• Non ci sono risultati.

L'economista: gazzetta settimanale di scienza economica, finanza, commercio, banchi, ferrovie e degli interessi privati - A.28 (1901) n.1406, 14 aprile

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "L'economista: gazzetta settimanale di scienza economica, finanza, commercio, banchi, ferrovie e degli interessi privati - A.28 (1901) n.1406, 14 aprile"

Copied!
16
0
0

Testo completo

(1)

L'ECONOMISTA

GAZZETTA SETTIMANALE

SCIENZA ECONOMICA, FINANZA, COMMERCIO, BANCHI, FERROVIE, INTERESSI PRIVATI

Alino XXVIII - Voi. XXXII

Firenze, 14 Aprile 1901

ì .

1406

IT A L IA E FRANCIA

Il saluto che la squadra navale italiana ha recato al Presidente della Repubblica francese, a Tolone, nell’occasione del suo viaggio nel sud della Francia, è un fatto che merita d’essere ricor­ dato con sincero compiacimento. E bensì lunge da noi qualsiasi idea di voler trarre da tale av­ venimento e dalle accoglienze oneste e liete che sono state fatte alla nostra squadra profezie di alleanze o comunque di accordi politici futuri.

Un simile fantasticare non è nelle nostre abitudini e d’altronde non è pel lato politico che ci piace ricordare 1’ avvenimento di. questi giorni. Egli è che esso ci richiama a qualche considerazione di carattere economico e ci di­ mostra ancora una volta che la politica estera, ispirata al retto sentimento della posizione dell’ Italia nel mondo politico, che ebbe nell’ on. Visconti-Venosta un abile rappresentante, è quella che può dare i migliori frutti e può as­ sicurare al nostro paese il rispetto e 1’ amicizia degli altri Stati.

Chi rifletta alla condizione dei rapporti po­ litici ed economici dell’ Italia colla Francia qualche anno fa e poscia consideri lo stato pre­ sente delle cose, deve convenire che del cammino se ne è fatto, e non poco, sulla via dell armo nica e fruttuosa convivenza dei due Stati latini. I malintesi, i dissidi, le antipatie sono in gran parte svaniti. Le relazioni commerciali amiche­ voli, che parevano divenute quasi impossibili, si sono invece ripristinate « e se ne deve speciale lode all’on. Luzzatti ; nessun antagonismo palese o di vera importanza politica si manifesta nella ora presente tra i due paesi. Eppure, quali tri­ stissimi giorni non hanno passato le relazioni tra l’ Italia e la Francia! Il sentimento della propria dignità, il senso della misura, la prudenza di uomini di Stato che conoscono a fondo 1 arte della diplomaz a, un più giusto apprezzamento delle condizioni reciproche, tutto ciò ebbe la sua parte nel determinare un progressivo migliora­ mento nelle relazioni franco-italiane. Pur troppo dal punto di vista commerciale siamo ben lon­ tani ancora dall’aver raggiunto quebe cifre di affari che un tempo erano la miglior prova della utilità dei buoni rapporti politici. Nel 1900, per citare qualche cifra, il movimento degli scambi tra la Francia e 1’ Italia, secondo le statistiche

francesi, sarebbe diminuito, rispetto al 1899,

complessivamente di quasi 37 milioni, come può vedersi da queste cifre :

Importazione

d a ll’Ita lia in F ra n cia fr a n c h i

1809... 158,489,906 1900... 146,844,000

Esportazione

dalla Francia in Italia franchi 191,977,945 166,764,000 Differ... — 11,639,906 — 25,213,945 Ma oltre che i dati del 1900 sono provvisori, è da tenere a mente che, come diceva benissimo il senatore Prevet al congresso internazionale di legislazione doganale tenuto a Parigi 1 estate scorso: ogni nazione in fatto di statistica com^ merciale paria presentemente un linguaggio dif­ ferente o sarebbe necessario di far cessare al più presto tale confusione delle lingue. Per farsi quindi un’idea meno inesatta del traffico italo- francese nei due ultimi anni bisognerà avere an­ che le cifre della statistica italiana nel 1900. In­ tanto è sempre un fatto confortante che ormai gli scambi commerciali tra l’Italia e la Francia, non possono trovare nella loro espansione speciali ostacoli derivanti dalla politica, bensì incontrano quelle difficoltà che dipendono dal regime doga­ nale.

E se queste potranno in parte esser rimosse dipenderà indubbiamente dalle migliorate rela­ zioni politiche. Ma certo, per lungo tempo ancora risentiremo gli effetti degli errori che sono stati commessi e quello che già fu il principale no­ stro mercato per l’esportazione resterà indietro di parecchi altri.

Se dagli scambi si passa alle relazioni finan­ ziare, niun dubbio che anche sul mercato francese delle rendite pubbliche e dei valori mobiliari si nota l’effetto della buona situazione politica che a poco a poco è venuta determinandosi e giova sperare andrà sempre più consolidandosi.

(2)

212 L ’ E C O N O M IS T A 14 aprile 1901 quietando le menti dei governanti, come quelle dei

governati. Gli antagonismi politici creati e man­ tenuti da vecchie tradizioni, da una istruzione sba­ gliata, da pregiudizi politici, non sono certo scom­ parsi, ma sono costretti ogni giorno di più a subire qualche condanna, a passare in seconda linea, a perdere di intensità. Senza sognare la federa­ zione europea, confidiamo che la solidarietà eco­ comica continuerà le sue conquiste nel dominio dei vecchi sistemi politici.

L ’ufficio municipale del lavoro a Brescia

La cosidetta politica sociale dei Comuni vanta in Italia un nuovo trionfo con la istitu­ zione, a Brescia, di un ufficio municipale del la­ voro. Seguendo 1’ esempio di alcune città della Germania, della Francia e di altri paesi, il Con­ siglio Municipale di Brescia, pur concedendo nella seduta del 23 gennaio p. p. un sussidio di lire 1500 alla Camera del lavoro, affermava una­ nime la opportunità che il Comune prendesse la iniziativa per la fondazione di un Ufficio munici­

pale del lavoro.

Lo statuto approvato pochi giorni sono di­ chiara che TUfficio del lavoro è istituito nell’ in­ tento di prendere e promuovere tutti quei prov­ vedimenti che possono giovare al miglioramento morale, intellettuale e materiale delle classi la­ voratrici. L ’ufficio è diviso in due sezióni. La prima ha per iscopo più diretto di interporsi fra conduttori e locatori d’opere, offrire agli uni il per­ sonale ed agli altri l’occupazione di cui potessero occorrere, e di raccogliere all’uopo le opportune notizie statistiche sul mercato del lavoro all’ in­ terno ed anche all’estero. La seconda sezione ha per iscopo di risolvere, a mezzo di arbitri, qua­ lunque controversia potesse sorgere nell’applica­ zione del contratto di lavoro, ed ogni altra diffe­ renza fra principali e dipendenti.

Se tali sono le funzioni assegnate all’ufficio del lavoro di Brescia può parere che l’opera sua fàccia duplicato con quella della stessa Camera del lavoro sussidiata dal Comune e con quella dei Collegi di probiviri. Riguardo alla prima è utile notare che nella relazione, con la quale la Giunta municipale proponeva il sussidio si avver­ tiva che il lavoro di detta Camera si compendia nel collocamento di operai disoccupati, nella so­ luzione di scioperi e di vertenze fra operai e pa­ droni, nello studio di questioni riflettenti le fe­ derazioni operaie, nell’agitazione promossa per la soluzione di problemi economici e nello svol­ gimento di un’azione morale che si estrinsechi in pubbliche conferenze.

Aggiunge la relazione che se la Camera del lavoro ha giovato all’ interesse operaio, non si può disconoscere che serii inconvenienti presenta l’organizzazione di codeste associazioni.

Le Camere del lavoro — essa dice — sono per loro natura rigidamente unilaterali, esclu­ dendo chi è padrone : rivestono quindi natural­ mente un carattere di lotta contro padroni e capitale, che se è ingiusta per sè, non essendovi per questi ultimi la possibilità di difendersi

contro le pretese degli operai, nuoce agli operai stessi che non possono far valere che tumultua­ riamente i loro diritti. E necessario, quindi, di cambiar Strada, e la nuova via da seguire ci è additata da recenti esempi. La definizione del problema, che si propone di organizzare il la­ voro in modo più regolare e conforme alle con­ dizioni dell’epoca nostra ha in questi ultimi anni e per cause diverse, fatto rapidissimi pro­ gressi.

