H), ha rubricato tutti i testi e compilato la tavola; la mano b – «più rigida ed alquanto più angolosa»
I.1.11 R Paris, Bibliothèque nationale de France, fr 2
Descrizione
In-folio, membr., XIV sec. in., linguadociano occidentale; ± mm 443x306, 151 cc.; il primo duerno ospita la tavola antica. Il corpo del canzoniere consta di 148 cc. ed è materialmente composto dall’assemblaggio di almeno 17 fascicoli numerati a registro, siglati con lettere minuscole da a a r, poste nell’angolo inferiore destro del recto delle prime cinque carte di ogni quaderno e seguite da un numero romano minuscolo da i a v. Essi sono per lo più quinioni (ma a e q sono binioni, h è un quaternione mentre r è di difficile interpretazione, probabilmente irregolare); nel margine inferiore del verso dell’ultima carta sono sempre presenti richiami al fascicolo seguente racchiusi in un riquadro, un doppio riquadro o un cartiglio. Le carte presentano quattro numerazioni diverse, tutte apposte nell’angolo superiore destro del recto, che si descrivono sinteticamente di seguito: 1. in
numeri romani minuscoli e in rosso, la prima foliazione è contemporanea alla stesura dei testi ed è visibile da c. 27r ma con probabile inizio attorno a c. 20. È lacunosa a causa della moderna rifilatura, non considera le 4 cc. della tavola e per la perdita di un bifoglio (cc. 73-74) posteriore alla sua apposizione, essa passa da lxxii a lxxv; l’ultima carta del manoscritto reca il numero cxlviii; 2. in numeri romani maiuscoli con inchiostro seppia, anch’essa contemporanea alla compilazione del codice, è forse un’integrazione alla prima e va da I a XIX; 3. in cifre arabe, la terza foliazione non riflette la caduta delle cc. 73-74, è a matita e inizia a c. 5r saltando le prime quattro carte contenenti
vidas e razos; poiché perfettamente leggibile, è stata inserita dopo l’ultima rilegatura del codice
datata 1730 e dal momento che la copia di R, commissionata da La Curne de Sainte Palaye e conservata nei mss. Paris, Bibliothèque de l’Arsenal 3094 e 3095, presenta una foliazione di identica struttura che salta le carte 1-4 con i testi biografici, è probabile che il responsabile della prima numerazione moderna dei fogli di R sia proprio l’erudito francese; 4. l’ultima cartulazione, in cifre arabe color seppia, inizia a c. 1r e corregge la precedente, le cui cifre vengono sbarrate; in quest’ultima fase vengono introdotte le lettere maiuscole A, B e C nell’angolo superiore destro del
recto delle cc. 2, 3 e 4 che ospitano la tavola; la prima carta del codice non presenta invece
numerazioni di sorta ed è indicata da TAVERA 1992, p. 29 come «feuillet ‘zéro’». Nelle sezioni liriche i testi sono disposti su due colonne, composte da un numero di righe variabile tra 79 e 92, e sono trascritti come prosa, separati dal punto metrico. Le strofe non hanno indipendenza grafica, sono copiate di seguito e visivamente differenziate dal capolettera dipinto alternatamente in rosso e in blu. Per i testi non lirici le colonne sono in numero variabile, da un minimo di due a un massimo di sette, ogni verso ha indipendenza grafica e presenta la prima lettera distanziata dal resto e si nota una fitta presenza di pieds de mouche di colore rosso e blu alternati.
