T 3 è latore di un solo testo di Figueira, attribuito ad Ademar lo Negre La canzone di crociata si colloca a cavallo di due fascicoli, i numeri XXIII (cc 177-184)
I.1.15 f Paris, Bibliothèque nationale de France, fr 1
Descrizione
Cart., XIV sec.; esemplato in Provenza (Arles); ± mm 280x200; 73 cc. non rigate, lacunoso (mancano le cc. 1-3, 43-45, 70-71; altra lacuna non quantificabile tra c. 72, l’ultima legata, e c. 75, sciolta: attualmente sono inframmezzate da tre cc. aggiunte successivamente e descritte, da ultimo, in BARBERINI 2012, pp. 80-87); tre foliazioni successive, tutte in cifre arabe (la prima apposta nel XV sec., irregolare, s’interrompe a metà della silloge; la seconda, qui adottata, è del XVI sec., va da c. 4 a 79 e tiene conto delle lacune; la terza – post 1869 – è in rosso e non considera i fogli mancanti). 225 componimenti (affiancati da numeri romani progressivi – ma con sviste – a partire da c. 23r), rubricati (il nome dell’autore è racchiuso in un cartiglio tondeggiante, aperto sul lato superiore).
La mano principale adotta una gotica corsiva di tipo usuale, di modulo tendenzialmente piccolo, con frequenti sbavature e irregolarità, del tutto priva di eleganza e accostabile per alcuni tratti a una cancelleresca matura di inizio 1300 (cfr. BARBERINI 2012, pp. 34-35 ma anche ASPERTI 1995, p. 34 che nota somiglianze con le scritture dei mercanti provenzali attivi a Venezia nel XIV secolo edite da STUSSI 1988, pp. 947-960, dei testi toscani non letterari pubblicati da CASTELLANI 1982 e con la scrittura di Bertran Boysset, bibliofilo di Arles di estrazione borghese, vissuto poco dopo la compilazione di f); tracce di altre cinque mani (la quinta è di Jehan de Nostredame che ha aggiunto tre sonetti apocrifi alle cc. 21-22 e un indice sommario dei trovatori antologizzati sull’attuale c. 73 non appartenente all’impianto originario del codice). Scrittura a tutta pagina, su 30-35 righi di media; inchiostro nero per testi e rubriche; versi disposti in scriptio continua e separati da punto metrico (a causa della velocità del ductus, esso si allunga frequentemente in una lineetta); strofe a capo, segnalate da pieds de mouche e separate tra loro da uno o due righi bianchi. Il codice è totalmente privo di elementi decorativi, iniziali dipinte o tocchi di colore.
La silloge tramanda complessivamente 225 testi (217 nel nucleo più antico) e, secondo ASPERTI 1995, p. 20 e segg., può essere suddivisa in due macro-partizioni. I primi tre fascicoli (dall’attuale prima carta, che reca il numero 4, alla c. 22) costituiscono un’unità codicologica e contenutistica autonoma che si individua e
negativo poiché raccoglie testi, tra cui molti unica, afferenti a generi diversi dalla
canzone: riunisce infatti 37 coblas esparsas, 3 scambi, 16 sirventesi, 2 canzoni religiose, 1 planh, 1 canzone di crociata (V), 1 alba religiosa, 5 tenzoni e 1 partimen sia di trovatori vissuti in Provenza tra la fine del XIII e i primi del XIV secolo sia di trovatori delle generazioni precedenti, in genere attivi intorno alla metà del Duecento, che godettero di più ampia fortuna manoscritta. Lo studioso nota inoltre che tale sezione, eterogenea e turbata da una serie di problemi attributivi, è «espressione di una cultura più borghese che nobiliare», caratterizzata da «un orientamento più
