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L'economista: gazzetta settimanale di scienza economica, finanza, commercio, banchi, ferrovie e degli interessi privati - A.44 (1917) n.2277, 23 dicembre

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(1)

L’ECONOMISTA

GAZZETTA SETTIMANALE

SCIENZA ECONOMICA, FINANZA, COMMERCIO, BANCHI, FERROVIE, INTERESSI PRIVATI

Direttore:

M. J. DE

JOHANNIS.

Unno U N - Voi. XLVIII

Firenze-Rema, 23 Dicembre 1817 j

y ^ G 4 '. " L pr !o1*

«• 2277

I l prezzo d’ abbonamento è di L. 20 annue,

anticipate

per l’Italia e Colonie. Per l ’Estero

(Unione postale) l’abbona­

mento è di L. 25 annue anticipate. Per gli altri paesi si ag­

giungono le spese postali. Un fascicolo separato L. 1.

S i prega di dirigere lo rimesse e le corrispondenze all’ Ileo-

nomista, 56, via Gregoriana - Roma.

Tornerebbe sommamente gradito alla Direzione de\V Economistadi poter completare ad alcuni vecchi e fedeli abbonati, che ne hanno fatto richiesta, le loro collezioni, alle quali non si è potuto provvedere perchè esauriti presso T Amministrazione i fascicoli mancanti.

Si fa perciò cortese preghiera a coloro che possedessero i fascicoli sotto segnati, e che non volessero conservare la intera collezione di inviarli a Questa Amministrazione : faranno cosi opera gradita agli abbonati predetti.

E cco l’elenco dei fascicoli che sì ricercano:

N . 275 del IO agosto 1879 N. 2071 del 11 gennaio 1914

» 338 „ » 26 ottobre 1880 » 2072 » 18 » » » 818 » 5 gennaio 1890 » 2076 » 15 febbraio » » 822 » 2febbraio » » 2079 » 8 marzo » » 825 » 23 » » » 2080 » 15 » » » 829 » 23 m arzo » » 2083 » 5 aprile » » 860 » 26 ottobre » » 2109 » 4 ottobre » » 862 » 9 novem bre » » 2110 » 11 » » » 864 » 23 » » » 2118 » 6 dicem b. » » 869 » 28dicem bre » » 2227 » 7 gennaio 1915

» 883 » 5 aprile 1891 » 2228 » 14 » » » 835 » 19 » » » 2240 » 8 aprile » » 915 » 15 novem bre » » 2227 » 7 gennaio 1917

» 2046 » 20 luglio 1913 » 2228 » 14 » » » 2058 » 12 ottobre » » 2234 » 25 febbraio1 » » 2060 » 26 » » » 2235 » 4 marzo » » 2063 » 11 novem . 1913 » 2238 » 25 » » » 2064 » 23 » » . » 2240 » 8 aprile » » 2068 » 21 dicem b. » » 2248 » 3 giugno » » 2070 » 4 gennaio 1914 » 2255 » 22 luglio »

SOMMARIO:

PARTE ECONOMICA.

Sulla Esposizione Finanziaria. Sul nuovo regime dei cambi. I tribunali stranieri e la legge italiana. Assicurazione dei combattenti. NOTE ECONOMICHE E FINANZIARIE.

Demografia agricola. — Ue assicurazioni sociali obbligatorie. — M ovim ento professionale in Russia.

FINANZE DI STATO.

Spese d i guerra. — D ebito p ubblico Russo. - - Prestiti degli Stati Uniti.

RIVISTA BIBLIOGRAFICA. LEGISLAZIONE DI GUERRA.

Assicurazione di com battenti. — A bbonam ento ai dazi di consumo. — Istituto N azionale dei cam bi. — T itoli esteri. — Anticipazioni straordinarie. — Professori universitari esteri. — Pagam ento di tributi. — Biglietti del Banco di Napoli. NOTIZIE - - COMUNICATI — INFORMAZIONI.

Dazi di consum o. — Uà m obilitazione agraria. — Banca del­ l’ Italia Meridionale. — Istitu to pei- i cam bi. — Pei rischi ma­ rittimi. — Sospensione d i imposte nel Veneto. — Uffici provin­ ciali per la liquidazione pensioni di guerra. — Uè nuove sedi degli istitu ti profughi. — Come si tutelano gli interessi gene­

rali e particolari in altri paesi.

Situazione degli Istituti di Credito mobiliare — Situazione degli Istituti di emis­ sione italiani — Situazione degli Istituti Nazionali Esteri.

Quotazioni di valori di Stato italiani — Valori bancari — Valori industriali — Borsa di Parigi — Borsa di Londra — Borsa di Nuova York — Stanze di compensazione.

Cambi all’ Estero — Media ufficiale dei cambi agli effetti dell’ art. 39 del Codice commerciale — Corso medio dei cambi accertato in Roma — Rivista dei cambi di Londra — Rivista dei cambi di Parigi.

PARTE ECONOMICA

Sulla Esposizione Finanziaria.

Carcano e Nitti rappresentano indubbiamente l’espo­

nente di direttive diverse, se non totalmente opposte ;

sebbene sia da credersi che il secondo non mancherà di

mantenere, come il primo seppe fare, nell’ambito della

più assoluta e stretta sincerità la esposizione delle reali

condizioni della nostra finanza. Diciamo ciò risovvenen­

doci del disgraziato periodo della gestione dell’ on. Te­

desco, durante il quale si compirono operazioni e si com ­

pilarono bilanci che deploratamente deviarono dalle

tradizioni di una onesta amministrazione. Carcano e

Nitti rispecchiano sicuramente nei metodi amministra­

tivi e l’età loro e la scuola dalla quale trassero gli inse­

gnamenti, e l’epoca politica e nazionale nella quale for­

marono i loro convincimenti.

Da più scrupolosa ed oculata prudenza, la più misu­

rata e limitata tendenza a deroghe dalle classiche norme

amministrative, la premurosa propensione a prevedere,

prevenire e riparare le difficoltà future, formano le ca­

ratteristiche principali della gestione Carcano, il quale

ha saputo conseguire, nel lungo e scabroso periodo della

guerra, il vanto di portare la finanza italiana a superare

tenacemente e validamente quotidiane assillanti esigenze,

con fermezza, con metodo retto, con opera modesta e de­

vota, dedita tutta a mantenere sana e salda la compa­

gine dell’Erario.

Amministratore rigido e stretto fu il Carcano, seguace

quasi del motto : chi va piano, va sano ecc. e perciò

alieno dagli slanci e dagli ardimenti, dai tentativi inno­

vatori, che male avrebbero potuto compenetrarsi al­

l’abito del classicismo economico che informava il suo

agire.

E nelle mani del suo successore egli ha potuto conse­

gnare una situazione di tesoro che nelle attuali contin­

genze e nel raffronto con quelle di paesi ben più ricchi

del nostro, eccelle per robustezza, per struttura equili­

brata e previggente, ancorché gravosa in rapporto alla

ricchezza della nazione. Grato al suo precedessore dovrà

essere il Nitti che, portando nell’amministrazione della

finanza italiana il soffio di idee nuove, di iniziative m o­

derne, di tendenze democratiche, trova a base sicura

dei provvedimenti ideati dalla sua ardita baldanza

un edificio che non tentenna, una costruzione che non dà

serie preoccupazioni di stabilità. Il Nitti si annuncia già

nei suoi primi atti e nella esposizione presentatali 20 cor­

rente alla Camera, di cui nel prossimo fascicolo riporteremo

un esteso riassunto, l’apportatore di una nuova politica

dell’erario. E infatti l’elemento politico che prevale sul­

l’elemento amministrativo nel suo programma, mentre

per il passato prevaleva su qualunque esigenza politica

il precipuo obiettivo del pareggio e dell’equilibrio finan­

ziario. De prime manifestazioni tangibili dell’orientamento

che si vuol dare dal nuovo Ministro del Tesoro alla

finanza italiana, si materiano nell’assicurazione dei

combattenti e nella creazione dell’Istituto dei cambi.

