C R O N A
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N. 222
G I U G N O 1961
M E N S I L E A C U R A D E L L A C A M E R A D I C O M M E R C I O I N D U S T R I A E A G R I C O L T U R A D I T O R I N O C O M I T A T O D I R E D A Z I O N E : On. Dott. GIUSEPPE ALPINODott. AUGUSTO BARGONI Prof. Dott. ARRIGO BORDIN
Dott. CLEMENTE CELIDONIO Prof. Dott. GIOVANNI DALMASSO Dott. GIACOMO FR1SETTI Prof. Dott. F. PALAZZI-TRIVELLI
- Lo sviluppo dei consumi in Italia . E. BATTISTELLI: Avicoltura industriale . . G. S A C E R D O T E : Impegni e prospettive dell'azione
propulsiva delle esportazioni italiane in tutti i mercati
G . L E G A : La storia meravigliosa del «Re dei Plastici» - La conferenza permanente delle Camere di
Commercio dei Paesi della C.E.E
— Rassegna della Tecnica - a cura di G . F. Mi-cheletti Note di C R O N A C A C A M E R A L E : I) R i u n i o n e d e l C o n s i g l i o D i r e t t i v o d e l l ' U n i o n e C . C . I . A . d e l P i e m o n t e e d e l l a V a l l e d ' A o s t a - I 5 . 6 . ' 6 I . - 2) Il c o n v e g n o d e l l e B o r s e V a l o r i d e i P a e s i d e l l a C.E.E. -I n f o r m a z i o n i e n o t i z i e . ,
A. RICHETTI: Teoria e politica dei prezzi calcolali Congiuntura economica del mese di maggio 1961
Rassegna del commercio estero . . . . Sinossi dell'Import- Export
Borsa Valori di Torino - Rassegna del mese di giugno 1961 - - Tra i libri (G. B.): V A L A V A N I S S . : E c o n o m e t r i e » U n i o n e I t a l i a n a d e l l e C a -m e r e d i C o -m -m e r c i o I n d u s t r i a , A g r i c o l t u r a - C o -m p e n d i o E c o n o m i c o I t a l i a n o - I . R . F . I . S . - O r i e n t a m e n t i I n d u s t r i a l i - P u b b l i c a z i o n i r i c e v u t e . — Fiere e Mostre
— II mondo offre e chiede
p a g .
1
11
1S
19 23 31 3S 3741
45
49 52 55 57 Dott. G I U S E P P E F R A N C OQUANDO SCEGLIETE I PNEUMATICI...
Anche sul fondo
più viscido,
C E A T >
FRAMMENTI DI CONTABILITÀ NAZIONALE
Secondo il recente rapporto
O.E.-C.E. sull'Italia i consumi pubblici
sono aumentati moderatamente nel
corso degli ultimi due anni, facendo
seguito a un forte aumento
verifi-catosi nel 1958; ma i consumi
pri-vati hanno fatto registrare un tasso
d'incremento superiore a quello del
recente passato. Nel 1959 essi sono
aumentati del 5 °/o circa, a prezzi
costanti, di fronte a una media del
3,5 °/o nei cinque anni precedenti, e
nel 1960 l'incremento è stato del
6,4% .
Ciò è stato in parte dovuto agii
alti salari e stipendi reali, ma il
prin-cipale fattore, sempre secondo
l'O.-E.C.E., dev'essere ravvisato
nell'in-cremento quantitativo della
mano-dopera occupata nell'industria e nei
vari servizi.
La struttura dei consumi è
mu-tata, come conseguenza sia dei più
eie vati redditi reali sia della
diffu-sione delle abitudini prevalenti
nel-le città industriali moderne.
I consumi privati sono aumentati
fra il 1959 ed il 1960 del 7,4 »/o in
termini di valore, del 6,4 °/o in
ter-mini di quantità, segnando un
in-cremento quale da molti anni non
era più dato di registrare. Si è cosi
ulteriormente accentuato quel già
rapido sviluppo che li ha
caratteriz-zati in tutto il periodo post-bellico
e che nell'ultimo periodo le
maggio-ri disponibilità monetamaggio-rie delle
clas-si lavoratrici e la sostanziale
stabi-lità del sistema dei prezzi hanno
anche maggiormente favorito.
Gli incrementi nel settore dei
ge-neri alimentari e delle bevande
so-no stati i seguenti:
N u m e r i indici 1960 (quantità)1959=100
Pane e cereali 102,7
Carni 106,2
Pesce 104,6
Latte, formaggi e uova 104,8
Oli e grassi 106,8
Patate, ortaggi e frutta 102,3
Caffè, tè, cacao 104,7
Zucchero, marmellata e miele 105,5
Altri generi alimentari 108,2
Bevande alcooliche 111,5
patate ortaggi fruttò
100
NUMERI
INDICI 1960
(quantità)
altri_ generi alimentari
bevande
alcooliche
/ o
sul totale consumi
CONSUMI N E L 1960 El 1? trimestre )
N u m e r i indici i 9 6 0 (quantità) 1 9 5 9 = 1 0 0Tabacco 104,8
Vestiario 105,9
Abitazioni 102,5
Combust. ed energia elettr. 113,0
Art. durevoli d'uso domestico 115,8
Articoli non durevoli 105,9
Acquisto di mezzi di trasp. 133,3
Libri e giornali 108,4
Spettacoli 100,0
Nel 1960 è continuato il forte
au-mento dei consumi di beni durevoli
d'uso domestico e dell'acquisto di
mezzi di trasporto. Quest'ultima
vo-ce è passata dai 150 miliardi del '59
ai 196 del 1960, con un incremento,
in moneta corrente, del 30,7 % e
in termini quantitativi del 33,3 % .
La spesa per i consumi
alimen-tari nel 1960 ammonta a 6151
mi-liardi di lire, contro i 5827 mimi-liardi
del '59, con un incremento del 5,6°/o
in termini monetari e del 5,2 °/o in
termini quantitativi. Rispetto al '59
tale spesa, sul totale dei consumi,
è passata dal 49,3 al 4 8 , 5 % . Gli
aumenti più notevoli riguardano i
consumi di carni, di grassi, di
be-vande alcooliche, e di zucchero: la
composizione qualitativa della
die-ta della popolazione idie-taliana (diedie-ta
sempre povera, in complesso, di
grassi e di proteine di origine
ani-male) ha così segnato un ulteriore
miglioramento, specie il consumo di
carne e di grassi è aumentato in
mi-sura maggiore che non negli anni
passati.
