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L'economista: gazzetta settimanale di scienza economica, finanza, commercio, banchi, ferrovie e degli interessi privati - A.44 (1917) n.2259, 19 agosto

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(1)

L ’ECONOMISTA

GAZZETTA SETTIMANALE

SCIENZA ECONOMICA, FIN A N ZA , COMMERCIO, BA N C H I, F E R R O Y IE . IN T E R E S SI PR IV A T I

Imo M - M M III

firartioa, 19 Igeila 181? {

H. 2299

Per uniformarci alle prescrizioni sulla economia della carta, d’ora innanzi pubblicheremo soltanto una volta al mese i prospetti che si trovano alla fine del fascicolo e, che includono variazioni men­

sili .

Il continuo accrescersi dei nostri lettori ci dà affidamento sicuro che, cessate le difficoltà mate­ riali in cui si trova la stampa periodica, per effetto della guerra, potremo riportare ampliamenti e

miglioramenti al nostro periodico, ai quali già da tempo stiamo attendendo.

Il

prezzo d ’abbonamento

é

di

L. 20 annue

anti­ cipate, per l’ Italia

e Colonie. Per l’Estero (timone

postale)

L.

25

. Per gli altri

paesi

si

aggiungono

le spese postali. Un fascicolo separato

L. 1.

SOMMARIO :

PARTE ECONOMICA. Problemi agricoli.

S u ll’evasione nelle trasmissioni gratuite mobiliari. Dazi fiscali e protettori (Vilfredo Pareto).

NOTE ECONOMICHE E FINANZIARIE.

^Commercio estero e confini territoriali - Tagli di

bb-FINANZE 01 STATO. Emissioni inglesi. VITA COMUNALE.

M utui a i Comuni.

LEGISLAZIONE 01 GUERRA.

P ressi dei fiammiferi - Produzione d ella c a rta - P o r­ to d i Venezia - Esportazione ag ru m aria - B iglietti d i -Banca - Prezzi massimi pel grano del raccolto 1917 - Produzione e rincaro del platino.

NOTIZIE - COMUNICATI - INFORMAZIONI.

P re stito R usso - Società d i Navigazione - Costo d el­ ia vita m A u stria - Produzione del tabacco nel mondo - Nuovo prestito al Giappone - Spese d i g u erra negli Estati Uniti - Costruzioni navali nel m ondo - .Compa- ¡gnie di navigazione tedesche - Assicurazioni m a ritti­ me m Germ ania - M arin a m ercantile am ericana

• ™ l e s t r a d e

Situazione degli Istituti di Credito mobiliare, Situazio- d.e§!' Istituti di emissione italiani, Situazione de. gli Istituti Nazionali Esteri, Circolazione di Stato nel Regno Unito, Situazione del Tesoro italiano, Tas­ so dello sconto ufficiate, Debito Pubblico italiano, Riscossioni doganali, Riscossione dei tributi nell’eser- cizlo 1914-15, Commercio coi principali Stati nel 1915, Esportazioni ed importazioni riunite, Impor­ tazione (per categorie e per mesi), Esportazione (per categorie e per mesi).

Prodotti delle Ferrovie dello Stato, Quotazioni di valori di Stato italiani, Stanze di compensazione, Borsa di Nuova York, Borsa di Parigi, Borsa di Londra, Tas­ so di cambio per le ferrovie Italiane, Prezzi dell’ar­ gento.

Cambi a ll’Estero, Media ufficiale dei cambi agli effetti dell’art. 39 del Cod. comm., Corso medio dei cambi accertato in Roma, Rivista dei cambi di Londra, Ri- vista dei cambi di Parigi,

Indici economici italiani, Valori industriali.

Credito dei principali Stati,

Numeri indioi annuali di varie naziopi.

PARTE ECONOMICA

PROBLEMI AGRICOLI

N on crediamo vi possa essere buon patriota italiano cüi non debba stare a cuore, per la salute presente e futura della nazione, il problema agri­ colo e tutti quelli chle coll’aumento della nostra produzione agricola sono connessi : è per c ò che ci piace di -ritornare con frequenza su tale a r g o ­ mento, convinti come siamo, e sorretti dalla con­ corde opinione di molti competenti, che se il to­ tale delle produzioni agricole del nostro territorio raggiungeva prima della ¿guerra, secondo calcoli approssimativi, dai 6 agli 8 miliardi, nulla vieti, sol che si vogh'a, a che tale ammontare raggiunga a parità di prezzi, il doppio o si avvicini, con suf­ ficiente probabilità e facilità, ai 15 miliardi.

O gnuno può agilmente immaginare quale im­ menso beneficio nazionale deriverebbe alla nazio­ ne, se in pochi anni si attuasse, come molti riten­ gono possibile, un program m a agrario, che per- mettesse di trarre dalla terra un reddito doppio d«'1 attuale; ciò vorrebbe naturalmente dire avere raddoppiato il valore della ricchezza agricola na­ zionale e quindi diluito su un valore doppio l ’ one- re delie garanzie dei debiti pubblici, diluito su un reddito doppio l’ onere dei tributi che serviranno m tanta parte al servigio1 degli interessi di quei debiti.

A questi ragionamenti così semplici! e chiari fanno però riscontro, quando si parla di agricol- tu ra.e si vogliono- calcolare le effettive potenziali- ta di questa, tale un cumulo di dubbi e di igno- ranz'e, che sorprendono e m eravigliano, perchè par quasi che il problema agricolo italiano sia cosa nuova, non sia mai -esistito precedentemente talché 1 termini entro i quali deve essere studiato sembra siano mai stati raccolti; nemmeno con­ siderati.

Eppure l’ Italia è fatta da oltre cinquantanni; eppure

1

^Italia e stata sempre un oaese agricolo; eppure l’Italia ha avuto i suoi organi pubblici e le sue accademie e le sue istituzioni ed associa­ zioni private che della agricoltura hanno fatto og- ^e^n;Te^^ure ^ ^ àlia ha il vanto di avere creato quell Istituto internazionale che dell’agricoltura mondiale è centro scientifico di riconosciuta im­ portanza.

Ci sia concesso chiarire il nostro penserò : una autorevole competenza agraria, il Bizzozzero, scri­ veva di questi giorni su un grande quotidiano :

« L a benedetta questione del prezzo di costo « del frumento non e stata mai risolta e forse non « lo sarà mai, perchè si può dire che ogni azienda « abbia il suo prezzo di costo, non solo pel fru­ ii mento, ma per ogni- altro prodotto agricolo. C ’è «un elemento che sfu gge ai calcoli: l ’abilità del « coltivatore.

« Noi coltiviam o, si è osservato, troppo fru- « m ento: lo coltiviam o anche su terre che non « sono adatte alla sua produzione ; lo mettiamo « sui monti, mentre dovrebbe stare solo nelle pia- « nure.

(2)

630 L’ECONOMISTA 19 A gosto 1917 — N . 2259

« gli si confanno, o perchè eccessivamente aride, « o perchè quasi senza profondità, o ghiaiose trop- « po, o non risanate dagli acquitrini; ma non è « vero che il grano non possa venir bene sui colli « e sui monti, fino ad una certa altezza, dove rie « sce invece a dare produzioni ragguardevoli per

« quantità ed ottime per

qualità-« Nel complesso però) le terre proprio ribelli « alla coltivazione del grano sono poche e potreb- « bero ridursi ancora notevolmente ».

A noi, profani delle questioni tecniche che ri­ guardano l’agricoltura, a queste parole vien fat­ to spontaneo di domandare : M a come ? ! Dopo anni ed anni da che esiste un problema agricolo ita­ liano, dopo secoli e secoli da che l’Italia è stata il granaio del mondo, siamo ancora a questo : che dobbiamo udir dei competenti riproporre quo­ tidianamente il problema se il grano sia da colti­ varsi a valle o possa coltivarsi anche a monte, se e come debba o possa essere concimato ?

M a allora, co s’hanno servito' fin qui e decenni di pratiche, e ministeri e ministri di agricoltura e cattedre ambulanti e stazioni sperimentali, e as­ sociazioni agricole, e società di agricoltori e ca­ mere agrarie, eco. ?

Ancora non abbiamo risolto il più elementare problema deH’agrieoltura?, E che aspetteremo per decidere1 ?

