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Rivista di diritto finanziario e scienza delle finanze. 1961, Anno 20, n.2, giugno

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(1)

Spedizione in abbonamento postale Gruppo IV

RIVISTA DI DIRITTO FINANZIARIO

E S C I E N Z A D E L L E F I N A N Z E

Fondata da BENVENUTO GRIZIOTTI

(e RIVISTA ITALIANA DI DIRITTO FINANZIARIO)

D I R E Z I O N E i

L U I G I E I N A U D I ACHILLE D. G IA N N IN I D E L L ’ U N I V E R S I T À D I T O R I N O

(2)

Pubblicazione sotto gli auspici della Camera di Commercio di Pavia

La Redazione è a Pavia, Istituto di Finanza presso l’Università e la Camera di Commercio, Strada Nuova 65. Ad essa debbono essere inviati

bozze corrette, cambi, libri per recensione in duplice copia. Redattore, dott. Franco Volpi.

Parte I - Redattore Capo: prof. Francesco Forte

i manoscritti vanno mandati a Pavia, Istituto di Finanza dell’ Uni­ versità.

P a r te I I - Redattore Capo: p r o f. Alberto Romano

i manoscritti vanno mandati a Firenze, viale Matteotti, 21.

L’ abbonamento decorre dal 1° gennaio di ogni anno e dà diritto a tutti i numeri dell’annata, compresi quelli già pubblicati.

11 pagamento può effettuarsi direttamente all’editore, anche con versamento sul conto corrente postale 3/17986, Indicando a tergo del modulo, in modo leggi­ bile, nome, cognome e indirizzo dell’abbonato; oppure presso i suoi agenti a ciò autorizzati. Il rinnovo dell’abbonamento deve essere effettuato entro il 15 marzo di ogni anno. Trascorso tale termine l ’amministrazione provvede diret­ tamente all’incasso nella maniera più conveniente, addebitando le spese relative. Le richieste di cambiamento di indirizzo devono essere accompagnate dal­ l’importo di L. 70 in francobolli.

1 fascicoli non pervenuti all’abbonato devono essere reclamati entro 10 giorni dal ricevimento del fascicolo successivo. Decorso tale termine, non si spediscono che contro rimessa dell’importo.

Gli abbonamenti che non saranno disdetti entro il 10 dicembre di ciascun anno si intenderanno tacitamente rinnovati per l’ anno successivo. L ’abbonamento però non può essere disdetto se l’abbonato non è al corrente con i pagamenti.

Per ogni effetto l’abbonato elegge domicilio presso l’ amministrazione della rivista.

ABBONAMENTI CUMULATIVI: Gli abbonati alla Rivista di Diritto Finan­

ziario e Scienza delle Finanze, in regola con il pagamento, hanno diritto ad

una riduzione del 10 % sugli abbonamenti alla Rivista dei Dottori Commercia­

listi ed a II Diritto fallimentare e delle società commerciali, edite dalla Casa

Dott. A. Giuffrè.

Ai collaboratori saranno inviati gratuitamente 50 estratti dei loro saggi. Copie supplementari eventualmente richieste all’atto del licenziamento delle bozze verranno fornite a prezzo di costo. La maggiore spesa per le correzioni straordinarie è a carico dell’autore.

(3)

P A R T E P R I M A

pili/.

Antonio Pesenti - Unità dialettica tra scienza delle finanze e diritto

fin a n z ia r io ...

Federico Maffezzoni - II principio di corrispondenza fra il presupposto di

fatto dell’IGE importazione e quello dell’IGE onnifase e dell’IGE

una tantum ... ... Vincenzo Filosa- Note su due pronetti di riforma del contenzioso tributario 205

APPUNTI E RASSEGNE

Renato Ricci- Rassegna dei lavori parlamentari in materia finanziaria nel

primo trimestre 1961 . ... ... 228

RECENSIONI

Antonio Pesenti - Lezioni di scienza delle finanze e diritto finanziario (.T. Griziotti Kretschmann) . ... 258 Biscotto-Ozzola - Il processo tributario di accertamento (G. A. Micheli) 254

RASSEGNA DI PUBBLICAZIONI R E C E N T I...250 ALTRE OPERE R IC E V U T E ... 259

P A R T E S E C O N D A

GIURISPRUDENZA

Lu ig i Napolitano- Illegittimità costituzionale del a solve et repe te » . . 101 G. A. Mich eli - P o s t i l l a ... !20 Giu seppe Greco- Denuncia di successione, influenza in giudizio sul convin­

cimento del giudice, presupposti e lim iti...12i Fil ip p o Gazzerro - Il ricorso incidentale d’ufficio al controricorso di parte 128 Ernesto Brunori- Imposta di successione e separazione dei beni ereditari 138 Costantino de Bono - L ’imposta sul valore globale nei riguardi del nu­

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SENTENZE E DECISIONI ANNOTATE

p ; j , j

« Solve et repete » - Incostituzionalità dell’ art. 6, 2° comma 1. 20 marzo 1865 n. 2248, All. E - Contrasto con gli artt. 3, 24 e 113 della Costitu­ zione (C. Cost., 31 marzo 1961, n. 21) (con nota di L. Napolitano e postilla di G.A. Micheli) ... 101 Denuncia di successione - Efficacia probatoria - Presupposti e limiti (Cass.

1° agosto 1960, n. 2245) (con nota di G. Greco) ... 124 Imposta straordinaria progressiva sul patrimonio - Procedimento - Ri­

corso di ufficio, controricorso di parte e ricorso incidentale di ufficio - Detrazione quota legittima (Comm. Centr., 6 marzo 1959, n. 14696) (con nota di F. Gazzerro) ... 128 Imposta sul valore globale - Esenzione per valori entro i tre milioni -

Riferimento all’asse complessivo (Comm. prov. Imp. Milano, 1 feb­ braio 1960) (con nota di C. De Bono) ... ... 147 Successione - Separazione dei beni - Credito dello Stato per imposta di

successione - Prevalenza del creditore separatista (Cass., 5 ottobre 1960, n. 2571) (con nota di E. Brunori) ...138

(5)

F . D E A N G E L I S - G. P O T E N Z A - A. T E S T A

TESTO UNICO

DELLE

LEGGI SULLE IMPOSTE DIRETTE

CON NOTE DI COMMENTO PRECEDENTI LEGISLATIVI LEGGI COMPLEMENTARI MASSIME GIURISPRUDENZIALI CIRCOLARI E RISOLUZIONI MINISTERIALI TABELLE DI RAFFRONTO

SE C O N D A E D IZ IO N E

A G G I O R N A T A C O N L E D I S P O S I Z I O N I S U C C E S S I V E A L T E S T O U N IC O

Sono riportate, inserite dopo il corrispondente articolo del T.U. che risulta da esse modificato od integrato, tutte le norme legislative emanate dopo il 29-1-1958. Le disposizioni legislative anteriori e posteriori al T.U. sono indicate crono­ logicamente in apposito indice che rinvia all’articolo del T.U. nel quale sono collocate od all’appendice.

V o lu m e in 8°, di p a g . X IX -1 5 0 4 , rile g a to in tela, L. 8000

(6)

CASA EDITRICE DOTT. ANTONINO GIUFFRÈ - MILANO

R A S S E G N A DI G I U R I S P R U D E N Z A

SULLE

LEGGI PER L’ INDUSTRIALIZZAZIONE

DEL MEZZOGIORNO

di M. ANNUSI

Il volume « Rassegna di giurisprudenza sulle leggi per Viild u si riali e saziane del Mezzogiorno », di M. Annesi — che è il n. 3 della Serie « Studi » della collana editoriale avviata dalla SVIMEZ (« Associazione per lo sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno ») presso l’Editore A. Giuffrè, compie, nella sua prima parte, una rilevazione delle linee evolutive della giurisprudenza formatasi, all’incirca nell’ultimo trentennio, sul concetto di « stabilimento industriale tecnicamente organizzato » che, ancora oggi, segna il limite per il godimento delle numerose agevolazioni fiscali concesse per le nuove iniziative industriali nel Mezzogiorno. Nella prima parte del lavoro vengono anche esaminate, sempre sotto il profilo della interpretazione giuri­ sprudenziale, altre questioni insorte dall’applicazione della legislazione speciale per il Mezzogiorno.