R è inoltre uno dei quattro canzonieri provenzali che recano i testi lirici con corredo melodico (gli
altri sono G, W e X) e ciò per 260 testi (nessuno di questi fa parte del corpus di Guilhem Figueira). La notazione, color seppia, è inserita in tetragrammi larghi quanto l’intera colonna, formati da linee rosse parallele ed equidistanti. L’alternanza tra un tetragramma e un rigo di testo si ripete per circa tre o quattro volte, a seconda della lunghezza delle coblas della pièce: si fornisce la melodia solo per la prima strofa ma, per economia, la seconda inizia in coda alla precedente, sullo stesso rigo. L’insieme di supporto melodico e testo è stato eseguito contemporaneamente e per tutti i testi (nella speranza di acquisire le melodie di tutte le canzoni trascritte) mentre l’inserimento delle note è successivo: come anticipato, riguarda solo parte delle liriche e la maggior parte dei tetragrammi è dunque vuota. Al momento della rilettura dei testi, il responsabile della notazione musicale ha apportato correzioni e sanato omissioni; si tratta probabilmente del copista della silloge che ha impiegato una gotica rotunda di piccolo modulo. Una seconda mano ha riempito buona parte della prima colonna di c. 4r, le ultime due colonne di c. 140v (che ne conta quattro) e tutta la c. 141 con alcuni componimenti di Peire Lunel de Monteg (BdT 289), utilizzando una scrittura meno posata: la rubrica a c. 141v reca la data m e ccc e xxxvi che costituisce sicuro terminus ante quem per il lavoro del primo copista.
Ornamentazione ben integrata, stilisticamente uniforme per tutto il manoscritto. Manca in R la gerarchizzazione degli elementi decorativi tipica dei canzonieri ordinati di origine veneta ma si può osservare che le miniature più elaborate sono concentrate nelle carte iniziali del manoscritto (con rare eccezioni) e che entro i singoli fascicoli la decorazione è più abbondante all’inizio e più rada alla fine. Tutti i testi si aprono con capilettera dipinti ma non in modo omogeneo: iniziali rosse e blu filigranate e di altezza corrispondente a due o tre unità di rigatura sono poste in apertura delle prose biografiche (cc. 1-4) e delle coblas esparsas ed evidenziano le partizioni interne dei testi non lirici (cc. 111v-140v); iniziali miniate aprono invece la vida di Guiraut de Bornelh, la prima della collezione (c. 1r), tutti i testi della sezione lirica con relativo supplemento (cc. 5r-111v e 142r-144v), la prima cobla esparsa di Bertran Carbonel a c. 111v e ciascuna unità testuale sia della sezione non- lirica sia del supplemento non-lirico (cc. 114r-140v e 145v-148r): i colori dominanti sono rosso e blu, giallo e verde, arancio e oro e le raffigurazioni riguardano per lo più teste e busti umani colti di tre quarti. Le lettere sono spesso fiancheggiate sul lato esterno da figure o facce di giullari e grottesche di profilo e presentano antenne che possono estendersi nel margine verso l’alto oppure in entrambe le direzioni e terminano con intrecci vegetali o sono sormontate da grottesche, facce di giullari, animali, mostri e ibridi. Nei margini di R, al di fuori dello specchio di scrittura, vi sono inoltre vere e proprie miniature connesse al contenuto testuale della carta. Per BRUNEL-LOBRICHON 1991, pp. 268-270) i miniatori intervenuti sono in tutto tre, di varia provenienza geografica e ciascuno responsabile di una specifica parte del complesso apparato decorativo di R.
melodie, 146 coblas esparsas e 69 testi non lirici per lo più a testimonianza unica. I trovatori rappresentati sono 189. La parte lirica principale che qui interessa esaminare segue la tavola antica e le prose, che occupano rispettivamente i fascicoli I e II e va dunque dal III al XII (cc. 5r-103v, dove inizia la trascrizione parziale del Libre di Guiraut Riquier). L’ordinatio dei testi della sezione lirica maggiore non soggiace a distinzioni di genere. Nel complesso il canzoniere parve a GRÖBER 1877 una giustapposizione di molte Gelegenheitsammlungen: lo studioso, sulla base degli indici e di una descrizione del codice non di prima mano, divise infatti il corpo di R in quattordici sezioni (da R1 a R14) tutte derivate da altrettante fonti (da r1 a r14) in base a una serie di criteri esterni parzialmente ridiscussi da TAVERA 1978 e TAVERA 1992 che ha mostrato l’esistenza di altre due partizioni, evidenziate rispettivamente da una «coupure manifeste» alle cc. 62v-63r nel mezzo di R6, che ne comporta la scissione in R6a e R6b (tra i corpora di Raimbaut de Vaqueiras e Jaufre Rudel, lo spazio bianco a c. 63ra è stato successivamente riempito dalla canzone mariana Flor de paradis, BdT 461.123, di altra mano) e da una «coupure invisible» alla c. 90 che divide R8 in R8a e R8b (scompare l’apporto musicale tra c. 90 e il Libre di Guiraut Riquier e scompaiono i numerosi spazi bianchi di 3-4 cm lasciati dallo scriba tra c. 33 e c. 90). In sostanza, i testi di uno stesso autore non sono riordinati in un’unica sezione a lui dedicata, come accade ad esempio in C, ma sono copiati via via in base a successivi arrivages di materiali nello scriptorium e si situano anche a grande distanza gli uni dagli altri. R, unico nel panorama dei testimoni di lirica in lingua d’oc, si apre su una collezione di 10 testi di Marcabru; l’antico maestro apre anche la sezione R2.
