H), ha rubricato tutti i testi e compilato la tavola; la mano b – «più rigida ed alquanto più angolosa»
I.1.12 T Paris, Bibliothèque nationale de France, fr 1
Descrizione
In-8°, membr., XIII sec. ex. - XIV sec. in., confezionato in Italia settentrionale; ± mm 172x125, 280 cc. che formano 35 quaternioni regolari, difformi tuttavia l’uno dall’altro per qualità e fattura, numerati a matita in cifre arabe nell’angolo inferiore destro della prima carta e privi di richiami. Il codice è miscellaneo e contiene la compilazione in prosa nota come Les prophecies de Merlin in lingua d’oïl (cc. 1r-68r, dal fasc. I a metà del fasc. IX, mano francese); 46 tra tenzoni e coblas esparsas in lingua d’oc adespote (= T1, cc. 68v-88v, da metà del IX all’XI fasc.); un booklet di 82 componimenti di Peire Cardenal (= T2, cc. 89r-110v, dal XII fasc. a tre quarti del XIV; copista occitano); un’antologia di 231 testi trobadorici (= T3, cc. 111r-280v, ultimo quarto del XIV fasc. e tutti i rimanenti sino al XXXV). Una numerazione antica in cifre arabe da 2 a 170 è stata apposta nell’angolo superiore destro del recto delle cc. di quest’ultima sezione, successivamente biffata a penna blu dalla stessa mano moderna responsabile della cartulazione dell’intero codice, sempre in numeri arabi da 1 a 280. Prophecies e T2 sono opera di copisti professionisti che adottano una gotica libraria di piccolo modulo: il primo testo è disposto a tutta pagina per 21-22 righi mentre la raccolta di Peire Cardenal è organizzata su due colonne di 37 righi. Ciascuna delle due unità comincia sulla carta iniziale di fascicolo ed è chiusa da un explicit: rispettivamente Explicit les p(ro)phecies de
merlin dex doint venir a bone fin qui | cest livre fist en la fin et gart de mal ceax de son lin. è vergato
a c. 68r mentre Explicit roma(n)siu(m) istu(m) si legge a c. 110vc26: BRUNETTI 1990 ha ipotizzato che queste due sezioni del manoscritto materialmente indipendenti fossero in origine due codici a sé stanti; il copista di T1 e T3 ha utilizzato le carte finali dell’ultimo quaderno scritto di ciascuno dei due e aggiunto ulteriori fascicoli per trascrivere nuovi testi, adoperando una minuscola dal ductus veloce ma con scarso numero di legamenti che «si potrebbe definire corsiva» (BRUNETTI 1990, p. 48, n. 4). Attorno a due unità codicologiche preesistenti ha dunque creato un organismo in due tronconi, assimilabile a una Gelegenheitsammlung trobadorica (cfr. ALLEGRETTI 2014, p. 22). Il sistema di rigatura delle carte residue e aggiunte, per altro estremamente oscillante anche entro un singolo fascicolo, non è rispettato con accuratezza e la scrittura varia di modulo, si allarga o si restringe a seconda dello spazio disponibile; i testi sono disposti a piena pagina, coi versi trascritti come prosa, separati dal punto metrico, mentre le strofe hanno indipendenza grafica poiché iniziano sempre a capo (in T3 sono inoltre chiuse da un segno di fine periodo con funzione di riempitivo, formato da tre punti disposti a triangolo, da cui parte una linea orizzontale più o meno lunga e leggermente ondulata, sul quale cfr. BRUNETTI 1990. p. 69, n. 47). I componimenti sono separati da un rigo lasciato in bianco, colmato con identico inchiostro nero dallo stesso scriba che introduce rubriche di genere – per le unità testuali di T1 – o attributive – per la sezione T3. Le rubriche non sono contemporanee alla trascrizione dei testi (cfr. BRUNETTI 1990, p. 69): il copista non sempre ha cura di lasciare lo spazio necessario prima di ogni unità testuale perché, forse, subisce l’influenza del modello. Le pièces però sono tutte rubricate, con adozione di escamotages di diverso tipo nei casi di mancanza di spazio. Il codice è palinsesto per diverse carte di quest’ultima sezione: la terza mano, responsabile dell’unione di due prodotti librari finiti, ha adoperato pergamena già scritta traendola da un registro o libro di conti in suo possesso, verosimilmente da lui stesso erasa e preparata. L’insieme formato da T1 e T3 mostra notevoli affinità con f e il risultato finale è un
prodotto privato, destinato a usi privati, cui ben si attaglia la definizione di libro-registro (cfr. PETRUCCI 1983, p. 510).
