• Non ci sono risultati.

Il linguaggio amministrativo italiano e tedesco a confronto nel contesto bilingue dell’Alto-Adige

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "Il linguaggio amministrativo italiano e tedesco a confronto nel contesto bilingue dell’Alto-Adige"

Copied!
98
0
0

Testo completo

(1)

Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia D

IPARTIMENTO DI STUDI LINGUISTICI E CULTURALI

C ORSO DI L AUREA M AGISTRALE IN

LINGUE PER LA COMUNICAZIONE NELL'IMPRESA E NELLE ORGANIZZAZIONI INTERNAZIONALI

Il linguaggio amministrativo italiano e tedesco a confronto nel contesto bilingue dell’Alto-Adige

Prova finale di:

Elena Aterelli Relatore:

Prof.ssa Cecilia Robustelli

Correlatore:

Dott. Vincenzo Gannuscio

Anno Accademico 2017/2018

(2)

Abstract

La tesi ha lo scopo di valutare la chiarezza del linguaggio utilizzato nei testi amministrativi bilingui in uso nell'area multilingue dell'Alto-Adige e le eventuali interferenze del linguaggio burocratico italiano riscontrabili nelle versioni in tedesco.

Apre questo lavoro una descrizione delle caratteristiche del linguaggio amministrativo italiano e delle iniziative di semplificazione linguistica di cui è stato oggetto a partire dalla riforma amministrativa avviata dal Governo italiano negli anni '90. Segue una presentazione della regione dell'Alto-Adige, della quale si illustrano brevemente (a) la storia dell'autonomia amministrativa, in quanto strettamente collegata all'attuale situazione linguistica; (b) la normativa vigente in materia di bilinguismo; (c) l'attività dei centri di ricerca sul bilinguismo presenti nel territorio.

La parte centrale del lavoro è dedicata all'analisi di alcuni testi amministrativi in italiano e della loro corrispondente traduzione in tedesco. Sia dei testi in italiano sia di quelli in tedesco sono state valutate la leggibilità e la comprensibilità attraverso il confronto con le linee guida sul linguaggio amministrativo elaborate per le due lingue e l'uso di software specifico per l’analisi dei testi, tra i quali READ.IT per l’italiano e LESIX per il tedesco.

I risultati emersi da questa analisi configurano una insufficiente “chiarezza” del linguaggio amministrativo sia nei testi italiani sia in quelli tedeschi, e la presenza in questi ultimi di significative interferenze del linguaggio burocratico italiano. Per quanto riguarda i testi in tedesco, i due dati possono essere letti in connessione e sembrano riconducibili alla scarsa esperienza dei dipendenti amministrativi in materia di traduzione.

(3)

Abstract

The subject of this master’s thesis is a linguistic analysis of bilingual administrative texts written in the multilingual area of Alto-Adige in north-east Italy. This research project’s aim is to evaluate the clarity of the administrative language used in the analysed administrative texts and to find possible interferences of the Italian administrative language on the language used in the German translations. The linguistic analysis is introduced by describing the multilingual area of Alto-Adige. This consists of a short presentation of (a) the historic events which led to the administrative autonomy of the region; (b) an overview of the linguistic groups living in this area; (c) an explanation of the present regulations concerning administrative bilingualism, and a description of existing research activities conducted in the field of terminology. This master’s thesis also explores the main features of the administrative Italian language and the Italian administrative reform of the 1990s, which also included a simplification of administrative texts.

The findings of this linguistic analysis reveal that both the Italian and the German administrative languages are not clear enough for the public. Moreover, the analysis shows that the German administrative language is highly influenced by the Italian one. This conclusion derives from the fact that administrative texts are translated by administrative employees, who may have little to no translation experience. The linguistic analysis was conducted by evaluating the readability and comprehensibility of texts and with reference to the guidelines about administrative writing for both the Italian and German languages. The readability of texts has been evaluated by means of readability indexes like READ.IT (for the Italian language) and LESIX (for the German language).

(4)

Abstract

Gegenstand dieser Masterarbeit ist die linguistische Analyse von zweisprachigen Verwaltungstexten aus dem mehrsprachigen Gebiet von Alto-Adige. Das Ziel der Analyse ist zu prüfen, ob die analysierten Verwaltungstexte mit einer eindeutigen Verwaltungssprache geschrieben sind und herauszufinden, ob die italienische Verwaltungssprache die Sprache der auf Deutsch übersetzten Texte beeinflusst. Die Linguistische Analyse wird durch eine Einleitung über das Gebiet von Alto-Adige eingeführt, in der die administrative Autonomie der Region, ihre linguistische Lage, die geltenden Zweisprachigkeitsbestimmungen und die Forschungsaktivitäten im Bereich Terminologie erklärt werden. In diesem einleitenden Teil geht die Arbeit näher auf die Eigenschaften der italienischen Verwaltungssprache ein und es wird erklärt, warum diese Sprache Gegenstand der italienischen Verwaltungsreform der ʻ90 Jahren geworden ist.

In der Analyse wurden die Lesbarkeit und die Verständlichkeit der Verwaltungstexte gemessen und es wurden auch Richtlinien für die italienische und deutsche Verwaltungssprache in Betracht genommen. Die Lesbarkeit von Texten wurde durch zwei Lesbarkeitsindexe gemessen: READ.IT (für die italienische Sprache) und LESIX (für die deutsche Sprache).

Aus der Untersuchung geht hervor, dass sowohl die italienische als auch die deutschen Texte mit einer unklaren Verwaltungssprache geschrieben sind und dass die deutsche Sprache von der italienischen Verwaltungssprache beeinflusst ist. Die Beeinflussung der italienischen Sprache auf die deutsche Verwaltungssprache könnte daran liegen, dass die administrativen Texte sehr oft von keinen professionellen Übersetzern übersetzt werden, sondern von Angestellten mit wenig Erfahrung in der Übersetzung.

(5)

INDICE

Introduzione...p.1

PARTE I: LA RIFORMA DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE E I SUOI RIFLESSI SUL LINGUAGGIO AMMINISTRATIVO

1. L’interesse della linguistica verso il processo della comprensione ...p.3 1.1 Leggibilità e comprensibilità del testo ...p.4

2. La svolta culturale e strutturale delle pubbliche amministrazioni ...p.5 2.1 Iniziative in materia di semplificazione linguistica dei testi amministrativi ...p.6 2.2 La digitalizzazione dell’amministrazione ...p.8

3. La questione del linguaggio burocratico...p.9 3.1 Il lessico burocratico ...p.11 3.2 Elementi di morfosintassi ...p.12 3.3 Le tipologie di testi amministrativi ...p.13 3.4 La testualità dei testi amministrativi ...p.15

3.4.1 I testi mediali...p.16

PARTE II: AMMINISTRAZIONE E POLITICHE LINGUISTICHE DELLA PROVINCIA AUTONOMA DI BOLZANO

4. Origini storiche dell’autonomia dell’Alto-Adige ...p.17 5. La tutela delle minoranze in Europa e nell’ordinamento giuridico italiano ...p.19 5.1 Il caso dell’Alto-Adige ...p.20

6. La situazione linguistica in Alto-Adige ...p.22 6.1 La normativa sull’uso della lingua negli uffici pubblici dell’Alto-Adige ...p.24

7. Il bilinguismo in amministrazione ...p.25 7.1 La normativa e gli enti per il bilinguismo amministrativo ...p.26

8. Il lavoro terminologico ...p.28 9. L’uso del linguaggio giuridico-amministrativo in Alto-Adige ...p.30 10. La traduzione di testi amministrativi bilingui ...p.31 10.1 Le caratteristiche dei primi testi bilingui: l’interferenza dell’italiano ...p.32

(6)

PARTE III: ANALISI DEI TESTI BILINGUI DELL’AMMINISTRAZIONE DI BOLZANO

11. Costruzione del corpus ...p.34 12. La misurazione automatica della leggibilità di un testo ...p.35 12.1 Il calcolo della leggibilità attraverso READ.IT...p.36 12.2 READ.IT per l’analisi di testi legislativi ...p.39 12.3 La misurazione della leggibilità con ‘Lesix’ ...p.40