Mentre ci riserbiamo di discutere partitamente e dell’uno

e dell’altro dei prodotti derivati dalla intelligente e ar­

dimentosa mentalità dell’on. Nitti e dal suo sincero feti­

cismo per l’intervento dello Stato sia nella distribuzione

della ricchezza, sia nella regolarizzazione di fenomeni

economici, siamo lieti di poter dedurre dalle parole che egli

ha pronunciate alla Camera, come tanto dall’uno che dal­

l’altro provvedimento egli si riprometta risultati consi­

derevoli.

(2)

882

L 'E C O N O M IS T A

23 dicembre 1917 — N . 2277

organismo economico che va irrobustendosi attraverso

le difficoltà».

Vi ha chi non è perfettamente convinto che tale

enunciazione sia assiomatica, e l’on. Nitti non farà male,

a tener conto anche delle opinioni non completamente

conformi alle sue.

Se non andiamo errati, nella Esposizione finanziaria

dell’on. Nitti vi è un accenno alla emissione di un nuovo

prestito. Non esitiamo ad affermare che già matura il

tempo nel quale risulterà conveniente di riassorbire

dal mercato i Buoni del tesoro, col collocamento dei quali

si fa fronte alle necessità del momento, e che, se le nostre

vicende militari si consolideranno in modo da non dare

la immediata preoccupazione di abbandono di territori,

non sarà difficile chiamare il paese alla sottoscrizione di

un nuovo titolo allettante, purché ci si accontenti di trarne

un ammontare corrispondente nella misura a quello sot­

toscritto nei prestiti precedenti. In tal caso il Ministro

del Tesoro dovrà proporsi lo studio della opportunità che il

nuovo titolo sia anche o meno assunto da alcuni Stati alleati.

Ma di questo ed altri problemi non vogliamo che tutto

ad un tratto si affolli la mente dell’on. Nitti, il quale ha

già dinanzi a sé questioni di non dubbia mole, che non

sarebbe capace, noi crediamo, di studiare e risolvere

senza la dovuta ponderazione.

Sul nuovo regime dei cambi.

Il provvedimento fatto prevedere dal Decreto luogo­

tenenziale 25 novembre u. s. (n. 1900) in quella parte che

conferiva al Tesoro la facoltà di riservare a se stesso, o

a un ente da esso indicato, la cessione del prodotto, in

valuta estera, delle private esportazioni, è ormai un fatto

compiuto: il Decreto 11 corr. (n. 1956) crea, infatti,

l’Istituto nazionale dei cambi, cui viene attribuito ii

monopolio del commercio delle divise.

Senza analizzare le disposizioni di tale decreto — che

i lettori troveranno riprodotto più avanti(1) — notiamo,

intanto, che il nuovo ente viene a costituire il regolatore

della liquidazione delle partite di debito e di credito del

mercato verso l’estero, come quello al quale dovranno

affluire le disponibilità in cambi risultanti sia da transa­

zioni commerciali (tratte, chèques, ecc.) sia da crediti per

preesistenti impieghi di capitale (titoli stranieri e loro

cedole), e dal quale, d ’altro lato, dovranno essere distri­

buiti i mezzi di pagamento a coloro che, per legittimi mo­

tivi, abbiano ad effettuare versamenti fuori del Regno

— vale a dire, per importazioni di merci autorizzate,

per precedenti impegni giustificati verso l’estero e per

soddisfare i bisogni elementari di persone che, posse­

dendo beni in Italia, risiedono in altri paesi.

E

evidente il principio su cui s’impernia il funziona­

mento del nuovo regime. Convogliata la divisa estera

via via esistente sul mercato verso l’Istituto, al quale

spetta di raccogliere e vagliare le richieste di cambi,

si viene a precisare a volta a volta la eccedenza o il de­

ficit del disponibile rispetto alla domanda, donde la pos­

sibilità di accantonare la prima per successivi bisogni,

ovvero rimediare, nei limiti del possibile, al secondo —

determinato, come esso è, a seguito di una rigorosa sele­

zione delle richieste — con la cessione in prò del mercato,

da parte del Tesoro, di una porzione della disponibilità

che questo possegga all’estero. L’equilibrio fra la domanda

e l’offerta sarà, quindi, raggiunto ogniqualvolta il Governo

abbia modo di commisurare i crediti da procurarsi su

piazze straniere, non soltanto al bisogno proprio di mezzi

di pagamento, ma anche alle legittime esigenze del mer­

cato : la determinazione del fabbisogno dovrebbe riu­

scire, per così dire, automatica, in quanto l’Istituto na­

zionale verrà ad essere costantemente edotto di come si

stabilisce il bilancio fra il disponibile e le richieste in

cambi del mercato, e, d’altra parte, il Tesoro, per le di­

sposizioni di legge vigenti, è via via informato degli im­

pegni delle varie amministrazioni dello Stato che impli­

cano versamenti di somme all’estero.

Ma anche nella ipotesi che questo equilibrio ideale —

col quale sarebbe eliminata ogni ragione di eccedenza

anormale del corso del cambio —• non si verifichi com­

piutamente in modo costante, come quello che dipende

dalla possibilità per lo Stato di crearsi all’estero dispo­

nibilità sempre adeguate ai mutevoli, o, più esattamente,

crescenti, bisogni propri e del paese, riescono evidenti

i vantaggi del nuovo ordinamento in confronto all’or­

dinario regime di libertà, che contrasta con la odierna ec­

cezionalità della situazione prodotta dalla guerra così

fra noi come presso tutte le nazioni belligeranti.

(1) Vedi pag. 889.

Esso viene a escludere, infatti, che nella determina­

zione del corso delle divise prevalgano gli opposti inte­

ressi del richiedente e del privato possessore di cambi,

la cui azione — naturale e lecita in periodo normale,

anche perchè allora costretta entro certi limiti — si esplica

oggi in forma anormale e dannosa ai supremi interessi

del paese. Mentre questi esigerebbèro che il cambio con­

tinuasse a rappresentare, come generalmente avviene in

tempo di pace, l’esponente del credito della nazione al­

l’estero, esso trovasi invece — data la ristrettezza del

mercato delle divise, caratteristica della guerra attuale

— sotto l’influenza preponderante delle irregolari vicende

della domanda e dell’offerta al pari di una merce qual­

siasi. In regime di libertà, quale quello sin qui in vigore,

avviene in pratica che il venditore di cambi profitti

della scarsezza di divise esistente — reale o dovuta al­

l’accaparramento— per elevarè eccessivamente le pro­

prie esigenze sapendo che l ’acquirente è naturalmente

indotto a consentire alle sue esagerate pretese. L ’im­

portatore, invero, non trova, come in tempi ordinari,

nell’alto prezzo delle divise un freno a provvedersi volta

per volta dei cambi occorrentigli giacché non può più

fare assegnamento su periodiche o prevedibili détentes

delle quotazioni, ed ha, per contro, modo di rivalersi

della maggior somma sborsata mercè il margine consen­

titogli sia dalla ascesa generale dei prezzi delle merci

che egli rivende sul mercato, sia dalle condizioni alle quali

provvede i suoi prodotti allo Stato, se egli è fornitore

del Governo.