Per le bevande alcooliche
l'incre-mento fra il 1959 ed il 1960 è
del-I 11 5 % , e in questo gruppo di
spe-sa assume particolare rilievo
l'au-mento verificatosi nel consumo di
vino (10,2 °/o), favorito nel '60 dalla
forte disponibilità, cui si è
accompa-gnata una sensibile flessione nei
prezzi.
Anche il consumo dello zucchero
e del caffè è aumentato, in termini
quantitativi, in una misura
percen-tuale che si aggira intorno al 5 % .
II consumo di patate, ortaggi e
frut-ta, che negli anni precedenti era
progredito con rilevante tasso
per-centuale, è aumentato invece, nel
1960, rispetto al '59, in modesta
misura, a causa dei più scarsi
rac-colti avutisi nel corso dell'anno.
Per quanto riguarda gli altri
con-sumi, quelli non alimentari sono
1
migliaia
1 6 0
1 9 61
1 2 0
1960
8 0-4 0
— 0
AUTOVETTURE NUOVE DI FABBRICA
IMMATRICOLATE AL P. R. A. (12 quadrimestre )
Il numero delle autovetture
nuo-ve iscritte al P. R. A. è salito da
253,321 nel '59 a 381.385 nel '60.
Si deve rilevare che anche
l'acqui-sto di motocicli, sia pure in
mode-sta misura, è aumentato, specie per
le medie cilindrate.
Nell'ambito dei beni durevoli di
uso domestico, la cui spesa è salita
da 266 miliardi di lire nel '59 a 298
miliardi di lire nel '60, con un
incre-mento in termini monetari del 12 °/o
e in termini quantitativi del 15,8
gli aumenti percentuali più rilevanti
riguardano televisori ed
elettrodo-mestici. Infatti, il numero dei nuovi
abbonati alla televisione per uso
privato, nel '60, è stato di 608.360,
contro 498.113 nel '59.
Bisogna tuttavia rilevare che il
ritmo d'incremento della spesa per
l'acquisto di televisori e di
appa-recchi radio progredisce con un
ritmo minore di quello degli anni
passati in conseguenza dell'esaurirsi
della spinta iniziale connessa al
dif-fondersi del nuovo servizio.
Notevoli sono stati pure gli
in-crementi nell'acquisto di mobili e
di articoli di arredamento; in
con-nessione con la progressiva
diffu-sione degli elettrodomestici è
ulte-riormente aumentata la spesa per
combustibili ed energia elettrica,
che ha raggiunto nel '60 la cifra di
349 miliardi di lire.
L'aumento della spesa avutasi nel
vestiario ed altri effetti personali,
che è stata nel '60 pari a 1269
mi-liardi di lire contro 1179 mimi-liardi di
lire nel '59, sembra meritare un
par-ticolare rilievo. Si è avuto infatti un
incremento del 7,6 % in termini
monetari e del 5,9 per cento in
ter-mini quantitativi; cioè un aumento
sensibilmente superiore a quello
de-gli anni precedenti, nei quali la
spe-sa per il vestiario ha registrato
va-riazioni che in media si aggirano
intorno al 3-4 °/o.
Un certo interesse, infine, può
ri-vestire l'aumento, pari all'8,4 % in
termini reali, per l'acquisto di libri
e giornali.
Per quanto riguarda la
composi-zione percentuale dei consumi nel
1959 e nel '60, i dati sono i
se-guenti:
1959 i 9 6 0
Generi aliment. e bevande 49,3
48,5
Tabacco
4,4
4,4
Vestiario
10,0
10,0
Abitazione
7,0
7,3
Combustibili
2,7
2,8
Art. durevoli d'uso dom.
2,3
2,3
Articoli non durevoli
3,6
3,6
Igiene e salute
3,7
3,7
Trasporti
6,8
7,0
Comunicazioni
0,9
1,0
Alberghi
2,7
2,7
Spettacoli e altre spese
5,0
5,1
Spese varie
1,6
1,6
TOTALE 100,0 100,0
La percentuale per la spesa di
consumi alimentari tende a
diminui-re come già negli anni passati,
in-fatti dal 49,3 o/o del '59 siamo
pas-sati al 48,5 % del '60. E' diminuita
l'incidenza della spesa per il pane
e cereali e bevande alcooliche; è
per contro aumentata quella della
spesa per il consumo di patate,
or-taggi e frutta.
Tra i consumi non alimentari è
aumentata la percentuale di spesa
NUMERI INDICI 1960
nei trasporti nonché in combustibili
ed energia elettrica, mentre la
spe-sa per gli spettacoli risente della
progressiva diffusione di altre forme
ricreative.
Nel corso del Convegno sui
pro-blemi del consumo, tenutosi
recen-temente a Vicenza, Fon. De Cocci
ha ricordato che nel '60 il 53,8 per
cento delle risorse è andato ai
con-sumi ed il 46,2 % agli investimenti.
Inoltre, mentre l'Italia dedica circa
il 52 o/o della spesa totale ai
con-sumi non alimentari, il Regno Unito
e gli Stati Uniti vi dedicano il 68
e il 77 o/o. Inglesi e americani
dedi-cano n i % all'arredamento ed
al-l'abbellimento della casa (che sale
al 14 °/o per gli olandesi), contro il
6 % dell'Italia. Le spese di
traspor-to per i due primi Paesi assommano
al 13 % contro il 7 % dell'Italia.
Per quanto concerne i consumi
alimentari italiani rapportati a
quel-li degquel-li altri Paesi del Mercato
Co-mune, l'Italia si pone in una netta
inferiorità qualitativa e
quantitati-va. Per raggiungere il livello
ali-mentare degli altri Paesi della
Co-munità europea, l'Italia dovrebbe
incrementare i propri consumi
gior-nalieri di almeno 100 grammi di
carne e di mezzo litro di latte. Tra
i Paesi della Comunità Europea
l'Italia ha superato gli altri Paesi
per incremento percentuale nel
con-sumo di zucchero, frutta, ortaggi e
carne, ma non nei formaggi, uova,
latte, burro, grassi ed oli.