13. La valutazione della comprensibilità del testo ...p.40 13.1 Griglia d’analisi della comprensibilità ...p.41

14. Analisi di un regolamento ...p.44 14.1 Leggibilità del testo ...p.48 14.2 Comprensibilità del testo ...p.49 14.3 Conclusioni ...p.52 14.4 Analisi della versione in tedesco del regolamento ...p.52

14.4.1 Leggibilità e comprensibilità del testo ...p.52 14.4.2 Conclusioni ...p.55 15. Analisi di una delibera ...p.56 15.1 Leggibilità del testo ...p.60 15.2 Comprensibilità del testo ...p.62 15.3 Conclusioni ...p.64 15.4 Analisi della versione in tedesco della delibera ...p.65

15.4.1 Leggibilità e comprensibilità del testo ...p.65 15.4.2 Conclusioni ...p.67 16. Analisi di una circolare ...p.68 16.1 Leggibilità del testo ...p.71 16.2 Comprensibilità del testo ...p.72 16.3 Conclusioni ...p.74 16.4 Analisi della versione in tedesco della circolare ...p.74 16.4.1 Leggibilità e comprensibilità del testo ...p.74 16.4.2 Conclusioni ...p.76

17. Analisi di una ordinanza ...p.77 17.1 Leggibilità del testo ...p.81 17.2 Comprensibilità del testo ...p.82 17.3 Conclusioni ...p.84 17.4 Analisi della versione in tedesco dell’ordinanza ...p.84

17.4.1 Leggibilità e comprensibilità del testo ...p.84 17.4.2 Conclusioni ...p.86

Conclusioni...p.87 Bibliografia...p.89

(7)

1

INTRODUZIONE

La società moderna di oggi è stata definita da Noberto Bobbio ‘società dei diritti’, cioè una società nella quale lo Stato tutela bisogni fondamentali quali quello all’istruzione, alla salute, allo studio ecc. rendendoli veri e propri diritti. Affinché questi vengano effettivamente rispettati e non solo idealmente riconosciuti, lo Stato ha il dovere di rendere i cittadini consapevoli dei diritti di cui sono titolari e informarli usando, tra le altre cose, un linguaggio semplice e comprensibile. A partire dagli anni ‘90 si avviò in Italia un percorso di riforma della pubblica amministrazione allo scopo di renderla più vicina ai cittadini, trasparente e aperta. Questa riforma si indirizzò anche verso la semplificazione del linguaggio amministrativo e istituzionale attraverso varie iniziative che durano tutt’ora. Tuttavia, ancora oggi è proprio il linguaggio delle amministrazioni, quel “burocratese” pieno di termini aulici e pseudo-tecnici a ostacolare la piena fruizioni delle istituzioni pubbliche da parte dei cittadini. La situazione viene poi ulteriormente complicata quando l’italiano istituzionale è messo a confronto con altre lingue, specialmente in ambito traduttivo. Un esempio proviene dalla realtà altoatesina, dove i testi amministrativi e istituzionali vengono redatti in forma bilingue.

L’introduzione del bilinguismo nelle amministrazioni dell’Alto-Adige risale al 1988 e rappresentò al tempo un passo importante per la tutela della minoranza linguistica tedesca. I testi amministrativi italiani vennero tradotti in tedesco e gli uffici dovettero garantire la comunicazione in entrambe le lingue. L’uso del bilinguismo pose però molte difficoltà, tra le quali l’adempimento all’ attività traduttiva, svolta da dipendenti amministrativi di madrelingua italiana e in mancanza di una terminologia giuridico-amministrativa tedesca specifica per l’Alto-Adige. Di conseguenza le prime traduzioni in tedesco furono caratterizzate da una forte interferenza del linguaggio amministrativo italiano. Oggi la situazione è molto cambiata, le amministrazioni hanno molti dipendenti di madrelingua tedesca e il lavoro terminologico di centri di ricerca mette a disposizione di dipendenti e traduttori un corpus di termini giuridico- amministrativi tedeschi normato e in continuo aggiornamento.

Per questa tesi ci è sembrato interessante esaminare i testi bilingui dell’amministrazione dell’Alto-Adige e il lavoro svolto vuole valutare se i testi amministrativi scritti originalmente in italiano usino un linguaggio complesso e pieno di burocratismi, oppure siano stati scritti consapevolmente con un linguaggio semplice e chiaro, anche in vista della seguente traduzione in tedesco. In particolare, si è voluto valutare se i burocratismi del linguaggio amministrativo italiano filtrino nelle traduzioni in tedesco sotto forma di calchi lessicali e sintattici.

Per verificarlo è stato analizzato il linguaggio utilizzato in quattro testi bilingui provenienti dall’amministrazione di Bolzano, scritti originalmente in italiano e poi tradotti in tedesco.

L’obiettivo è quello di valutarne la chiarezza sia attraverso la misurazione della leggibilità e della comprensibilità, sia facendo riferimento a linee guida e manuali sulla scrittura amministrativa e istituzionale. La tesi vuole indagare soprattutto la presenza di eventuali allontanamenti dalle linee guida sulla scrittura amministrativa e, per i testi tradotti in tedesco, valutare se tali allontanamenti siano dovuti a interferenze dell’italiano burocratico.

Per l’analisi della leggibilità si sono applicati strumenti automatici d’analisi del linguaggio quali il software ‘READ.IT’, elaborato nel 2011 dall’Istituto di Linguistica Computazionale Antonio Zampolli di Pisa e ‘Lesix’, un adattamento dell’indice di leggibilità Rudolph-Flesh alle caratteristiche della lingua tedesca. La comprensibilità è stata analizzata seguendo una griglia d’analisi elaborata sulla base della letteratura in materia di semplificazione del linguaggio burocratico (Piemontese 1988, Cassese 1993, Fioritto 2003, Viale 2008, Bombi 2013, Lubello 2016).

(8)

2

(9)

3

PARTE I:

LA RIFORMA DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE E I SUOI RIFLESSI SUL LINGUAGGIO AMMINISTRATIVO

Negli anni ‘80 e ‘90 del Novecento si avviò in Italia un’importante riforma della pubblica amministrazione allo scopo di passare da una gestione di tipo burocratico, cioè gerarchizzata, caratterizzata da servizi standardizzati e assenza di responsabilità, a una nuova amministrazione più flessibile, professionale e responsabile (Viale:2008, p.65). Con la riforma si intervenne, fra l’altro, per risolvere due grandi problemi: da una parte l’organizzazione e la lunghezza dei processi burocratici, dall’altra la comunicazione e il rapporto con i cittadini, che vennero migliorati riconoscendo ai cittadini il diritto di accesso ai documenti amministrativi (Art. 22, Legge 241/1990) e attraverso veri e propri interventi di semplificazione linguistica dei testi.

La semplificazione del linguaggio usato dalle amministrazioni aveva lo scopo di avvicinare la lingua complessa e formale delle istituzioni amministrative alla lingua quotidianamente parlata dai cittadini, in modo da rendere i testi amministrativi più chiari, comprensibili e quindi accessibili. Le iniziative di semplificazione del linguaggio amministrativo si avviarono grazie alla concomitanza di due grandi fenomeni, da una parte l’interesse della linguistica al campo della comprensione testuale, dall’altro la necessità delle pubbliche amministrazioni di rispondere ai nuovi princìpi di trasparenza, partecipazione, efficacia ed efficienza (Viale:2008, p. 24).

1. L’interesse della linguistica verso il processo della comprensione

La comprensione è diventata solo cinquant’anni fa oggetto di studio esplicito della linguistica.

Fino agli anni ‘70 le ricerche linguistiche avevano privilegiato lo studio dei processi e delle modalità di produzione di enunziati, trascurando l’analisi delle modalità della comprensione e in particolare della comprensione di produzioni linguistiche normali, cioè parte della quotidianità di ciascun parlante (Piemontese:1996, p. 30). Alla base di questa scarsa considerazione delle modalità del ‘capire’, c’era la convinzione che la comprensione non fosse altro che il processo inverso e speculare a quello della produzione, un atto passivo, per cui il ricevente non deve far altro che registrare passivamente un messaggio e capirlo (Piemontese:

1996, p. 31). L’attenzione della linguistica si spostò verso il processo di comprensione solo negli anni ‘70, in relazione ad alcune osservazioni fatte nella metà degli anni ‘60 da Italo Calvino in merito al dibattito sulla lingua italiana. Nell’ambito di questo dibattitto Calvino aveva sollevato il problema dell’intraducibilità dell’italiano, definito da Calvino stesso come antilingua, caratterizzata da espressioni oscure, astratte e generiche che rendono incomunicabile il messaggio linguistico. Dalle osservazioni di Italo Calvino sull’oscurità e l’intraducibilità delle espressioni linguistiche, si svilupparono negli anni ‘70 studi sulla semplicità del linguaggio e sul processo della comprensione.