La tavola antica occupa le carte Ar-Cr del binione iniziale. Sul recto di c. 0 sono stati copiati 83
incipit di canzoni su due colonne, vestigia di un primo indice redatto dal copista dopo aver riempito
le cc. 1-36 poi abortito nel momento in cui è apparso chiaro allo scriba il profilarsi di un progetto assai più ampio. Il complesso studio di TAVERA 1992 ha mostrato, tra le altre acquisizioni, che la tavola definitiva è stata redatta mentre ancora il copista andava copiando il corpo del canzoniere. Essa segue in linea di massima una regola quantitativa: la soglia minima di testi per accedere all’indice è di almeno sette pièces per trovatore, presenti nel codice anche in sezioni diverse ma qui razionalizzate in sezioni compatte, allo scopo di mettere ordine all’«ineffable désordre» del codice (p. 25): sotto il nome del trovatore rubricato in rosso, sono incolonnati gli incipit di tutti i componimenti antologizzati, con iniziale distanziata e toccata in rosso, seguiti dai rinvii alla carta del manoscritto (basati sull’antica foliazione in numeri romani), in cifre romane minuscole scritte sempre con inchiostro rosso e comprese tra due punti a mezza altezza. L’ordine di successione delle sezioni d’autore nella tavola, la posizione in cui ciascun autore è registrato e la consistenza delle collezioni permettono di capire come fu condotta la raccolta dei materiali che progressivamente giunsero nello scriptorium tolosano e la loro inclusione in R e nel complesso di mettere in discussione la schematica suddivisione di Gröber: il codice non è frutto della copia sistematica e della giustapposizione di 14 fonti distinte bensì, a una prima fase in cui si operò in questo modo (copiando in modo acquiescente i materiali che informano R1-R3), seguì un periodo di lavoro più lungo, ricco e complesso, in cui si tentò di organizzare i numerosi apporti successivi che a un certo punto si trovarono tutti nella disponibilità del copista. Legatura in marocchino rosso.
La confezione del canzoniere si colloca probabilmente a Tolosa (cfr. ZUFFEREY 1987, pp. 105-133). Le sorti di R nei primi quattro secoli della sua storia sono a noi oscure per mancanza di documentazione (ne tenta una ricostruzione congetturale AUBREY 1982, pp. 60-76). Il primo possessore noto fu la marchesa de la Rochefoucauld d’Urfé, vedova di Louis-Christophe de la Rochefoucauld d’Urfé, marchese di Langeac morto nel 1734. Nella loro residenza parigina, sede d’incontri tra intellettuali, artisti e scienziati, R era conservato assieme agli altri volumi manoscritti e a stampa acquisiti dalla famiglia d’Urfé nei due secoli precedenti. Il La Curne de Sainte-Palaye fu il primo a interessarsi al canzoniere: lo consultò e studiò attentamente e lo trascrisse per utilizzarlo come fonte per la sua Histoire littéraire des Troubadours (1774). Nel 1777, l’intera biblioteca dei d’Urfé fu acquistata dal bibliofilo Louis-César de La Baume Le Blanc, duca di La Vallière: R rimase in suo possesso fino alla morte, sopraggiunta nel 1780. Quattro anni dopo, la duchessa di Châtillon, sua figlia, lo vendette alla Biblioteca del re di Francia, come risulta dal catalogo di vendita redatto da Guillaume François de Bure.