Il Convegno nazionale di Vicenza
si è risolto con una mozione che
af-ferma la necessità di una
program-mazione generale che, favorendo
l'afflusso degli investimenti in
par-ticolare verso le regioni e i settori
più depressi, accresca le possibilità
gennaio
febbraio
i 9 6 0Ortaggi
1277,4
1486,0
Frutta fresca
402,3
411,5
Agrumi
980,6
971,9
Import carni
150,2
131,8
Zucchero
643,3
671,8
Tabacchi
41,6
41,7
Tranne le importazioni di carne,
in genere gli altri consumi elencati
nella tabella sono in notevole
au-mento rispetto ai corrispondenti
me-si dell'anno precedente.
di consumo di quella parte della
po-polazione che ancora si trova in
si-tuazione di arretratezza economica
e Assi gli obiettivi da raggiungere
per quanto riguarda non solo
l'au-mento del reddito, ma anche la sua
distribuzione fra le varie zone e
ca-tegorie e indichi i mezzi relativi.
Nei primi mesi del 1961 la
situa-zione di alcuni fra i principali
con-sumi è la seguente: (in migliaia di
quintali).
marzo
gennaio
febbraio
1961
marzo
1666,1
1429,2
1415,3
1677,9
454,0
465,2
478,0
586,6
936,0
1021,6
1013,4
1058,2
141,9
49,0
40,1
67,5
822,5
881,8
1220,2
718,6
48,7
46,5
44,7
53,0
Continua l'espansione nel campo
dei trasporti, e precisamente per
quanto riguarda le
immatricolazio-ni di autovetture i confronti con lo
scorso anno sono i seguenti:
i 9 6 0 % ' 6 0
su
' 5 9 1961 % ' 6 1su
' 6 0gennaio
23.257
+ 19,6
36.718
+ 57,9
febbraio
25.302
+ 35,8
35.272
+ 39,4
marzo
35.237
+ 92,0
50.270
+ 42,7
aprile
33.859
+ 43,7
42.401
+ 25,2
Questi dati confermano il trend ticolarmente marcato nel settore
ascendente dei consumi riguardanti delle vetture.
l'acquisto di mezzi di trasporto, par-
0° *
BANCA D-AMERICA E D ITALIA
S O C I E T À PER AZIONI - C a p i t a l e v e r s a t o e r i s e r v e U t . 4.400.000.000
S E D E S O C I A L E E D I R E Z I O N E G E N E R A L E : M I L A N O
F o n d a t a d aA . P . G I A N N I N I
A F F I L I A T A D E L L A
i&nxxk
t t f À m t r t a s
NATIONAL SAVAn'8'Ì ASSOCI AT10 N
Avicoltura industriale
E. B A T T I S T E L L I
A leggere le statistiche, ad
ascol-tare le conclusioni congressuali
re-lative ai problemi
dell'alimentazio-ne, la popolazione italiana appare
come la più frugale e denutrita se
non dell'universo, per lo meno del
mondo civile. Di pane ne mangia
poco, meno di un tempo, ma la
col-pa è attribuibile alla scadente
quali-tà; di vino ne beve sempre meno,
a causa anche dell'allarmismo sulla
frode della quale alcuni
penniven-doli esagerano l'ampiezza e la
gra-vità; di latte ne beve in misura
scan-dalosamente tenue; di frutta non è
certo divoratrice; di grassi pare che
non abbia eccessivo bisogno stando
alla cronica crisi del lardo e del
bur-ro; di zucchero ne fa un consumo
ridotto forse anche per via del clima
gratuito dispensiere di calore; e di
carne ne mangia molto meno di
quanto dovrebbe, in ciò allineandosi
alla Grecia e al Portogallo.
Soprat-tutto è poco orientata alla carne di
pollo, anche se ri consumo da kg.
1,5 — qual era alla vigilia del 2°
conflitto mondiale — sia salito a kg.
3,5, beninteso riferito ad individuo
e ad anno. Bisognerebbe tuttavia
raddoppiarlo e il monito è stato
que-st'anno ribadito a Varese e ha tutta
l'aria di essere perentorio, dal
mo-mento che esso porta la firma di
pa-ternità e di avallo di igienisti, di
specialisti italiani e stranieri, di
in-dubbia fama come Campanacci, Del
Torchio, Drieux, Ferrando, Ghigi,
Laurinsich, Le Bihan, Negri,
Ma-soero, Pero, Imperato, Van Gauf.
Si direbbe che noi italiani non
avessimo in alta simpatia le proteine
nobili, quelle della carne, delle uova
e del latte. Ma non ne abbiamo
nep-pure per quelle grezze, giacché non
siamo tra i primi attori nel consumo
di legumi, dai fagioli ai ceci e alle
cicerchie, ecc.
Dunque, quando autorevolmente
e ufficialmente si dice che nelle
no-stre mense giungono ogni anno 200
milioni di kg. di carne di pollo e
350 milioni di kg. di uova (6
miliar-di e mezzo miliar-di pezzi) si miliar-dice —
ri-petiamo — apparentemente molto,
ma sostanzialmente poco, perchè
siamo in più di 50 milioni a
man-giare ciò che gli allevamenti interni
ci danno o che ci perviene
dall'este-ro. Sei miliardi e mezzo di uova
so-no comunque un contingente
nume-rico notevole e lo costituiscono
an-che dal lato ponderale (poco più di
3.500.000 quintali).
Purtroppo tanto le carni di
pol-lame quanto le uova sanno in parte
di sale « come lo pane altrui »,
giac-ché in fatto di avicoltura —
nono-stante i bassi consumi — il Paese
non è autosufficiente. Gli ultimi
ac-certamenti statistici — e sono, per
via della dogana, esatti, — rilevano
che di carne di pollame ne
impor-tiamo 13 milioni di kg. per 9
UNO DEI MOLTI SOGGETTI RAPPRESENTATIVI DI POLLI ESPOSTI ALLA MOSTRA. ESSI APPARTEN-G O N O ALLA RAZZA LIVORNESE BIANCA PESANTE, LA C O N C L A M A T A RAZZA ITALIANA.
liardi l'anno e che di uova ne
im-portiamo qualcosa come 700 mila
quintali per un valore di 20-23
mi-liardi annui.