Nell’ambito italiano degli studi linguistici, si deve soprattutto alla scuola di Tullio De Mauro il merito di aver spostato l’attenzione della ricerca linguistica dal processo di produzione a quello di ricezione. A Tullio De Mauro si deve anche l’elaborazione di un modello circolare della comprensione, nel quale il destinatario del messaggio svolge un ruolo attivo nella ricostruzione del senso di un enunziato linguistico. L’aspetto più importante della rivalutazione del processo di comprensione è l’aver dimostrato che la valutazione della comprensibilità di un testo o di un enunziato non può non prescindere dal suo destinatario. Dagli anni ‘80 gli studi linguistici

(10)

4

cominciano a indagare il processo di comprensione mettendosi dalla parte del ricevente e portano all’ elaborazione di concetti fondamentali, quali quelli di leggibilità e comprensibilità del testo, che vennero applicati prima al linguaggio divulgativo e successivamente negli anni

‘90 anche a quello legislativo e amministrativo.

1.1 Leggibilità e comprensibilità del testo

Nell’uso della lingua italiana leggibilità e comprensibilità sono usati spesso come sinonimi.

Nell’ambito della linguistica però questi due termini vengono usati per rinviare a due diversi aspetti che caratterizzano un testo, uno più superficiale e oggettivamente misurabile, l’altro più profondo e non quantificabile e che operano simultaneamente a una proprietà più generale quale la chiarezza dei testi (Piemontese:1996, p.109). La leggibilità di un testo non è altro che la semplicità del suo lessico e della sintassi, mentre la comprensibilità rimanda a concetti diversi, ovvero l’organizzazione logica delle informazioni, la coerenza di un testo e più in generale tutti i problemi riguardanti la sua testualità. La comprensibilità di un testo tiene conto anche di elementi extra-testuali, quali l’asimmetria di conoscenze che può intercorrere tra produttore e destinatario del testo, le capacità cognitive del destinatario e il contesto comunicativo.

Tra i risultati più importanti ottenuti grazie alle ricerche sulla comprensibilità e leggibilità dei testi vanno ricordati l’elaborazione del Vocabolario di Base da parte di Tullio De Mauro1 e l’elaborazione di formule di leggibilità quali l’indice Gulpease. Con formule di leggibilità si fa riferimento a vere e proprie formule matematiche che utilizzano fattori misurabili e superficiali di un testo (lunghezza delle parole, delle frasi e vocabolario) per elaborarne la leggibilità, per misurare quanto il testo sia di facile lettura. L’idea di usare caratteristiche sintattiche e lessicali per misurare la leggibilità dei testi risale a Rudolf Flesh, che elaborò negli anni ‘40 del Novecento una propria formula di calcolo della leggibilità, poi adattata alla lingua italiana dallo studioso Roberto Vacca (Indice Flesh-Vacca). Per quanto riguarda la lingua italiana l’indice di leggibilità attualmente più utilizzato e sviluppato appositamente per le caratteristiche della lingua italiana è rappresentato dall’indice Gulpease, sviluppato nel 1985 dal Gruppo Universitario Linguistico Pedagogico dell’Università di Roma. Questo gruppo di lavoro venne formato appositamente per elaborare una formula di leggibilità tarata secondo le caratteristiche specifiche della lingua italiana e si basa su due variabili linguistiche: la parola singola e la frase.

La formula Gulpease per il calcolo della leggibilità è la seguente (Piemontese:1996, p. 101):

Indice Gulpease= 89-(Lp:10) + (3x Fr)

Dove Lp sta per: (il totale delle lettere del campione x 100): il totale delle parole del campione.

Fr sta per: (il totale delle frasi del campione x 100): il totale delle parole del campione.

Una particolarità di questo indice è che i risultati di calcolo (che variano da un minimo di 0 a un massimo di 100), vengono messi in relazione ai possibili livelli di istruzione dei lettori, per cui un valore Gulpease inferiore a 80 indica un testo difficile da leggere per chi ha la licenza elementare; se inferiore a 60 il testo è difficile da leggere per chi ha la licenza media; se inferiore a 40 è difficile da leggere per chi ha un diploma di scuola superiore. Questo indice cerca di collegare dati testuali (lunghezza di parole e frasi) con dati di tipo extra testuale (istruzione del lettore), per poter dare una previsione il più realistica possibile della leggibilità di un testo.

1 Il Vocabolario di Base della lingua italiana si compone di circa 7000 lessemi che formano la base di tutti i testi (scritti e parlati) della lingua italiana. Il vocabolario è suddiviso in tre parti: il lessico fondamentale (composto da parole funzionali come congiunzioni, articoli, preposizioni o parole frequentissime), lessico di alto uso (contenente parole conosciute a coloro che hanno un livello di istruzione medio) e lessico di alta disponibilità (contenente parole poco usate nella lingua scritta ma frequenti in quella parlata).

(11)

5

Come abbiamo detto, questo indice di leggibilità è ormai il più utilizzato dai diversi ambiti della comunicazione per stabilire la leggibilità dei tesi; di questo indice si avvale anche la Redazione del Dipartimento per la Funzione Pubblica, che attraverso Gulpease rende realmente leggibili i contenuti del suo sito internet2. Uno dei più recenti strumenti automatici per la valutazione della leggibilità dei testi in italiano è READ.IT, che combina aspetti testuali con informazioni lessicali, morfosintattiche e sintattiche al quale è dedicato il capitolo12 di questo lavoro.

2. La svolta culturale e strutturale delle pubbliche amministrazioni

Con svolta culturale dell’amministrazione ci si riferisce al passaggio da un sistema amministrativo guidato dal principio secondo cui tutto è ‘segreto’, chiuso e gerarchizzato a una amministrazione accessibile, aperta e alla portata di tutti. A partire dagli anni ‘90, amministrazioni e istituzioni entrano nell’ottica che il cittadino non è un grigio e passivo destinatario della comunicazione ma portatore di diritti fondamentali, uno tra questi quello ad essere informato. Proprio in quegli anni si assiste a una reinterpretazione dell’Art. 21 della Costituzione, per cui il diritto all’informazione non sancisce solo il diritto alla libertà di informazione, ma anche il diritto a capire le informazioni prodotte da altri. Le amministrazioni diventano portatrici di doveri nuovi, quali quelli di trasparenza, efficienza e partecipazione e sono più attente ai bisogni dei cittadini e alla qualità dei loro servizi. Si fa inoltre largo l’idea che non solo la politica, ma anche le istituzioni e quindi le amministrazioni possano parlare ai cittadini e si passa da una comunicazione ‘unidirezionale’ in cui solo lo Stato comunica con i cittadini attraverso lo strumento della propaganda, a una comunicazione ‘bidirezionale’, in cui il cittadino rappresenta un soggetto attivo della comunicazione istituzionale (Antonelli:2008, p.76).

Gli anni ‘90 rappresentarono un periodo di grande trasformazione della pubblica amministrazione, proprio in questi anni si avviò l’attività legislativa che diede inizio a un vero e proprio rinnovamento strutturale all’insegna della semplificazione e della trasparenza. In particolare, la riforma della pubblica amministrazione previde il decentramento dei poteri e delle risorse dallo Stato agli enti locali (il cosiddetto ‘federalismo amministrativo’), lo snellimento delle procedure e una ridefinizione del modus operandi delle amministrazioni secondo i princìpi di efficienza ed efficacia. Verso la fine degli anni ‘90 fu importantissima anche l’evoluzione digitale delle amministrazioni (l’e-government) attraverso la creazione di portali per l’erogazione online dei servizi.

