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LETTERATURA ITALIANA LETTERATURA ITALIANA. Giancarlo Alfano Paola Italia Emilio Russo Franco Tomasi. Dalle Origini a metà Cinquecento

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(1)

isbn 978-88-6184-486-5 LETTERA

TURA IT

Dalle Origini a metà CinquecentoMondadori Università

Prezzo al pubblico Euro 39,00

Giancarlo Alfano – Paola Italia – Emilio Russo – Franco Tomasi

LETTERATURA ITALIANA

I due volumi propongono un racconto della storia della letteratura italiana, dalle sue Origini fino alla fine dell’Ottocento, attraverso la selezione di autori e questioni fon- damentali. Articolato in dieci epoche, il manuale si propone come uno strumento mi- rato agli studi universitari; offre dunque una trattazione avanzata dei momenti princi- pali della tradizione letteraria, intrecciando in modo equilibrato la discussione storica con una lettura approfondita dei testi più rappresentativi. Uno spazio significativo è infine riservato ai classici maggiori, presentati e commentati in capitoli autonomi (10 nel primo volume, 10 nel secondo), e individuati come testi decisivi per il definirsi di un’identità culturale italiana.

Giancarlo Alfano insegna Letteratura italiana all’Università di Napoli Federico II. Si occupa di tra- dizioni narrative medioevali, di cultura del Rinascimento e di letteratura contemporanea.

Paola Italia insegna Letteratura Italiana all’Università di Bologna. Si è occupata di letteratura dell’Ottocento (Leopardi, Manzoni) e del Novecento (Gadda).

Emilio Russo insegna Letteratura italiana alla Sapienza – Università di Roma. Si occupa della tradizione letteraria tra Cinque e Seicento (Della Casa, Tasso, Marino) e di autori dell’Ottocento (Leopardi, Nievo).

Franco Tomasi insegna Letteratura italiana all’Università di Padova. La sua attività di ricerca è de- dicata principalmente alla stagione del Rinascimento, in particolare alla lirica, tra teoria e pratica del genere, e al poema epico-cavalleresco.

Alfano – Italia – Russo – Tomasi

LETTERA TURA IT ALIANA Dalle Origini a metà Cinquecento

Giancarlo Alfano – Paola Italia Emilio Russo – Franco Tomasi

LETTERATURA ITALIANA

MONDADORI

U N I V E R S I T À

Dalle Origini a metà Cinquecento

Manuale per studi universitari

(2)
(3)
(4)

Emilio Russo – Franco Tomasi

Letteratura italiana

Dalle origini a metà Cinquecento

Manuale per studi universitari

(5)

ISBN 978-88-6184-486-5

I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica, di riproduzione e di adattamen- to totale o parziale con qualsiasi mezzo (compresi i microfilm e le copie fotostatiche) sono riservati per tutti i Paesi. Le fotocopie per uso personale del lettore possono es- sere effettuate nei limiti del 15% di ciascun volume/fascicolo di periodico dietro paga- mento alla SIAE del compenso previsto dall’art. 68, commi 4 e 5, della legge 22 aprile 1941 n. 633. Le fotocopie effettuate per finalità di carattere professionale, economico o commerciale o comunque per uso diverso da quello personale possono essere effet- tuate a seguito di specifica autorizzazione rilasciata da CLEARedi, Centro Licenze e Autorizzazioni per le Riproduzioni Editoriali, Corso di Porta Romana 108, 20122 Milano, e-mail [email protected] e sito web www.clearedi.org.

Realizzazione editoriale

Coordinamento redazionale Alessandro Mongatti Redazione Carla Campisano

Impaginazione Carla Campisano

Progetto grafico Cinzia Barchielli, Marco Catarzi Progetto copertina Alfredo La Posta

Prima edizione Mondadori Università, giugno 2018 www.mondadorieducation.it

Edizioni

10 9 8 7 6 5 4 3 2 1 2022 2021 2020 2019 2018

La realizzazione di un libro comporta per l’Autore e la redazione un attento lavoro di revi- sione e controllo sulle informazioni contenute nel testo, sull’iconografia e sul rapporto che intercorre tra testo e immagine. Nono stante il costante perfezionamento delle procedure di controllo, sappiamo che è quasi impossibile pubblicare un libro del tutto privo di errori o refu- si. Per questa ragione ringraziamo fin d’ora i lettori che li vorranno indicare alla Casa Editrice.

Mondadori Università Mondadori Education

Viale Raffaello Lambruschini, 33 – 50134 Firenze Tel. 055.50.83.223

www.mondadorieducation.it

Nell’eventualità che passi antologici, citazioni o illustrazioni di competenza altrui siano riprodotti in questo volume, l’editore è a disposizione degli aventi diritto che non si sono potuti reperire. L’editore porrà inoltre rimedio, in caso di cortese segnalazione, a eventuali non voluti errori e/o omissioni nei riferimenti relativi.

Lineagrafica s.r.l. – Città di Castello (PG) Stampato in Italia – Printed in Italy – giugno 2018

In copertina: Filippino Lippi, Disputa con Simon Mago e Crocifissione di san Pietro, Santa Maria del Carmine, Cappella Brancacci © Mondadori Portfolio / Archivio Quattrone /Antonio Quattrone.

(6)

Nota redazionale XIII Epoca 1

LE ORIGINI

Introduzione all’Epoca 1 3

1. Le Origini della letteratura in volgare 3

2. Contesti, temi e ideologie della poesia delle Origini 4

3. La realtà della prosa 6

Capitolo 1. Le prime testimonianze poetiche 8

1. Tracce di tradizioni sommerse 8

2. I ritmi arcaici 8

3. La prima poesia d’amore 11

Bibliografia 14

Capitolo 2. Dalla Sicilia alla Toscana. La tradizione lirica

nel Vaticano Latino 3793 15

1. Dai documenti alla storia, dalla storia ai documenti 15 2. Storia e preistoria della poesia italiana 16 3. Tracce di poesia siciliana e il problema della lingua 17

4. Un manoscritto nella storia 18

5. La Scuola siciliana: coordinate storiche 20

6. Giacomo da Lentini, poeta e «Notaro» 23

7. Il dibattito sull’amore (negli altri manoscritti) 27

8. Il registro «umile» 30

9. Dalla Sicilia alla Toscana 32

Bibliografia 35

Capitolo 3. La centralità di Guittone d’Arezzo. Il Laurenziano Redi 9 36

1. Il punto di vista di Dante 36

2. Un poeta «impegnato» 38

Bibliografia 42

Capitolo 4. Il «dolce stil novo»: il nuovo canone del Chigiano L VIII 305 43

1. Un manoscritto del Trecento 43

2. Una definizione problematica 43

3. Tra antico e moderno: Guido Guinizzelli 45

4. Guido Cavalcanti: il poeta e il filosofo 52

5. Gli altri stilnovisti: Cino da Pistoia e Lapo Gianni 59

6. Verso Dante e Petrarca 60

Bibliografia 61

Capitolo 5. La poesia comico-realistica 62

1. Poesia comica e genere lirico 62

2. L’esperienza poetica di Cecco Angiolieri 65

Bibliografia 69

(7)