Nella seconda parte, per corrispondere ad una sentita esigenza pratica, sono state raccolte ed ordinate con criterio sistematico le « massime » tratte dalle deci­ sioni delle Magistrature superiori sulle materie di cui sopra.

L’interesse del lavoro appare evidente ove si consideri che dall’anno 1904, nel quale si registrano, con la legge per la « Provincia di Basilicata » e per il « risor­ gimento economico di Napoli » le prime norme agevolative per le nuove iniziative industriali nei Sud. sino ai primi anni di questo dopoguerra, nel quale il problema dello sviluppo industriale del Mezzogiorno 6 stato riproposto all’attenzione del Paese, la concessione dei benefici fiscali è stata circoscritta a quelle iniziative indu­ striali che potessero essere considerate come « opifici ( = stabilimenti industriali) tecnicamente organizzati ». Pur nell’assenza di una qualsiasi norma regolamentare che, in qualche modo, precisasse il contenuto della locuzione, non fu difficile, all’interprete, accertare che il legislatore degli inizi del secolo, ancorando il sistema delle agevolazioni fiscali a questo concetto, mirava, essenzialmente, a limitare i bene­ fici a quelle nuove iniziative che, differenziandosi per dimensioni ed organizzazione aziendale dalle aziende artigiane, tipiche dell’economia meridionale dell’epoca, po­ tessero effettivamente recare un contributo all’occupazione ed all’evoluzione della struttura economica delle Regioni arretrate. Questa linea di demarcazione 6 rimasta ovviamente valida per tutto il periodo successivo ; ma, con il progredire del tempo non è stata e non è più sufficiente ad una retta interpretazione della « ratioi » del­ l’intervento pubblico disposto con le agevolazioni fiscali. Con il passare degli anni, il veloce e costante progresso tecnologico ha infatti Creato, con l’industrializzazione di attività un tempo certamente non classificabili come industriali, situazioni del tutto nuove.

È toccato, pertanto, alla giurisprudenza di risolvere il problema dell’adegua­ mento della lettera della norma alla effettiva volontà del legislatore, indipendente­ mente dalla formula da questi usata e dalle interpretazioni seguite nel passato. Nel complesso, pur con qualche inevitabile incertezza, essa ha risposto abbastanza bene a tale compito, facendo registrare una continua evoluzione ed un costante affi­ namento dei criteri interpretativi, sicché la consultazione delle decisioni, anche non recenti, risulta a tutt’oggi di rilevante utilità per l’interpretazione della legislazione in vigore.

Volume in 8° di pag. V I I I - 1 3 3 ... L. 800

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EZIO VANONI

OPERE GIURIDICHE

a cura di FRANCESCO FORTE e CESARE LONGOBARDI

I

Natura e interpretazione delle leggi tributarie Altri studi di diritto finanziario

Natura ed interpretazione delle leggi tribu tarie: Teoria e storia dell’interpretazione delle leggi tributarie - Natura del diritto d’imposizione. Il tributo come fenomeno di scambio - Natura del diritto di imposizione. Il tributo come emanazione della sovranità o della supremazia dello Stato. La causa del tributo - Carattere del diritto finanziario - I metodi dell’interpretazione - I mezzi dell’interpretazione - (segue): I mezzi dell’interpretazione - I risultati della interpretazione. L’analogia. I principi generali del diritto - Le fonti dell’interpretazione.

Altri stud i di diritto finanziario.

Volume in 8°, pag. IX-468, rii. t e l a ...L. 3200

(8)

CASA EDITRICE DOTT ANTONINO GIUFFRÈ - MILANO

BENVENU TO G RIZIO TTI

P R I M I E L E M E N T I

DI SCIENZA DELLE FINANZE

Sesta edizione accresciuta ed aggiornata per cura di Francesco Fo rte.

Volume in 8° di pag. IV-323 . . . . L. 1200

JEN N Y G RIZIO TTI K RET SC H M A N N

P O L I T I C A E C O N O M I C A

E F I N A N Z I A R I A

Volume in 8° di pag. Vl-276 L. 1200

S A G G I S U L L ’ E C O N O M I A

E S U L L E F I N A N Z E S O V I E T I C H E

Volume in 8° di pag. IV-108 L. 500

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ROLANDO MERLINO

D I Z I O N A R I O DE L L E I N F R A Z I O N I

E DELLE RELATIVE CONSEGUENZE

NEL CAMPO DELLE IMPOSTE DIRETTE

Le infrazioni - Le conseguenze.

Appendice: Brevi cenni sulle più rilevanti infrazioni in ma­ teria di imposte straordinarie.

Seconda edizione completamente rifatta ed aggiornata con le disposizioni contenute nel T.U. 29 gennaio 1958, n. 61/5.

Volume in 8°, pag. XII-350 L. 2.000

CESARE COSCIANI

PROBLEMI FISCALI

DEL MERCATO COMUNE

I tentativi di unificazione economica eu­ ropea - Analisi del problema fiscale nel­ l’ambito del trattato della Comunità Eco­ nomica Europea - La tesi della tassazione nel paese produttore - Il problema delia armonizzazione dei sistemi tributari - La tesi dell’imposizione nel paese consuma­ tore - Considerazioni conclusive.

Volume in 8°, di pag. VII-136 . . . . . . . . L. 800

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CASA EDITRICE D O IT . ANTONINO GIUFFRÈ - MILANO ANTONIO BERLINI

IL TESTO UNICO

D E L L E

IMPOSTE DIRETTE

( ESPOSIZIONE ISTITUZIONALE D E I P R I M I O T T O T I T O L I )

Disposizioni generali: Generalità - Della dichiarazione - Dell’accertamento.

Singole im p o s t e: Imposta sui terreni - L’imposta sui red­ diti agrari - Imposta sui fabbricati - Imposta di ricchezza mobile - Imposta complementare progressiva sul reddito complessivo - Imposta sulle società - Imposta sulle obbli­ gazioni.

Appendice.

Volume in 8°, pag. 5 1 6 ... L. 3000

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E DIRITTO FINANZIARIO (*)

1. Si rinnova in questi tempi più vivace il dibattito sul conte­ nuto della .« Scienza delle finanze », ossia sulla possibilità di dare una sistemazione scientifica unitaria ad una materia che può sem­ brare a prima vista essere costituita da una congerie di fenomeni eterogenei, fra di loro collegati per il solo fatto di essere tutti espres­ sione di una particolare attività dello stato, l’attività tendente a procurarsi entrate monetarie per provvedere a pubbliche spese. E se nel passato alcuni studiosi hanno sostenuto che solo i fenomeni di traslazione dei tributi potevano meritare una trattazione rigorosa, che permettesse di giungere a conclusioni razionali o scientifiche, oggi molti studiosi hanno un atteggiamento non molto dissimile, quando ripudiano le costruzioni scientifiche unitarie, come quella del De Viti De Marco o dell’ Einaudi o del Griziotti e si limitano a studiare aspetti particolari della attività finanziaria, i rapporti tra essa e lo sviluppo economico o l’andamento della congiuntura e ad analizzare altre correlazioni specifiche che di fatto esistono tra il fenomeno finanziario e altri fenomeni economici, senza trarre da tali indagini conclusioni che superino la costatazione di dati di fatto.

Nel complesso però si deve riconoscere che grazie l’ormai quasi secolare elaborazione teorica della attività finanziaria, oggetto della scienza delle finanze, si è giunti, nella maggioranza degli studiosi, sia pure con diverse impostazioni, ad affermare il carattere unitario di tale attività e quindi la sua rispondenza a determinati principi ispi­ ratori. Ciò che invece rimane oggetto dibattito aperto e vivace è il rapporto che esiste tra la scienza delle finanze e il diritto finanziario. Ancor oggi infatti la maggioranza degli studiosi sostiene che, salvo la congiunzione grammaticale nel titolo della materia che nell’ ordina- mesto accademico italiano forma oggetto di insegnamento da una

(*) Prolusione tenuta all’Università di Pisa il 7 marzo 1961.