In realtà, nella nuova situazione originata dalla guerra

in materia di cambi, emerge il fenomeno, inteso nel senso

più generale, dell’anormalità dell’azione dei fattori che,

in tempo di pace, concorrono a determinare le quotazioni!

Entità del debito pubblico, condizioni di bilancio, vo­

lume e qualità della circolazione cartacea delle singole

nazioni belligeranti, sembrano passare il più spesso in

seconda linea, nei riguardi di cui si tratta, di fronte alla

situazione nella quale ciascuna di queste si trova sotto

l’aspetto del

d a re

e

d e l l ’a v e r e

verso l’estero, e, conseguen­

temente, della effettiva disponibilità, in pratica, di mezzi

di pagamento su piazze straniere:

Valga l’esempio dellTnghilterra.

Tipica rappresentante _ delle nazioni esportatrici di

capitali e, quindi, meglio in grado di compensare l’im­

pulso dato dalla guerra alla eccedenza delle sue importa­

zioni dall’estero, essa vede cadere il corso della sterlina

a New York da 4,87 (luglio 1914) a 4,69 (fine 1915) quando,

tale eccedenza va assumendo cifre più che anormali

poco in rapporto con la probabilità del paese di contrar

prestiti agli Stati Uniti in misura pari al bisogno. Ma

col 1916 il mercato nord-americano si mostra disposto

ad accogliere titoli governativi inglesi in larga copia

purché garantiti dal deposito di valori americani e di al­

tre nazioni neutrali ; nuove disponibilità sono per tal

modo costituite a New York a credito dell’Inghilterra ;

la bilancia dei pagamenti inglesi con gli Stati Uniti ri­

trova il suo equilibrio e il cambio risale a 4,76. Di poi,

mercè le anticipazioni concesse dal governo nord-ame­

ricano, divenuto belligerante, a quello inglese, con tutto

il progredire dello sbilancio commerciale, il prezzo della

sterlina si stabilizza sul 4.7645.

E pure, da fine 1915 a oggi, il debito pubblico inglese

è aumentato da 1650 a 5200 milioni di sterline, che è

quanto dire da 1/3 a V9 circa della ricchezza nazionale ;

la circolazione dei biglietti è contemporaneamente sa­

lita, nel suo insieme, in Inghilterra, da 138,4 a 241,5 mi­

lioni di sterline (+ 74 %) e la sua copertura metallica

è discesa da 57,7 a 35,6 per cento ; il rapporto delle en­

trate governative ordinarie alla spesa totale dello Stato

è declinata da 21*5 % (esercizio 19x5-16) a 19,8 % (primi

nove mesi dell’esercizio 1917-18).

(3)

23 dicembre 1917 — N. 2277

L ’ ECO N O M ISTA

883

nord-americano e, di conseguenza, l’anzidetta richiesta

di divisa inglese, con che il corso della sterlina cadeva

rapidamente a 18,87 ad Amsterdam e a 20,50 a Ba­

silea (1).

Per l’Italia non si notano oscillazioni analoghe alle

precedenti e la curva dei cambi durante il conflitto

europeo può considerarsi come uniformemente ascen­

dente. Egli è che — non occorre rammentarlo — a dif­

ferenza di quanto avvenne per le altre nazioni belligeranti

— quasi tutte , in tempo di pace, forti esportatrici di

capitali — la guerra trovava il nostro paese già gravato

da un debito ragguardevole verso l’estero rappresentato

da titoli nazionali quivi collocati, di Stato e non, e da

capitali stranieri investiti in imprese indigene, i cui soli

interessi costituivano normalmente una partita passiva

non indifferente della sua bilancia dei pagamenti con l’e­

stero. Nello straordinario impulso impresso alle im­

portazioni dei belligeranti, sopratutto a quelle governa­

t i v e — fenomeno totalmente nuovo, questo, e speciale

al conflitto odierno — l’Italia risultò in condizioni d ’in­

feriorità di fronte agli altri Stati per la quasi assoluta

mancanza di crediti all’estero da devolvere a parziale

pareggio fosse pure del solo deficit mercantile, al quale,

peraltro, venivano a sovrapporsi notevoli pagamenti a

fronte dei ritiri di capitale straniero e del riafflusso di

titoli nazionali, derivati dalla tendenza generale dei paesi

in guerra a realizzare le attività possedute su altri mercati.

Di contro all’aumentato fabbisogno non si aveva, fra

noi, da porre in linea che risorse assai esigue, anche per

la declinante azione compensatrice di elementi speciali

al tempo di pace e per loro natura instabili.

Nella varietà di mezzi adottati dagli altri Stati per

pareggiare le crescenti passività verso l’estero quali,

all’inizio, la spendita di attività liquide quivi possedute,

l’esportazione di specie metalliche ; successivamente,

il realizzo di titoli stranieri, l’apertura di crediti commer­

ciali, e il collocamento di prestiti governativi fuori del

paese, si può dire che l’Italia sia stata in grado di valersi

in modo efficace soltanto di quest’ultimo.

In realtà il Tesoro italiano, a tutto il settembre scorso,

aveva ottenuto in prestito all’estero la ragguardevole

somma di 7094,6 milioni di lire alla pari, che crediamo

corrispondere, approssimativamente, a L- 9300 milioni

al cambio (2) : essi si contrappongono a un deficit commer­

ciale complessivo (i° agosto 1914-30 settembre 1917)

che riteniamo non inferiore ai 13 miliardi di lire (3), donde,

grosso modo uno scoperto, nei 38 mesi, di 3700 milioni

di lire. Una tale cifra ci rende dubbiosi circa la possi­

bilità, affermata recentemente dal Prof. Einaudi (4),

che il deficit mercantile incontrato dall’Italia durante la

guerra sia stato pareggiato mercè le partite compensatrici

venute ad aggiungersi ai prestiti governativi all’estero,

quali i guadagni della marina mercantile nazionale, le

rimesse degli emigrati, ecc., con che il deficit stesso non

avrebbe avuto parte nel rialzo del nostro cambio perchè

(1) Notiamo qui che, parallelamente, in coincidenza con la riduzione delle esportazioni nord-americane verso i mercati neutrali europei — e quindi, è a presumersi, dei pagamenti a questi effettuati dagli Imperi centrali per la ottenuta cessione di merci — si verificava un miglioramento del cambio del marco e della corona sui mercati stessi. In Olanda la perdita sulla pari del primo passava da 45,1 0a 41,30 percento ; in Svizzera essa variava da 48,20 a 43,15 % pel marco e da 58,50 a 54,50 % per la corona, anche in relazione coi crediti che la Germania si è recentemente procurati in quest’ultimo paese.

(2) ^ ’ ammontare dei buoni del Tesoro collocati all’estero fu, alla pari, di Iy. 1040,2 milioni nel secondo semestre del 19 15, di 2486,4 milioni nell’anno 1916 e di 2247,1 milioni nei primi nove mesi del corrente anno : applicando a ciascun importo la media del cambio su Londra del periodo relativo (20 ; 24 e 38% rispettivamente) si ha una somma complessiva di 7432,3 milioni di lire-carta : a completare la cifra approssimativa adottata in 9300 milioni concorrono i crediti concessi all’ Italia dal Governo degli Stati Uniti (Bire-oro 518,0 mi­ lioni in maggio, 310,8 milioni in luglio, e 492,1 milioni in settembre) calcolati al corso medio del dollaro per il mese in cui furono ottenuti (7,02 ; 7,23 e 7,705

rispettivamente). . . ...