Riconosciamo noi pure che le Camere del la­ voro, così come sono venute organizzandosi, pre­ sentano degli inconvenienti dal punto di vista delle garanzie di imparzialità nelle questioni tra il capitale e il lavoro. Ma quanto alla funzione intermediaria tra chi cerca occupazione e chi ne offre, non vediamo come esse possano sollevare eccezioni e dubbii. Nell’ interesse stesso degli operai, la Camera del lavoro deve alla fine cer­ care di accattivarsi la stima, la fiducia degli in- traprenditori, altrimenti verrebbe meno al suo scopo principale. Nè bisogna lasciarsi troppo impressionare da quello che possono fare sul principio le Camere del lavoro, o perchè sono guidate da uomini che più che delle questioni operaie si occupano del socialismo e della rela­ tiva propaganda, o perchè ancora mal pratiche, non pienamente consapevoli della funzione che hanno da esercitare, si lasciano andare or da una parte or dall’altra. Le Camere del lavoro sono istituzione di data troppo recente, perchè pos­ sano avere una condotta bene precisata schiara. Se deviano dalla loro rotta, bisogna farlo cono­ scere al pubblico più interessato alla loro esi­ stenza fruttuosa e mostrare i pericoli e i danni di quei deviamenti.

Riguardo poi ai collegi di probi-viri rico­ nosciamo che il loro ordinamento è difettoso e che finora in Italia poco hanno giovato. La legge del 1893 è stata applicata con grande fiacchezza, quasi a controvoglia ; ma è certo che se si sapesse modificarla, così da renderla di applicazione più facile e utile praticamente, il problema della soluzione delle controversie spe­ ciali fra lavoratore e imprenditore sarebbe quasi del tutto eliminato.

Ora, data questa condizione di cose, la isti­ tuzione di uffici del lavoro municipali non ci pare consigliabile. Spiegando le ragioni del nuovo istituto, la Giunta di Brescia osserva che « è ormai entrato nel convincimento gene­ rale che il Comune se vuole essere vera­ mente degno delle illustri sue memorie e tradi­ zioni storiche, e rispondere ai fini etico-sociali pei .quali è costituito ed è, dopo la famiglia, l’organismo di maggiore importanza nello Stato — deve tendere, con ogni sforzo e con instan­ cabile assiduità, a rendere compartecipe la mag­ gior parte delle varie classi della popolazione, al cresciuto benessere derivato dall’ immenso incremento dell’agricoltura, delle industrie e dei commerci ai nostri giorni. »

(3)

che si snatura il carattere del Comune,quando lo si vuole, senza saper bene in qual modo, fattore principale di benessere, anziché stru­ mento per l ’ appagamento di certi bisogni ai quali l’opera dei privati, o singoli o associati li­ beramente, mal può provvedere. E qui si avverta che non bisogna confondere la politica sociale dei Comuni con la municipalizzazione di certi servizi pubblici. Quest’ ultima può essere oppor­ tuna e in qualche caso anche economicamente vantaggiosa perchè in sostanza si tratta di so­ stituire a un monopolio privato un altro mono­ polio pubblico ; mentre nelle nuove attribuzioni che si vogliono dare al Comune in omaggio alla politica sociale, non si possono non vedere usur­ pazioni nel campo dell’ attività privata, attribu­ zioni pericolose per il Comune medesimo, che in causa di esse può essere trascinato fuori dell’ or­ bita sua e costretto ad assumersi responsabilità che non può addossarsi. Chi pensi all’andamento dei Comuni, anche per le funzioni che sin qui hanno avuto da esercitare, non può essere se non assai riluttante a darne loro di nuove.

E se esse aumenteranno, il risultato non sarà dissimile da quello che si verifica per altri enti, come ad esempio per la posta; — le vecchie e le nuove funzioni verranno esercitate tutte mala­ mente, certo molto al disotto di quel grado di perfezione che avrebbero potuto raggiungere se i Comuni fossero rimasti nel loro vero e proprio campo di azione.

La relazione della Giunta municipale di Brescia insiste sulla necessità che l’ ufficio del lavoro sia municipale, perchè possa allontanare anche il più lontano sospetto che l’ opera sua non sia assolutamente oggettiva, spassionata ed imparziale. Ma noi crediamo che anche qui si abbiano delle illusioni. In una istituzione della quale fanno parte il Sindaco e due consiglieri comunali, difficilmente la politica rimarrà dei tutto estranea, senza dire che se anche questi non la facessero entrare nell’ ufficio del lavoro, ci penserebbero molto probabilmente a farcela penetrare gli altri membri rappresentanti le due classi, la padronale e 1’ operaia, che sono il più spesso in conflitto. Insomma coll’ ufficio munici­ pale del lavoro, mentre si compromette il Co­ mune in atti e fatti che non lo riguardano diret­ tamente, non si evitano gli attriti, le rivalità, le accuse di partigianeria che ingenuamente si crede e si spera dai fautori dell’ ufficio bresciano di eliminare.

La bontà delle intenzioni della Giunta e del Consiglio comunale di Brescia è fuori di causa ; la iniziativa che essi hanno preso e accolto, di­ mostra il loro desiderio di concorrere alla pace sociale e di facilitare all’operaio il suo impiego. La relazione che spiega le ragioni che hanno suggerito e consigliato di istituire un ufficio mu­ nicipale del lavoro è documento che attesta lo studio diligente della ideata istituzione ; solo vi è una questione di massima che n n e stata sufficientemente esaminata. Ed è appunto questa. Se data la esistenza della Camera del lavoro e la legge sui probi-viri, nonché data la natura dell’ ente Comune, fosse il caso di trapiantare anche in Italia l’ ufficio municipale del lavoro. Per conto nostro, pensiamo già da tempo di no ;

soltanto sarebbe da studiare, a nostro avviso, la questione della rappresentanza legale della classe dei lavoratori, e ciò allo scopo di uscire una buona volta dalla situazione contradditoria, con­ fusa, e non senza pericoli, che si è venuta deter­ minando.

LA DISCUSSIONE PEL DAZIO SUL GRANO

Il discorso dell’on. M. Pantaleoni

L ’ultima discussione fatta alla Camera dei deputati, sulla mozione Bertesi per 1’ abolizione del dazio sui cereali, meriterebbe d’essere fatta largamente conoscere.

Il pubblico, dai resoconti dei giornali, non può avere se non un’idea imperfettissima degli ar­ gomenti che avversari e fautori del dazio sul grano hanno esposto in quella occasione e sa­ rebbe quindi opera altamente civile e insieme utile, di ripubblicare i discorsi dei deputati nel loro testo completo. Si vedrebbe facilmente quali argomenti meschini, quali ragioni interes­ sate, quali contradizioni sono state messe in­ nanzi a sostegno di un dazio condannato dalle più elementari ragioni di giustizia, di utilità ge­ nerale e di convenienza politica e sociale.

Non crediamo che il dazio sul grano sia stato mai così male difeso, come nella recente discussione della Camera. I discorsi degli on. Sommi Picenardi, Salandra, Ferraris sono un insieme dei soliti luoghi comuni, con qualche af­ fermazione gratuita in piu e qualche nuova con­ traddizione, sicché la miglior dilesa dell abolizione del dazio sarebbe forse quella di diffondere nel pubblico i discorsi di quei tre onorevoli, con qual­ che opportuna nota che svelasse ciò che, essi at­ traverso a eufemismi, a frasi più o meno contorte e a pensieri più o meno profondi, vogliono real­ mente dire. Il discorso dell’on. Colaianni ci è parso una ripetizione alquanto diluita della re­ plica che ci ha diretto mesi sono in risposta a un nostro articolo, replica alla quale non ab­ biamo mancato di rispondere.4) Acuto e interes­ sante, sia per la forma che per la sostanza, ab­ biamo trovato quello dell’on. Pantaleoni, come pure buone osservazioni e argomenti validissi­ mi offrono altri discorsi di oratori favorevoli alla mozione Bertesi, ad esempio quello dell’on. Cic- cotti. Per ragioni evidenti di spazio, non possiamo estenderci su tutti questi discorsi; dobbiamo li­ mitarci a considerare quello dell’on. Pantaleoni, del quale riferiremo alcuni brani.

L ’on. deputato avvertì aneh’ egli che la di­ scussione pel dazio sul grano non era che una pura accademia. Sin da ora infatti, egli diceva, si sa in qual modo voterà la maggioranza che è di coloro i quali difendono il dazio sul grano ; essi voteranno contro la mozione Bertesi-Agnini. È certo del pari, e da tutti ciò si comprende, che diversamente non potrebbero votare. La Camera attuale in sostanza è dominata da due sindacati: da un sindacato industriale e da un sindacato non già di proprietari, ma di quei proprietari che

(4)

214 L 'E C O N O M I S T A 14 aprile 1901 producono grano. — E dopo aver passato in rasse­

gna i principali fautori e avversari del dazio sul grano, l’on. Pantaleoni si fermò a considerare il fatto clie si trattava di una mozione presentata da socialisti e per questo solo essa era ostica a una gran parte della Camera.

