cumulata attraverso il sistema

economico. Ma allora è chiaro che le parti di questo meccanismo non

potranno risultare valide nel tempo e nello spazio ma muteranno con

il mutare della struttura economica dei vari sistemi.

Così in un sistema economico in cui la concorrenza regna so­

vrana il meccanismo di cumulazione dell’ aumento dei prezzi sarà di­

verso da quello di un sistema che presenta zone monopolistiche ed

oligopolistiche. Ciò non significa che alcuni fattori o parti del mec­

canismo debbano essere estromessi dal gioco ma solo che il mecca­

nismo va integrato.

Questo è il motivo per cui non aderiamo all’ espressione infla­

zione indotta dalla domanda o inflazione indotta dai costi o infla­

zione indotta da markup. Quello che si può dire è che l’ inizio, il

cumularsi ed il ritmo della spirale inflazionistica dipende dal livello

della domanda, dalla struttura del mercato e quindi dalle partico­

lari pratiche di determinazione dei prezzi ed inoltre dal potere dei

gruppi di pressione che determinano la formazione di particolari poli­

tiche economiche (24). Alcuni esempi serviranno a chiarire meglio

la nostra posizione.

L’ Ackley, il sostenitore della markup inflation, tiene esplicita­

mente conto della domanda nel suo modello quando afferma che « il

(23) Ciò ricorda da vicino le discussioni su cause necessarie e cause sufficienti del ciclo economico contenuta in Vito F., L e F lu ttu a z io n i C iclich e,

Milano, 1954, can. 3 °.

(23)

livello medio dei markups applicati aumenta all’aumento della do­

manda e diminuisce al diminuire della domanda » ed inoltre che

« l’aumento dei prezzi tende ad essere uguale all’ aumento dei costi

a moderati livelli di domanda, più grande (ma non di molto) quando

la domanda è più alta, più piccolo (ma non di molto) quando la

domanda è più bassa » (25).

D ’altra parte il Seiden, sostenitore della demand Inflation, è

costretto ad ammettere che « vi può essere un sostanziale ritardo in

qualche caso tra l’aumento di domanda e l’ aumento dei prezzi » ;

ritardo dovuto al fatto che gli imprenditori si preoccupano sempre

più delle pubbliche relazioni ed hanno imparato a mantenere inal­

terati i prezzi fino a che qualche aumento di costo possa giustificare

l’aumento dei prezzi (26). Questo però non è che un implicito rico­

noscimento dell’ importanza di certe pratiche di determinazione dei

prezzi nelle economie attuali e quindi della necessità di tenerne conto

nello studio dei processi inflazionistici.

Ma anche in altre analisi risulta evidente l’ unione di vari pezzi

di meccanismi diversi per poter spiegare l’aumento dei prezzi. Così

nell’analisi di Clark-Hansen sull’ ottimo aggiustamento dei salari al

variare della produttività, il livello generale dei prezzi può mante­

nersi stabile solo se l’aumento dei salari è in linea con l’aumento

medio di produttività nel sistema economico e se i prezzi diminui­

scono nelle industrie più progressive. Se invece in questi settori, per

certe loro caratteristiche strutturali, i prezzi non diminuiscono, il

livello generale dei prezzi dovrà aumentare.

Alla stessa conclusione si giunge dall’ esame di una recente ipo­

tesi elaborata dallo Schultze (27). Secondo questo Autore, l’ inflazione

recente, almeno nei paesi sviluppati, può essere spiegata in base alla

volubilità dei campioni di consumo dei soggetti economici, volubilità

che può essere spiegata dall’altezza del livello del reddito e anche,

secondo il nostro parere, dalla particolare forma che oggi assume il

risparmio nei paesi sviluppati (28). Ne deriva che in presenza di

rapidi spostamenti della domanda, il livello generale dei prezzi deve

(25) Ac k le y G., A T hird A p p roa ch to th e A n a lysis and C on trol o f I n ­ fla tion , op. cit., pag. 630.

(26) Selden R . T ., A d m in istered P r ic e s R e c o n s id e r e d : D iscu ssion , in A m erica n E co n o m ic R e v ie w , 1951 (Supplemento), pag. 455.

(27) Sc h u l t z e C. L., R e c e n t In fla tion in th e U nited S tates, Washington,

1959, pag. 1.