Capitolo 6. La poesia allegorico-didattica in area settentrionale e in Toscana:

dal codice Saibante al Tesoretto 70

1. La poesia didattica in area settentrionale e il codice Saibante 70 2. La poesia allegorico-didattica in Toscana 71

Bibliografia 75

Capitolo 7. La poesia religiosa delle Origini 76

1. Poesia sacra e profana 76

2. La poesia delle creature 76

3. Religione e politica in Iacopone da Todi 79

Bibliografia 83

Capitolo 8. Le forme della prosa 84

1. Volgarizzare e tradurre 84

2. Scrivere lettere 87

3. Scrivere la storia 88

4. Scrivere la scienza 89

5. Scrivere novelle 89

Bibliografia 91

Epoca 2

LE TRE CORONE E LA CULTURA DEL TRECENTO

Introduzione all’Epoca 2 95

1. L’avvio di un’età aurea 95

2. Fuori da Firenze, tra latino e volgare 96

3. «Fiorentinità trascendentale» 98

4. Boccaccio e la mediazione tra culture diverse 99

Capitolo 1. Dante Alighieri 101

1. Un poeta che fa «parte per sé stesso» 101

2. Gli anni giovanili e gli studi (1265-1295) 102

3. L’amicizia con Guido Cavalcanti 103

4. Le rime del tempo della Vita nuova 106

5. La Vita nuova 109 6. L’impegno politico e l’esilio (1295-1308) 119

7. Le rime della maturità 120

8. Il Convivio 123 9. De vulgari eloquentia 128

10. Gli anni della Commedia (1308-1321) 132

11. La Commedia 135

Bibliografia 159

I ClassICI

Vita nuova 160

Brano 1 XIX, Donne ch’avete intelletto d’amore 160

Commedia 164

Brano 1 Inferno XXVI 164

(8)

Brano 2 Purgatorio XXVI 170

Brano 3 Paradiso XVII 175

Capitolo 2. Francesco Petrarca 181

1. Petrarca all’origine della coscienza moderna 181

2. Un’autobiografia ideale 182

3. La giovinezza: incontri e autori fondamentali 183

4. I miti della giovinezza 187

5. Le prime opere latine, tra poesia ed erudizione 189 6. La svolta morale: tra soggettività e trattatistica 192

7. Petrarca, l’Italia e la peste del 1348 194

8. Il Secretum 197 9. Le opere dell’introspezione: le Familiares e le Epystole 201 10. Le scelte e le opere della maturità: le Seniles e il De remediis 205

11. Un umanesimo cristiano: le polemiche 208

12. Petrarca tra latino e volgare 210

13. I Rerum vulgarium fragmenta 211 14. I Triumphi 225

Bibliografia 228

I ClassICI

Rerum vulgarium fragmenta 229

Brano 1 Era il giorno ch’al sol si scoloraro (Rvf 3) 230 Brano 2 Lasso me, ch’i’ non so in qual parte pieghi (Rvf 70) 231 Brano 3 Chiare, fresche et dolci acque (Rvf 126) 234 Brano 4 Italia mia, benché ’l parlar sia indarno (Rvf 128) 237 Brano 5 Che debb’io far? che mi consigli, Amore? (Rvf 268) 240

Capitolo 3. Giovanni Boccaccio 243

1. Un autore tra due culture 243

2. Due città 244

3. Le prime sperimentazioni napoletane 245

4. Teseida ed Elegia di madonna Fiammetta 246 5. Le matrici letterarie del primo Boccaccio 249

6. Ritorno a Firenze 250

7. La svolta di metà secolo: l’arrivo della peste 252 8. La svolta di metà secolo: l’incontro con Petrarca 255

9. Il Decameron 256

10. Le opere in latino 276

11. Il Corbaccio 278

12. Un progetto con due teste 279

Bibliografia 281

I ClassICI

Decameron 283

Brano 1 Novella II 4 283

Brano 2 Novella IV 5 289

Brano 3 Novella VI 9 293

Brano 4 Novella IX 3 296

(9)

Capitolo 4. La poesia del Trecento 301 1. Come comincia una nuova stagione poetica 301 2. Persistenza dello Stilnovo: canone e maniera

tra Veneto e Toscana 302

3. Effetto Commedia: la poesia allegorico-didattica 306 4. Tra realismo e cortesia: nuove forme della lirica trecentesca 309 5. La letteratura nelle piazze: poesia per musica e cantari 314

Bibliografia 317

Capitolo 5. La prosa del Trecento 318

1. Un nuovo pubblico per la letteratura in volgare 318

2. La novella dopo Boccaccio 319

3. Scrivere la storia 324

Bibliografia 328

Epoca 3

LA STAGIONE DELL’UMANESIMO

Introduzione all’Epoca 3 331

1. Una nuova epoca culturale: caratteri generali 331 2. Il recupero dell’antichità e il senso della distanza storica 332 3. Dalla grammatica alla retorica: la nuova scuola degli umanisti 333

4. Il problema della lingua e dello stile 335

5. L’inizio dell’Umanesimo tra Padova e Firenze 337

6. L’organizzazione culturale 338

Capitolo 1. Alla scoperta degli antichi 341

1. Il ritrovamento dei codici antichi 341

2. Renovatio e restauratio 344

3. Un sistema di comunicazione 345

Bibliografia 347

Capitolo 2. Poesia e prosa latina del Quattrocento 348 1. La scuola di Salutati e il primo Umanesimo a Firenze 348

2. Leonardo Bruni e Poggio Bracciolini 350

3. Le grandi scuole e gli ideali dell’Umanesimo 354 4. Esperienze umanistiche a Milano e Venezia: Francesco Filelfo 356 5. L’Umanesimo a Roma: Biondo Flavio ed Enea Silvio Piccolomini 358

6. Lorenzo Valla 360

Bibliografia 364

Capitolo 3. Leon Battista Alberti 365

1. Alberti, «genio universale» 365

2. Un’esperienza sovramunicipale 365

3. L’attività letteraria del periodo fiorentino 367 4. Il capolavoro delle Intercenales 369

5. Alberti nella Roma di Niccolò V 371

6. L’ultima opera: il De iciarchia 372

Bibliografia 374

(10)

Capitolo 4. Prosa e poesia volgare del Quattrocento 375

1. Prosa 375

2. Poesia 385

Bibliografia 388

Epoca 4

LA CULTURA DELLE CORTI

Introduzione all’Epoca 4 393

1. Un nuovo equilibrio politico (1454-1494) 393 2. La cultura delle corti e il nuovo ruolo del volgare 393 3. Geografia e storia della cultura cortigiana 394 4. Oltre la corte: le accademie e il mondo della tipografia 396 5. I generi letterari della letteratura volgare 396 Capitolo 1. Il passaggio dal manoscritto alla stampa 398

1. Una mirabile invenzione 398

2. Dalla Germania all’Italia 399

3. Stampe e manoscritti 401

4. Una svolta epocale 402

Bibliografia 404

Capitolo 2. L’ambiente laurenziano 405

1. 1469-1492: Il progetto culturale di Lorenzo de’ Medici 405 2. La tradizione popolare fiorentina e l’esperienza dei Pulci 411 3. La grande tradizione filosofica: Marsilio Ficino 416 4. Un genio alla ricerca di sintesi: Giovanni Pico della Mirandola 420 5. Angelo Poliziano: poeta e intellettuale mediceo 421