Ma non basta l’esempio sonra ripetuto : ecco come altri competenti agricoltori, il cav. J. A guet e L . Mancini nel « Bollettino della Società degli A gricoltori italiani » del 31 luglio1 19x7 discutono su simile argom ento : notiamo che il Bollettino della benemerita Società è al suo 22° anno- di vi­ ta e che se il dibattito che ancor oggi esso racco glie non è stato risolto in 22 anni, non vediamo come si' possa sperare che ven ga superato nel fu­ turo de’ secoli! Ecco- quanto' scrive i,l Mancini ^

« E g li i(l’A gn et) scrive così : « Il nord in cui il « granò rende' dai 22 ai 30 quintali per ettara può « lavorare con profitto pel consumo nazionale : ma «qu esta coltura ¿nel mezzogiorno' ove il grano « non rende che da 7 a 9 q.l-i per ettara è passiva. « E ssa non può per conseguenza praticarsi salvo « in casi1 eccezionali, ossia unicamente pel consu- « mo familiare. In, quella regione la vigna, le oli- « ve e specialmente le frutta ed i legumi sono le « sole rimuneratrici. Orbene il nostro paese non «consum a tutta questa enorme produzione e de- « ve quindi poterla esportare ».

« O ra nessuno nega (ribatte il Mancini) l’im- « portanza grande della coltura della vite dell’or « livo, delle frutta e degli ortaggi nel M ezzogior- « no'; ma l’affermare recisamente che la coltura « del g ra n o nel M ezzogiorno « non deve prati- « carsi altro che Per uso familiare, perchè_ riesce « perdente » a me pare che con tutto il rispetto «ch e si deve aH’ opinione di un uomo studioso e « competente nuale il cav. A guet, sia uh’afferma- « zione azzardata e degna per lo meno di essere « discussa.

« Imperocché se si dovesse accettare senz’altro « ad occhi chiusi la tesi deH’egregio cav. A guet, « mezza Italia da Rom a in giù verrebbe tagliata « fuori dalla produzione granaria, e per quanti « sforzi si volessero fare nell’Italia superiore ed quella centrale, dovè si è raggiunta già una

« O ra francamente a m e pare che nessuno po- « irebbe affermare ciò in m odo reciso ».

Dunque neppur o g gi sanno i competenti se il grano debba o possa essere coltivato con profitto nel m ezzogiorno o a quali esatte e precise con­ dizioni vi possa essere seminato !

Ma, allora, quando aspetteremo a conoscere quali culture sono le più adatte ai nostri terreni? Non possiamo fare a meno di ricordare che ne­ gli Stati Uniti d ’America, dove gli abitanti in po­ chi secoli hanno dovuto conquistare e conoscere una superficie di terreno nazionale, diecine di vo l­ te più grande dèi nostro, dove assieme all’a gri­ coltura si è potuta costituire una industria mani­ fatturiera senza pari, i poteri connessi coH’agri-. coltura hanno già da tempo' studiato tutto il suolo nazionale in modo1 che se un qualsiasi cittadino acquista un qualsiasi terreno in un qualsiasi_ an­ golo deU’immenso paese può ricevere immediata­ mente e gratuitamente dal « Survey Department » dì W ashington indicazioni precise e tassative: sul genere di culture che m eglio si adattano' al terreno, sulla composizione chimica di questo, sulla quali­ tà dei concimi che meglio’ vi ,si attagliano, sul raggio dei mercati di vendita dei diversi prodotti, sulle distanze di quelli e sui mezzi di trasporto a- datti per raggiungerli, sulle notizie clim atologi- che della plaga, sulla convenienza o meno di ado­ perare per le colture mezzi meccanici od animali, sul rendimento specifico di ciascun genere di pro­ dotti, ecc., ecc.

In sostanza, in America si sa già, anche per i terreni che sono tuttora negletti dall’agricoltura, quale sarà la loro migliore destinazione, e l’acqui­ rente di quei terreni non avrà da perdere tempo in vani tentativi per conoscere se si addirà m e­ glio la coltura degli asparagi o delle fragole, quel­ la delle mele o delle pesche, quella del grano o del cotone. I poteri incaricati avranno per lui stu­ diate le condizioni più favorevoli e gli daranno quei consigli che egli non potrà non seguire sen­ za suo danno.

In Italia, non sappiamo ancora se o no- dovre­ mo coltivare il grano, che non è poi una pianta rara o esotica o difficile come un’orchidea od un tulipano, nel m ezzogiorno, o sulla collina.

E questa ignoranza, deplorevole e nociva, dei nostri poteri, dei nostri organismi, dei nostri stes­

si privati, conduce fatalmente a .quegli errori cui abbiamo avvertito in occasione della guerra, per la fissazione dei prezzi di requisizione. Neppure adesso, dopo, cioè, due anni di esperienza, sappia­ mo calcolare quale possa essere un prezzo remu­ nerativo per l ’acquisto del grano o del fieno.

N el pregevole ,Coítvvatore dell’ on. O ttavi si leggevano' infatti, al 30 luglio u. s., questi cal­ colò del resto .ovvi! e già enunciati, anche dalla stampa quotidiana, i quali erano evidentemente ignorati dal M inistero dell’A gricoltura, che dove trovare .il n oto ripiego per rialzare i compensi ai

cerealicultori sul prodotto 1918..

« L o scorso anno pochi affrontarono le molte- « plici complicazioni per avere buoni grani da se- « mina, non tutti: concimarono, per l’aumentato «prezzo e per le difficoltà dei trasporti, e sulle .« dita si contano coloro che poterono completare « tutte quelle pratiche colturali che sono o g g i il

« in , . __

« media soddisfacente, il nostro paese dovrebbe --- - t , , . . . o-ramrnltura «com prare d a l l ’ e s t e r o per la sua alimentazione « caposaldo di una buona &ran c _ • « non più i 12-15 milioni di q.li di grano all’a n n o ,' « E che còsa avverrà nella prossima^ « ina per lo meno il doppio ! ! Si aggiun ga che,

« ove il con cetto del cav. A gu et fosse esatto, si « dovrebbe trovar per conseguenza che tutti gli « sforzi fatti e da farsi dal Ministero d ’A gricol- « fura p er incoraggiare e spingere la produzione « del grano nel M ezzogiorno sarebbero inutili e « sciupati !

campagna « granaria coir il perfosfato dalle 18 alle 20 lire

« al quintale, e con il 35:40 e più per cento che al- « cuni pagarono per poter raccogliere il grano ?

(3)

diffidi-19

Agosto

1917

N. 2259 L’ECONOMISTA 631

v ménte la superficie a frumento, almeno in alcu- « ne regioni, verrà estesa oltre il normale.

« Un povero affittuale, proprio questa m att:- « na dopo aver enumerate le passività affronta­ n te , concludeva col dirmi che restringerà la su- « perfide a grano a quel tanto che potrà mietere « con i suoi di casa, ed un altro poco dopo, con- « duttore di due importanti tenimenti, mi assicu- « rava avere allo studio- la formula per abbando- « nare definitivamente la coltivazione del grano « e liberarsi da odiosi ricatti. Infatti il primo, da « un conto molto approssimativo, iniziando la « partita uscita con perfosfato a L . 14, semente « a L . 50, mietitura q.lj 3,50 all’ha. — con una « produzione .media di q.li 16,50 — assicurazione « grandine, combustibile, n o leggio macchina, vi­ cino, spese trebbiatura, ecc. ecc., su q.li 175 di « produzione arrivava a q.li 95 di uscita e co l ri- « manente, q.li 80, doveva pagare l’affitto e far « fronte a tutte le spese di' conduzione, soprapro- « fitti di guerra compresi.

« Quando per la sola mietitura la mano d ’ opera « esige oltre il 20 % (q.li 3,50 a ll’ha. con pro-du- « zione da q.li 15 a 17,50) se il conduttore studia « la formula per liberarsi da così odiose imposi- « sioni non ha tutto il torto.

« Dare garanzie che si potrà mietere a patti e- « qui, che il concime verrà quanto è possibile ri- « bassato, che il credito sarà a condizioni buone, « ecco ciò che contribuirà ad una granicoltura « più intensiva, con sicuro beneficio deH’industria « agraria e del patrimonio nazionale ».

