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A mbr Milano, Biblioteca Ambrosiana, D 465 inf.

T 3 è latore di un solo testo di Figueira, attribuito ad Ademar lo Negre La canzone di crociata si colloca a cavallo di due fascicoli, i numeri XXIII (cc 177-184)

I.1.16 A mbr Milano, Biblioteca Ambrosiana, D 465 inf.

Descrizione

In-folio, cart., XVI sec.; ± mm 350x240, I + 347 + I cc.; miscellanea composta da oltre 30 unità codicologiche di diversa consistenza e formato. Le componenti, originariamente separate, appartennero a Gian Vincenzo Pinelli, della cui biblioteca recano le antiche segnature, e sono solidali da quando le collezioni pinelliane furono annesse al nucleo antico dell’Ambrosiana nel 1609, dopo l’acquisto all’asta, svoltasi a Napoli, da parte dei legati di Federico Borromeo (cfr. RIVOLTA 1933; RODELLA 2003, GRESTI 2004, pp. 217-219; NUOVO 2005, NUOVO 2007).

Il contenuto dei manoscritti che formano l’attuale codice raccogliticcio è vario ma piuttosto coerente: la catalogazione del Pinelli era infatti su base tematica e i fasci o mazzi di scritti assemblati per soggetto ricevevano «una lettera da A a Z, che poteva anche raddoppiare in AA o addirittura triplicare in AAA» (NUOVO 2007, p. 1190; cfr. RAUGEI 2001, p. XX). Ove presente l’antica segnatura, i pezzi dell’attuale D 465 inf. recano senza eccezioni l’originaria sigla MM seguita da un numero.

Nel ms. ambrosiano B 311 suss. si conserva uno dei cataloghi della biblioteca padovana del Pinelli (cfr. GRENDLER 1980, p. 391), stilato dagli emissari del Borromeo nel 1609, dopo che la collezione aveva subito più di una mutilazione, a causa di sottrazioni da parte dei familiari e per la distruzione di numerose casse durante il trasporto da Venezia a Napoli a seguito di un attacco di pirati. Alle cc. 177r-179r si leggono le entrate corrispondenti a una parte dei Manuscripti e a c. 177v è registrato un gruppo di materiali classificati con la segnatura MM:

Mazzo segnato a tergo MM contiene miscellanei è la maggior parte de filosofia.

Subito di seguito si legge

Mazzo segnato a tergo MM · 2 contiene per la mag gior parte uersi in lingua provenzale.

Fascicoli identificati con questa segnatura occupano oggi circa due terzi del ms. D 465 inf. (cc. 183- 347) e contengono effettivamente materiali relativi per lo più alla poesia occitana.

La miscellanea pinelliana si apre sulle Institutioni della grammatica volgare tratte dalle regole di

Triphon Gabriele redatte da Giacomo Gabriele (cc. 9r-22r, ex MM4; ma cfr. ITER ITALICUM, I, p. 288 e BELLONI 1983, p. 11, n. 24: «Le Regole del Gabriele seguono L’Ortografia di Giovanni Villani dello Speroni»); annovera inoltre excerpta di classici greci e latini con osservazioni; appunti e

trattatelli di linguistica e grammatica ebraica, etrusca e volgare (come la Lettera in lode della lingua

volgare e di biasimo della latina di Vincenzo Marostica, cc. 115r-118r); osservazioni desunte dalle Prose del Bembo sul lessico di Dante e Boccaccio; estratti dalle Novelle del Sacchetti (cc. 23r-34r,

ex MM5); epistole di umanisti. Riportano invece la segnatura MM2 le seguenti unità: due scritti di Onorato Drago, su cui cfr. RAJNA 1880 e DEBENEDETTI 1911, pp. 30, 51, 65-67 (un Trattato di

fonetica provenzale, cc. 258r-261r, ex MM2-5 e un Vocabolario di lingua provenzale, cc. 231r-

242r, ex MM2-3); uno studio preparatorio di Domenico Venier sulla metrica provenzale (Regole

delle desinenze nelle poesie di Peire dal Verne, poeta provenzale, osservate dal Veniero, cc. 306r-

307v, ex MM2-10, cfr. Ibid., pp. 159 e 228); canzoni provenzali con melodie, a c. 336r, ex MM2- 13 (Pinelli è il solo che «abbia prestato qualche sia pur saltuario interesse alla musica occitanica»,

