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L'economista: gazzetta settimanale di scienza economica, finanza, commercio, banchi, ferrovie e degli interessi privati - A.25 (1898) n.1271, 11 settembre

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L'ECONOMISTA

GAZZETTA SETTIMANALE

SCIENZA ECONOMICA, FINANZA, COMMERCIO, BANCHI, FERROVIE, INTERESSI PRIVATI

Anno XXV - Voi. XXIX

Domenica 11 Settembre 1898

N. 1271

IL DEBITO PUBBLICO UM I L E

Quando l’ on. Sonnlno mise le mani nel debito pubblico, facendo una conversione forzata, cioè d i­ minuendo colla violenza una parte dell’ interesse ai portatori del debito pubblico, l’Economista fu tra i pochissimi periodici che abbiano vivacemente pro­ testato. Ci pareva, e ci pare ancora, che l’ on. Son- nino allargasse quella macchia della finanza italiana, che egli stesso aveva poco prima del 1894 energi­ camente qualificata e dichiarata dannosa al credito della nazione.

Però dobbiamo lealmente riconoscere che 1’ ono­ revole Sonnino, il quale nell’ opportunismo politico si è mostrato veramente maestro, ha trovato m olli ed autorevoli seguaci. Abbiamo udito parecchie per­ sone anche competenti nelle cose finanziarie dichia­ rare che non erano contrari alla proposta di au­ mento della tassa sul debito, ma che visto come il mercato non se ne sia gran fatto commosso ed anzi il prezzo del consolidato italiano sia andato aumentando fino a trovare quasi la pari, si sono convertiti, e quasi deplorano che l’on. Sonnino non sia stato ancora più energico e non abbia ridotto l’ interesse al 3 % , e meglio ancora al 3. Per cui è generale la con­ vinzione che se nuove difficoltà sorgessero per la finanza italiana, dovrebbe essere chiamato a restau­ rarla l’ on. Sonnino, il quale senza dubbio opere­ rebbe un’ altra riduzione all’ interesse del debito pubblico. Siamo persuasi che l’on. Deputato di S. Ca- sciano non è oggi di questo parere e non può esser contento di venir superato dai suoi seguaci, ed au­ guriamo che non si presenti mai più l’ occasione perchè venga nuovamente colpita la rendita.

Egli è che certi fenomeni, specialmente finanziari, sfuggono alla osservazione dei più, e che troppo fa­ cilmente ii volgo giudica meglio sulla apparenza, che sulla realtà dei fatti. Non vai la pena di dimostrare qui che se il consolidato italiano, malgrado la for­ zata conversione, è salito quasi alla pari, ciò non dipende dalla riduzione dell’ interesse, ma dal fatto che dal 1894 in poi tutti i valori hanno subito un considerevole aumento causato dal ribasso continuo del saggio dell’ interesse.

Importa piuttosto far notare che la conversione forzata del debito pubblico, operata dall’ on. Sonnino, ci ha chiuso quasi completamente il mercato estero, il quale, come lo dimostra la continua diminuzione delle cedole che si pagano all’ estero, ci ha rim an­ dato gran parte dello stock che volentieri teneva, e probabilmente rifiuterebbe di acquistare nuovi tito li di Stato che fossero emessi.

Da più parti infatti siamo informati che il capi­ tale estero preferisce il nostro 3 per cento nominale che ha già una imposta del 20 per cento, al 4 per cento netto che dovrebbe essere esente anche da ogni imposta futura. E la ragione di tale preferenza sta in ciò, che ii pubblico non crede più alla p re ­ messa di mantenere esente nell’ avvenire da ogni imposta una parte del debito, e ragiona così : — prima di colpire con una nuova riduzione il 5 per cento lordo è logico che gli italiani metteranno ex­ novo la imposta al 4 per cento, oggi netto da ogni imposta. Quindi ciò che è più sicuro è il titolo già colpito, perchè è già colpito,, e non quello esente, sebbene si sia dichiarato che sarà sempre esente. E tale ragionamento, che i banchieri esteri ripetono alla loro clientela, è la prova lampante che manca assolutamente la fede nel valore delle nostre leggi di finanza e nelle promesse solenni che esse pos­ sono contenere.

Il male che ha fatto I’ on. Sonnino colla riduzione forzata non è di qualità tale che se ne possano sen­ tire subito le conseguenze, ma è di quelli a lunga portata e che domandano una cura per un tempo quasi indefinito prima che ne siano sparite le traccie.

Ora di fronte alla situazione che le leggi del 1894 hanno creata, non vi sono che due vie: — o seguire l’opportunismo politico, che quasi cinicamente dice : je prends mon bien où je le trouve ; e, non curandosi più del mantenimento della fede pubblica, proseguire, per quanto lo esige la finanza, a colpire i portatori del debito italiano, come chiedono i socialisti; — ovvero rifare un’ altra volta tutta la penosa via di restaurazione del credito, mantenendo scrupolosa­ mente ed onestamente i patti convenuti fino a che a poco a poco il mondo civile si convincerà del fermo proposito che abbiamo di non venir meno mai più ai nostri impegni.

Va da sè che delle due vie noi consigliamo la seconda, sia perchè risponde meglio a quei principi che ogni individuo nella sua gestione privata deve seguire, sia perchè è lo Stato che deve dare l’esempio più alto di buona fede e di moralità ; sia infine perchè la vita della nazione non è breve come quella degli individui, e può avvenire che l’ Italia abbia bisogno ancora di avere del credito all’estero ; e si assunse certo una enorme responsabilità chi, coi pro­ pri atti, contribuì a menomare il credito nazionale al­ l’ estero, mentre può accadere che dal godere o non godere la fiducia del mercato finanziario dipenda la salvezza della patria.

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tempo — auguriamocelo vicino — delle conversioni volontarie e libere, ed allora sarà possibile allegge­ rire il bilancio dello Stato dell’ enorme aggravio che ora gli reca il debito ; ma allo stesso modo che ogni onesta coscienza si rivolterebbe se venisse decretato di bruciare il gran libro e non considerare più vivo il debito dello Stato ; così deve apparire alle stesse oneste coscienze delittuoso il bruciarlo una pagina per volta.

Queste considerazioni abbiamo voluto oggi somma­ riamente esporre di fronte ad un notevole articolo che il senatore Severino Casana, sindaco di Torino, ha pubblicato nella Nuova Antologia col titolo « le condizioni odierne politico sociali in Italia. »

Fra le molte osservazioni e proposte che abbiamo lette in quell’ articolo — di alcune delle quali ci occuperemo in seguito — ci ha colpito quelle che riguardano il riordinamento del debito pubblico.

L ’ argomento è troppo delicato, perchè non ab­ biamo a riportare qui integralmente il brano che ne tratta.

» Mercè l’affidavit, attualmente in vigore, — pro­ pone il Casana, — ad una delle scadenze dei ta­ gliandi, non sarebbe difficile sostituire la Rendita ita ­ liana, in quel momento appartenente a stranieri, con un nuovo titolo (E xtirieur), al quale fosse assicu­ rato il reddito attuale con rigorosa esclusione di qual­ siasi riduzione coattiva avvenire; ciò che, trattandosi di tito li di quella natura, potrà essere più facilmente creduto per la gravità di una misura contraria. Fatta in quella guisa la separazione dei titoli, in quel mo­ mento posseduti da esteri, lo Stato, valendosi verso i regnicoli dell’ autorità di principe, non avrebbe più motivo di astenersi dall’ im porre per tutti i titoli mo­ biliari, in essi compresi la Rendita pubblica, la con­ dizione di essere nominativi.

» La nominatività dei titoli m obiliari avrebbe il grande vantaggio immediato di accrescere di parec­ chie diecine di m ilioni il gettito delle tasse d i tra­ passo e di successione, e porterebbe con se il bene­ ficio morale di riparare al fatto odierno, che offende ogni senso di equità, per cui il modesto proprieta­ rio di uno stabile, di un credito legalmente affer­ mato, paga secondo gli altissimi coefficienti di quella tassa, mentre vi sfuggono in gran parte i titoli mo­ b ilia ri al portatore. Ne risulterebbe infine il bene­ ficio di preparare la via all'accertamento diretto dei redditi che solo può dare il mezzo di una razionale trasformazione dei tributi.