Di uova ne produrremmo a
suffi-cienza per il consumo diretto qual è
attualmente se non ci fosse da
ali-mentare l'industria dolciaria. Ma
poco poco che il consumo diretto,
quello che arricchisce e diletta le
mense, si migliorasse portandosi ai
livelli europei, la nostra produzione,
livellata sui 3.500.000 quintali, più
non basterebbe.
Se tale è il contingente di
produ-zione, facile è risalire al consumo
capitario annuale che è perciò di
kg. 8,5 — poco più di 100 uova a
testa. A paragone molti Stati con i
quali la comparazione è possibile,
ci precedono nella graduatoria:
Olanda kg. 8,8 Francia kg. 9,8
Svizzera kg. 10 Austria kg. 10
-Svezia kg, 10,5 - Germania
Occidentale kg. 12 Regno Unito kg. 13,8
Belgio e Lussemburgo kg. 14,9
Irlanda kg. 15,2 Canada kg. 17
-U.S.A. kg. 21.
La media annua europea di
con-sumo è superiore alla nostra di
cir-ca 54 uova per individuo, e quella
Nord-Americana niente meno che di
190.
Ma pur rimanendo stazionario il
nostro consumo, e quello degli altri
paesi della Comunità economica
eu-ropea, tuttavia a quest'ultima ne
manca una decima parte per essere
autosufficiente.
Il discorso sulla carne è fatto di
analoghe note malinconiche. Noi ne
consumiamo annualmente 170-175
milioni di kg. e dovremmo invece —
come abbiamo già detto —
consu-marne il doppio, portando l'attuale
consumo pro-capite da kg. 3,5 a 7.
E se all'attuale importazione
italia-na che è di circa 13 milioni di kg.,
a copertura del consumo, si
aggiun-gesse quella dei paesi membri della
Comunità economica europea,
nem-meno essa essendo autosufficiente,
apparirebbe in tutta la sua
eviden-za il deficit dell'avicoltura europea,
e sarebbe anche evidente, e, più che
evidente, perentoria l'urgenza di
eli-minarlo.
Ma non si elimina mantenendo
gli allevamenti allo stato
artigiana-le, quelli che dominano la scena
campestre e che hanno finora
av-vinto e conav-vinto gli economisti,
tan-to che nel 1954, inaugurando la
pri-ma edizione delle « Giornate
Avico-le Varesine » il Medici proclamava
che il reddito lordo dell'avicoltura
nazionale, ammontante a 250
mi-liardi di lire, si realizza in centinaia
di migliaia di piccoli allevamenti
che impegnano i « cascami » del
la-voro familiare e utilizzano i
sot-toprodotti e residui alimentari che
altrimenti andrebbero
vergognosa-mente perduti. E proseguiva
affer-mando che nonostante i recenti
svi-luppi della pollicoltura industriale
l'avicoltura rimane, e deve rimanere
contadina, in una agricoltura
domi-nata dall'azienda familiare.
Ma nemmeno l'ironica velleità di
un regista avrebbe potuto giuocare
all'autore uno scherzo di pessimo
gusto come glie lo ha giuocato
Va-rese che — auspice la locale
Came-ra di Commercio — ha scoperto il
pollo da carne, ne ha già fatto in
otto edizioni espositive una fede e
ne prepara un avvenire, il quale
sa-rà più felice di quello che la
poli-tica delle riconversioni colturali
pre-para alla zootecnia.
e durare. Non Io è più nel settore
del pollame da carne e non lo deve
essere nemmeno in quello del
pol-lame da uova. Nell'uno e nell'altro
la forma artigianale
dell'allevamen-to deve cedere il passo alla forma
industriale che in Italia, pur
essen-do da poco nata, già si afferma in
20 mila allevamenti, per i quali
ope-rano 400 incubatoi e un migliaio di
aziende fabbricanti attrezzature e
prodotti interessanti l'avicoltura.
Gli incubatoi producono il
pul-cino, le gabbie lo ospitano, le
at-trezzature ne rendono sano
l'am-biente (riscaldamento, ventilazione,
ecc.), i mangimi bilanciati lo
ingras-sano, l'industria farmaceutica lo
ir-robustisce, e gli attrezzi per
macel-lazione, spiumaggio e
confeziona-tura lo lanciano al consumo.
Bisognerebbe, chi ne volesse
sa-per di più, che si recasse una volta
almeno, a cavallo tra il maggio e il
giugno, a Varese in occasione delle
« Giornate Avicole » che consacrano
il progresso genetico ed economico
dell'avicoltura. Quest'anno per
e-sèmpio avrebbe visto e udito cose
e argomentazioni di innegabile
inte-resse che giova qui riassumere,
per-chè costituiscono una pietra miliare
sulla via consolare da un decennio
circa aperta alla maggiore delle
zoo-colture aziendali, le altre due
con-tando più poco, come l'apicoltura
che è stazionaria malgrado
l'espan-sione dei frutteti, e la bachicoltura
è agonizzante senza più speranza di
ripresa. Inoltre la pescicoltura è
troppo sporadica nonostante la
mol-tiplicazione dei laghi artificiali,
per-chè sulla stessa si possa fare un
as-segnamento per lo meno discreto.
Non diremo che tutte le ditte
ita-liane che vivono nell'orbita
dell'avi-coltura siano ogni volta presenti a
Varese, e presentino il cast delle
at-trezzature, dei mangimi, degli
inte-grativi, delle specialità
medico-far-maceutiche, delle macchine per
l'au-tomazione dei servizi di
alimenta-zione ed igiene. Sarebbe eccessivo
il pretenderlo. Molte, per ragioni
di eccentricità territoriale, se ne
astengono forse molto a malincuore.
Di nuovo, di originale, nel
com-parto delle incubatrici, allevatrici,
gabbie e batterie per allevamento,
dei nidi trappola, degli
alimenta-tori, dei pollai prefabbricati, degli
aereatori, non si è notato nulla
que-st'anno, ad eccezione di un
abbeve-ratoio che completa il quadro
del-l'automazione nei servizi alimentari.