religioso che politico» (p. 30) e «appare nel complesso fortemente connotata come “regionale” e “tardiva”» (pp. 31-32). La seconda parte, più ampia, si apre su Folquet de Marselha ma mostra un ordinamento tutt’altro che rigoroso: canzoni di trovatori classici (metà XII – inizio XIII secolo) si alternano a unica di autori delle ultime generazioni attivi in Provenza, molti dei quali già presenti nella prima parte. A c. 23 inizia anche la numerazione dei componimenti (da J a CLIIIJ) che coinvolge solo questa seconda sezione così connotata dal punto di vista generico. Asperti ha dunque ipotizzato che lo stato attuale della silloge sia il risultato della trasposizione in testa alla raccolta – avvenuta prima della cartulazione quattrocentesca – di tre fascicoli originariamente posti in chiusura (cfr. Ibid., p. 28). BARBERINI 2012, pp. 50 e segg. nota invece che la mescolanza tra trovatori tardi e provenzali con autori più antichi percorre tutto il canzoniere e che di fatto f1 e f2 sono diverse solo per i generi trattati. Propone dunque una distinzione tra ‘raccolta tarda’ e ‘raccolta antica’, quest’ultima già divisa per generi: la silloge doveva aprirsi con f1 e la collocazione di una raccolta di sirventesi in testa si allineerebbe con l’intento del compilatore di esaltare e mitizzare il ricordo di un’epoca perduta in cui dominavano mezura e largueza; e di anticipare al contempo la rilettura moralizzante dell’intera tradizione lirica nel rispetto dell’ortodossia religiosa che di lì a poco sarà proposta dalle Leys d’Amors: nel caso di
f l’anteposizione di sirventesi e coblas di argomento religioso-morale costituirebbe
un monito per la corretta interpretazione e valutazione dei componimenti di carattere più mondano e terreno allogati nelle sezioni successive (Ibid., pp. 77-79). Il codice non trasmette vidas né razos. Demi-reliure moderna marmorizzata.
Il canzoniere appartenne a Jehan de Nostredame e fu una delle fonti annotate e poi sfruttate con grande libertà per la compilazione delle Vies. In virtù dell’amicizia con i Nostredame, f fu consultato da Jean de Chastueil-Gallaup che dal canzoniere ricavò il testo di BdT 420.2 per il suo Discours sur les Arcs triomphaux (1624). Dal XVII sec. fino all’epoca rivoluzionaria se ne perdono le tracce. A fine XVIII secolo risulta parte del patrimonio librario della famiglia de Simiane; a seguito della fuga nel corso della Rivoluzione, l’intero archivio familiare fu sotterrato nella corte del castello, ai piedi di un olivo e lì rimase per diversi anni. Nel 1836 la marchesa de Simiane donò il canzoniere a Charles Giraud che lo segnalò e concesse in prestito a François Raynouard e infine ne fece dono alla Bibliothèque Impériale nel 1859.
Bibliografia
MEYER 1871,pp. 6-25;BARTSCH 1872,p.30;GRÖBER 1877, p. 358-367; BARTSCH 1880a; JEANROY 1916, p. 23; BdT, p. XXVII; BRUNEL 1935, pp. 52-53; PERUGI 1985, pp. 47-48 e 190-191; ZUFFEREY 1987, pp. 207-225; LEONARDI 1987, p. 373; AVALLE 1993, pp. 68-69, 90, 92; ASPERTI 1995, pp. 19-42; SPETIA 1996, pp. 101-155; ASPERTI 2002a, pp. 531-532, 542 e 547; PULSONI 2004, p. 364; CAMPS 2010, pp. 14; BARBERINI 2012.
[cc] Tot hom qui ben comensa eben fenis (V, Caden) 17r13 – 17r32
f trasmette un solo componimento di Guilhem Figueira, la canzone di crociata V, rubricata come opera di Cadenet. Il testo si legge a c. 17r = 19r97 e occupa circa
due terzi dello specchio di scrittura, collocandosi nella parte inferiore della facciata, dopo le due strofe conclusive e la tornada del sirventese di Pistoleta Manta gen aug
97 Inserisco entrambe le cifre leggibili: il 19, in nero, è leggermente spostato verso il centro del margine superiore e biffato con un tratto di penna, probabilmente da chi ha aggiunto la cifra 17, in rosso, nel corso dell’operazione di cartulazione più recente che non ha tenuto conto delle lacune ma solo dei fogli superstiti. È inoltre presente una terza cifra, 70, cancellata con due tratti obliqui di penna, ma ancora ben visibile al centro del margine superiore.
meravilhar (BdT 372.5).
