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κ Citazioni trobadoriche nell’Arte del rimare di Giovanni Maria Barbier

T 3 è latore di un solo testo di Figueira, attribuito ad Ademar lo Negre La canzone di crociata si colloca a cavallo di due fascicoli, i numeri XXIII (cc 177-184)

I.1.17 κ Citazioni trobadoriche nell’Arte del rimare di Giovanni Maria Barbier

Descrizione

Con la sigla κ si indicano convenzionalmente le citazioni trobadoriche contenute nell’Arte del

rimare di Giovanni Maria Barbieri, inedita sino al 1790 quando fu pubblicata per le cure di Girolamo

Tiraboschi. Esse sono ricavate da quattro canzonieri, andati perduti con la dispersione delle carte dell’autore: il Libro di Michele, ossia una copia del canzoniere compilato dal maestro e scriba Miquel de la Tor alla fine del XIII secolo (per la cui ricostruzioni cfr. CARERI 1996); il Libro in Asc. (= in assicelle), copia di M; il Libro slegato, copia di H; il Libro siciliano.

Dell’opera sopravvivono due stesure autografe purtroppo incomplete, conservate nel faldone miscellaneo B 3467 della Biblioteca dell’Archiginnasio di Bologna, cui si riferisce la descrizione proposta infra: la minuta (fascicolo 6a) inizia dal cap. IV e s’interrompe a metà dell’VIII; la bella copia (6b) esordisce con la frase frase «che una gru volante nel cielo», entro il cap. V.

Cart., XVI sec., ± mm 210x310; composto di sette fascicoli di vario formato con copertina moderna in carta, conservati entro cartella in mezza pergamena con lacci, il faldone contiene dunque: 1. Epistola sopra l’uso letterario del latino e dell’italiano, mutila (4 cc.); 2. Appunti interpretativi di passi petrarcheschi autografi del Barbieri (4 cc.); 3. Note lessicografiche sulle voci Qui, quivi,

quinci, qua, là, ove, là su, autografe del Barbieri; 4. Note interpretative di poesie provenzali (4 cc.,

mancanti ma pubblicate in appendice a DE BARTHOLOMAEIS 1927); 5. Frammenti autografi del Barbieri di una cronaca di Modena dal 1° dicembre 1556 al 30 gennaio 1557 (6 cc.); 6a. Minuta dell’Arte del rimare (44 cc. numerate da 12 a 55); 6b. Bella copia dell’Arte del rimare (56 cc. numerate modernamente); 7. Contrastus domini de Conciacho, copia autografa del Barbieri e mutila dell’inizio (6 cc.).

All’Arte del rimare il Barbieri dedicò gli ultimi anni di vita, a partire dalla morte dell’amico e collaboratore Lodovico Castelvetro (1571): la stesura si fissa infatti al 1572 (cfr. FOLENA 1964, p. 228) ma solo il primo dei tre libri previsti fu completato. Il limite all’immediata pubblicazione consisté nel fatto che le citazioni liriche in lingua d’oc occupano circa un terzo del libro che pertanto, come intuì Gian Maria Castelvetro nella lettera a Lodovico Barbieri pochi mesi dopo la morte del padre occorsa nel 1574, «piaceria maggiormente, quando il provenzale fosse stato portato in italiano» dal momento che «pochissimi o forse niuno in Italia si truovi, ancorché studioso della volgare eloquenza, che sappia che cosa sia lingua provenzale, non che la ‘ntenda» (DEBENEDETTI 1911, p. 268). Originariamente, il figlio Lodovico aveva pensato a Jacopo Corbinelli, esule in Francia, come possibile autore delle traduzioni ma il compito non venne mai intrapreso e il progetto fu abbandonato per due secoli, allorché il Tiraboschi affidò le traduzioni all’abate Joaquim Plà e fece stampare il trattato a Modena, sulla base di una copia meno lacunosa degli autografi quali oggi si mostrano all’Archiginnasio, col titolo Dell’origine della poesia rimata, arbitrariamente scelto. All’epoca della princeps, le due unità di mano del Barbieri si trovavano «presso il Conte Senatore Lodovico Savioli» (TIRABOSCHI 1790, p. 21), ivi confluite per via ereditaria. Nel 1917 il fondo Savioli-Fontana (per cui cfr. DE BARTHOLOMAEIS 1927, pp. 6-7) fu donato alla Biblioteca Comunale di Bologna.

