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Rivista di diritto finanziario e scienza delle finanze. 1981, Anno 40, n.3, settembre

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Spedizione in abbonamento poetale - Gruppo IV - 7 « %

SETTEMBRE 1981 Pubblicazione trimestrale Anno XL - N. 3

RIVISTA DI DIRITTO FINANZIARIO

E S C I E N Z A DELLE F I N A N Z E

Fondata da BENVENUTO GRIZIOTTI

(

e

RIVISTA ITALIANA DI DIRITTO FINANZIARIO)

D I R E Z I O N E

ENZO CAPACCIOLI - EM ILIO G ERELLI COMITATO SCIENTIFICO

ENRICO ALLORIO - CESARE COSCIANI - FRANCESCO FORTE GIANNINO PAR RAV ICIN I - ALDO SCOTTO - SERGIO STEVE

(2)

Pubblicazione sotto gli auspici dell’Istituto di Finanza dell’Università, della Camera di Commercio di Pavia e dell’Istituto di diritto pubblico

della Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Roma

La Direzione è in Pavia, Istituto di Finanza presso l’Università e la Camera di Commercio, Strada Nuova 65. Ad essa debbono essere inviati bozze corrette, cambi, libri per recensione in duplice copia.

Redattore: Angela Fraschini, dell’ Istituto di Finanza dell’Università di Pavia.

L ’Am m in istrazio n e è presso la casa editrice Dott. A. GIUFFRÈ EDITORE S.p.A., 20121 Milano, Via Statuto, 2 - Telefoni 652.341/2/3.

Pu bblicità:

dott. A. Giuffrè Editore S.p.a. - Servizio Pubblicità - via Statuto, 2 20121 Milano - tei. 652.341/2/3 int. 20.

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Il pagamento può effettuarsi direttamente all’Editore, anche con versamento sul conto corrente postale 721209, indicando a tergo del modulo, in modo leg­ gibile, nome, cognome ed indirizzo dell’abbonato; oppure presso i suoi agenti a ciò autorizzati.

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A ll’Editore vanno indirizzate inoltre le comunicazioni per mutamenti di indirizzo, quest’ultime accompagnate dall’importo di L. 500 in francobolli.

Per ogni effetto l’abbonato elegge domicilio presso l’Amministrazione della Rivista.

Ai collaboratori saranno inviati gratuitamente 50 estratti dei loro saggi. Copie supplementari eventualmente richieste all’atto del licenziamento delle bozze ver­ ranno fornite a prezzo di costo. La maggiore spesa per le correzioni straordinarie è a carico dell’autore.

Registrazione presso il Tribunale di Milano al n. 104 del 15 marzo 1968 Direttore responsabile: Em il io Gerelli

Rivista associata all'Unione della Stampa Periodica Italiana

Pubblicità inferiore al 70 %

(3)

INDICE-SOMMARIO

P A R T E P R I M A

Sergio Steve - Alla scuola di Benvenuto G r iz lo ttì... 311 Amedeo Fossati - La spesa pubblica in Italia dal 1951 al 1980 . . . 322 Giancarlo Salvemini - Measures to Fighi Tax Evasion - The Case o f Italy 376 Augusto Fantozzi - Osservazioni sugli effetti fiscali della certificazione

di b i l a n c i o ... 387 Roberta Rinaldi - L ’evoluzione del concetto di reddito . . . . 401

APPUNTI E RASSEGNE

Gi u s e p p e Bo g n e tti - Tariffe e disavanzi nelle aziende di trasporto pub­ blico urbano . . . ...

RECENSIONI

Gera G.-Sobignani G. - La finanza regionale (A. Tramontana) . . . . 451

NUOVI L I B R I ...453 RASSEGNA D I PUBBLICAZIO NI R E C E N T I ...460

P A R T E S E C O N D A

Fa b io Me n t i - In tem a di accertamento sintetico del reddito comples­ sivo delle persone f i s i c h e ...131 Ettore Ro m a g n o li - Privilegio speciale per imposta di registro ed ipoteca 171

SENTENZE ANNOTATE

Accertamento imposte sui redditi - Accertamento sintentico - Motivazione (Comm. Trib. 1° grado Bologna, Sez. X, 16 marzo 1980, n. 17) (con nota di F. Me n t i) ... ... 131 Imposta di registro - Privilegio - Ipoteca iscritta successivamente alla

confezione dell’atto - Prevalenza (Cass. Civ., Sez. I, 3 aprile 1979, n. 1978) (con nota di E. Ro m a g n o l i) ...171

(4)

II

GIUSEPPE GIULIANI

Violazioni e sanzioni

delle leggi tributarie

Seconda edizione

Reati ed illeciti amministrativi previsti da TUTTE LE LEGGI tributarie - Norme di procedura per l’applicazione delle sanzioni - Poteri della polizia tributaria - La verifica tributaria.

8°, p. LII-630, L. 2 6.0 0 0

578

(5)

Collana a cura di Giuseppe Giuliani

G. GIULIANI

1. ACCESSI, ISPEZIONI E VERIFICHE PER L’IVA

E LE IMPOSTE DIRETTE

8°, p. VIII-276, L. 10.000

2. RETTIFICA DELLE DICHIARAZIONI IVA ED

ACCERTAMENTO INDUTTIVO

8°, p. VIII-284, L. 10.000

3. RETTIFICA DELLA DICHIARAZIONE DEI RED­

DITI ED ACCERTAMENTO INDUTTIVO

(6)

XV

GIOVANNI FERRARCI

CODICE

DELLE AGEVOLAZIONI

IN MATERIA DI TASSE

ED IMPOSTE SUGLI AFFARI

Una rassegna aggiornata di disposizioni legislative e cir­ colari ministeriali relative ad esenzioni e riduzioni nel settore delle tasse ed imposte sugli affari, armonizzata con i criteri direttivi della riforma tributaria, sia nei rapporti internazionali che in quelli interni. Uno strumento indi­ spensabile per il rapido reperimento dei criteri di tassa­ zione di carattere speciale, realizzato mediante una ordi­ nata impostazione sistematica ed una accurata esposizione degli indici analitico, sistematico e cronologico.

16° p, VIII-572, rii., L. 18.000

Prima appendice aggiornata al 15 marzo 1981 16°, p. IV-96, L. 2.50 0

(7)

V LEGGI COMMENTATE, 21

COMMENTO

AL DECRETO 616

(d.P.R. 24 LUGLIO 1977 N. 616)

Coordinato da

Enzo Capaccioli - Filippo Satta

L’opera offre in due volumi un commento lucido ed ana­ litico, secondo la formula dell’analisi articolo per arti­ colo, del testo del d.P.R. 24 luglio 1977 n. 616 concer­ nente l’attuazione della delega al Governo in ordine al trasferimento delle funzioni amministrative dello Stato. Integrata con gli opportuni riferimenti alle altre fonti nor­ mative che regolano la materia, agli orientamenti giurispru­ denziali e alle circolari ministeriali, l’opera si propone come strumento organico di consultazione, di documenta­ zione e di studio del complesso quadro del d.P.R. 616.

8°, due tomi di complessive pp. XII-2212, L. 70.000

(8)

LEGISLAZIONE E GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA

Quaderni di documentazione, 4

GUIDA FISCALE

DEL

PROFESSIONISTA

E DEGLI ALTRI LAVORATORI AUTONOMI

Seconda edizione con i regimi d’imposta 1981

a cura di

Silvio MORONI

Adriano PROPERSI

Umberto ARISI ROTA

8°, p. XII-572, L. 2 6 .0 0 0

508

(9)

V II

LEGISLAZIONE

ECONOMICA

Rassegne e problemi a cura di Francesco Va s s a l l i - Gustavo Vi s e n t i n i

Voi. Ili (Settembre 1 9 7 8 - Agosto 1979)

Parte I: SCHEDE . . .

Amministrazione pubblica dell’economia - Servizi pubblici - Legislazione sui prezzi - Agevolazioni finanziarie - Contabilità di Stato - Scambi e valuta - Moneta e credito - Evoluzione del sistema tributario - Agricoltura - Impresa e società - Partecipazioni statali - Azienda, proprietà industriale e concor­ renza - Controllo di mercato mobiliare, borsa e contratti di borsa - Assicu­ razioni - Procedure concorsuali - Obbligazioni e contratti - Lavoro e previ­ denza sociale - Disciplina internazionale.