Solo Prophecies e T2 presentano un apparato decorativo: i paragrafi della compilazione sono scanditi da iniziali dipinte in rosso; la collezione di Peire Cardenal ha invece un’ornamentazione di poco più articolata, consistente in iniziali di componimento, di modulo più grande, e di strofa, più piccole, eseguite con inchiostro rosso e turchino, completate con filigrane in punta di penna rosse, blu e viola. T1 e T3 sono privi di motivi decorativi: lo scriba si è limitato a eseguire le iniziali di componimento e di strofa con il medesimo inchiostro nero, alla sinistra dello specchio di scrittura, maiuscole e di tipo onciale con alcuni tratti raddoppiati. Il prodotto è con ogni probabilità espressione degli interessi letterari di un esponente del ceto borghese, forse mercantile.
Il bagaglio testuale di T3 (231 testi, di cui 15 unica) è organizzato in 44 sezioni d’autore – solo le collezioni di Peire Rogier e di Guiraut de Bornelh si scindono in due parti (cfr. BRUNETTI 1990, pp. 69-73 e ALLEGRETTI 2014, p. 22) –, senza distinzioni di genere letterario (coblas e tenzoni fanno gruppo a sé in T1) ad eccezione delle ultime tre unità che occupano la carta estrema del manoscritto e sono rubricate come coblas esparsas ma sono in realtà excerpta di BdT 437.7, 225.1 e 184.1. T2è preposto a T3 forse solo per ragioni di rilegatura. Non traspaiono criteri di ordinatio di tipo quantitativo o generico ma l’analisi dei dati approntata da Brunetti ha evidenziato una serie di sequenze significative: in concomitanza con la fine di una sezione d’autore o di un gruppo di trovatori in una fonte, il compilatore fa ricorso all’altra in suo possesso per ragioni di esaustività e, nel momento di passare al trovatore seguente, non la cambia ma da essa lo include nel proprio manufatto (BRUNETTI 1990, p. 64). Successivamente, ALLEGRETTI 2014 ha notato che «Dopo sei o undici testi per attribuzione, i componimenti per autori decrescono di numero fino al fascicolo XXIX, a partire dal quale si trovano autori con raggruppamenti più importanti di canzoni» (p. 23). I testi di quest’ultima parte sono databili entro il terzo quarto del XIII secolo e i trovatori antichi sono scarsamente rappresentati. Non sono presenti prose biografiche. Demi-reliure moderna marmorizzata.
Il codice è assegnato tradizionalmente al Veneto; recentemente è invece al vaglio l’ipotesi cisalpina nord-occidentale – BERTOLETTI 2016 e DI GIROLAMO 2016 – che lo colloca tra Provenza, Piemonte meridionale e Liguria, in area malaspiniana.