Ibid., p. 160); una raccolta di vidas e razos tratte da K (cc. 264r-279r, ex MM2-7) e una copia della

tavola di K (cc. 286r-300r, ex MM2-9): il canzoniere che fu del Bembo passò dall’abitazione del Pinelli durante la trattativa di compravendita tra Alvise Mocenigo e Fulvio Orsini; il Donat proensal (cc. 309r-320r, ex MM2-11 ovvero il testimone D dell’edizione MARSHALL 1969) con due traduzioni (d1, cc. 245r-257r, ex MM2-4 e d2, cc. 327r-334v, ex MM2-12, per cui cfr. GRESTI 2004

e GRESTI 2014); di ambito catalano, sono conservati un frammento dei Proverbes di Guylem de Cervera (cc. 345r-346v) e uno del Doctrinal di Raimon de Cornet glossato da Joan de Castellnou (cc. 284r-285v, ex MM2-8) nonché i Proverbis d’ensenyament di Ramon Llull (cc. 338r-344v, ex MM2-14, cfr. OTTAVIANO 1930, p. 23).

L’unità numero 23 (cc. 185-229, ex MM2) coincide con il canzoniere noto con la sigla Fb che è

copia di una copia del canzoniere F. Nell’INVENTARIO CERUTI 1973-1979, I, pp. 644-646 è indicato con la rubrica Rime di Bertran del Bormio, Arnaut Daniello et Folquet da Marseilla da un libro

antico di Giovanni Battista Adriani Marcellino per Antonio Gigante, rubrica che ricalca da presso

la nota autografa di Gian Vincenzo Pinelli leggibile a c. 186r, passivamente copiata dall’antigrafo (Rime di Bertran del Bornio de Arnaut Daniello et di Folquet da Marseilla, transcritte d’un libro

Gigante); al Pinelli si deve pure la lista dei trovatori non copiati (Erano nel detto libro molte altre rime di diversi authori provenzali, i nomi de quali sono notati qui di sotto) mentre il corpo della

copia è di mano di uno dei suoi scribi di fiducia, cui l’umanista commissionò diversi lavori, a partire da alcuni dei testi poi confluiti nel codice ambrosiano (ad esempio la copia di d1, cfr. BERTONI 1909, p. 133, n. 1 e GRESTI 2004, pp. 219-220). Fb discende dunque non già da F – che, come si è visto nel paragrafo dedicato ad a2, alla metà del XVI secolo apparteneva appunto alla famiglia Adriani –

ma da un suo apografo, il codice Parma, Biblioteca Palatina, Fondo Beccadelli 990, di mano di Antonio Giganti, segretario e collaboratore di Lodovico Beccadelli, che lo eseguì a Firenze nel 1565 (cfr. DEBENEDETTI 1911, pp. 37-40, 70-71, 84, 224-225). Questi forse inviò l’esemplare oggi a Parma al Pinelli che incaricò uno dei suoi scrivani di trarne copia.

Bibliografia

GRÜTZMACHER 1862,pp.423-425;BARTSCH 1870,pp.3-4;STENGEL 1878,pp. X-XII;BERTONI 1909; DEBENEDETTI 1911,pp. 43-46, 58-59, 68-70, 82-83, 84, 251-252;JEANROY 1916, p. 6; OTTAVIANO 1930, p. 23; BdT, p. XIV; RIVOLTA 1933, pp. 228-230; BRUNEL 1935, pp. 90-91; ITER ITALICUM, I, p. 288; FOLENA 1964, p. 229; INVENTARIO CERUTI 1973-1979, I, pp. 644-646; AVALLE 1993, p. 123; GRESTI 2004; GRESTI 2014.

[s] D’un siruentes far (IX, anon.) 262ra1 – 263vb13

Quanto il manoscritto ambrosiano tramanda di Guilhem Figueira non si trova in Fb. Già lo Stengel nell’edizione di Donat proensal e Razos de Trobar apportava

un correttivo alla descrizione apparsa nell’Archiv102 e alle precisazioni del

Bartsch:103 l’unità cui il Grützmacher assegna il numero 29 (corrispondente al

numero 27 della moderna suddivisione) non consiste esclusivamente in due fogli di

Provençalische Phrasen mit italinischer Erklärung: «in Wirklichkeit stehen

daselbst aber 19 Coblen des Gedichtes von Guillem de Figueira Dun siruentes far (B.G. 217, 2), welches sich nur noch in B C R findet».104 Preferisco dunque non adoperare la sigla Fb perché impropria né la generica segnatura D 465 inf. e mi riferisco alla copia con glosse del sirventese IX tràdita dal codice ambrosiano con la sigla Ambr. Nell’Inventario Ceruti essa figura nella prima parte dell’unità codicologica formata dalle cc. 262-279 e così descritta: «27. cc. 262r-263v: Vari modi di dire provenzali; postille al sirventese D’un sirventes far; cc. 264r-279r: Saggi di vita e scritti di molti autori provenzali, in provenzale in numero di 85», ovvero una copia parziale delle prose biografiche di K, secondo lo stesso ordine e con identica lezione. Di fatto non saprei dire dall’osservazione di quale parte del manoscritto si sia generata la didascalia «Vari modi di dire provenzali».