Non c'è da dire di più, di quanto
non sia stato altre volte detto, sul
comparto dei mangimi e degli
inte-grativi alimentari. Ormai i primi
ri-spondono a formule bilanciate, e i
secondi recano quasi tutta la serie
alfabetica delle vitamine e quella
dei sali minerali ad azione plastica
ed oligo-dinamica.
Piuttosto si accresce ogni anno la
gamma delle specialità
batteriosta-tiche o battericide, dei
disinfettan-ti, dei deodorandisinfettan-ti, in conformità
del-la struttura fragile degli animali, sui
quali il pericolo delle epidemie
so-vrasta come una minaccia
incom-bente tanto più grave quanto
mag-giori sono le dimensioni
dell'impre-sa e la sedentaria clausura degli
animali.
Ma per razionali o scientifiche
che siano l'alimentazione e la difesa
antiparassitaria esse sarebbero
tut-tavia frustrate nel loro compito se
sostentassero e sostenessero animali
geneticamente scadenti, indegni di
essere allevati alla maniera
indu-striale moderna.
Le vecchie razze leggere o da
uova e le vecchie razze pesanti o da
carne sono state selezionate e
AUTORITÀ' G O V E R N A T I V E A L L ' I N A U G U R A Z I O N E DELLA VILI EDIZIONE DELLA MOSTRA. DA SINISTRA A DESTRA: DOTT. L O V A S C I O DIRETTORE SERVIZI VETERINARI DI VARESE, ON. B I A G 3 I , SOTTOSE-G R E T A R I O AL DICASTERO DELL'INDUSTRIA, C O M M . CAMPIOTTI PRESIDENTE DELLA LOCALE C A M E R A DI C O M M E R C I O , ECC. M A R I O G A I A PREFETTO DELLA PROVINCIA,
spondono ora abbastanza bene agli
imperativi economici degli
alleva-menti moderni. Non sarebbe perciò
il caso di ricercarne altri se
l'ibri-dazione non costituisse
continua-mente nuove razze superiori alle
ge-nitrici per merito dell'eterosi o
vi-gore ibrido^ Ad esempio i pulcini
da carne Nichols appartengono alla
categoria dei polli di ibridi in
quan-to sono derivati per incrocio da
ibri-di ibri-di prima generazione, la qualcosa
consente di addizionare in loro tutte
le caratteristiche positive ereditarie
dei genitori e degli avi. Anche altri
ibridi come il Peterson x Hubbard,
ritenuto il più redditizio, il Mubro
62 da superingrasso potendo
rag-giungere Kg. 1,660 in 63 giorni e
limitando il consumo di mangimi a
Kg. 2,25, l'olandese Hybro il più
forte e vitale, popolano i grandi
al-levamenti industriali e sono i più
qualificati alla sollecita produzione
di carne. Grazie ad essi e
all'alimen-tazione più bilanciata oggi è infatti
possibile operare il taglio dei tempi
nel processo di sviluppo. Se nel 1951
si poteva produrre 1 Kg. di carne
in 65 giorni e nel 1953 in 50,
attual-mente ne bastano appena 40.
Tra gli incroci da carne esposti
all'ammirazione degli specialisti e
dei profani nella recente
esposizio-ne varesina abbiamo notato i
se-guenti:
Arbor Acres x Peterson, Cornish
x New Hampshire, Giovenzano x
New Hampshire, Indian River x
Martin's, Jumbo Cornish x White
Rocks, Peterson x Hubbard,
Van-tress x Arbor Acres.
Tra quelli da uova, degni di
se-gnalazione, erano:
Livornese x New Hampshire, New
Hampshire x Livornese, New
Hamp-shire x Maestà.
Il settore delle razze classiche
presentava:
Amburgo, Andalusa, Blu Olanda,
Brama Poutra, Cornish,
Giovenza-no, Langsban, Livornese, Maestà,
New Hampshire, Orpington,
Ply-mouth, Rhode Island, Silver White
Rocks, Sussex, Vantress, White
Rocks, settore in cui solo le razze
Livornese, Maestà, New Hampshire
e Sussex sono le conclamate razze
d'uova. Esse sono tuttavia meno
conclamate di un tempo, giacché
sulla scena recitano la parte di
cam-pionesse o di prime attrici la Hv
Line e la Kimber K. 137. La prima
è un ibrido di fama mondiale che
fa più uova (279 l'anno per gallina)
e l'altra è un ibrido che per alta
deposizione annua non ha rivali.
Tutte e due surclassano la nostra
Livornese che era ritenuta la più
nervosa e generosa delle ovaiole. Ci
sono poi la Ghostlei Pearl, la
Ho-negger, la Jarkon, come loro rivali,
ma esse a Varese erano, quest'anno,
assenti, così come lo era la Bessie
Babcola, la gallina delle grandi
uo-va da bere.
IMPEGNI E PROSPETTIVE DELL'AZIONE PROPULSIVA
DELLE ESPORTAZIONI ITALIANE IN TUTTI I MERCATI
G . S A C E R D O T E
In una serie di recenti incontri con esponenti delle
categorie economiche, con responsabili di uffici
com-merciali all'estero, con parlamentari nelle competenti
commissioni delle due Camere, il ministro per il
com-mercio con l'estero on. Martinelli ha ribadito, illustrato,
sottolineato alcuni aspetti essenziali della politica degli
scambi del nostro Paese:
— il commercio estero rappresenta una
compo-nente basilare per lo sviluppo dell'economia italiana;
— infatti — attraverso maggiori esportazioni — si
finanziano le importazioni di materie prime, si
incre-mentano la produzione, il reddito e il risparmio, si
creano nuove occasioni di lavoro e si favorisce un
mi-glioramento del tenore di vita delle popolazioni;
— in relazione a ciò occorre attivare la «presenza»
del nostro Paese ovunque convenientemente possibile;
— questa presenza si disarticola in molteplici
ini-ziative: invio di missioni per lo studio dei mercati,
at-tuazione di indagini settoriali, rafforzamento degli
uf-fici esistenti e creazione di nuovi, partecipazione a
manifestazioni fieristiche internazionali e
organizzazio-ne di rassegorganizzazio-ne sjiecifiche della produzioorganizzazio-ne nazionale.