Parte II: STUDI

Note a margine della sentenza della Corte costituzionale sull INVIM - Evo- luzione dei rapporti fra pubblico e privato: il neo-liberalismo - Disciplina de- gli intermediari finanziari.

Parte III: RUBRICHE

Panorami di legislazione straniera - Note statistiche.

INDICI: Rassegna dei provvedimenti normativi dell’anno - Indice delle altre leggi citate - Indice analitico.

8°, p. IX-837, L. 30.000

(Settembre 1978 - Agosto 1979)

Gli studi di Legislazione Economica per gli anni 1978-1979 hanno assunto una dimensione e una rilevanza tale da giustificare la formazione di un apposito volume di appendice.

STUDI , . , „ . - . . . ,

La politica economica nella settima legislatura - Il negozio fiduciario nel diritto civile e tributario svizzero - Prime considerazioni sul disegno di legge sulla repressione penale dell’evasione fiscale - Liquidazione coatta am­ ministrativa e trasferimento del portafoglio delle imprese esercenti 1 as­ sicurazione r.c. auto - Riforma dei privilegi e finanziamento dell’impresa - Il negozio contrario a norme imperative.

8”, p. VI-3S2, L. 14.000 già pubblicati :

Voi. I (Settembre 1 9 7 6 - Agosto 1977) 8% p. VIII-600, L. 20.000

Voi. II (Settembre 1977 - Agosto 1978) 8°, p. XI-964, L. 26.000

in corso di stampa :

Voi. IV (Settembre 1 9 7 9 - Agosto 1980)

594

(10)

V ili

ASSOCIAZIONE FRA LE SOCIETÀ ITALIANE PER AZIONI ROMA

GIURISPRUDENZA

DELLE IMPOSTE

a cura di

ANTONIO BERLIRI

Rassegna trimestrale delle più importanti decisioni della Corte Costituzionale, della Corte di Cassazione e della Commissione Centrale delle Imposte con note e studi

di diritto tributario

Quota di abbonamento 1982 : L. 30.000 (estero L. 50.000)

Fascicoli in saggio a richiesta

(11)

ALLA SCUOLA D I BENVENUTO GRIZIO TTI (*)

1. Sarebbe stato bello che la vigorosa vecchiezza di Jenny Gri-

ziotti Kretschmann avesse resistito ancora tanto da consentirle di essere qui oggi. Ma possiamo almeno al ricordo di colui che qui onoriamo, associare chi gli fu vicina, in comunanza di vita e di la­ voro, dal tempo in cui si incontrarono alla scuola di Vilfredo Pa­ reto. La Signora Jenny aveva una lucida intelligenza, critica e co­ struttiva, e aveva una stimolante ampiezza di interessi. Per valutare il suo apporto al lavoro del marito basterà ricordare che la sua attenzione agli istituzionalisti americani contribuì certamente a consolidare gli atteggiamenti antiformalistici del pensiero del Gri- ziotti.

A parte questo rammarico e a parte il rimpianto per i condi­ scepoli scomparsi, è con grande gioia che partecipo alla consacra­ zione a Benvenuto Griziotti del monumento più significativo che egli potesse avere nella sua città e nella sua università. Per dare il senso di come egli Labbia meritato non posso fare meglio che ricordare quan­ to disse il Rettore Fraccaro venticinque anni fa durante la cerimonia funebre nel cortile del V olta : « L a Facoltà giuridica pavese da quando io venni' a Pavia nel 1915 ebbe non pochi veramente insigni membri; ma a due Maestri essa deve la sua fama in Italia e al­ l’estero, a Pietro Bonfante e a Benvenuto Griziotti. Questi due uo­ mini, non dotati di particolari doti comunicative, avevano invece il raro dono dello spirito di proselitismo, cioè di attrarre a sé e alla disciplina da loro professata i giovani, e di entusiasmarli per la ricerca: dono mirabile, non largito spesso anche ad uomini insigni, che non sanno penetrare nell’animo degli scolari » (1).

A Benvenuto Griziotti maestro sarà dedicato il mio discorso, anche perché non è questa l’occasione per un esame disteso dei suoi

(*) D iscorso letto il 16 giugno 1981 in Pavia, per l’inaugurazione della Residenza Universitaria B. Griziotti.

(1 ) P . Fraccaro, Parole pronunciate dal R ettore dell'Università dinanzi al feretro del prof. Benvenuto Griziotti nel cortile del Volta, in questa Rivista, 1956, Parte I, pp. 341-2.

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contributi scientifici. In parte tale esame è stato fatto subito dopo la sua morte, ed è augurabile che sia ripreso, possibilmente nel pros­ simo centenario della nascita, anche perché in questi venticinque anni l’attualità del pensiero del Griziotti si è forse accresciuta. Sono infatti diventati più evidenti certi aspetti dell'evoluzione della fi­ nanza pubblica, e soprattutto la crisi dello stato fondato sulle im­ poste, che egli aveva anticipato con lucidità.

2. Soltanto per i più giovani sarà opportuno ricordare qui

brevemente che l’attività scientifica del Griziotti, in un primo pe­ riodo che va pressapoco fino al 1920, fu rivolta prevalentemente a temi di economia finanziaria : analisi degli effetti delle imposte, con­ nessi ai problemi dell’imposizione dei sovraredditi e degli incrementi di valore; discussione del classico tema del confronto tra la pressione che l’imposta straordinaria e il prestito pubblico esercitano sulla generazione presente e sulle future; critica della teoria della capi­ talizzazione dell’imposta.

Nell’analisi degli effetti delle imposte il giovane Griziotti ap­ plica al meglio la teoria economica contemporanea e mostra di sa­ persi muovere lungo le vie indicate da due suoi maestri, Pantaleoni e Pareto.

La critica della tesi ricardiana dell’identità di pressione dell’im­ posta e del prestito è tanto originale e stimolante che, a quarant’anni dalla sua formulazione, ad essa si è rifatto uno dei maggiori stu­ diosi di finanza della mia generazione, James Buchanan, per rinno­ vare il tentativo di contestare le conclusioni di Ricardo.

Il lavoro sulla teoria della capitalizzazione, in critica alla tesi che l’imposta generale sul reddito non si capitalizza, insieme con i contributi nello stesso senso dell’Einaudi e del Borgatta, dà tut­ tora alla scuola italiana una posizione di preminenza nella tratta­ zione di un problema altrettanto importante per il suo significato teorico, quanto per le conseguenze che la sua soluzione, nell’uno o nell’altro senso, comporta per questioni fondamentali di politica tributaria.

A queste conseguenze il Griziotti fu molto attento, perché era convinto che la tesi da lui sostenuta dava la possibilità di razio­ nalizzare il nostro sistema tributario, sopprimendo le imposte reali sui redditi e chiedendone il riscatto ai contribuenti, che si doveva ritenere non subissero l’onere di tali imposte, in quanto capitaliz­

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sformazione del sistema tributario si inquadravano nell’ampio lavoro del Griziotti rivolto a ricercare gli indirizzi più opportuni per la ricostruzione monetaria e finanziaria negli anni successivi alla prima guerra mondiale.

A questo secondo periodo dell’attività scientifica del Griziotti ne succede un terzo che copre l’ultimo venticinquennio della sua vita. In esso, pur rimanendo cospicui sia il lavoro dedicato a problemi di metodo nello studio della finanza pubblica sia l’impegno sui pro­ blemi della politica finanziaria italiana, l’interesse prevalente si ri volge al diritto finanziario. Con questo lavoro il Griziotti perseguirà tenacemente, fino all’ultimo, il proposito di allargare quanto più possibile la sfera della razionalità nella costruzione e nell’interpre­ tazione delle leggi di imposta, e insieme di denunciare il margine di arbitrio non eliminabile, anziché accettarlo con ossequio passivo al principio di autorità.

Nella visione alla quale il Griziotti pervenne nella maturità, il fenomeno finanziario può essere correttamente studiato soltanto con l’analisi e con la sintesi dei suoi aspetti politici, economici e giuri­ dici. Si può ritenere che egli pretendesse troppo quando chiedeva che il singolo studioso padroneggiasse tutti gli aspetti dei fenomeni fi­ nanziari, e si può quindi ritenere che negli studi finanziari la divi­ sione del lavoro abbia ragioni che il Griziotti forse sottovalutava. Ma alla sua visione va riconosciuto il merito di avere vigorosamente avvertito che l’analisi economica è più fruttuosa se parte dai carat­ teri concreti dei fatti finanziari, e quindi anche dalle loro specifi­ cazioni giuridiche. E del Griziotti rimane valida la lezione che non si può pensare di risolvere con schemi analitici astratti problemi la cui sostanza affonda nella politica.