Bibliografia

TIRABOSCHI 1790;MUSSAFIA 1874;BERTONI 1905; DEBENEDETTI 1911, pp. 30-37, 47, 83-84, 90- 91; 112-117; 173-177; 195-197, 229-233, 284;DE BARTHOLOMAEIS 1927; BdT, pp. XXXIII-XXXIV; FOLENA 1964; ImbI, CI, 1983, pp. 125-126; CARERI 1989; DE CONCA 2001b.

[c] Anc tan bella espazada (BdT 10.9) 30v5 – 30v12116

Includo κ nella tradizione manoscritta poiché nel X capitolo dell’Arte del

rimare il Barbieri, a supporto della definizione che dà di Guilhem Figueira, propone

una copia della cobla di Aimeric de Peguilhan tratta dal Libro slegato, c. 71: si tratta del secondo elemento del binomio che forma il testo III che interpreto complessivamente come una cobla con risposta. Nel medesimo paragrafo l’autore propone inoltre l’esparsa di Sordello Si tot massaill de Serventes Figera (BdT 437.33)117 che pure poteva leggere nella sua copia di H, c. 80.

Un ritorno agli autografi si impone: benché per la brevissima sezione dedicata al trovatore Figueira non si registrino varianti genetiche, noto alcune modifiche apportate dal Tiraboschi in sede di preparazione per la stampa che coinvolgono i tempi verbali, i nomi e la divisione delle parole.118

116 Fasc. 6b. Nella minuta il passo è a c. 46r della numerazione autografa del Barbieri e la cobla va dal rigo 15 al 22; nell’edizione TIRABOSCHI 1790 è stampato, con traduzioni del Plà, alle pp. 119- 120.

117 TIRABOSCHI 1790, p. 120 stampa messail ma la lezione autografa è assaill sia nella minuta che nella bella copia.

Tavola sinottica

Conclusa la rassegna dei testimoni, si cercherà ora di tirare le fila di descrizioni e analisi volte a restituire ai singoli contesti «un significato non ridondante ma essenziale per qualsiasi operazione ecdotica».119

Si riporta di seguito l’elenco dei canzonieri affiancati dai testi attribuiti a Guilhem Figueira secondo l’ordine in cui si presentano in ciascuno di essi: sono compresi la

vida, di cui ancora non si è parlato, i testi erroneamente ascritti al trovatore e le

eventuali attribuzioni alternative. La presenza di una barra fra due testi sta ad indicare che essi non sono consecutivi all’interno delle raccolte (siano esse ordinate o disordinate). La doppia barra indica invece il cambio di sezione all’interno di raccolte ordinate. B vida IX VIII C V 194.15 VII 213.4 IX XI X D 10.8 || VIII IX Da VII V Dc VII H IV | I | III

I vida VII || VIII 10.8

K vida VII || VIII 10.8

L VII (anon.) M V || VI 156.11 O V (anon.) P II R 194.15 | XI X | VII 213.4 V 10.8 | IX T VII (AdNegre) U VII (JoAub) a2 217.4b 217.4a V IX X f V (Caden) Ambr IX (anon.)

