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La direttiva sulla protezione legale delle banche dati

3.2 L A RICERCA DI UN MODUS VIVENDI

3.2.2 L’armonizzazione delle normative nazionali

3.2.2.9 La direttiva sulla protezione legale delle banche dati

remunerazione non ricorrente (art. 1.2.c, emendativo dell’art. 3 della direttiva 2006/116213).

La direttiva dovrà essere recepita dagli Stati membri dell’Unione Europea entro il 1° novembre 2013. Sono fatti salvi i diritti acquisiti fino a quella data.

creazione di un diritto sui generis della durata di quindici anni per le banche dati che non superano la soglia di originalità prevista dalla direttiva, a patto che le banche dati in questione siano il prodotto di un “investimento rilevante” da parte del produttore.

Lo scopo della direttiva è quello di porre rimedio alle differenze nella tutela giuridica delle banche dati assicurata dalle leggi degli Stati membri, ai fini di un migliore funzionamento del mercato interno e di una migliore garanzia degli interessi dei creatori e degli utenti215.

La definizione di banca dati contenuta nella direttiva (art. 1.2) è la seguente:

“Ai fini della presente direttiva per «banca di dati» si intende una raccolta di opere, dati o altri elementi indipendenti sistematicamente o metodicamente disposti ed individualmente accessibili grazie a mezzi elettronici o in altro modo.”

Essa ricomprende tanto le banche dati cartacee quanto quelle digitali. Sono espressamente esclusi dalla tutela conferita dalla direttiva i programmi per computer

“utilizzati per la costituzione o il funzionamento di banche di dati accessibili grazie a mezzi elettronici” (art. 1.3).

Non viene specificato cosa debba intendersi per “opere, dati o altri elementi indipendenti”, tuttavia la Corte di Giustizia delle Comunità Europee, nella sentenza Fixtures Marketing (2004)216, li ha definiti come “elementi separabili gli uni dagli altri senza che il valore del loro contenuto informativo, letterario, artistico, musicale o di altro genere venga ad essere per questo intaccato”. Per quanto riguarda la

“disposizione sistematica o metodica”, la Corte ha specificato che

“questa condizione comporta che la raccolta figuri su un supporto fisso, di qualsiasi natura, e contenga un mezzo tecnico quale un processo di tipo elettronico, elettromagnetico o elettroottico, […] o un altro mezzo, quale un sommario, un indice delle materie, un piano o un metodo di classificazione

215 SEVILLE C., EU Intellectual Property Law and Policy, op. cit., pp. 41 e 42.

216 Corte di Giustizia delle Comunità Europee, sentenza del 9 novembre 2004, Fixtures Marketing Ltd vs. Organismos Prognostikon Agonon Podosfairou EG, causa C-444/02, in Raccolta della Giurisprudenza 2004, p. 10549.

particolare, che consente la localizzazione di ogni elemento indipendente contenuto nel suo ambito”.

Laddove la banca dati costituisca una creazione dell’ingegno propria dell’autore, essa è tutelata in quanto tale dal diritto d’autore (art. 3.1). Tale protezione non si estende al suo contenuto (art. 3.2).

Ai sensi dell’articolo 5, l’autore della banca dati ha il diritto esclusivo di riprodurla, tradurla, distribuirla, adattarla, modificarla e comunicarla al pubblico. Gli utenti possono eseguire, senza necessità di chiedere l’autorizzazione all’autore, tutti gli atti elencati all’articolo 5 che siano necessari per l’accesso al contenuto della banca dati e l’impiego normale di quest’ultima (art. 6.1). Il paragrafo 2 dell’articolo 6 elenca i motivi che possono giustificare la limitazione dei diritti degli autori da parte degli Stati membri, quali l’impiego della banca dati per finalità didattiche o scientifiche (sempre che si indichi la fonte) e l’impiego per fini di sicurezza pubblica.

Il capo III della direttiva è interamente dedicato al diritto sui generis. Tale diritto consiste nel “diritto di vietare operazioni di estrazione e/o reimpiego della totalità o di una parte sostanziale del contenuto della stessa [banca dati], valutata in termini qualitativi o quantitativi”. Per “estrazione” si intende “il trasferimento permanente o temporaneo della totalità o di una parte sostanziale del contenuto di una banca di dati su un altro supporto con qualsiasi mezzo o in qualsivoglia forma”

(art. 7.2.a), mentre per “reimpiego” si intende “qualsiasi forma di messa a disposizione del pubblico della totalità o di una parte sostanziale del contenuto della banca di dati mediante distribuzione di copie, noleggio, trasmissione in linea o in altre forme” (art. 7.2.b). Ai sensi dell’articolo 7.1 gli Stati devono attribuire (non

“riconoscere”) il diritto esclusivo di vietare operazioni di estrazione e/o reimpiego al costitutore di una banca dati “qualora il conseguimento, la verifica e la presentazione di tale contenuto attestino un investimento rilevante sotto il profilo qualitativo o quantitativo”.