È forse il caso di ricordare che la stessa lezione la si ritrova in Keynes, che nel 1944, a un autore che gli aveva sottoposto un’ana­ lisi formalistica del problema dell’inflazione da piena occupazione scriveva : « Non dubito che sorgerà un serio problema sul come con tenere i salari quando si abbia una combinazione di contrattazione collettiva e di piena occupazione. Ma non so quanta luce il metodo analitico che voi impiegate possa gettare su questo che è essenzial­ mente un problema politico » (2).

(14)

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3. A l lavoro scientifico il Griziotti affiancò il lavoro organiz­ zativo del quale rimangono ancora i frutti nell’Istituto di Finanza dell’Università di Pavia e nella Rivista di diritto finanziario e scienza

delle finanze. L’Istituto, realizzato con il contributo intelligente della

Camera di Commercio, fu per molti anni in Italia l’unico centro specializzato per gli studi di finanza pubblica, e le sue dotazioni bibliografiche furono l’invidia degli studiosi che dovevano lavorare in ambienti molto meno attrezzati. Dopo un breve periodo di crisi negli anni nei quali le forze del Griziotti declinarono, l’Istituto ha continuato a svilupparsi e a mantenere una posizione di prestigio sotto la guida appassionata di Giannino Parravicini e ora di Emilio Gerelli.

Per la rivista mi limiterò a riportare un giudizio di Cari Shoup, l’anziano e auorevole studioso americano, il quale, dopo aver rile­ vato che gli autori tedeschi della recente edizione dello Mandimeli,

fiir Finanzwissenschaft mostrano di aver letto molto della lettera­

tura di lingua inglese e poco di quella italiana e francese, aggiunge che pure « la prima, in particolai*e, può offrire molto (la Rivista di

diritto finanziario e scienza delle finanze è da molto tempo uno dei

più notevoli periodici di finanza pubblica, tanto nel settore giuri­ dico quanto in quello economico) » (3).

4. Ma come vide bene il Rettore Fraccaro, la grandezza del Griziotti fu soprattutto nell’insegnamento. La sua scuola era un esempio insuperato di dedizione al lavoro. A ricordare la sua gior­ nata, tutta spesa all’Istituto, nello studio, nelle lezioni, nelle di­ scussioni con gli allievi, nella direzione della rivista, si pensa con pena a chi crede che le formule del tempo pieno possano in qualche modo surrogare la vocazione di un vero maestro. Severo con se stesso Griziotti era severo con gli allievi: severo nella selezione di quelli che avevano, e di quelli che non avevano, le qualità per andare avanti nella ricerca e nell’insegnamento; severo nel pretendere che i pre­ scelti non allentassero mai l ’impegno. Severo con gli allievi, ma ge­ neroso ed affettuoso nell’aiutarli, per quanto poteva, a risolvere i loro problemi di studiosi e di uomini.

La sua scuola era scuola di libertà intellettuale. Lo colse, con l’abituale finezza e sicurezza di percezione, l’Einaudi : « Forse anche

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qualcuno dei suoi allievi gli dovette dare qualche segreta inquietu­ dine, allontanandosi in questo o in quel punto o nel metodo della discussione da qualche suo prediletto teorema o corollario. Ma ciò dimostra la fertilità del suo insegnamento. Il Griziotti educò scolari al rigore della ricerca condotta indipendentemente » (4).

Anche Vanoni ha colto bene questa lezione di indipendenza e, insieme, la lezione di aderenza alla realtà e l’impegno civile : « Della feconda opera scientifica del prof. Griziotti i suoi allievi ...non pos­ sono non ricordare quale insegnamento inestimabile, per la loro for­ mazione di uomini e di studiosi, soprattutto due caratteristiche: l’ammestramento a ragionare con la propria testa ed a scrivere sol­ tanto quando si è in grado di dare un contributo proprio, originale al progresso della scienza e degli ordinamenti umani; l’ammonimento a badare sempre umilmente alla realtà delle cose, che costituiscono l’oggetto di queste nostre scienze sociali » (5).

5. Dell’attenzione del Griziotti alla realtà una delle testimo­

nianze più chiare è l’articolo scritto nel 1928 per i Festgabe fiir

Georg von Schanz. In esso sono individuati con precisione gli aspetti

dell’evoluzione delle società contemporanee che cambiano i caratteri della finanza pubblica e mettono in questione le basi tradizionali della distribuzione delle imposte. Sono il superamento dei limiti nazionali delle attività economiche, e in particolare la formazione di imprese su base internazionale; l’importanza predominante delle società per azioni e delle associazioni tra imprese; l’urbanesimo; lo sviluppo dei sindacati operai; il suffragio universale e l’accresciuta importanza dei partiti politici (6).

Al giudizio fondamentalmente positivo sulle conseguenze finan­ ziarie di questi mutamenti delle economie e delle società, e quindi sull’accrescimento indotto nelle funzioni dello Stato, si accompagna la valutazione attenta dei limiti e dei pericoli : « il compito che si attribuisce da molti alle imposte è più vasto di quello che esse pos­ sono realmente esercitare influendo sugli ordinamenti politici, eco­ nomici e sociali. Per questo, l’espansione della potenza politica delle classi più numerose e tuttora incolte ha portato spesso ad

esagera-(4) L. Ein a u d i, Ricordo di Benvenuto Griziotti, in questa Rivista, 1956, Parte I, p. 340,

(5) E. Vanoni, Prefazione a B. Griziotti, Studi di scienza delle finanze e diritto finanziario, voi. II, Milano, 1956, p. V.

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zioni demagogiche la pressione e l’ordinamento dei tributi, con grave danno per l’economia nazionale e per la stessa pace sociale » (7).

Passi come questo mostrano come, anche se può essere stata ec­ cessiva la fiducia del Griziotti nella possibilità di estendere l’azione dello Stato con razionalità ed efficacia, l’onestà intellettuale e il con­ trollo del buon senso gli consentivano di vedere con chiarezza gli aspetti negativi che tale azione manifestava in concreto. E più in generale il buon senso gli evitò di essere un dottrinario.

Forse l’insolitamente aspra recensione del Griziotti alla prima edizione dei Miti e paradossi delia giustizia tributaria di Einau­ di (8) (episodio passeggero che non intaccò per il resto della loro vita la stima reciproca dei due studiosi) derivò dal riconoscersi nel dottrinario, impietosamente satireggiato nei Miti e paradossi. Ma se così fu, sbagliò sia perché certamente Einaudi non pensava a lui nell’attaccare i dottrinari (nel libro Griziotti è citato due volte e sempre con grande onore), sia perché Griziotti non era un dottri­ nario e perché, pur nel dissenso di tutta la vita su talune tesi di Einaudi (come la tassazione del reddito ordinario e la doppia tas­ sazione del risparmio) era molto meno lontano da Einaudi, nella concezione generale della giustizia tributaria, di quanto possa far supporre la recensione del 1938.

Ad esempio, nel contributo del 1928 in onore di Schanz, che ho già ricordato, Griziotti scriveva che nelle applicazioni concrete delle imposte progressive sul reddito « risulta ... una grande disugua­ glianza nell’applicazione del tributo che al contrario avrebbe l’ambi­ zione di toccare il più alto grado di giustizia tributaria » e propen­ deva, sia pure per ragioni diverse da quelle di Einaudi, verso l ’im­ posizione del reddito consumato (9).

Ma già molti anni prima aveva scritto : « Ben dice l ’Einaudi... quando si avventa contro il linguaggio turpemente retorico dei pre­ dicatori della finanza democratica e dei patroni della giustizia tri­ butaria », aggiungendo — e questo non attenua il giudizio prece­ dente, ma è prova dell’indipendenza del Griziotti dalle ideologie di qualunque tenore — « non dovrebbe dimenticare l’Einaudi che vi sono volgarissimi propagatori di una finanza pseudo liberale, sul tipo di Yves Guyot, ostinati e mendaci patroni — sempre in nome della

(7) Op. ult. cit., pp. 426-7.