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— 134 —

unica cattedra, nessun altro legame esiste tra i due aspetti in cui si manifesta il fenomeno finanziario.

Cioè la denominazione della cattedra in Scienza delle finanze e diritto finanziario, che dura ininterrotta dal 1886 (salvo l’ inversione in diritto finanziario e scienza delle finanze tra il 1936 e il 1938), ri­ sponderebbe solo ad un’esigenza pratica ; che lo studente di giurispru­ denza, assieme con lo studio dell’aspetto economico dell’attività fi­ nanziaria, acquisisca una conoscenza della legislazione positiva in ma­ teria finanziaria : nulla di più.

Per giungere ad una reale sistemazione scientifica delle due ma­ terie diverse, la cattedra dovrebbe di conseguenza essere scissa : l’eco­ nomista insegni la scienza delle finanze ; il giurista il diritto fìnan ziario.

2. L’ opportunità di disgiungere nell’ insegnamento i diversi a- spetti della attività finanziaria e in particolare distaccare l’inse­ gnamento del diritto finanziario dalla scienza delle finanze è que­ stione del tutto diversa, anche se collegata, dal problema scientifico che consiste nel discutere se esista o se non esista una unità, sia pur dialettica, tra la scienza delle finanze e il diritto finanziario.

Questa è la domanda, che, posta più volte nel passato è stata vi­ vacemente risollevata l ’anno scorso dal Romanelli, che fu docente della cattedra qui a Pisa, con la sua prolusione all’ Università di Napoli (1).

Questo appare essere nel momento attuale il problema centrale della nostra materia, ed è divenuto, nel momento attuale, anche il problema centrale del mio interesse scientifico per ragioni direi per­ sonali, ossia quale tappa necessaria nella sistemazione scientifica del mio pensiero.

3. Infatti, quando dodici anni fa iniziai il mio insegnamento della scienza delle finanze e del diritto finanziario alla Università di Parma, per la situazione oggettiva della finanza italiana del mo mento e per l’ insoddisfazione che provavo di fronte alle teorie finan­ ziarie tradizionali, considerai che il tema centrale della mia indagine scientifica e suo punto di partenza dovesse essere costituito allora dall’ analisi dei limiti economici della attività finanziaria. Secondo la metodologia propria che mi guida nella ricerca scientifica, mi apparve

( lì V . M. Romanelli Grimaldi, Metodologia del diritto finanziano. Ras­

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chiaro che tali limiti dovevano essere considerati dialetticamente, nei loro rapporti cioè con la struttura economica della società in cui la specifica attività finanziaria si svolge, quindi con una visione stori­ cistica, che riuscesse a comprendere la razionalità non assoluta, ma storicamente determinata che informa i singoli sistemi finanziari. La comprensione di tali rapporti dialettici mi apparve cioè costituire la necessaria premessa per una sistemazione scientifica unitaria della attività finanziaria.

E infatti il corso di lezioni di scienza delle finanze, che intendo svolgere anche qui a Pisa, rappresenta il risultato a cui sono giunto in questa indagine, negli anni di ricerca, di insegnamento e di pra­ tica attività. In esso l’ attività finanziaria appare non una conge­ rie di fenomeni casuali e fra di loro distaccati, ma un unico feno­ meno, per quanto complesso e con vari aspetti, la cui razionalità di­ venta concreta, se storicamente considerata. Un legame dialettico senza soluzioni di continuità intercorre tra il soggetto della attività finanziaria, lo Stato, non uno stato astratto, ma espressione e forma suprema di organizzazione di una società determinata, e il contenuto e i limiti della attività finanziaria, condizionata dalla struttura eco nemica e sociale esistente nel momento.

Ma giunto a questo punto, superato il contrasto che costituiva la basq del grande dibattito svoltosi in particolare tra l’ Einaudi e il Griziotti, riconosciuto che il fenomeno finanziario non può essere com­ preso adoperando il solo strumento dell’ analisi economica, ma con una analisi più complessa, condotta con criteri unitari e dialettici, dopo aver riconfermati in me per altra via, o ridiscussi, o posti nei loro limiti storici concetti già elaborati nel passato dagli studiosi ed essere giunto ad una comprensione storicistica delle dottrine fi­ nanziarie elaborate dai maggiori scrittori, mi apparve chiaro che tale indagine non poteva permettere una completa comprensione della realtà finanziaria.

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parte del diritto, oppure si tratta anche in questo caso di un legame dialettico? Ossia se il fenomeno finanziario, studiato dalla scienza delle finanze, trova la sua concreta espressione negli ordinamenti po­ sitivi, ossia in norme giuridiche, quali rapporti dialettici esistono tra la scienza delle finanze e il diritto finanziario?

Queste domande sorgono necessariamente quale logico sviluppo, ad un determinato momento, in qualsiasi concezione unitaria del fe­ nomeno finanziario, e dalla stessa esigenza didattica, dall’ interesse dello studente ! Ecco perchè questo problema appare a me, il problema centrale della materia che insegno e che, nell’ordinamento didattico italiano, porta il nome di Scienza delle finanze e diritto finanziario.

4. Nell’ampio, vivace, lungo e noto dibattito che ha avuto luogo attorno agli anni 40 circa i rapporti tra la scienza delle finanze e il diritto finanziario o sulla « metodologia » del diritto finanziario si erano scontrate due tesi fondamentali, che ancor oggi sussistono.

L’una, che alcuni chiamano integralista, ma che meglio si potrebbe dire organica o unitaria, è stata sostenuta dal Griziotti e con accenti diversi, dalla sua scuola, la scuola di Pavia.

Essa afferma la rilevanza giuridica dei concetti elaborati dalla scienza delle finanze. L’ altra che comprende la maggioranza dei giu­ risti, afferma la netta separazione della scienza delle finanze e dei concetti da essa elaborati dal diritto finanziario.

La scienza delle finanze avrebbe per oggetto il contenuto econo­ mico della attività finanziaria, studierebbe le leggi economiche che presiedono alla distribuzione del carico fiscale e gli effetti economici che da tale distribuzione derivano e per la formazione del reddito na­ zionale e per le economie dei singoli. Sarebbe pertanto oggetto di inda­ gine da parte di economisti, i quali usano appropriati strumenti di ri­ cerca elaborati dal pensiero economico nel corso del suo svolgimento. Il diritto finanziario invece è uria scienza giuridica, che adopera stru­ menti elaborati dal pensiero giuridico. L’ unico legame che esso ha con la scienza delle finanze, è costituito dal fatto che esso regola rapporti giuridici che nascono dal fenomeno finanziario, la cui essenza è costi­ tuita da un prelievo di ricchezza effettuato dallo stato su singoli soggetti. Questo legame col contenuto è quindi un legame tenue e non specifico, perchè si ritrova anche in altri rami del diritto, per esempio il diritto commerciale, il diritto industriale, il diritto agra­ rio, etc. Sicché, come dice il Berliri e con lui quasi tutti i giuristi, occorre tenere nettamente distaccati i due aspetti del fenomeno

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miliziano, evitare ogni « contaminazione e confusione fra scienza delle finanze e diritto finanziario » (2).

Infatti « il diritto finanziario non può essere assunto se non da una scienza giuridica » come dice il Giannini (3). Esso adopera gli strumenti giuridici elaborati dalla scienza del diritto, che i giuristi conoscono per dottrina ed esperienza. E si conclude che siccome, come dice l’Einaudi (4) è difficile che esista un buon economista che sia anche un buon giurista e che sappia adoperare senza confonderli gli strumenti di indagine che sono diversi e specifici, economici per 'a scienza delle finanze e giuridici per il diritto finanziario, gli econo­ misti non mettano il becco nel campo del diritto finanziario e i giu­ risti nel campo della scienza delle finanze.