102 GRÜTZMACHER 1862, pp. 423-425. 103 BARTSCH 1870, pp. 3-4.

Il testo non è attribuito. Le 19 coblas del sirventese occupano quattro facciate e sono precedute dall’antica segnatura pinelliana MM2-6, al centro di c. 262r in alto, posta in un riquadro: sino al v. 30 la copia è di mano del Pinelli; dal v. 31 alla fine il compito passa a uno dei suoi copisti, che adotta un’umanistica dai caratteri corsivi molto più spinti. Il Pinelli, nel ricontrollare il testo, reintegra in interlinea il v. 54 (d’estiu et d’ivern) omesso dallo scrivano. La trascrizione è su due colonne, con disposizione dei versi uno sotto l’altro, tutti trattati come brevi: i versi femminili di 11 sillabe in 1a, 2a, 3a e 6a posizione sono scissi in due, uno maschile di 5 sillabe e l’altro femminile di 6, sulla base della rima che lega i primi stichi dei primi tre versi e della rima al mezzo al v. 6.

Negli spazi interlineari sono presenti numerosi segni di richiamo, consistenti in lettere minuscole corsive dell’alfabeto e finalizzati a collegare le parole del testo cui si riferiscono alla relativa traduzione in italiano posta nel margine esterno. Il Levy dichiara in nota che, «nach der Mittheilung des Herrn Prof. Rajna»,105 i

marginalia sono di una terza mano. Osservando tuttavia la forma di alcune lettere,

in particolare g, i, n, z e il nesso st con legamento dall’alto, sono invece più incline a ritenere che la grafia delle traduzioni nei margini si possa attribuire al secondo copista.

Fornisco di seguito la trascrizione interpretativa delle glosse; tra parentesi riporto il vocabolo corrispondente in antico occitano e indico il numero di verso sulla base della mia edizione.

[c. 262r, colonna a]

a. canzone (siruentes, v. 1)

b. abbellisce piace (agensa, v. 1)

c. dimora (atendensa, v. 2)

d. ruina (decadensa, v. 6)

e. casca (dechaj, v. 7)

f. niente (ges, v. 8)

g. radice (raitz, v. 13)

h. astuta, frodole(n)ta (trichaitz, v. 15) i. brama ingordigia (cobeitatz, v. 15)

k. pecore (brebitz, v. 16) l. conforto (conort, v. 17) m. prieghi (precs, v. 18) n. rostri (becs, v. 19) 105 LEVY 1880, p. 33, n. 1.

[c. 262r, colonna b]

o. malfacente (trafana, v. 20)

p. ver q. grege (vas, grecs, v. 21) r. rodete106 (roes, v. 22) s. detti, ma(n)dati (decs, v. 24)

t. malvaggio u. i(n)ga(n)no (avol, barata, v. 29)

x. fraude (fraudatz, v. 30)

a. ruina (dechaemen, v. 32)

b. sc<h>iatta107, p(ro)genie (esclata, v. 34)

c. congregat(ion)e108 (coven, v. 35)

d. senza (ses, v. 36)

e. decettione (galiamen, v. 37) f. donaste isponeste (liuras, v. 38)

g. famiglia (barnage, v. 38)

[c. 262v, colonna c]

h. occisione (carnalage, v. 44) i. stanza habita(tion)e (estage, v. 45)

k. non mi dia (nom don, v. 47)

l. segue m. vestigi (sec, estern, v. 55) n. scherno, gioco (escern,109 v. 58)

[c. 262v, colonna d]

o. q(ua)derno libro (qadern, v. 59)

p. che alc(uno) (q’hom, v. 59)

a. soprano (soberans, v. 62)

b. malvaggi fatti (forfaitura, v. 71)

c. ponete a no(n) calere (ensetatz a non cura, v. 72)

d. nasconde (escon, v. 74)

e. e si confonde (es’confon, v. 75) f. iniquità110 (desmesura, v. 76) g. abondi, fuoriesca (aon, v. 78)