(28) Si veda il nostro lavoro R isp a rm io e ciclo econ om ico con p a rtico­

(24)

aumentare se, l’aumento dei prezzi nei settori in cui vi è aumento

di domanda non è compensato dalla diminuzione dei prezzi nei set­

tori in cui la domanda diminuisce. Ma ciò può accadere solo se

certe pratiche di determinazione dei prezzi nei settori in cui la

domanda diminuisce impediscono ai prezzi di cadere.

Queste conclusioni pare possano essere giustificate sulla base di

una analisi empirica, condotta dal Furth sulla spinta inflazionistica

nei paesi dell’ Europa Occidentale. Dopo aver esaminato il compor­

tamento di alcuni indici economici e finanziari (29) nel periodo 1953-

1955, il Furth conclude che .« la mancanza di una significativa corre­

lazione positiva tra il grado della pressione inflazionistica e gran

parte dei movimenti economici e finanziari che sono normalmente

supposti come connessi a tale pressione... non indica necessariamente

che tali movimenti economici non sono stati di fatto positivamente

connessi con l’ inflazione. Ciò mostra soltanto che ogni influenza

positiva che tali movimenti possono aver avuto sull’ inflazione o che

l’ inflazione può aver esercitato su di essi, è stata compensata in

questi paesi e durante questo periodo, da opposte influenze esercitate

da altri fattori » (30). Questo, secondo il nostro parere, è un impli­

cito riconoscimento dell’importanza che le strutture economiche dei

singoli paesi hanno nel processo di generazione e di cumulazione del­

l’ inflazione.

Gia n c a r l o Ma z z o c c h i

(29) Gli indici considerati sono : l’offerta di moneta, l ’offerta di credito, la produzione industriale, l’occupazione, i salari, l ’eccesso di offerta di moneta e di credito, la produttività, i salari di efficenza e i salari reali.

(25)

A I FIN I DELL’ IMPOSTA DI FAMIGLIA

1.

Va consolidandosi nella giurisprudenza della Cassazione (1),

e anche della Commissione Centrale che in tal senso ha modificato

il suo primitivo indirizzo (2), il principio secondo cui non è con­

sentito ai comuni di valutare in modo autonomo, ai fini dell’ impo­

sta di famiglia, i redditi accertati ai fini delle imposte erariali.

L’ argomento è di grande interesse pratico, e ha un’importanza

addirittura fondamentale per le finanze dei piccoli comuni, i cui

contribuenti sono prevalentemente agricoltori. Ma la questione è di

notevole rilievo anche sotto il profilo teorico ; e non pare che la

Corte regolatrice l’ abbia sufficientemente approfondita. Questo breve

studio intende sottolineare alcuni aspetti del problema e metterne

in luce altri che sinora sono stati trascurati anche da chi ha ma­

nifestato, il suo dissenso dall’ insegnamento della Cassazione.

2.

Oggetto dell’imposta di famiglia è certamente un reddito

effettivo: l’obbligo del Comune di tener conto, nella determinazione

dell’imponibile, « di ogni indizio di ricchezza individuale » (art. 117

T.U.F.L.) non vale a trasformarla in un’imposta sul reddito con­

sumato, la spesa essendo nuli’ altro che un indizio del reddito (3).

L’accertamento induttivo vale quindi a integrare l’ accertamento ana­

litico, nel senso che a redditi direttamente e analiticamente accer­

(1) Sez. I, 8 febbraio 1954, n. 1031, in R iv . di dir. fin ., 1954, I I , pag. 335, con nota adesiva di Napolitano; Sez. Un., 5 giugno 1956, n. 1908, in D ir. e pra t. trib ., 1957, fase. I l i ; Sez. I, 19 luglio 1957, n. 3032, in D ir. e p ra t. trib ., 1958,

fase. I V ; queste due annotate in senso critico da Provini. Ultimamente: Sez.

Un., 14 agosto 1959, n. 2524, in F o r o it., 1959, I, 1262.

(2) N. 32658, del 6 febbraio 1952, in F o r o it., 1953, I I I , 32, con nota di

A . Be b l ir i; n. 80910, del 14 aprile 1956, in E iv . di dir. fin., 1956, II, pag. 382.