Infine che cos’è questo « diritto finanziario »? E un ramo vera­ mente autonomo del diritto o solo una parte specializzata di esso, che applica cioè principi e istituti giuridici già elaborati da al­ tri rami del diritto (costituzionale, amministrativo, privato) ad una materia speciale, la materia finanziaria? Ed ecco che chi afferma la netta separazione tra la scienza delle finanze e il diritto finanziario, deve coerentemente negare una vera e propria autonomia del diritto finanziario (5). L’autonomia di un ramo del diritto deriva infatti, pur nell’ unità del diritto (6), dal fatto che si possano in esso indi­ viduare istituti che siano disciplinati da principi giuridici uniformi, tali da applicarsi soltanto ad essi e non ad altri, da riscontrare cioè una peculiarità di concezione giuridica che informi tutta- la materia trattata.

Ma come si può riconoscere questa peculiarità, e quindi una au tonomia, 1’esistenza di istituti giuridici specifici, se essi non affon­ dano le loro radici in una sostanza diversa e unitaria, in istituti ca­ ratteristici elaborati dalla scienza delle finanze?

(2) A. Berliri, Evoluzione dello studio del diritto tributario, in questa Rivista, 1949, I, pp. 66-73.

(3) A. D. Giannini, Diritto finanziario e scienza delle, finanze, in Rivista italiana di diritto finanziario, 1939, pp. 1-10.

(4) L. Einaudi, Come studiare il fenomeno finanziario - Riforma sociale,

1932, pp. 681-685; L. Einaudi e B. Griziotti, Del metodo di ricerea e critica negli studi finanziari, Riforma sociale, 1933, pp. 193-200; Tj. Einaudi, In difesa della scienza delle finanze, Riforma sociale, 1934, pp. 93-99.

(5) F. D ’Alessio, Premessa allo studio del diritto finanziario, in Rivista italiana dì diritto finanziario, 1937, I, pp. 111-132; A. D. Giannini, Intorno alla cosidetta autonomia del diritto tributario, in Rivista italiana di diritto finan­ ziario, 1940, I, pp. 57-65 (e, in sostanza, anche lo stesso Romanelli nella citata

prolusione).

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— 138 —

5. Di fronte a questa posizione che aiferma la netta separazione del diritto finanziario dalla scienza delle finanze e che sostiene che solo una metodologia giuridica pura, senza contaminazioni, può es­ sere adottata nello studio del diritto finanziario sta, come abbiamo detto, la organica concezione del Griziotti e della sua scuola.

Nella sua lunga attività scientifica e didattica, conclusasi con la bella lezione di commiato letta il 15 maggio 1954 all’ Università di Pavia, e intitolata « il potere finanziario e il diritto finanziario nello studio delle finanze pubbliche » (7), il Griziotti elaborò una organica teoria dell’attività finanziaria il cui fenomeno finanziario veniva esaminato nei vari aspetti, nelle varie sue manifestazione se­ condo criteri unitari.

Sia permesso qui a ine, di ricordare a voi, signori e studenti, il mio caro Maestro, grande come studioso e come uomo. Egli ha dedi­ cato la Sua vita intera alla scuola, affinava continuamente senza sosta, in modo critico il suo pensiero, perchè sentiva la grande re­ sponsabilità di insegnare ai giovani, di trasmettere un pensiero che voleva sempre più sicuro e preciso, sempre più chiaro. Era un genti luomo in tutti gli aspetti della vita a noi tutti sentivamo la sua superiorità morale e lo circondavamo del nostro affetto. Nessun di­ scepolo perciò l’ ha mai rinnegato, anche se nello sviluppo del suo pensiero è giunto a conclusioni contrastanti con l’insegnamento ri­ cevuto.

Qual’è il pensiero del Griziotti? Non è facile renderlo in modo esatto, tanto è stato più volte malamente interpretato, per difetto di conoscenza, per ignoranza della scienza delle finanze o per altri mo­ tivi. E io pure, nonostante la lunga consuetudine e lo studio, penso che sia difficile garantirne l’ esatta esposizione, perchè il pensiero altrui, giunge a noi mediato dalla parola e spesso staccato dall’ in­ sieme. A me pare, comunque, che il pensiero del Griziotti poggi in bre­ ve sul seguente filo logico.

La scienza delle finanze è una scienza autonoma, in quanto studia i principi che regolano il fenomeno finanziario, costituito essenzial mente dal fatto che lo stato preleva quote di reddito nazionale per de stinarle a pubbliche spese.

Il fenomeno finanziario pertanto, anche se ha contenuto economi co e provoca effetti economici, non può essere ricondotto ad astratti

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principi economici nel senso che a questa parola viene dato comune­ mente dagli .« economisti », come da noi hanno fatto i grandi Maestri Einaudi e De Viti De Marco, ma a principi più complessi, che devono tener conto che soggetto attivo dell’attività finanziaria è lo Stato, or­ gano politico e che esprimono i criteri distributivi del carico fiscale, che regolano i rapporti tra Stato e contribuenti. Questi principi di­ stributivi trovano la loro concreta espressione nel sistema finanziario, regolato dal diritto.

La sistemazione giuridica è quindi l’ espressione concreta del fe­ nomeno finanziario e deve essere conosciuta dallo studente di scienza delle finanze, perchè gli permette di meglio comprendere la razionali­ tà specifica del fenomeno finanziario, la natura dei principi distribu­ tivi del carico fiscale e d’altra parte il diritto finanziario acquista con­ cretezza, purezza e semplicità di lineamenti e il diritto meramente formale si trasforma in diritto sostanziale delle finanze pubbliche, so­ lo se di continuo riceve il contributo della scienza delle finanze. « Se lo studio del diritto finanziario è coordinato con quello della scienza delle finanze, meglio può essere applicato il diritto finanziario secondo le esigenze delle finanze pubbliche ». Queste ultime sono af­ fermazioni testuali del Griziotti nella citata lezione di commiato e mi pare che nella loro genericità ben difficilmente possono essere re­ spinte.

6. Perchè allora la concezione del Griziotti ha creato « furiosi » dissensi e nel campo della scienza delle finanze e nel campo del diritto finanziario?

Io credo che alla comprensione della vera sostanza del pensiero del Griziotti abbia nociuto l’idealismo o spiritualismo moralistico che appare quale base della Sua concezione e si ritrova in ogni Suo scrit­ to. Non nascondo che introdurre elementi moralistici in giudizi eco­ nomici o di fenomeni sociali, o in istituti giuridici può dare un senso di fastidio, determinare confusioni contrarie al rigore scientifico. Quante discussioni ho avuto anch’io col Maestro, quand’ ero studente e poi assistente perchè non volevo assolutamente concedere che nel giudizio sul livello di stabilizzazione monetaria da adottare dovessero entrare presupposti di ordine morale !

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— 140 —

ricordare solo i due cari amici scomparsi, economisti e nello stesso tempo rigorosi giuristi.

Sicché, se togliamo il pensiero del Griziotti da questa sua base i- dealistica, se lo sfrondiamo da particolarità non essenziali, ci appare una salda, ben costruita sistemazione unitaria del fenomeno finanzia­ rio, che corrisponde alla realtà di esso, una concezione dei rapporti tra scienza delle finanze e diritto finanziario, essa pure fondamental­ mente giusta e realistica, a cui ci si deve richiamare, anche se diverse sono le spiegazioni logiche che di tale unità si può dare e diverse le specifiche applicazioni di essa nella pratica.