Bibliografia 426

I ClassICI

Stanze per la giostra 427

Brano 1 Incontro di Iulio e Simonetta (I 1-4, 8-13, 40-45) 427

Capitolo 3. L’ambiente ferrarese e Boiardo 433

1. La Ferrara estense: politica e cultura 433

2. Matteo Maria Boiardo 436

Bibliografia 450

I ClassICI

L’inamoramento de Orlando 451

Brano 1 Il Fiume del Riso (III, vii, 1-37) 451

Capitolo 4. L’ambiente napoletano 459

1. L’Umanesimo alla corte di Alfonso I (1442-1458) 459

2. La stagione del Panormita 460

3. La novella alla corte aragonese: Masuccio Salernitano 462

4. Il magistero di Giovanni Pontano 464

5. La lirica a Napoli tra latino e volgare: Marullo e Cariteo 467

Bibliografia 469

(11)

Capitolo 5. La lirica volgare tra Quattro e Cinquecento 470 1. Tra passato e futuro: la Raccolta argonese 470 2. L’egloga in volgare. La raccolta delle Bucoliche

elegantissimamente composte 472 3. La poesia cortigiana del secondo Quattrocento 473

Bibliografia 476

Epoca 5

IL RINASCIMENTO

Introduzione all’Epoca 5 479

1. La crisi politica italiana e la cultura del Rinascimento 479

2. La questione della lingua 480

3. Le forme plurali del classicismo moderno 481 4. I riflessi della crisi tra teoria politica, storiografia e letteratura 482

5. Il mestiere del letterato 483

Capitolo 1. Pietro Bembo 485

1. Bembo e la nascita del Rinascimento 485

2. Tra educazione umanistica ed editoria 485

3. Gli Asolani e la canzone in morte del fratello Carlo 487 4. Le esperienze cortigiane di Urbino e Roma 490 5. L’attuazione di un progetto: le Prose della volgar lingua (1525)

e l’edizione delle Rime (1530) 491

6. L’incarico di storiografo e il cardinalato 495

Bibliografia 497

Capitolo 2. Iacopo Sannazaro 498

1. Il percorso letterario e interiore di un umanista «sincero» 498 2. L’infanzia e la formazione umanistica nella Napoli aragonese 499 3. Prime prove in latino e in volgare. La preistoria dell’Arcadia 501

4. Dall’Italia alla Francia 503

5. L’Arcadia 503

6. Il ritorno a Napoli 508

Bibliografia 511

Capitolo 3. Ludovico Ariosto 512

1. Il valore della poesia 512

2. La formazione nella Ferrara estense 513

3. Ariosto cortigiano 515

4. Sodalità ed esperimenti poetici: il cantiere delle Rime 516

5. Tra Ferrara e Roma: teatro e diplomazia 518

6. Il primo Furioso (1516) 521

7. La cesura del 1517: le Satire tra biografia e letteratura 524 8. L’autunno dell’Ariosto, tra Garfagnana e Cinque canti 527

9. Il secondo tempo del teatro 529

10. L’edizione definitiva del Furioso 531

Bibliografia 547

(12)

I ClassICI

Orlando furioso 548

Brano 1 L’avvio della macchina narrativa (I 8-23) 549 Brano 2 Il fantasma di Angelica (XII 8-16, 20-29) 554

Brano 3 Il valore della poesia (XXXV 11-30) 560

Capitolo 4. Baldassarre Castiglione 567

1. Un modello per le corti d’Europa 567

2. La nascita mantovana e la formazione milanese 568

3. Il soggiorno urbinate (1504-1513) 570

4. Dall’Italia alla Spagna 572

5. Il Libro del Cortegiano (1528) 573

Bibliografia 576

I ClassICI

Il Libro del Cortegiano 577

Brano 1 La nobiltà del cortigiano (I, XIV) 577

Brano 2 Il comportamento del cortigiano: il «bon giudicio»

e la «sprezzatura» (I, XXVI) 579

Capitolo 5. Niccolò Machiavelli 581

1. La regola e la mutazione 581

2. Formazione ed esordio 582

3. «A studio dell’arte dello stato»: segretario e legato (1498-1512) 585

4. Post res perditas (1513-1520) 591

5. «Voltolare un sasso»: al servizio dei Medici (1520-1527) 603

Bibliografia 606

I ClassICI

Il Principe 607

Brano 1 Il mito di Cesare Borgia 608

Brano 2 Virtù e fortuna 613

Capitolo 6. Francesco Guicciardini 616

1. Politica e scrittura, crisi e conoscenza 616

2. Formazione ed esordi fiorentini 617

3. La legazione e i «ghiribizzi» spagnoli 618

4. Al fedele servizio dei Medici e della Chiesa 621 5. Ultime occasioni politiche e la Storia d’Italia 626

Bibliografia 629

I ClassICI

I Ricordi 630

Brano 1 Sul libro 630

Brano 2 La discrezione 631

Brano 3 La storia 631

Brano 4 Cause e conseguenze 632 Brano 5 La fortuna 632

Brano 6 Valutare e decidere 633 Brano 7 Ambizione 634

(13)

Capitolo 7. Il teatro del Cinquecento 635

1. La nascita di una civiltà teatrale 635

2. Le forme del teatro alla fine del Quattrocento 635

3. Le forme del comico: la commedia 638

4. La tragedia 643

Bibliografia 649

Capitolo 8. La poesia del Cinquecento 650

1. Un modello europeo 650

2. La lirica e il nuovo classicismo volgare 651

3. La lirica spirituale 654

4. Le voci femminili 657

5. Le ragioni della gravitas 659

6. Il petrarchismo meridionale 661

Bibliografia 663

Capitolo 9. La poesia comica del Cinquecento 664

1. L’eredità del secolo precedente (Burchiello, Pulci, Pistoia) 664

2. Francesco Berni 665

3. Giovanni Della Casa 670

4. Teofilo Folengo 672

Bibliografia 677

Capitolo 10. Le forme della prosa del Cinquecento 678 1. Introduzione sulle forme di novella e dialogo 678

2. Pietro Aretino: la penna e il potere 679

3. Matteo Bandello e la novella 685

4. Della Casa e la trattatistica sul comportamento 691

Bibliografia 693

Capitolo 11. Le scritture d’arte fra Quattrocento e Cinquecento 694 1. Le nuove parole sull’arte: la trattatistica e le biografie 694 2. Dal Quattrocento al primo Cinquecento: i testi classici

e quelli toscani 695

3. Giorgio Vasari 699

4. Benvenuto Cellini 702

Bibliografia 705

Indice dei nomi 707

(14)

Nell’impostazione generale e nell’articolazione complessiva (in 10 epoche, e nei capitoli interni) i due volumi nascono da una continua collaborazione tra i quattro autori e sette coautori, una collaborazione in cui nella prima fase ha svol- to un ruolo importante anche Andrea Mazzucchi.

Nell’ambito del primo volume, queste le responsabilità dei singoli capitoli:

Giancarlo Alfano è autore dei capitoli: Boccaccio, Decameron, Alla scoperta degli antichi, Leon Battista Alberti, Il passaggio dal manoscritto alla stampa; è au- tore inoltre del quadro storiografico sull’Epoca 3 (La stagione dell’Umanesimo).

Laura Carotti è autrice del capitolo: L’ambiente laurenziano (paragrafi 1 e 3).

Vittorio Celotto è autore dei capitoli: La poesia comico-realistica, Petrarca, Canzoniere, La poesia del Trecento, La prosa del Trecento.

Giuseppe Crimi è autore dei capitoli: Prosa e poesia volgare del Quattrocen- to, Sannazaro, Castiglione, Il libro del Cortegiano, La poesia comica del Cinque- cento, Le forme della prosa nel Cinquecento, Le scritture d’arte fra Quattro e Cinquecento.