Ciò significa senz’altro per molta gente — egli disse — una mozione diretta contro le isti­ tuzioni, o per lo meno contro la proprietà, una mozione la quale lia secondi fini, e ad ogni modo una mozione la quale se venisse a trionfare, da­ rebbe ai proponenti, cioè ai socialisti, un gran credito innanzi al paese; perciò, per il solo fatto che sia presentata da loro, è cosa che va respinta. Orbene non vi dispiaccia, egli continuò, se io mi fermo un momento sul programma socialista. Questo programma è un mixfvrn composiium di molte cose. Innanzi tutto è un programma il quale comprende una lunga serie di cose che sono semplicemente giuste. I socialisti spessis­ simo non chiedono altro che l’osservanza delle vostre leggi. Altre volte vi chiederanno il li­ bero esercizio di diritti statutari, oppure che voi interveniate in questioni di moralità pub­ blica, come fu a Napoli. Ed in genere, per cento cose chieste dai socialisti, novanta sono que­ stioni, nelle quali basta essere galantuomini per essere con loro, perchè non si tratta che di que­ stioni di giustizia, di moralità e di lotta contro manifesti monopoli.

Un secondo capo del loro programma voi l ’avete nella richiesta di una serie di statifica- zioni e di municipalizzazh ni. Ebbene, qui biso­ gna distinguere : una parte delle proposte che da loro sono presentate, sono tecnicamente fon­ date; cioè a dire sono casi, nei quali è econo­ micamente conveniente sopprimere un monopolio privato e sostituirlo con un monopolio di Stato o municipale, casi in cui è praticamente pos­ sibile l ’amministrazione di un servizio per parte di un’autorità comunale o di Stato, ed essa rie­ sce migliore dell’amministrazione fatta da una società privata.... Un terzo capo del loro pro­ gramma è il solo che sia strettamente socialista ed è questo : quando essi si vogliono servire della municipalizzazione di un servizio allo scopo di spogliare, a favore delle classi popolari, le classi abbienti. Ebbene combatteterle in questo caso e mostrate loro l’ingiustizia delle loro pre­ tese, e il danno economico che ne segue, ma non estendete l’opposizione a fe prpposte che rientrano nei primi due capi. In particolare te­ nete fermo questo che le dottrine dei socialisti sono in continua modificazione....

Non staremo ora a discutere, perchè uscirem­ mo dall’argomento del dazio sul grano, questa ana­ lisi del programma socialista; passiamo invece agli argomenti che l ’on. Pantaleoni oppose al dazio medesimo.

Lasciando da parte la teoria, che del resto è stata svolta egregiamente dall’ on. Ciccotti, disse il Pantaleoni, i risultati acquisiti, che nes­ suno può contestare sono i seguenti : il dazio rincarisce il prodotto nazionale del proprio am­ montare per quintale. L ’ on. Salandra conveniva in questo quando, diceva : « non starò a discutere lira più o lira meno ; l’abolizione del dazio to­ glierebbe ai proprietari 150 e 200 o 250 milioni ».

Dunque se togliendo il dazio essi perdono questa somma, mantenendolo essi la guadagnano. Io ac­ cetto la cifra intermedia di 200 milioni, facendo una valutazione bassissima, di cui non esporrò qui il fondamento. Ammetterete però che non è contestabile che il dazio avvantaggia non già i proprietari che producendo grano, lavorano con le maggiori difficoltà, ma i proprietari i quali posseggono le terre che sono in condizioni mi­ gliori per questa coltura, ossia avvantaggia la rendita fondiaria.

E più innanzi, egli esclama: ora io vi domando quanti sono i proprietari interessati a questo dazio sul grano ? Ci sono due metodi per arrivare appros­ simativamente a determinare i proprietari interes­ sati a questo dazio. Il primo è quello indicato dall’on. Agnini che consisteva nel ritenere confor­ memente a dati ufficiali, che noi abbiamo in Italia circa 5 milioni di proprietari, dei quali 3 milioni e un terzo pagano l’imposta fondiaria massima di 5 lire. Non sono questi coloro i quali producono grano. Abbiamo un altro milione di proprietari i quali pagano un massimo d’ imposta fondiaria da 10 a 20 lire annue cioè, precisamente 614mila che non pagano più di 10 lire e 450,000 che non pagano più di201ire. Finalmente, abbiamo 250,000 proprietari i quali pagano più di 40 lire d’ im­ posta fondiaria. In questi non dovete cercare i proprietari che producono grano. Se io li consi­ derassi tutti come produttori di grano sarebbero sempre un’ infima minoranza rappresentata qui nella Camera in modo più che sproporzionato. Ma autorevoli congetture ci permettono di ridurre il numero dei grandi proprietari al quinto di quella cifra, cioè a 50 mila.

Il secondo metodo, quello che dirò il metodo Giretti, mi serve di controllo. Allora il conto lo potete fare in questo modo. Tutti insieme, noi in Italia non abbiamo che circa 15 milioni e mezzo di ettari coltivati e di questi soltanto 4 milioni e mezzo sono coltivati a frumento. Non direte che il dazio giovi a quelli che producono altra roba. Yi sono 7 milioni e mezzo di ettari coltivati con altri cereali che non siano il frumento. Vi sono 5 milioni e 6 decimi di milioni di ettari che sono prati. Vi è un mezzo milione di ettari a vite e un mezzo milione di oliveti. Come vedete, la colti­ vazione del frumento è cosa relativamente limi­ tata. Ora che cosa importa tutta questa questione ? E proprio così accademica come pare a molti ? Volete sapere come finisce l’accademia che stiamo facendo? Finisce in questo modo : che questi egregi proprietari di terreni che producono grano si sono liberati completamente dall’ imposta fon­ diaria; non solo, ma riscuotono in più altrettanta somma.

E qui con una serie di calcoli diretti, e indi­ retti, particolari e generali, F on. Pantaleoni fece la dimostrazione del suo asserto e passò poscia a chiarire come vi sia una grande differenza fra un dazio industriale e uno agricolo.

(5)

gli industrialiha eliminato ogni benefizio del dazio per loro ; essi non ottengono che l’ interesse cor­ rente e il profitto corrente, come gli operai non hanno che il salario corrente. Ma si produce ad un costo maggiore di quello che si avrebbe, se la merce di cui si tratta si comperasse con altra di produzione relativamente più facile, cioè con altra più adatta alle condizioni naturali del paese. Voi mi dite che gl’ industriali fanno dei sinda­ cati. Anche il sindacato non regge. Se voi for­ mate un sindacato, quello che vi succede è que­ sto: che io vi vengo subito a ricattare e vi dico: o mi ammettete nel sindacato che vi frutta un soprareddito, od io mi metto a farvi concorrenza. E allora voi allargate il sindacato e mettete dentro una nuova fabbrica, e quando avete messo dentro questa ne sorge un’ altra, e questa ricatta a sua volta il sindacato, e così sempre di se­ guito finche anche il sindacato non dà che il profitto corrente e non ha più ragione d’essere. Invece nel caso del dazio sul grano, la rendita dei proprietari di terreni non è soggetta a con­ correnza. Quando voi avete il dazio, se anche la produzione si estende, si estenderà necessaria­ mente in terre prima non coltivate e quindi meno rimunerative. Come potete negare? Se per met­ tere a grano un certo terreno, che prima non era coltivato a grano, avete bisogno del dazio, vuol dire che è meno rimunerativo di quelli che potete coltivare anche senza dazio ! Ora io dico, la ren­ dita di quelli che hanno terre fertili, terre che non hanno bisogno del dazio per essere coltivate, è quella che cresce e non c’ è aumento di pro­ duzione che diminuisca la rendita di quei ter­ reni. Ecco la differenza fra dazio industriale e dazio agricolo.

(Continua).

Ostruzionismo tributario

L ’ordine del giorno, col quale la Commissione degli Uffici della Camera dei Deputati ha chiusa la discussione sull’ omnibus finanziario del Mini­ stero, è un modello inimitabile del più perfetto ostruzionismo tributario.

La Commissione —: esso dice — convinta : u) che 1’ abolizione del dazio consumo sui farinacei e l’apertura dei Comuni chiusi non sono possibili senza dissesto delle finanze comunali ;

b) che per ottenere l’uno e l’altro provve­

dimento occorre il concorso dello Stato, il quale dovrebbe stabilire nuove entrate che ron'possono essere quelle indicate nel progetto;

c) che lo studio dei nuovi provvedimenti per .le occorrenti entrate non è di competenza propria,

passa alla nomina del relatore in persona del proprio presidente, onorevole Bos^lli.