« Le risorse immediate e quelle avvenire che r i ­ sulterebbero dallo schema finanziario sovraesposto, dovrebbero servire man mano ad incoraggiare verso una serie di modificazioni del sistema tributario per un doppio scopo: raggiungere un riparto più equo degli aggravi, lasciando a tempi più felici, non certo prossimi, il sollievo complessivo; togliere i potenti incettivi attuali alla falsità, i quali vanno ogni giorno più corrompendo il Paese. L ’ esagerazione delle tasse di registro e bollo ha condotto a tale esteso sistema di raggiri e complicate combinazioni da fare arros­ sire di vergogna per il proprio paese. Si abbia la- risolutezza di apportarvi profondi alleviamenti : e qual compenso all’ erario si adotti ad un tempo la nullità degli atti non registrati.

« Per ultimo mentre rispetto alla tassa di ricchezza mobile bisognerebbe, quale primo atto, abbandonare le casuistiche ed ingiuste interpretazioni, fonti di reali iniquità; mentre dipoi si dovrebbe abbassarne g li |

elevatissimi coefficienti; non bisognerebbe pretermet­ tere per quella e per altre tasse, una volta ridotte a coefficenti meno irragionevoli, di istituire, come valido correttivo materiale e morale; delle severis­ sime pene pecuniarie, sussidiate dal carcere, per le provate false consegne; e siccome quanto maggiore è l ’ agiatezza, tanto più grave è la colpa, quelle pene dovrebbero essere progressive. »

Non negheremo che esistono gli inconvenienti che l’ on. Casana ha notati riguardo alla tassa di succes­ sione a cui sfuggono facilmente i titoli mobiliari, men­ tre ne sono colpiti inesorabilmente i beni im mobili ; ma conviene osservare due fatti principali:

1° che la proposta di rendere nominativo il consolidato non toglie che in parte l’ inconveniente, in quanto lo lascia sussistere per tutti gli a ltri titoli m obiliari, che sfuggiranno egualmente alla tassa ;

2° che se la proprietà immobiliare ha lo svan­ taggio notato dal senatore Casana, di fronte alla mobiliare, gode però di altri benefizi ; basta ricordare lo sgravio dei due decimi, ed il dazio sui cereali per ricavare tutto il riguardo che ha il Governo per la proprietà rustica ; e sopratutto basta ric o r­ dare che di fronte alle esigenze della finanza l’on. Sonnino preferì aumentare la imposta sulla rendita contraddicendo alle sue stesse convinzioni e non osò ripristinare i due decimi di imposta sui terreni. I portatori di rendita non sono un partito, i proprie­ tari di terre lo sono.

Ma, prescindendo anche da queste considerazioni, pare a noi che ITtalia ora abbia un compito molto semplice e molto onesto per riordinare il suo debito pubblico : renderlo coi fatti intangibile, affinchè col tempo riprenda quella posizione che faticosamente aveva acquistata.

IL CONGRESSO DEGLI AGRICOLTORI

I congressi sono all’ ordine del giorno, specie quest’anno che nell’ occasione della esposizione di Torino ne sono stati indetti alcune diecine. Senza ripetere qui il giudizio che altre volte abbiamo dato dei congressi, e che i lettori conoscono da un pezzo, diremo che troviamo sempre la conferma di quella nostra opinione nei congressi ai quali ci capita, molto di rado invero, di prender parte e in quelli di cui se­ guiamo i lavori. Uno di questi ultim i è il congresso degli agricoltori tenuto a Torino negli ultim i giorni del mese passato ; riunione alla quaìe presero parte distinte personalità e che ebbe anche l’ onore di un discorso di chiusura del sotto segretario dell’ agricol­ tura, on. Colosimo. Ebbene al congresso agricolo di Torino, giudicando soltanto sulle conclusioni appro­ vate si direbbe che non abbiano preso parte persone pratiche, dalle idee ben nette e precise, dagli in­ tenti meditati, perchè quelle risoluzioni sono qualche cosa di così poco pratico, chiaro e in tutto coerente che a d ir vero la loro lettura ci ha un poco sor­ presi. Questo diciamo specialmente per ciò che r i­ guarda g li ultim i due temi relativi al credito agra­ rio e al sistema tributario.

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eludente quanto, forse, letterariamente bello, in cui non mancano le solite frasi della bellezza del cielo e della feracità del suolo che i poeti cantarono,! della musa mantovana alla quale rispose la musa venosina cantando l’ origine delle vittorie miracolose nella vanga sabellica. E facciamo grazia del resto, per venire ai temi discussi dal Congresso, non senza aggiungere che mentre leggevamo il discorso del presidente on. Cappelli noi pensavamo al discorso che avrebbe te­ nuto in simile occasione un inglese o un americano del Nord. Forse il nostro pensiero era così deviato dalla circostanza che mentre leggevamo quel discorso avevamo dinanzi anche un libro di grande interesse per gli agricoltori cioè l’Annuario del Ministero di agri­ coltura degli Stati Uniti e che poco prima vi avevamo lette alcune pagine sull’ opera praticamente utile che esercita quel dicastero ; fatto sta che le affermazioni generiche e inconcludenti dell’or». Cappelli ci par­ vero il segno dell’ opera altrettanto inconcludente che avrebbe compiuto il congresso.

Tre temi discussero con qualche larghezza gli agricoltori convenuti a Torino : l’ istruzione agraria, il credito agricolo e il sistema tributario in rela­ zione all’agricoltura.

Sul primo tema rife rì l’ on. Pecile, la cui accu­ rata relazione si apre con un breve ed istruttivo confronto fra quanto si è fatto in questo ramo in altri paesi e in Italia. Diamone un cenno chè l’ ar­ gomento importantissimo lo merita.

Gli Stati U niti d’America hanno 27 Collegi agrari con 5000 studenti, e innumerevoli istituzioni per l’istruzione popolare.

La Francia ha oggidì una scuola politecnica di agricoltura, un istituto agronomico che impartisce l’ alto insegnamento a 200 allievi ; possiede una grande Scuola d’orticoltura a Versailles che conta da 70 a 80 allievi ; le tre Scuole nazionali furono ingrandite e non bastano per ricevere i 500 candi­ dati che si presentano per esservi ammessi ; ha inoltre 17 poderi-scuole, <12 scuole pratiche di agri­ coltura, possiede scuole di caseificio, scuole-latterie, scuole di viticoltura, e fra qualche mese si aprirà a Douai una scuola di coltivazioni industriali e in ­ dustrie attinenti.

Furono istituiti cinquanta laboratori e stazioni agra­ rie per fare ricerche su tutte le questioni che interes­ sano l ’agricoltura, illum inare i coltivatori sulle qualità e sul valore dei concimi, sulle composizioni delle loro terre, sul modo di aumentare e migliorare i prodotti.

Nè si può dire che la Francia sia al primo posto, specialmente confrontata colla Prussia e cogli altri Stati germanici, dove troviamo : 14 scuole superiori di agraria ; 4 scuole superiori di pomologia ; 16 scuole medie, oltre 90 scuole pratiche; 140 scuole spe­ ciali nel solo regno di Prussia, 64 stazioni di prova, 271 scuole di perfezionamento in cui si insegna agraria nelle sole provincie renane, 14 stabilimenti di piscicultura soltanto nella provincia di Westfalia ; cattedre ambulanti senza numero, perchè tu tti i pro­ fessori si mobilizzano per funzionare da maestre ambulanti : e tutto questo senza contare le scudi primarie complementari in cui s’insegna l'agraria; la sola Baviera, con poco più di due m ilioni e mezzo d’abitanti ne novera 478.

Non parliamo del Belgio, della Svizzera e della Danimarca, che in proporzione degli abitanti supe­ rano per quantità, varietà di scuole e numero di alunni, tutti i maggiori Stati.