7. Se l’ unità del fenomeno finanziario non viene ricondotta alla deduzione di tutti gli istituti finanziari da un solo ed immanente principio idealistico-razionale, astratto, quale il principio dell’ ugua­ glianza, come fa l’ Einaudi, bensì risulta dall’ esame della reale at­ tività finanziaria, quale concretamente si svolge in una determinata società, si sfugge alla critica che l’Einaudi fa alla concezione sinte­ tica del Griziotti. Come già abbiamo detto l’attività finanziaria è at­ tività sì dello Stato, il quale però non è l’ ente idealistico ed eterno, quale loconcepì il Griziotti, ma suprema forma di organizzazione ed espressione concreta di una società determinata. Lo Stato non è quindi « libero » di attuare scelte arbitrarie, non sistemabili scientifica- mente, ma al contrario non può proporsi fini diversi da quelli che sono richiesti dalla società di cui è espressione e non può agire, anche dal punto di vista economico, se non nei limiti posti dalla struttura di quella società e delle sue leggi economiche. I principi distributivi che regolano la distribuzione del carico fiscale, non sono la espressione razionale di una astratta giustizia, ma di una razio­ nalità storicamente determinata, corrispondono cioè alle concrete esigenze di una determinata società, considerata non staticamente ma nel suo sviluppo reale e della sua coscienza sociale ed ideale. Questa coscienza si traduce in principi fissati nelle carte costituzio­ nali e diventa quindi fonte di norme imperative e di principi infor­ matori della legislazione. Acquista così già una prima concretezza non moralistica, ma storicamente determinata, il rapporto che lega il contenuto del fenomeno finanziario alla sua positiva espressione giuridica.

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In ciò sta la ragione essenziale della cosidetta autonomia del diritto finanziario, rispetto agli altri rami del diritto, della pecu­ liarità degli istituti del diritto tributario, dei concetti giuridici che esso ha elaborato e che poteva e può elaborare solo con una ade­ guata conoscenza degli istituti finanziari, che ne rappresentano il contenuto. In ciò sta e il suo stretto legame con gli altri rami del diritto nella unità del diritto (espressione sempre dei rapporti esi­ stènti in una società determinata) e il suo legame dialettico col suo contenuto : il fenomeno finanziario, scientificamente elaborato dalla scienza delle finanze. Questo è per me il senso profondo della con­ cezione unitaria a cui il Ciri zi otti ha aperto la strada.

Ho già riconosciuto che le affermazioni sopra fatte possono nella loro genericità ottenere consensi anche da coloro che negano carat­ teristiche particolari al diritto finanziario e chiedono « lo sciogli­ mento del nodo gordiano che nell’ insegnamento universitaria lega la scienza delle finanze al diritto finanziario » (8).

Infatti nessuno osa negare che la conoscenza del fenomeno che è regolato dal diritto, sia in ogni caso, cioè in tutti i campi del di­ ritto, elemento utile, per la comprensione della norma giuridica e che tale conoscenza sia da acquisire nei rami di diritto che regolano fenomeni meno noti nella esperienza comune.

Ma perchè la adesione a tale tesi generale non sia puramente formale e si limiti alla ovvia affermazione che è utile, ma non ne­ cessaria la conoscenza del fenomeno regolato dal diritto, occorre andar oltre, scoprire i concreti rapporti per cui la conoscenza del fenomeno finanziario che la scienza delle finanze studia, diventa, nel diritto finanziario, condizione necessaria per la comprensione e la giusta applicazione della norma giuridica. Nè si può dire che si tratti solo di accentuare l’applicazione di una regola generale, perchè ad un certo momento, il mutamento quantitativo di un fenomeno, diventa un mutamento qualitativo di esso.

Nei fatti la divergenza tra una impostazione formalistica del diritto finanziario e la nostra impostazione realistica appare chia­ ramente, quando si consultano i vari manuali di diritto tributario dovuti per lo più a giuristi più fortemente, come PAllorio, e in parte il Berliri o meno fortemente come il Giannini, legati alla con­ cezione formalistica o idealistica del diritto e si manifesta ad ogni momento del rapporto giuridico di imposta.

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Il tema è inesauribile e non può essere trattato in questa mia prolusione, che è la semplice presentazione di un programma di la­ voro e quindi mi limiterò qui solo ad alcune considerazioni di carat­ tere generale, illustrate da pochi esempi.

8. In primo luogo perchè una concezione formalistica del di­ ritto è nel diritto finanziario assolutamente inadeguata?

Io non voglio qui risollevare l ’antico problema generale della relazione tra il fenomeno giuridico e la realtà sociale, anche se la giusta comprensione di tale dialettica relazione, che il Marx aveva acutamente indicato già negli scritti giovanili e in particolare nella sua critica alla filosofia hegeliana del diritto pubblico, sia la pietra di paragone che distingue ogni concezione realistica del diritto, da ogni concezione idealistica, ossia serva a distinguere ogni modo di intendere l’ aspetto generale del fenomeno giuridico.

Credo però che sia da affermare che una concezione realistica del diritto corrisponda sempre più alle esigenze di una società de­ mocratica in sviluppo, quale è la nostra società. Infatti intendere gli ordinamenti giuridici e quindi anche le norme giuridiche che li compongono come sovrastrutture e prodotti di determinate società, che a loro volta agiscono dialetticamente sulla base sociale, inten­ dere cioè la vita del diritto come espressione della vita della società e del suo sviluppo e non viceversa come qualche cosa di esterno, che si sovrappone ed impone alla società, come qualche cosa che ha vita autonoma e propria, diviene sempre più necessario e consono alla coscienza democratica.

La storia non può essere concepita come la realizzazione di un diritto ideale, espressione di idee e concetti idealisticamente svi- luppantesi, resi obbligatori da uno stato idealisticamente concepito, così come non si può ritenere che la coazione sia l’ unico ed inelimi­ nabile elemento del concetto di ordinamento giuridico, la sanzione l’elemento fondamentale della nozione e della struttura delle norma giuridica.

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base dell’ ordinamento giuridico dei singoli stati, appare la chiara e spressione del grado di sviluppo di una determinata società e della sua coscienza sociale e fissa direttive per lo sviluppo futuro ; il diritto amministrativo, che regola i rapporti tra gli organi della pubblica amministrazione e i vari soggetti per la tutela di interessi specifici, attua una continua evoluzione in relazione allo sviluppo dei concreti rapporti sociali.

Il diritto finanziario, che regola l’attività più importante della vita dello stato, i rapporti più delicati che esso ha con altri soggetti, perchè costituiti da un prelievo di ricchezza sui cittadini e gli altri soggetti che entrano nell’ ambito della sua sovranità, esprime necessa­ riamente in modo più completo e chiaro il legame dialettico con la realtà sociale da cui deriva, con la razionalità storicamente concreta, espressione della coscienza sociale del momento, che lo ispira. Ossia nel diritto finanziario risalta maggiormente e in modo chiaro il rap­ porto tra- realtà sociale e diritto, tra la norma giuridica e il fenomeno finanziario suo contenuto sostanziale. Il fatto finanziario che essa re­ gola, acquista così rilevanza particolare, diventa per ciò stesso un fat­ to giuridico, se così si può dire, in quanto ad esso si adeguano i vari istituti e le varie figure giuridiche.

9. La rilevanza giuridica nel diritto finanziario del fatto e del concetto elaborato dalla scienza delle finanze, appare ad ogni momen­ to del rapporto giuridico d’ imposta e lo vedremo subito, ma occorre prima ancora notare che i giuristi si sono soffermati in modo partico­ lare e critico su due concetti, elaborati dalla scuola di Pavia e colle­ gati alla sua visione unitaria : il concetto di causa e il concetto di in­ terpretazione funzionale.

L’autonomia del diritto finanziario e la sua dialettica unità col fenomeno finanziario, come dicevo, appare in molti istituti giuridici propri del diritto finanziario e non solo nei concetti di causa e di in­ terpretazione funzionale, i quali non sono « istituti giuridici » propri del diritto finanziario, bensì concetti che hanno rilevanza giuridica, particolarmente importante nel diritto finanziario.

Infatti il concetto di causa non è un ,« istituto giuridico » nel sen­ so proprio della parola neanche in altri campa del diritto, ma in caso un concetto giuridico e anche molto discusso.

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lettica. Coloro che si ispirano alla concezione idealistica e formalisti ca del diritto sono anticausalisti, temono la « contaminazione » del mondo extra giuridico col mondo giuridico. Per essi la causa è con fusa con la fonte della norma giuridica.