* * *

Come si vede, 1’ ostruzionismo di quell’ or­ dine del giorno non potrebbe essere più completo e meglio congegnato. In fondo in fondo, la Com­ missione non ha fatto altro che confermare la sentenza emessa dall’ onor. Sonnino nel settem­

bre scorso quando, sulla Nuova Antologia, scri­ veva « non essere ancora tempo di porre mano ad alcuna vasta trasformazione del nostro siste­ ma tributario. »

Nell’ interesse della giustizia nell’ ammini­ strazione e della quiete pubblica dentro e fuori il Parlamento non si può assentire al risultato negativo degli studi della Commissione ; la quale, composta di persone competenti e guidata da chi, già Ministro del Tesoro e delle Finanze, è stu­ dioso assai ed espertissimo in materia, avrebbe potuto senza difficoltà invitare Parlamento e Go­ verno a quella razionale, radicale e graduale tra­ sformazione dei tributi di Comune e di Stato che — predicata da anni ed anni — è oramai dive­ nuta di attuazione inevitabile ed urgente, se non si vuole che nuove agitazioni popolari impongano domani quel che oggi di buon animo non vo­ gliamo dare.

* * *

Si dice e- si afferma ad ogni piè sospinto che « la storia è la maestra della vita. » Fran­ camente, se badiamo a quel che avviene nel Par­ lamento italiano in fatto di giustizia tributaria, bisognerebbe concludere invece che « la vita di ciascheduna generazione si compie all’ infuori di ogni ammaestramento storico delle generazioni precedenti. »

Prescindendo dal fatto notorio che le sedi­ zioni di popolo e la mutazione, anche pacifica, della forma di governo trassero sempre origine dalle angarie fiscali di tributi a progressione ro­ vescia ed a base di monopolio di classe, un esem­ pio a noi vicino per distanza di tempo e di luogo — quello dell’Inghilterra — avrebbe dovuto darci ammaestramento e convinzione che la grandezza e la prosperità economica delle nazioni hanno sempre per base fondamentale ed essenziale la giustizia e la umanità negli ordinamenti ammini­ strativi e finanziari delle aziende di Stato e di Comune.

La riforma doganale, tributaria e bancaria inglese iniziata da Roberto Peel nel 1842 e con­ dotta a termine nel 1848, fece dell’ Inghilterra la nazione modello in fatto di quiete e di pace — tantoché, per la mirabile armonia di senti­ menti nazionali che regna fra le varie classi so­ ciali che la costituiscono e per la equa semplicità degli ordinamenti amministrativi e tributari che la reggono, il Regno Unito inglese può a giusto titolo vantarsi di essere una vera Repubblica

retta a form a di Monarchia.

Nè fuvvi monarca meglio rispettato dal suo popolo di quel che lo fu la regina Vittoria,

sotto il cui regno venne iniziato, condotto a ter­ mine e consolidato quel riordinamento generale e radicale dell’azienda finanziaria che assicurò e sviluppò il libero scambio dentro e fuori i con­ fini dello Stato inglese e che sottrasse ai partiti estremi la materia imponibile per le agitazioni dentro e fuori Parlamento.

(6)

216 L’ ECONOMISTA 14 aprile 1901 e con durezza crudele applicavano sulle masse

meno abbienti e lavoratrici.

Obliata la causa del male, ricadde nel mo­ nopolio militare e bancario, nell’eccessivo debito pubblico, e nei dazi chiusi di consumo e di do­ gana ad altissime aliquote protettive e proibitive. Di guisa che la colossale rivoluzione, che doveva rinnovare su basi durevolmente tran­ quille ed intangibili la vita sociale francese assi- dendola su leggi di vera libertà finanziaria, eco­ nomica e civile, altro non fu che il segnale di una serie di alternate rivoluzioni minori fra go­ vernati e governanti —- il cui ciclo di cammino sussultorio non ancora è compiuto, nè si chiu­ derà, perchè le classi dirigenti francesi persi­ stono nel grande errore di credere che la giu­ stizia, la libertà e la equità nell’amministrazione di Stato e di Comune consistano nella form a di governo — e che basti, di conseguenza, trasfor­ mare da ereditaria in elettiva, o viceversa, la carica suprema di Capo dello Stato per dare ai popoli quella prosperità e quel benessere che sotto la forma di governo precedente non ave­ vano potuto conseguire.

* * *

I principali diritti e doveri tributari, sociali e bancari, sui quali si fonda la libertà economica di che gode l’ Inghilterra dal 1842 in poi, sono i seguenti :

1. Nessun Comune chiuso e nessun dazio comunale sul pane ;

2. I bilanci municipali alimentati essen­ zialmente dagli introiti della tassa sul valore capitale e locativo dei terreni e dei fabbricati, nonché dai proventi della municipalizzazione dei servizi d’indole pubblica, quali l’ illuminazione, i trasporti, l’acqua potabile, la fognatura, ecc. ;

3. L ’ assistenza ai poveri garantita in ogni Comune da una tassa speciale, il cui prodotto viene amministrato dai maggiori contribuenti del bilancio ;

4. I Comuni, le cui entrate sono insuffi­ cienti, sono per legge obbligati a consorziarsi od aggregarsi ai Comuni limitrofi;

5. Il bilancio dello Stato incardinato sugli introiti delle tasse sul reddito personale e sul valore delle successioni : entrambe a mite ali­ quota resa progressiva da una larga quota mi­ nima esente;

6. Nessun dazio doganale sui cereali e sugli altri generi di necessario consumo popo­ lare : il dazio sullo zucchero e sul caffè limitato al 2b 0 (0 del loro valore; nessuna tariffa di prote­ zione, nessuna disciplina di privilegio, e nessuna tassa di monopolio per alcuna classe sociale ;

7. Obbligatoriamente nominativi i titoli di debito pubblico e le azioni delle società private, allo scopo essenziale di impedire che la ricchezza mobiliare sfugga alle imposte sul reddito e sulle successioni ;

8. La circolazione bancaria a corso legale garentita per circa i quattro quinti da riserva in oro e pel rimanente da obbligazione di Stato : — ed il cambio dei biglietti in oro obbligatorio sempre a sportello aperto ;

9. La emissione di biglietti bancari a corso

fiduciario viene permessa semprechè, nell’

inte-resse dei terzi, sia garentita nei modi di legge da deposito di moneta e titoli di Stato ;

10. Inscrizione obbligatoria dei salariati alla cassa nazionale di previdenza per la vec­ chiaia e per gli infortuni ;

11. Le ferrovie di proprietà dello Stato vi sono esercite dallo Stato.

Come altra volta accennammo sulle colonne di questa rivista, è coll’ attuazione graduale di un tale programma di giustizia tributaria, di umanità sociale, e di equo rigore bancario che l’ Inghilterra, in meno di mezzo secolo, potè giungere a quella prosperità economica dentro e fuori casa, che tuttora fa stupire il mondo per la sua grandezza e solidità.

Ed è col saper cedere a tempo e pruden­ temente alle domande delle classi dirette che le classi dirigenti hanno potuto mantenere ordine, armonia e disciplina all’interno e farsi temere e rispettare all’ estero senza nemmeno sentire il bisogno della leva militare.

E F Italia ?.... vediamo se inclina a mettersi sulla buona via.

* * *

Il programma finanziario presentato dal Mi­ nistero Zanardelli non si può dire interamente organico ed esauriente -— perocché, mentre at­ tacca e batte in breccia le barriere doganali in­ terne e il dazio sul pane, lascia sussistere l’una e 1’ altra iniquità nei 62 maggiori centri citta­ dini del regno — cioè, nei 14 Comuni di I a classe e nei 48 di 2a classe.

Però il progetto, pur non essendo completo, pone netta la quistione fondamentale-— che, cioè « i tributi di comune devono riformarsi prima, « od almeno contemporaneamente a quelli di « Stato — e thè i primi tributi comunali a scar- « tare devono essere quelli a dazio chiuso e quelli « che colpiscono il pane. »

È in ciò che sta il merito del disegno di legge daziaria Giolitti-Wollemborg ; al quale non dovrebbe venir meno l’appoggio di quanti desi­ derano che veramente e seriamente si cominci col fare qualche cosa.

Certamente il progetto è suscettivo di emen­ damenti parecchi — ma se modificazioni vi si hanno ad introdurre, queste devono essere tali da renderlo meglio completo e radicale, non da menomarne la portata.

Al quale riguardo non possiamo approvare l’On. Barzilai — il quale, nel suo ordine del gior­ no alla Commissione dei nove « lascia facoltà ai « Comuni chiusi di rifiutare il passaggio alla ca- « tegoria degli aperti, e conserva il dazio interno « sui farinacei nelle 69 città che sono capoluoghi « di provincia. »

Quell’ordine del giorno, mentre restringe le proposte ministeriali, non fa camminare d un passo la riforma daziaria — inquantochè per la legge Carcano del 14 luglio 1898 i Comuni chiusi sono già autorizzati a deliberare il proprio pas­ saggio alla categoria degli aperti ogni volta che lo credano di propria convenienza.