In Inghilterra, mediante le cattedre presso le U n i­ versità, tenute da uomini sommi, si riesce a man­ tenere nelle classi più elevate la giusta considerazione in cui va tenuta l’ arte dei campi e ad ispirare in esse l’amore alia vita campestre.

In Italia non si può negare che vi sia del buono, ma in misura minima. Nel mentre la sola accademia annessa all’Università di Halle (una delle 14 scuole superiori agrarie della Germania) dal 1862 al 1892 veniva frequentata da 6822 agricoltori, la scuola superiore di Milano accoglieva in un ventennio 326 allievi, dei quali 167 uscirono laureati, e la scuola di Portici nello stesso periodo laureava 192 alunni. Quale confronto di frequenza fra la scuola di Ber­ lino, che nei semestri invernali novera da sola oltre 600 alunni, mentre le nostre scuole superiori non ne contano che qualche decina !

Le scuole pratiche sono ancora poche e capaci di un limitato numero di alunni; pochissime le cattedre ambulanti, dovute per lo più ad iniziative locali ; non ancora organizzato l ’ insegnamento normale quan­ tunque reso obbligatorio per legge; nullo 1’ insegna­ mento agrario nelle scuole elementari e complemen­ tari, le quali ultime finora non esistono che di nome. Bisogna però osservare che la statistica dell’ inse­ gnamento agrario in Italia non sarebbe così sconfor­ tante se noi considerassimo le sezioni di agrimensura e di agronomia degli istituti tecnici, e le scuole di applicazione degli ingegneri, in cui l’ agraria si in­ segna : ma questo insegnamento, che potrebbe essere fonte di vantaggio per il paese, appena si sa che esista ed è statò finora negletto dal Ministero della istruzione e abbandonato a se stesso.

Avviene perciò che in un paese, essenzialmente agricolo come il nostro, il numero di coloro che si dedicano agli studi di agraria è assolutamente insi­ gnificante;'alle scuole di agricoltura si avviano i gio­ vani caduti negli studi classici o tecnici che non hanno probabilità di riuscire in altre carriere. E così, dopo quasi un quarantennio dal nostro risorgi­ mento, manca affatto in Italia un ambiente agrario.

Di fronte alla nostra inferiorità, il Congresso, dopo una discussione animatissima, non poteva che fo r­ mulare alcuni voti per l’ incremento delle scuole e in genere degli studi agrari ; voti che riferiamo, per­ chè da essi può desumersi dove il Congresso trovò che siamo realmente in condizioni deficienti:

11 Congresso, eec., fa voti perchè approfittando degli uomini, delle scuole e dei mezzi che esistono, si organizzi e ravvivi l ’ insegnamento agrario in tutti i gradi, e:

I o in quelle città dove esiste una Università con Facoltà di scienze fisico-matematiche e naturali sia instituita una cattedra di agricoltura;

2° il Ministero della pubblica istruzione dia opera a ravvivare l’ insegnamento dell’agraria, spe­ cialmente nelle sezioni d’'agrimensura ed agronomia degli Istitu ti tecnici, e dia piena esecuzione alla legge sulle scuole normali che rende obbligatorio l’ insegnamento dell’ agraria ; che per avere maestri atti ad impartire l’ insegnamento elementare per le scuole rurali sia fortificato nelle scuole normali lo insegnamento delle scienze naturali e sia istituita nelle dette scuole una cattedra d’ agraria ;

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mo-raímente e materialmente gli enti locali all’ istitu­ zione dell’ insegnamento ambulante; si fa voti che per questo insegnamento sia anche utilizzato il per­ sonale insegnante le discipline agrarie;

4° il Ministero dell’ istruzione pubblica si ado- pri per sviluppare ampiamente la scuola comple­ mentare con indirizzo professionale nei molli Comuni rurali dove esiste soltanto la scuola unica, dando finalmente così alla legge del 15 giugno 1877 quella | applicazione che è richiesta dai bisogni dei tempi e dalle necessità dell’ agricultura nazionale;

5° una perfetta intesa fra i Ministeri dell’ istru- j zione pubblica e dell’agricoltura in tutte le quistioni dell’ insegnamento agrario riesca a dare la massima efficacia ai provvedimenti diretti a diffondere questo insegnamento.

Sul credito agrario furono relatori l’ on. senatore De Vincenzi e l’ avv. Ippolito Luzzatti. Le idee del primo sono già note ai nostri lettori anche dalla lettera dell’ on. De Vincenzi, che abbiamo riprodotto nel numero precedente dell 'Economista. E quelle idee | hanno in gran parte prevalso. Il congresso, infatti, affermata la necessità che allo sviluppo del credito agrario si accompagnino garanzie efficaci della ef­ fettiva destinazione è passato a considerare il credito sul capitale circolante e le colture annuali. E a questo proposito ha approvato il progetto di legge 16 giu­ gno 1898 per la istituzione delle Casse agrarie e il principio proposto del concorso diretto dello Stato a mitigare le condizioni dei m utui e ha fatto voti che l’ opera delle casse di risparmio e degli altri isti­ tuti esercenti il credito agrario sia « facilitata col­ l’abbandono del concetto che l’ emissione delle car­ telle non possa aver luogo che in corrispondenza di mutui protetti da privilegio agrario e con la parificazione della cartella al libretto di risparmio riguardo alla applicazione delle tasse di bollo e di contrattazione »; ha chiesto infine che siano « faci­ litati i contratti di mutuo e di conto corrente a scopo agrario con riduzioni ulteriori sulle tasse di bollo e di registro e delle imposte sulla ricchezza mobile a favore degli Istituti mutuanti e ciò con le guarentigie a stabilirsi nell’ interesse dell’ erario ». Il congresso ha pensato evidentemente che quando si ha da chiedere, con poche o nessuna probabilità d’ essere ascoltati, è lecito chiedere molto; ma che sia pratico tutto ciò, dubitiamo fortemente.

Nè basta, riguardo al credito pei miglioramenti agrari e le trasformazioni delle colture il congresso vuole una sezione speciale della Cassa dei depositi e prestiti per l’ esercizio del credito pei miglioramenti agrari; anzi sino a quando non sia meglio ordinata la materia del credito agli agricoltori pei bisogni delle coltivazioni la Cassa suddetta dovrebbe anche concedere mutui per l’ acquisto dei concimi, del be­ stiame e degli arnesi rurali ai proprietari ed a g ri­ coltori che si riuniranno in mutue associazioni e che possono dare una prima ipoteca di almeno 50000 lire su terre di un valore catastale almeno doppio. Insomma il congresso ha pensato che siccome il cre­ dito agrario ancora non c 'è o poco meno, è lo Stato che deve impiantarlo, organizzarlo e farlo funzio­ nare.

Che il rimedio al male che si deplora sia efficace, diremo meglio che l’ espediente al quale si ricorre per avere il credito agrario sia pratico, non lo cre­ diamo. Lo Stato, in Italia almeno, non è in grado di organizzare il credito agrario; la Cassa dei depositi

e prestiti non può farlo senza alterare il suo funzio­ namento odierno in modo da venir meno ai fini che la legge le assegna. In sostanza si chiede che la Cassa dei depositi e prestiti emetta titoli in corrispondenza dei mutui agrari che dovrebbe accordare a libere associazioni cooperative di proprietari e a proprietari singoli, ossia che si tramuti in vera banca di credito agrario. Ora si può intendere che lo Stato accordi delle facilitazioni e anche queste entro certi lim iti e senza caratteri di esclusività, ma che si faccia anche il banchiere del proprietario o del coltivatore di terre questo no, quando I’ esperienza insegna che trasci­ nare lo Stato nel campo delle operazioni di credito privato vuol dire esporlo a pericoli considerevoli. Se l’ idea dovesse guadagnar terreno sarà il caso di guar­ dare ben addentro alla cosa e di richiamare le menti degli agricoltori-poeti alla realtà.