Spicca ma non sorprende l’identità di comportamento tra i canzonieri I e K. L’osservazione della posizione dei testi in quattro sezioni distinte di R informa invece della solidarietà di alcuni di essi ai piani medi della tradizione: due le sequenze sicure che è dato evincere dal confronto con l’altro canzoniere linguadociano della medesima tradizione y. La prima riguarda la coppia VII e 213.4: il gruppo di quattro componimenti, comprendente anche V e 10.8, che

verosimilmente viaggiarono assieme almeno fino all’arrivo nel collettore, non ha retto al riordino messo in opera dal copista di C. Come abbiamo visto nello specifico paragrafo, il canzoniere di Narbona riceve l’ultimo componimento della serie assieme agli altri ma lo scorpora dalla sezione Figueira e lo assegna al Peguilhan, in forza di un apporto diverso: l’attribuzione di BdT 10.8 al nostro trovatore sopravvive solo nella seconda assegnazione della tavola antica, come organo vestigiale di questa particolare fonte che per comodità chiameremo r3; il compilatore di C inoltre assegna particolare rilievo alla canzone di crociata V che, si noterà, è l’unica pièce di Figueira presente in O, in T e in f; essa gode di uno statuto particolare anche in M e, se la nostra interpretazione della testimonianza di a2 è corretta, pure nel canzoniere di Bernart Amoros, benché resti difficile capire se

in esso BdT 10.8 la precedesse o meno. La preferenza accordata al testo da parte di C, M e dal canzoniere del chierico alverniate da un lato – includo del gruppo anche T – e l’esclusività di cui gode in O e f dall’altro non hanno tuttavia le stesse ragioni: nel primo caso esso pare assurgere a canzone manifesto poiché, pur essendo un canto di crociata indirizzato a Federico, non ha i toni faziosi di altri componimenti (X e XI, presenti in C ma non in apertura di sezione), si allinea su tonalità ferme e pacate e si focalizza sull’esortazione all’impresa oltremarina solo dopo una riflessione dall’andamento dottrinario, il succo della quale è un generale invito alla penitenza che ben si allinea al gusto per il geistliches Lied proprio di C. Quanto al caso di M, si è detto come l’incongruenza nella riorganizzazione dei materiali consista nello scorporamento di V dagli altri due testi assegnati a Figueira afferenti al medesimo genere lirico e celi, nel caso in cui tutti e tre avessero viaggiato nella stessa fonte, un errore d’interpretazione indotto proprio dal tono dottrinario delle prime quattro strofe oppure, se i tre testi fossero giunti per via di due distinti apporti, il mancato riconoscimento, oltre che del genere, anche della paternità comune; anche nella probabile eventualità che si tratti di un caso di farcissure,120 è significativo che proprio questo e non un altro testo di Figueira sia stato selezionato per essere promosso nella sezione classica di canzoni, ancorché con la funzione di

120 Lo confermerebbe la prossimità delle sezioni di Falquet de Romans e Figueira in una fonte che s’intravede a monte di M e T che presentava una certa confusione nelle rubriche e che è responsabile degli errori di attribuzione in entrambi i prodotti: poiché in T l’errore coinvolge V è possibile che il testo si trovasse in detto modello.

riempitivo.

Se l’analisi dei pochi dati di critica esterna si rivela corretta, si può notare che, nel caso di f, V è stata inclusa nella raccolta manoscritta che si andava esemplando solo perché nella fonte era attribuita a un altro trovatore che in quel momento si credeva di antologizzare. In T il canto di crociata è pure, come si è detto, l’unico testo di Figueira accolto e affetto da errore attributivo121 mentre in O è addirittura attaccato al precedente BdT 194.3 senza soluzione di continuità. Parrebbe che in area provenzale e veneta la canzone abbia viaggiato da sola e sia stata come inghiottita dalle sezioni autoriali attigue. Considerando che in T il trovatore precedente è Falquet de Romans e che il testo a contatto è lo stesso sirventese attribuito in M a Guilhem Figueira; che in f la canzone di crociata è separata da BdT 156.15 solo da un altro componimento; che nella sezione dei sirventesi di D ai due testi di Figueira ivi trascritti segue immediatamente BdT 156.6 di Falquet; che i due trovatori si susseguivano anche nel canzoniere di Bernart Amoros, si può forse ipotizzare a un certo stadio della tradizione l’esistenza di una fonte in cui testi di Figueira e Falquet de Romans erano adiacenti e le rubriche mostravano alcune difficoltà di decifrazione oppure erano assenti.122