* * *

(7)

Estrema Destra la quale, coll’ ordine del giorno dell’ Onor. Daneo, osteggia apertamente 1’ abo­ lizione del Comune chiuso, forse perchè intra­ vede di dover sopperire agli sgravi daziari con nuove entrate a carico degli abbienti: — dall’ al­ tro lato la Estrema Sinistra la quale, coll’ordine del giorno dell’ onor. Barzilai, anziché rinforzare, menoma la portata del progetto ministeriale, forse perchè teme che le masse, soddisfatte in gran parte, abbiano a sentire meno il bisogno di avere rappresentanti alla Camera.

Del resto la Estrema Sinistra, se ha un tale timore, non è nel torto : in Inghilterra, dove non esistono nè Comuni chiusi, nè dazi sul pane, nè tante altre brutte cose che in Italia sono ancora, i rappresentanti speciali del pro­ letariato sono pressoché scomparsi, e nessuno pensa più a mutare la clamide regale ereditaria col berretto frigio elettivo ; perocché la prova di fatto vi ha convinto le maggioranze lavora­ trici che la giustizia e la equità di governo sta nella sostanza delle leggi, non nella forma del copricapo di colui che sovraintende alla promul­ gazione delle leggi.

Per altra parte non recherà sorpresa la poca, e quasi nessuna importanza che la Estrema Sinistra attribuisce all’ abolizione dei Comuni chiusi e del dazio interno sul pane se si rifletta che, nelle molteplici conferenze della meravi­ gliosa propaganda fatta dai deputati popolari per l’abolizione del dazio sul grano, mai o quasi mai venne fatto cenno della necessità di abolire il dazio consumo sul pane e le barriere interne.

Il che lascierebbe supporre che la Estrema Sinistra trova iniqua la tassa sul pane quando questo è colpito al confine dello Stato e la trova invece tollerabile quando la tassazione si effettua al confine dei Comuni : evidentemente, siamo fuori la massima.

Rilevato il fatto, non è il caso d’ insistere in considerazioni: dirò soltanto che, se l’Estrema Sinistra avesse fatto per l’abolizione delle bar­ riere interne e del dazio comunale sul pane la stessa propaganda scritta e parlata che fece per ottenere il riconoscimento delle Camere di la­ voro, la riduzione delle spese militari e l’aboli­ zione del dazio sul grano, a quest’ora il progetto ministeriale non avrebbe più contradditori nel partito liberale ed i Municipi di terza e quarta classe non si andrebbero unendo in Sindacato per scongiurare una riforma che inizia l’equo ri­ parto delle tasse fra le agiatezze locali dei Comuni.

E mi limiterò a ricordare che, se realmente si desidera dai rappresentanti popolari la sop­ pressione delle barriere doganali di Stato, oc­ corre che prima ottengano l’abbattimento delle cinte doganali dei Comuni — in caso diverso,

fino a che rimarranno queste, resteranno anche quelle.

Informi la Erancia dove — nonostante la forma repubblicana del governo — le barriere doganali di Stato sono risorte più forti che mai cereali ed ogni altro genere di consumo popo­ lare, appunto perchè non vennero mai abbattute le barriere interne dei Comuni.

Informino Inghilterra e Belgio, dove la co­ scienza della iniquità del dazio di confine sui

cereali fu sentita dopo soltanto che caddero i casotti daziari comunali : — ed è naturale.

Dico « è naturale » perchè non è possibile che la stessa persona trovi fastidioso il fumo negli occhi quando parla nell’aula del Parlamento na­ zionale se lo sopporta senza lagnanze quando discorre nella sala del Consiglio municipale.

Non si può quindi che rimanere addolorati nel vedere come non solo dalla Estrema Sinistra non si fa propaganda popolare per l’ abbatti­ mento generale delle barriere interne, ma, ora che un Ministero previggente ne propone l’abo­ lizione parziale, quell’abolizione si tenta di ren­ dere minima ed inconcludente anche da parte di chi dovrebbe reclamare contro la timidità delle proposte del Governo.

Ecco perchè chiamai strano il nostro paese quando si parla di riforme tributarie.

* * *

Le proposte del Ministero, incomplete per quanto riguarda la estensione della riforma da­ ziaria, lo sono pure in merito ai provvedimenti che dovrebbero stabilire le nuove entrate a compenso di quelle perdute per effetti degli sgravi.

Nei numeri 1384 e 1394 di questa Rivista abbiamo accennato alla modificazione della tassa sul valore locativo delle case ed all’ impianto della imposta generale sulla entrata personale del cittadino quali fonti sicure dei necessari in­ troiti a sostegno degli eventuali spareggi nel bi­ lancio dei Comuni e dello Stato.

Rinviando pertanto il lettore allo schema di legge ivi proposto, e che sarebbe integratore del progetto ministeriale, dirò che quante volte si volesse per ora prescindere dalla attuazione della tassa generale sul reddito personale per compensare i 50 milioni di canone daziario che lo Stato condonerebbe ai Comuni, si potrebbe fare appello ad un’ altra imposta pure d’ indole generale ed a base di progressività diretta : quella, cioè, che colpirebbe il reddito speso sotto forma di tassa generale di produzione, e che do­ vrebbe prelevarsi sulla quantità della forza mo­ trice che viene impiegata nella produzione e lavorazione dei generi ed oggetti di qualsiasi specie.

La legislazione finanziaria odierna colpisce di tassa di produzione poche varietà soltanto di prodotti fabbricati negli opifici. *) Estendiamo la tassa a tutte le varietà dei prodotti industriali che si lavorano negli opifici, riduciamo l’aliquota di prelevamento a pochi centesimi (non più di due o tre) per cavallo-ora di forza disponibile -— e noi, senza spostare interessi, anzi garenten- doli con equa sopratassa al confine, avremo creato il vero cavallo di battaglia che assicura la elasticità di risorse al nostro stremato bilan­ cio di Stato.

A dimostrare poi quanto sia infondata la obiezione massima, che gli oppositori sollevano

(8)

218 L ’ E C O N O M IS T A

14 aprile 1901

contro il progetto di abolizione dei Comuni chiusi — ohe, cioè, i Municipi non potrebbero sop­ portare la scossa senza un dissesto generale nelle finanze comunali — prenderemo ad esame il bi­ lancio di Milano (prima classe) e quello di Ber­ gamo (seconda classe) confrontandone i risultati di pareggio nei due casi di esazione a dazio

chiuso e di esazione a dazio aperto.

Bergamo, come sappiamo, per virtù e senno civile dei suoi maggiorenti al potere, è Comune aperto dal 1° del corrente anno. *)

Premesso che il Municipio — con savio pro­ cedere —- anziché appaltare il dazio a terzi, o fare convenzioni di abbonamento con ogni sin­ golo esercente, concesse la esazione daziaria di Comune aperto agli esercenti della città riuniti in consorzio ; ecco i dati della spesa di bilancio stanziata negli anni 1900 e 1901 :

BERGAMO — Comune chiuso

Spesa pel 1900.

1. Canone daziario governativo.. . . ■ ■ L. 2. Spesa per guardie ed impiegati daziari. » 3. Spese altre di bilancio... » Totale spesa bilanciata. L.

209.000 123.000 1,235,000 1,567,000.

BERGAMO — Comune aperto

Spesa pel 1901.

1. Canone daziario governativo.. . . . .. . . . L. 2. Spesa por guardie ed impiegati daziari. » 3. Spese altre di bilancio... » Totale spesa bilanciata. L.

209,000 5,100 1,335,700 1,550,000 Le quali spese, messe a confronto, danno una economia di lire 17 mila a tutto vantaggio del Comune aperto — nonostante che il Muni­ cipio di Bergamo continui a pagare per intero il canone daziario governativo di lire 209 mila.

E rimarchevole come il Municipio di quella città a b b i a ridotta la spesa di esazione aperta,

per guardie ed impiegati daziari, al meno che del cinque per cento della spesa che per lo stesso titolo sosteneva colla esazione chiusa.

* * *

Vediamo ora la resistenza del bilancio di Milano, qualora il progetto ministeriale fosse integrato nel senso di contemplare T abolizione dei Comuni chiusi anche di prima e seconda

classe. . . . . .