Bibliografia
MEYER 1871,pp.157-198;BARTSCH 1872,p.29;GRÖBER 1877, pp. 368-401; JEANROY 1916, p. 13; BdT, pp. XX-XXI; BRUNEL 1935, pp. 56-59; PIROT 1972, pp. 201-209; TAVERA 1978;AUBREY 1982; EUSEBI 1983a;EUSEBI 1983b;AUBREY 1987;ZUFFEREY 1987,pp.105-133;PFISTER 1988;BRUNEL- LOBRICHON 1991;TAVERA 1992;BERTOLUCCI PIZZORUSSO 1994;ZUFFEREY 1994;ASPERTI 2002a,
pp.531,534e547-548;PULSONI 2004,p.364;CAMPS 2010,pp.17-18;MENICHETTI 2011.
[p] Lautrier caualgaua sus mon palafre (BdT 194.15) 20rb3872 – 20rb69 [s] Un nou siruentes ai en cor que trameta (XI) 22vc51 – 22vd21 [s] Ia de far un siruentesc non quier autrensenhador (X) 22vd22 – 22vd47
[c] Pel ioy de bel comensamen (VII) 31vd56 – 32ra8
[c] En pessamen me fay estar amors (BdT 213.4) 32ra9 – 32ra58 [cc] Totz hom que ben comense ben fenis (V) 32ra59 – 32rb20 [c] Anc mays de ioy ni de chan mantener (BdT 10.8) 32rb21 – 32rb61 [s] Siruentes uuelh far e(n) est son q(uem) agensa (IX) 95rb52 – 96vc61
R conserva cinque componimenti di Guilhem Figueira e gliene attribuisce altri tre. La prima delle otto pièces a suo nome compare nella sezione R2 dopo il virulento sirventese anti-imperiale di Uc de Saint Circ, Un sirventes vuelh far en
est son d’en Gui (BdT 457.42) ed è la pastorella del limosino Gui d’Uisel:
l’attribuzione a Figueira di questo testo è condivisa con C.
L’iniziale L presenta il corpo di colore blu e, nel riquadro formato dal prolungamento verso l’alto del tratto orizzontale, su fondo rosso bordato di verde, è raffigurata una testa di animale vista di fronte.73 Il riquadro si prolunga in un’antenna ascendente, sempre di colore blu, lungo il margine della colonna, mentre una testa di grottesca, barbuta, sta come appesa all’angolo inferiore sinistro. Il tutto è impreziosito alle estremità da foglie e sfere verdi e rosse. Nel margine esterno del foglio si legge, a matita, il numero d’ordine del componimento (162), affiancato dal segno #, non databile, a partire dalle due opposte ipotesi che seguono: escludendo che possa indicare l’inizio o la fine di una sessione di copia, per Elizabeth Aubrey «it is conceivable that while the collection as a whole was copied from one exemplar, the one poem was drawn from a different source; the cross then indicates that a poem from a different exemplar was inserted».74 C’è però anche un’altra possibilità: molto dopo la compilazione, uno degli studiosi del codice in epoca moderna (La Curne o Meyer) potrebbe aver notato l’incongruenza attributiva rispetto ad altri testimoni manoscritti della lirica trobadorica. Il tetragramma è vuoto.
72 Si conta ciascuno degli spazi dei tetragrammi come un’unità di rigatura. 73 Un lupo o forse un maiale.
A distanza di due carte, sempre afferenti a R2, si susseguono due sirventesi di Figueira numerati inizialmente a margine come 184 e 185 poi corretti rispettivamente in 185 e 186. XI si apre con l’iniziale U dipinta in blu entro un riquadro con fondo giallo e bordi verdi; al centro della campitura interna in rosso si staglia una sfera di colore verde. L’iniziale, alta come quattro unità di rigatura, presenta, nel margine sinistro della facciata, un’antenna ascendente rossa che termina con una foglia trilobata e frutti anch’essi rossi. Nel margine inferiore del foglio, al di sotto della prima colonna, si nota il disegno a matita, estremamente stilizzato, di un grillo gotico visto di fronte. X mostra invece l’iniziale I dipinta in blu su campo verde, rosso e giallo; un’antenna discendente, sempre blu, abbraccia la prima strofa lungo il margine sinistro della colonna; da un breve prolungamento che sale verso l’alto si affaccia una testa di grottesca raffigurata di profilo. I tetragrammi sono vuoti.