Triplice esigenza
Si tratta di alcune tra le molte iniziative necessarie,
alle quali si deve accompagnare una vera e propria
ri-forma strutturale, perchè con strumenti migliori — più
idonei alle esigenze attuali — sia possibile, non
favo-rire, ma ausiliare e stimolare la iniziativa privata.
D'altra parte, questo è ciò che è stato richiesto alla
unanimità al recente V Convegno nazionale del
com-mercio estero, svoltosi a Milano e conclusosi con una
mozione intesa ad ottenere:
1) l'espansione dell'area geografica delle nostre
vendite all'estero;
2) un più largo impulso alle esportazioni
dell'a-gricoltura, delle piccole e medie aziende e
dell'arti-gianato;
3) il promuovimento di una politica atta a
favo-rire la ascesa economica e sociale dei Paesi
sottosvi-luppati.
Indubbiamente — dopo sette anni di silenzio, in
quanto il IV Convegno ebbe luogo esattamente nel
'54 — era necessario un incontro tra organi dirigenti
del Governo ed operatori economici, per puntualizzare
i vari problemi dell'intercambio che, proprio negli
ul-timi anni, hanno assunto una fisionomia diversa, sia
per lo sviluppo senza precedenti avutosi dal punto di
vista tecnico e scientifico, sia per una maggiore
compe-titività internazionale esistente, sia ancora per la
for-mazione di aree unificate — come, ad es., il M.E.C, e
1 E.F.T.A. — e sia infine per il fatto che una serie di
Paesi hanno raggiunto l'indipendenza politica ed
han-no posto in modo urgente la questione del loro
svi-luppo economico.
D'altronde è anche vero che: a) gli scambi
inter-nazionali hanno registrato incrementi impensabili,
con-tribuendo in modo determinante ad accrescere i
red-diti dei Paesi più intraprendenti: l'Italia — in questa
metamorfosi — ha assunto una sua posizione ben
de-lineata; b) i medesimi scambi, negli ultimi mesi, hanno
segnato — per tutto il mondo ed anche per l'Italia —
un certo rallentamento come ritmo di sviluppo: da qui
la necessità di offrontare tutte le questioni più urgenti
per l'attuazione di una vigorosa politica delle
esporta-zioni che, senza comprimere ed anzi consentendo più
larghe possibilità di sviluppo delle importazioni, porti
i nostri traffici commerciali ad incrementarsi in ogni
direzione, raggiungendo livelli sempre più elevati.
Secondo il presidente dell'I.C.E., prof. Dall'Oglio,
occorre soffermarsi su un triplice ordine di
considera-zioni, che nella loro concatenazione rendono
chiara-mente la necessità di tale politica:
— le caratteristiche del nostro apparato
economi-co, essenzialmente trasformatore di materie prime, e le
scarse risorse nazionali in materie di base implicano
il sistematico ricorso a massicci rifornimenti dell'estero
ai fini di un soddisfacente progresso delle attività
pro-duttive;
delle esportazioni, in modo da contenere tale deficit in
misura che possa per lo meno essere compensata
dal-l'apporto attivo delle altre partite correnti della
bilan-cia dei pagamenti;
— la politica di sviluppo economico del Paese,
date le premesse, non è assolutamente concepibile al
di fuori di un parallelo sviluppo dei rapporti
commer-ciali con l'estero; essa determina crescenti
importa-zioni in materie prime e in beni strumentali, che a loro
volta debbono alimentare crescenti esportazioni;
l'e-spansione di queste ultime costituisce pertanto fattore
essenziale per assicurare la possibilità di sempre più
ampi incrementi produttivi e, conseguentemente, di
più largo assorbimento delle nostre forze lavorative.
Per una " mentalità esportatrice "
Richiamati questi concetti generali, occorre
aggiun-gere — ha rilevato il prof. Dall'Oglio a Milano — che
nelle condizioni di sempre più aspra concorrenza e di
maggiore complessità in cui si svolgono oggi i traffici
internazionali, lo sviluppo delle esportazioni non è
con-seguibile senza una stretta collaborazione fra azione
privata ed azione pubblica e senza un valido sostegno
pubblico in appoggio alle iniziative private,
indispen-sabile specialmente per le medie e piccole aziende.
Si impone, quindi, un rafforzamento dell'azione del
Ministero per il Commercio con l'Estero e dell'I.C.E.,
rafforzamento che richiede notevoli mezzi finanziari:
l'aver in questi ultimi mesi assicurato all'Istituto per il
Commercio Estero un contributo straordinario di 1
mi-liardo e mezzo ed aumentato la « spesa » del bilancio
del Mincomes di oltre 3 miliardi e mezzo,
rappre-sentano dei fatti significativi, soprattutto perchè
dimo-strano che Parlamento e Governo hanno acquistato una
certa « mentalità esportatrice » ed hanno in gran parte
raggiunto la convinzione che il commercio estero è
realmente una componente essenziale del graduale
pro-gresso economico e sviluppo sociale del nostro Paese.
Ma, pur nella sua necessaria unità, l'intervento
pub-blico a sostegno dello sforzo esportativo privato può
essere configurato sotto due principali aspetti: l'uno
ri-volto a fornire adeguata assistenza agli esportatori sul
piano operativo, l'altro inteso ad assicurare ai prodotti
italiani condizioni generali di competitività rispetto alla
concorrenza internazionale.
In questo quadro assumono grande rilievo alcuni
aspetti, delineati al convegno milanese dal prof.
Del-l'Amore, e precisamente quello della necessità di
favo-rire l'esportazione nei settori in cui si ravvisa
maggior-mente utile l'espansione e quello della opportunità di
assicurare un efficiente ordinamento del credito, dato
che prolungate dilazioni di pagamento sono
indispen-sabili per conquistare nuovi mercati di sbocco.