La seconda coppia ricorrente è formata dai sirventesi per Federico II, XI–X, che sono copiati in R2 e posti in coda alla sezione Figueira in C. L’assenza in sé di 217.4a da questa sequenza dei linguadociani non dimostra l’apocrifia del pezzo ma il dato materiale rinsalda le considerazioni esposte nel prossimo capitolo circa la persuasione che il sirventese unicum di a2 non sia da ascrivere a Guilhem Figueira. Tornando alla configurazione di R per aggregazione di arrivages successivi nello scriptorium tolosano, si segnala che entro le sezioni R2 e R3 isolate in base ai criteri di individuazione delle fonti del canzoniere enucleati dal Gröber, entrambi i gruppi di testi di Figueira sono preceduti da una collezione di Daude de Pradas: il primo è formato da due canzoni di Daude (BdT 124.13 e 124.7) più i due sirventesi

121 Per LEVY 1880, p. 2, l’attribuzione ad altri trovatori da parte dei copisti di f e T dipenderebbe dal tono ampolloso del componimento, lontano dalla chiarezza e freschezza delle altre poesie, per cui pare di capire che gli scribi non abbiano voluto riconoscerglielo nonostante la rubrica corretta nell’antigrafo.

122 Si ricordi inoltre che nelle zone di partecipazione alla tradizione di tipo y, T si avvicina a f e soprattutto a M: questi ultimi due, come ricorda ASPERTI 1994, p. 58, sono «chansonniers tous deux d’origine ‘provençale’ – au sens propre – et vigoureusement enracinés dans le Comté».

per Federico II di Guilhem (XI e X); il secondo da ben nove testi di Daude e dai quattro di Guilhem che formano r3. Solo nel primo caso s’intravede una possibile spiegazione per tale agglutinamento, nell’allusione al cuore come origine e motore del canto, agglutinamento che andrà fatto risalire a uno stadio precedente all’approdo di r2 nell’atelier di Tolosa: il secondo testo di Daude de Pradas esordisce con Tant sen al cor un amoros dezir mentre il primo di Figueira con Un

nou sirventes ai en cor que trameta.123

Rilevo poi un solo caso in cui una pièce è stata accolta come unica rappresentante della produzione del trovatore tolosano soltanto perché recava un

incipit stravagante: così si spiega infatti la presenza in L della canzone amorosa

VII. Questa e il canto di crociata sono i due testi che hanno conosciuto la migliore circolazione, approdando in prodotti tanto della tradizione veneta che della tradizione indigena: allo stadio finale della trasmissione cristallizzato nei canzonieri, essi risultano accostati di volta in volta a testi diversi, a seconda della disponibilità di materiali e delle scelte dei compilatori, ma figurano assieme in uno dei due nuclei più sicuri che giungono al collettore y (r3) e con tutta probabilità erano uniti anche nel Liber Alberici, da cui furono tratti al fine di integrare il bagaglio testuale della prima sezione del canzoniere estense. Pur nell’impossibilità di stabilire l’effettiva consistenza del corpus di Figueira nel Liber – cioè se nel Liber vi fossero anche i componimenti già trascritti in D –,124 la sequenza VII–V risulta la coppia minima più antica tracciabile con sicurezza, figurante intorno agli anni ’40 del XIII secolo nella raccolta messa insieme a Treviso, forse da Uc de Saint Circ per Alberico da Romano,125 attestata dal canzoniere estense e giunta in area linguadociana dove ha formato il nucleo più autentico di r3.

Per quanto attiene ai canzonieri di espressione veneta, si è visto nello specifico come in B la selezione sia stata operata sul medesimo materiale di base

123 Per r3 si può invece pensare a una riproposizione dell’ordine di successione della sezione precedente.

124 Ma cfr. ZUFFEREY 1987, p. 62: per le pièces del Liber che si trovavano nell’antecedente di D si è scelto di riportare sul secondo solo le varianti – cosa che uno dei due copisti non ha compreso, dal momento che ha copiato entrambe le lezioni – mentre le pièces esclusive del Liber sarebbero state affidate alla specifica sezione Da del canzoniere di Modena. Rispetto a questo meccanismo cfr. soprattutto BARBIERI 1995 e recentemente ZINELLI 2010, p. 106-107.