Il tema, che da solo bastava a occupare un Con­ gresso desideroso di approfondire una questione e di presentare proposte, studiate e giustificate è quello del sistema tributario. Riferirono su di esso il pro­ fessore Ghino Valenti e il dr. Luigi Sbroiavacca, due egregi studiosi dei quali ci spiace non poter esaminare ora le relazioni. Ambedue nelle loro conclusioni so­ stennero la tesi che fosse vana speranza di rimediare agli inconvenienti che derivano dal sistema finan­ ziario in vigore con ritocchi, con riforme parziali, con piccole modificazioni e che nell’ interesse della giustizia, dell’ economia, della finanza stessa fosse necessario decidersi per una riforma radicale da at­ tuarsi grado grado, ma con la visione chiara della meta da raggiungersi. E la riforma che raccoman­ dano è, per ora, quella di ridurre notevolmente tutte e tre le imposte dirette reali sui terreni, sui fabbricati e sulla ricchezza mobiliare e di sopperire al minor pro­ vento dell’ erario mediante la creazione di una im­ posta personale sulla entrata.

Questo concetto fu sostenuto anche dall’ on. P ri- netli, il quale osservò che un sistema di pure im ­ poste reali è incapace di toner conto delle condizioni personali dei possessori di re d d iti; che esse, come quelle che vanno direttamente all’ oggetto produttore del reddito, falcidiano bensì il reddito che se ne ot­

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essere mezzo di riempire il vuoto derivante dalla contemporanea riduzione delle imposte dirette.

Egli contraddirebbe a tutta la sua azione politica in Parlamento e fuori se non affermasse che il Paese non può sopportare alcun aggravio complessivo maggiore di quello che sopporta; è anche convinto che di maggiori aggravi non vi debba essere occa­ sione, visto che il bisogno di lavori pubblici è e deve reputarsi quasi totalmente saziato, e che per quei lavori che ancora possono reputarsi indispen­ sabili o u tili non è difficile trovare nei lim iti del bilancio attuale margine sufficiente. Stigmatizzò anzi il tentativo di rimettere in onore la politica di la­ voro, se questa deve significare ripresa di lavori pubblici in grande, perchè sarebbe sciupio di ca­ pitale, e in quanto fosse destinata a procurare la­ voro agli operai, sarebbe la più esiziale forma di beneficenza.

t L a discussione si estese poi a molteplici argomenti d’ interesse più specialmente agricolo, al catasto, alle sovrimposte, alla ricchezza mobile che colpisce gli agricoltori. E infine fu votato il seguente ordine del giorno : « Il Congresso ecc. Considerando che la cifra elevata cui ammontano le spese dello Stato, proporzionatamente alla ricchezza della nazione, im ­ pone all’agricoltura, come a tutte le altre fonti della produzione in Italia, un onere di imposte estrema- mente gravoso; che il sistema difettoso di queste imposte ne rende anche meno sopportabile il peso; che la ricchezza agricola, rappresentando la parte della ricchezza italiana, non può sperare un sollievo se non da una riforma tributaria generale, la quale ispirandosi alle esigenze dell’ economia nazionale, ne favorisca e ne acceleri l’ incremento;

Afferma la necessità: I o che per lungo periodo di tempo, il bilancio complessivo dello Stato debba conienersi al massimo nei lim iti attuali, provvedendo con una saggia e parsimoniosa gestione del pub­ blico danaro a ricercare nella semplificazione di alcuni servizi le risorse necessarie a completare quelli attualmente deficienti, onde evitare in modo assoluto l’ eventualità di nuovi aggravi o di nuovi appelli al credito ; 2° che vengano sempre più frenate, anche occorrendo, con nuove disposizioni legislative e con una limitazione delle spese obbligatorie, le spese delle Amministrazioni locali.

Invoca poi una larga riforma tributaria intesa ad operare uno sgravio rilevante delle imposte d i­ rette reali, che colpiscono la ricchezza, sia immo­ biliare che mobiliare, compensandolo in seguito con un' imposta personale sulle entrate, affine di d i­ stribuire p iù equamente fra le varie categorìe di contribuenti gli oneri degli enti pubblici ; e chiede che, conservando inalterato V equilibrio del bilancio si consacrino mano mano i margini che derive­ ranno, sia dall' incremento naturale delle entrate, sia da sperabili diminuzioni delle spese, a ridurre gradatamente le aliquote delle imposte indirette, onde cessino dall'essere, come sono ora, troppo so­ venti, un incaglio insormontabile allo sviluppo della produzione.

E in attesa di questa riforma, che esigerà lungo periodo di tempo per essere attuata, invoca intanto i seguenti provvedimenti intesi a lenire transitoria­ mente le maggiori asprezze :

I o che in applicazione delle leggi I o marzo 1886 e 21 gennaio 1897 sia proseguito il catasto estima­ tivo nelle provincia d’ acceleramento con applica­

zione provvisoria dell’ aliquota dell’8 per cento, e siano pure proseguiti con quello e con più rapidi metodi i lavori pel raggiungimento della perequa­ zione generale de! tributo fondiario ed i lavori ca­ tastali siano pure sollecitamente diretti allo scopo dell’accertamento giuridico della proprietà immobi­ liare e della formazione dei libri fondiari.

2° che nella nuova legge di modificazioni al­ l’ imposta sui fabbricati siano esonerate dall’ imposta quelle costruzioni rurali le quali, sebbene non si­ tuate sui fondi coltivati e non strettamente indispen­ sabili a ll’ esercizio della cultura e delle industrie agrarie, non potrebbero essere adibite ad altri usi all’ infuori degli agrari o non potrebbero servire che all’ abitazione dei coltivatori o dei proprietari.

3° che nella nuova legge di modificazioni alla imposta sui redditi di ricchezza mobile sia stabilito:

a) non doversi colpire coll’ imposta di ric ­ chezza mobile i correspettivi che il proprietario per­ cepisce per le scorte vive e morte consegnate al­ l’ affittuario ;

b) non doversi considerare come eccedente le forze produttive del fondo, e quindi soggetto il suo reddito a imposta di ricchezza mobile, il bestiame che il proprietario pone nel fondo medesimo, quando anche a causa del clima o per le esigenze del si­ stema d’ agricoltura in uso, si faccia trasmigrare per una epoca dell’ anno in altra regione e si conduca a pascere su fondi altrui ;

c) doversi estendere la condizione di favore fatta ai coltivatori mezzadri, per quanto concerne l ’ applicazione dell’ imposta di ricchezza mobile ai loro redditi, anche ai coltivatori affittuari, e doversi adottare una disposizione simile pei piccoli alleva­ tori di bestiame ;

'd) doversi esentare dall’ imposta di ricchezza mobile come redditi agrari i maggiori profitti che gli agricoltori ritraggono dalla vendita al minuto, ovunque eseguita, sia personalmente, sia per loro conto diretto, del prodotto dei fondi da essi coltivati, a qualunque titolo, e dal perfezionamento del p ro ­ dotto stesso, semprechè la quantità venduta o per­ fezionata non ecceda la produzione dei fondi stessi; e) doversi applicare tale disposizione ancora quando i fondi siano coltivati da Società c iv ili o commerciali, nonché da cooperative legalmente co­ stituite, se pure le Società stesse abbiano esistenza esclusivamente per lo scopo di smerciare al minuto o di perfezionare i prodotti dei fondi, comunque tenuti dai singoli soci ;

4° che per quanto si riferisce alle finanze co­ munali si eseguisca l’obbligo imposto da leggi pre­ cedenti di presentare una legge sul riordinamento dei trib u ti locali, e frattanto:

a) Si vieti di applicare la tassa di esercizio e di rivendita alle aziende agrarie.

b) si richiamino i Cpmuni, che hanno in tro ­ dotto la tassa di famiglia, ad applicarla come im ­ posta personale sull’ entrata come deve essere, non permettendo che diventi duplicazione dell’ imposta fondiaria, o ingiusta imposta di capitazione.

c) Si metta, in ogni caso, ai tassi dell’ imposta sul bestiame un limite assoluto, commisurato sullo interesse che può dare il capitale investito nel be­ stiame stesso.