(17)

— 317 —

giustizia tributaria, s’intende! — degli interessi di chi più ha, più froda e chiede allo Stato... » (10).

E anche commemorando Pantaleoni aveva affermato con vigore l’importanza delle Considerazioni sulle proprietà di un sistema di

prezzi politici, a dimostrazione dei « limiti entro cui devono conte­

nersi le imposte per non soffocare od ostacolare il sistema dei prezzi economici, da cui derivano i redditi e sul quale, con carattere pa­ rassitario, esse si innestano ». Quindi, continuava, le proposizioni di Pantaleoni « mettono in evidenza l’assurdità della finanza così detta sociale, che per vie diverse ... intende (11) modificare o correg­ gere la distribuzione della ricchezza, che risulta dal regime capita­ lista » (12).

Dunque vi erano delle concordanze profonde tra la finanza di Einaudi e quella di Griziotti, nonostante i dissensi sopra alcuni punti di teoria e nonostante la diversa ispirazione, liberale nell’uno, socialista e interventista nell’altro. Ispirazione che in nessuno dei due scadeva a formula e a pregiudizio.

D ’altronde l’apprezzamento di Einaudi per l’opera di Griziotti come studioso e come maestro risulta dai giudizi diretti, uno dei quali ho già ricordato e risulta dagli alti elogi che nelle Prediche

inutili Einaudi tributa ad Ezio Yanoni per la sua azione di governo

nel campo della finanza pubblica (13). E certamente l’insegnamento del Griziotti aveva contribuito alla concretezza, all’equilibrio, all’as­ senza di demagogia che Einaudi apprezzava in tale azione di governo.

6. Se mi provo ora a riassumere quanto, oltre alla lezione mo­

rale, rimane di essenziale, sul piano dei contenuti e del metodo, nel­ l’insegnamento che Benvenuto Griziotti ha trasmesso ai suoi allievi, mi sembra che due punti emergano. A l primo ho già accennato, ed è la diffidenza per le applicazioni di analisi astratte, inadeguate a dar conto della complessità dei fenomeni reali. Tanti ammonimenti, dati in questi ultimi anni da economisti illustri, sul pericolo di sa­ crificare la rilevanza al rigore analitico, richiamano per gli allievi del Griziotti lezioni ormai antiche del loro maestro. Ed egli amava

(1 0 ) B . Gr iz io t t i, Rassegna di studi finanziari. A proposito dei trattati dei professori Einaudi e Tangorra, in Giornale degli, economisti, agosto 1915, e in Studi..., cit., voi. II, p. 492.

(11) Nel testo degli Studi «in ten d on o».

(12) B. Griziotti, L e opere finanziarie di M affeo Pantaleoni, in Giornale degli economisti, marzo 1925, e in Studi..., cit., voi. II, p. 507.

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318 —

ricordare, nelle conversazioni con noi e più volte negli scritti (14), che quelle lezioni derivavano da una rapida battuta di Maffeo Pan- taleoni. I due passeggiavano per Roma e Griziotti spiegava la sua intenzione di impostare una ricerca di tipo statistico sugli effetti delle imposte. Pantaleoni si portò alla bocca la manica del cap­ potto, ci soffiò sopra, e nella fredda giornata d’inverno si alzò una nuvoletta di vapore. « Misuri il vapore acqueo » disse Pantaleoni, e continuò: «la sci perdere e si occupi piuttosto dell’imponibilità del sovraprezzo sulle azioni di nuova emissione ». (Era una questione a quel tempo — attorno al 1910 — molto dibattuta in dottrina e giu­ risprudenza). Il Griziotti la considerò una lezione essenziale, e lo era davvero perché con straordinaria prontezza Pantaleoni aveva colto l’impossibilità di valutare gli effetti delle imposte mediante il confronto diretto tra situazioni in tempi diversi, poiché insieme alle imposte variano nel tempo tanti altri dati e quindi il confronto non può essere svolto nel rispetto della clausola ceteris parìbus.

Forse non è ingiustificato se ricordo qui un’altra analoga le­ zione di Pantaleoni che mi fu riferita da Costantino Bresciani Tur- roni. Pantaleoni e Bresciani passeggiavano a Roma per una strada selciata e a un tratto il primo, che era evidentemente un maestro peripatetico, disse: «V edi, di gente che sappia fare delle teorie ne possiamo trovare quanti i sassi di questa strada, ma trovare qual­ cuno che capisca i fatti economici, quello è diffìcile ».

Il secondo punto fondamentale dell’insegnamento del Griziotti va ricercato, a mio parere, nella sua percezione della coesistenza nella realtà sociale dell’aspetto del conflitto di interessi e dell’aspetto della solidarietà (e anche qui c’è una affinità non avvertita con Einaudi che capiva e affermava insieme le ragioni dello Stato e le ragioni del libero contrapporsi delle forze economiche).

Ho già rilevato nella mia commemorazione come ci sia a prima vista un contrasto tra lavori nei quali Griziotti pone in evidenza i divergenti interessi dei gruppi dentro la collettività, e nega la vali­ dità delle analisi condotte dal punto di vista della collettività come un tutto, e tanta parte dell’opera posteriore fondata sull’afferma­ zione del principio di solidarietà (15). Ma di questo contrasto, che (14) B . Gr iz io t t i, Le opere finanziarie di Maffeo Pantaleoni, cit., p. 509; Sul rinnovamento degli studi di scienza delle finanze e diritto finanziario (1908- 1953), 1953, ristampato in Saggi sul rinnovamento dello studio della scienza delle finanze e del diritto finanziario, Milano, 1953, p. 20.

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non è una contraddizione, Griziotti era conscio. Aveva scritto nel 1909, e richiamato nel 1934, che « nel campo economico e sociale due princìpi opposti sono attivi: il principio della lotta e quello della solidarietà di interessi. Nessuno dei due è riuscito a escludere l’altro e un riflesso di questa coesistenza si ha pure nei fenomeni tribu­ tari » (16).

Griziotti non ha dato, né altri ha dato dopo di lui, indicazioni decisive su come progredire nella conciliazione di questi due aspetti antitetici della realtà sociale. Ma la chiarezza con la quale egli ne ha illuminato il rapporto ha ancora oggi molto da insegnare: so­ prattutto che ci sono ragioni molto più profonde della buona e della cattiva volontà degli uomini a rendere diffìcile la sovrapposizione di schemi solidaristici, come i patti sociali e la politica dei redditi, a sistemi economici largamente basati sulla composizione dialettica degli interessi in contrasto.

7. Mi si consenta di concludere questo discorso con un con­

fronto tra l’università di ieri e di oggi. L’università di ieri, quella dove Griziotti è stato studente e maestro, aveva dei valori che tutti quelli che l’hanno conosciuta apprezzano, e temono non si siano con­ servati nell’università di oggi. Ma, come sempre nelle trasforma­ zioni delle istituzioni sociali, i cambiamenti non sono tutti dello stesso segno. Ce ne sono in peggio e ce ne sono in meglio.

L’università di ieri aveva mezzi troppo scarsi, anche se pote­ vano essere sufficienti quando erano impiegati bene come qui a Pavia. I collegi fornivano un anno dopo l’altro leve di studenti di alta qua­ lità ; il personale, per quanto ridotto, forniva un livello sufficiente di insegnamento e di servizi; gli strumenti di lavoro non mancavano, e in qualche caso, come quello dell’Istituto di Finanza, integrato dall’Istituto di economia e dalle ricche raccolte antiche della Biblio­ teca universitaria, si avvicinavano all’ottimo.

Oggi i mezzi sono abbondanti, e per quanto spesso siano impie­ gati male, sono serviti a compiere notevoli progressi. Per restare nel campo degli studi economici le sedi che hanno una attrezzatura soddisfacente sono molte di più delle quattro o cinque che esiste­ vano prima della guerra.

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Le piccole dimensioni rendevano facili i rapporti tra docenti e giovani studiosi, anche di discipline diverse, e questo contribuiva ad arricchire le esperienze e a maturare la personalità. Ma nello stesso tempo comportavano una densità insufficiente di studiosi dello stesso campo. Di questo soffrivano particolarmente gli economisti: era fre­ quente che in una sede universitaria ce ne fosse uno solo, e diffi­ cilmente ce n’erano più di tre o quattro.