(3) I*a eccedenza delle nostre importazioni sulle esportazioni ragguagliò (valori ai prezzi effettivi di ciascun anno), a U. 37,7 milioni negli ultimi cinque mesi del 19 1 4, a 2170,2 milioni nell’anno 19 15 e a 51 2 3 499 milioni nel 19 16 : pei primi nove mesi del 19 17 la eccedenza registrata dalle statistiche doganali (in base ai prezzi del 19 16) è di I<. 4.208,6 milioni, con che otteniamo 1 1.715,5 milioni. Uà differenza in più che si riscontra nella cifra da noi adottata di 13 miliardi, sta a rappresentare l’aumento di valore prevedibile della eccedenza dei primi nove mesi del 19 17 quando la si calcoli, come di dovere, ai prezzi dell’anno corrente, ipotesi per cui il rialzo dal 19 16 al 19 17 supererebbe di

poco il 30 % . . „ 0

(4) Corriere della Sera, 15 die. 19 17. H Prof. Einaudi calcolai in 8500 mi­ lioni lo sbilancio commerciale italiano a tutto luglio scorso, iscrivendo eviden­ temente il valore di quello del 1916 ai prezzi del i9 i5 ( in 3091 milioni in luogo dei 5299 milioni che esso ha effettivamente raggiunto) e il deficit dei primi sette mesi del 19 17 ai prezzi del 19 16 — donde la notevole differenza in meno rispetto alla nostra cifra, che comprende soli due mesi in più. Egli indica in 6500 milioni di lire-oro il ricavato dei prestiti e crediti ottenuti dal­ l’Italia all’estero a tutto luglio, sebbene essi non debbano forse superare 6075 milioni lordi (5303,2 milioni a fine giugno e non più di 772 milioni durante il luglio).

inesistente. Pur ammesso e non concesso che il pareggio

contabile si constatasse alla data cui giunge il calcolo,

resterebbe a dimostrare — cosa assai difficile — che

l’equilibrio fu costante nei 38 mesi del periodo trascorso

dall’inizio della guerra europea : senza di ciò sarà pur

sempre vero che ogni volta si produsse una momentanea

deficienza, la condizione della bilancia commerciale ag­

giunse la propria azione a quella degli altri elementi

gravanti sul cambio contribuendo ad un aumento che I

rimase, più o meno completamente, acquisito alle quo­

tazioni.

Ma ciò che importa notare si è che la bilancia commer­

ciale s’identifica con quella dei pagamenti verso l’estero

unicamente per le nazioni esportatrici di capitali e sol­

tanto nel tempo di pace. Da stessa Inghilterra, data la

situazione derivata dalla guerra, una volta che abbia

pagato o compensato l’eccedenza delle sue importazioni

registrata dalle statistiche, non ha saldato il suo debito

con l’estero : essa dovrà poter disporre di mezzi di paga­

mento per soddisfare, ad esempio, gl’interessi sui propri

prestiti governativi di guerra collocati in altri paesi ; il

prezzo delle merci sbarcate fuori del Regno Unito, che essa

introdusse per uso delle proprie truppe operanti all’estero

e che non figurano nelle sue pubblicazioni doganali, ecc.

A più forte ragione per l’Italia non basterebbe che la

bilancia mercantile potesse chiudersi, come suppone

il Prof. Einaudi, in pareggio perchè sia eliminata ogni

azione delle ragioni di debito e di credito del paese verso

l’estero sul corso dei cambi. Permane, infatti, quella del

residuo debito da compensare, costituito non solo dagli

interessi maturati sui prestiti contratti all’estero dallo

Stato per la guerra, ma, ciò che più monta, dal valore

dei titoli indigeni riaffluiti, durante essa, sul mercato

interno e dall’importo dei capitali stranieri che ne usci­

rono per rimpatriare, di cui si è già fatto cenno, e che deb­

bono essere ammontati a varie centinaia di milioni (1).

In tale stato di cose è da ammettersi che all’ altezza

raggiunta dai nostri cambi, oltre all’azione, per quanto

in parte difforme che in tempo di pace, di fattori che,

in vario grado, si manifestarono ugualmente sul nostro

e sul mercato degli altri belligeranti, abbia concorso

efficacemente l’esistenza di un ragguardevole deficit fra

le partite di dare e di avere del paese verso l’estero, da

pareggiare in più di quello puramente mercantile, cioè

un elemento particolare, non fosse altro per l’entità

sua, all’Italia, la cui ripercussione sulle quotazioni si

ricollega direttamente col funzionamento pratico del

mercato interno delle divise. Né deriva che l’erigendo

Istituto nazionale dei cambi, dirimendo finché possibile

lo squilibrio — naturale o procurato — già esistito fra ­

le apparenti disponibilità di mezzi di pagamento e le

partite passive eia liquidare effettivamente con l’estero,

sia destinato a conferire regolarità e sincerità all’anda­

mento ulteriore del corso dei cambi all’interno, ancor­

ché non possa magicamente ricondur quésti a mitezza

ideale. Con che si potrà, per contraccolpo, giovare alle

quotazioni della nostra valuta, certo nei paesi alleati,

forse in quelli neutrali ; sui quali ultimi sarebbe, devesi

ritenere, quanto mai opportuno che l’Istituto avesse

modo di esercitare un’assidua vigilanza per riconoscere,

se non combattere, gli svariati maneggi — sommamente

agevoli, in periodo di mercato ristretto quale è ovunque

l’ attuale — cui sono esposti, col nostro, i cambi degli

alleati presso i neutri per opera dei nemici o di non

disinteressati agenti.

(1) Basti riflettere che dall’esercizio 19 13-14 al 19 14 -15 l’ importo dei pa­ gamenti di debito pubblico all’estero per cedole in scadenza ribassò da 57.4 a 20,5 milioni di lire, regresso assai significativo quando l’ascensione del cam­ bio incoraggiava l’incasso all’estero degli interessi di titoli posseduti all’interno. Si può ritenere che qualche centinaio di milioni di lire di obbligazioni gover­ native da sole sieno state riassorbite dal nostro mercato. Si noti che le restri­ zioni imposte alla esportazione all’estero delle cedole per la riscossione dalle norme del giugno 19 15 si limitarono a far discendere, dal 19 14 -15 al 1 9 1 5-16, i pagamenti in questione da 20,5 a 9,8 milioni di lire. Quale parte, poi, rim­ patriò, con la guerra, dei 750 milioni di lire di titoli italiani non di Stato già esistenti all’estero e quale emigrò degli 850-900 milioni di capitale straniero già impiegato in Italia ?

I tribunali stranieri e la legge italiana.

II nostro vecchio e fedele collaboratore E. Z . sostiene in questo arti­ colo riassuntivo della Relazione senatoriale per le modificazioni al Co­ dice di procedura civile, una necessità ed una urgenza che non condivi­ diamo. Tuttavia l'articolo espone chiaramente uno stato di fatto che è bene sia noto.