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La migliore utilizzazione delle forze motrici idrauliche nazionali

Con la data del 17 giugno ultimo 1’ on. Afan de Rivera diramava una circolare alle Autorità gover­ native ed al personale del Genio Civile richiedendo loro di opporsi alla concessione di derivazioni di acque pubbliche per uso di forza motrice, tutte le volte che si supponesse adatta a servire attualmente o p iù tardi a scopo di trazione elettrica sino dove l’energia elettrica possa trasportarsi. Questa circo­ lare iì cui effetto fu, come era logico il prevedere, di sospendere il corso di tutte le pratiche iniziate dai privati per la concessione di forze idrauliche, ha suscitato una polemica che ha preso la strada del pettegolezzo a detrimento dello studio, serio, im per­ sonale, spassionato, di una questione così importante per il nostro paese, mentre durano le gravi conse­ guenze che questa circolare ha prodotte.

Si sono invocati i danni del monopolio che i con­ cessionari potrebbero fare delle forze motrici idrau­ liche disponibili, il grande risparmio del carbone che si sarebbe ottenuto sostituendo la trazione fatta con queste forze a quella attuale^ il vantaggio per la sicurezza dello Stato in caso di guerra, conse­ guente ad una trazione non legata al consumo di carbone. — Contemporaneamente, a quanto hanno riferito i giornali, la valutazione fatta all’ ingrosso di 2,500,000 cavalli idraulici ancora disponibili ha fatto nascere in qualcuno la rosea speranza di un introito di 50,000,000 di lire pel nostro bilancio con l’applicazione di una blanda tassa di 20 lire il ca­ vallo.

Il piano non può essere piò chiaro e completo ; destinare le forze motrici idrauliche a buon mercato e sulle ferrovie alla trazione elettrica delle ferrovie, lasciare alle industrie le forze care ed inaccessibili, confortandole poi di un canone di 20 lire il cavallo! Non è più il caso di parlare di castelli in aria, ma di castelli in acqua !

Ed in questo modo mentre nazioni vicine, già in condizioni tanto m igliori di noi per il costo del car­ bone, si preoccupano e si ingegnano di condurre le forze m otrici idrauliche, profittando dei progressi della trasmissione elettrica della energia, collo scopo di favorire ancora più le loro industrie, noi invece, partendo da una problematica valutazione delle forze idrauliche facili dalla problematica convenienza della trazione idroelettrica, della problematica applicabilità di m ilioni di cavalli idraulici in relazione allo svi­ luppo possibile delle industrie ed al costo di tali forze idrauliche, mettiamo per ora a dormire le de­ rivazioni più adatte nell’ aspettativa di potere avere da un momento all’ altro una trazione economica, comoda, sicura e varie diecine di m ilioni di aumento nell’ attivo del nostro bilancio.

In una recente relazione che ho fatto alla Società Toscana degli Ingegneri ed Architetti di Firenze *) in seguito alla decisione da essa presa di discutere una tale questione, che ha per la Toscana anche un maggiore interesse a causa la piccolezza delle forze motrici idrauliche disponibili, ho cercato, se­ condo il mio modo di vedere, di porre la questione nei suoi veri termini.

') La migliore utilizzazione delle forze motrici idrau­ liche nazionali. — Fratelli Bocca.

L* Italia ha bisogno di una forte esportazione come condizione necessaria al suo economico sviluppo (le­ gato indissolubilmente alla sua politica tranquillità), attualmente fra i più meschini in confronto di tutte le altre nazioni grandi e piccole di Europa. L ’ in ­ cremento di una tale esportazione, che è reso ancor più necessario dal decremento dei redditi agricoli e dall’ aumento della popolazione che non trova occu­ pazione nei campi malgrado il progresso dell’ agri­ coltura, non può assolutamente sperarsi dalla espor­ tazione dei prodotti greggi del suolo e deve essere domandato all’ industria.

Ora 1’ industria in Italia si trova davanti a molti ostacoli: la deficienza della preparazione tecnica e commerciale, e del personale pratico ; il grave costo della forza motrice. Mentre le prime difficoltà sono di indole transitoria e vanno continuamente atte­ nuandosi, si aggravano invece le conseguenze del— 1’ ultima, sia perchè le nazioni molto più favorite

di noi per forze idrauliche a buon mercato im pie­ gano ogni diligenza nel realizzarle ottenendo ancora un risparmio su! loro basso prezzo della forza mo­ trice a vapore, sia perchè diviene tutti i giorni più grande l’ importanza delle industrie ad altissimo te­ nore di forza motrice.

Se esistono nel nostro paese forze motrici idrau­ liche di costo così basso, e di ubicazione così van­ taggiosa da stare in concorrenza con quelle delle nazioni più favorite, allora soltanto potremo sperare di sostenere prima o poi la lotta sul mercato inter­ nazionale. Effettivamente vi sono queste forze mo­ trici in Italia, ma in molto m inor quantità di quella che non si crede, mentre varie centinaia di migliaia di cavalli sono indispensabili ancora ad un modesto sviluppo delle nostre industrie. — Queste forze non si debbono sprecare alla leggera.

La questione è evidentemente molto più impor­ tante che non sia il risparmio che può essere fatto di qualche milione di lire nella importazione del carbone, risparmio intorno al quale si è voluto im ­ perniare la valutazione del vantaggio che le forze m otrici idrauliche possono recare, seguendo un co­ mune pregiudizio che la diminuzione della im por­ tazione debba essere considerata in se come un provvedimenio destinato ad evitare l'esodo di in­ genti somme che meglio potrebbero dedicarsi ad im ­ prese agricole ed industriali.

Quando si aualizza il vantaggio che reca al paese la trasmissione dell’ energia a grandi centri di con­ sumo per fare iv i la concorrenza alla forza motrice

a vapore, è facile accorgersi che questo vantaggio e relativamente piccolo. La speculazione non ha nes­ sun interesse a dim inuire il prezzo di vendita della energia al disotto di quello che costa l’ energia a vapore (nè del resto, dato il costo delle grandi in­ stallazioni, le vaste reti e le perdite relative, è fa- ^ cile di potere andare molto al disotto), tanto più che il consumatore considera già un vantaggio no­ tevole l’ essere sbarazzato della seccatura dell’ eser­ cizio de! motore a vapore.

(7)

aumen-11 settembre 1898

L' E C O N O M I S T A

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tante l’esportazione. In questo caso il capitale r i­ chiesto per la caduta d ’acqua è una m inor parte di quello che è necessario di destinare alla industria che si vuole fondare ed a quelle che vi sono con­ nesse, e le conseguenti immobilizzazioni creano nuove correnti commerciali e danno impiego ad una forte quantità di mano d’opera, mentre cresce notevol­ mente la potenza di acquisto della nazione sul mer­ cato mondiale.

Affine di rendere ciò chiaro con un esempio, sup­ poniamo di ottenere una forza motrice idraulica di 10,000 cavalli al prezzo di L. it. 50 all’anno sul­ l’ asse delle turbine, immobilizzando lire 4,000,000. Ammesso il consumo di 1 kg. di carbone per ca­ vallo, un lavoro di 5000 ore annuo ed un prezzo di 30 lire del carbone, è certo che, utilizzando quella forza per le industrie esistenti, nel caso il più fa­ vorevole possibile (cioè, quando non si dovesse fare la trasmissione come ha luogo in generale), si avrebbe un risparmio annuo lordo della importazione del carbone in lire 1,500,000. Poiché il risparmio non collocato nelle industrie va impiegato in acquisto di rendita, cosi la potenzialità di acquisto del paese sarebbe in realtà aumentata ogni anno di L. 1,500,000 — 160,000 = 1,340,000.

Ammettiamo che questa ¡stessa forza si impieghi invece per fabbricare dell’ alluminio (e scelgo que­ sta perchè è una delle produzioni a più alto tenore di forza motrice sul prodotto lordo) e che l’ azienda, l’officina, le miniere, i trasporti relativi richiedano ancora una ulteriore immobilizzazione di 6,000,000 di lire. Una tale azienda produrrà per lire 6,730.000 annue ed il conseguente aumento di potenza di ac­ quisto all’estero sarà pel paese di lire 6,730,000 — 400,000 = 6,300,000.