125 L’ipotesi è affermata nel modo più articolato da MENEGHETTI 1984, pp. 249-250 e MENEGHETTI 1991, p. 124; più scettico ZINELLI 2004a, pp. 89-97 e ZINELLI 2010 pp. 94-97.

disponibile anche per A: la raccolta rispecchia forse i dettami di un committente desideroso di un campione rappresentativo di componimenti, con corredo biografico e iconografico, che includesse anche i testi più spinosi del trovatore Figueira, opportunamente trascritti nella sezione dei sirventesi che maggiormente gli competeva; si può ipotizzare che la canzone amorosa non figurasse tra le fonti a disposizione del compilatore, benché circolasse in Veneto grazie all’apporto di β, come la sua presenza in Da, I e K dimostra. Si può tuttavia notare una terza coppia, stavolta formata dai sirventesi anticlericali IX e X accolti da B e, con inversione dell’ordine reciproco, da D, sempre nella sezione di sirventesi: il binomio possiede una forte coerenza interna e, nonostante l’assenza o forse meglio l’esclusione di Figueira da A, il suo manifestarsi in D ne assicura l’appartenenza al nucleo originario di ε.

Non valorizzati, a ragion veduta, in ambito veneto e in particolare trevigiano, i sirventesi federiciani non partecipano a dinamiche di tipo ε e sono assolutamente esclusi dall’avalliano β (DaIK).

L’esame delle risultanze offerte dalla lettura seriale dei componimenti in K ha permesso a Elisa Guadagnini di individuare uno specifico nucleo nella macro- partizione di canzoni, formato dalle sezioni monotestuali di Blacatz e di Guilhem Figueira poste in successione, entrambe aperte dalla biografia antica. Come si dirà

infra, esse costituiscono due casi-limite rispetto al tenore tendenzialmente adottato

nelle prose biografiche, poiché connotate in senso eccezionalmente laudativo la prima e dispregiativo la seconda. A detta di Guadagnini «l’inserzione in apertura delle singole sezioni è avvenuta certamente in Italia».126 Per le liriche viene postulata una fonte autonoma formatasi nella Provenza propriamente detta attorno alla figura di Blacatz e poi confluita nello scriptorium veneziano. In essa si succedevano la canzone BdT 97.6 dello stesso Blacatz, la canzone VII di Figueira con tornada-invio per Blacatz, il sirventese di condanna della falsa clercia (VIII) e la canzone BdT 10.8, Anc mais de joi ni de chan, con attribuzione a Figueira, che pure si chiude con un invio al signore di Aups. Gli ultimi due testi sarebbero stati scorporati successivamente, a livello dell’antigrafo dei canzonieri veneziani, nel

126 GUADAGNINI 2002, p. 133: la genesi della vida in terra italiana ha il preciso scopo di fornire il ritratto del signore ideale e fungere da modello d’ispirazione per i signori delle corti italiane settentrionali.

momento di organizzare i materiali. In I come in K essi costituiscono la sezione di Figueira nella macro-partizione riservata ai sirventesi, nonostante che la seconda copia di BdT 10.8 costituisca «uno dei rari casi di violazione della ripartizione secondo il genere»:127 l’allestitore dell’antigrafo responsabile della suddivisione dei materiali nelle tre macro-sezioni non dovette avvertire che l’ultimo testo della sequenza era di nuovo una canzone. Una volta scissa la collezione in due parti, il binomio da inserire nei sirventesi è poi stato posposto a due componimenti di Raimbaut de Vaqueiras (BdT 392.22 e 392.11), secondo Camps in ragione della prossimità tematica («car leurs textes parlent du même sujet, la croisade albigeoise»)128 ma è forse meglio dire geografica: i due di Raimbaut, soprattutto il