(4)

D’E CO N O M ISTA

23 dicembre 1917 — N. 2277

udire due anni fa, come rilevammo a suo tempo (1),

una specie di grido d’allarme contro il perdurare d’uu

inconveniente giuridico, a cui dànno luogo le disposizioni

della legge vigente relativa all’esecuzione in Italia

delle sentenze pronunziate in paesi stranieri. A tutt’oggi

l’Italia è il solo Stato che ammetta l’esecutorietà dei

giudicati stranieri, purché non privi d’alcuni requisiti

puramente estrinseci, senza nessun riesame del merito,

e senza che altrove sia usata in proposito reciprocità

pei giudicati italiani. Tale situazione, tale andamento

di cose, offendono l’equità, offendono la nostra dignità

nazionale, mettono facilmente in pericolo legittimi

interessi dei nostri concittadini.

Per portarvi rimedio, mediante modificazioni da

introdurre nel! art:

9 4 1

del

Codice di procedura

civile fu presentata al Senato una proposta d’iniziativa

parlamentare, che il 7 aprile 1916 venne svolta e presa

in considerazione ; e il successivo 24 luglio la Commis­

sione senatoria, nominata per studiare e riferire, fu in

grado di presentare la propria Relazione, dovuta alla

penna dell’on. Garofalo, dove l’illustre giurista tratta

la questione da ogni lato con diligenza di studio, acutezza

di ragionamento, forma limpida e efficace. Rendiamone

conto alla meglio, così come ce lo consente la tirannia

dello spazio.

Era sembrato da principio, che, a correggere il difetto

della legge italiana, potesse bastare lo stabilire la condi­

zione della reciprocità. Ma quando la questione fu ap­

profondita, apparve la insufficienza di cotesto rimedio

e la necessità di modificare piuttosto le disposizioni

del giudizio di delibazione. E prima di tutto la recipro­

cità non sarebbe facile ottenerla. Ogni Stato ha su questo

punto principii diversi. In Inghilterra i giudici, prima

di dichiarare esecutivi i giudizi esteri, possono procedere

a una revisione della causa. Ro stesso è negli Stati Uniti

d’America e nel Belgio. In Grecia, sempre che una delle

parti abbia cittadinanza greca, si procede alla revisione

in merito. Ra Svezia, la Norvegia e i Paesi Bassi non ri­

conoscono alcun valore a una sentenza straniera. Ra

Germania sì ; ma vuole che i suoi giudici verifichino

se il giudice straniero sia competente secondo la legisla­

zione germanica, e vuole anche che il convenuto tedesco

abbia ricevuto l’atto di citazione in persona propria

e che a lui inoltre non sia mancata la difesa ; con che

restano escluse la più parte delle sentenze contumaciali.

In Francia la giurisprudenza è un po’ oscillante. Quello

Stato ha col nostro un vecchio trattato che stabilisce

la reciprocità, ma le distinzioni e le restrizioni son tante,

che in pratica, malgrado il trattato, accade di rado

che una sentenza italiana possa essere eseguita in Francia.

Ra Spagna e l’Argentina negano senz’altro l’esecutorietà

alle sentenze straniere pronunziate in contumacia della

parte soccombente. In quanto all’Austria e alla Russia,

esse la concedono quando abbiano speciali convenzioni

con altre Potenze ; ma_ con noi non hanno mai voluto

trattare, non trovandovi interesse di sorta. Re convenzioni

sono un do ut des. In cambio delle concessioni che avessero

fatte, che cosa poteva loro offrire l’Italia, che ha già

tutto concesso e a tutti indistintamente ? Il nostro Co­

dice di Proc. Civ. ha con prodigalità largito Vexequátur

al mondo intero, per dare agli altri un esempio che ai

nostri giureconsulti idealisti del 1865 parve nobile e

grande. Ma l’esempio non fu seguito, restammo soli

e soli, a tutto nostro danno, resteremo sempre, se

non affrettiamo a mutar cammino.

Ma supponiamo pure, così per ipotesi, che la reci­

procità potesse agevolmente pattuirsi con tutti gli Stati

del mondo a parità formale di condizioni. Non per

questo la parità sarebbe sempre effettiva, nè sempre

sarebbero abbastanza bene tutelati i diritti dei nostri

connazionali. Ra cosa riuscrà possibile quando si tratti di

quegli Stati, che per il livello della loro civiltà e per

affinità di ordinamenti giudiziari con i nostri, diano

bastevole affidamento

di retta e imparziale ammini­

strazione della giustizia. Ma quando invece si tratti

di paesi semibastardi, o d’inferiore cultura ? Non vi

potrebbe mai essere parità effettiva nè garenzia

sufficiente nella reciprocità che l’Italia pattuisse con

l’Etiopia,, puta, o con la Cina, o con l’Arabia. E oltre

a ciò, vi sono nel mondo numerosissimi Stati secondari,

di livello civile anche non spregevole, delle cni condizioni

interne, sotto certi rispetti, non abbiano però sufficiente

notizia. Si può avere sempre fiducia nei loro magistrati ?

Son essi, intelligenti e imparziali ? Nelle leggi di laggiù

sono ammessi mezzi per impugnare sentenze erronee

(1) Economista del 12 dicem bre 1915.

o ingiuste ? Dato che vi siano, conosciamo bene i termini

stabiliti per usarne ? E le spese di giustizia sono acces­

sibili _ anche ai non facoltosi ? Ed esistono istituzioni

simili al gratuito patrocinio ?

Un altro caso in cui l’eguaglianza di vantaggi,

che sembra deva nascer sempre dalla reciprocità, si risolve

in una pura illusione, si riscontra in quei paesi dove

la nostra emigrazione affluisce copiosa. Quanti sono i

peruviani, gli argentini, i messicani, i brasiliani stabiliti

in Italia? Il loro numero è minimo, mentre nei loro

paesi _ vivono molti milioni d’italiani. Sarebbe perciò

rarissimo il caso di Sentenze italiane da eseguirsi colà,

frequentissimo invece l’altro, di sentenze di quei magi­

strati da eseguire a casa nostra.

Certo, la reciprocità, riguardo all’esecuzione delle

sentenze, potrà sempre pattuirsi con questo o quello

Stato, separatamente, volta per volta, quando risulti

ch’essa verrà a risultare effettiva pienissima epperò

giovevole. Resta di fatti sempre in vigore l’articolo

950 del Cod. Civ. che dice : « Re disposizioni di questo

titolo sono subordinate a quella delle

c o n v e n z io n i in te r n a z io n a l i o

delle leggi speciali ». Ma intanto urge

modificare l’art. 941, che per l’esecutorietà delle sentenze

straniere si accontenta di troppo poco.

Il nuovo testo approvato dal Senato vuole prima

di tutto che la sentenza straniera « sia stata resa dall’au­

torità giudiziaria di uno Stato alla cui giurisdizione

la controversia doveva ritenersi deferita secondo i

principii generali del diritto internazionale, ovvero

sia stata demandata per espressa o tacita accettazione

delle parti ». Ra legge a tutt’oggi in vigore parla soltanto,

in modo troppo generico, di autorità giudiziaria « com­

petente ». Il nuovo testo aggiunge poi la condizione

« che il giudice da cui la sentenza fu pronunciata sia

competente secondo la legge del luogo in cui seguì il

giudizio ».

Di grande importanza pratica è la condizione che

segue, cioè : « che la citazione sia stata notificata in

conformità della legge del luogo ove venne eseguita,

e che il termine assegnato per comparire in giudizio si

possa reputare sufficiente». Nel giudizio di delibazione

potrà dunque esaminarsi se la distanza o lo stato delle

communicazioni non abbiano reso impossibile al con­

venuto di presentarsi nel termine assegnatogli. Nè

questa nuova norma vale solo per i giudizi in contumacia.