Ma vi è di più. Nel primo caso la massima parte della potenza d’acquisto dovuta alla diminuzione di lire 1,340,000 nella importazione passa a attraverso Pente speculatore. Nel secondo caso invece, am­ messo anche per esagerare che il capitale prenda il 20 ° /0 cioè 2,000,000 lire annue, rimangono sem­ pre lire 4,330,000 che in un modo o nell’altro pas­ seranno per le mani dei lavoratori.

Ed ammesso anche che il capitale occorrente di 10 m ilioni fosse estero e che assorbisse il 20 °/0 di participaziòne, ancora sarebbe più vantaggiosa per 11 paese la industria nuova dell’ impiego della forza motrice per risparmiare carbone in una industria esistente.

Quello che ho detto per una industria esistente vale anche per le ferrovie, non potendosi dare un gran peso alla influenza indiretta che può esercitare (dato e non concesso che la trasformazione della trazione lo consenta) una leggera diminuzione delle tariffe.

Anzi nel caso della trazione delle ferrovie si ag­ giungono altre regioni sfavorevoli. Yerisimilmente il costo dell’ impianto della trazione idroelettrica è tale che è molto dubbio se 1’ ammontare degli interessi e degli ammortamenti riesca inferiore, malgrado i pretesi e non provati risparmi di esercizio al costo dell’esercizio a carbone. Inoltre, poiché la forza mo­ trice che deve essere disponibile su dì una linea dipende dal massimo sforzo che nel momento più sfavorevole può essere domandato dalla trazione, così occorre in generale linea per linea l’ immobilizza • ¡¡ione di una forza grandemente superiore, rispetto al bisogno medio della linea, e ne consegue che

l’ applicazione delle forze m otrici idrauli che alla tra­ zione ne rappresenta inevitabilmente il più deplo­ revole ed inutile spreco.

Così stando le cose è evidente che 1’ osta colo che si è supposto alla concessione delle forze motrici idrauliche rappresenta un gravissimo danno pel no­ stro paese, molto più grave ancora del monopolio che così facilmente si teme da parte della specula­ zione e contro il quale è tanto facile di difendersi, senza bisogno di interrompere col fatto per mezzo di una semplice circolare, in ¡spreto allo spirito della legalità, una legge dello Stato. Basta far come si è fatto sempre in provincia di Lucca, una provincia così degna di essere citata in esempio per tanti riguardi. Rifiutare ogni concessione a qualsiasi postulante che non dà affidamento serio di impiantare subito una

industria tassativamente indicata.

Convinti cosi che non solo occorra concedere la massima libertà per I’ utilizzazione delle forze mo­ trici ad uso industriale, ma che più ancora si debba incoraggiare in tutti i modi una tale utilizzazione sull’ esempio di quello che viene fatto da altri più oculati paesi, non possiamo inchinarci che davanti le esigenze della difesa nazionale. Ma in questo p ro­ posito, ammesso anche che una tale difesa richieda l’ esercizio idroelettrico delle ferrovie, non si può evidentemente parlare che di un numero ristrettissimo di linee ed essenzialmente della centrale appennina e di alcune diramazioni alla costa ed alla frontiera. Il campo delle forze idrauliche da nazionalizzare d i­ viene allora molto ristretto e può essere subito de­ finito in modo preciso, procurando in pari tempo che nel resto del nostro territorio si moltiplichino colla maggiore celerità le prospere industrie, il vero nerbo e la vera salute del paese, piuttosto che frap­ porvi, come si fa continuamente, i più malaugurati ostacoli.

Ino. G. B. Anto n elli.

I D A Z I D I C O N S U M O

(Continuazione Vedi N. 1270).

Il protezionismo, del resto, ha avuto l’ effetto, tra gli altri, di confondere negli stessi errori le parti politiche nella vita parlamentare, e davanti ad esso i nostri reggitori si equivalgono un po’ tu tti; Rudinì come Crispi e Pelloux, Luzzatti come Sonnino e Yacchelli, Branca come Boselli e Carcano. E que st’ ultimo, ci permetta una dura ma franca parola, ha avuto il torto, a nostro avviso, di non opporsi al ritorno del dazio doganale sui grani e sulle farine alle enormi antiche misure: se almeno avesse fatto questo, se grazie a lui avessimo avuto la garanzia che le 5 e le 8 lire pei cereali e le farine, invece della tariffa più alta testé ripristinata, restavano come dazi doganali massimi, rid u cib ili sempre, ma assolu­ tamente non piu aumentabili, noi avremmo avuto maggiore fiducia anche pei provvedimenti eh’ egli ha promesso e che deve preparare durante le v a ­ canze per far procedere innanzi le riforme, almeno nei dazi interni di consumo, governativi e comunali.

(8)

Corcano potrebbe proporre sarebbe un articolo di legge per vietare a tutti i comuni :

a) di ripristinare il dazio, se abolito;

b) di accrescerlo dalla misura a cui I’ hanno ora ridotto;

in tutti i casi, per fissare il lim ite massimo, assolu­ tamente insuperabile, di due centesimi al chilogrammo per il dazio comunale, prescrivendo che a questa m i­ sura discendano, nel termine improrogabile di cinque anni, quei municipii che hanno ancora l’ obbrobrio di un dazio comunale sul pane, di barriera o di m i­ nuta vendita, a cinque, sei e sette centesimi il ch i­ logrammo; infine, per dichiarare ehe i comuni, tanto chiusi che aperti, hanno sempre facoltà di conver­ tire il dazio di introduzione delle farine o quello di minuta vendita del pane, in una tassa sulla fabbri­ cazione del pane nei forni, osservato il limite mas­ simo di due centesimi il chilogrammo, e col divieto perentorio di tornare alle due antiche forme di dazio, una volta adottata questa della tassa sulla fabbrica­ zione del pane.

*

Ci si obbietterà che le tasse di produzione o di fabbricazione sono per loro natura, non già imposte locali, ma imposte nazionali o di Stato: nè noi vo­ gliamo disconoscere la fondatezza, in tesi generale, della obbiezione. Diciamo anzi di p iù ; noi siamo tanto persuasi del principio contenuto in quella eccezione, che osiamo dire questo, cioè che quando fosse dimo­ strato che in Italia è ancora necessario spremere im ­ poste ai cittadini pel fatto che essi mangiano del pane, noi, piuttosto del dazio doganale sui cereali e sulle fa­ rine estere,che costa agli Italiani due o tre volte l’ abo­ lito ed aborrito macinato, e piuttosto che i dazi comu­ nali sulle farine alla entrata nei comuni chiusi e sulla vendita del pane nei comuni aperti, preferiremmo francamente togliere via in modo assoluto e in; perpe­ tuo tutta questa roba ultramedioevale e sostituirvi la imposta unica di Stato sulla macinazione dei cereali, come estremo soccorso temporaneo al bilancio nazio­ nale. Ma poiché politicanti e protezionisti si stringereb­ bero subito insieme, gli uni a imprecare alla tassa sulla farina, gli altri a piangere la rovina dell’ agrieoi - tura, e poiché nè m inistri, nè deputati non avranno mai tanto coraggio da avanzare ed approvare tali proposte, noi ci contentiamo di chiedere al Ministro Garcano, al suo collega Vacehelli e al Ministro degli Interni, Presidente Pelloux, che al riaprirsi della ses­ sione proclamino altamente ed efficacemente, almeno in quanto il pane è materia anche di tassazione lo­ cale, che essi non vogliono più dogane interne e im ­ pedimenti alia circolazione delle farine, che essi non tollereranno più una tassazione municipale del pane a più di due centesimi il chilogrammo e che questa non si potrà e non si dovrà applicare nemmeno con la forma ibrida del dazio forese di minuta vendita, ma con quella più semplice, e circondata di mag­ giori garanzie, dell’ accertamento della fabbricazione del^pane nei forni.