Così come — se è vero come ha detto il ministro
Pella che « l'Italia deve piantare la sua bandiera di
penetrazione economica in nuovi mercati » — occorre
far sì che la politica degli scambi sia ben organica e
chiara: migliori strumenti legislativi — come nel caso
del rimborso dell'IGE, che troppo spesso (e non siamo
noi soli a dirlo, perchè lo hanno riconosciuto anche
esponenti del Governo) va a rilento — si rendono
ne-cessari; nello stesso modo che non meno necessaria è
la formazione di quadri e cioè di personale
specializ-zato in relazioni economiche estere, nonché la
crea-zione di nuovi efficienti uffici ICE all'estero ed il
po-tenziamento delle nostre rappresentanze
diplomatico-commerciali.
Un problema "umano"
Questo problema, che potremmo definire «
uma-no », costituisce una tra le indilazionabili esigenze di
una politica di « promotion » delle esportazioni a vasto
respiro.
Sappiamo che da parte del ministro Martinelli vi
è una predisposizione, convinta e precisa, per favorire
una consistente formazione di uomini qualificati, capaci
di operare all'estero in modo efficiente. Ben venga al
riguardo un « Istituto superiore di commercio estero »,
così come auspicato nella mozione conclusiva del
con-vegno di Milano, nella considerazione dell'urgenza di
preparare uomini, a livello di organismi pubblici e di
aziende private, capaci di contribuire efficacemente
alla espansione delle relazioni economiche
internazio-nali del nostro Paese.
Occorre realmente, per la formazione di quadri
in-termedi e sopratutto direttivi per l'esportazione,
realiz-zare concretamente l'auspicata collaborazione tra
scuo-la ed operatori: inutile sarebbe il credere di poter
ca-povolgere situazioni o coprire lacune con semplici
leg-gi o regolamentazioni, od anche soltanto con mezzi
finanziari, perchè il tutto ha valore in quanto si
rive-dono le strutture dei servizi e quindi si studiano le
possibilità umane per l'attuazione delle leggi o delle
regolamentazioni, per l'impiego utile dei mezzi
finan-ziari.
Sul piano legislativo siamo d'accordo sulla
esigen-za: a) che il problema della restituzione dei diritti
fi-scali e doganali gravanti su merci esportate sia portato
a soluzione, anzitutto attraverso adeguati stanziamenti
in bilancio, sia per la eliminazione dei forti arretrati
costituitisi, sia per fronteggiare le maggiori prevedibili
necessità derivanti dallo sviluppo delle esportazioni;
h) che siano modificate le procedure relative al
rim-borso dei diritti stessi, in modo da contenere le attese
di liquidazione entro limiti di tempo ragionevole;
c) che sia sollecitamente approvato il progetto di legge
riguardante l'assicurazione ed il finanziamento dei
cre-diti alla esportazione, e che vengano fin d'ora elaborate
le norme regolamentari per rendere tempestivamente
operante tale essenziale strumento; ci) che venga
sem-plificata ed aggiornata l'attuale legislazione in materia
di temporanea importazione, e anche quella del
com-mercio di transito.
sia necessario favorire al massimo grado la libera
circo-lazione dei capitali, migliorare l'efficienza strutturale
e funzionale del sistema bancario, continuare la più
fattiva cooperazione dalla formazione di un sistema
monetario internazionale a carattere tendenzialmente
unitario.
Insegnamenti del " Centenario "
Il ricordo e quindi la celebrazione del centenario
dell'Unità d'Italia porta ovunque a riflessioni
consun-tive e quindi a meditazioni sulle attuali opportunità
da affrontare.
Proprio nei giorni scorsi, il Governatore della
Ban-ca d'Italia, prof. Carli, ricordava che il
consegui-mento della unità nazionale segnò anche l'inizio di una
politica, nella sfera degli scambi, mirante al più ampio
inserimento dell'economia italiana nel mercato
interna-zionale. Questa politica, come è ben noto, non fu priva
di vicissitudini e di fasi di arretramento. E'
significa-tivo, tuttavia, che dagli stessi artefici dell'unità, pur
consapevoli delle condizioni iniziali di inferiorità
pro-duttiva del paese, provenga l'insegnamento che
l'eco-nomia italiana avrebbe tratto stimolo e vigore dalla
competizione internazionale e che, in definitiva, il suo
sviluppo si sarebbe affermato e consolidato attraverso
la libertà dei traffici, anziché per effetto di restrizioni
protezionistiche ».
Impostazione chiara di una realtà storica, alla quale
occorre richiamarsi, anche per comprendere il valore
della « politica di liberalizzazione degli scambi,
affer-matasi nel secondo dopoguerra », una politica che si
ricollega veramente ad una tradizione di pensiero e di
azione al citato « originario orientamento delle nostre
relazioni di commercio con l'estero ».
Non è davvero, ha insistito il prof. Carli, un fatto
occasionale che a spingere il nostro Paese, nel recente
dopoguerra, sulla via di un più libero interscambio con
l'estero, a fugare i ricorrenti timori suscitati da un
si-mile indirizzo di politica, ad additarne invece i sicuri
e durevoli vantaggi, a delineare con visione
anticipa-trice nuove e più ardite forme di integrazione
interna-zionale sia stata una personalità insigne nella politica
come nella scienza, Luigi Einaudi, la cui ferma,
co-stante, instancabile opera a favore della libertà degli
scamb i trova testimonianza esemplare in una
impo-nente mole di scritti.
Il richiamo a meditare sull'impostazione economica
dell'Italia di cento anni or sono e su alcuni eventi più
recenti, che si riallacciano a quella impostazione, è
quanto mai opportuno, sia perchè dà al nostro Paese
una tradizione di pensiero e di prestigio nel quadro di
una politica di espansione nel mondo, sia in quanto
richiede — sia pure con tutte le logiche varianti portate
dai tempi — che si prosegua, senza sosta e con misure
idonee, ad operare per lo sviluppo degli scambi ed in
special modo per il graduale progresso delle
esporta-zioni, alle quali è condizionato ogni e qualsiasi
pro-gramma di investimenti interni.
c a p a m i a n t o
CSocietà per zioni
T O R I N O
VIA S. ANTONINO, 57
CINEMA TOGRAFIA
P R O I E T T 0 RI
S O N O R I
A P A S S O
N O R M A L E
M i c r o n s i g m a
per medie e pìccole sale
M i c r o n d e l t a
p e r g r a n d i s s i m e s a l eM i c r o n t a u
per g r a n d i e medie saleoan osai pi&^tféQp
G . L E G A
Lo sviluppo raggiunto dalla
pro-duzione del politene nei suoi
venti-cinque anni di prestigiosissima vita
e che oggi già si avvicina ad un
mi-lione di tonnellate all'anno ci
indu-ce a brevemente fare la storia di
questo prodotto modernissimo che
collabora, ben possiamo dirlo, con
quasi tutte, se non tutte, le
indu-strie e che ha meritato il titolo di
« re dei plastici ».