Anche in quelli in contradittorio il termine, per la cir­

costanza medesima reputato troppo breve, può avere

impedito al convenuto di preparare la proria difesa. Sarà

questo un esame di fatto, diverso secondo i casi, diverso

per esempio se il giudice sia quello di Madrid o di Rio

Janeiro, di Parigi o di S. Francisco, di Copenhagen o

di Melbourne, e diverso pure se il giudizio all’estero

sia seguito in piena pace come nel 1913, o in piena con­

flagrazione universale come nel 1915.

È richiesto altresì « che le parti siano state legalmente

costituite in giudizio, o che legalmente ne sia stata di­

chiarata la contumacia, secondo la legge del luogo nel

quale la sentenza fu pronunciata ». Può accadere per al­

tro questo caso : che il convenuto per forza maggiore

non abbia potuto presentarsi in giudizio. Ed allora

viene stabilito che la Corte d ’Appello nel giudizio di deli­

bazione, abbia facoltà di procedere al riesame della

causa.

Di procedere a tale riesame, essa poi avrà non facoltà

ma obbligo nei casi già previsti dal Cod. di Prov. Civ.

per la rivocazione delle sentenze ; e cioè se la sentenza

estera sia stata l’effetto del dolo d’una delle parti, o di

un errore di fatto che risulti dagli atti della causa, op­

pure se siasi giudicato sopra documenti stati rionosciuti

falsi dopo la sentenza, o anche se dopo la sentenza siasi

ricuperato un documento decisivo che prima [non si

era potuto produrre. Ma a questi quattro casi ne viene

aggiunto un quinto, nuovo e caratteristico : quello di

ingiustizia. E su questo proposito, il Relatore tra l’al­

tro scrive : « Non è contrario alla natura del giudizio di

delibazione che questa si estenda anche al merito della

causa.^ Non è detto che possa esserne oggetto soltanto

la verificazione d ’alcuni requisiti esterni. Dovrà sempre

il giudice italiano, come è oggi costretto a fare, aderire

ciecamente alla decisione di una autorità straniera?

Non dovrà avere alcun potere di riesaminare unasentenza

nella quale furono manifestamente violati principii su­

premi di giustizia ? ».

(5)

23 dicembre 1917 — N . 2277

I/E C O N O M IS T A

885

ad altra sentenza irrevocabile pronunziata nel Regno.

Quella poi che la sentenza estera non contenga disposi­

zioni contrarie all’ordine pubblico, o al diritto pubblico

interno del Regno, era già ammessa dall’art. 941 che

ora si tratta di riformare, e, come è naturale, viene

testualmente mantenuta.

Per ultimo, il progetto senatorio stabilisce che se

nella stessa controversia sulla quale intervenne la sen­

tenza straniera, o in altra che vi è connessa, sia pen­

dente un giudizio avanti il magistrato italiano, la deci­

sione sulla domanda di esecutorietà può essere sospesa

fino all’esito del giudizio in corso.

Come si vede, la materia è trattata con sottile accu­

ratezza e vengono aumentate, o meglio per la prima volta

stabilite, ragionevoli garanzie a favore _ degli italiani

convenuti dinanzi a un magistrato straniero e rimasti

soccombenti. Inoltre è data così una giusta estensione

di poteri alla magistratura nostra, che ne è meritevole

quanto ogni altra, e nell’amministrazione della giustizia

si toglie l’Italia da uno stato d’inferiorità in cui a torto

ma da se stessa si era posta. Quest’ultimo fatto parti­

colarmente urge che abbia luogo nei tempi che corrono.

Epperò si deve desiderare che anche la Canrera_dei depu­

tati esamini e approvi il progetto di legge già approvato

dal Senato : o tale e quale, o ritoccandolo se le par ne­

cessario, ma senza molto indugio.

E - Li.

Assicurazione dei combattenti.

L ’ interesse suscitato dalla concessione gratuita di

due polizze di assicurazione ai combattenti, eccita la

curiosità dei soldati, ancora generalmente ignari delle

precise disposizioni del decreto, alquanto neglette dalla

stampa, tratta ad illustrare, il valore morale ed econo­

mico del provvedimento.

Per riparare' la negligenza, causa specialmente in

zona di guerra di talune sfaverovoli interpretazioni che

un comunicato del Ministero del Tesoro si affrettò ieri

a deplorare, il prof. Plora redige le seguenti note

espli-C3/tlV0

A tutti i militari e graduati di truppe combattenti

l ’I s ti tu t o N a z io n a le d elle A s s i c u r a z i o n i

, rimetterà gra­

tuitamente a cominciare dal i.° gennaio p. v., due po­

lizze di assicurazione riguardanti la prima il caso di morte

e la seconda il caso di morte e di vita insieme.

Sono due polizze, che per evitare ogni confusione con­

viene esaminare a parte.

P o l i z z a iri c a s o d i m o rte .

— La prima polizza con­

cerne gli assicurati morti sul campo o per ferite riportate

combattendo od a causa di malattia dovuta al servizio

di guerra. Agli eredi od alle persone da essi indicate

nella polizza" saranno immediatamente _ pagate, senza

formalità e indagine alcuna L. 500 abbiano o non ab­

biano le persone designate diritto alla pensione di guerra.

Gli assicurati possono però stabilire nella polizza che

il pagamento delle cinquecento lire alle persone da essi

indicate nella polizza avvenga, anziché immediatamente,

in capo a 15 o 20 anni dalla data della loro morte. In

tal caso l’Istituto Nazionale pagherà rispettivamente

ai beneficiari non più 500 lire, ma L. 1000 al termine dei

15 anni e :.L 1325 al termine di venti.

Sono disposizioni lodevoli che integrano la pensione

privilegiata di guerra concessa alle famiglie dei combat­

tenti morti alla fronte e attenuano i danni della sua lenta

liquidazione. La polizza' di assicurazione

c o m p le ta ,

non

modifica i diritti degli eredi dei combattenti morti-per

causa della guerra alla pensione relativa.

Nessuno lo dimentichi.

P o liz z a m is ta .

— La seconda polizza contempla la

eventualità della morte e della sopravvivenza dei ti­

tolari onde due casi distinti che danno pero diritto

alla riscossione di un capitale eguale.

Il primo ca»so è quello dei combattenti non aventi

diritto a pensione privilegiata di guerra morti durante

il conflitto per cause estranee al servizio militare, op­

pure entro trenta anni dalla data della polizza ad essi

individualmente rilasciata dall’Istituto assicurante.

Il capitale che sarà pagato subito dopo la loro morte

alle persone, parenti od estranei, designate nella polizza,

ammonta a mille lire, pagabili ai beneficiari — qualora

i combattenti assicurati lo vogliano — anche m capo

a 15 od a 20 anni. Allora, invece delle mille lire i bene-

ficiari riscuoteranno Iy. 2000 se la scadenza della polizza

venne differita dal titolare di 15 anni e L. 2650 se pa­

gabile dopo venti. I combattenti che. hanno dei bambini

preferiranno sicuramente questa ultima forma.