È la proposta che l'o n . Branca aveva già form u­ lato nel suo disegno di legge del 16 scorso giugno, e l’ on. Carcano farà molto bene a riprenderla per conto suo nei progetti ch’ egli deve avere messo allo studio dopo che ha ritirato quello del suo predeces­ sore: anzi l’ attuale ministro farà anche meglio se proporrà un’ aggiunta, nel senso che, ammessa per un po’ di tempo ancora a favore dei bilanci locali la

tassa di fabbricazione del pane nei forni a due cen­ tesimi il chilogrammo, come misura massima asso­ lutamente insormontabile, non sia però lecito ad alcun municipio di mettere vincoli di sorta alla introduzione ed alla vendita, nel proprio territorio, del pane pro­ veniente da altri comuni. Con sim ili disposizioni molti municipii, per la tema salutare di vedere emigrare nei territori dei comuni contigui i forni e le fabbriche di pane, applicheranno una tariffa anche inferiore ai due centesimi al chilogrammo e, magari, si pre­ pareranno spontaneamente e per necessità naturale delle cose ad abbandonare il più presto possibile questa tassa locale sulla produzione del pane.

Se gli on. Garcano e Yaechelli, in attesa di tempi m igliori, in attesa cioè di quel ravvedimento che farà cessare il dazio doganale di Stato, protettore dei signori granari e dei signori mugnai, vogliono sin ­ ceramente che il pane sia in un avvenire non lontano, immune da imposta almeno per conto dei municipii, accettino il nostro consiglio; o per meglio dire, ac­ cettino e migliorino un felice pensiero già avuto dal— l’ on. Branca: comincino dal preparare la soppres­ sione di ogni tassa locale sul pane che non sia nella forma di piccola imposta comunale sulla fabbrica nei forni, garantendo però la massima libertà di circo­ lazione intercomunale dei prodotti ; vadano pure, per intanto, a ritroso della logica, la quale vorrebbe che si lascino soltanto allo Stato le imposte di produzione, ma stiano sicuri che, una volta avviata così poco bene la tassazione locale del pane, questa andrà di neces­ sità scomparendo a poco a poco, come è nel voto di tutti.

* ^ H"

Abbiamo ricordato il macinato come tipo di im ­ posta di produzione: ora giova rammentare che, se esso fu abolito, non ci manea però una serie, discre­ tamente lunga di merci e di materie quasi tutte di uso alimentare diretto o indiretto, per la fabbrica­ zione delle quali lo Stato riscuote una tassa speciale. Esse sono; l ’ alcool, l’ acquavite, i liquori - la birra - le acque gassose - la cicoria preparata e altre so­ stanze sim ilari al caffè - lo zucchero indigeno - il glucosio - 1* acido acetico puro e quello impuro da rettificare; a cui si aggiungono le polveri piriche e altre materie esplodenti - l’ olio di seme di cotone - i fiammiferi - 1’ olio minerale estratto dal catrame - gli olii minerali grezzi da raffinare - e finalmente il gas-luce e l ’ energia elettrica a scopo di illum ina­ zione e riscaldamento.

(9)

11 settembre 1898

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* *

Fino a tutto l’ anno 1895 lo Stato riscuoteva una tassa interna di fabbricazione dell’ alcool anidro alla temperatura di 15.56, di centoventi lire l’ ettolitro con la conseguente sopratassa sugli spiriti esteri; inoltre riscuoteva, pure in fabbrica, una tassa di vendita di 20 lire sugli spiriti destinati al consumo in paese : in terzo luogo, o per mezzo dei municipi o per mezzo di appaltatori, si appostava alle porte delle città e sulle linee daziarie dei Comuni chiusi 0 si metteva alle coste degli esercenti negli spacci e nelle botteghe di vendita nei Comuni aperti, e sullo stesso alcool, già da lui tassato due volte, do­ mandava 12 o 18 lire di dazio interno di consumo, con un criterio tutto diverso, cioè secondo la gra­ dazione fino a 59 gradi o oltre i 59 gradi dello alcoolometro di Gay-Lussac; inquarto ed ultimo luogo permetteva che a queste 12 o 18 lire i Municipi aggiungessero altre sei o nove lire l ’ ettolitro per conto proprio.

* V *

Col 1896 la finanza ha cominciato a togliere, o meglio a concentrare, aumentandola, la seconda di queste quattro tasse o dazi sugli alcool, ossia le venti lire per gli spiriti prodotti alle fabbriche e destinati al consumo interno nello Stato; infatti la tassa di produzione oggi è a 180 lire l’ ettolitro. Resta­ no però sempre i dazi interni di consumo, governativo e municipale, di barriera o di minuta vendita, a 12 o 18 lire l ’ ettolitro, che si lasciano sussistere in sede separata, con metodo affatto diverso di li­ quidazione ed esazione, di fianco alla imposta di 180 lire sulla produzione, quasiché fossero soltanto 1 dazi di 12 o 18 lire che cadono sui consumatori e come se le 180 lire pagate dalla fabbrica, e che diventano, di necessità, parte del prezzo del pro­ dotto, non debbano essere sopportate da chi acquista quel prodotto per i propri bisogni, e quindi per consumarlo.

Sono parecchi anni che alle amministrazioni cen­ trali vien suggerito di concentrare tutte le imposi­ zioni degli alcool, spiriti, liquori in una tassa unica di Stato, esclusivamente di Stato e da riscuotersi alla fabbrica : questo consiglio, meglio che l’ altro del monopolio, è stato dato dalla scienza e dalla pratica, da studiosi di economia e di finanza, come da pro­ duttori e negozianti ; fu dimostrato, anche, che ne verrebbe un giovamento in linea fiscale pel bilancio dello Stato, il quale troverebbe nella riforma i mezzi, in larga copia, per compensare i comuni del divieto e della cessazione dei dazi che oggi possono ap­ plicare ed effettivamente riscuotono per proprio conto sulle bevande spiritose.

Ancora recentemente l ’ on. Maggiorino Ferraris nelle discussioni dello scorso aprile per i dazi di consumo, propugnava, con incalzanti esortazioni e con dimostrazioni ben ragionate, la cessazione con trasformazione di ogni dazio interno di consumo, governativo o municipale, su tutte quelle materie, oltre gli spiriti (birra, gasose, fiammiferi, gas ecc.), che ora si colpiscono co! metodo, meno antiquato e meno molesto, più semplice o più fecondo, dell’ac­ certamento della produzione; e parve che il m ini­ stro Branca, in nome del Governo, e i deputati ac­ cettassero simile ordine di idee.

Vedano dunque gli onorevoli Carcano e Vac- chelli, se veramente vogliono continuare in modo

serio ed efficace l’opera appena iniziata delle riforme, alle quali essi hanno pure concorso con tanta vo­ lontà dallo scanno di deputato e di senatore — vedano di fare propri questi concetti non tanto nuovi da non potersi dire già abbastanza conosciuti ed accettali : li propongano e li impongano ai loro egregi funzionari, come direttiva fissa e precisa degli studi da fare sollecitamente; e concretino in questo senso una proposta alla Camera al riaprirsi della Sessione in novembre.

( Continua) A. C.

Rivista Bibliografica

Maurice Vaniaer. — La partecipation aux bénéfices.

Elude théorique et pratique. — Paris,Rousseau, 1898, pag. vin-310.