Gli scambi con l’estero erano limitati e difficili, anche se Pavia li promuoveva attraverso i collegi, e se Griziotti, in particolare, era molto attento a curare i rapporti con colleglli di parecchi paesi stra­ nieri. Ora gli scambi con l’estero sono facili, ma in compenso si sta riducendo la mobilità dei docenti tra le università italiane. Se ri­ cordo le trasmigrazioni, che erano caratteristiche della carriera uni­ versitaria fino a non molti anni fa, le ritengo preferibili, nonostante tutti i loro costi e disagi, alla permanenza dalla culla alla bara nella stessa università, che sembra essere la tendenza dominante nelle carriere di oggi. A mio parere questa immobilità nuoce e nuo­ cerà alla formazione dei docenti, per la quale è molto importante che si assumano piuttosto presto responsabilità, e che si sia valu­ tati e ci si affermi, al di fuori dell’ambiente nel quale si è cresciuti.

Ci sono dunque punti a favore dell’università di ieri e punti a favore dell’università di oggi. Ma almeno nelle discipline economiche gli studenti oggi hanno certo la possibilità di studiare come non si poteva in passato. Il livello medio del lavoro teorico ha progre­ dito, anche se non ci sono le punte che hanno fatto grande la scuola italiana tra la fine dell’ottocento e i primi decenni del novecento, e anche se si possa oggi avere qualche sospetto di un inizio di ten­ denze involutive. (Ma questo a mio parere dipende meno da condi­ zioni attuali dell’università italiana, che da sviluppi della lettera­ tura internazionale, i quali spingono a privilegiare lavori di tipo ri­ petitivo e complicazioni fini a se stesse).

E gli studenti sono molto buoni. Io non ne ho mai avuto tanti di bravi come in questi anni, e il mio giudizio è confermato da col­ leghi di altre sedi e di altre materie. Ho detto altrove (17) e lo ri­ peto volentieri, che nella mia esperienza una classe di studenti di oggi è migliore di una classe di quarant’anni fa. Lo ripeto qui vo­ lentieri perché ho la sensazione che gli studenti non se ne rendano

(17) Considerazioni sull’insegnamento della storia economica, in Ricerche

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conto, che non si rendano conto che sono capaci di compensare, con altri canali di formazione, le carenze della scuola, soprattutto quelle molto gravi della scuola secondaria.

Il che naturalmente non vuole dire che l ’università non potrebbe, e non dovrebbe, fare di più per aiutare gli studenti a padroneggiare meglio gli strumenti di base del lavoro intellettuale e a migliorare i loro metodi di studio. La scarsa attenzione a questi aspetti del­ l’insegnamento è purtroppo una caratteristica comune all’università di ieri e a quella di oggi.

Dunque gli studenti non devono lasciarsi deprimere dalle valu­ tazioni negative che tanti giudici affrettati e incompetenti danno delle loro capacità e delle loro possibilità. I nostri buoni laureati si affermano brillantemente nelle migliori università straniere. Il la­ voro serio continua dunque a dare i suoi frutti.

Mi auguro che i giovani lo continuino senza lasciarsi turbare dal vuoto pessimismo di chi li opprime con la sensazione di vivere in tempi particolarmente duri e perversi. Ora vorrei ricordare che io avevo diciotto anni quando Hitler prese il potere. Non Ci vole­ vano particolari doti profetiche per capire come sarebbe andata a finire. Eppure la mia generazione ha avuto almeno il merito di non aver creduto mai che la catastrofe, imminente e poi in atto, fosse una ragione per non continuare al meglio il proprio lavoro.

Anche questa è una lezione che si ritrova nella vita e nel ca­ rattere di Benvenuto Griziotti. Lo affermò molto bene Ezio Vanoni nelle parole che disse in occasione dell’ultima lezione del nostro maestro, e che purtroppo non furono raccolte. Bicordava allora V a­ noni, dei suoi anni di studente, l’esempio di quest’uomo che passava imperturbato attraverso i tumulti del primo dopoguerra e degli inizi del fascismo. Questo esempio di serenità e di impegno nelle cir­ costanze difficili mi sembra oggi il messaggio più profondo dell’uomo del quale questa Residenza ricorderà il lungo appassionato lavoro.

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LA SPESA PUBBLICA IN IT A L IA DAL 1951 A L 1980 (*)

So m m a r i o: 1. Premessa. — 2. Problemi di definizione. — 3. La valutazione CA’

della spesa pubblica. — 4. L ’aggregato Pubbliche Amministrazioni in lire correnti. — 5. L ’aggregato Pubbliche Amministrazioni in lire costanti. —* G. L ’espansione della spesa pubblica in lire costanti: valutazioni. — 7. Gli indicatori quantitativi dell’intervento pubblico nell’economia nazio­ nale. — 8. Conclusioni.

1. La spesa pubblica può essere considerata da molteplici punti

di vista, ed in particolare può essere analizzata sotto il profilo degli effetti indotti sulle variabili del sistema economico, sia aggregate, sia disaggregate: in tale impostazione la spesa pubblica è considerata come un parametro o variabile esogena rispetto al sistema econo­ mico, e costituisce uno strumento per il perseguimento degli obiet­ tivi pubblici assieme alla politica fiscale e monetaria. Questa impo­ stazione, che a sua volta può essere considerata quindi sia in una ottica positiva, sia normativa, è quella seguita tradizionalmente negli studi di finanza pubblica e di politica economica, ed è eviden­ temente suscettibile di ulteriori sviluppi.

Esiste tuttavia un modo alternativo di considerare la spesa pub­ blica, per il quale è essa stessa variabile endogena rispetto al si­ stema considerato: lo sforzo dell’analisi è volto in questo caso a spiegare le interrelazioni tra la spesa pubblica e le altre variabili del sistema; spesso, per semplificare in prima approssimazione il pro­ blema, si assume che la spesa pubblica sia determinata in relazione diretta di causa ad effetto da altre variabili del sistema economico. Questo approccio, che può essere per semplicità denominato « alla Wagner », è stato autorevolmente rilanciato da Peacock e Wise- man (1) ed utilizzato da una cospicua massa di letteratura la quale

(*) Questo lavoro è stato discusso nel seminario del gruppo CNR per gli studi stili’economia pubblica e la politica fiscale tenutosi in Roma nel set­ tem bre 1981: ringrazio cordialmente tutti gli intervenuti, nonché gli altri amici con i quali ho discusso singoli punti in vari stadi di elaborazione, ed in par­ ticolare I. Consigliere, E. Gerelli, A. Majoochi, R. Antoni, L. Bernardi e A. Braschini.

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non consiste però semplicemente in quella volta alla verifica empi­ rica della c.d. « legge del Wagner » sulla crescita della spesa pub­ blica, ma comprende anche quella volta a fornire spiegazioni teori­ che sul movimento relativo del settore pubblico e privato dell’eco­ nomia (2).

Qui viene considerato appunto un approccio « alla Wagner », che consiste più precisamente: a) nell’osservazione della dinamica della spesa pubblica; b) nel fornire una interpretazione sistematica della stessa; c) nel suggerire qualche spunto circa le cause della di­ namica stessa.

In questo approccio solitamente la spesa pubblica viene consi­ derata — più o meno esplicitamente — come una misura appros­ simativa della grandezza del settore pubblico, e spesso viene usato il rapporto spesa pubblica/reddito nazionale come indice della sua grandezza relativa rispetto al settore privato (3). Tuttavia, se lo scopo è quello di valutare sinteticamente l’ampiezza dell’azione eco­ nomica pubblica (prescindendo dai suoi effetti indotti), la spesa pub­ blica non è un concetto adeguato alla varietà dell’intervento pub­ blico nell’economia, e il rapporto G/T, più che approssimato, ap­ pare ambiguo; per tale motivo verranno proposti alcuni indicatori ritenuti più appropriati rispetto ai diversi caratteri dell’intervento pubblico.

2. Per definire la spesa pubblica occorre naturalmente far rife­

rimento alla nozione usuale di spesa, ossia al numero di unità mo­ netarie uscite dalle casse di nn soggetto pubblico in un certo pe­ riodo di tempo, quale risulta da un prospetto o bilancio; tuttavia, per concretare tale nozione, sorgono effettivamente dei grossi pro­ blemi. Si tratta prima di tutto della scelta del tipo di bilancio, ed in particolare della scelta tra quello di cassa e quello di competenza. Come è noto, entrambi i tipi presentano vantaggi e svantaggi rela­ tivi : qui, conformemente a quanto di solito è fatto in studi analoghi, si è scelto il bilancio di cassa perché esso è concettualmente più vi­ cino sia alle pratiche contabili degli operatori economici, sia alle convenzioni adottate negli schemi di contabilità nazionale.