T appartenne al conestabile francese François de Bonne, duca di Lesdiguières (1543-1626): sebbene
risulti oggi caduto il foglio di guardia col nome del possessore segnalato da PATON 1913 (p. 123, n. 2), una lettura con l’ausilio della lampada di Wood svela l’esistenza a c. 280v dell’ex-libris «propria» tipico dei volumi della biblioteca del duca (BRUNETTI 1991, p. 30). Nel catalogo pubblicato da MEYER 1883 i titoli che potrebbero corrispondere alle due parti del canzoniere sono: 9. Les
propheties de Merlin, vieux manuscript e 19. Chansons provençales vieilles…...Libri, 111 (ovvero
inizialmente identificato da Meyer come uno dei codici venduti da Guglielmo Libri al conte di Ashburnham nel 1847). Aprendosi il codice proprio sul testo delle Prophecies «è più che plausibile che nella compilazione di una lista, per altro avara di indicazioni precise e particolareggiate, il manoscritto venisse designato attraverso il titolo del testo con cui esso inizia e che ancora nell’odierna rilegatura figura sul dorso del codice, il quale del resto, di per sé non ha alcun titolo» (BRUNETTI 1991, p. 29). Paul Meyer in MOREL-FATIO 1887, p. 106, n. 1 chiarì che il ms. 111 del catalogo Libri – già da lui abbinato al numero 19 del patrimonio di Lesdiguières – era in realtà una parte del canzoniere catalano Fb smembrato dallo stesso Libri: anche dietro la vaga indicazione
«Chansons provençales vieilles» potrebbe dunque celarsi T, o solo la sua seconda parte, nel caso in cui i due piccoli codici integrati con nuovi fascicoli dalla terza mano siano giunti slegati nello stesso deposito e corrispondere al numero 9 (Prophecies e T1) e al numero 19 (T2 e T3). Mentre si trovava a Vizille, sede della biblioteca del duca, il codice fu visionato e annotato da Jehan de Nostredame (cfr. CHABANEAU 1900, pp. 194-196 e BRUNETTI 1991, p. 34, n. 18), che lo adoperò come fonte per le Vies des plus célèbres et anciens poètes provençaux, pubblicate a Lione nel 1575. Nel 1626 i volumi di Lesdiguières vennero ereditati prima dal nipote François de Bonne e in seguito dal padre di questi, Charles II de Créquy, conte di Sault: nel 1633 si trovava nel castello di Sault e fu pertanto incluso nel catalogo dei manoscritti ivi allogati redatto da Nicolas-Claude Fabri de Peiresc. Nel 1733 lo possedeva Joseph de Saeytres, marchese di Caumont: rimase ad Avignone, nella biblioteca di Caumont, fino al 1741 dove fu visionato, studiato e in parte copiato da La Curne de Sainte-Palaye (corrispondeva alla sigla S della sua classificazione) confluendo alle cc. 1-118 del ms. Paris, Bibliothèque de l’Arsenal, 3098. Alla morte del marchese, la biblioteca fu trasportata a Lione e venduta all’asta dal libraio Rigolt, nel 1759. Infine, in piena Rivoluzione francese, tra 1789 e 1799 entrò alla Bibliothèque nationale.
Bibliografia
BARTSCH 1872,p.29;GRÖBER 1877,pp.522-534;CHABANEAU 1884,p. 104APPEL 1890,pp. VI- XIII;CHABANEAU 1900;PATON 1913;BERTONI 1915,pp.195-196;JEANROY 1916, p. 15; PATON 1926, pp. 22-23; BdT, p. XXII; BRUNEL 1935, p. 56; ZUFFEREY 1987, pp. 302-308; LEONARDI 1987, pp. 377-379; BRUNETTI 1990; BRUNETTI 1991; BRUNETTI 1993a; AVALLE 1993; ASPERTI 1994; BRUNETTI 2000; ASPERTI 2002a, pp. 530 e 547; PULSONI 2004, p. 358; CAMPS 2010, p. 16; ALLEGRETTI 2014; BERTOLETTI 2016; DI GIROLAMO 2016.
[cc] Tutç om ce ben comensa ben fenis (V, AdNegre) 184r24 – 185r2
T3 è latore di un solo testo di Figueira, attribuito ad Ademar lo Negre. La