E lo stesso può dirsi per quanto riguarda il fie­ no. Uni competente agricoltore così form ula i suoi calcoli :

« In merito all’ultimo decreto' luogotenenziale « che riguarda l’incetta e la requisizione del fieno-, « mi permetto osservare che se tale decreto' fu op- « portunissimo ed è bene che sia venuto- per met- « tere un freno alla speculazione, sarebbe poi an- « cora più opportuno e cosa ottima che il gover- « no -portasse il prezzo di requisizione del fieno a « L . 25 al qj.le e non già a L . 17, prezzo questo « che si praticava anche prima della guerra, e ciò « per non danneggiare gravemente i piccoli pro- « duttori causa l’esagerato prezzo di mano d ’o- « pera, l’aumento quasi triplo del concime, ecc. « ecc. Per la scarsità del prodotto a stento i pro- « duttori potranno arrivare a coprire le spese ed « avere un margine per poter affrontare le spese « preventive pel futuro raccolto 1918.

« L o specchietto qui appresso, da me controlla- « to fa vedere chiaramente quanto un prato, di « peri. mil. 5, tenuto da una fam iglia di 2 perso- « ne, delle quali una inabile al lavoro, e che ha « perciò nè mano d ’opera propria, nè bestiame, « nè concime, ecc., viene a costare per ciascun ta- « glio di fieno : 1917

-

Spese generali pel prato an-

«

analm ente

:

« P er concime di caligine e cenere L . 50.— « Per manutenzione prato e spurgo dei

« canali d’irrigazione » io .—

« Per condotta -concime nel prato » 2.— « Per 2 uomini a concimare (1 giorn.) » io .— « Per sorveglianza all’acqua dei canali » 5.—

« Per tasse terreno prato » 20.—

« Per deperimento utensili » 2.—

« T otale spese annuali L . 99.— « Spese pel taglio fieno m aggen go :

« P er 3 uomini a falciarlo L . 15.—-

« Per 3 uomini ¡ad ammanire il fieno nel « prato (giornate 1 1/2 cadauno a L ire

« 6.50 compreso spesa del vitto » 29.25 « P er 2 donne nel prato per giornate

« 11/2 a L . 5 cadauna » 15.—

•« P er 2 carri trasporto fieno » 4.—

« T otale L . 63.25

•«

L e spese pel taglio fieno agostano sono le

«

stesse del fieno m aggen go di L . 63.25. O ra divi- «dendo le spese annuali in 2 parti eguali ma per

«

ciascun raccolto si avrà

:

«

L . 9 9

:

2

=

L . 40.50 L . 63.25 spese taglio

19

+ »

49.50

Spesa Totale L . 112.75 per ciascun

«

raccolto di fieno tanto m aggen go quanto ago-

«

stano.

«

O ra il m aggen go sarà di circa Q. 11.25

«

(nel 1916 fu q. 10.50) al prezzo di L . 17 di «requisizione, si ha un totale di L. 191.25

«

dalle quali sottratte le spese » 112.75

«

si ha un utile netto di' L . 78.50 e

«

ciò pel fieno m aggengo.

«

L ’agostano sarà di circa Q. 8 e forse

«

meno ed al prezzo dì L . 17 (mass.)

«

di requisizione, in totale L . 136.

dalle «quali sottratte le spese di » 112.75 si ha

«

un totale netto di L . 23.25

«

Stando così- le cose come può fare una fami-

«

glia con sì poco reddito affrontare tutte le spese

«

pel futuro raccolto, che saranno ancora mag-

«

giori, e come potrà mantenere in effìcenza il

«

prato perchè abbia a produrre ? Com e può far

«

un calcolo sul reddito del prato anco- per vivere

«

dato l’alto prezzo dei generi di prima necessità ?

«

L e converrebbe, a mio avviso, rendere il prato

«

in terreno aratorio, seminarvi patate e col

ri-

«

cavo di Q.li io per ogni pertica al prezzo di

«

L . io al quintale, quella fam iglia con poca spesa « e poco lavoro verrebbe a percepire L . 500 lorde « in patate e non L . 327.25 lorde in fieno ».

* * *

E ’ mai possibile che in un paese civile ancora

.

i abbia a discutere sul costo di prodotti agricoli correnti, e si abbia a vedere da parte degli enti preposti alla tutela dell’agricoltura tale una insi­ pienza ed urna ign oran za dei termini elementari che qualsiasi fattore o-d agen te di campagna è capace dì conoscere?

A che serve avere un dicastero che si intitola d’agricoltura', se questo non è ancora al caso- di guidare, di aiutare, di orientare la produzione a- gricola, in modo conveniente?

N oi siamo convinti, e con noi certamente tutti i nostri lettori, che dal suolo d’Italia si possa trar­ re un reddito di gran lunga superiore all’attuale; siamo altresì convinti che il poter raggiungere un tale m aggior reddito decida in m odo sicuro e favorevole di tutto l’ avvenire economico della na­ zione.

O ccorre quindi, come più volte abbiamo ripe­ tuto-, che, senza fare affidamento- alcuno, sulla as­ sistenza dei pubblici poteri, gli agricoltori stessi siano indotti ad industrializzare l’agricoltura non solo per quanto riguarda la produzione, ma an­ che per quanto riguarda i calcoli preventivi ed

ì

problemi da risolvere in merito ai costi, e alla ap­ propriata ubicazione delle culture.

O ccorre che .organizzazioni agricole di vasta entità territoriale superino, colla loro forza, le ignoranze ed i pregiudizi dei piccoli e dei grandi proprietari e contendano loro- le direttive della coltura, la specializzazione dei prodotti e la di­ stribuzione di questi per i consumi locali e su' mercati.

(4)

632

Sull’evasione nelle trasmissioni gratuite mobiliari

Conoscere esattamente l’entità della' ricchezza pri-

vaTa, Ta sua ripartizione personale e territoriale,

la sua rapidità di circolazione, i suoi svariati ele­

menti e forme; è presupposto indispensai ile di una

finanza illuminata, potendo discendere da questa

conoscenza un’equa distribuzione del carico tributa­

rio, la rarefazione del fenomeno dell’evasione o per

lo meno l’entrata in vigore dei corrèttivi di esso.

, Da qualche anno gli studi sulla ricchezza privata

in relazione a fenomeni finanziari — materia oltre-

modo difficile ed ingannevole perchè è Io stadio ove

piu accanita Tèrve la lotta tra fisco e contribuenti

si sono resi frequenti e fecondi: . il prof. Aldo Con­

tento in un recente accurato studio « sulla ripar­

tizióne territoriale della ricchezza privata in Ita-

“ à ” (Giornale degli economisti fascicolo Giugno

1914) si occupò del fenomeno della evasione nelle

trasmissioni della ricchezza immobiliare, e poscia,

recentemente nella stessa rivista (fase. Aprile 1917)

ha completato il precedente lavoro con lo studio « del-

1 evasone neile trasmissioni mobiliari gratuite »,

bcritti gemali ed accurati che hanno fi merito di

analizzare Ja diversa intensità della tendenza eva­

siva, specie nei

trapassi success

rei, non solo in re­

lazione alla varia natura dei beni ma anche alla lo­

ro posizione geografico-regionale; di guisa che, al-

1 infuori di ogni preoccupazione politica e parti-

grana ci è dato sapere ove più ove meno feconda

sia pel contribuente italiano la mala pianta dell’e­

vasione, la gu ale. a tutto danno della collettività

ha il privilegio della massima resistenza climatica.

Accenneremo brevemente al alcuno dei più im­

portanti risultati cui è pervenuto il Contento nel

suo um m o lavoro,

prescindendo dall’analisi dei lun-

gln e faticosi rilevamenti statistici dai quali l’auto­

re distilla le sue conclusioni.

La ricchezza immobiliare è, proporzionalmente e

nel suo complesso, più rilevante al Sud che non al

Nord, dove è prevalente invece la ricchezza mobi­

liare.

La ricchezza immobiliare, pur essendo

sempre

sotto 1 immediato e facile controllo del fisco, pre­

senta, nei suoi trapassi, un certo coefficiente di e-

yasione, il quale, benché approssimativo nel suo va­

lore assoluto, tende tuttavia ad aumentare quando

si discenda dal Nord verso il Sud. Si domanda : la

ricchezza mobiliare, segue, nell’evasione, un’identi­

ca tendenza all’aumento da Nord a .Sud, ovvero de­

scrive una traiettoria diversa, sì da giustificare u-

na compensazione?

Prinia di rispondere al quesito, conviene accertare

I esistenza e l’intensità del fenomeno evasivo nelle

trasmissioni di beni mobili, e tenere sopratutto pre­

senti le enormi difficoltà che s ’incontrano in una

materia così complessa e delicata, ad illuminare la

quale sarebbero indispensabili una rivelazione sta­

tistica pluriannale ed una lunga tradizione scienti­

fica.