Giovanni Ferroni è autore dei capitoli: L’ambiente ferrarese e Boiardo, Ina- moramento de Orlando, Machiavelli, Principe, Guicciardini, Ricordi.

Marco Grimaldi è autore dei capitoli: Le prime testimonianze poetiche, Dal- la Sicilia alla Toscana, La centralità di Guittone d’Arezzo, Il «dolce stil novo», La poesia allegorico-didattica, La poesia religiosa delle Origini, Le forme della prosa.

Roberto Rea è autore dei capitoli: Dante, Vita Nuova, Commedia.

Emilio Russo è autore dei capitoli: Poesia e prosa latina del Quattrocento, L’ambiente laurenziano (paragrafi 2, 4, 5), Stanze per la giostra, L’ambiente na- poletano, La lirica volgare tra Quattro e Cinquecento, Ariosto, Orlando furioso;

è autore inoltre dei quadri storiografici sull’Epoca 1 (Le Origini) e sull’Epoca 2 (Le tre corone e la cultura del Trecento).

Franco Tomasi è autore dei capitoli: Bembo, Il teatro del Cinquecento, La poe- sia del Cinquecento; è autore inoltre dei quadri storiografici sull’Epoca 4 (La cul- tura delle Corti) e sull’Epoca 5 (Il Rinascimento).

A Emilio Russo si deve il coordinamento complessivo dell’opera.

(15)
(16)

2. Gli anni giovanili e gli studi (1265-1295) 3. L’amicizia con Guido

Cavalcanti 4. Le rime del tempo

della Vita nuova 5. La Vita nuova 6. L’impegno politico

e l’esilio (1295-1308) 7. Le rime della maturità 8. Il Convivio 9. De vulgari eloquentia 10. Gli anni

della Commedia (1308-1321) 11. La Commedia

Dante Alighieri

1. Un poeta che fa «parte per sé stesso»

Benché più di ogni altro contemporaneo abbia saputo esprimere le certezze, i conflitti e le aspirazioni della cultura medievale, Dante nella storia letteraria – come nella sua vicenda politica – fa «parte per sé stes- so». Ciò che ancora oggi sorprende, esaminando le sue opere, è il carat- tere di assoluta originalità. Per ognuna di esse, dalla giovanile Vita nuo- va, agli incompiuti trattati della maturità, fino al capolavoro della Com- media, non solo non si può individuare un modello univoco, come acca- de ad esempio per i classici latini (si pensi ai poemi omerici per l’Enei- de), ma nemmeno un genere letterario di appartenenza. Con la conse- guenza, fra l’altro, che le stesse opere dantesche, nonostante l’eccezio- nale rilievo, non divengono a loro volta modellizzanti per la successiva letteratura europea, come accade, qualche decennio più tardi, al Canzo- niere di Petrarca o al Decameron di Boccaccio. Rimangono degli straor- dinari unica. Tale condizione può essere letta come il risultato di due fattori, che, intrecciandosi fra loro, accomunano l’intera produzione dantesca: lo sperimentalismo e l’autobiografismo.

A fondamento della Vita nuova sta l’idea, senza precedenti, di racco- gliere le proprie rime giovanili – di per sé già dirompenti per la tradizio- ne della lirica volgare – all’interno del racconto in prosa di una storia d’amore che è al tempo stesso la storia della propria poesia. Il Convivio nasce da un’operazione in apparenza analoga: raccogliere le canzoni al- legoriche e morali composte negli anni precedenti. Ma il risultato è pro- fondamente diverso, non solo dalla Vita nuova, ma da qualsiasi altra opera apparsa fino ad allora: un trattato filosofico strutturato come un commento alle proprie rime e impostato come un’autobiografia. Il De vulgari eloquentia potrebbe apparire meno innovativo nell’ambito della trattatistica medievale, se non fosse per l’originalità della materia e per l’inedito eclettismo con cui mescola nozioni filosofiche, sociolinguisti-

Sperimentalismo e autobiografismo

(17)

che e retorico-letterarie, nonché – anche qui – riferimenti alla propria esperienza e poesia. Infine, la Commedia, nella quale l’istanza speri- mentale e quella autobiografica, alimentate dall’ispirazione di una poe- sia profetica e dalle passioni dell’esule, sono liberate in un’invenzione potente e visionaria.

C’è un altro elemento che accomuna l’intera opera dantesca e ne san- cisce il ruolo cruciale nella nostra storia letteraria e linguistica: il rico- noscimento del volgare come lingua nazionale di cultura. Non solo la scelta, ma la strenua difesa delle ragioni del «parlar materno», sostenuta con argomenti diversi ma con la medesima convinzione nella Vita nuo- va, nel Convivio, nel De vulgari e infine nelle Egloghe, è alla base dell’in- venzione linguistica della Commedia, in cui Dante esperisce tutte le possibilità del volgare per rappresentare le molteplici forme dell’univer- so umano e divino, garantendosi così il titolo di «padre della lingua».

2. Gli anni giovanili e gli studi (1265-1295)

Al principio della Commedia Dante racconta di aver intrapreso il viaggio oltremondano, ambientato durante la Pasqua del 1300, «nel mezzo del cammin di nostra vita», cioè all’età di 35 anni (la vita nel Me- dioevo si riteneva compiuta a 70 anni). La nascita del poeta è dunque da collocare nel 1265, come conferma, sulla base di altre testimonianze, anche Boccaccio nelle sue Esposizioni, probabilmente alla fine del mese di maggio, a Firenze, nel sesto di Porta San Pietro. La madre Bella muore durante la sua infanzia, il padre Alaghiero po- chi anni più tardi, prima che Dante giunga alla maturità. Tut- tavia, i beni e le rendite di famiglia – oltre la casa fiorentina, diversi terreni e poderi – possono assicurargli, almeno in gio- ventù, una vita decorosa e la frequentazione della buona so- cietà fiorentina, benché non fosse di natali nobili.

Notizie sull’origine della famiglia si possono desumere dalla Commedia: dal X canto dell’Inferno, dove Dante ri- vendica di fronte al ghibellino Farinata l’appartenenza alla parte guelfa dei suoi «maggiori»; e soprattutto dai canti XV, XVI e XVII del Paradiso, dove, nel cielo di Marte, incontra il trisavolo Cacciaguida, il quale dichiara di aver ricevuto il titolo di cavaliere dall’imperatore Corrado III. Al di là della fondatezza di tale dato, è un fatto che la famiglia degli Ali- ghieri non appartenesse ai magnates, cioè alla nobiltà di sangue fiorentina. All’età di nove anni, stando al racconto della Vita nuova, c’è il primo incontro con l’«angiola giova- nissima» Beatrice, figlia di Folco de’ Portinari, di pochi me- si più giovane, poi data in moglie a Simone de’ Bardi. A sua volta, Dante nel febbraio 1277 contrae promessa di matri- monio, con elargizione della dote, con Gemma di Manetto Donati, dalla quale avrà negli anni della maturità quattro fi- gli: Giovanni, il maggiore, Pietro e Jacopo, che saranno poi commentatori della Commedia, e Antonia.

Dante

«padre della lingua»

La nascita

Figura 1

Bottega di Giotto, Dante,

particolare dell’affresco proveniente dalla cappella della Maddalena, 1334-1337 ca.; Firenze, Museo del Bargello.