Ma anche la Cassazione in passato era andata in diverso avviso: Sez. I, 27 giugno 1953, in E iv . di d ir. fin ., 1954, I I , pag. 17.

(3) Provini, L ’ im p osta di fa m iglia , Padova, 1956, pag. 57; cfr. anche

(26)

tati possono aggiungersi redditi accertati indirettamente a mezzo

di indizi idonei a farne presumere l’ esistenza (4). L’ imposta colpisce

dunque un coacervo di redditi che, anche per essere di diversa na­

tura e provenienza (oltre che spettanti eventualmente a diversi mem­

bri dello stesso nucleo familiare), possono essere stati accertati con

criteri diversi.

Se questi redditi non hanno formato oggetto di altro accerta­

mento, nulla quaestio. Nell’ ipotesi invece che i redditi fossero stati

accertati dagli uffici finanziari statali, l’ art. 119 T.U.F.L. dispo­

neva che « per i contribuenti assoggettati all’ imposta complemen­

tare di Stato, le aliquote dell’imposta di famiglia sono applicate agli

imponibili... che servirono di base alla determinazione della com­

plementare, senza che occorrano accertamenti da parte del Comune ».

L’ art. 19 del D.L.L. 8 marzo 1945, n. 62, che ha abrogato

l’art. 119 T.U.F.L., è stato a prima vista interpretato nel senso

di attribuire ai comuni piena autonomia di accertamento riguardo

a tutti i cespiti concorrenti a formare il reddito complessivo impo­

nibile per l’imposta di famiglia. E tale interpretazione era perento­

riamente suggerita dalla ratio politica di quella abrogazione, dettata

dalla necessità d’ un sollecito adeguamento degli imponibili ai ra­

pidi incrementi di reddito in cui si rifletteva lo slittamento del va­

lore della moneta (5). Ma nella giurisprudenza più recente, all’abro­

gazione dell’ art. 119 T.U.F.L. è stata attribuita una portata assai

più ristretta, come conseguenza d’una particolare interpretazione

della norma abrogata.

Nella sentenza n. 1031 dell’ 8 febbraio 1954 (dalla quale saranno

tratte anche le citazioni successive) la Cassazione ha ritenuto che

« mentre durante il vigore dell’art. 119 del citato T.U. l’ aliquota

dell’ imposta di famiglia veniva applicata agli imponibili determinati

ai fini della complementare... senza possibilità di integrare un tale

imponibile tenendo conto di tutti quegli elementi rivelatori di agia­

tezza elencati nell’art. 117, una tale possibilità di un accertamento,

che potrebbe dirsi integratore e complementare, è resa operante anche

(4) Cass. Civ. I , 19 luglio 1957 clt. ; contra, Einaudi e Repaci, I l sistem a trib u ta rio ita lia n o, Torino, 1954, pag. 402; e Provini, op . c i t ., pag. 51.

(27)

nei riguardi dei contribuenti assoggettati ad imposta complementa­

re ». Il che significa attribuire all’abrogato art. 119 la portata di

escludere, nei riguardi dei contribuenti assoggettati alla complemen­

tare, la possibilità dell’accertamento indiziario a scopo d’ integrazione

di quello analitico, e non quella di escludere l’ accertamento autonomo,

da parte del Comune, dei redditi già tassati in complementare, per­

chè questa esclusione si ricaverebbe aliunde, e quindi resterebbe

ferma anche dopo l’ abrogazione dell’ art. 119 : osservò infatti la Cas­

sazione, riguardo all’ art. 117 del T.U., che «

parlandosi in esso di

redditi, non può essersi inteso che far riferimento a quelli determi­

nati ai finì delle imposte erariali,

e cioè ai redditi accertati per l’ ap­

plicazione dell’imposta di ricchezza mobile, di quella sui terreni e

dell’ altra sui fabbricati ».

Vale la pena di trascurare ogni possibile osservazione sulla re­

lazione dell’art. 117 del T.U.F.L. con l’ art. 119, e ogni rilievo sulla

situazione dei contribuenti non assoggettati all’ imposta complemen­

tare (6), per soffermarsi sull’ ultima considerazione della sentenza

ripetutamente citata : considerazione che, se ha una portata limitata

all’art. 117 T.U.F.L. ha soltanto il valore d’ una petizione di prin­

cipio, e se invece ha una portata più generale avrebbe meritato di

essere argomentata con un approfondimento adeguato all’importanza

della massima che in tal modo pare si sia voluta enunciare.