2.0 II secondo caso, invece, riguarda i militari e gra­

duati •di truppa

v iv e n ti

alla estinzione _ della polizza di

assicurazione valida per trenta anni. Ai superstiti tutti

saranno allora a cominciare dal 1° gennaio 1948 ver­

sate lire mille che si possono però esigere anche .a guerra

cessata non appena trascorsi tre mesi dalla data della

smobilitazione, purché, con opportune garanzie da sta­

bilirsi, le mille lire siano dagli assicurati impiegate ad

acquistare terreni, case coloniche, bestiame, strumenti

di lavoro, macchine, che possano concorrere a miglio­

rare ed a intensificare la loro opera produttiva a vantaggio

proprio e della collettività.

.

.

Il capitale pagato anticipatamente ai reduci dalla

guerra è sempre di mille lire : sebbene il valore

a ttu a le

di queste sia di gran lunga inferiore, anche ammesso un

saggio di capitalizzazione pari al tre per cento, al valore

futuro di mille lire esigibili ira trenta anni. Le finalità

del decreto miranti con il pagamento anticipato a fa­

vorire, dopo la guerra, il risveglio dell’economia nazio­

nale, non ammettono dubbi a questo riguardo.

Eguali condizioni sono fatte ai sottufficiali con la

sola differenza che in caso di morte sul campo il capitale

di L- 500 pagato alle persone designate nella polizza

è raddoppiato.

.

,

-Quanto agli ufficiali il progetto relativo non e stato

ancora ultimato.

,

Son queste le disposizioni essenziali del decreto che

ai soldati, ai caporali maggiori, ai sottufficiali combat­

tenti più importa conoscere.

I vantaggi economici e morali da esse consentite,

agli assicurati eguagliano i benefici che ne deriveranno

alla nazione per effetto della anticipata liquidazione con­

cessa ai superstiti. Migliaia di contadini, di artigiani,

di salariati potranno, associando i capitali singolar­

mente riscossi, elevare la loro condizione materiale ac­

crescendo contemporaneamente la ricliezza della na­

zione falcidiata dalla guerra.

Soltanto sarebbe equo che le 500 lire della prima po­

lizza fossero pagate anche agli eredi dei soldati caduti

dall’inizio del conflitto alla fine dell’anno in corso. A

sacrifici eguali devono corrispondere compensi uniformi.

Certo la spesa complessiva già rilevante — è questione

di circa tre miliardi — afferma il prof, hlora, aumente­

rebbe Ma che sarebbe mai questa addizionale in confronto

ai miiiardi che dovremo ulteriormente spendere per ri­

cacciare gli invasori donde sono scesi e ancora più oltre ?

Il Consiglio dei Ministri, nella sua tornata di sabato

8 die., ha approvato, su proposta dell’ on. Nitti, Mi­

nistro del Tesoro, alcuni provvedimenti a favore dei sol­

dati e graduati delle truppe combattenti, provvedimenti

che sono stati subito sottoposti alla firma del

Luogote-nente.

.

. . .

. ,,

Senza pregiudizio alcuno alla liquidazione della pen­

sione privilegiata di guerra, che, secondo la nostra le­

gislazione spetta a coloro che danno la vita per la libertà

e la grandezza della Patria, il Consiglio dei Ministri ha

voluto conferire gratuitamente a ciascun combattente una

polizza del nostro Istituto Nazionale delle Assicurazioni

per il capitale di L. 500, pagabile immediatamente dopo

la morte, e senza bisogno di indagini o formalità qualsiasi.

Così, all’iniuori della pensione, vi è la libera immediata

disponibilità delle lire 500.

Il combattente ha diritto di beneficare con la polizza

ora indicata, qualunque persona alla quale si senta le­

gato da vincoli di affetto o di gratitudine, e anche parenti

a favore dei quali la legge non consenta diritto a pensione

privilegiata per causa di guerra.

Come si vede, questo provvedimento è diretto a ren­

dere sollecita e immediata la manifestazione di solida­

rietà e di gratitudine della Nazione verso gli eredi, per

sangue e per affetto, di coloro che sacrificano l’esistenza

nelfinteresse della Patria ; riparando al disagio che de­

riva dagli inevitabili indugi alla liquidazione della pen­

sione privilegiata di guerra.

Il nuovo Decreto Luogotenenziale provvede altresì

a rendere meno dure le sorti degli eredi dei combattenti

che non incontrarono la morte sul campo dell onore, nè

hanno titolo per invocare la liquidazione della pensione

privilegiata di guerra. Infatti, con un altra polizza di

assicurazione, offerta pure gratuitamente a tutti i com­

battenti, si provvede all’assicurazione della somma di

L. 1000 pagabile alle persone designate in polizza quando

la morte del combattente avvenga per causa che non dà

diritto a pensione privilegiata.

(6)

886

1/ ECO N O M ISTA

23 dicembre 1917 — N. 2277

premi, che accompagna durante trent’anni la vita del co-

battente superstite, quando egli sia tornato ad essere

forza produttiva per la economia della Nazione.

Invero, la nuova polizza di assicurazione, approvata

dal Consiglio dei Ministri, garantisce agli attuali com­

battenti la somma di lire 1000 pagabile in caso di morte,

qualora questa avvenga nel periodo di trent’anni dalla

data di emissione della polizza, e stabilisce che ad ogni

modo la somma sarà pagata al termine di tale periodo,

all’assicurato sopravvivente.

Molto importante è pure la facoltà concessa ai combat­

tenti di poter stabilire in polizza che la somma dovuta, in

caso di morte, ai beneficiari sia pagata, anziché immedia­

tamente, al termine di 15 o di 20 anni. Se l’assicurato

stabilisce un differimento nel pagamento fino al termine

di 15 anni dalla data della sua morte, l’Istituto Nazio­

nale delle Assicurazioni pagherà ai beneficiari rispetti­

vamente in luogo di L. 500, lire 1000 ; e in luogo di lire

1000,1,. 2000. Se 1’assicurato stabilisse poi che la somma sia

pagata ai beneficiari al termine di 20 anni, dalla data della

sua morte, l’Istituto Nazionale delle Assicurazioni pa­

gherà in luogo di li. 500, Iv. 1 425, e, in luogo di h. 1000,

li .

2,650. Così, per esempio, il soldato che lasci una sola

bambina, può all’infuori dei diritti sulla pensione, lasciare

la polizza all’Istituto Nazionale delle Assicurazioni, e

costituire, dopo 20 anni, una somma di L. 1 325 cnfa

liquidar subito lire cinquecento.

Un’ultima parte del provvedimento è preordinata a

promuovere le condizioni necessarie per irrobustire nel

dopo guerra la economia nazionale con nuove forze pro­

duttive. Si stabilisce infatti con le disposizioni del prov­

vedimento governativo in parola che i combattenti su­

perstiti, dopo tre mesi dalla data di smobilitazione,

hanno facoltà di richiedere la liquidazione anticipata

della loro polizza di assicurazione mista, per il capitale

di lire 1000 a condizione che, con opportune garenzie,

essi investano il valore della polizza in uno strumento di

produzione o di lavoro, o in acquisto di terre, e sono

quindi liberi di disporne isolatamente o possono, asso­

ciandosi, dar grande sviluppo alla cooperazione.

Per agevolare la produttività di queste valide forze

di lavoro che giova legare all’economia del Paese, il

provvedimento ministeriale istituisce un’Opera Nazio­

nale, cui è demandata l’assistenza economica, tecnica,

finanziaria e morale dei combattenti superstiti.

Tutti gli oneri relativi a tali nuove polizze di assicu­

razione fanno carico ah Bilancio dello Stato.

E'ora allo studio un provvedimento per atti di previ­

denza a favore degli ufficiali combattenti.

Le nuove polizze avranno decorrenza dal 1° gennaio

1918 e la loro stampa è già in corso.