(18)

Non abbiamo informazioni circa i suoi studi durante gli anni dell’ado- lescenza; senz’altro Dante apprende le arti del Trivio (Grammatica, Re- torica, Dialettica) presso un doctor gramatice. Il magistero di Brunetto Latini, scrittore e intellettuale fiorentino, che però non era né insegnante (doctor puerorum) né professore universitario (vd. Epoca 1, Capitolo 6,

§2), dovette essere personale e occasionale, come del resto Dante stesso afferma nel suo commosso incontro con il maestro di Inf. XV, 82-85 «che

’n la mente m’è fitta, e or m’accora, / la cara e buona imagine paterna / di voi, quando nel mondo ad ora ad ora / m’insegnavate come l’om s’etter- na». Con le prime prove di rimatore e l’amicizia con Guido Cavalcanti (vd. infra, §3), si rafforza l’interesse per le letterature volgari e presumi- bilmente anche quello per la filosofia. Il sonetto Non mi poriano già mai fare ammenda attesta un soggiorno di Dante a Bologna, prestigiosa sede universitaria, prima del 1287, ma non sappiamo quali fossero le ragioni, se vi si fosse recato per affari o per studio.

L’11 giugno 1289 l’esercito guelfo fiorentino sbaraglia i ghibellini aretini a Campaldino. L’umanista Leonardo Bruni racconta, sulla base di una lettera dantesca poi perduta, che Dante partecipa alla battaglia, schierato in prima fila tra i «feditori a cavallo». La partecipazione all’as- sedio, pure vittorioso, al castello pisano di Caprona dell’agosto del me- desimo anno ci è invece testimoniata da Dante stesso in Inf. XXI, 94-96

«e così vid’io già temer li fanti / ch’uscivan patteggiati di Caprona / veg- gendo sé tra nemici cotanti».

Negli stessi anni Dante si afferma come poeta d’amore in volgare, con una produzione di rime, che, grazie soprattutto al magistero di Ca- valcanti, passa dai primi esperimenti ancora sbilanciati in senso cortese alla scoperta di una poetica e di un linguaggio originali, poi sublimati nel racconto della Vita nuova (1293 circa). Nel libello la storia della pro- pria poesia viene fatta coincidere con quella dell’amore assoluto per Bea trice, morta l’8 giugno del 1290. Nel Convivio, iniziato nei primi an- ni dell’esilio, Dante ricostruisce gli inizi dei suoi studi filosofici: per tro- vare conforto dalla morte di Beatrice, il poeta inizia a leggere il De con- solatione Philosophiae di Boezio e il Laelius de amicitia di Cicerone; si appassiona così alla filosofia, tanto da iniziare a frequentare «le scuole de li religiosi» e «le disputazioni de li filosofanti», ossia gli studia fioren- tini destinati all’insegnamento dei francescani, presso Santa Croce, e dei domenicani, presso Santa Maria Novella, dove in quegli anni si tro- vano teologi di primo piano, come, rispettivamente, Pietro di Giovanni Olivi e Remigio de’ Girolami.

3. L’amicizia con Guido Cavalcanti

La vicenda poetica e intellettuale di Dante si colloca, sin dai primi esordi, sotto il segno dell’amicizia e del magistero di Guido Cavalcanti.

Al principio della Vita nuova (vd. infra, §5) Dante racconta che quando aveva diciotto anni, dopo un sogno amoroso, compose il suo primo so- netto, A ciascun’alma presa e gentil core, che inviò a «tutti li fedeli d’A- more», cioè agli altri poeti d’amore fiorentini, per chiedere loro di inter-

La formazione

L’impegno militare

Poesia e filosofia

Il «primo amico»

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pretare tale sogno. Tra coloro che gli risposero, ci fu Guido Cavalcanti con il sonetto Vedeste, al mio parere, onne valore, di cui non importa tanto il tentativo di spiegazione del sogno, ma il pieno riconoscimento delle qualità poetiche del giovane esordiente. Dante citando, tra le mol- te ricevute, la sola risposta di Guido, lo chiama «primo de li miei amici»

e aggiunge che tale episodio «fue quasi lo principio de l’amistà tra lui e me». Altri sonetti scambiati tra i due negli anni successivi documentano il loro sodalizio affettivo e intellettuale, a partire dal famoso invito di Guido, i’ vorrei che tu e Lapo ed io, che intende celebrare proprio la co- ralità di sentimenti e valori della nuova poesia fiorentina.

Il magistero cavalcantiano è fondamentale per la formazione intellet- tuale del più giovane amico, cui offre un innovativo modello di poesia, che, interiorizzando il discorso lirico, risemantizzando il linguaggio tra- dizionale e integrando concezioni derivate dalla filosofia aristotelica, permette di superare definitivamente la dimensione cortese, in cui rien- trano ancora le prime prove liriche dantesche. I frutti di tale influenza sono profondi e durevoli, e vanno ben al di là di quei componimenti che, incentrati sulla rappresentazione dell’amore come passione irrazionale e dolorosa, sono riconoscibili come di ispirazione cavalcantiana. Di tutto ciò Dante mostra di avere piena coscienza. Nella Vita nuova non solo ce- lebra apertamente in un clima di ideale unitarietà di intenti il sodalizio con il suo «primo amico», ma gli dedica la stessa opera (cfr. Vn XXX, 3

«a cui ciò scrivo»), rivendicando peraltro in nome di Guido la scelta del volgare, una delle novità di fondo del progetto culturale della Vita nuova.

Tuttavia, il rapporto fra Guido e Dante, comunque problematico per diversi aspetti, è stato oggetto di innumerevoli discussioni. Di fatto – co- me si vedrà – la Vita nuova, nonostante le continue dichiarazioni di stima e affetto, approda a una poetica e a una concezione dell’amore radical- mente diverse rispetto a quelle cavalcantiane, in particolare alle idee esposte da Guido nella canzone filosofica Donna me prega (vd. Epoca 1, Capitolo 4, §4). Per diversi studiosi il libello dantesco avrebbe addirittura provocato la rottura del sodalizio umano e poetico fra i due, dando luogo a una polemica che Dante, in modo più o meno dissimulato, avrebbe poi protratto nelle opere successive, dal De vulgari eloquentia agli estremi canti della Commedia.

Una prova di tale rottura è stata ravvisata nel sonetto inviato da Gui- do a Dante I’ vegno ’l giorno a te ’nfinite volte:

I’ vegno ’l giorno a te ’nfinite volte e trovoti pensar troppo vilmente:

molto mi dol della gentil tua mente

e d’assai tue vertù che ti son tolte. 4 Solevanti spiacer persone molte,

tuttor fuggivi la noiosa gente1; di me parlavi sì coralemente,

che tutte le tue rime avìe ricolte2. 8 Il magistero

cavalcantiano

Un rapporto molto discusso

Un sonetto polemico?

1 la noiosa gente: ‘le persone moleste’.

2 avìe ricolte: ‘avevo rac- colte’.

Nota metrica: Sonetto con schema ABBA ABBA CDE EDC.

Testo: Cavalcanti, Rime, pp. 222-225.

(20)

Or non ardisco, per la vil tua vita, far mostramento che tu’ dir3 mi piaccia,

né ’n guisa vegno a te che tu mi veggi4. 11 Se ’l presente sonetto spesso leggi,

lo spirito noioso che ti caccia5

si partirà dall’anima invilita. 14

Tale sonetto, al di là dei problemi interpretativi, difficilmente può però essere acquisito come prova della fine del sodalizio tra i due. Non conosciamo infatti la sua collocazione cronologica, né da cosa potesse essere determinato lo stato di avvilimento che Guido attribuisce a Dante. È invece evidente il tono affabile adottato da Guido: quale che fosse la situazione cui fa riferimento, Guido esprime, sin dal principio, un affetto sincero e una stima profonda (vv. 3-4); quindi, nel finale, stempera il rammarico in un congedo lieve e sorridente (vv. 12-14).