La ricchezza mobiliare comprende una infinita

congerie di beni — che è impossibile catalogare con

precisione — gran parte dei quali viene occultata

nelle denuncio e sotratta ad ogni accertamento e

tassa, come i titoli e depositi al portatore, i credi­

ti senza garanzia ipotecaria, il danaro, la mobilia

ecc. Onesti mobili — detti di difficile accertamen­

to, perchè sfuggono alla vigilanza fiscale — preval­

gono nei paesi -più avanzati nel commercio come il

Nord l’Italia; mentre i mobili di facile accertamen­

to, quali i titoli nominativi dello Stato delle Pro­

vincie e dei Comuni, i depositi nominativi, le cau­

zioni, i crediti ipotecari ecc. prevalgono nel Sud

Italia. Naturalmente il coefficiente di evasione è for­

te nei beni di difficile accertamento: sembra pro­

cedere da un minimo di 45 per cento per la mobilia

propriamente detta, al 75 per cento per i crediti

chirograiari non registrati, all’85 per cento ed oltre

per le varie categorie di titoli o risparmi al porta­

tore., al 90 per cento pel danaro e mobili vari; e mi­

nore nei beni di facile accertamento; sembra poter­

si escludere pei créditi ipotecari, e procedere da un

minimo del 50 per cento pei titoli nominativi di Sta­

to, Pr.ovincie e Comuni, ad un massimo del 40 per

cento per i depositi a risparmio, in, conto corrente,

cauzioni ecc. di natura nominativi. L’evasione pro­

babile per la ricchezza mobiliare complessiva si

av-19 A gosto av-1917 — N . 2259

vicinerebbe — secondo l’opinione del Contento — ai

2/3 del valore effettivo o a circa 162 per cento del

valore denunciato, proporzione notevole quando si

pensi che in tale categoria generale di

ricchezza

rientrano per quasi 2/3 i beni di facile accertamen­

to, che tendono ad abbassare il livello del coefficien­

te generale.

Stabilita così resistenza e l’entità del fenomeno

evasivo nelle denuncie di trasmissione della ricchez­

za mobiliare,

quid

della diversa tendenza all’evasio­

ne nelle diverse regioni? Elementi precisi di valuta­

zione del fenomeno non ce ne sono, pur non m an­

cando criteri differenziali pei quali

il fenomeno

stesso può graduarsi per regioni. Si notano elemen­

ti caratteristici per le regióni settentrionali e per le

meridionali la cui frequenza ed intensità rivela nel

Sud una maggiore tendenza, di fronte al Nord, alla

occultazione della ricchezza mobiliare trasmessa, il

che viene ad aggravare e non ad elidere la pari

tendenza già notata pei trapassi della ricchezza im­

mobiliare.

Ecco gli elementi caratteristici o prove che di­

mostrano attendibile il risultato ottenuto;

1) Anzitutto, tendendo dal Nord verso il Sud,

si nota sempre, minore proporzione delle successio­

ni sia mobiliari che immobiliari in rapporto al nu­

mero dei proprietari

corrispondenti, o viceversa

l’aumento relativo delle donazioni. Da ciò si dedu­

ce che una parte notevole delle successioni, nel Sud

Italia sfugge all’accertamento, o viene sostituita da

donazioni a scopo di frode fiscale la quale si con­

suma perchè donando i beni in vita si evita l,a tas­

sa sull’accresciuto valore di essi al momento della

morte del donatore : e perchè donando in vita una

congrua parte di beni si può procurare la evasione

completa del residuale patrimonio purché di picco­

lo valore.

2) ,Si nota poi nel Sud Italia, la diminuzione,

in rapporto al totale del Regno, del risparmio no­

minativo successorio, mentre tale diminuzione non

dovrebbe esserci se isi tenga presente la quota capi­

tale corrispóndente del risparmio nosta.le. Si deduce

che nelle provincie meridionali si riesce a celare

melle trasmissioni successorie una quota piuttosto

elevata di risparmi nominativi e di risparmi al por­

tatore, i qùali dovrebbero figurare nelle denuncie in

maggior misura di cuello che non risultino.

3) Si nota inoltre, nel Sud, una maggiore pro­

porzione che non nel Nord, di successioni ^eredita­

rie che sfuggono a qualsiasi tassa per essere il pas­

sivo elevato talmente da assorbire l’attivo — cosa

che non dovrebbe avvenire con tale frequenza avu­

to riguardo alla ricchezza generale delle provincie

meridionali comparativamente

a quelle settentrio-

nali.La tendenza a gonfiare il passivo ereditario *-

esagerando in speciale modo le spese funerarie e di

ultima m alattia — in ~uisa che queste nel Sud ap­

paiono^ proporzionalmente più elevate che non nel

Nord, e arach’esso un indice diretto della più accen­

tuata tendenza evasiva.

4) Non mancano poi altri sintomi, sia pure se­

condari o indiziari, che valorizzano le prove prece­

dentemente esposte quali: la più forte proporzio­

ne, scendendo da] Nord al Sud, delle quote mini-

‘me ereditarie, il che può essere effetto di fraziona­

menti artificiali e fraudolenti; la maggior frequen­

za delle trasmissioni in linea retta o fra coniugi,

il che può essere voluto come effetto della mino­

re percentuale di tassa che colpisce i trapassi fra

stretti congiunti; la maggiore conoscenza,

anche

fra le classi meno colte, delle disposizioni fiscali; e

la maggior tendenza alja frode rivelata nelle stati­

stiche criminali.

Il Contento, per ridurre in cifre i risultati, sia

pure incerti della sua analisi — considerato che

nessuno degli elementi rilevati può da solo essere

sufficiente a fornire un criterio di gradazione, men­

tre tutti insieme abilitano a ritenere che la ten­

denza all’elevazione si svolga nel senso dell’au­

mento da Nord a Sud — pensa, che, in mancanza

di basi specifiche di discriminazione. Si possa rite­

nere che il fenomeno si svolga nella stessa m isuri

di intensità relativa regionale con la quale si prfc

senta quello per la ricchezza immobiliare onde fat

,

ti i necessari calcoli, dà il seguènte quadeo nume

rico :

(5)

19 A gosto 1917 — N . 2259 L ’ECONOMISTA 633 . Ili-ri; il» $ orR ic ch ez z a m o b ilia re d en u n cia ta E v a sio n e

m ed ia °/o R ic ch ez z a c a lc o la ta S u c c e s ­ sio n i D o n a z io n i To t a l e N ord . . . 2 7 4 . 7 2 7 . 2 3 0 1 . 9 1 3 8 .5 7 2 Ò .0 C entro . . 6 3 . 0 2 3 . 3 8 6 . 3 1 4 4 .7 2 1 1 . 2 S ud . . . . 6 2 . 6 3 6 . 6 9 9 . 2 2 1 4 . 5 3 1 1 . 9 Sicilia. . . 33.2. 1 5 .9 4 9 . 1 2 7 4 . 6 1 8 3 . 9 Sardegna. 3.5 0 . 5 4 . 0 2 4 6 . 4 1 3 .8

Reggo.

. . 4 3 7 . 0 . 1 0 3 .1 5 4 0 .1 1 6 2 . 2 * 1 4 1 6 .1

•A p a r te il v a lo re so la m e n te a p p ro s s im a tiv o dei r is u lta ti o tte n u ti, e le rise rv e s u ll’efficacia di q u e sto o q u e irin d iz io s in g o la rm e n te c o n s id e ra to ; è certo c h e il v a lo re , s ia p u re d i te n d e n za , delle co n c lu sio ­ n i p rese , n o n pu ò essere d isc o n o sciu to , ed è feco n ­ do di co n seg u e n ze n el cam p o d e l la te o ric a ed ev e n ­ tu a lm e n te a n c h e n e lla p r a tic a .

DAZI F IS C A LI E P R O T E T T O R I .

Nel fascicolo commemorativo di Vilfredo Pareto non potè trovar posto questo articolo del sommo economista; lo diamo oggi ai nostri lettori i quali sapranno facilmente applicarlo alla questioni che stanno per dibattersi nel nostro paese ora come vent’anni fa.

Preg.mo Sig. Direttore éell'n Economista »,

• lo sono un ignorante che desidera imparare l ’economia politica dei nostri governanti, ma molte difficoltà mi in­ gombrano la via per rimuovere le quali vorrei, toltane da lei licenza, esporre alcuni miei dubbi nel suo giornale, sperando rinvenire qualche anima pietosa che me li sciolga.

