4.3 L A DISCIPLINA DELLA CONCORRENZA
4.3.1 Il divieto di intese
L’articolo 101 del TFUE stabilisce che:
“sono incompatibili con il mercato interno e vietati tutti gli accordi tra imprese, tutte le decisioni di associazioni di imprese e tutte le pratiche concordate che possano pregiudicare il commercio tra Stati membri e che
308 Corte di Giustizia delle Comunità Europee, sentenza del 23 aprile 1991, Klaus Höfner e Fritz Elser vs. Macrotron GmbH, causa C-41/90, in Raccolta della Giurisprudenza 1991, p. 1979.
309 “Art. 2082: Imprenditore. E' imprenditore chi esercita professionalmente un'attività economica organizzata (2555, 2565) al fine della produzione o dello scambio di beni o di servizi (2135, 2195).”
310 Tra le sentenze della Corte su questo punto: sentenza del 1° ottobre 1997, A.S.B.L. Vereniging Van Vlaamse Reisbureaus vs. A.S.B.L. Sociale Dienst Van de Plaatselijke en Gewestelijke Overheidsdiensten, causa 311/85, in Raccolta della Giurisprudenza 1987, p. 3801. Nel caso CIF addirittura la Corte ha ritenuto che le imprese non fossero responsabili delle pratiche anticoncorrenziali, in quanto la normativa nazionale eliminava di per sé ogni forma di concorrenza e non lasciava alle imprese alcuna discrezionalità in merito all’applicazione (sentenza del 9 settembre 2003, Consorzio Industrie Fiammiferi vs. Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, causa C-198/01, in Raccolta della Giurisprudenza 2001, p. 8055).
abbiano per oggetto o per effetto di impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza all’interno del mercato interno […]”
Il termine “intesa”, che pure non figura nel testo, viene normalmente impiegato per designare le pratiche anticoncorrenziali indicate dalla suddetta norma.
Con esso si vuole evidenziare il tratto comune alle tre fattispecie, cioè la presenza di una “concertazione idonea a sostituire all’autonomia dei comportamenti di due o più imprese una forma di coordinamento degli stessi”.311 In presenza di un mercato concorrenziale, infatti, le imprese si ritiene che le imprese debbano essere libere di determinare autonomamente la propria condotta.
Le intese possono essere di due tipi: orizzontali, se sono concluse da imprese che operano allo steso livello del ciclo produttivo; verticali, se sono concluse da imprese che operano a livelli diversi del ciclo produttivo (per esempio, produttore e distributore). Le prime sono considerate più pericolose in quanto, essendo poste in essere da imprese in diretta concorrenza l’una con l’altra, sono suscettibili di procurare effetti distorsivi del mercato analoghi a quelli riscontrabili in presenza di un monopolio. Le intese verticali, invece, sono esposte al divieto solo episodicamente, allorché, per esempio determinino una ripartizione dei mercati e della clientela. È infatti opinione largamente diffusa che possano, in molti casi, produrre degli effetti positivi in termini di efficienza economica, concorrenzialità nel mercato e valorizzazione dei prodotti.312
La prima fattispecie è quella dell’”accordo”, la quale ricorre quando le imprese esprimono la volontà comune di comportarsi in un determinato modo e vi si conformano. Secondo la Corte di Giustizia, è sufficiente che “le parti abbiano espresso la loro comune volontà di comportarsi sul mercato in un determinato modo”
e che tale incontro di volontà rappresenti “la fedele espressione della comune volontà
311 MANGINI V. e OLIVIERI G., Diritto antitrust, Giappichelli Editore, Torino, 2009, p. 25.
312 Si ritiene, per esempio, che la restrizione della concorrenza tra imprese che operano con prodotti di una medesima marca (concorrenza intrabrand) possa essere compensata da uno stimolo della concorrenza tra imprese che operano con prodotti di marche diverse (concorrenza interbrand). Le intese verticali possono favorire la specializzazione delle imprese nella commercializzazione di prodotti di determinate marche, con conseguente maggiore investimento per la valorizzazione dei prodotti stessi. Sul punto: Corte di Giustizia delle Comunità Europee, sentenza del 13 luglio 1966, Etablissements Consten e Grundig-Verkaufs-GmbH vs. Commissione delle Comunità Europee, cause riunite 56 e 58/64, Raccolta della Giurisprudenza 1966, p. 458.
dei membri dell’intesa circa il loro comportamento nel mercato comune”.313 Non è invece necessario che l’accordo sia in forma scritta né che la comune volontà si sostanzi in un rapporto di natura contrattuale.