Sempre stando alla lettera dei testi, altrettanta cautela pare necessa- ria nell’interpretare gli altri passi solitamente allegati al dossier dei rap- porti tra i due. Gli unici luoghi della Commedia in cui Guido è citato esplicitamente, l’affannosa domanda del padre Cavalcante circa la sorte del figlio e la risposta di Dante di Inf. X, 58-63 («piangendo disse: ‘Se per questo cieco / carcere vai per altezza d’ingegno, / mio figlio ove è?

perché non è ei teco?’ / E io a lui: ‘Da me stesso non vegno: / colui ch’at- tende là per qui mi mena / forse cui Guido vostro ebbe a disdegno’»), e il canone della gloria linguistica proclamato in Purg. XI, 97-99 («così ha tolto l’uno all’altro Guido / la gloria della lingua; e forse è nato / chi l’u- no e l’altro caccerà del nido») trasmettono, al di là dei dubbi interpreta- tivi, una stima profonda per l’amico, e nel primo caso, anche una forte connotazione affettivo-memoriale.

E dunque, per quanto sia indubbio che «l’ombra e il pensiero di Ca- valcanti», morto nell’agosto del 1300, accompagnino Dante «fino al ter- mine di una carriera […] in cui si seguita a rifare i conti con il patrono della sua giovinezza poetica» (Contini), in concreto, fatte salve le diver- genze ideologiche, non abbiamo nulla che documenti una rottura pole- mica. Inoltre, la stessa attitudine dantesca nella Vita nuova appare assai meno problematica e contraddittoria se si considera che Dante intende presentarsi, come allusivamente raffigurato nell’episodio del sonetto Io mi senti’ svegliar (Vn XXIV) e come ribadirà nei versi citati di Purg. XI, in primo luogo allo stesso dedicatario, non come un rivale bensì come il suo legittimo successore: colui che, attribuendo nuovi significati e valori alla poesia d’amore, è stato capace di riprendere e proseguire il cammi- no aperto dal più anziano amico e maestro, il quale a un certo punto della sua vicenda intellettuale potrebbe aver invece abbandonato la liri- ca amorosa per dedicarsi allo studio della filosofia. Forse i due amici fu- rono davvero infine «unus philosophus alter poeta», come scrive Benve- nuto da Imola, uno degli antichi commentatori della Commedia.

3 tu’ dir: ‘le tue poesie’.

4 né… veggi: ‘né vengo da te in modo che tu mi veda’.

5 che ti caccia: ‘che ti perseguita’.

Il ricordo di Guido nella Commedia

Unus philosophus alter poeta

(21)

4. Le rime del tempo della Vita nuova

Anche se il sonetto A ciascun’alma presa e gentil core, composto all’incirca nel 1283, non fosse stato in assoluto la sua prima prova poe- tica, comunque gli esordi lirici di Dante non possono collocarsi molto più indietro. Dante non ha mai raccolto le sue rime in un canzoniere, disponendole secondo un ordinamento d’autore (fanno eccezione le poesie comprese nella Vita nuova e nel Convivio, che però sono parte integrante di opere a sé), come farà, ad esempio, Petrarca. Le moderne edizioni delle Rime dantesche, che raccolgono tutte le poesie che ci so- no giunte sotto il nome di Dante, riflettono, nella selezione e nell’ordi- namento, le scelte dei rispettivi curatori. L’ordinamento che oggi con- tinua a essere più familiare ai lettori è quello fissato a suo tempo da Michele Barbi per l’edizione nazionale del 1921 sulla base di criteri biografici, stilistici e tematici.

La produzione giovanile compresa tra i primi anni Ottanta e i primi anni Novanta è quella destinata a essere sottoposta a un’attenta selezio- ne ai fini della costituzione del libro della Vita nuova. E non ci sono dub- bi che i risultati più alti e innovativi di tale stagione siano da identificare con le rime che nel libello rispondono alla «poetica della lode» e che Dante stesso nell’incontro purgatoriale con Bonagiunta vorrà definiti- vamente consegnare alla memoria dei posteri con il nome di «dolce stil novo» (Purg. XXIV, 49-62; vd. Epoca 1, Capitolo 4): la canzone Donne ch’avete intelletto d’amore, i sonetti Tanto gentile e tanto onesta pare e Vede perfettamente onne salute, e tutti gli altri componimenti che, ispi- rati da un amore assoluto e disinteressato, realizzano l’ideale linguistico e melodico del nuovo stile (vd. infra, §5).

Ma l’armonia tematica e formale delle poesie della lode costituisce il punto d’arrivo – peraltro tutt’altro che definitivo – di un percorso che, fin dai primi prodotti ancora compromessi con la precedente tradizione cor- tese e guittoniana, è stato contraddistinto da una forte vocazione speri- mentale. Non sono infatti poche le rime che, per la loro natura eversiva rispetto all’ideale armonico del dolce stile, se non rispetto all’amore stes- so per Beatrice, sono poi rimaste fuori dal progetto della Vita nuova.

I primi esperimenti lirici sono ancora connotati in senso cortese, sia sul piano linguistico, per i ricercati provenzalismi e sicilianismi, sia sul piano dei temi e delle metafore, ancora di matrice feudale. È il caso del- la canzone La dispietata mente, che pur mira, che sviluppa il tema troba- dorico della lontananza, con il poeta che rimpiange il suo «dolce paese»

e prega l’amata rimasta lì di assicurargli la sua benevolenza:

La dispietata mente, che pur mira1 di retro al tempo che se n’è andato, da l’un de’ lati mi combatte il core;

e ’l disio amoroso che mi tira

ver’ lo dolce paese c’ho lasciato, 5 La raccolta delle rime

Dentro la Vita nuova:

il «dolce stil novo»

Fuori dalla Vita nuova:

lo sperimentalismo

L’eredità cortese

1 pur mira: ‘guarda sol- tanto’.

Nota metrica: Canzone. Stanze di dodici endecasillabi e un settenario con lo schema ABC ABC, CDEeDFF e congedo YZZ.

Testo: Rime, ed. Barbi-Maggini, p. 178.

(22)

d’altra part’è con la forza d’Amore;

né dentro i’ sento tanto di valore che lungamente i’ possa far difesa2, gentil madonna, se da voi non vene:

però, se a voi convene 10

ad iscampo di lui mai fare impresa3, piacciavi di mandar vostra salute4 che sia conforto de la sua virtute.

Ma già a un clima e a ideali differenti appartengono una serie di com- ponimenti ispirati da un’inedita grazia e leggerezza, di parole e di imma- gini, come la ballata – genere già cavalcantiano – Per una ghirlandetta, che canta, con felice levità di movenze, l’amore per una «Fioretta»:

Per una ghirlandetta ch’io vidi, mi farà sospirare ogni fiore.

I’ vidi a voi, donna, portare

ghirlandetta di fior’ gentile, 5 e sovr’a lei vidi volare

un angiolel d’amore umìle1; e ’l suo cantar sottile dicea: «Chi mi vedrà

lauderà ’l mio signore». 10

Se io sarò là dove sia Fioretta mia bella e gentile, allor dirò a la donna mia che port’in testa i miei sospire.