L’utente legittimo può estrarre e reimpiegare parti non sostanziali del contenuto della banca dati per qualsivoglia fine (art. 8.1), tuttavia egli non può

“eseguire operazioni che siano in contrasto con la normale gestione della banca di

dati o che arrechino un eccessivo pregiudizio ai legittimi interessi del costitutore della stessa” (art. 8.2), né “arrecare pregiudizio al titolare del diritto d'autore o di un diritto connesso relativo ad opere o prestazioni contenute in tale banca” (art. 8.3).

Ai sensi dell’art. 9, gli Stati possono prevedere delle deroghe anche al diritto sui generis; ciò nonostante, le motivazioni adducibili a sostegno di tali deroghe sono in numero più limitato rispetto a quelle previste per il diritto d’autore. La durata della tutela è di quindici anni dal completamento della costituzione della banca dati (art.

10.1). Eventuali modifiche sostanziali del contenuto di una banca dati, che permettano di ritenere che sia stato effettuato un nuovo consistente investimento, consentono di attribuire alla banca dati così modificata una propria specifica durata di protezione (art. 10.3).

Gli Stati membri devono prevedere adeguate sanzioni contro la violazione dei diritti contemplati dalla direttiva (art. 12). Ai sensi dell’art. 16.1, la Commissione deve trasmettere un rapporto sullo stato di applicazione della direttiva ogni tre anni al Parlamento Europeo, al Consiglio e al Comitato Economico e Sociale.

La direttiva è stata oggetto di forti critiche, soprattutto in relazione all’ampiezza della protezione e alla possibilità che si espanda ulteriormente. È stata evidenziata l’esiguità delle deroghe ammesse e la scarsa chiarezza delle definizioni, nonché il rischio che possa produrre una forte concentrazione dell’informazione. La periodica pubblicazione di una relazione sullo stato di implementazione della direttiva doveva servire anche a venire incontro a tali preoccupazioni, assicurando un frequente monitoraggio, fra le altre cose, della condizione di concorrenzialità del mercato217.

217 SEVILLE C., EU intellectual property law and policy, op. cit., p. 44. Alcune pronunce della Corte di Giustizia hanno contribuito a fare chiarezza su molti aspetti controversi o giudicati poco chiari. Per esempio, nella sentenza British Horseracing Board BHB (2004), la Corte ha precisato che l’investimento per la costituzione di una banca dati non comprende i mezzi impiegati per la creazione degli elementi costitutivi del contenuto, bensì i mezzi destinati alla ricerca e alla raccolta di dati e informazioni da inserirvi. Con questa pronuncia, la Corte ha limitato il potenziale ambito di applicazione delle norme relative all’attribuzione del diritto sui generis (sentenza del 9 novembre 2004, The British Horseracing Board Ltd e altri vs. William Hill Organization Ltd, causa C-203/02, in Raccolta della Giurisprudenza 2004, p. 10415.

Il primo rapporto ufficiale della Commissione sulla direttiva (2005)218 ha mostrato che, nonostante il diritto sui generis sia stato introdotto per stimolare la creazione di banche dati, non vi sia in realtà alcuna prova di un simile effetto. Mentre il settore della produzione di banche dati negli Stati Uniti avanza anche senza l’esistenza di un diritto sui generis, in Europa, almeno all’epoca della relazione, il settore arrancava. I rappresentanti dell’industria europea hanno risposto a tali osservazioni sostenendo con forza l’importanza del diritto sui generis per il successo delle proprie attività economiche.

Il rapporto della Commissione proponeva quattro opzioni: abrogare la direttiva, rivedere il diritto sui generis, abolire il diritto sui generis o mantenere lo status quo. Gli stakeholders erano stati invitati a presentare commenti ed osservazioni al riguardo. Dopo aver raccolto un gran numero di commenti e osservazioni, la Commissione ha deciso di mantenere, almeno per il momento, lo status quo219.