La rubrica recita
encadanet.
e si colloca approssimativamente al centro della pagina, nel rigo in bianco che separa i due testi. Il nome del trovatore è regolarmente incorniciato da un tratto di penna ovale aperto nella parte superiore. La canzone di crociata non reca alcun numero romano in corrispondenza dell’incipit: la mano principale inserisce infatti tale numerazione progressiva a fianco di ogni componimento solo a partire da c. 23r.
Anche da un sommario esame del torno di carte che compongono la sezione in cui è trascritto il testo di Guilhem Figueira, si nota che il copista non mostra grandi preoccupazioni quanto a simmetria ed eleganza nella gestione spaziale delle varie unità testuali: le carte non presentano alcun sistema preparatorio di rigatura, perciò l’oscillazione nel modulo e la variazione dello specchio di scrittura sono fenomeni osservabili in tutto il canzoniere.
A c. 18v, ad esempio, si leggono le strofe conclusive di una tenzone, unicum di f, tra un Peire e un Guillem non altrimenti specificati (BdT 322a.1 ~ 201.1): a livello interlineare e interstrofico, la scrittura appare ariosa e il tratto della penna è molto più sottile rispetto a quello usato per le prime tre coblas di BdT 372.5 di Pistoleta, copiate di seguito sulla stessa facciata, e di aspetto nettamente più serrato. Le strofe IV e V e la tornada occupano invece la porzione iniziale di c. 19r: pur trattandosi della prosecuzione dello stesso testo, l’andamento di righi e lettere si fa di nuovo arioso. A seguire, per la canzone di crociata di Guilhem Figueira la scrittura è nuovamente molto compressa, sia in senso verticale che orizzontale, al punto che nello stesso spazio occupato in alto da due sole strofe di BdT 372.5, lo scriba copia in basso ben tre coblas di V.
Osservando dunque il piatto composto dalle cc. 18v e 19r, le porzioni testuali che occupano la zona superiore delle due facciate mostrano affinità nella gestione più generosa dello spazio disponibile; nella parte bassa di entrambe si nota invece una maggiore compressione delle lettere e dei righi. Per tutto il pezzo di Pistoleta si ha poi l’impressione che il copista abbia usato una penna diversa, che ha lasciato sulla carta un tratto più spesso rispetto agli items circostanti e in molti punti l’inchiostro
si è espanso, producendo un effetto chiaroscurato di norma assente.
Per trascrivere il testo di Guilhem Figueira lo scriba si spinge fin quasi al margine esterno della carta: al fine di guadagnare centimetri in verticale, lo specchio di scrittura è dilatato in orizzontale. Non è dunque per condizionamento spaziale che la canzone di crociata è lacunosa dell’ultima strofe e della tornada: sulla carta, in teoria, ci sarebbe ancora abbastanza spazio libero per copiare entrambe.98 Una conferma giunge dai testi copiati sul verso di c. 19 (BdT 392.19 di Raimbaut d’Aurenga e l’inizio di BdT 156.15 di Falquet de Romans): la penna a punta ben temperata e l’impostazione serrata della scrittura sono infatti nel solco del nostro componimento. A metà di c. 20r, la scrittura cambia nuovamente consistenza: dopo la fine di BdT 156.15, lo spazio interlineare e l’estensione in orizzontale dello specchio aumentano, mentre il tratto si fa ancora più sottile.
È così contraddetta la prima impressione che si ricava sfogliando il manoscritto: V non è, come sembra, un’aggiunta successiva della stessa mano, che copia il testo adattando la scrittura all’angusto spazio disponibile e adottando un modulo più piccolo del consueto. È verosimile pensare piuttosto a una serie di sessioni di copia distinte abbinate a cambi o affilature di penna per BdT 322a.1 ~ 201.1 da un lato, 372.5 dall’altro e infine V coi due componimenti successivi. Difficile invece stabilire se la lacuna finale della canzone di crociata sia da imputare a una dimenticanza del copista oppure all’incompletezza della fonte da cui questi avrebbe ricavato anche l’attribuzione a Cadenet.