In secondo luogo si tratta di individuare i soggetti pubblici da considerare, ossia l’aggregato a cui riferire la spesa pubblica. È parso (2) Baumoi. [3 ], Bacon & Et.tis [2 ], Friedman [9], O’Connor [16], Peacock & Wiseman [18].

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qui che tale aggregato di riferimento debba essere tanto più signi­ ficativo quanto più è comprensivo; tuttavia tale accezione trova dei vincoli nella natura stessa della attività pubblica. Anche accettando l’ipotesi usuale che l’attività pubblica non sia rivolta al consumo finale, ma alla produzione di servizi vendibili e non vendibili, oltre che a meri trasferimenti, sembra opportuno mantenere distinta la spesa dei soggetti pubblici che producono servizi vendibili da quella dei soggetti pubblici che producono servizi non vendibili; in altri termini tenere distinte almeno in prima approssimazione quelle che in contabilità nazionale vengono chiamate Pubbliche Amministra­ zioni dalle altre entità pubbliche che pur ampiamente concorrono allo sviluppo del settore pubblico complessivo.

Individuati i soggetti pubblici da considerare — che in un pri­ mo tempo qui sono quelli afferenti all’aggregato di contabilità na­ zionale Pubbliche Amministrazioni, ossia i soggetti pubblici sostan­ zialmente volti ad attività di redistribuzione e produzione di servizi non vendibili — sorge il problema del consolidamento dei bilanci re­ lativi.

Si tratta di reperire prima di tutto i bilanci stessi, quindi di interpretare ed armonizzare le poste ed infine di sommarle al netto dalle duplicazioni inerenti ai rapporti esclusivamente interni all’ag­ gregato considerato. Queste operazioni non sono complesse dal punto di vista metodologico, e si risolvono sostanzialmente nell’assunzione di convenzioni specifiche, ad esempio per il trattamento di eventuali sfasamenti temporali per poste in entrata in un bilancio e in uscita nel bilancio di un altro soggetto pubblico, o per il trattamento delle poste compensative.

I l consolidamento dei bilanci dei soggetti pubblici, pur se non particolarmente complesso dal punto di vista metodologico, è tut­ tavia operazione assai gravosa dal punto di vista esecutivo, così che in questo lavoro si è fatto ricorso al computo della spesa delle Pub­ bliche Amministrazioni nei calcoli di contabilità nazionale. Come verrà illustrato sotto, si tratta di una approssimazione della « vera » spesa pubblica, dalla quale tuttavia non dovrebbe differire troppo ampiamente.

Infine, un grosso problema da affrontare in tema di definizione della spesa pubblica è quello del trattamento riservato alla così detta

tax expenditure o « spesa virtuale » (4), ossia a quelle spese che non

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sono materialmente effettuate, ma che tuttavia esercitano pienamente i loro effetti — di solito attraverso una diminuzione delle entrate — proprio come se avessero effettivamente luogo. Si pensi ad esempio alle esenzioni fiscali che propriamente consistono nella diminuzione del carico fiscale ad hoc in una certa situazione; è banale osservare che esse potrebbero essere identicamente sostituite da trasferimenti con pieno pagamento del carico tributario.

Si potrebbe allora pensare che una definizione corretta della spesa pubblica debba anche dare una valutazione della spesa vir­ tuale: il problema è particolarmente sentito quando si deve proce­ dere a paragoni nel tempo, e ancor più nello spazio, ossia quando si vuole paragonare la spesa pubblica di differenti paesi.

Poiché questo lavoro è limitato alla analisi della situazione ita­ liana, e poiché non risulta che si siano verificate macroscopiche va­ riazioni dal punto di vista della spesa virtuale, ma sopra tutto perché la individuazione e la valutazione della spesa virtuale è complessa e può dare adito ad arbitrii, in questo lavoro si è tuttavia deciso di non tenerne conto.

3. Nella logica della contabilità nazionale la spesa pubblica complessiva è data dalla somma di quella di parte corrente e di quella in conto capitale; la prima è individuata dalle uscite regi­ strate nel conto del reddito (i trasferimenti correnti più i consumi collettivi), e la seconda dalle uscite registrate nel conto della for­ mazione del capitale (investimenti lordi e trasferimenti in conto ca­ pitale). I consumi collettivi, a loro volta, sono contabilmente uguali alla produzione non vendibile (consumi intermedi più i redditi da lavoro più le imposte indirette più gli ammortamenti più il risul­ tato netto di gestione meno la produzione vendibile) meno le vendite residuali ; si tenga presente che le imposte indirette menzionate sono sostanzialmente costituite dal gettito del gioco del lotto, e servono per portare la valutazione ai prezzi di mercato.

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flussi attivi e passivi verso gli altri settori; per quanto riguarda gli « altri trasferimenti » in conto capitale, basta ricordare il ripiana- mento dei debiti degli enti mutualistici e il FNAO. Le vendite di beni e servizi tra P.A. non presentano grossi problemi: esse in parte non sono considerate già nella costruzione dei conti economici delle singole P.A., e non assumono comunque rilevanza, essendo detratte dai consumi intermedi nella valutazione del prodotto non vendibile, e quindi in definitiva dai consumi collettivi (5).

La spesa pubblica rilevata dalla CN per il settore consolidato delle P.A. differisce quindi dalla spesa rilevabile da un ipotetico bi­ lancio consolidato di tutti gli enti compresi nel raggruppamento delle P.A. prima di tutto per l’assenza delle operazioni finanziarie, e cioè di quelle operazioni relative a partecipazioni azionarie, conferimenti di capitale a imprese pubbliche, concessioni di crediti e di anticipa­ zioni ed infine a rimborso di prestiti; in secondo luogo, per una serie di particolarità di un certo peso discendenti dalle definizioni e convenzioni adottate in CN. Un primo gruppo di convenzioni ri­ guarda la formazione dei conti economici delle singole Amministra­ zioni: poiché come già ricordato vengono costruiti già in vista del consolidamento, le eventuali differenze di transazioni intersettoriali vengono eliminate per quanto possibile nella fase di costruzione dei conti da consolidare. A tale proposito in generale le registrazioni dell’ente superiore prevalgono su quelle dell’ente inferiore; in par­ ticolare i trasferimenti correnti da ente ad ente sono sistemati in modo che ogni eccedenza tra i contributi in uscita dagli enti terri­ toriali rispetto a quelli in entrata è classificata alle istituzioni so­ ciali, così che nel consolidamento la somma dei contributi ad enti pubblici è sempre uguale alla somma dei contributi da enti pubblici. I trasferimenti in conto capitale vengono normalizzati portando in aumento degli investimenti la differenza, di regola positiva, tra i contributi pagati e quelli riscossi all’ interno di ciascun raggruppa­ mento, così che, anche qui, in fase di consolidamento i trasferimenti da enti ad enti si compensano esattamente.

Un secondo gruppo di convenzioni fa riferimento esclusivamente ad operazioni di classificazione delle spese, e pertanto influisce spesso soltanto sulla composizione della spesa, e non sul suo ammontare globale. Si tratta ad esempio di scorporare dalle retribuzioni le diarie di missione per includerle nell’acquisto di beni e servizi, o di scor­ porare dall’acquisto di beni e servizi (considerati consumi intermedi)

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quella parte di spesa relativa a mobili e attrezzatura varia elle viene considerata spesa di investimento, e così via.

Un terzo gruppo di convenzioni riguarda il trattamento riser­ vato alle poste compensative delle entrate e delle spese. È norma di buona amministrazione che il bilancio dei soggetti pubblici sia compilato al lordo: ad esempio tra le entrate per imposte indirette dovrà comparire il riscosso a tale titolo, mentre tra le uscite dovrà comparire una « posta compensativa » relativa ai rimborsi di im­ poste indirette; nel bilancio economico, tuttavia, compare solo l ’en­ trata netta (dedotte cioè le poste compensative che la riguardano), in quanto sembra più corretto dal punto di vista dei flussi da e per il settore considerare solo il trasferimento netto.