Al medesimo clima è da ricondurre anche il sogno d’evasione va- gheggiato nel sonetto Guido, i’ vorrei che tu e Lapo ed io, che celebra l’amicizia come intima condivisione di valori in nome d’Amore, poi as- sunto dalla critica come manifesto della nuova poesia fiorentina, ovvero dello stilnovismo inteso in senso lato.

Rimandano invece a una ben più drammatica esperienza d’amore, e a un magistero cavalcantiano ormai assimilato in profondità, alcuni com- ponimenti che riguardano Beatrice, ma come oggetto di una passione cu- pa e patologicamente sofferta, cui il poeta si sa destinato sin dalla nasci- ta, come racconta in E’ m’incresce di me sì duramente:

Lo giorno che costei nel mondo venne, secondo che si trova

nel libro de la mente che vien meno1,

la mia persona pargola sostenne 60

2 che… difesa: ‘che io posso resistere a lungo’.

3 se a voi… impresa: ‘se voi dovete adoperarvi per salvarlo’.

4 vostra salute: ‘il vostro saluto’.

Un’inedita grazia

1 umìle: ’benevolo’.

L’amore come dolorosa passione

1 nel libro… meno: ‘nel- la memoria, che man mano viene a mancare’.

Nota metrica: Ballata di novenari e settenari con schema xyz, AB AB, byz.

Testo: Rime, ed. Barbi-Maggini, p. 203.

Nota metrica: Canzone. Stanze di endeca- sillabi e settenari con schema AbC AbC, CDEdFfEE.

Testo: Rime, ed. Barbi-Maggini, p. 235.

(23)

una passïon nova2,

tal ch’io rimasi di paura pieno;

ch’a tutte mie virtù fu posto un freno subitamente3, sì ch’io caddi in terra,

per una luce che nel cor percosse: 65 e se ’l libro non erra,

lo spirito maggior4 tremò sì forte, che parve ben che morte

per lui in questo mondo giunta fosse:

ma or ne incresce a quei che questo mosse. 70

Appartengono infine al genere comico-realistico i sonetti scambiati da Dante con l’amico poeta Forese Donati, caratterizzati dal registro basso e quotidiano delle accuse e offese che i due si rivolgono, ulteriore prova di una versatilità stilistica e di una perizia tecnica che daranno il frutto maturo nell’espressionismo e nel plurilinguismo della Commedia (vd. infra, §11.12).

Al medesimo sperimentalismo giovanile dantesco si sono volute per molto tempo ricondurre due opere pervenuteci anonime, il Fiore e il Detto d’Amore, che, giudicate «attribuibili» a Dante da Gianfranco Con- tini, uno dei maggiori filologi del Novecento, sono ancora oggi oggetto di discussione tra gli studiosi, sebbene sia ormai prevalente l’idea che non ci sono elementi dirimenti a favore della paternità dantesca. Entrambe le opere sono tràdite in copia unica, adespota e anepigrafa, da un mano- scritto fiorentino, databile, secondo gli studi più recenti, verso la metà del Trecento. Il Fiore è un poema allegorico composto da 232 sonetti che narrano la conquista della donna da parte dell’amante. L’opera si presen- ta, anche linguisticamente, come un rifacimento del Roman de la Rose,

poema allegorico in antico francese iniziato da Guillaume de Lorris, tra il 1225 e il 1237, e concluso, probabilmente verso il 1280, da Jean de Meung (vd. Epoca 1, Capitolo 6, §2).

Il Fiore è almeno successivo al 1283-1284, giacché in un sonetto fa riferimento all’as- sassinio del filosofo averroista Sigieri di Bra- bante, avvenuto in quegli anni. Il Detto d’A- more, composto da 480 settenari in rima ba- ciata, è pure un poemetto allegorico sull’a- more cortese debitore verso il Roman de la Rose. Gli indizi sulla base dei quali Contini si espresse a favore della paternità dantesca, che riguardavano sia riferimenti presenti nel testo (ad esempio l’autore del Fiore dice di chiamarsi Durante, di cui il nome Dante è la forma ipocoristica) sia corrispondenze di ti- po linguistico-stilistico con la lingua poetica dello stesso Dante, appaiono oggi, anche al- la luce di verifiche approfondite condotte per mezzo di strumenti informatici, molto meno cogenti.

2 sostenne… nova: ‘patì una sofferenza inaudita’.

3 tutte… subitamente: ‘le virtù vitali all’improvvi- so si arrestarono’.

4 lo spirito maggior: ‘lo spirito della vita, che ha sede nel cuore’.

Il registro comico

Il Fiore e il Detto d’Amore

Figura 2

Giorgio Vasari, Ritratto di sei poeti toscani, 1544; Minneapolis, Institute of Art.

(24)

5. La Vita nuova

5.1 Genesi, struttura e modelli

La Vita nuova è una narrazione in prosa volgare della storia dell’a- more di Dante per Beatrice, prima e dopo la morte di lei, che include le liriche composte negli anni precedenti. Il titolo, che alcuni editori vo- gliono latino (Vita nova, così come si legge nel primo paragrafo: «In quella parte del libro de la mia memoria dinanzi a la quale poco si po- trebbe leggere, si trova una rubrica la qual dice: Incipit vita nova»), più che significare semplicemente ‘vita giovanile’, intende riferirsi al rinno- vamento interiore che Dante matura sotto il segno di Amore.

Il libello include nel suo insieme 31 poesie, di cui 23 sonetti, 2 sonetti rinterzati, 5 canzoni (di cui una composta da una sola stanza e un’altra da una doppia stanza) e una ballata, che si alternano nel corso della narra- zione senza rispettare la tradizionale separazione per generi metrici pro- pria dei canzonieri antichi. La prosa assume sostanzialmente la funzione di collegare le liriche, narrando le occasioni in cui sono state composte e commentandole, in particolare articolandole in varie parti, le cosiddette

«divisioni», dove si espone ordinatamente il loro contenuto secondo una tecnica tipicamente medievale (ma che non piacerà a Boccaccio, che nel copiare il testo della Vita nuova estrapolerà le stesse divisioni).

Riguardo alla struttura complessiva, rispetto alla convenzionale bi- partizione in vita e morte di Beatrice, che la critica ha da sempre ravvi- sato forse su suggestione del canzoniere petrarchesco, si può meglio ri- conoscere un disegno tripartito (Pirovano): una prima parte introdotta dal proemio e conclusa dalla crisi del «gabbo» (I-XVI); una seconda parte incentrata sulla «matera nuova» della poesia della lode (XVII- XXVII); una terza parte che si apre con la morte di Beatrice, che pure comporta l’entrata in una «nova materia», e termina con la mirabile vi- sione finale (XXVIII-XLII). La tradizione manoscritta dell’opera non pare comunque autorizzare alcuna suddivisione d’autore. La partizione più pratica rimane dunque quella invalsa in 42 paragrafi introdotta dall’esemplare edizione critica di Michele Barbi del 1907.