Uno dei testi fondamentali della riforma delle pubbliche amministrazioni è la Legge n. 241 del 1990 Nuove norme sul procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi, che sancisce il principio di accesso e di conoscibilità degli atti e nella quale vengono elencati all’Art. 1 i criteri fondamentali dell’agire amministrativo: economicità, efficacia, imparzialità, pubblicità e trasparenza. Come fa notare Fortis (2005, p. 91) questa legge non tratta esplicitamente della semplificazione del linguaggio ad uso delle amministrazioni, ma essa è implicita nel concetto stesso di trasparenza della comunicazione istituzionale, che venne raggiunta seguendo il doppio binario della digitalizzazione e della semplificazione linguistica (Antonelli:2016, p. 77). Sempre riguardo l’ambito della comunicazione tra amministrazioni e cittadini, il decreto legislativo n. 29 del 19933 (poi abrogato dal D. Lgs 165/2001) sancisce l’istituzione all’interno delle amministrazioni di Uffici per le Relazioni con il Pubblico (URP),

2http://www.funzionepubblica.gov.it/il-dipartimento-semplicemente/intervista-silvia-paparo-sulla-semplificazione

3Decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29: Razionalizzazione dell'organizzazione delle amministrazioni pubbliche e revisione della disciplina in materia di pubblico impiego, a norma dell'articolo 2 della legge 23 ottobre 1992, n. 421.

(12)

6

allo scopo di creare un raccordo tra i cittadini e i pubblici uffici e di fornire un servizio di orientamento per la fruizione dei servizi. Più avanti la Legge 150/20004 istituzionalizzò le figure del Portavoce e dell’Ufficio Stampa allo scopo di realizzare le attività di comunicazione e informazione all’interno di una amministrazione. Nella seconda metà degli anni ‘90 si avviarono importanti leggi di riforma strutturale note come ‘Leggi Bassanini’ dal nome del Ministro della Funzione Pubblica Franco Bassanini. La filosofia delle Leggi Bassanini era quella di infondere fiducia nei cittadini attraverso la semplificazione di leggi e procedure amministrative, la comunicazione con nuovi strumenti (fax e internet) e il decentramento amministrativo (Del Monte, in Bombi:2013, p. 104). Al federalismo amministrativo si rifanno le disposizioni contenute all’interno della Legge n. 59/1997 (Bassani semel)5, mentre la Legge n.127 del 1997 (Bassanini bis) ha come oggetto principale lo snellimento dei processi amministrativi e la riorganizzazione degli uffici.

2.1 Iniziative in materia di semplificazione linguistica dei testi amministrativi

Per quanto riguarda la semplificazione del linguaggio ad uso delle amministrazioni, quasi nessun testo normativo fa esplicito riferimento al problema linguistico e le leggi sembrano interessarsi maggiormente per problemi di carattere organizzativo. Un chiaro riferimento alla necessità di semplificare il linguaggio usato dalle amministrazioni è contenuto all’interno della Direttiva dell’8 maggio 2002 del Ministro alla Funzione Pubblica Franco Frattini 6:

‘Il Ministro della Funzione Pubblica desidera, con questa direttiva, contribuire alla semplificazione del linguaggio usato dalle amministrazioni pubbliche per la redazione dei loro testi scritti. Le amministrazioni pubbliche utilizzano infatti un linguaggio molto tecnico e specialistico, lontano dalla lingua parlata dai cittadini che pure ne sono i destinatari. Invece, tutti i testi prodotti dalle amministrazioni devono essere pensati e scritti per essere compresi da chi li riceve e per rendere comunque trasparente l’azione amministrativa.’

La direttiva contiene e rende più ufficiali alcune regole di scrittura giuridica tratte da due importanti manuali sulla semplificazione del linguaggio amministrativo: il Codice di Stile curato da Sabino Cassese (1993) e il Manuale di Stile curato da Alfredo Fioritto (1997). La pubblicazione di questi due volumi venne promossa dal Ministero della Funzione Pubblica, che in quegli anni rappresentava il principale promotore della politica linguistica di semplificazione (Viale:2008, p. 112). Il Codice di Stile (1993) rappresenta il primo passo concreto del Governo italiano verso la semplificazione del linguaggio amministrativo, rimasta fino a quel periodo circoscritta alla riflessione accademica e scientifica. Il testo si divide in tre parti: una introduzione teorica sui princìpi che hanno ispirato la nascita dell’opera e una generale spiegazione delle principali caratteristiche del linguaggio amministrativo. Seguono una parte più operativa, un vero e proprio elenco di raccomandazioni per la redazione di atti amministrativi e infine una antologia di documenti di vario genere affiancati dalla loro semplificazione.

All’epoca in cui venne pubblicato il Codice di Stile se da una parte si era provveduto a rendere pubblici i testi amministrativi, dall’altra il loro linguaggio rimaneva ben lontano da quello usato dalla maggior parte dei cittadini: ‘Essere a conoscenza di un procedimento non implica

4 Legge 7 giugno 2000, n. 150: Disciplina delle attività di informazione e di comunicazione delle pubbliche amministrazioni.

5 Legge 15 marzo 1997, n. 59: Delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali, per la riforma della Pubblica Amministrazione e per la semplificazione amministrativa.

6 Direttiva del Ministero della Funzione Pubblica 8 maggio 2002: Direttiva sulla semplificazione del linguaggio dei testi amministrativi.Dopo la direttiva del 2002 del Ministro Franco Frattini, seguì nel 2005 una direttiva del Ministro Mario Baccini sempre in materia di semplificazione del linguaggio delle amministrazioni, nella quale viene fatto riferimento anche alla scrittura istituzionale nelle pagine web.

(13)

7

automaticamente comprendere i motivi e i contenuti del procedimento stesso’ (Dipartimento per la Funzione Pubblica:1993, p. 11). Negli anni ‘90 gli italiani vivevano in una situazione di vera e propria diglossia, una situazione di bilinguismo, per cui esisteva una lingua alta, che era quella dello Stato, del poter giuridico e religioso e una lingua bassa, cioè quella quotidiana.

Questa situazione è per Cassese il principale ostacolo che separa i cittadini dal diritto all’essere informati e nella sua prefazione al Codice di Stile sottolinea come il volume non sia solo un manuale operativo, ma anche uno stimolo per far comprendere quanto il problema della semplificazione linguistica sia strettamente legato al diritto all’informazione. Lo stesso legame tra semplificazione del linguaggio e dritto all’informazione era già stato sollevato da una serie di studi raccolti all’interno del volume curato da Elisabetta Zuanelli Il diritto all’informazione in Italia (1990) dove viene ribadita l’importanza della prospettiva linguistica per rispettare il diritto all’informazione sancito dall’Art. 21 della Costituzione (Dipartimento per la Funzione Pubblica:1993, p. 23).

Successivamente alla pubblicazione del Codice di Stile, il Dipartimento per la Funzione Pubblica promosse altri progetti di semplificazione del linguaggio amministrativo con l’importante pubblicazione nel 1997 del Manuale di Stile a cura di Alfredo Fioritto. Rispetto al Codice di Stile, il Manuale di Stile ne rappresenta la naturale continuazione, contenendo oltre che la guida per la redazione degli atti amministrativi, anche un glossario di 500 termini spesso usati dalle pubbliche amministrazioni e una guida all’impaginazione. Il Manuale venne scritto con l’esplicito intento di creare uno strumento di lavoro che i dipendenti amministrativi avrebbero potuto usare nella pratica quotidiana.