secondo, e il sirventese contro la falsa clercia di Guilhem si riferiscono ad accadimenti che interessarono l’area linguadociana, e il tolosano in particolare, ma che si situano a distanza di alcuni decenni, rispettivamente prima e dopo la guerra. In I la successione Blacatz-Figueira è turbata dall’inserzione del corpus di Blacasset, formato dalla vida e da tre canzoni, ovvero BdT 96.11, 96.2 e 97.6, che, si noterà, già formava la sezione monotestuale di Blacatz appena trascritta. Circa la questione dell’originaria presenza di Blacasset in k, Guadagnini propende per l’ipotesi di un apporto successivo, esclusivo di I: in un momento posteriore al confezionamento di K, il copista di I avrebbe avuto accesso a una fonte ulteriore, cui attinse anche Bernart Amoros, a seguito di un movimento di ritorno verso la Provenza della collezione arricchita con la biografia.129

Per inquadrare i testi afferenti al genere cobla nelle sue diverse manifestazioni è fondamentale riferirsi alla monografia di Elizabeth Wilson Poe dedicata al codice vaticano che fu il parvus di Bembo: la studiosa ha suggestivamente dimostrato che la terza parte di H non deriva, come riteneva il Gröber, da una collezione organica preesistente (h3) ma è piuttosto il frutto di una complessa operazione di compilatio da parte dello scriba.130 Per questa terza parte, Poe identifica tutta una serie di fonti

127 Ibid., pp. 134-135. 128 CAMPS 2012, p. 9, n. 43.

129 GUADAGNINI 2002, pp. 136-138. Cfr. inoltre ZUFFEREY 1987, pp. 67-68. Riassume la questione ZINELLI 2004a, pp. 58-59.

130 POE 2000b, pp. 42-106. Cfr. DE LOLLIS 1889, p. 186 che aveva intuito come tra H3 e gli originali non dovette esserci un gran numero di intermediari e che per questa parte della raccolta il compilatore lavorò con metodo eclettico, senza avere dinnanzi un unico esemplare. La compilazione è collocata alla fine del XIII secolo, in un momento poco distante dall’operato di alcuni trovatori.

corrispondenti a piccole e indipendenti collezioni che si trovarono appunto nella disponibilità del copista il quale, attingendo i materiali che riteneva più interessanti, li dispose nel modo in cui figurano oggi in H3, dando risalto e nuovo significato ai testi grazie agli accostamenti da lui prodotti. Tra i suoi scritti e i materiali a circolazione limitata o nulla che furono posseduti privatamente e che pertanto non confluirono in altri canzonieri (forse addirittura passando direttamente dalle mani di Uc a quelle del compilatore di H), vi erano alcune collezioni strutturate giustapponendo a un testo dato una serie di contrafacta. Poe ne ha individuate tre, fondate su modelli metrico-melodici originali composti da Gui d’Uisel, Bertran de Born e Peire Vidal. Alla piccola raccolta relativa a Gui e ai suoi imitatori appartiene anche la catena di coblas che corrisponde al testo I: lo schema è fornito dalla pastorella L’autre jorn cost’una via (BdT 194.13) e su di esso furono costruiti sia lo scambio di coblas di argomento politico tra Gui de Cavaillon e il Conte di Tolosa (192.5 ~ 186.1) sia il nostro tornejamen, trascritto a seguire sulla medesima carta. A una fonte simile contente modelli originali di Bertran de Born e relative imitazioni risalirebbe, invece, la cobla di Paves (320.1) che ricava la struttura formale dal sirventese-canzone Pos Ventadorns e Comborns ab Segur (80.33) mentre la cobla di Figueira (217.1a) con la risposta di Aimeric de Peguilhan (10.9) è imitazione del sirventese del trovatore di Autafort Gen part nostre reis liuranda (80.18).131 Anche ammettendo che nessuna delle tre coblas derivi da una collezione del tipo ‘testo modello + contrafacta’ relativa a Bertran de Born, è possibile immaginare l’intervento del copista che le ha accostate alla precedente tenzone