Per la intelligenza dei proventi daziari ri­ dotti, ohe esporremo supponendo Milano Co­ mune aperto, conviene tenere presente che — come dicemmo nel numero 1394 di questa ri­ vista — l’ introito daziario di _ Comune aperto non varia colla riscossione chiusa per quanto riguarda il gaz, le carni daziate al macello pub­ blico i foraggi ed i materiali di costruzione — e che la perdita sulle bevande e sui commesti­ bili non può mai superare il terzo della esa­ zione a comune chiuso (Bergamo insegna): - premesso questo ecco le cifre del bilancio pre­ ventivo pel 1901, le quali restringerò alla sola parte daziaria — perocché, essendo soltanto ipote­ tica la soppressione della cinta daziaria milanese, i) gi veggano i numeri 1396 e 1397 dell 'Economista.

conviene lasciare intatte le cifre di ogni altra impostazione di bilancio che non si riferisca al dazio di consumo :

MILANO — Comune chiuso

Bilancio daziario 1901.

Entrata U scita

1. Bevande... 2. Commestibili... . 3. Generi diversi di spic­

ciolata ... 4. Carni (bestie macellate) 5. Materiali da costruz... 6. Foraggi... 7. G a z ... • . . 8. Guardie ed impiegati in servizio 9. Canone governativo... Totali L 7,905,000\ 655,000( 240,000/ 3,000,0001 1,060,0001 705,000 635,000.' 8,800,000 5,400,000 1.320.000 3.625.000 14,200,000 4,945,000 4,945,000 Introito residuo L. j 9,255^0001

MILANO — Comune aperto

Bilancio daziario futuro.

Entrata U scita

1. Bevande, commestibili, generi diversi * )... ... 2. Carni, materiali, foraggi, gaz... 3. Guardie ed impiegati in

ser-5.870.000 5.400.000 70,000 4. Canone governativo... — Totali L. 11,270,000 70,000 Introito residuo L. 70,000 11,200,000

Il confronto fra gli introiti residui daziari del Comune chiuso ed aperto pone in evidenza come il Municipio di Milano, una volta divenuto comune aperto ed alleggerito del canone gover­ nativo, anziché un disavanzo avrebbe un avanzo di bilancio di quasi due milioni, i quali potreb­ bero servire anche per diminuire i 5,870,000 del canone da addossarsi agli esercenti.

Il che dimostra quanto sieno lontani dalla realtà gli oppositori del progetto _ Giolitti-W ol- lemhorg, allorché insistono nel rifiutarlo pren­ dendo a pretesto il dissesto delle finanze co­ munali chiuse qualora la legge obbligasse i ri­ spettivi municipi a trasformarsi in comuni aperti. Che se l’esame che abbiamo fatto del bi­ lancio di Milano lo estendessimo anche ai bi­ lanci dei rimanenti 61 Comuni chiusi di l a e di 2a classe, si troverebbe che i risultati di pa­ reggio, anzi di avanzo, non sarebbero molto di­ versi da quelli dimostrati per Milano.

* *

Gli oppositori obietteranno certamente la difficoltà di ripartire il contingente daziario di Comune aperto per le bevande ed i commesti­ bili fra i singoli esercenti.

») La cifra esposta è quella indicata nel bilan­ cio di comune chiuso, diminuita di un terzo (pro­ porzione adottata dal Municipio di Bergamo).

(9)

Risponderemo che difficoltà non ne possono sorgere, quante volte le altre città d’ Italia se­ guissero l’esempio pratico e lodevolissimo del Municipio di Bergamo ; il quale, stabilito il con­ tingente di somma che intendeva ritirare dal dazio consumo a pareggio di bilancio,^ prima di darlo in appalto a terzi chiamò a se gli eser­ centi e ne offri ad essi la concessione purché si unissero in regolare consorzio e garantissero il pagamento del canone daziario determinato dal Comune.

La proposta venne accettata — gli esercenti si unirono in consorzio — e l’odiato appalto a terzi non ebbe luogo.

Si obietterà ancora dagli impenitenti oppo­ sitori : e se gli esercenti di altri Comuni non volessero unirsi in consorzio e garentire al Mu­ nicipio il pagamento del canone daziario, come si farebbe nei grossi centri, quali Milano, Torino Roma, Napoli e simili, a distribuire il canone di contingente daziario ?

Innanzi tutto facciamo osservare essere ben difficile che gli esercenti delle altre città si rifiu­ tino di seguire 1’ esempio dei colleghi di Ber­ gamo — tanto più se il Municipio avrà cura di dichiarare nettamente che,_ qualora gli esercenti non si unissero in consorzio per assumere il ca­ none stabilito, la riscossione daziaria a Comune aperto verrà appaltata a norma di ^ legge (non bisogna dimenticare che l’appalto è la testa di Medusa che giustamente spaventa qualsiasi eser- C0nt 0 )

Volendosi, del resto, prescindere dalla odio­ sità degli appalti, il ministero potrebbe inseriré nel suo disegno di legge un articolo,_ col quale si permette ai Municipi, che non vogliono ricor­ rere all’appalto, di ripartire il contingente da­ ziario fra gli esercenti a mezzo della stessa Com­ missione stabilita dal Regolamento alla legge 28 giugno 1866, n, 3023, per la determinazione del valore locativo dei fabbricati.

Che anzi, nell’articolo stesso si potrebbe sta­ bilire che la Commissione nell’assegnare la quota di contingente daziario a ciascheduno esercente, avrà specialmente riguardo al valore locativo dei locali di bottega, negozio o magazzino adi­ biti per l’esercizio a tassarsi

Con ciò ogni difficoltà anche fiscale sarebbe tolta, e la base pratica e reale del riparto ga­ rantirebbe della equità del suo ammontare di rapporto ai diversi esercenti.

* * *

Dopo ciò, a noi non resta che di fare appello al patriottismo dell’estrema destra e dell’estrema sinistra, e domandar loro : - « desiderate since­ ramente la conservazione dell’ordine pubblico ? Vi sta a cuore il miglioramento delle classi pro­ letarie e la non lontana caduta delle barriere doganali di Stato ?... » (se sì, si mettano in ac­ cordo i capi delle due estreme e votino il pro­ getto ministeriale qual’è, integrandole puramente e semplicemente colla soppressione anche dei Comuni chiusi di Ia e di T classe — meglio se, a garantire il bilancio dei Comuni e dello Stato vorranno accogliere le nostre proposte tributane contenute nel n. 1394 di rivista. .

Ed al Ministero non ne resta che di

nvol-gere un augurio fervidissimo— che sappia, cioè, e voglia respingere ogni emendamento che me­ nomi la portata delle abolizioni proposte nel suo progetto— e che voglia accettare tutti gli emen­ damenti intesi ad estendere la soppressione del dazio sul pane e del casotto daziano anche ai Comuni di l a e 2 a classe.

*

* *

E poiché di questi giorni i giornali hanno annunziato che il Sindaco di Bologna si recò in Roma per invocare dell’on. Griusso, ministro dei lavori pubblici, talune concessioni di zone mili­ tari onde poter allargare la linea daziaria della città, cogliamo volentieri l’occasione per esortare il Ministero ad impedire che il Paese assista allo scandalo enorme di un Municipio che tranquilla­ mente allarga la cinta daziaria, mentre in Parla­ mento si discute della soppressione di tutte le

barriere interne. , .

Ad ottenere questo basterà che il Ministero, nell’art. 1° del suo progetto introduca l ’aggiunta che « dal 7 marzo 1901 nessun Comune chiuso

potrà più allargare la propria cinta daziaria ».

L ’ aggiunta — di effetto altamente morale - varrà anche per distogliere altre citta dal seguire l’esempio cattivo e funesto del Municipio di B o­ logna.

Ricordiamo infine che l’accordo di tutti ì partiti sull’accettazione del progetto ministeriale sarà tanto più facilmente conseguito se terremo presente che sulla riforma razionale e pronta dei tributi locali impegnò la sua parola il nuovo Re d’ Italia, quando sciolta l’amministrazione Sa­ racco, si decise di conierire all’on. Zanardelli lo incarico della formazione dell’attuale Governo.

Ed il Paese si mostrerà riconoscente al Senato e alla Camera dei deputati se queste due supreme istituzioni legislative osse­ quienti allo Statuto e dimentiche delle divi- sioni artificiose di partito — vorranno franca- mente e lealmente stendere la mano al giovane nuovo Re d’ Italia per decretare assieme la ca­ duta di quelle feudali mura daziarie, le quali - a dispetto delle molteplici guerre combattute per l’unità politica ed economica dell’ Italia —- anem­ ia mantengono divisa in 336 ridicoli Stati esteri spurii, il cui confine è segnato da pali medioe- vali che portano scritta in alto la umiliante ed antinazionale parola «Comune chiuso».

Ausonio Lomellino.

Rivista fèibliografica

The Co-operative Wholesale Societies England and Scotland. Annual for 1901. - Manchester, pag. 5d4.

Le due grandi Cooperative all’ ingrosso del- P Inghilterra e della Scozia hanno pubblicato il loro solito Annuario, che è una delle più splen­ dide pubblicazioni che sien fatte da Società cooperative.