La seconda fattispecie, di gran lunga più problematica, è quella della pratica concordata. Secondo la Corte di Giustizia, si tratta di “una forma di coordinamento delle imprese che, senza essere stata spinta fino all’attuazione di un vero e proprio accordo, costituisc[e] in pratica una consapevole collaborazione fra le imprese stesse a danno della concorrenza, collaborazione che porti a condizioni di concorrenza non corrispondenti a quelle normali del mercato”.314 Devono dunque essere rilevati dei comportamenti ripetuti e paralleli, che appaiano frutto non di iniziative unilaterali delle imprese bensì di una concertazione, che non si è tuttavia sostanziata in un accordo espresso. Si assume infatti che in un regime di libera concorrenza ogni operatore economico determini autonomamente la propria condotta sul mercato. La prassi applicativa del divieto ha orientato l’attenzione degli interpreti verso l’individuazione di indizi rivelatori della presenza di pratiche anticoncorrenziali concordate: dalla simmetria dei comportamenti di imprese concorrenti agli incontri informali e agli scambi di informazioni.
La terza fattispecie, le decisioni di associazioni di imprese, ricorre in presenza di manifestazioni collettive di volontà da parte di organizzazioni che riuniscono le imprese operanti su determinati mercati, indipendentemente dal carattere giuridicamente obbligatorio di tali decisioni.
Le condizioni affinché un’intesa ricada nel divieto di cui all’articolo 101 sono due: da un lato l’intesa deve provocare, in termini attuali o anche solo potenziali, un pregiudizio sensibile al commercio tra gli Stati membri; dall’altro alto, essa deve avere per oggetto o per effetto quello di impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza nel mercato interno. Anche la restrizione della concorrenza, come quella al commercio, deve essere sensibile, aspetto che viene valutato attraverso il concetto
313 Corte di Giustizia delle Comunità Europee, sentenza del 6 aprile 1995, Tréfileurope Sales SARL vs.
Commissione delle Comunità Europee, causa T-141/89, in Raccolta della Giurisprudenza 1995, p.
791.
314 Corte di Giustizia delle Comunità Europee, sentenza del 16 dicembre 1975, Suiker Unie, cause riunite 40-48, 50, 54.56, 111, 113 e 114/73, in Raccolta della Giurisprudenza 1975, p. 1663.
di “mercato rilevante”, una nozione intesa a descrivere l’ambito merceologico e geografico nel quale l’intesa ha prodotto o andrà a produrre i suoi effetti restrittivi della concorrenza315.
Al paragrafo 2 dell’articolo 101 vengono riportati alcuni contenuti tipici che un’intesa anticoncorrenziale può assumere:
“a) fissare direttamente o indirettamente i prezzi d'acquisto o di vendita ovvero altre condizioni di transazione;
b) limitare o controllare la produzione, gli sbocchi, lo sviluppo tecnico o gli investimenti;
c) ripartire i mercati o le fonti di approvvigionamento;
d) applicare, nei rapporti commerciali con gli altri contraenti, condizioni dissimili per prestazioni equivalenti, così da determinare per questi ultimi uno svantaggio nella concorrenza;
e) subordinare la conclusione di contratti all'accettazione da parte degli altri contraenti di prestazioni supplementari, che, per loro natura o secondo gli usi commerciali, non abbiano alcun nesso con l'oggetto dei contratti stessi.”
Il divieto di intese non è assoluto. Al paragrafo 3 sono infatti elencate quattro condizioni cui è subordinata l’eventuale inapplicabilità del divieto. In altre parole, benché una determinata pratica sia anticoncorrenziale, essa può nondimeno essere
“non vietata” qualora: contribuisca a migliorare la produzione o la distribuzione dei prodotti o a promuovere il progresso tecnico o economico; riservi agli utilizzatori una congrua parte dell’utile che ne deriva; sia proporzionale e proporzionata al conseguimento dell’obiettivo ritenuto meritorio; non dia la possibilità alle imprese che la pongono in essere di eliminare la concorrenza per una parte sostanziale dei prodotti da loro trattati. Come si è già accennato, sussiste inoltre la possibilità di ottenere un’esenzione in virtù della riconducibilità dell’intesa ad una delle categorie
315 Sotto il profilo merceologico il mercato rilevante comprende non solo i prodotti identici o affini, ma anche quelli che sono percepiti dai consumatori come intercambiabili in ragione delle loro caratteristiche, del loro prezzo e così via. Sotto il profilo geografico, il mercato rilevante è costituito dal territorio dell’Unione Europea nel quale l’accordo produce i suoi effetti.
di intese individuate tramite regolamento dal Consiglio (o, come più spesso accade, dalla Commissione.316
Gli accordi e le decisioni adottati in violazione del divieto di intese sono nulli di pieno diritto (art. 101.2).