Non creda già che l ’ignoranza mia nasca da caparbietà o da ritrosia allo studio, tutt’altro : sono sempre paratissimo a ricevere gli insegnamenti di chi mi voglia istruire. Per esempio quando fu imposto il dazio di tre lire al quintale sul grano, studiai così bene gli argomenti recati dai nostri egregi agrari per giustificarlo, che ne discorrevo come un libro stampato. Ma ora quel dazio è stato alzato alla cheti­ chella sino a cinque lire, e più non so se valgano gli stessi argomenti in favore, o se occorra studiarne altri. Che il dazio di tre lire, come ben ebbe a dire il nostro ministro di agricolturua e commercio, fosse soltanto fiscale e non protettore, è cosa evidentemente tanto evidente che spero nessuno ne vorrà da me la spiegazione, ma se pure alcuno cotanto indiscreto si trovasse da richiederla, confesso altro non avere 'da rispondere se non che doveva accadere per una certa virtù- occulta del numero tre, ritenuto perfetto dagli antichi come ognuno sa. Quest’ottima ragione* forse non sarà menata buona pel dazio- di cinque lire ora imposto in modo lodevolmente fulmineo come dice la relazione mi­ nisteriale, perchè invero chi mai ha per cabalistico il nu­ mero cinque? Ed ecco nascere uno dei. dubbi che le ac­ cennavo : dobbiamo ancora dire che il dazio di cinque lire sia solo fiscale, o non sarebbe meglio gettar la maschera e chiamarlo apertamente protettore?

Riguardo all’effetto del dazio di tre lire sul prezzo del grano e del pane si fa presto a dimostrare che non poteva essere altro che nullo. Anzi, tanti erano coloro i quali do­ vevano andare a gara per compensare e per togliere l ’ag-1

gravio ai consumatori, da quasi dare speranza che la nuova gabella facesse scemare il prezzo del pane. Stiamo a sentire.

Prima toccava agli americani, i quali di botto dovevano rimettere di tasca il nuovo dazio italiano, e di tanto scemare il prezzo del grano. Ma sin'ora queste furono ciancie e non fatti, che convertite in vento tornarono in niente. Per

altro in questi giorni venne notizia avere alcuni deputati ai Congresso proposto che fosse dallo Stato pagato un pre­ mio per favorire ¡’esportazione del grano dagli Stati Uniti. La qual cosa altro non dimostra se non che la razza degli agrari » fiorisce e prospera, come quella della fillossera, egualmente bene di qua e di là dell’Atlantico. Ma dal det­ to al fatto v ’è un gran tratto, e per ungersi il grifo a spese dei contribuenti, occorre ancora agli agrari americani pro­ cacciarsi l ’approvazione del -Congresso, mentre ai nostri bastò ottenere il favore del Governo

Dopo, o contemporaneamente, agli americani si sarebbe­ ro fatti innanzi gli intermediari, gli speculatori : — scusi, voleva dire : gVingordi ed infami speculatori, — tutti dispo­ stissimi a pagare del proprio il dazio di tre lire.

Alle brutte, infine, questa broda ricadeva sui fornai, i quali, mercè il contegno energico e risoluto suggerito al Governo dal relatore della commissione parlamentare, o in grazia dell’instituzione del calmiere, da altri proposta al parlamento, sarebbero bene stati costretti a non rincarare il pane.

Dopo l ’applicazione fulminea dei nuovi dazi sui cereali, pare che il Governo italiano non manifestasse la desiderata energia, poiché vediamo sui giornali che in tutta Italia i fornai rincararono il pane dove di tre, dove di quattro cen­ tesimi al chilogramma. Per altro alla manchevole energia del Governo si sostituì quella degli operai tumultuanti in Roftia, la quale forse parrà anche soverchia all’egregio relatore della Commissione parlamentare, perchè toglieva­ no ai fornai il pane senza pagare neppure il becco di un quattrino, mentre, bisogna esser giusti, il nostro buon re­ latore non intendeva negare ogni retribuzione ai fornai e si .appagava fosse limitata a quel tanto da lui stimato equo. Ma che vuol’egli, intervenne a lui come ad Antonio Ferrer nei « Promessi Sposi » : posti certi principi si scansa ma­ lamente il pericolo di trascorrere al di là dai giusti ter­ mini.

Un altro argomento in favore del nuovo dazio sul grano ci viene suggerito dall’acuta osservazione di un nostro legi­ slatore il quale propose di imporre un dazio di confine sul granoturco, per cagione d ’igiene, dice lui. Infatti è ben noto essere solo per questo che i miseri pellagrosi si ciba­ no di polenta invece che di pane e chi facesse rincarare la polenta farebbe sì che mungerebbero pane. Or bene se que­ sto sta, chi non s ’avvede come facendo rincarare anche il pane indurremo il popolo ad alimentarsi di carne ? Così è fama- che una principessa francese, sentendo dire, in tempo di carestia, il popolo non avere pane, rispondesse : a O po­ veretti, ma perchè non mangian pasticcini ?».

Con tutto ciò eccoci ih un beU’impiccio.

Dobbiamo seguitare a negare che il dazio sul grano non accresce il prezzo del pane ? E allora come -ce • la caviamo col fatto che il rincaro è veramente avvenuto? Fare asse­ gnamento sull’ignoranza altrui spesso giova, ma non poi sino a voler persuadere chi paga più caro il pane essere questa una illusione. Metto pegno che neppure al più astu­ to e truccatore dei nostri agrari verrebbe fatto di uccellare in sì fatto modo il prossimo.

Sull’argomento del rincaro del grano la relazione mini­ steriale sui nuovi provvedimenti finanziari non dà nè in tinche nè in ceci. Un poco pare ammettere l’aumento del pane, un poco lo nega o procura di attenuarlo.

A pag. 3 sta scritto :

« Sembra superfluo il ripetere che tranne i dazi sui pro­ dotti coloniali... i daaé di confine non hanno soltanto valore fiscale, ma ne hanno uno economico che diventa di Primo

Ordine, quando il prodotto colpito da gabella doganale si ot­

(6)

634 L’ECONOMISTA 19 A gosto 1917 — N . 2259 Ottime parole, chiare, precise, tanto da parere scritte da

un economista ; senonchè, giunti a pag. 7 della stessa re­ lazione, ci s ’avvede che il valore economico di primo ordine del dazio sul grano è dileguato per via, e leggiamo :

« Importa però che l ’ausilio che col dazio si vuole dare ai proprietari della terra non passi il limite al di là del quale si possa ragionevolmente temere un aumento sensi­

bile sul prezzo del grano ».

E più oltre :

« Nè la necessità di proteggere l’agricoltura, nè alcuna ragione di finanza c ’indurrebbero a proporre ora l’aumento del tributo dalle tre alle cinque lire se fossimo convinti di fare cosa pregiudicevole notabilmente al consumo ».

Eppure riesce malagevole ammettere che il valore econo­ mico del dazio sul grano sia ad un tempo di primo ordine e

insensibile, « per la contraddizion che noi consente ». Chi

poi ne fosse vago può in breve conoscere Quale sia vera­ mente 1 aumento di prezzo del grano, e l ’aggravio ai consu­ matori. Invero il prezzo del grano è. ora dalle 22 alle 23 lire in Italia, sarebbe di 17 o 18 lire senza il dazio di cinque li­ re ; dunque il valore del dazio è più di un quarto del costo del grano ; e la, relazione ministeriale Io dice appena sensi­ bile 1

In quanto all’aggravio dei consumatori, poiché il consu­ mo del grano è di circa 43.000.000 di quintali all’anno, ne segue che, se l ’aritmetica non mente,' i consumatori do­ vranno pagare ogni anno, in ragione di cinque lire a quinta­ le, una somma totale di 215 milioni di lire. E ’ una bella moneta ,e ci vuole la faccia franca per asserire che l ’ag­ gravio al consumo non è notevole!

E ’ vero che per farlo apparire minore si divide quella somma pel numero degli italiani, ossia trenta milioni, meh- tendo alla pari pel consumo del pane i lattanti e gii adulti, i ricchi pei quali il pane è solo condimento alle altre vi- vante — e i poveri per molti dei quali diventa troppo spesso un cibo di lusso, e ricavasi in tal modo che ogni italiano viene gravato di sole sette lire e dieci centesimi circa al­ l ’anno; somma assai piccola invero. Ma perchè fermarci su così facile via ? Facciasi il computo per ogni giorno e si troverà meno ancora ; proseguiamo e troveremo che per ogni ora ogni italiano è aggravato di soli otto centesimi di centesimo ! Ma guardi lei se potevano essere più discreti i nostri agrari e se altro che giusta cagione muove la relazio­ ne ministeriale, quando asserisce non essere notevole l ’ag­ gravio del consumo !