(10)

nei-220 L ’ E C O N O M IS T A 14 aprile 1901 l’ India e i suoi insegnamenti, sugli Stati Uniti

del 1900, sui salari e i prezzi dopo la rivoluzione industriale, sul socialismo municipale, sulle spese o le imposte nel Regno Unito dal 1875 al 1900, sul problema delle abitazioni nelle città, ecc. Il volume che annunciamo è dunque una miniera di dati non solo sulla cooperazione, ma sopra molti altri argomenti e merita la migliore acco­ glienza.

Jj. P a squillile ci. — Annuario d’Italia per la esporta­ zione. — 4. edizione, Roma, 1901, pag. 1287.

In pochi anni questo Annuario ha incon­ trato grande favore nel mondo industriale, e veramente lo merita, perchè è una miniera di notizie e di dati tutti del maggior interesse pel nostro commercio di esportazione. L ’egregio au­ tore anche nella quarta edizione ha recato molti miglioramenti e ampliamenti. L ’ Annuario com­ prende tre parti; una generale, che è la più breve, riassume tutto ciò che riguarda l’economia del- 1’ Italia, una speciale, che riguarda i principali prodotti di esportazione e una parte estera, che tratta dei principali paesi e mercati dove può avviarsi l’ esportazione.

Questo Annuario non dovrebbe mancare negli uffici degli industriali, nelle scuole commerciali, nelle biblioteche pubbliche e private, perchè è veramente opera ben fatta e di grande utilità pratica.

(Rivista (Economica

Per il traffico di Genova. — Il raccolto dei cereali nel 1900 in Germania e in Austria. — La emigrazione europea.

Per il traffico di Genova. — Le difficili con­ dizioni del servizio ferroviario nel porto di Genova, in seguito al felice sviluppo di traffici verificatosi negli ultimi anni, sono state oggetto, da parte del Governo, di diligenti ed amorevoli studi, che ini­ ziati nel 1893 e proseguiti alacremente poi e durante l’ amministrazione Lacava, furono concretati dallo on. Branca nella Convenzione conchiusa tra lo Stato e la Società delle Strade Ferrate del Mediterraneo il di 3 del febbraio scorso, che sta presentemente dinanzi al Parlamento.

Le difficoltà di servizio dipendono principalmente — dice la relazione ministeriale che accompagna la Convenzione — dalla ristrettezza delle linee di co­ municazione dal porto alla stazione di Sampierdarena lungo le quali transitano giornalmente 200 troni al- 1’ incirca e ne dovranno transitare anche un maggior numero quando, ultimati i lavori portuali in corso, la potenzialità media del porto da 1300 carri giorna­ lieri, la quale dessa è attualmente, aumenterà a 1800, dei quali 1250 e forse 1400 dovranno essere diretti alle due linee dei Giovi.

Se la potenzialità delle due linee dei Giovi cor­ risponde largamente a questo movimento, non vi corrispondono le linee di comunicazione tra Genova e Sampierdarena, assolutamente insufficienti fin da ora al traffico diretto oltre i Giovi.

La soluzione del problema, pertanto, consiste nell’ alleggerire queste comunicazioni mediante lo allacciamento diretto del porto colle due linee che attraversano i Giovi, completando il provvedimento con la istituzione di un parco carri, capace di 2600 vagoni, in prossimità della stazione di Rivarolo.

Ed è questo, appunto, l’ obietto della Convenzione predetta.

Per essa la Società del Mediterraneo assume la costruzione della linea di allacciamento diretto e lo impianto di un parco vagoni presso Rivarolo al prezzo fatto di L. 7,200,000 escluse le espropriazioni ed il materiale metallico d’armamento, cui provvederà di­ rettamente lo Stato, e per le quali si presunte la spesa di L. 5,300,000 che farà salire a 12 milioni e mezzo il costo totale delle nuove opere.

La spesa dovrebbe, in base ai contratti di eser­ cizio del 1885, gravare le Casse patrimoniali ; ma per le loro ristrettezze, essendo praticamente impossi­ bile addossare alle Casse questo nuovo onere, senza obbligarle in pari tempo a sospendere altri lavori egualmente urgenti, il Governo propone di sovve­ nire con pari somma le Casse, ripartila in cinque esercizi, a principiare da quello prossimo.

I lavori dovranno essere intieramente compiuti e collaudati, si da potere essere aperti all’ esercizio, nel termine di due anni e mezzo a decorrere dal giorno in cui lo Stato farà regolare consegna alla Società delle aree per la sede dell’allacciamento e del parco, l’espropriazione delle quali lo Stato ha

riservato a se. ,

II prezzo di costruzione sarà pagato alla Società in quattro rate di L. 1,800,000 cadauna nel luglio di ogni anno, a principiare dal 1902.

Questa, in sintesi, l’ economia della Convenzione e del relativo disegno di legge, che si trovano di­ nanzi alla Camera con voto favorevole della Com­ missione.

La relazione della Commissione — lavoro dello on. Curioni — rilevata la necessità urgente di prov­ vedere a risolvere le gravi difficoltà, che inceppano il movimento del traffico da e per il porto di Genova, e dimostrata la convenienza tecnica e finanziaria della Convenzione sottoposta alla sanzione del Par­ lamento, tocca dal problema ferroviario, che, rimasto

sospeso per la legge del 27 giugno 1897, incalza e preme da tutte le parti, invocando una soluzione.

La necessità di Stato ha potuto, in un momento critico per la finanza, imporre il sacrificio di gravi e delicati interessi e far tacere pel momento i sa­ crificati ; ma, ad avviso della Commissione, della quale l’ on. Curioni si è fatto eloquente oratore, lo svolgimento del traffico imporrà, a non breve sca­ denza, che il problema ferroviario sia ripreso in esame e sia risoluto non soltanto a, soddisfazione di promesse date, bensì ancora a soddisfazione di nuovi e maggiori bisogni che la legge del 1888 non poteva prevedere e contemplare.

La Commissione non formula proposte concrete, ma si contenta di esprimere la speranza che si prov­ veda al più presto alla costruzione delle linee com- plementari, sospesa con la legge del 1897, associando alla politica tributaria quella non meno provvida del lavoro nazionale.

Il raccolto (lei cereali nel 19 0 0 in Ger­ mania e in Austria. — Secondo i dati teste

ubblicati dall’ Ufficio di Statistica dell’ Impero te- esco, il raccolto dei cereali in Germania nel 1900, ascese in tonnellate (0,1000 chilogrammi) :

Grano

anno Segala e farro Orzo Avena Patate 1900 8,550,659 4,307,512 3,002,182 7,09 L, 930 40,585,317 1899 8,675,792 4,323,542 2,983,876 6,882,687 38,486,202 1898 9,032,175 4,121,761 2,829,112 6,754,120 36,720,609 1897 8,170,511 3,725,755 2,564,439 5,718,644 33,776,060 1896 8,534,037 3,845,167 2,727,105 5,969,465 32,329,046 1895 7,724,902 3,642,580 2,793,974 6,244,473 37,786,006 1894 8,343,033 3,875,981 2,849,118 6,580,100 33,608,894 1893 8,941,9(4 3,932,928 2,359,722 4,180,457 40,724,386 Da un calcolo sulla quantità dei cereali eco. di­ sponibili nell’ Impero tedesco, tenuto conto dei rac­ colti, delle semine, dell’ importazione e dell’ espor­ tazione risulta che dal 1° luglio 1899 al (10 giugno 1900 pel nutrimento delle persone e degli animali si ebbero 144.6 chilogrammi di segala, 82.3 chilogr. di grano, 7,5 di farro, 69.5 di orzo, 111.9 di avena e 581.1 chi­ logrammi di patate per testa della popolazione, che secondo i risultati dell’ ultimo censimento è di 56 mi­ lioni di abitanti.

(11)

I risultati sono i seguenti (milioni di quintali) : M edia d a l 1890 19C0 1899 1898 1897 1893 al 1S96 Grano.. . 11.1 13.6 12.8 9.4 11.4 11.9 Segala . . 13.9 2 1 .6 20.2 16.0 18.7 19.2 Orzo ... . 13.4 15.9 13.8 11.1 12.3 13.1 Avena.. . 17.2 20.8 18.7 14.7 16.0 17.2 Granturco 8. 9 3.7 4.2 3.8 4.5 4.3

Il racoolto dei cereali nel 1900 fu, quindi, infe­ riore a quello dell’ anno precedente pel grano di 2.5 milioni di quintali, per la segala di 7.8, per 1’ orzo di 2.5, per l’ avena di 3.6 milioni di quintali. La di­ minuzione maggiore fu per la segala, e quindi sarà necessaria una forte importazione di questo cereale per sopperire ai bisogni della nutrizione.