La causa è cioè per costoro la stessa norma giuridica « non può presentarsi disintegrata dalla norma stessa ed elemento autonomo del negozio », al massimo, se si vuole concedere qualche cosa al concetto di causa, essa non può consistere altro che nel fine giuridico che si in­ tende realizzare. Sono le logiche conseguenze — anche se non sempre coscienti in tutti gli studiosi di diritto — di una concezione generale di un diritto che vive e si sviluppa in se stesso, in una pura e inconta minata sfera ideale.

Per coloro che più o meno coscientemente partono da una conce­ zione realistica del diritto, invece il concetto di, causa è utile, ha rile­ vanza giuridica, rappresenta, per così dire, il ponte di passaggio tra il fatto economico sociale che dà origine e spiega la norma giuridica e la norma giuridica in sè.

Oiò vale anche per il diritto privato, dove pure si scontrano i cau salisti e gli anticausalisti e dove pure di fronte alle concezioni sogget tivistiche e idealistiche che intendono la causa lo scopo soggettivo perseguito dal soggetto del negozio giuridico, sta la concezione ogget­ tiva e positiva della causa, intesa nella funzione economica e sociale del negozio che il diritto riconosce rilevante ai suoi fini (9).

Nel diritto privato però si regolano rapporti sociali stabiliti or­ mai da millenni e che nella loro sostanza ultima, essendo basati sulla proprietà privata dei mezzi di produzione, sono rimasti per secoli inalterati, sicché la forma giuridica che essi hanno acquisito si tra­ smette e si perfeziona da secoli, quasi avesse vita propria, avulsa dalla realtà sociale che contiene e sottintende. E ciò era stato visto acutamente non solo dal Marx e dallo Engels, ma anche dal nostro Antonio Labriola.

Si può quindi, in tale diritto, essere tentati di trascurare il concetto di causa.

Ma ciò non è possibile nel diritto pubblico. Il diritto pubblico regola rapporti sociali e quindi interessi sociali più rapidamente mu- tevoli, che rispondono cioè ad una coscienza e ad una razionalità storica, collegata ad una struttura sociale che varia nel tempo. Si

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potrà vedere in questa razionalità storicamente determinata, con con­ tinuo progresso, corrispondente al progresso della società umana verso la più perfetta e compiuta realizzazione della libertà, della ugua­ glianza e della dignità dell’ uomo per successivi gradi di sviluppo, sia alla base di questa ottimistica visione la concezione idealistica del Croce o quella materialistico-dialettica dell’ Engels, ma il fatto è che il diritto pubblico non con la & maiuscola, quale astrazione eterna extra spaziale ed extra temporale, ma quale diritto positivo o almeno concreto di un’ epoca, esprime interessi sociali concreti, risponde ad

una razionalità concreta.

Il concetto di causa diventa perciò necessario non solo per com­ prendere la razionalità dell’ insieme, i principi di diritto che concreta­ mente regolano l’ordinamento giuridico pro tempore, ma anche quale valido aiuto per interpretare e realizzare la singola norma giuridica. A ben guardare in fondo l’ obbligo costituzionale della motivazione di qualsiasi sentenza e decisione, quando sia inteso nella sua realtà sostanziale e non solo formale giuridica rappresenta una conquista della coscienza democratica che esige che la « causa » che sta sotto la forma e la norma giuridica appaia nella sua forza persuasiva.

Particolare evidenza assume questo concetto di causa nel diritto finanziario, perchè, data l’ importanza ai fini della vita dello stato dei rapporti che esso regola, degli interessi della società nel suo insieme e dei singoli che esso tocca, lo scambio tra la realtà sociale e il diritto è continuo.

10. Che cos’è questo concetto di causa, specificatamente, nel di­ ritto finanziario?

Rispondere in modo astratto e generico a questa domanda a me pare che sia un errore, che accresce la diffidenza di molti giuristi sulla utilità e sulla rilevanza giuridica di tale concetto.

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stato » a se ».tante ed arbitrario, quale prerogativa di uno Stato in teso in senso idealistico e che tutto giustifica e tutto legittima, com prese le taglie, le angherie, le estorsioni, ma deriva dalla necessità e dall’interesse sociale che esista una ordinata attività finanziaria, in cui l’interesse dello Stato, quale espressione del corpo sociale e l’ in­ teresse del singolo siano tenuti nella dovuta considerazione e i singoli tributi abbiano così la loro causa specifica nel criterio distributivo og­ gettivo che lo determina.

È, dice il Griziotti, proprio la scienza delle finanze che elabora gli istituti e i concetti finanziari per realizzare tale interesse sociale, elabora cioè il contenuto del diritto finanziario, il concetto di causa, in senso generale e specifico.

Questa definizione così generica, che pur espressa in modo così sommario mi pare contenga il senso della concezione del Griziotti e della scuola pavese, ha il difetto di non essere sufficientemente con­ creta e quindi prestarsi agevolmente alle critiche degli anti causalisti, i quali in sostanza dicono fate pure tutta la filosofia che volete, ma la legge è legge!

Ad aggravare la diffidenza dei giuristi verso questo concetto ha contribuito non poco anche in questo caso l’aspetto moralistico ed idealistico della concezione del Griziotti, che si traduceva in sostanza nel campo del diritto in una sorpassata dottrina giusnaturalistica.

Il Griziotti ed alcuni suoi discepoli hanno scomodato infatti S. Tomaso e i giureconsulti medioevali e del rinascimento, ma ciò an­ ziché giovare ha nociuto al concetto di causa ed è comprensibile che abbia dato, come è avvenuto anche a me, un senso di fastidio.

Ma detto questo, non è detto che il concetto di causa non esista nel diritto finanziario e non abbia rilevanza giuridica concreta. Solo che tale concetto deve essere tolto dal nebuloso empireo della filosofia morale e portato nella nostra società, reso storicamente determinato e concreto, espressione di una società specifica e di un suo corri­ spondente ordinamento giuridico.

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Così anche il concetto generico di causa diventa un concetto giu ridico concreto, cioè proprio, nel caso, del diritto finanziario.

Non vi è dubbio che esprimendo le sollecitazioni di una società determinata, la Carta costituzione sia ovunque la base dell’ ordina­ mento giuridico e da noi lo sia la nostra Costituzione. Non vi è dubbio che essa contenga norme giuridiche imperative e norme pro grammatiche, ossia criteri direttivi dell’ ordinamento giuridico o principi di diritto, che tali si possono chiamare proprio perchè infor­ mano (o tendono ad informare) il processo di sviluppo dell’ ordina­ mento giuridico e sono come tali richiamati dalla legge, come è per esempio nell’articolo 12 delle disposizioni sull’ interpretazione della legge in generale.

11. Come si configura allora concretamente la cama dell’ obbli- gazione tributaria nella nostra Costituzione?

L’art. 81 della Costituzione, con le sue norme, garantisce concre­ tamente che la spesa pubblica corrisponda alla capacità globale della economia nazionale a sostenerla (volume della spesa) e che essa, nella sua qualificazione corrisponda all’interesse pubblico storicamente de­ terminato nel contrasto tra le forze sociali che esprimono il loro equi­ librio temporaneo nel Parlamento e nel Governo. Ecco il primo aspetto del concetto di causa reso concreto e giuridicamente rilevante.

L’art. 23, poi, con la sua precisa norma giuridica vera e propria, riconosce e fa suo il principio della certezza del tributo e della ugua­ glianza, che trae dal mondo extra giuridico — dalla elaborazione compiuta dalla scienza delle finanze, il continuo richiamo alla quale è necessario anche per comprendere la dizione « prestazione patrimo niale ». Tale norma costituisce l’ altro pilastro basilare del concetto di causa. Infine la norma programmatica dell’art. 53 « Tutti sono tenuti a: concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva.

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cittadini, ma per tutti coloro che entrando nell’ambito territoriale dello stato godono dei servizi che esso offre, che ha elaborato il con­ cetto di capacità contributiva, di progressività e anche tale norma costituisce un’altra prova del legame dialettico tra scienza delle finan­ ze e diritto finanziario.