3.

Se ci si potesse limitare all’applicabilità di quella massima

all’interpretazione dell’art. 117 T.U.F.L., basterebbe rilevare che

l’ art. 2 del R.D. 5 aprile 1923, n. 826, disponeva espressamente che

il reddito da accertare per la liquidazione dell’imposta di famiglia si

desumeva « dai redditi accertati agli effetti dell’ imposta di ric­

chezza mobile, ecc. » ; sicché non pare corretto introdurre per via

d’ interpretazione una regola che il legislatore, modificando la fo r­

mulazione della norma, ha mostrato di voler abbandonare.

Ma anche prescindendo da quest’ ultimo argomento, non pare

possa approvarsi quella massima, che peraltro la Cassazione mostra

di aver ricavato da una considerazione di evidente ragionevolezza

e dunque di apparente universale validità : «

In un sistema

tribu-(6) Secondo l ’insegnamento qui esaminato, dovrebbe logicamente conclu­ dersi che l ’ abrogazione dell’art. 119 T .U .F .L . non abbia avuto altro effetto che di parificare la situazione di tutti i contribuenti, assoggettati o meno al­ l ’imposta complementare (cfr. Na p o l ita n o, in R iv . di dir. fin., 1954, II, pag. 346).

(28)

ta ñ o tecnicamente e armonicamente congegnato non è concepibile

la coesistenza di diverse valutazioni di un unico reddito da parte di

uffici diversi

» (7).

È noto che il principio generale va desunto dalle norme positive.

E il nostro ordinamento non offre un principio generale che stabilisca

la necessaria uniformità degli accertamenti riguardo al medesimo

cespite quando sia colpito da imposte diverse. Anzi, una ben diversa

conclusione è positivamente suggerita dall’art. 14 del D.L.L. 19

ottobre 1944, n. 384, secondo cui il reddito dominicale dei terreni

e il reddito agrario possono, ai soli fini dell’accertamento dell’imposta

complementare, essere moltiplicati per coefficienti di variazione fis­

sati annualmente dal Ministro delle Finanze (8). Il che potrebbe si­

gnificare proprio che lo stesso reddito è diversamente valutato (e non

per mancanza di coordinamento fra gli uffici, ma per esplicita dispo­

sizione di legge) a seconda che lo si consideri come presupposto del-

l’ una o dell’ altra imposta (9).

(7) Un giudizio di valore non è, in generale, un argomento ermeneutico di rilievo. Ma anche su quel piano di argomentazione, si può osservare che quella considerazione, che sembra corrispondere al più elementare senso co­ mune, non avrebbe forse il suffragio della scienza finanziaria. Il diritto tri­ butario non pone tanto un complesso quanto un sistema di tributi, che non soltanto concorrono alla diversificazione del carico tributario con riguardo alla diversa natura dei cespiti, ma anche eollaborano, mediante reciproci controlli e mutue compensazioni e integrazioni, a ll’ adeguamento (coi criteri che nel dato luogo e momento sono adottati dal legislatore) del carico fiscale di ogni cittadino alla sua capacità contributiva. E sotto questo profilo l ’uniformità sembra repugnare alla pluralità degli accertamenti, uno dei quali sarebbe af­ fatto inutile.

(8) Nè deve trarre in inganno il fatto che questi coefficienti dovrebbero riferirsi al mutevole potere d ’acquisto della moneta (il T .U . approvato col D .P . 29 gennaio 1958, n. 645, li riferisce all’andamento dei prezzi, che non pare una modificazione di rilievo): sia perchè la rivalutazione, non essendo consentita con riguardo alle relative imposte reali, viene a costituire in effetti un autonomo accertamento di quei cespiti ai soli effetti dell’imposta personale; sla perchè può essere operata (e lo è di fa tto : cfr. D .M . 30 novembre 1955) in misura diversa per il reddito dominicale e il reddito agrario, il che signi­ fica che il livello generale dei prezzi viene in considerazione solo come gene­ rico e collaterale criterio di valutazione.

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