È un’ altra delle opere premiate al concorso del 1898 bandito dal Museo sociale di Parigi, per la ge­ nerosa offerta del conte di Chambrun; ed è certo uno dei m igliori lavori cui abbia dato origine quel concorso. Infatti il Vaniaer è uno studioso sereno e obiettivo, che non si lascia dominare o dirigere dalla passione o dai pregiudizi; ma vuol esaminare i fatti tali e quali sono per ricavarne conclusioni adeguate. Egli esamina anzitutto in che consista la vera e la falsa partecipazione e trova che i due elementi della prima sono che l’operaio riceva una parte degli u tili, cioè dell’ eccedenza del prezzo di vendita sul prezzo di costo e inoltre che riceva quella parte di u tili, non come associato, ma come operaio, unicamente perchè coopera alla produzione e non perchè partecipa a quel rischio di non rimunerazione o di insufficiente rimunerazione che minaccia l’ intraprenditore; in v irtù d’ un contratto di locazione e non d’ un contratto di società : in una parola che profitti delle probabilità di guadagno senza subire quelle di perdita. Traccia poscia la storia della partecipazione agli utili e viene succes­ sivamente alle modalità della sua applicazione, ossia al quantum, ai partecipanti, alle parti, all’ impiego di queste, ai d iritti dei partecipanti. Considera in seguito i resultati della partecipazione, che pel Vaniaer sono tre: il miglioramento della situazione materiale e m u­ rale dell’ operaio, l’ aumento della produzione negli stabilimenti che applicano la partecipazione, il m i­ glioramento delle relazioni tra padroni e operai, e nell’ ultimo libro, che è tra i più interessanti, prende in esame 1’ avvenire della partecipazione, a proposito del quale studia gli ostacoli che si oppongono alla applicazione della partecipazione, le relazioni di que­ sta col salariato e le proposte che vennero presen­ tate in Parlamento per la sua estensione. L ’Autore crede, e siamo pienamente d’ accordo con lui, che la partecipazione non possa vivere che in un’ atmosfera di ^ libertà ; renderla obbligatòria sarebbe non solo un’ opera ingiusta, ma anche chimerica.

Fra le molte, fors’ anche troppe pubblicazioni su questo argomento, il libro del Vaniaer merita, a no­ stro avviso, un posto distinto.

Ernst Biedermann. — Die Statistik der Edelmetalle als

Materialien zur Beurtheilung der Währungsfrage etc. — Berlin, Wilhelm Ernst e Sohn. 1898, pag. 84 (marchi 6).

(10)

lente economista. Il direttore della Zecca degli Stali U niti, il De Foville, direttore della Zecca francese, il Lexis ed altri hanno cercato di supplire al vuoto lasciato nella letteratura monetaria dalla perdita del professore di Gottinga. Ed ora il Biederrnann ha v o ­ luto, appoggiandosi ai noti Materiali del Soetbeer, portare le indagini di questi fino al 1895. E anche egli da notizie statistiche copiose sulla produzione, l’ impiego e la distribuzione dei metalli preziosi e il movimento dei prezzi. L ’Autore ha voluto in certo modo completare o mettere a giorno i Materiali del Soetbeer e senza raggiungere quel grado di atten­ dibilità, di chiarezza e di estensione che avevano le indagini soetbeeriane ha fornito un utile complemento statistico che va segnalato ai cultori di queste r i­ cerche.

Lord Farrer. — Studies in Currency. — London, Mac­

millan, 1898, pag. xxm-à05.

È una raccolta di memorie e articoli pubblicati da Lord Farrer in questi ultim i tempi, a seconda delle circostanze del momento, principalmente allo scopo di gettare un po’ di luce sulle questioni sol­ levate dai bimetallisti. Come dice lo stesso onor. A u­ tore questi studi non hanno alcuna pretesa di novità, essi tentano soltanto di applicare principi ben noti ai fatti del giorno. L'Autore è un convinto mono- metallista e in quest’ opera spiega il sistema mo­ netario inglese, di cui mostra i notevoli vantaggi, mette in luce la importanza somma del credito nel sistema moderno degli scambi, studia la questione monetaria indiana, cbe è certo quella più grave e importante del momento, ecc.

Y i è in questo volume una larga copia di fatti e di dati, nonché di osservazioni critiche, che inte­ resseranno chi segue le varie fasi della questione monetaria, perchè Lord Farrer come in materia di politica commerciale, cosi in fatto di moneta e di questioni monetarie è un’ autorità che va ascoltala da tutti coloro che non seguono una teoria per par­ tito preso.

L. P. Dubois, — Essai sur les finances communales

Paris, librairie academique Perrin, 1898, pag, 306.

René Accòlas. — Finances communales, Etude

theori-que et pratitheori-que. — Paris, Giard e Brière, 1898 pa­ gine 259.

Edward Dana Durand. — The finances o f New York

City. — New-York, Macmillan, 1898, pag. xn-397. Lo studio delle finanze comunali va prendendo sempre maggiore estensione, sia come esame sintetico della struttura finanziaria comunale di u no Stato in

comparazione con quello degli a ltri Stati, sia come studio monografico di qualche città. A gli Stati U niti soprattutto ciò che riguarda I’ amministrazione e la finanza locale è ora oggetto di numerose pubblicazioni, relazioni, opere, articoli di riviste, ecc. La crescente importanza di questa materia e specialmente di al­ cune questioni ci consiglierà forse a farne qui un breve esame; intanto segnaliamo queste tre pubbli­ cazioni non prive d'interesse e di utilità per chi si occupa di questi studi.

Il Dubois ha presentato la sua opera al concorso bandito dall’ Accademia delle scienze morali e p o li­ tiche pel conferimento del premio Léon Faucher e ha vinto il premio. Notiamo questa circostanza non tanto pel libro del Dubois, quanto per mostrare che

il tema delle finanze comunali parve d’ importanza attuale anche a quella illustre Accademia. Il Dubois ha fatto uno studio comparato della organizzazione comunale delle spese, delle entrate e dei debiti co­ munali di cinque paesi : Francia, Inghilterra, Prussia, Italia e Belgio.

Ma in qualche caso ha pure fatto cenno degli Stati U niti. Il suo non è uno studio di pura scienza, ma un saggio di esposizione piana ed elementare di tutto ciò che riguarda nello stretto senso della parola la finanza comunale. Il lettore vi troverà notizie istrut­ tive sul carattere del comune in passato e ora, sulle presunzioni sulle entrate che gli sono proprie, sulle riform e desiderabili nell’ ordinamento finanziario dei comuni.

Il libro dell’Accolas è di carattere ancor più pra­ tico e in gran parte è la spiegazione della legisla­ zione francese in questa materia.

Premesse nella introduzione alcune nozioni intorno al comune, l’Autore si occupa delle spese, delle en­

trate, del bilancio e della contabilità e infine nella conclusione presenta alcune considerazioni critiche. In appendice ha raccolto alcune disposizioni di legge e un cenno sull’ ordinamento comunale negli altri paesi. Lo scopo del libro è di volgarizzare le nozioni relative ai comuni in Francia e in gran parte il libro raggiunge lo scopo prefissosi dell’ Autore.

Il volume intorno alle finanze delle città di Nuova Y o rk ò un eccellente contributo allo studio della f i ­ nanza locale della Confederazione americana del Nord. Il Durand ha svolto a un tempo la storia delle fi­ nanze della città di N uova-Y ork dalla occupazione olandese per mezzo della Compagnia delle Indie occi­ dentali (1652) sino al 1871 e il sistema finanziario pre­ sentemente in vigore,che data appunto da quell’epoca. Interessantissime ambedue le parti del volume fo r­ mano un’ opera che illustra bene le aziende finan­ ziarie di quel gran centro urbano. L ’Autore fornisce tutte le necessarie spiegazioni intorno alle varie fasi per le quali passarono le finanze di quella città, tratta del famoso Tweed Ring che procurò lo sperpero del danaro pubblico, spiega quali sono le fonti attuali di entrate, quali le spese, i difetti che si riscontrano nel sistema vigente e il nuovo ordinamento amministra­

tivo che ha costituito la Greater New Y ork, che ha cioè unificato amministrativamente i tre centri di popolazione formatisi attorno al porto di New Y ork, e cioè oltre quello che ne porta il nome, Brooklyn e Long Island city. Numerosi prospetti e alcuni dia­ grammi danno modo di seguire il movimento delle entrate,’ delle spese, dei debiti,ecc. della città di Nuova Y ork. Nell’ insieme è un’ opera che rischiara alcuni lati del sistema finanziario comunale degli Stati U niti e che sarà letta con molto interesse e profitto.

Rivista Economica

L a fin e d e llo sc io p e ro d i C a r d if f - F r u t t a ed o r ta g g i

in G e rm a n ia - V in i in b o t t ig lia a g li S t a t i U n iti.

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