La emigrazione europea. — Un mutamento profondo è avvenuto negli ultimi venti anni, nella composizione dell’ emigrazione europea. Mentre fino verso il 1880 vi partecipavano quasi esclusivamente i popoli del Nord, oggi la parte principale è data dai popoli del mezzogiorno.

Una volta emigravano specialmente gli anglo- sassoni e i tedeschi, oggi, e da parecchi anni, primeg­ giano i latini e gli slavi. Da questo mutamento ne è risultato un altro correlativo nella ripartizione de­ gli emigranti nei vari paesi d’oltre mare.

Fra questi vengono in capo lista gli Stati Uniti ; ma non occupano più un posto prominente come prima del 1880.

Dal 1870 al 1880, vi si recarono 2,800,000 immi­ granti, mentre in Australia la immigrazione era stata di 330,000 persone, inferiore anche a quella dell’ Ameri­ ca del Sud.

Dal 1881 al 1882 1’ immigrazione agli Stati Uniti toccò il massimo 730,000 immigranti per anno ; po­ scia si produsse un rallentamento che ricondusse il numero degli immigranti a 332,000 nel 1885 per rial­ zarsi con leggiere oscillazioni a 595,000 nel 1891. Da questa data in poi l’ immigrazione si abbassa conti­ nuamente fino a ridursi 230,000 nel 1897-98.

Nel 1898-99 si ha un aumento, ed arriva a 311,000. Nell’America del Sud le cose vanno diversamente nel 1880 arrivarono nell’ Argentina 41,000 emigranti; nel 1885 sono già 100,000 ; nel 1889 è una vera folla, 280.000 persone vi si precipitano. Ma sopraggiunge la crisi ; le cifre della emigrazione cadono bruscamente a 100,000 nel 1890; a 52,000 nel 1891 restando stazio­ naria su 80,000 fino al 1895 e poi risalendo con varie oscillazioni fìuo a 111,000 nel 1899.

Nel Brasile la grossa immigrazione è arrivata più tardi che nell’ Argentina. Fino ai 1886 gli immigranti non superavano i 30,000 ma nel 1887 sono già 55,000 e nel 1888 toccano 131,000.

Nel 1892 arriviamo a 216,000. Si hanno poscia dei salti di alto e di basso, finche si ferma nell’ ultima statistica a 112,000.

Le due grandi repubbliche Sud-americane, unite insieme, arrivano così ai due terzi della cifra degli Stati Uniti.

Gli altri paesi Sud-americani, non accolgono ogni anno che qualche centinaio di emigranti, ed anche l’ Australia non ne riceve di più.

L ’ eccedenza della immigrazione sulla emigrazione nelle colonie inglesi dell’Australia che era stata di 390.000 nel decennio 1881-1890, dopo di allora si è ag­ girata sui 40,000 ossia 4000 per anno in media.

Se gli sbocchi della corrente migratoria che parte dell’ Europa sono cambiati, dipende specialmente dal fatto che questa corrente non è più composta come una volta.

Gli inglesi, gli irlandesi, i tedeschi, gli scandinavi continuano come pel passato a recarsi quasi esclusi­ vamente negli Stati Uniti. Ma fra i popoli in cui la emigrazione è in aumeuto, gli spagnuoli ed i porto­ ghesi si dirigono quasi tutti verso l’ America meri­ dionale, i primi verso l’Argentina e i secondi verso il Brasile.

Gli italiani si dividono in parti quasi uguali fra le due Americhe : nel 1899 ne partirono 63,000 per gii Stati Uniti, 44,000 per l’Argentina, 26,000 pel Bra­ sile, 4000 per i diversi altri paesi dell’ America latina un piccolo rivolo si dirige anche all’Algeria e alla Tunisia, circa 1.150. Anche i pochi francesi che emi­ grano preferiscono l’America del Sud. Gli slavi vanno di preferenza nell’ America del Nord.

L ’ emigrazione è dunque più variata nelle sue ori gini come ne’ suoi sbocchi, oggi che non lo fosse venti anni fa.

Ed è un bene che vi partecipino largamente i popoli latini e che non si dirigano più soltanto verso quell’ enorme crogiuolo degli Stati Uniti del quale modificherebbero certamente il carattere, già di tanto lontano dal tipo inglese.

Nell’ America del Sud, invece, essi conservano i loro tratti caratteristici. Popolando rapidamente le ricche contrade del Brasile e del Piata, essi prevengono l’ estensione universale e monotona dell’ influenza anglo-sassone e tedesca, che avrebbe finito per esten­ dersi anche all’ America meridionale, se l’ immigra­ zione si fosse mantenuta nelle condizioni del 1880. Benché l’ emigrazione tedesca e britannica, data la sostanza del movimento industriale in Europa, sia destinata ad aumentare di nuovo o ritornare forse alle cifre del 1887-1893, vi è ragione di presumere che l ’emigrazione latina, alimentata specialmente dall’ Ita­ lia, la cui popolazione è sovrabbondante, resterà ab- basta numerosa per non lasciare allagare il suo do­ minio, l’America del Sud, sotto il flutto degli emi­ granti tedeschi.

Diamo il disegno di legge relativo alla tassa di successione.

Art. 1. La tassa di registro sulle donazioni pre­ viste dagli articoli 95, 96, 97 parte penultima ed ul­ tima, 98, 99 e 100 della tariffa annessa alla legge del registro (testo unico) 20 maggio 1897, n. 217 e quelle sulle trasmissioni per causa di morte previste dagli articoli 106, 107, 110, 111, 112, 113, 114 della tariffa stessa, sono applicate nella misura e secondo la scala seguente :

Gradi di parentela

Trasmissioni in linea retta, tra ascend. e discendenti. . Id. tra c o n iu g i... Id. tra fratelli e sorelle. . . Id. tra zii nipoti, prozìi e pro­ nipoti ... Id. tra cugini germani . . . Id. tra altri parenti e colla­ terali fino al 10° grado incl. Id. tra parenti oltre il 10° gr. e fra gli affini, tra i non pa­ renti o a favore di stabili- menti ed istituti diversi da quelli indicati nell’ art. 97 della tariffa annessa alla leg­ ge del .Registro, 24 maggio

1897, n. 217...16.00 18.00 19.00 20.00 Al solo effetto di determinare il valore della quota individuale saranno messe in conto tutte le donazioni anteriormente fatte dallo stesso donante od autore della successione allo stesso donatario, erede o legatario.

Per le quote individuali ad eccezione di quelle fino a L. 50,000 la tassa è da applicarsi sul valore di ciascuna quota ridotto della cifra costante di L. 2000.

Art. 2. La congruità del valore capitale dei beni immobili, trasferiti a qualunque titolo, q accertata dal Ricevitore del registro confrontandola col coef­ ficiente unitario di capitalizzazione dell’ imposta principale, approvato e riveduto ogni cinque anni per ciascuna provincia nel modo indicato nell’ arti­ colo seguente.

Art. 3. In ogni capoluogo di provincia, una Com­ missione presieduta dall’ Intendente di finanza, e composta dall’ ingegnere capo dell’ Ufficio tecnico di finanza, da due fra i maggiori censiti della

pro-*) (*) (* 1.60 2.00 3.50 5.00 4.50 6.00 8.00 9.00 7.00 9.00 11. 00 12.00 8.50 11.00 12.00 13.00 12.00 14.00 15.00 16.00 14.00 16.00 17.00 18.00

Riferimenti

Documenti correlati

Ci auguriamo che la Commissione dei X V , come volle respingere le disposizioni riguardo alle quote minime, non lasciando inascoltate le nostre Osservazioni, voglia ora

Dopo ciò il Consiglio apprese che lo stesso Se­ gretario della Camera aveva proposto alla Presidenza di farsi promotrice della raccolta di un fondo da e-

Ludwig Stein.. della vita in comune; la seconda contiene una storia della filosofia sociale e la terza espone i principali tratti di un sistema di filosofia sociale.

Se i tre Stati coi quali è più imminente la sca­ denza delle attuali convenzioni chiedessero al nostro paese, p er conservare V attuale regime alle nostre

I canali, i docks, non sono al contrario rap­ presentati che dalle azioni ed obbligazioni di un numero ristretto di imprese, quali i docks delle Indie

Ohi rifletta all’ attuale indirizzo della politica commerciale, alle tendenze che si manifestano ogni qualvolta si avvicina la scadenza di un trattato di commercio

Svizzera e l’ Italia per la linea Bruxelles-Na- mur-Lussemburgo ; alle ferrovie dell’ est e del nord della Francia con le numerose linee delle provinole di

Chiesa che egli non interveniva e non poteva inter­ venire se non in rappresentanza delle Leghe, e di fronte alla non meno recisa dichiarazione degli A r­ matori