* pia(n)ca111 e ponte (plaga e pon, v. 80) *si riscontra, co(m)batte (s’acomorsa, v. 80) h. toglia scampi (estorsa, v. 83) i. ben mi conforto (bem conort,112 v. 85)

[c. 263r, colonna a]

k. giusto imperat(o)re (drech emperaire, v. 86)

l. cadere (descazer, v. 90)

m. salvatore (salvaire, v. 90) n. me’l lasci (M’o lais, v. 91)

o. molta (manta, v. 92)

106 La t a sovrascritta, a correggere un originario rodete. 107 Nel testo si legge sciatta.

108 Nel testo si legge congregat.e, che sciolgo.

109 Estern è stato corretto cancellando l’asta lunga della t e ripassandone il corpo a formare la c. 110 Nel testo è senza accento.

111 In questo caso e nel successivo sostituisco il segno indecifrabile con un asterisco: i richiami non mi paiono corrispondere ad alcuna lettera, tanto più che le ultime due traduzioni della carta sono richiamate da h. e i.

p. prohibitioni (devetz, v. 96) q. dieci (detz, v. 98) a. piotta113 (grapa, v. 99) b. difficilme(n)te (greu, v. 100) c. inga(n)no (trapa, v. 101) d. caduti (chaus, v. 102) [c. 263r, colonna b] e. luce (lutz, v. 106)

f. vista intelligenza114 (scharida, v. 106) g. saputi intesi (saubutz, v. 108)

h. d’altro (d’als, v. 112)

i. possiate (puoscas, v. 115)

k. non vi val castigo (e no i val castics, v. 117) l. noia, fastidio (fastics, v. 118)

m. udir (auzir, v. 118)

n. prediche (prezics, v. 119)

o. tristo, neghitoso (enics, v. 120)

p. ascende (monta, v. 120)

q. impaccio (destrics, v. 121) r. ver, allo’ncontro (vas, v. 121) s. albergo, ricetto (abrics, v. 122)

t. vergogna (onta, v. 122)

u. gabbatore (trachaor, v. 125) x. vos y. accoglie (os, aconta, v. 125)

z. opera (labor, v. 127)

& co(n)tende co(m)batte (tensona, v. 127)

9. ragioni (dreitz, v. 128)

a. buono (bos, v. 132)

b. sofferse (sofrec,115 v. 134)

c. sempre (tos iors, v. 136)

Considerato che le traduzioni marginali si devono al secondo scriba anche per i vv. 1-30 di mano del Pinelli e alla luce sia dell’aggiunta di piace alla glossa

113 Il termine da tradurre è grapa ovvero ‘artiglio’, ‘grinfia’ (LR III, p. 492, I, 4) e viene reso con

piotta, da intendersi scempio piota. Sulla base di Inf. XIX, v. 120 e di Dittam. 4.4, sin dalla prima edizione il Vocabolario della Crusca (1612) offre come prima definizione ‘pianta del piede’ (p. 630). Nell’ENCICLOPEDIA DANTESCA 1970, IV, pp. 526-527 leggo che piota «esclusivo della Commedia, è usato solo due volte. Il Parodi (Lingua 275) affaccia l’ipotesi, sia pure in forma dubitativa, che il termine sia di origine umbra; ma Guido da Pisa lo poneva decisamente tra i

vocabula florentina e il Tommaseo nota che esso è usato in Piemonte, riferito ad animali. Si può

ritenere che il sostantivo, nel volgare antico, fosse presente in più parlate centro-settentrionali»; il VOCABOLARIO TRECCANI 1997, III**, p. 901 aggiunge che «La parola, che in queste accezioni appartiene alla lingua ant., vive ancora, talvolta, per suggestione letteraria o in qualche dialetto, in usi per lo più scherz., con il sign. generico di piede o di gamba […], o per indicare piedi grossi […]; talora anche riferito alle zampe di animali».

114 Dalla forma delle lettere g e z, la grafia è del Pinelli che corregge l’errore del copista che aveva riscritto in margine il termine da tradurre: scharida è dunque cancellato con un tratto di penna. 115 Testo pasticciato: si intuisce una correzione, forse del Pinelli, su un sottostante sofec.

b. di c. 262r colonna a sia della correzione della glossa f. di c. 263r, colonna b entrambe dovute al Pinelli, è possibile che testo e glosse fossero solidali già nel modello, la cui fisionomia è al momento impossibile delineare.

I.1.17 κ Citazioni trobadoriche nell’Arte del rimare di Giovanni Maria