Non so se m inganno, ma questo modo di argomentare non mi giunge nuovo : ci si vede qualche analogia con quello che Platone fa usare a Eutidemo e a Dionisodoro. Allora quei valentuomini chiamavansi sofisti, ed ora chi ne imita il modo di ragionare vuole essere tenuto per uomo pratico, e noi, meschini, perchè diciamo che infine i 215 milioni pagati annualmente dai consumatori, si dividano co­ me si voglia, tornano sempre in totale 215 milioni, siamo chiamati uomini teorici e dogmatici, e la relazione mini­ steriale ci ammonisce così :

«__ Vi sono condizioni inesorabili di fatto, di fronte alle quali cede la rigidità dei principi e dei sistemi. Principi "e sistemi che in tanto sono giusti e ragionevoli, in quanto l ’ap­ plicazione ne sia pure temporaneamente nella vita economi­ ca delle nazioni; onde l ’arte di governo, se deve ispirarsi ai più alti e ai più retti criteri, non deve seguire ciecamen­ te alcun dogma ».

Tra i dogmi che non deve ciecamente seguire l’arte di

governo si vede esserci anche quello della precisione e chiarezza dei concetti. Mi pare quasi che Eutidemo e Dio- nisidoro discorressero meglio.

Ma quali dogmi e quali sistemi ci vanno cercando? Di ben altro disputasi, e il fatto sta così : ci prendono 215

mi-iioni all’anno, dei quali soli 45 vanno al governo e gli altri 170 se li pappano i proprietari di terre coltivate a grano. E noi, per i 45 milioni che aggraffila il governo, alle brutte e di gran malavoglia useremmo pazienza, ma degli altri 170 milioni non vorremmo proprio essere spogliati. Qui si contende del mio e del tuo, e non di principi rigidi o no. Se ci dicessero : il governo per soddisfare a ll’inclinazione spendereccia dei suoi sostenitori, che si dilettano di ferro­ vie inutili, di imprese africane e di altri simili balocchi, ha bisogno di denari e li toglie a chi può. I possidenti resi­ stono virilmente, lasciano che il governo imponga per sem­ plice decreto reale un balzello come quello sul grano, ma se si provassi a battere la stessa via per ristabilire i decimi della fondiaria lo rovescerebj>ero incontanente. Si sono fatti togliere quei decimi mentre aggravavano d ’imposte i loro concittadini, ed ora seguitano ancora non solo ad ag­ giungerne altre nuove, ma del prodotto di queste intendono fare a mezzo col governo. Il popolo invece, con pazienza veramente supina, sopporta qualunque aggravio sul consu­ mo si imponga, ben a ragione dunque su di esso debbono pesare i novi carichi ; le pecore convien che sieno tosate.

Questo sì che sarebbe parlar chiaro, e per me, conforme al vero.^Io credo che contro ragione ce la prendiamo coi ministri, mentre ce la dovremmo rifare coll’abuso del par­ lamentarismo e colla maggioranza che ci governa, imperante la quale altri ministri facilmente farebbero peggio, certo non meglio dei presenti. Qra in Italia tra Camera e Gover­ no si sono invertite le parti : quella vuole ognora nuove spese, e preme i contribuenti, questo procura per quanto può di difenderli. Degno di nota è il processo seguito neP l ’imporre ed accrescere i dazi di confine sui cereali. Quan­ do fu stabilito quello di tre lire sul grano, ancora non eravi certezza che il popolo si lascerebbe spogliare senza tentare almeno di resistere, e perciò operavasi cautamente. Allora gli argomenti volgevansi a persuadere ai consumatori che ben lieve o nullo era il peso che avrebbe dovuto sostenere. Ma pochi mesi dopo, tanto è il cammino percorso, che nella relazione ministeriale sui provvedimenti finanziari del 23 febbraio di quest’anno, il governo può, non dandosi al­ cun pensiero dei consumatori, volge sommeso e riguardoso il discorso ai signori produttori di grano, scusandosi di non avere fatto subito quanto potevano desiderare e dice :

»M a l’esperienza ci convince che i nostri dubbi {quelli dell’opportunità d ’imporre prima un dazio di lire cinque sul grano) erano esagerati. Non chiediamo però venia dell’er­ rore, se errore vi fu veramente; poiché ci dovrebbe larga­ mente assolvere la natura del sentimento che ci guidò in una sì delicata materia e finì col prevalere sui freddi calco­ li della ragione ».

Trascorre ancora un mese, ed il governo, vedendo che i consilmatori non fiatavano, aumenta con altro decreto reale il dazio sul riso da 6 a 11 lire al quintale, e nella relazione del 12 marzo se la cava con pochissime parole per giustifi­ care quel decreto e proporre che sia convertito in egge, dice senz’altro :

(( Questo provvedimento ci è stato suggerito dalla neces­ sità di accrescere la tutela alla produzione nazionale del ri­ so, la quale nonostante l’introduzione ex novo del diritto di confine, approvata dal Parlamento, l’anno decorso versa in condizioni di sofferenza ».

E basta. Sta bene, invero, che il popolo paghi più caro la sua minestra di riso perchè i grandi proprietari di risaie possano trarre vita nobilmente oziosa. Quale sventura per la patria nostra sarebbe, se i figli loro, invece di mantenere sgualdrine e di poter visitare :

... V are a Venere sacre e al giocatore

Mercurio, ne le Gallie e in Albione,

(7)

19 A gosto 1917 — N . 2259 L’ECONOMISTA 635 poco di moderazione da quegli eccelsi signori e rivolge loro

calde parole per persuaderli a permettere almeno che sieno ristabiliti i decimi dell’imposta fondiaria. Ma già si sa che la commissione parlamentare rifiuta recisamente ciò, mentre approva, senza la menoma osservazione, gli aumenti dei dazi sui cereali.'* Questi signori votano allegramente le mi­ gliaia di chilometri di ferrovie e le spese per le imprese guerresche, ma quando è tempo di saldare il conto, allora nicchiano, si tirano indietro, e lasciano ai loro concittadini di provvedere.

Un bel caso è pure testé accaduto. L ’on. Saracco, con­ scio delle tristi condizioni dell’erario, proponeva di proce­ dere un poco più adagio nella costruzione delle nuove fer­ rovie, ma la commissione parlamentare non l ’intende dav­ vero a quel modo, vuole che si facciano tutte e tosto, e, quasi al danno, volesse aggiungere lo scherno, invita il Go­ verno, che già non sa più come fare quattrini per sopperire alle spese attuali, ad escogitare i provvedimenti per far fronte alle nuove !

Costoro non ci condoneranno la spesa di un chilometro di ferrovia, non ci faranno grazia di un giorno per compiere le loro direttissime. Ben altre cure stringono i nostri alti ba­ roni parlamentari che non quelle di alleviare le miserie del popolo. Il popolo paghi e soffra in silenzio, e se la miseria lo caccia dalla patria e vuole emigrare, hanno pronto il ri­ medio. Per ora è proposta al Parlamento una legge, la quale, come se fosse delitto l ’emigrazione, punisce chi la consiglia, ma non è che un primo passo fatto per legare il colono Mia gleba, e se sarà agevolmente compiuto, presto A r a seguito da altri come il dazio di tre lire sul grano fu

dopo pochi mesi accresciuto sino a cinque.

Ora come tacciono i nostri socialisti della cattedra, che per l ’addietro tutti cascanti di vezzi narravano con si pie­ tosi accenti le sofferenze del popolo italiano conculcato per cagione del teorico vaneggiare degli economisti? Quale si alto sogno li ha accolti da non lasciare loro scorgere le male azioni del loro idolo, del dio Statcq.il quale doveva sollevare

ì .miseri, ed invece in ogni modo li opprime ? Essi volevano

togliere ai ricchi per dare ai poveri, e noi, in nome, della giustizia, ci opponevamo ; ora si foglie ai poveri per dare ai ricchi, e noi ancora ci opponiamo per quella medesima giustizia dianzi invocata, 'aggiuntavi la pietà ; perchè dun­ que ora non li abbiamo compagni nella lotta, perchè -diser­ tando la loro bandiera lasciano noi soli sulla breccia? Sia­ no noi i tutori di una scienza dogmatica e crudele, noi dot­ trinari, gli epuloni della scienza, soli rimasti a difendere le ragioni dei miseri e fatti forti dalla nostra fede nei principi del giusto e dell’onesto, i quali inesorabilmente condannano chi s ’appropria dell’altrui, ci basta l’animo di segnare in fronte gli spogliatori del popolo.