Te polizze sono emesse dall’Istituto Nazionale delle

Assicurazioni, e portano la firma del Presidente, comm.

Bonaldo Stringlier, del consigliere delegato prof. Alberto

Beneduce e la garanzia del Ministro del Tesoro on. Nitti.

Il Governo con questa novissima forma di assicura­

zione ha inteso non solo di mandare dovunque combattono

i soldati d’Italia l’augurio del nuovo anno con il senso

della più grande solidarietà nazionale, ma anche di co­

stituire, dopo la guerra, una delle più grandi forze di

progresso e di previdenza sociale.

Il De c r e t o.

E cco il d ecreto N. 197 ) relativo alle assicurazioni gratuite a favore dei com battenti.

Tom aso di Savoia D u ca di Genova, b u ogoten en te Generale di Sua Maestà V ittorio Em anuele I I I , per grazia di D io e per v olontà della N azione R e d ’Italia.

In virtù d e ll’autorità a N oi delegata ;

Vista la legge 22 m aggio I9r5, num ero 671 sul conferim ento al G overno per i poteri eccezionali per la guerra ;

Vista la legge 4 aprile 1912 n. 305 costitutiva dell’Istitu to N a­ zionale d elle Assicurazioni ;

Sentito il Consiglio dei M inistri ;

Su prop osta dei'M inistri Segretari d i S tato del T esoro, d ell’ In ­ dustria e Com m ercio, della Guerra e della M anna e per l ’Assistenza m ilitare e per le pensioni d i guerra;

A bbiam o d ecretato e decretiam o :

A rt. 1. — I ,’Istitu to N azionale delle Assicurazioni è autorizzato ad em ettere le seguenti p olizze d i assicurazione, com pletam ente li­ berate da ogni ob b lig o di pagam ento di prem io, a fa vore di militari e graduati di tru ppe com b atten ti ;

a) per un capitale di b - 500 a favore d i soldati e per un capitale d i

b-

1000 a fa vore di sottufficiali, pagabile im mediatamente dopo la m orte degli assicurati, qualora questa avvenga in com battim ento, per ferite riportate om batten do o a causa d i m alattia d ovu ta al servizio di guerra.

b a som m a sopra indicata sarà corrisponta alle persone designate

in p olizza senza pregiudizio del diritto alla liquidazione della p en ­ sione privilegiata d i guerra ;

b) per un cap itale di b- 1000 a favore di tu tti i militari e graduati

d elle truppe com battenti p agabile im m ediatam ente d op o la m orte d egli assicurati ;

qualora questa avvenga durante la guerra e sia d ovu ta a causa che non dia d iritto a liquidazione di pensione privilegiata di guerra ;

qualora la m orte avvenga entro trent’ anni dalla data della p olizza ;

ad ogni m o d o , al termine del periodo sopraindicato, a ll’assicu­ rato stesso superstite.

E data fa co ltà a ll’assicurato di stabilire in p olizza che il p aga­ m ento della som m a assicurata per il caso di m orte, durante l o stato di guerra, sia corrisposto ai benéficiarii designati soltanto a l termine d i 15 o di 20 anni. In tal caso in lu og o di b - 500 saranno corrisposte ai beneficiari designati, rispettivam ente al term ine di 15 a n n ib- 1000

e al term ine d i 20 anni lire 1325 ; e p roporzionalm ente per le p o ­ lizze portanti un capitale assicurato di lire 1000.

Art. 2. — R a ssicu ra to p u ò dsignare com e beneficiario della p o ­ lizza di cui a ll’articolo precedente anche persone che non abbiano diritto a liqu idazione di pensione privilegiata a causa di guèrra.

Art. 3. — T u tti gli oneri relativi alle p olizze di assicurazione di cui al presente d ecreto faranno carico al bilancio d ello Stato.

A rt. 4. — Cessata la guerra e d op o tre mesi dalla data della sm o­ bilitazione gli assicurati avranno fa coltà di chiedere l ’anticipata liquidazione della p olizza di assicurazione m ista p er un capitale di b - 1000 a condizione che il valore di essa sia rinvestito in strum enti di produzione e di la v oro e che siano prestate le opportune garanzie.

Art. 5. — Per i fini di cui a ll’a rticolo precedente e per p r o v v e ­ dere a ll’assistenza econom ica finanziaria, tecn ica e m orale dei c o m ­ battenti superstiti è istituita u n ’ Opera N azionale, ente m orale, avente propria personalità giuridica.

Art. 6. —-b e norm e, condizion i e m odalità relative alla emissione d elle p olizze, a ll’attribuzione d el beneficio di esse, appagam ento dei cap itali assicurati, a ll’anticipata liquidazione della polizze di assi­ curazione g iu sta l’ art. 4, a llefa coltà , ai com p iti, ai m ezzi e al fu n zio­ nam ento d e ll’Opera Naziona.e di cui all’art. 5 e in genere a ll’esecu­ zione dei presente D ecreto saranno stabilite con D ecreti dei Ministri del Tesoro, d ell’ Industria e Com m ercio, della Guerra, della Marina, e per l ’Assistenza m ilitare e le pensioni di guerra. .

A rt. 7. -— Il presente d ecreto andrà in vigore c o l 1° gennaio T918. Ordiniam o, che il presente d ecreto m unito del sigillo d ello S tato, sia inserto nella ra ccolta ufficiale delle leggi e dei decreti del R eg n o d ’ Italia, m andan do a chiunque spetti di osservarlo e d i farlo osservare.

D ato a R om a , addi i o dicem bre 19 17. F irm a to : TOM ASO D I S A V O IA .

Controfirmati : Or l a n d o — Ni t t i •— Ci u f f e l l i — Al f i e r i — De l Bono

— Bis s o l a t i.

NOTE ECONOMICHE E FINANZIARIE

Demografia agricola.

— ■ G li agricoltori costituiscon o il 34

per cento della popolazione italiana, con oscillazioni considerevoli da regione a regione, p er cui da un m inim o del 21 per cen to n ella big u ria, si v a al 49 per cento nella Basilicata. Ma il M ezzogiorno p re­ senta un’altra caratteristica di gran peso : la m inima partecipazione d elle donne ai lavori cam pestri. In Piem onte, lavoran o in cam pagna il 57,5o per cen to d i uom ini e il 52,5 per cen to di donne ; la p ercen ­ tuale d ell’elem ento fem m inile scende invece al 10,4 in Sicilia al 3,4

in Sardegna. D i qu i la conclusion e, che i richiam i di contadini sotto le armi produssero effetti assai più seri nel M ezzogiorno e nelle Isole, che non nel resto d ’ Italia e specialm ente nel Settentrione.

Che i contadini abbiano d ato largo Contributo a ll’esercito è d i­ m ostrato d alle cifre seguenti, che vanno a tu tto il 1916 :

Popolazione Numero dei chiamati superiore ai io anni alle armi Categorie cifre

perceu-cifre percen-assolute tuali assolute tuali A g r ic o lt u r a ... 9.085.597 34.18 2.053.714 47.87

I n d u s t r ia ... 4-945-994 18.61 1.493.056 34.80

C o m m e r c io ... Amm inistrazioni e

921.578 3-47 286.371 6.67

professioni lib e r a li. Condizioni non

prò-1-417-345 5,33 249.716 5,82

fessionali . . . . 10.177.798 38.29 204.004 4-75 N on specificati. . . . 3I-736 O.I2 3.910 0.09

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