Il dipartimento per la Funzione Pubblica non fu il solo promotore di iniziative di semplificazione linguistica. Dopo la pubblicazione del Codice di Stile e del Manuale di Stile seguirono iniziative di riscrittura amministrativa anche a livello di enti locali e privatizzati7 oltre che pubblicazioni in ambito accademico di altre guide alla scrittura amministrativa quali il Manuale di scrittura amministrativa, a cura di Franceschini e Gigli (2003) e la Guida alla scrittura istituzionale di Cortelazzo e Pellegrino (2003). Nel 2002 prese via il progetto ‘Chiaro!’

una piattaforma online contenente varie iniziative per promuovere la semplificazione linguistica (un sito web, un servizio di consulenza, un premio per la chiarezza e un marchio da apporre sui documenti più efficaci). Seguì nel 2005 la fondazione della Rete per l’Eccellenza dell’Italiano (REI), un’associazione promossa dal Dipartimento italiano della Direzione generale Traduzione della Commissione europea, che nel 2010 ha approvato il Manifesto per un italiano istituzionale di qualità. All’interno del Manifesto si ribadisce che per avere un linguaggio istituzionale di qualità la lingua delle istituzioni deve essere innanzitutto accessibile alla maggior parte dei cittadini e rispondere ai princìpi di chiarezza, precisione, uniformità, semplicità ed economia8. Tra le pubblicazioni più recenti sulla semplificazione del linguaggio istituzionale ricordiamo la Guida alla redazione degli atti amministrativi. Regole e suggerimenti (2011), promossa e curata dall’Istituto di teoria e tecniche dell’informazione giuridica (Ittig - Cnr) e dall’Accademia della Crusca, il Manuale di Comunicazione istituzionale e internazionale a cura di Raffaella Bombi (2013), L’italiano istituzionale per la comunicazione pubblica di Daniela Vellutino (2018) e Dalla semplificazione all'openness: il terzo manuale di comunicazione istituzionale e internazionale a cura di Raffaella Bombi (2018). Oltre ai contributi provenienti dal mondo accademico, è importante ricordare la Scuola Nazionale

7 Tra gli enti locali che hanno sostenuto interventi formativi per dipendenti pubblici e curato la pubblicazione di opuscoli sull’argomento della semplificazione linguistica vanno citati il Comune di Padova (1999) e il Comune di Trento (1998), mentre enti privatizzati come l’Enel ha promosso anche una ricerca sociolinguistica per valutare la comprensione dei testi delle bollette.

8 Il Manifesto per l’italiano istituzionale è disponibile al sito:

http://ec.europa.eu/translation/italian/rei/about/documents/manifesto_italiano_istituzionale_qualita_it.pdf.

(14)

8

dell’Amministrazione (SNA)9, nata nel 1957 come parte integrante della Presidenza del Consiglio dei Ministri che, oltre a formare e reclutare funzionari e dirigenti pubblici, sviluppa attività di ricerca nell’ambito della pubblica amministrazione, politiche pubbliche ed economia pubblica e offre consulenza e programmi di formazione per i dipendenti della pubblica amministrazione. Sempre in ambito governativo nasce nel 2015 per iniziativa del Ministero della Pubblica Amministrazione il progetto ‘Italia Semplice’, un tavolo di lavoro per la stesura di un’agenda della semplificazione. L’agenda ‘Italia Semplice’ (2015-2017), poi aggiornata con la nuova agenda 2018-2020, prevede 37 misure per la semplificazione di procedure e della modulistica negli ambiti del welfarestate, fisco, edilizia ed impresa ma nessuna in materia di linguaggio amministrativo (Lubello:2018, p. 119).

2.2 La digitalizzazione dell’amministrazione

La svolta culturale e normativa dell’amministrazione italiana si avviò negli anni ‘90 in concomitanza di un altro grande evento, ovvero la nascita del World Wide Web. La nascita della Rete ha cambiato radicalmente il nostro modo di comunicare, di socializzare e di vivere rendendoci tutti più interconnessi. Le amministrazioni, come anche altri settori del vivere sociale, si sono adattate col tempo a questo cambiamento dotandosi di siti web e portali, digitalizzando documenti e servizi e il loro sistema informativo è passato nel tempo a livelli di complessità sempre maggiori, passando dal web 1.0 per la sola distribuzione di documenti, al web 2.0 che moltiplica l’interazione tra web e utenti attraverso blog, forum, chat e social network. La trasformazione digitale dell’amministrazione è importante sia per rendere l’amministrazione più competitiva, per poter velocizzare i processi ma soprattutto per realizzare un modello di amministrazione aperta (Open Government). L’amministrazione aperta è il nuovo modello di amministrazione che cerca di rendere i procedimenti e le decisioni più trasparenti attraverso una maggiore accessibilità alle informazioni, la partecipazione di tutti i cittadini e l’accountability, ovvero l’obbligo delle amministrazioni di rendere conto ai cittadini del loro operato (Vellutino:2018, p. 166). L’ultima riforma strutturale della Pubblica Amministrazione voluta dal Ministro Marianna Madia10 ha cercato di imprimere un significativo impulso alla realizzazione degli obiettivi in materia di e-government (Martines:2018, p. 6) e nel 2013 il Governo ha emanato la Legge 33/2013, la quale sancisce il diritto dei cittadini all’accesso civico. Questa Legge ha lo scopo di aprire totalmente l’amministrazione ai suoi utenti, dando loro la possibilità di accedere a dati, informazioni e documenti della Pubblica amministrazione senza dimostrare un interesse specifico e vuole responsabilizzare maggiormente le amministrazioni. La completa apertura delle amministrazioni verso i cittadini sancita da questa Legge rappresenta in un certo senso il punto di arrivo del percorso iniziato negli anni ‘90 per passare da un’amministrazione chiusa e burocratizzata a un sistema aperto, orizzontale e trasparente sia nell’organizzazione che nelle procedure (Martines:2018, p. 3).

La comunicazione in rete delle amministrazioni è stata regolata per la prima volta dalla Legge Stanca del 200411 dove sono indicati i requisiti di accessibilità che devono avere i siti e i servizi web delle pubbliche amministrazioni12 (Del Campo, in Bombi: 2013, P. 115). Attualmente

9 Scuola Nazionale dell’Amministrazione (SNA): http://sna.gov.it/chi-siamo/chi-siamo/.

10 Legge 124/2015: Deleghe al Governo in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche, meglio conosciuta come Legge Madia di Riforma della PA.

11 Legge del 2004, n. 4: Disposizioni per favorire l’accesso dei soggetti disabili agli strumenti informatici.

12 La legge Stanca venne poi aggiornata con circolare 61/2013 secondo le più recenti linee guida sull’accessibilità dei siti web, quali il Web Content Guidelines del 2008 che offre molte raccomandazioni per rendere più accessibili anche alle persone con vari tipi di disabilità i contenuti del web.

(15)

9

numerose disposizioni in materia di attività digitale sono raccolte all’interno del Codice Amministrativo Digitale (CAD)13 che prevede anche lo sviluppo di una partecipazione elettronica, cioè lo sviluppo di nuove tecnologie d’informazione per facilitare l’esercizio dei diritti politici e civili dei cittadini (Art. 1).Tra le altre cose il codice stabilisce il diritto all’uso delle tecnologie (Art. 2), le norme generali per l’uso delle tecnologie (efficienza, efficacia, economicità, imparzialità, trasparenza, semplificazione e partecipazione) e la digitalizzazione dei documenti originali dell’amministrazione, inclusi quelli inerenti a albi, elenchi e registri pubblici.

3. La questione del linguaggio burocratico

Al linguaggio utilizzato dalle pubbliche amministrazioni ci si rivolge spesso con il termine

‘linguaggio burocratico’ o, in maniera più dispregiativa, con il termine burocratese. Il linguaggio burocratico rappresenta una varietà diafasica della lingua italiana che possiamo ritrovare non solo nel contesto della comunicazione con le amministrazioni pubbliche, ma anche ‘nel discorso politico, nel cartello di una succursale delle poste, nel testo di una legge come nel verbale di un commissario di polizia o nel comunicato di un partito […]’

(Baldini:2004, p. 121). Questo linguaggio si estende inoltre anche a diversi settori disciplinari e viene utilizzato per trattare argomenti disparati: tutela dell’ambiente, sanità, urbanistica, amministrazione finanziaria ecc. Ciò che caratterizza questa varietà di lingua nei vari contesti comunicativi e nel trattare diversi argomenti è sicuramente il registro formale ed aulico, il ricorrere prevalentemente alla forma scritta, ma soprattutto la distanza che lo allontana dalla varietà dell’italiano standard. La distanza che intercorre tra la varietà dell’italiano burocratico e la varietà standard è osservabile dallo schema dell’italiano contemporaneo elaborato da Berruto (Berruto:1987, p. 20) (Fig.1).

Fig1. Schema delle varietà dell’Italiano contemporaneo secondo Berruto.

13 Istituito con il decreto legislativo n. 82 del 7 marzo 2005, è stato successivamente modificato e integrato prima con il decreto legislativo n. 179 del 22 agosto 2016 e poi con il decreto legislativo n. 217 del 13 dicembre 2017.