È evidente quindi che in ogni istituto giuridico tributario, in ogni norma, sia da rilevare l’ elemento specifico che la giustifica secondo questi principi generali che ne rappresenta cioè lo scopo, l’interesse sociale da raggiungere, ossia la causa e che costituisce in fondo, con trapasso giuridico, anche la mens legis.

Ma quale rilevanza giuridica, rispondono gli anti causalisti, han­ no questi principi generali che vengono tratti dal mondo extragiu ridico?

L’obbligazione tributaria è una obbligazione ex lege, le varie ra­ gioni o principi o presùpposti dell’ imposizione appartengono ad un momento pregiuridico, il debito d’ imposta ha semplicemente la sua causa nella legge che ne è la fonte, la quale stabilisce il sorgere della obbligazione al verificarsi di determinati presupposti nella legge indicati e quindi la causa è la legge o il presupposto indicato dalla legge.

A me pare che qui si sia veramente fuori strada. Nessuno ha mai sostenuto che il concetto di causa, così come concretamente si può ricavare dalla nostra Costituzione, significhi che se un tributo stabi­ lito per legge è senza causa o perchè la spesa è anticostituzionale o perchè manca la capacità contributiva, il contribuente possa rifiu­ tarsi di pagare il tributo o il giurista negare l’ esistenza di una obbli­ gazione tributaria e del conseguente debito di imposta, per quanto se, nella Costituzione fosse stato sancito il diritto alla resistenza e alla insurrezione, come era stato proposto, forse anche questo prò blema sarebbe stato da discutere. Ma da ciò ad escludere qualsiasi rilevanza giuridica dal concetto di causa, ci corre molto.

12. Il concetto di rilevanza giuridica è ben più ampio e il com pito del giurista ben più complesso ed alto che quello di registrare automaticamente le varie norme giuridiche e incasellare in esse i fatti in modo cieco e irresponsabile.

Il giurista è sempre un creatore ed un interprete intelligente del diritto. È un creatore, perchè qualora si accorga che la norma giuri­ dica non corrisponde alla razionalià che afferma di esprimere, alla

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vengono elaborate le leggi !), allo scopo econoinico-sociale che in­ tende raggiungere, cioè in sostanza diciamo noi alla causa, critica la norma stessa, ne dimostra l’ irrazionalità, l’inefficienza, il danno che procura all’ interesse sociale e quindi ne propone l’ abolizione, la sostituzione, la modifica, crea cioè il futuro diritto, la norma giuri dica che più corrisponda al suo scopo, alla sua razionalità, alla co­ scienza sociale. È cioè un creatore del diritto, anche se per via me­ diata. E in tale opera si vale dei principi di diritto, che esprimono appunto la coscienza sociale dell’ epoca, nel caso del diritto finanzia­ rio, dei principi indicati dall’art. 53 della Costituzione e da altri che alla attività finanziaria dello Stato si ricollegano.

Ma è, entro certi limiti, un creatore anche immediato, con la sua azione di interpretazione della legge. La quale interpretazione, come stabilisce l’art. 12 delle preleggi, non è atto passivo, ma una viva par­ tecipazione del giurista interprete, alla realizzazione della volontà del legislatore. Quali limiti ha questa funzione attiva?

Anche in questo caso gli anticausalisti, i dogmatici del diritto puro non contaminato da concetti del mondo extragiuridico, tendono a sopravalutare la lettera della legge, il suo aspetto formale e accu­ sano, in questo caso i giuristi della scuola di Pavia, di fondere i vari aspetti del fenomeno finanziario, di adoperare il concetto di causa nella interpretazione delle leggi finanziarie, di aver introdotto quel nuovo strumento, che il Griziotti chiama « interpretazione funzio­ nale ».

A me pare che anche in questo caso per amor di polemica si sia falsato il pensiero del Griziotti e dei suoi discepoli, quale appare dagli scritti di valenti giuristi, come il Vanoni, che al tema della in­ terpretazione della legge tributaria ha dedicato tutta un’ opera pre­ gevole, il Pugliese e più recentemente il Maffezzoni e quale appare dagli stessi scritti del Griziotti. In Lui la intuizione dell’importanza del concetto di causa nel diritto finanziario può forse aver forzato la mano è aver spinto a creare la nuova dizione di interpretazione fun­ zionale per un processo di interpretazione che è in fondo non nuovo.

L’interpretazione funzionale secondo il Griziotti importerebbe una ricerca più ampia esatta e sicura di quella rivolta alla indagine della ratio legis e della intenzione d el. legislatore, in quanto fon­ data sulla precisa conoscenza delle rispettive funzioni degli ele­ menti che compongono l’ entrata e che la ratio legis non sempre precisa.

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In realtà con l’interpretazione che chiamano pure funzionale non si esce dai canoni di interpretazione previsti dall’art. 12 delle pre­ leggi, anche se per opporsi giustamente ad una concezione ed inter­ pretazione formalistica del diritto, si sottolinei l’importanza del contenuto della legge e il fatto che la menu legis non possa essere in­ teramente compresa senza l’ ausilio della scienza delle finanze.

Il Griziotti e i suoi discepoli hanno più volte concretamente di­ mostrato la validità di una interpretazione che tenesse presente le caratteristiche, la natura, lo scopo, la causa cioè della norma giuri­ dica da interpretare.

La validità e la rilevanza dei principi generali del diritto finan­ ziario, che rappresentano, ripeto, la trasposizione nell’ordinamento giuridico di concetti elaborati dalla scienza delle finanze, appare negli aspetti più generali dei problemi giuridici che nascono dalla attività finanziaria dello stato. La materia è spesso ancora allo stato fluido, ancora in formazione, e io non vorrei che questo stato di fluidità per gli aspetti più generici conducesse a negare l’ efficacia pratica di tali principi generali di diritto.

Senza dubbio vi sono casi interessanti, la cui classificazione da un punto di vista giuridico può presentare molte incertezze.

Per esempio si potrebbe dire che il ripudio dei prestiti contratti dai comuni di Genova e di Milano all’epoca della repubblica di Salò —. mentre gli altri atti amministrativi compiuti dagli stessi comuni erano convalidati — può essere ricondotto al fatto che quella spesa pubblica non corrispondeva ad una pubblica utilità, mancava cioè di causa, secondo la concezione di utilità pubblica espressa dalla co­ scienza sociale democratica che ispira il nostro ordinamento costi­ tuzionale.

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Ma si tratta di affermazioni troppo generiche, dubbie, di problemi ancora discutibili, di incerta sistemazione.

13. L’ uso dei concetti elaborati dalla scienza delle finanze nel campo proprio del diritto, la loro rilevanza giuridica, appare invece molto più evidente in manifestazioni molto concrete.

La stessa sfera di applicazione della norma fondamentale con­ tenuta nell’ art. 23 della Costituzione « Nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non in base alla legge » è stata delimitata dalla stessa Corte Costituzionale ricorrendo alle categorie proprie della scienza delle finanze, ed escludendo, per esempio, dal concetto di prestazione patrimoniale nel senso dell’art. 23, i « cor­ rispettivi ».