Le altre grosse differenze concettuali tra la spesa ex bilancio e quella di CN derivano poi sostanzialmente da:

a) la deduzione del prodotto vendibile dai consumi intermedi e delle vendite residuali dalla produzione non vendibile (B > CN); h) la valutazione incrementale degli ammortamenti (B < CN); c) la sostanziale inclusione nei redditi da lavoro di una posta figurativa per gli oneri sociali a carico dello stato al netto delle ri­ tenute a carico dei dipendenti (B < CN);

d) la diversa classificazione di talune poste considerate ope­

razioni finanziarie (ad esempio 535 miliardi nel 1978 per il fondo riconversione industriale) (B < CN).

Infine vengono aggiunte alle spese quelle relative all’acquisto del servizio « aggio esattoriale » per le imposte dirette ed indirette ; vengono tolti i fondi FEOGA che transitano dal bilancio dello stato e le vendite di beni capitali rispetto agli investimenti fissi.

Altre piccole differenze insorgono per il trattamento del gioco del lotto e per l’inserimento tra la produzione vendibile delle tasse scolastiche, il « servizio » prodotto alla CEE per la riscossione delle risorse proprie, ecc.

Complessivamente si può concludere che la spesa CN è formal­ mente un aggregato artificiale basato su convenzioni, che differisce concettualmente dalla spesa rilevabile idealmente dai bilanci pub­ blici. Tuttavia ne differisce in termini quantitativi (a parte le ope­ razioni finanziarie) relativamente esigui e non ne è sistematicamente maggiore o minore: ad esempio per quanto riguarda il solo bilancio dello stato la spesa CN è risultata maggiore nel 1975 e nel 1976, minore nel 1977 e 1978 rispettivamente per 1.389; 482; 2.340; 2.417

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miliardi, costituendo per il 1978 meno del 3 % (se si escludono le operazioni finanziarie) della spesa complessiva di bilancio (6).

Occorre però considerare che queste differenze si riducono ul­ teriormente poiché la spesa deducibile direttamente dai bilanci « grez­ zi » dovrebbe comunque essere manipolata concettualmente in qual­ che guisa, ad esempio per quanto riguarda le poste correttive.

Pur non discutendo la superiorità teorica di una ipotetica spesa

ex bilanci rispetto alla spesa pubblica ex CN, resta il fatto che que-

st’ultima è a disposizione mentre la prima dovrebbe essere definita e ricavata quindi dai bilanci non facilmente reperibili degli Enti pubblici interessati: e tale grossa mole di lavoro non sembra giusti­ ficata alla luce dei vantaggi offerti.

Sembra tuttavia pacifico che la spesa pubblica CN vada integrata almeno dalla spesa per operazioni finanziarie, che ha manifestato una forte tendenza all’ aumento sopra tutto negli ultimi tempi. A tale proposito occorrerebbe provedere al consolidamento dei vari bilanci in modo autonomo, visto che non esistono elaborazioni a tale ri­ guardo.

In conclusione, la scelta qui effettuata di considerare la spesa pubblica di CN anziché quella ex consolidamento diretto dai bilanci è una scelta di second best : la spesa di CN può essere considerata come una approssimazione abbastanza ragionevole della « vera » spesa pubblica, e usata quindi in prima approssimazione.

4. Come già detto, la contabilità nazionale è l'unica fonte che

fornisce dati al netto dai trasferimenti interni alle Pubbliche Am­ ministrazioni (7); i dati elaborati ai fini della CN, peraltro, non in­ cludono le spese considerate meramente finanziarie, ossia il rimborso di prestiti, la concessione di crediti, le partecipazioni azionarie e i conferimenti.

(6) Cfr. Relazione generale sulla situazione economica del Paese, 1978, bozze.

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T A B E L L A 1

Spesa delle P .A . di C.N.

(in m iliardi di lire corr.)

Anni Consumi pubblici Investimenti pubblici Trasferimenti alle famiglie Trasferimenti

alle imprese Totale

1951 . . 1.243,9 247,3 909,2 262,1 2.662,5 1952 . . 1.413,2 318,9 1.141,3 310,6 3.184,0 1953 . . 1.481,5 400,2 1.313,8 364,4 3.559,9 1954 . . 1.647,6 475,4 1.546,5 251,8 3.921,3 1955 . . 1.774,5 505,1 1.772,4 315,8 4.367,8 1956 . . 1.940,5 498,5 2.018,4 369,0 4.826,4 1957 . . 2.059,7 540,0 2.111,5 475,0 5.186,2 1958 . . 2.259,1 586,0 2.387,9 372,8 5.605,8 1959 . . 2.461,2 605,2 2.680,8 426,4 6.128,6 1960 . . 2.632 820 3.127 461 7.040 1961 . . 2.096 856 3.392 407 7.561 1962 . . 3.376 912 3.929 594 8.811 1963 . . 4.121 1.003 4.642 512 10.278 1964 . . 4.659 1.158 5.075 728 11.520 1965 . . 5.297 1.108 6.125 844 13.374 1966 . . 5.602 1.178 6.811 907 14.498 1967 . . 5.901 1.153 7.361 1.222 15.646 1968 . . 6.405 1.381 8.399 1.340 17.535 1969 . . 6.893 1.440 9.130 1.539 19.002 1970 . . 7.333 1.828 10.335 1.830 21.326 1971 . . 8.897 1.921 12.337 1.662 24.817 1972 . . 10.060 2.125 14.267 2.013 28.465 1973 . . 11.523 2.302 17.009 2.126 32.960 1974 . . 13.781 3.185 20.890 2.756 40.612 1975 . . 19.362 4.468 26.581 4.047 54.458 1976 . . 23.133 5.413 33.211 4.966 66.723 1977 . . 28.991 6.399 39.921 6.699 82.010 1978 . . 35.463 7.003 52.883 8.147 103.466 1979 . . 42.395 8.510 61.884 10.262 123.051 1980 . . 54.550 10.784 77.926 11.230 154.380

Ferrite-. D al 1951 al 1959 inclusi, ACN 1974; dal 1960 al 1974 inclusi, AON 1978; dal

1974 al 1979, R ei. Gen. sit. ec. del Paese ed. 1980 bozze; 1980, R ei. Gen. 1981, bozze.

N ota: R ispetto alle fon ti originarie sono state raggruppate alcune poste, e in pasti­

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La spesa globale delle P.A. qui analizzata è pertanto come detto una approssimazione della vera spesa pubblica complessiva, sia per l’esclusione delle operazioni finanziarie, sia per la mancata conside­ razione dei soggetti pubblici finalizzati alla produzione vendibile; la spesa di questi ultimi soggetti presenta problemi assai diversi, e pare che vada in ogni modo considerata a parte.

La Tabella 1 presenta la spesa complessiva della P.A. nei dati di CN in lire correnti, ossia negli ammontari effettivamente verifi­ catisi, ripartita nei raggruppamenti più significativi, ossia consumi, investimenti, trasferimenti alle famiglie e alle imprese. Eispetto alle fonti originarie sono state eliminate le poste singole « interessi » e « trasferimenti al resto del mondo », entrambe incluse nei trasferi­ menti alle famiglie, oltre alla condensazione di poste minori, come è detto in nota alla tabella stessa.

La serie presentata nella Tabella 1 a rigori non è omogenea, ri­ sentendo delle varie modificazioni nella metodologia di contabilità nazionale : propriamente si tratta di una prima serie dal 1951 al 1959 inclusi basata sulla metodologia SCN, di una seconda serie dal 1960 al 1974 inclusi basata sulla metodologia SEC e di una terza serie basata sulla metodologia SEC modificata (dal 1975 al 1979 in­ clusi). Il dato del 1980, poi, apparentemente è ancora differente, es­ sendo tratto da una serie (ex Relazione Generale sulla situazione economica del Paese, 1981, bozze) in qualche misura differente dalle precedenti.

Il fatto è che sono stati ricalcolati nella metodologia SEC sol­ tanto i dati a partire dal 1960 ; mentre per quanto riguarda la nuova metodologia SEC sono stati calcolati retrospettivamente i dati sol­ tanto a partire dal 1970 (8), senza contare comunque che i dati for­ niti in anni successivi mostrano variazioni non facilmente spiega­ bili (9).