(16)

10

In questo schema viene rappresentata l’architettura dell’italiano contemporaneo mostrando le varietà che lo compongono. Le varietà della lingua italiana vengono disposte da Berruto su tre assi di variazione, che sono rispettivamente quello diamesico, quello diafasico e quello diastratico. All’interno dello schema è possibile distinguere tra un centro e una periferia. Il centro è il ‘nocciolo unitario della lingua’ (Berruto:1987, p. 20) cioè la lingua standard, sovraregionale, che vale come modello di riferimento per l’uso corretto della lingua e per questo anche codificato. Questo nocciolo unitario è piuttosto stabile, mentre le varietà che si trovano al di fuori di esso in periferia sono piuttosto instabili e deviano dalla norma accettata. Il linguaggio burocratico si trova in alto a sinistra nella zona periferica dello schema di Berruto e rappresenta quindi una varietà sub-standard dell’italiano. La varietà dell’italiano burocratico si colloca all’estremo dell’asse diafasico ed è quindi una varietà collegata a situazioni piuttosto formalizzate e da un registro aulico. Sull’asse diamesico il linguaggio burocratico è considerato come una varietà esclusivamente scritta, mentre sull’asse diastratico si rivela essere una varietà propria delle classi sociali alte14.

Per quanto riguarda le caratteristiche del linguaggio burocratico usato dalle amministrazioni pubbliche, Fioritto (2009, p. 41) individua tre caratteristiche peculiari di questo tipo di linguaggio: la vastità, la circolarità e la sua formalità. La vastità fa riferimento agli usi molto ampi che si possono fare del linguaggio burocratico, che si può individuare in diversi contesti comunicativi: avvisi pubblici delle stazioni ferroviarie, ordinanze del sindaco o comunicazioni interne all’amministrazione. Vasti sono anche i potenziali destinatari di questo linguaggio che possono essere sia gli impiegati dell’amministrazione come anche il direttore di un ufficio o l’insieme dei cittadini. Il concetto di circolarità rimanda invece alla tendenza delle amministrazioni a parlare a sé stesse, a utilizzare nella comunicazione con il cittadino un linguaggio condiviso e compreso solo da chi lavora all’interno dell’amministrazione, ma che risulta oscuro e sconosciuto per chi è esterno ad essa. Con formalità si intende da una parte il linguaggio formale con cui si esprime la forza pragmatica dei testi amministrativi (Fortis:2005, p. 52), dall’altra la generale resistenza del linguaggio burocratico al naturale cambiamento della lingua. A queste tre caratteristiche Viale ne aggiunge altre due: la varietà degli argomenti che possono essere trattati ricorrendo a tale linguaggio e l’oscurità delle espressioni linguistiche che è dovuta principalmente all’oscurità del linguaggio delle leggi che sono alla base del lavoro amministrativo (Viale:2008, p. 46).

Il linguaggio burocratico rappresenta un sottocodice della lingua italiana, questo significa che la varietà del linguaggio burocratico ha caratteristiche lessicali e morfosintattiche proprie e specifiche che lo distinguono dalla lingua base di cui fa parte. Sebbene il linguaggio burocratico abbia peculiarità lessicali e morfosintattiche ‘tipiche’, esso non è una lingua speciale in senso stretto, ma piuttosto una lingua settoriale in senso lato. Berruto (1987, p. 155) fa una distinzione delle lingue specialistiche cioè dei sottocodici che compongono il repertorio delle varietà della lingua e le divide in:

-lingue speciali in senso stretto -lingue speciali in senso lato -i gerghi

Le differenze tra le tre diverse categorie si evidenziano al livello di lessico: tutte e tre le categorie possiedono un lessico proprio specifico, ma ci sono enormi differenze se si considera la tecnicità del lessico usato, il raggio d’azione (cioè se siano usate per un pubblico ampio o piuttosto ristretto) e i fini. Per spiegare la natura del linguaggio burocratico ci limitiamo a delineare le differenze tra le prime due categorie: linguaggio specialistico in senso stretto e

14 In realtà come fa osservare anche Viale (2008, p. 44) tratti tipici dell’italiano burocratico si ritrovano anche negli scritti dei semicolti e nell’italiano popolare.

(17)

11

linguaggio specialistico in senso lato (linguaggio settoriale). La prima grande differenza è determinata dalla tecnicità del lessico utilizzato. Le lingue speciali (es: lingua della medicina) mettono a disposizione un repertorio di termini speciali in modo che la comunicazione avvenga nel modo più univoco, economico e preciso, il lessico assume la natura di terminologia nomenclatoria (Berruto:1987, p. 156), per cui ogni termine tecnico designa in modo non ambiguo e con definizione formale un concetto od oggetto attinente alla lingua speciale. Questo non si può dire per il linguaggio burocratico, che come vedremo più avanti si caratterizza per la presenza dei cosiddetti pseudotecnicismi (§ 3.1). Un'altra differenza importante riguarda il raggio d’azione: mentre le lingue speciali nascono all’interno di un determinato settore professionale o scientifico e vengono usate da un pubblico direttamente interessato da quel linguaggio settoriale, per le lingue settoriali quale quella burocratica, la cerchia di utenti comprende sia gli ‘addetti ai lavori’ che un pubblico più ampio. A questo riguardo va fatto notare come il linguaggio burocratico si estende non solo a una cerchia ampia di utenti ma anche di settori disciplinari, per cui negli ultimi anni questo linguaggio si è esteso fuori dall’ambito burocratico entrando anche nella cronaca giornalistica e dell’informazione televisiva (Fortis:2005, p. 57).

3.1 Il lessico burocratico

Descriviamo di seguito alcune caratteristiche ‘tipiche’ del lessico burocratico, cioè le caratteristiche che definiscono questo linguaggio ma che non sono sue esclusive, in quanto si possono ritrovare anche nella lingua comune (Fortis:2005, p. 58). Abbiamo fatto riferimento agli pseudotecnicismi o termini tecnici collaterali: questo gruppo di termini è usato nel linguaggio burocratico per elevare il registro linguistico, dare un tono autorevole a quello che si dice. Il loro utilizzo è determinato da esigenze di carattere retorico e non per raggiungere univocità e chiarezza d’espressione. Sono pseudotecnicismi tutti quei termini di uso non comune che vengono usati al posto di termini più generici e usuali, alcuni esempi sono l’uso di diniego al posto di rifiuto, nucleo famigliare al posto di famiglia o differire anziché rinviare.

Altre scelte lessicali determinate da motivazioni di tipo stilistico sono l’uso di arcaismi (corresponsione), formule dotte (codesto ufficio anziché questo ufficio) e aulicismi, che denotano anche la conservatività del linguaggio burocratico, piuttosto immobile rispetto al naturale sviluppo della lingua. Il fitto gruppo di tecnicismi collaterali e altri termini utilizzati fondamentalmente per rendere formale ed elevato il discorso, si contrappone al gruppo più ristretto di termini impiegati per esigenze referenziali e quindi definiti ‘tecnicismi ad hoc’ o

‘tecnicismi stretti ’, che costituiscono un nucleo di parole abbastanza ridotto. Una parte dei tecnicismi stretti è di derivazione giuridica (ammenda, istanza, ingiunzione), altri termini vengono importati da altre lingue speciali. Nell’attività amministrativa capita spesso di occuparsi di questioni sempre diverse (dalla sanità, all’urbanistica o all’amministrazione finanziaria) ed è una caratteristica del linguaggio burocratico assumere il lessico tecnico dell’area disciplinare a cui di volta in volta fa riferimento (Viale:2008, p. 58). Questo si ricollega a quanto detto prima, cioè che la lingua della burocrazia non sia usata solo per un campo specifico ma per parlare di qualsiasi argomento.

Il polo opposto a quello rappresentato da aulicismi, arcaismi e formule dotte è rappresentato dal gruppo dei neologismi e dei forestierismi. Il gruppo dei forestierismi è composto perlopiù da termini latini di derivazione giuridica (memorandum, de facto), ma anche da un sempre crescente gruppo di anglismi. Riguardo alla formazione delle parole, è tipico del linguaggio burocratico il ricorso a deverbali a suffissazione zero (inoltro, scorporo, sollecito), verbi denominali in -are/-izzare e aggettivi in -ale su modello dell’inglese (interinale, occupazionale)

(18)

12

(Lubello:2014, p. 56). Un’ultima peculiarità del lessico burocratico a cui è necessario fare riferimento, è la tendenza a utilizzare termini generici e astratti al posto di termini più concreti e precisi (modalità per modo, documentazione per documento), che contribuiscono all’

astrattezza e all’ impersonalità proprie del linguaggio burocratico.