Lo stesso dicasi dei concetti propri di tassa, di imposte o tri­ buti speciali, di imposta. Anche se la legislazione positiva presenta spesso nella terminologia confusione tra i vari istituti, nessun dubbio che gli istituti giuridici si siano precisati secondo il loro conte­ nuto elaborato concettualmente dalla scienza delle finanze. Nella interpretazione della norma giuridica finanziaria, ricorre sempre come abbiamo già ricordato, il concetto elaborato dalla scienza delle finanze, lo scopo fiscale che la norma intende raggiungere in confor­ mità del principio di capacità contributiva. Così nelle società edili­ zie, il trasferimento di quote sociali, di un pacchetto azionario, sarà colpito, in quanto manifestazione di capacità contributiva, allo stesso modo e con le stesse imposte che colpiscono il trasferimento dell’ im­ mobile, vero e proprio ; così, la classificazione di un reddito in cat. B o cat. 0 nella imposta ricchezza mobile o nei redditi agrari si attua con criteri economici che sono dedotti dalla scienza delle finanze, così, nell’esempio ricordato dal Griziotti, la interpretazione giusta dell’art. 13 del D.L. 10 maggio 1917 n. 896, che stabilisce la tassa fissa di registro per gli atti relativi all’ acquisto e alla costruzione degli edifici delle scuole professionali poste a carico dei comuni, afferma che tali facilitazioni devono valere, dato lo scopo della legge, anche per i mutui stipulati per l’ acquisto di tali immobili. Così nella inter­ pretazione del celebre art. 8 della legge di registro, che espressamente si richiama alla fattispecie economica degli atti registrati, così in tanti altri casi che sono stati più volte ricordati dei giuristi della scuola di Pavia.

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ramo, del diritto, cioè della sua organica rispondenza a specifici prin­ cipi fondamentali finanziari e quindi in sostanza il suo legame con la scienza delle finanze.

In nessun ramo del diritto il fatto economico giuridico, che di­ venta presupposto del tributo, ha tanta rilevanza giuridica. Basta tener presente il T.U. delle leggi sulle imposte dirette (D.P.B.. 29 gennaio 1958 n. 645) ; non solo, il presupposto, della obbligazione tri­ butaria è espressamente richiamato nelle disposizioni generali e in ogni singola imposta, ma il fatto concreto e il presupposto più ge­ nerale — l’ esistenza di una capacità contributiva in base alla pro­ duzione di un reddito o ad altri fenomeni economici — e lo scopo di procurare una entrata allo stato, condizionano tutta la struttura del diritto finanziario.

Condizionano la capacità tributaria e i soggetti passivi del rap­ porto tributario, che oltre le persone fisiche e giuridiche sono per il diritto tributario anche le organizzazioni di persone o di beni prive di personalità giuridica « nei confronti dei quali il presupposto di imposta si verifichi in modo unitario ed autonomo ». E sul tema il collega prof. Lavagna ha tenuto una interessante prolusione all’a pertura dei corsi di perfezionamento indetti dal Ministero delle F i­ nanze.

Condizionano e determinano, distinguendola nettamente, la figura del vero contribuente dagli altri coobbligati, soggetti passivi dell’ ob- bligazione tributaria, determinano il sorgere di figure di obbligati specifiche del diritto tributario, il responsabile di imposta e il so­ stituto di imposta.

Condizionano tutto il vasto e complesso processo di accertamento, con gli obblighi di fare connessi alla obbligazione tributaria prin­ cipale (dichiarazione, tenuta di bollette, etc.), e con i poteri di inda gine concessi alla pubblica amministrazione.

Condizionano e determinano il principio di solidarietà tribu­ taria, di solve et repete e tanti e tanti altri istituti propri del di­ ritto tributario.

Tutta la costruzione giuridica si incentra cioè sul fatto econo- mico-giuridico, che diviene presupposto giuridico e la cui esatta con­ figurazione non può ottenersi senza far ricorso ai concetti elaborati dalla scienza delle finanze.

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iute-ressare l’analisi esclusivamente economica, hanno qualche volta ri­ levanza giuridica.

Il contribuente inciso, secondo la dizione della scienza delle fi­ nanze o più ampiamente il contribuente di fatto, come lo chiama il Vanoni, ossia il contribuente che subisce il peso dell’ imposta, anche se non è indicato dalla legge, anche se cioè la legge, indicando un contribuente di diritto non stabilisce espressamente il diritto di rivalsa, e quindi esprime un concetto prevalentemente economico, ha rilevanza giuridica in alcuni casi, come ho avuto occasione di costare io stesso e nella mia esperienza (10).

E gli esempi potrebbero continuare e sarà compito del corso che svolgeremo indicarne altri, per illustrare in modo più organico e completo i concetti sopra esposti.

11. In conclusione io credo di aver dato alcune sommarie ma valide prove della tesi che il diritto finanziario è un ramo autonomo del diritto, che è legato in modo particolare al suo contenuto, ai con­ cetti cioè elaborati dalla scienza delle finanze con un rapporto non certo passivo, ma dialettico e credo anche di aver individuato i con­ cetti fondamentali della scienza delle finanze che si trasformano in principi giuridici, cioè in principi che entrano a far parte dell’ ordi­ namento giuridico, non sono cioè al di fuori di esso.

Sicché considero anch’io che esista una unità dialettica tra la scienza delle finanze e il diritto finanziario e che ben a ragione la cattedra nel nostro ordinamento accademico porti il titolo di Scienza delle finanze e diritto finanziario. Questo dico non nel senso che non possa essere anche opportuno, per la necessaria specializzazione, che i docenti della scienza delle finanze e del diritto finanziario siano due diverse persone, ma. nel senso che la congiunzione sta a signifi­ care non un dato storico o di opportunità, ma un profondo e speciale legame che in questo caso esiste tra il contenuto e la sua forma, o espressione giuridica.

E anche se si vuol affermare che questo legame col contenuto non è specifico del diritto finanziario, ma si riscontra in tutti i rami del diritto e più fortemente in quelli che regolano fenomeni poco noti nella esperienza comune e in piena evoluzione, esso è nel diritto finanziario caratteristico e dà luogo a specifici istituti giuridici.

Antonio Pesenti

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(10) Pesenti, La rilevanza giuridica del contribuente di fatto, in «mesta

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IL PRINCIPIO DI CORRISPONDENZA FRA IL PRESUPPOSTO DI FATTO DELL’ IO E IMPORTAZIONE E QUELLO DELL’ IGE

ONNI FASE E DELL’ IGE UNA TANTUM

Sommario: § 1. Fondamento, contenuto e conseguenze del principio. — § 2. ■ Continua. Il principio è fondato esclusivamente sulla volontà normativa

e non sull’equivalenza economica dei due tributi. — § 3. Manifestazioni della rilevanza giuridica del principio: la non imponibilità dell’importa­ zione delle navi mercantili. — § 4. Continua: il regime fiscale dell’ impor­ tazione di merci in uso. — § 5. Continua: il regime fiscale dei trasferi­ menti operati nello Stato dagli intermediari dell’esportatore estero o dell'importatore nazionale. § 6. Continua : il regime fiscale delle impor­ tazioni di merci costituenti compenso dei soggetti operanti nel territorio dello Stato. .— | 7. Continua: l ’esenzione dall’ige ex art. 1 delle vendite nello Stato, anteriormente all'importazione, di merci di origini; estera. — § 8. Continua : l ’esenzione dall'ige ex art. 1 dei premi pagati agli impor­ tatori di merci per le importazioni abbinate con esportazioni. — § 9. Il principio di corrispondenza di cui si tratta, si conferma valido anche nelle ipotesi in cui l'ige importazione si preleva come ige una tantum. — § 10. Continua : contenuto e caratteristiche particolari del principio. — § 11. Conseguenze che ne derivano.

§ 1. Fondamento, contenuto e conseguenze del principio.

In due precedenti occasioni ho elaborato il concetto di importa­ zione come presupposto di fatto dell’ ige, nonché quello del parametro dell’ ige all’ importazione, sia di per sé stesso, sia dal punto di vista dei criteri dettati dalla legge per la sua valutazione (1). Devo ora tener conto del fatto che l ’ige importazione non è stata istituita come tributo a sé stante, bensì come tributo connesso coll’ige prevista sulle entrate derivanti dagli scambi operati nel territorio dello Stato. Per questo, uno studio completo del presupposto di fatto dell’ige importa­ zione, non può prescindere dal precisare sia il contenuto di tale rap­ porto di connessione, sia le conseguenze che tale rapporto produce sul presupposto suddetto.

fi) F. Maffezzoni, Il concetto dì importazione come presupposto di fatto dell’ imposta generale sull’entrata, in questa Rivista, 1960, I, 3 ss.; In., Il

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