Il politene è oggi un articolo così
comune in tutto il mondo che noi
abbiamo la tendenza ad accettarlo
come qualcosa che abbiamo sempre
conosciuto e posseduto. In effetti, le
persone più anziane ricordano
mol-to bene il tempo nel quale tutti
aspiravano, per esempio, ad avere
bottiglie che si potessero far cadere
senza causare dei piccoli disastri.
Per quanto gli addetti alle ricerche
fossero da molto tempo impegnati
nello studio di recipienti flessibili,
non poche difficoltà dovettero
es-sere superate prima di poter
rag-giungere il successo. Nella
produ-zione del politene uno dei problemi
era quello di studiare un processo
tecnico che funzionasse a pressioni
più alte di quelle fino allora
impie-gate nell'industria chimica, ed
idea-to in modo che il calore della
poli-merizzazione (vale a dire della
com-binazione degli ingredienti) potesse
reazioni. Il secondo problema era
di trovare un uso per il prodotto
che unisse, come fa, delle proprietà
uniche sia meccaniche, che
elet-triche.
Venti anni fa fu posato un cavo
sperimentale sottomarino isolato
con il politene tra l'isola di Wight
e la Gran Bretagna ed esso
funzio-nò, in verità, molto bene. Sulle basi
di queste prove di laboratorio fu
costruito uno stabilimento
speri-mentale per la produzione del
po-litene. Per i primi anni della sua
esistenza, però, il politene rimase
segreto e gelosamente custodito,
co-nosciuto solo da coloro che erano
intimamente addentro alle cose che
riguardavano la difesa
dell'Inghil-terra.
Oggi vi sono ben poche case nei
paesi civili nelle quali gli utensili
di più comune uso non siano di
po-litene. Questa plastica fu prima di
tutto utilizzata per la sua
bassissi-ma densità e per i suoi eccellenti
poteri isolanti. Senza queste
carat-teristiche il radar aereo sarebbe
sta-to impossibile. Il politene, inoltre,
offre una notevolissima resistenza
chimica ed uno splendido
compor-tamento di lavorazione nella
tecni-ca relativa alla modellazione.
Alla fine della seconda guerra
mondiale l'industria della plastica
si rese conto di avere nel politene
un materiale a potenziale più alto
di quelli fino allora conosciuti. Più
tardi, nel 1946, furono fatti i primi
impianti sperimentali di tubi di
po-litene per uso agricolo e per il
rifor-nimento domestico di acqua calda.
Poco dopo furono adottati i sottili
fogli in politene come materiale di
imballaggio dato che esso è
abba-stanza trasparente ed offre
un'ec-cellente protezione contro
l'umidi-tà. A proposito: i primi cento piedi
di foglio di politene che siano stati
fabbricati nel mondo sono stati
pro-dotti in Gran Bretagna nel 1937.
Ma l'unico uso allora previsto era
quello di materiale elettrico
isolan-te per i condensatori ad alta
fre-quenza. Oggi in molti Paesi il
prez-zo dei fogli di politene non è
di-verso da quello della carta comune.
Al principio dello scorso
decen-nio apparvero sul mercato i catini in
politene per uso domestico e
indu-striale e furono seguiti da una
va-sta serie di utensili da cucina eli
tutti i generi. Per la sua leggerezza
e per la sua bassa densità (circa
grammi 0,92 per centimetro cubo)
il politene è un materiale ideale.
Non è una cosa strana che oggi la
sua utilizzazione abbia acquistato
un'importanza determinante in tutti
i settori. Gli usi definiti per il
poli-tene in ordine di importanza sono:
fogli, sotto forma di articoli
dome-stici, come isolante per cavi,
tuba-ture, rivestimenti, bottiglie, ecc.
Questa meravigliosa scoperta non
è naturalmente senza rivali. Nel
1953 fu messo a punto il processo
Ziegler nel quale l'etilene può
es-sere polimerizzata impiegando dei
catalizzatori misti organici e
me-tallici, quali i componenti
dell'allu-minio, del titanio, a pressione
at-mosferica. Nello stesso anno la
Phillips Petroleum Company di
De-laware in USA annunciò l'uso da
essa fatto di catalizzatori solidi di
ossido di cromo, con l'aiuto del
si-licato di allumina per polimerizzare
l'etilene e pressioni moderate.
L'an-no successivo fu un italiaL'an-no,
l'illu-stre prof. Natta, che riuscì a
polime-rizzare il propilene usando il
cata-lizzatore Ziegler.
Però come spesso succede nella
storia dell'industria della plastica i
prodotti interamente nuovi non
de-tronizzano quelli già esistenti, ma
diventano solo il loro
complemen-to. Ogni nuovo sviluppo in questo
campo stimola un ulteriore lavoro
e miglioramento tra i prodotti già
affermatisi. Modificando le
condi-zioni di lavorazione il
procedimen-to I.C.I. ad alta pressione sta
dan-doci prodotti ad alta densità che
possono essere con successo
mesco-lati al politene a bassa pressione
op-pure essere mescolati in forma
gra-nulosa per dare delle pregevoli
qua-lità intermedie tra i due prodotti.
Per quanto versatile il politene
ha ovviamente le sue limitazioni. Il
punto di fusione è di circa 126
gra-di C. Se si desidera una struttura
idrocarbonica con una maggiore
re-sistenza al calore la risposta si può
trovare nel polipropilene.
Mentre sono stati necessari 15-16
ALTRA FANTASIOSA TENDA DI MATERIA PLASTICA: C O M E DI SOSTANZA PLASTICA E' IL GRA-Z I O S O O R C I U O L O .