Rispetto alla precedente tradizione, e non solo poetica, sorprende il carattere di assoluta novità del libello. La critica si è variamente sforzata di individuare possibili modelli, ma non si è andati oltre la segnalazione di opere latine e romanze che tutt’al più possono aver suggerito soluzioni riguardanti specifici aspetti, formali o sostanziali, della Vita nuova. Così, ad esempio, è consuetudine ricordare come modello di prosimetro, cioè di opera che alterna prosa e versi, il De consolatione Philosophiae di Se- verino Boezio, senz’altro presente anche dietro l’intonazione elegiaca di alcuni paragrafi; per le parti narrative e le introduzioni alle poesie si rin- via alle vidas, ‘vite, brevi biografie’, e alle razos, ‘ragioni’, che nei canzo- nieri provenzali precedono le liriche dei trovatori; per l’opzione autobio- grafica di fondo, e in particolare per l’istanza di mutamento interiore, il modello eminente sono le Confessiones di Agostino; sul piano dell’ideo- logia amorosa, diversi spunti vengono dal Laelius de amicitia di Cicerone e dalla mistica cistercense. Infine, non solo molte immagini e metafore,

Il titolo

Le poesie e la prosa

La struttura tripartita

I possibili modelli

(25)

ma la stessa lingua della prosa, tendente alla linearità sintattica e all’ite- razione lessicale, rimandano al latino delle Scritture e in particolare dei Vangeli. Ma è evidente come il confronto con tutti questi modelli, che appartengono a tradizioni culturali fra loro assai eterogenee, non faccia altro che rimarcare l’originalità dell’esperimento dantesco.

La Vita nuova, così com’è concepita, è insomma un’opera senza pre- cedenti (come del resto lo sarà la stessa Commedia) e presenta tratti co- stitutivi rivoluzionari rispetto alla coeva tradizione letteraria: la scelta di scrivere un libro esclusivamente in volgare, esplicitamente rivendicata e motivata nel testo stesso; l’idea di alternare prosa e versi, selezionando e riorganizzando all’interno di una coerente narrazione autobiografica le liriche amorose composte negli anni della giovinezza; l’invenzione di una concezione dell’amore che, spezzando definitivamente i vincoli, ideologi- ci, culturali e linguistici imposti dal paradigma cortese, riprende, e al tempo stesso oltrepassa, l’azione di rinnovamento poetico già promossa dal «primo amico» e dedicatario del libello, Guido Cavalcanti.

5.2 Tempi e modi di composizione

Non sappiamo con precisione quando Dante compose il libello, tut- tavia da alcuni dati interni si può ricavare una collocazione cronologica abbastanza affidabile. Dante racconta – e non ci sono motivi per non credergli – che compose la prima lirica inclusa nel prosimetro, il sonetto A ciascun’alma presa e gentil core (Vn III, 10-12), quando aveva diciotto anni, quindi nel 1283. Più avanti, verso la fine del libro, dice di aver scrit- to il sonetto Era venuta ne la mente mia (Vn XXXIV, 7-11) quando era trascorso un anno dalla morte di Beatrice, che era avvenuta l’8 giugno del 1290 (Vn XXIX, 1). L’episodio della donna pietosa, con i relativi componimenti, e il sonetto Oltre la spera che piú larga gira, con la mira- bile visione finale, dovrebbero essere dunque, almeno stando alle parole di Dante, successivi al giugno 1291. Ad ogni modo, prendendo come ri- ferimento post quem tale data, e ipotizzando un ulteriore lasso di tempo richiesto dalla progettazione e stesura dell’opera, si potrebbe collocare la composizione della Vita nuova fra il 1292 e il 1293.

Non pare invece doversi fare troppo affidamento, ai fini della data- zione e della stessa interpretazione del libello, su quanto si legge nel Con- vivio. Nel trattato Dante afferma che la donna pietosa o gentile del finale del libello rappresenta allegoricamente la Filosofia (Conv. II xii 1-6), che la sua apparizione risale all’agosto del 1293 e che infine trascorse ulterio- re tempo prima che l’amore per lei fosse perfetto (Conv. II ii 1-3). Tale cronologia comporterebbe che la Vita nuova non potrebbe essere stata composta prima del 1294-1295. Inoltre, l’identificazione in termini posi- tivi della «donna gentile» con la Filosofia appare del tutto inconciliabile con la sua condanna come «malvagio desiderio» nella stessa Vita nuova.

Per giustificare le affermazioni dantesche del trattato, alcuni studiosi si sono spinti a ipotizzare una doppia redazione della conclusione della Vi- ta nuova: la stesura originaria in cui si assisteva alla vittoria della «donna gentile», connotata quindi in termini positivi, sarebbe stata sostituita, do- Un’opera

senza precedenti

La cronologia interna

Il rapporto con il Convivio

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po l’abbandono del Convivio, da quella giunta a noi, caratterizzata dalla condanna dell’amore per la «donna gentile» e dal trionfo di Beatrice. Ma poiché la tradizione manoscritta del libello non reca traccia alcuna di ta- le supposto finale originario, converrà dare credito all’impeccabile coe- renza interna della Vita nuova, e non al precario tentativo di rilettura della stessa attuato nel Convivio, ovvero in un’opera successiva, incom- piuta e mai pubblicata da Dante (vd. infra, §8).

Naturalmente quanto appena detto non implica una fede incondizio- nata nella Vita nuova per quel che riguarda i tempi di composizione, la disposizione e i significati delle liriche incluse. Non bisogna infatti di- menticare che quella dantesca, rispetto alle medesime poesie, è un’ope- razione a posteriori e ideologicamente orientata. Pare lecito supporre, anche alla luce di alcune varianti che tali liriche presentano nella loro tradizione estravagante (ossia indipendente da quella della Vita nuova), che Dante talvolta sia reintervenuto sul testo delle stesse nel momento in cui decise di introdurle nel libello. Un altro aspetto da considerare ri- guarda la collocazione delle liriche all’interno della storia, che non sempre rispetterà i tempi e le occasioni originarie di composizione: ad esempio, la ballata di scuse Ballata, i’ vo’ che tu ritrovi Amore, che Dan- te invia a Beatrice dopo la perdita del saluto, presenta evidenti tratti ar- caici, a partire dal modello di fondo dell’escondig provenzale, e potreb- be quindi essere in realtà un componimento giovanile, non necessaria- mente riguardante Beatrice, poi rifunzionalizzato all’interno del libello.

In altri casi, è più o meno evidente come Dante nella prosa introduttiva tenda a forzare i significati originari delle poesie. Uno degli esempi più clamorosi è quello del sonetto Io mi senti’ svegliar dentr’a lo core, che nella prosa è sottoposto a una vera e propria rilettura, al punto che Dan- te si vede costretto a precisare di aver taciuto nel sonetto «certe parole le quali pareano da tacere» (Vn XXIV, 6). Infine, non si può escludere che qualche poesia sia stata composta, per esigenze narrative, appositamen- te per la Vita nuova: ad esempio la drammatica visione premonitrice della morte di Beatrice affidata alla canzone Donna pietosa e di novella etate, dove è invece la fin troppo puntuale corrispondenza fra la poesia e la prosa a far sospettare che in realtà questa precedesse quella.

5.3 La storia narrata

Dante introduce la storia del suo rinnovamento spirituale come una trascrizione del libro della memoria, di cui si ripromette di riportare, se non tutte le parole, almeno il loro significato esemplare (I). All’età di no- ve anni avviene il primo incontro con Beatrice e Dante sperimenta per la prima volta gli effetti sconvolgenti dell’amore. Da allora Amore domina la sua mente, ma sempre assistito dal fedele consiglio della ragione (II).

Nove anni dopo, la fanciulla concede il saluto a Dante, che prova una straor dinaria felicità. Il poeta ha quindi un sogno premonitore, che si con- clude con l’immagine di Amore in lacrime che tiene tra le braccia Beatri- ce. Dante decide di raccontare tale visione in un sonetto, che invia ai più famosi rimatori del tempo perché la interpretino. Tra questi c’è Guido Ca-

Un’operazione a posteriori

Il saluto

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