Queste cose molti le pensano come noi, ma ne tacciono in pubblico, e solo ne brontolano in privato, prendendo for­ se esempio da quei nostri legislatori pei quali è ormai dive­ nuto costume dare il voto palese ad un modo e quello se­ greto ad un altro ; e noi apertamente le diciamo perchè fra i troppo rigidi principi morali che ci rimproverano, vi è pure quello che ci fa reputare indegno di uomini liberi l ’a­ vere a vile quella doppiezza di chi usa due modi di par­ lare, anzi di agire...

Con tutta stima mi confenpo

Dev.mo : VILFREDO PARETO.

L ’A m m i n is tr a z io n e sa r à g r a ta a q u e i le t t o r i che p o s s e d e n d o i fa s c ic o li 2108, 2109, 2110 r is p e ttiv a ­ m e n te d e l 27 s e tte m b r e , 4 e 11 o tto b r e 1914 v o r ­ r a n n o r ito r n a r li ai n o s tr o in d ir iz z o , perchè- e s s i ci m a n c a n o p e r c o m p le ta r e a lc u n e c o lle z io n i. n o t e e c o n o m i c h e e f in a n z i a r i e

Commercio estero e confini territoriali. — La. « Arbei-te r Z eitung » pubblica le seguenti considerazioni.

N ella lo tta per l a restaurazione della pace e delle e- conomie m ondiali la propaganda p er una « Pace senza annessioni # incontra- un'obiezione capitale. Uno Stato, si suppone, non può vivere se non possiede i te rrito ri necessari per il suo bisogno di m aterie prime. Quest ar­ gomento è usato dagli annessionisti d i Germania, che estendono la loro concupiscenza d i conquiste ai cam pi di ferro d ella Lorena francese e a i campi d i carbone della Polonia russa. Q uest’argom ento si basa, come ultimo rifugio, su ll’idea di « -autarchia » o auto-sufficienza, ^ 1 i- dea cioè che i confini entro le proprie aree economiche quanto basta allo S tato d i m ateriale grezzo in guisa da renderlo indipendente dagli a ltr i1 Paesi. -Ma, siccome oggidì estendersi d al polo a l l ’equatore. L ’a u ta rc h ia è dunque irrealizzabile se non si m e tta a soqquadro il

mondo intero.- . ■

E ’ senza dubbio un vantaggio per qualsiasi S tato di possedere il più possibile d i m ateriale grezzo, m-a, -per quanto u n ’area economica sia d o ta ta riccam ente d alla n a tu ra , pure non può fare a meno d i im portare d a l­ l ’estero.

E ’ quindi d a studiare anche se l ’annessione d i qu al­ che nuova sorgente d i approvvigionamento compensereb­ be l ’inim icizia perm anente che l ’innovazione verrebbe ¡a po rtare fra tu t t i i vicini.

G li annessionisti in d u stria li d i G erm ania tendono so­ pra tu tto ad acq u istare le m iniere d i ferro e d i carbone col p retesto d i assicurare all-a G erm ania il suo fabbiso­ gno di meta-ili. Corrado O tto H u e li confuta citando fa t­ ti precisi.

« L a G erm ania abbisogna d i -oltre 200.000 tonnellate d i ra-me a ll’anno, m a ne produce -soltanto- l a decima- p a r­ te. L a sua sorgente principale d i rifornim ento è l ’A­ m erica del N ord e, in m inor grado, l ’A ustralia. Senza queste im portazioni ha m ultiform e ed estesa in d u stria delle macchine d i G erm ania ed anche la sua in d u stria e lettric a -non potrebbero svilupparsi. Appena- un terzo del- piombo necessario a lla Germania- è fornito nell-o Stato. Ancona nel 1913 il fabbisogno -superava le 200.000 tonnellate, e la, -sola A u stralia ne provvedeva 142.977. L a G erm ania produce, è vero, più zinco d i q u an to ne abbisogni; d ’a l tr a p a rte la -sua produzione d i stagno è misera, ed essa è c o stre tta a im portarlo quasi compieta- m ente d a lla Bolivia, d a ll’In d ia e d alle Ma-lacche. An­ cora, la G erm ania riceve sette ottavi, d el -suo nickel dalla- Nuova Caledonia-. L a G erm ania non produce p la­ tin o ; il m ercato m ondiale d e ll’articolo è -retto d alla R ussia (negli Ura-li) e d a lla Columbia. L a G erm ania de­ ve fa r venire- il suo oro d a ll’A frica m eridionale inglese, d a ll’America e d a ll’A ustralia. L a G erm ania produce ap­ pena il quinto- del-largento di cu i abbisogna e deve im­ p ortarlo d alla Nuova -Galle d el Sud, d a l Nord e Sud America. A ncora: la Germania, non produce m ercurio: nel 1912-13 il suo in tero fabbisogno veniva d-a;ll’A ustria e d a ll’Ita lia . L a maggior p a rte del suo- zolfo è im portato d a lla Spagna e d a ll’Ita lia . La Germ.ania deve -alla F ra n ­ cia la maggior pa-rte delle m aterie prim e p er l a s-u-a in­ d u s tria d e ll’allum inio e, di fatto, la produzione m ondiale d ell’allum inio è co n tro llata d a un sindacai? internazio­ nale.

« N ella stessa po-sizionè, eccetto che p e r i,l mercurio, sta p u re l ’A u stria per tu tte le m aterie prim e. P e r esem­ pio, nel 1912 l ’A u stria dovette im portare notevoli q u an ­ tità d i m inerali e d i m etalli : 1.500.000 tonnellate d i so-le piriti, 622.000 di m anganese e 353.000 di zinco. Anche la G erm ania deve im portare d a l Caucaso c dagli U ra li due terzi del suo manganese. I l bacino di ’Longwy-Briey, che gli annessionisti tedeschi si accaniscono a non cedere, non h-a manganese, eppure g li annessionisti dicono che abbisognano del m anganese di Longwy #.

I l m etallo più im p o rtan te peT la lavorazione è l ’ac­ ciaio. N on v’h a dubbio che è di notevole vantaggio poter avere un largo rifornim ento di ferro, specialm ente se vi sono cam pi di carbone a p o rta ta di mano.

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rap-636 L ’ìXJO N O M ESTA 19 A gosto 1917 — N . 2259 porto, in condizioni m igliori della sua principale rivale

industriale.

La produzione pro p ria potrà probabilm ente sopperire alle in d u strie in G erm ania per un periodo d i tempo mag­ giore che in F rancia, m a la produzione di quest’ ultim a dipende q uasi in teram ente dal campo di m iniere di Longwy-Briey (intorno a l 50% nel 1913). I/aissorzione che le in d u strie di ferro e d ’acciaio in F rancia dipenda­ no unicam ente d al m inerale di Norm andia e del sud- ovest d ella F ra n cia è infondata. Quindi la p erd ita di Longwy-Briey sarebbe p er l ’industria francese a ltre tta n ­ to grave quanto il distaccò delle miniere di Lorena dal- 1 area economica tedesca, e questa è una delle ragioni p er cui le Banche e gli in d u stria li di F rancia patrocinano il ricupero d e ll’Alsazia-Lprena. Interèssi capitalistici vogliono la guerra d ’ambo le p arti e m ettono avanti i bi­ sogni generali economici come pretesto. L a produzione di ferro grezzo in G erm ania h a distanziato q uella di F rancia e persino d ’In g h ilterra. La Germania, com un­ que, non deve questa superiorità al possesso delle m i­ niere 'di Lorena, poiché essa im portava oltre 10.000.000 ' di tonnellate di m inerali d i molto valore d alla Spagna. 3 dalla. Svezia, 5 d a lla F rancia, quasi tu tto di qualità inferiore, il che significa ch ’essa produce soltanto 1.000.000 d i tonnellate di ferro grezzo.