In generale, quindi, è stato seguito il criterio di riportare il dato più recente rispetto all’anno considerato, compatibilmente con la di­ sponibilità di fonti omogenee; pur esistendo come detto delle diffe­ renze metodologiche nelle serie riportate, è parso che non esistessero alternative praticabili tenendo presente i costi e i benefici delle al­ ternative stesse. In realtà la più grossa differenza metodologica

ap-(8) A lavoro ultimato sono usciti i dati nuovo SBC dal 1960 al 1980: cfr. ISTAT, Bollettino mensile di statistica, luglio 1981.

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pare essere la inclusione nei dati a partire dal 1975 del settore ospe­ daliero nelle Pubbliche Amministrazioni, mentre precedentemente era considerato parte del settore delle imprese. Ciò ha significato per le operazioni di gestione una diminuzione dei consumi privati e un corrispondente aumento dei consumi pubblici, bilanciato peraltro da una diminuzione dei trasferimenti, ex prestazioni sociali; per quanto riguarda poi le operazioni di ripianamento dei debiti pre­ gressi del settore ha portato a una diminuzione della spesa pubblica, in quanto sono state considerate nei conti degli ospedali (e quindi delle Amministrazioni locali) delle uscite relative a operazioni finan­ ziarie. In quanto tali, dovrebbero essere prese in considerazione as­ sieme alle altre operazioni finanziarie.

Malgrado la non omogeneità a stretto rigore della serie storica della Tabella 1, non vi è dubbio che l’insieme dei dati sia signifi­ cativo. Vediamo così che l’aumento della spesa pubblica — in ter­ mini monetari — è stato assai consistente nei 30 anni considerati; basta notare che essa dai 2,7 mila miliardi del 1951 è arrivata ai 103 mila miliardi circa del 1978, raddoppiando in 27 anni cinque volte. Più precisamente è raddoppiata per la prima volta tra il 1957 e il 1958 (ossia in circa 7 anni e mezzo) la seconda volta tra il 1963 e il 1964 (ossia in circa 6 anni), la terza volta nel 1970 (in circa 6 anni e mezzo) la quarta volta poco oltre il 1974 (ossia poco più di quattro anni) ed infine la quinta volta poco oltre il 1977 (ossia in circa tre anni). Poiché poi è praticamente certo che l’incremento dal 1980 al 1981 sarà maggiore dell’incremento tra il 1979 e il 1980 (10), si può facilmente prevedere che la spesa pubblica raddoppierà an­ cora una volta tra il 1980 e il 1981.

Rei. gen. 1977 con quelli ACN 78, di sotto sono riportati i valori della spesa delle P.A. desumibili dalle varie Relazioni generali (bozze).

R.G . 75 R.G. 76 R.G. 77 R.G. 78 R.G. 79 R.G. 80 1974 39.983 40.612 40.612

_

_

43.261 1975 51.905 55.097 56.570 54.458 54.458 55.247 1976

_

65.712 66.960 66.923 66.723 67.636 1977

_

_

82.988 81.870 82.010 83.046 1978

_

_

_

104.546 103.496 104.110 1979

_

_

_

123.051 124.583 1980 — — — — — 156.135

ì; appena opportuno rilevare che i dati ex R.G. 1980 non sono metodolo-gicamente omogenei con gli altri pur se non ne differiscono di molto.

(32)

— 332 —

La Tabella 2 fornisce poi i valori relativi alla composizione percentuale della spesa delle P.A., dai quali si desume sintetica­ mente che i consumi pubblici e gli investimenti diminuiscono in peso percentuale (malgrado, per i consumi pubblici, l’aumento contabile dal 1975 per la spesa ospedaliera), e quindi rappresentano le com­ ponenti meno dinamiche della spesa, mentre i trasferimenti aumen­ tano in peso percentuale, e quindi rappresentano la componente più dinamica della spesa, anche se con andamento differente a seconda del tipo di trasferimento. Complessivamente, infatti, i trasferimenti sono passati progressivamente dal 44 % circa del 1951 al 58 % circa del 1980, pur se la loro accelerazione diminuisce.

T A B E L L A 2

Spesa delle P .A . di G .N .: composizione percentuale

(lire correnti) Anni Consumi pubblici Investimenti pubblici Trasferimenti alle famiglie Trasferimenti

alle imprese Totale

1951 . . 46,72 9,29 34,15 9,84 100 1952 . 44,88 10,02 35,84 9,76 100 1953 . 41,62 11,24 36,91 10,24 100 1954 . 42,02 12,12 39,44 6,42 100 1955 . 40,63 11,56 40,58 7,23 100 1956 . 40,21 10,33 41,82 7,65 100 1957 . 39,72 10,41 40,71 ' 9,1 6 100 1958 . 40,30 10,45 42,60 6,55 100 1959 . 39,42 9,88 43,74 6,96 100 1960 . 37.39 11,65 44,42 6,55 100 1961 . 38,43 11,32 44,86 5,38 100 1962 . 38,82 10,35 44,59 6,74 100 1963 . 40,10 9,76 45,16 4,98 100 1964 . 40,44 10,05 44,05 5,45 100 1965 . 39,61 8,28 45,80 6,31 100 1966 . 38,64 8,13 46,98 6,2 6 100 1967 . 37,77 7,37 47,05 7,81 100 1968 . 36,53 7,93 47,90 7,64 100 1969 . 36,28 7,58 48,05 8,10 100 1970 . 34,39 8,57 48 ,46 8,58 100 1971 . 35,85 7,74 49,71 6,70 100 1972 . 35.34 7,47 50,12 7,07 100 1973 . 34,96 6,98 51,60 6,4 5 100 1974 . 33,93 7,84 51 ,44 6,79 100 1975 . 35,55 8,20 48,81 7,43 100 1976 . 34.67 8,11 59,77 7,44 100 1977 . 35,35 7,80 48,68 8,17 100 1978 . 34,27 6,77 51,10 7,78 100 1979 . 34,45 6,92 50,29 8,34 100 1980 . 35,26 6,99 50,84 7,27 100

(33)

— 333 —

Sembra si possa osservare che l’andamento qui presentato della spesa pubblica globale risente potentemente, in primo luogo, della svalutazione monetaria.

In effetti, mentre per il periodo 1951-1970 (caratterizzato da un basso tasso di inflazione monetaria) il tempo di raddoppio della spesa pubblica si presentava piuttosto stazionario, e variava tra i sei e i sette anni circa, dopo il 1970 si riduceva a 4 anni ed infine a tre anni, in corrispondenza di un grosso aumento dei tassi di svaluta­ zione monetaria. Per prima cosa sembra opportuno, pertanto, cercare di neutralizzare l’effetto della svalutazione monetaria, anche se è evidente che la crescita della spesa pubblica non dipende solo dalla svalutazione monetaria, ma è anzi assai più sostenuta ed in parti­ colare non dipende dall’andamento del tempo in modo lineare.

A l tempo stesso sembra poco probabile che la spesa pubblica ita­ liana per il periodo considerato abbia avuto un andamento conforme a quanto osservato da Peacock e Wiseman per l’Inghilterra : in un periodo di pace quale quello dal 1951 al 1980 avrebbe dovuto pre­ sentarsi una crescita piuttosto modesta, in netta contrapposizione con la crescita violenta del tempo di guerra o di gravi turbamenti sociali.

È ben vero che l’ipotesi del displacement effect dovrebbe essere rifiutata sulla base rigorosa di un test econometrico (11), come è anche vero che sulla violenta dinamica della spesa pubblica influisce potentemente la svalutazione monetaria che è stata assai consistente a partire dagli anni ’70, ma la crescita della spesa pubblica è tal­ mente evidente che tale ipotesi appare a priori assai dubbia.

In ogni modo sembra prudente per il momento rinviare la que­ stione a quando avremo neutralizzato gli effetti della perdita del po­ tere d’acquisto della moneta.

La Figura 1, infine, riporta l’andamento della composizione percentuale della spesa delle P.A. su una base maggiormente disag­ gregata di quella della Tabella 2 : oltre al totale dei trasferimenti, dei consumi pubblici, degli investimenti pubblici vengono riportati gli andamenti degli interessi, dei trasferimenti correnti alle famiglie e alle imprese, dei trasferimenti in conto capitale alle imprese ed infine delle operazioni finanziarie dello stato.

(11) Sulla verifica del d i s p la c e m e n t e f f e c t si veda ad esem pio: Dia m o n d [7], Bird [6 ], Nag a r a ja n {15], Pea c o c k & Wis e m a n [19], O ’Hagan [17],

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— 334 — FIG U RA 1

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