3.2 Elementi di morfosintassi

Il linguaggio burocratico presenta molti aspetti tipici anche per quel che riguarda la morfosintassi e che determinano la spersonalizzazione, la complessità sintattica e infine l’ipertrofia o ridondanza del linguaggio burocratico. Il linguaggio amministrativo tende alla spersonalizzazione perché ricorre frequentemente a strutture impersonali del tipo si informa che, si dichiara che, si invita a e costruzioni passive del verbo (Il documento deve essere presentato). C’è chi ha voluto vedere dietro questa pratica linguistica la volontà di nascondere l’identità di chi scrive e far cadere quindi la responsabilità di determinate dichiarazioni sull’istituzione di cui fa parte chi firma un documento (Franceschini, Gigli:2003, p. 86). Al di là delle possibili motivazioni, è chiaro che l’abuso di forme impersonali e passive del verbo rende lo stile degli scritti amministrativi distaccato e contorto, sfavorendo l’instaurarsi di un rapporto comunicativo e di fiducia tra istituzioni e cittadini. L’abuso del passivo dà inoltre rilievo ad entità astratte piuttosto che a soggetti concreti, basta pensare a formulazioni come i benefici che sono previsti, l’istruttoria che è stata fornita. Senza contare che usare il passivo può dimostrarsi non efficace a livello comunicativo per lo scarto che si crea tra soggetto grammaticale e soggetto logico della frase.

Con complessità sintattica del linguaggio burocratico si intende principalmente la tendenza di questo linguaggio ad essere contorto, non lineare e scorrevole da leggere. Questo si deve principalmente a caratteristiche sintattiche quali l’utilizzo di periodi molto lunghi ricchi di subordinate, incisi e frasi relative. A questo si aggiunge la tendenza a formare frasi negative o doppie negazioni che rendono difficile e ambigua la ricostruzione del messaggio (non è inammissibile, non si può non considerare). La complessità morfosintattica del linguaggio burocratico è dovuta anche dal frequente ricorso alla nominalizzazione, per cui un’azione anziché essere espressa più concretamente attraverso il verbo viene espressa ricorrendo a un sostantivo. La nominalizzazione è riconoscibile dall’utilizzo di deverbali con suffisso in -zione, -mento, -tura (cancellazione anziché cancellare, pagamento anziché pagare) oppure attraverso la costruzione verbo generico + sostantivo (effettuare il pagamento). Questa costruzione aumenta l’astrattezza del linguaggio burocratico perché con essa diminuisce il peso delle forme verbali e si moltiplicano le parole semanticamente vuote. Essa determina inoltre la spersonalizzazione del linguaggio perché il ricorso a forme nominali non richiede più l’esplicitazione del soggetto del verbo che esprime l’azione; un conto è dire: ‘si richiede di compilare il modulo’ (versione spersonalizzata), un altro è dire ‘lei deve compilare il modulo’

(versione personalizzata).

Un altro elemento che concorre alla complessità del linguaggio burocratico è il frequente utilizzo di ‘traduzioni perifrastiche’. Le traduzioni perifrastiche non sono altro che perifrasi che sostituiscono la parola concreta e diretta con espressioni più astratte (nelle prime ore meridiane anziché di mattina). Altri aspetti che concorrono a rendere vuoto e quindi ridondante il linguaggio burocratico è l’utilizzo di locuzioni complesse (in merito a, a condizione che), formule pleonastiche (entro e non oltre), coppie stereotipate (modulo debitamente compilato, autorità competente) o specificazioni superflue che ribadiscono l’ovvio come valido documento e normativa vigente (Franceschini, Gigli:2003, p. 119).

(19)

13

Abbondano nell’italiano burocratico anche forme nominali del verbo (gerundio, participio e infinito). Il gerundio viene usato soprattutto per costruire frasi gerundive che creano però problemi a livello comunicativo, in quanto lasciano implicito il rapporto logico tra le frasi:

‘Trattandosi di un reato e non operando l’esclusione di cui all’articolo 6, è punibile il tentativo, nell’ipotesi in cui, l’amministrazione finanziaria riesca a ricostruire analiticamente il reddito.’

In questa frase i gerundi esprimono due proposizioni causali (‘poiché si tratta’, ‘poiché non opera’) che motivano in modo implicito l’opinione dell’autore (Franceschini Gigli:2003, p.

147). I gerundi vengono spesso usati nel linguaggio burocratico come strumenti per non spezzare il periodo, con la conseguenza che il testo risulta composto da periodi molto lunghi.

Anche i participi presenti sono usati come stratagemma per non spezzare la frase e vengono spesso usati con funzione verbale nel costrutto tipico del registro burocratico composto da participio presente + complemento (la documentazione comprovante), oppure con valore sostantivale preceduti dall’articolo (lo scrivente, il ricevente). Anche questo secondo utilizzo dei participi sostantivali concorre alla spersonalizzazione di cui abbiamo parlato, a quella

‘antropomorfizzazione degli uffici’ tipico dello scrivere burocratico (l’ufficio scrivente). Il participio passato si ritrova spesso nell’elenco di participi assoluti tipico delle scritture giuridiche e amministrative e nelle formule esordiali di ordinanze, decreti, delibere (visto/visto, considerato/considerato ecc.) (Lubello:2014, p. 50). L’infinito viene usato molto spesso come imperativo generico (vidimare il documento). Un altro modo per esprimere un ordine è l’utilizzo del futuro deontico (Le imprese interessate faranno pervenire la propria offerta), che tuttavia rimane un modo piuttosto ambiguo per esprimere un ordine/indicazione, in quanto il lettore potrebbe non cogliere il valore imperativale del verbo (Fortis:2005, p. 73).

3.3 Le tipologie di testi amministrativi

Con testo amministrativo si fa riferimento a una tipologia testuale difficilmente circoscrivibile e definibile in modo esaustivo. La tipologia di testi burocratici è infatti molto ampia e va da testi di carattere regolativo (direttive, bandi, ordinanze), a testi informativi (lettere informative, avvisi al pubblico), a testi che rientrano nella cosiddetta modulistica (certificati, autocertificazioni) e che si estendono otre il medium cartaceo comprendendo quindi anche le chats e le emails. Ci sono tuttavia due criteri fondamentali che ci permettono di delimitare questo gruppo di testi così ampio e variegato: l’istituzionalità e la scrittura professionale (Viale:2008, p. 104). Con istituzionalità si pone come variabile il fatto che un testo venga scritto da un ente o dipendente pubblico, mentre la seconda variabile pone come prerequisito il fatto che si tratti di una scrittura legata all’attività amministrativa. All’interno di questi due limiti (istituzionalità e scrittura professionale) si ritrova una quantità di tipologie testuali molto diversificata a causa della varietà dei destinatari (dirigenti d’ufficio, dipendenti, cittadini), degli scriventi (tipi di enti, uffici e amministrazioni) e degli scopi (informazione, obbligo, prescrizione) dei testi amministrativi (Lubello:2014, p. 19).

Una linea trasversale taglia il grande gruppo dei testi amministrativi dividendoli in due grandi categorie: testi che hanno un valore pragmatico, normativo e testi che hanno valore puramente informativo. Nella maggior parte dei casi i testi amministrativi non sono mai né del tutto normativi, né totalmente informativi, ma possono combinare queste due funzioni, che sono più o meno predominanti in base allo scopo del testo. La predominanza dell’aspetto regolativo rispetto a quello informativo influisce molto sulla forma testuale e linguistica degli atti amministrativi: quanto più un testo è regolativo, tanto più formalizzata sarà la disposizione delle sue parti e la lingua che viene utilizzata. È questo il caso degli atti amministrativi veri e propri cioè i testi di ordinanze, circolari o atti normativi di organi elettivi, che oltre a trasmettere

(20)

14

informazioni hanno anche effetti giuridici, nel senso che hanno il ‘potere’ di influenzare sulla sfera giuridica delle persone a cui si rivolgono. Proprio per il loro valore pragmatico, questi testi hanno una struttura testuale tipica, scandita nelle seguenti parti (Fortis: 2005, p. 74):

1- Intestazione, dove viene indicata l’autorità che emana l’atto (Presidente, Consigliere, Sindaco ecc.)