Quindi, anche se non fosse venute del m inerale da Briey, d istre tto di F rancia, la produzione tedesca d i fer­ ro grezzo avrebbe sorpassato quella d e ll’In ghilterra. Non sono i m inerali di F ra n cia m a quelli di Scandinavia che hanno u n ’im portanza decisiva nel commercio di im por­ tazione d ella Germ ania, sì per q ualità che per quantità. M a questi m inerali d i Scandinavia vengono alla Ger­ m ania « non attraverso l ’annessione, m a attrav erso il mercato libero ».

Abbiamo citato questi fa tti per m ostrare i sistemi e r­ ra ti degli annessionisti. Poiché in G erm ania il possesso di Longwy-Briey è rep u tato come uno scopo vitale di guerra, così i m agnati di F rancia stim ano la guerra p erd u ta senza la restituzione d e ll’intero territorio m ine­ rario d ella Lorena tedesca e dei campi di carbone della Satare.^ -Ma noi preferirem m o situazione in cui. i po­ poli vicini usassero le loro ricchezze m inerarie nazionali per il reciproco scambio e l ’estensione d ella coltura.

Taglio di boschi. — Le nostre foreste sono ben lontane dal subire la tem u ta « devastazione », afferma il dott. L. Mar.ano-Bonghi. Del m ilione circa d i m etri cubi di" le­ gnam e d a costruzione, occorso in occasione d ella guerra e delle cessate im portazioni, un terzo circa venne asse­ gnato com plessivam ente a lle principali foreste di pro­ prietà dello Stato, a lle foreste di pino d ella « Magna, » ila », a lle tr e foreste toscane di « Boscolungo » « Ga-m a Idoli », « ValloGa-mbrosa ».

A conti fatti, e messa a confronto la estensione di co- teste foreste e le riserve d i legname maturo,, accum ula­ tevi diagli effetti della legge del 1901 sulle stazioni clim a­ tiche (che p er 15 anni lim itò le utilizzazioni delle tr e fo­ reste toscane e d el ,Cansiglio nel Veneto ai soli alberi deperiti o a tte r r a ti d alle meteore) col q u antitativo di legnam e tag liato e in corso di taglio, si ricorsero i se­ guenti rap p o rti :

«C am aldoli», estensione d ell’abetina, e tta ri 603, e- stehsione dei tagli e tta r i 87, rapporto un settimo.

« Vallom brosa », estensione dell A betina e tta ri 368, e- istensione dei ta g li e tta ri 42, rapporto un nono.

« Boscolungo », estensione d e ll’abetina e tta ri 831, e- stensi-pue dei ta g li 117, rapporto un Settimo.

R apporti che, se invece, d e ll’estensione delle sole abe­ tine, si considera^ quella dotale delle foreste, compresivi cioè le faggette è i boschi d i a ltr e specie, si riducano :

a 1/16 per « Cam aldoli », la cui estensione to ta le è di e tta ri 1400 ;

a 1/35 p er « Vallombrosa », la cui estensione è di ; e tta r i 1500 ;

a 1/26 p e r « Bascolungo », la cui estensione è d i e t­ ta ri 3000.

Quanto a l « Cansiglio » (siccome i tagli si fanno a « scelta » e non a « raso » come nelle foreste toscane), il | /rapporto* anziché tr a a re a tagliata- va stabilito t r a la m assa di a lb e ri costituenti il soprassuolo della foresta, e quella che viene a s p o rta ta con il taglio.

Su 5332 e tta ri (che ta n ta è l ’estensione del « Cansi- I glfo ») si trovano accum ulati nel 1915, non meno d i un , m ilione d i P ietri cubi d i legname, in g ra n parte stram a­ turo. Di questo, a fine del 1917, se ne troverà forse ta ­ gliato non più di 150 m ila m etri cubi, meno quindi del- I l a settim a parte.

Nelle foreste d ella « Sila », il taglio d i 120 m ila m etri cubi di pino ultrasecolare non sarà che un primo, u tile passo verso la valorizzazione d i quella cospicua ricchez- za forestale, che le difficoltà ed il costo dei trasp o rti h a fatto via via accum ulare ned. vasto dem anio istLlaPo, che occupa ora, dopo i recenti acquisti fattiv i d a ll’A­ zienda forestale d i S tato, ben 6643 ettari.

I n q uanto a l modo con cui i ta g li vengono eseguiti lo S tato non si è trovato im preparato di fronte a l l’indiriz­ zo d a dare a lle utilizzazioni, m an mano richieste d alla guerra.

P e r le foreste toscane lo studio e l ’esperienza fa tta dei diversi metodi d i trattam e n to ap p ro p riati a lle abe­ taie, indicava nel « taglio a raso », d i p articelle divise e dissem inate qua e là nel corpo d ella foresta, la m i­ gliore norm a p er assicurare, dopo il taglio il rimboschi­ m ento, im m ediato e certo, per via d i piantagioni artifi­ ciali ; costoso assai più di quello ottenuto p er via di d is­ seminazione n a tu ra le / m a che, per essere il più sicuro; fa guadagnare tem po e semplifica notevolmente la tecni­ ca delle utilizzazioni.

Al _« Cansiglio » si.ta g lia, invece, .diradando le vecchie fustaie ed avviandole, con la guida di un piano d i utiliz­ zazione studiato nell’estate 1916, ad una trasform azione delle foggette, d ire tta ad arricchire la b ella foresta, re­

taggio della R epubblica Veneta, in boschi di abete. Non meno rassicuranti, sembra, sono le notizie sulle sorti delle a ltr e foreste, per lo più comunali, destinate a dare, su per giù, gli .altri due terzi del m ilione circa di m etri cubi.

_________FINANZE DI STATO_________

Emissioni inglesi. — D u ra n te il prim o sem estre del­ l ’anno in corso l ’am m ontare to tale d elle em issioni p ri­ vate h a toccato appena la somma d i 8.697.000 sterline. I l Governo inglese, a l contrario, astrazione fa tta d ii Buoni del Tesoro, ha emesso, nello stesso periodo d i tem ­ po, .sterline 1.038.482.500, D i ta l somma, sterline 946.476.710 rappresentano Tairrmontare d e ll’ultim o pre­ stito d i g u erra 4 e 5 per cento, infine 43 m ilioni di ster­ line la vendita d i certificati di risparm io d i guerra.

I l seguente prospetto dà l ’am m ontare dei. capitali' e- messi ih In g h ilte rra, trim estre per trim estre, negli ulti­ m i cinque an n i (in m igliaia di sterline) :

50.344 70.015 29.962 46.216 97.610 54.739 20.266 339.908 46.314 25.693 586.773 « 26.462 156.251 131.022 111.578 186.585 825.925 221.25$ 196.537 512.523 685.242 585.430 1.047.179

I cap itali emessi n ell’ultim a trim estre sono s ta ti r i ­ servati quasi to talm en te a l .mercato interno. T u tta v ia si deve segnalare un prestito dì 3.430.000 sterline a l 51/2 per cento emesso a 98 per conto del Governo australiano.

Le em issioni private si ripartiscono come appresso ; Banche e Assicurazioni sterline 1.500.000, in d u stria del-3 le automobili 332.075 sterline, illum inazione ed elettri­ cità 200.000 sterline, tram vie 100.000 sterline, m anifat­ tu re 78,500 ste rlin e,. diverse 33.000 sterline.

VITA COMUNALE

Mutui ai Comuni. — Sono sta ti concessi m u tu i ai Comuni d i Loro Ciuffenua (Arezzo) L. 13.700 ; R ip atran - sone (Ascoli) L. 39.700 ; M ontefalcino (Pesaro). L. 43.800 ; Monte Grimano. (Pesaro) L. 13.000; Bologna L. 900.000; Bormio (Sondrio) L. 19.800; V al di den tro (Sondrio) L. 15.000 ; V al d i sotto (Sondrio) L. 17.500 ; Vaifuva (Sondrio) L. 9400; Oargiaoo (Novara) L. 27.100.

E ’ stato poi concesso un m utuo al Consorzio della bonifica renana per la somm a d i 4.000.000 d i lire.

LEGISLAZIONE DI GUERRA

Prezzi dei fiammiferi. — I l M inistro delle Finanze, visti i decreti Luogotenenziali 31 agosto 1916,. n. 1090 (Allegato E) e 29 dicembre 1916, n. 1771 ; V isto il de­ creta M inisteriale 31 dicembre 1916, n. 17431 ; D e c i t a : A d a ta re d a ll’l l agosto 1917 i prezzi di vendita dei fiam­ m iferi a l pubblico sono stabiliti come appresso :

A. —i F iam m iferi di cera :

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