Il testo s’interrompe con la quinta strofa in cui è finalmente citato Federico. Nel margine sinistro corrispondente, Jehan de Nostredame ha apposto la nota Le rey
frederic e contemporaneamente deve anche averne trascritto l’incipit con rubrica
introduttiva in indice parziale che andava redigendo a parte, poi rilegato col manoscritto di cui costituisce la c. 73.99 Esso è un elenco di componimenti che
98 E lo scriba non è nuovo ad adattamenti di questo genere: si veda, a tal proposito, il modo in cui ha affastellato i righi fin quasi a raggiungere il bordo inferiore di c. 42r, sacrificando anche l’indipendenza grafica delle strofe in genere separate da un rigo lasciato in bianco.
99 Su questo foglio si è espresso BARBERINI 2012, p. 29, n. 9 notando nella lista di incipit lo «spiccato interesse del suo estensore per i componimenti dialogati». Sono presenti alcune imprecisioni: ciò che si legge nella parte superiore del verso di c. 73 non corrisponde a «cinque righe di difficile decifrazione» bensì a due ulteriori items della tavola iniziata sulla facciata precedente. L’inchiostro sembra lo stesso dell’ultima entrata del recto, ma la scrittura si fa più rapida, e dall’una all’altra annotazione del verso progressivamente più corsiva, fino alla corsività totale dell’ultima annotazione che la rende sovrapponibile alla scrittura di glossa di Jehan de Nostredame. Viene meno
menzionano un qualche personaggio storico, ovvero il dato che al Nostredame interessava maggiormente: dall’ispezione del manoscritto si è potuto notare che su un totale di diciassette entrate, in ben sette casi sono presenti appunti marginali di suo pugno in corrispondenza del relativo testo nel corpo del canzoniere. L’incipit di V è preceduto dalla rubrica
Chanso(n) spiritala de Cadenet au roy federic come(n)sa(n)t f. 19
Tot hom que ben comensa100
È infatti interessante che il testo sia allogato nella prima sezione della raccolta, e appartenga, entro f1, al gruppo dei testi più antichi, attribuiti a trovatori attivi a cavallo della metà del Duecento e accomunati dal fatto di essere tutti legati alla Provenza, perché vi nacquero o furono artisticamente attivi nella regione (Raimbaut d’Aurenga, Folquet de Marselha, Cadenet, Pistoleta, Bertran Carbonel e Guilhem de l’Olivier d’Arles) o vi lasciarono un’eredità particolarmente significativa (Guilhem Montanhagol e Peire Cardenal).
La canzone di crociata sia stata accolta sia per il tono dottrinario con cui è condotto l’excitatorium, che ben si accorda al tenore dei testi della prima parte del codice, sia perché nella fonte risultava attribuita a Cadenet. D’altra parte il testo è collocato in una zona del codice che presenta non pochi problemi attributivi e in particolare sono consecutivi i due testi V e 392.19 rispettivamente assegnati a Cadenet e Raimbaut d’Aurenga (il secondo è di Raimbaut de Vaqueiras), due attribuzioni «del tutto isolate entro le rispettive tradizioni manoscritte».101
ogni cura anche nell’impaginazione ma che la mano sia la stessa del recto è indubbio: si confrontino la forma delle lettere, in particolare della la y di Peyre come in Peyre rogier, raymbaut, rossyn e l’abbreviazione per comensant. p. 86 la nota incriminata
100 Sembra però che l’incipit sia stato aggiunto come dopo dimenticanza perché manca la riga di stacco con l’entrata successiva; manca il tratto di penna orizzontale che in genere accompagna la fine dell’incipit fino all’indicazione del numero di carta; e infine tale tratto è costituito dalla sottolineatura di comensant, vergato in modo anomalo (non accanto alla descrizione dell’item e in modulo più piccolo).
101 Cfr. ASPERTI 1995, pp. 22-23: «Risultano in definitiva quasi emblematici, in una sezione a così forte connotazione regionale, gli errori di attribuzione in favore di Cadenet e di Raimbaut d’Aurenga». Sempre di Cadenet, f1 riporta ma non in sequenza anche BdT 106.24, conselh morale per Blacatz, e due strofe di BdT 106.22 (copiata poi per intero in f2 a c. 56v).