2- Preambolo, dove viene fatto riferimento alle norme in base alle quali viene adottato un atto.

3- Motivazione, dove si spiegano le circostanze di fatto che hanno portato a prendere una determinata decisione e a emanare l’atto.

4- Dispositivo, dove viene espressa la volontà di chi emana l’atto.

In questo senso i testi dei meri atti ricalcano la struttura rigida propria dei testi normativi. Come fa notare Brunamonti (Franceschini, Gigli:2003, p. 189) questa struttura non deve essere ricalcata ad oltranza nei meri atti, perché spesso non è efficace da un punto di vista comunicativo. Seguendo l’ordine preambolo-motivazione-dispositivo la gerarchia informativa dà la precedenza a ragionamenti di diritto sull’emanazione dell’atto, lasciando in fondo l’informazione di maggiore interesse per il cittadino.

Secondo il modello di classificazione dei testi fatta da Sabatini (1999, pp. 141-172) i meri atti rientrano nel gruppo dei testi molto vincolanti, cioè quei testi che presentano determinate caratteristiche linguistiche, testuali e para testuali per cui l’interpretazione del testo da parte del lettore è fortemente controllata, ‘vincolata’, dal produttore del testo stesso. Fanno parte della categoria dei testi vincolanti anche i testi scientifici e quelli tecnici (trattati, saggi, manualistica tecnica e relazioni). Oltre alla categoria dei testi molto vincolanti, Sabatini introduce altre due categorie:

- Testi mediamente vincolanti: testi espositivi, educativi e informativi di carattere divulgativo.

- Testi poco vincolanti: testi letterari (prosa e poesia).

L’interpretazione di un testo è tanto più controllata e ‘vincolata’, quanto più è necessario che il lettore interpreti il messaggio del testo nel modo più aderente possibile alle intenzioni comunicative dell’autore. In base a questo assunto, il massimo vincolo all’interpretazione del testo verrà posto in testi di legge, regolamenti, istruzioni per l’uso, manuali ecc., in cui ogni libera interpretazione da parte del lettore non è desiderabile, soprattutto per le conseguenze pratiche che potrebbe determinare. In questo senso, testi molto vincolanti sono anche testi pragmatici, legati non solo alla dimensione del ‘dire’, ma anche alla dimensione del ‘fare’, in quanto obbligano i destinatari a fare determinate cose, possono far accadere determinati eventi e in generale producono effetti tangibili sul mondo extralinguistico (Fortis:2005, p. 82). Gli strumenti che l’autore di un testo ha a disposizione per vincolare l’interpretazione del messaggio sono molti (coesione testuale, ripetizione di parole chiave, saturazione delle valenze verbali, struttura rigida di testo e paratesto). Questi strumenti vincolano l’interpretazione del testo nella maniera in cui sono tutti strumenti che esplicitano le informazioni contenute nel testo: testi vincolanti sono anche testi in cui le informazioni vengono esplicitate al massimo; al contrario testi poco vincolanti sono testi piuttosto impliciti dal punto di vista del contenuto informativo.

All’interno delle tipologie testuali usate in amministrazione, si possono considerare molto vincolanti i seguenti testi:

-atti normativi -regolamenti -contratti -ordinanze

(21)

15 -bandi di concorso

Per la loro finalità prevalentemente informativa, si considerano invece testi semi vincolanti:

-verbali amministrativi -pareri tecnici

-lettere al singolo cittadino o alla collettività -relazioni di lavoro

-modulistica

Questi testi sono da considerarsi semi vincolanti perché in essi prevale il valore informativo rispetto a quello pragmatico; di conseguenza vengono meno le caratteristiche peculiari dei testi molto vincolanti quali l’uso del lessico nella sua funzione denotativa, il ricorso alla ripetizione, l’uso di lessico altamente formalizzato, l’uso di costruzioni passive (soprattutto con il si passivante), mentre si ritrovano elementi propri dello stile divulgativo come l’uso di esempi per illustrare un discorso, il ricorso alla parafrasi per illustrare un concetto, l’uso di sinonimi e il ricorso a paragoni15.

3.4 La testualità dei testi amministrativi

Il discorso amministrativo presenta delle caratteristiche specifiche non solo a livello linguistico ma anche a livello testuale. I testi amministrativi si identificano per la loro:

- intertestualità - performatività - autoreferenzialità

Con intertestualità si fa riferimento al fatto che i testi prodotti da un’amministrazione fanno parte di una complessa rete di testi, per cui ogni testo amministrativo si ricollega ad altri testi amministrativi o legislativi preesistenti. L’intertestualità è una delle peculiarità più evidenti dei testi amministrativi, che spesso contengono numerosi richiami ad altri testi che ne rappresentano il riferimento giuridico. I riferimenti extra-testuali vengono espressi ricorrendo a cifre e date (i cosiddetti riferimenti normativi) che rappresentano spesso un grande ostacolo alla comprensione. Con performatività si fa riferimento invece a quella che abbiamo già definito quale dimensione ‘pragmatica’ dei testi amministrativi, cioè la loro capacità di agire sulla realtà extra testuale, per cui questo genere di testi non si limita a descrivere la realtà, ma a modificarla e a crearla (Fortis:2005, p. 82). L’ autoreferenzialità indica la tendenza dei testi amministrativi a parlare a sé stessi, per cui il destinatario del testo non viene considerato come l’altro fondamentale polo della comunicazione, ma diventa parte del contesto (Franceschini, Gigli:2003, p. 106). L’autoreferenzialità dei testi amministrativi si dimostra ogni volta che i testi utilizzano una lingua che non è calibrata secondo le capacità linguistiche dei destinatari.

In generale con autoreferenzialità si indica la tendenza a scrivere testi amministrativi dando più importanza e attenzione alla correttezza formale dell’atto che alla sua efficacia comunicativa, per cui chi scrive non lo fa avendo in mente il comune cittadino, ma il capo d’ufficio che leggerà il testo prima di firmarlo. A questo riguardo Brunamonti (Franceschini, Gigli:2003, p. 109) si riferisce alla comunicazione amministrativa definendola quale ‘comunicazione distorta’:

‘Quando un superiore chiede a un impiegato di scrivere una lettera, il rischio è che questo inneschi lo stesso meccanismo visto nell’esempio dello studente: egli potrebbe preoccuparsi più della reazione del superiore che dell’efficacia comunicativa di quel testo dal punto di vista del destinatario finale.’

15 Per un elenco preciso delle caratteristiche che distinguono testi molto vincolanti, mediamente vincolanti e poco vincolanti rimandiamo alla tabella elaborata da Sabatini (Sabatini, Camodeca:2015, p. 15).

Riferimenti

Documenti correlati

In this model there are three right handed neutrinos, the first (N 1 ) with low mass could be a candidate for dark matter, the others (N 2 , N 3 ), with masses ranging from 100 MeV/c

della finanza pubblica da parte dello Stato ai sensi dell'articolo 117 della Costituzione, le province provvedono al coordinamento della finanza pubblica provinciale,

In caso di rapporti di lavoro in cui viene scelto un diritto applicabile diverso da quello dello Stato ove il dipendente svolge la propria attività, oppure anche in caso di rapporti

Il se borne, dans la première partie, à rappeler la politique de la France de Giscard à l’égard des pays de l’Afrique méditerranéenne (notamment la Libye) ; et, dans la

En résumé, pour Galien, si le sperme possède bien une forte faculté active (164, 26-27 τὴν ποιητικὴν ἰσχυροτάτην) et une très petite quantité de

Don Cosimo de Medici secondo Duca di Firenze havendo risoluto di fabbricare in Pisa un Arsenale doppo aver pensato, e ripensato qual luogo della città fusse più propotionato, elesse

Cabernet franc e/o Cabernet Sauvignon e/o Merlot Enantio e/o Schiava e/o Teroldego e/o Lagrein Chardonnay Moscato giallo Müller Thurgau Nosiola Pinot Bianco Pinot Grigio

Molti sono i nomi famosi di valli e località della regione: Val di Fassa, di Fiemme, Venosta, Gardena, Passiria, Badia, Pusteria, Marebbe.. Tra le imponenti catene