Dopo una decina di carte, da c. 31v a 32r, appartenenti alla sezione R3 del Gröber si leggono consecutivamente altri quattro componimenti con attribuzione a Guilhem Figueira, numerati in margine da 266 a 269 (anche in questo caso con l’ultima cifra sovrascritta come emendamento della precedente numerazione), che formano una brevissima ma compatta sezione d’autore. VII è introdotta dall’iniziale
P dipinta in blu su fondo rosso, con prolungamenti di colore rosso lungo il margine
sinistro della colonna; dall’asta verticale della lettera sporge una testa di grottesca colta di profilo, mentre all’interno dell’occhiello campìto in rosso il miniatore ha inserito una sfera dorata. La canzone BdT 213.4 di Guilhem de Cabestanh è attribuita a Figueira dai soli C e R. Il capolettera è blu su fondo verde; all’interno degli occhielli della E, riempiti uno in giallo, l’altro in rosso, sono dipinte due sfere dorate; una testa di grottesca di profilo si allunga nel margine esterno, di fianco alla colonna di scrittura, come se fuoriuscisse dal riquadro in cui è eseguita l’iniziale stessa. Con una T rossa su campo blu si apre invece la canzone di crociata V: anch’essa presenta nel margine un’antenna ascendente dipinta in rosso, che termina in una foglia trilobata e frutti arancioni; dentro l’occhiello, su campo bicromo blu e verde sono inserite tre sfere dorate. Infine BdT 10.8 si presenta in R per la seconda volta e con attribuzione a Figueira mentre la prima copia a c. 18v era stata assegnata a Aimeric de Peguilhan. La A capitale è dipinta in rosso, su fondo blu e verde, con
al centro dell’occhiello una sfera dorata, e prolungamenti ascendente e discendente lungo il margine sinistro della colonna, chiusi alle estremità da motivi vegetali. L’incipit registrato supra include il rimante del v. 2 e colloca dopo di esso il punto metrico: il copista aggiusta così la trama metrica della prima strofa a fronte della lacuna delle parole iniziali del secondo verso (ni de solatz) che trovava nella fonte oppure di cui è stato inconsapevolmente responsabile. Tutti e quattro i tetragrammi sono rimasti sprovvisti di melodie.
Infine, a notevole distanza dai testi fin qui riportati, in R8b è stato trascritto il lungo sirventese contro Roma (IX), l’item numero 790 della silloge, che come in C si apre su un verso parzialmente differente rispetto a quello proposto dal resto della tradizione. In un riquadro a fondo blu con bordi arancioni e verdi, corrispondente in altezza a due tetragrammi e due versi della prima cobla, la S iniziale rossa si staglia su campo dorato. Dall’angolo inferiore sinistro si diparte una lunga antenna, per metà rossa e poi blu, che si spinge fino al margine inferiore del foglio oltre i confini dello specchio di scrittura e ivi termina con un rigonfiamento in blu in cui sono inserite foglie d’acero verdi e rosse. Da qui si allungano verso destra e verso sinistra, perpendicolari rispetto a quella principale, altre due antenne, una rossa e una blu, che finiscono in volute arricchite nella parte convessa con festoni di colore inverso e completate da sfere dorate. Una foglia trilobata di colore verde è attaccata all’angolo superiore sinistro della cornice dell’iniziale. Una torre di colore rosa scuro a quattro piani poggia sul tratto inferiore della S ed è miniata al di sopra del tratto centrale dando l’impressione di venir fuori dalla pagina:75 i primi tre piani sono separati l’uno dall’altro da merlature bianche mentre in basso al centro i due battenti della porta sono spalancati su un interno nero; il tetto a punta è suddiviso in piccoli triangoli che sono alternatamente à réserve e verde acqua, è sormontato da una sfera dorata e oltrepassa in altezza il margine superiore del riquadro blu. Nell’ansa superiore della lettera S, a sinistra della torre e in corrispondenza del terzo piano si leggono distintamente le lettere maiuscole RO
anch’esse realizzate à réserve sul fondo dorato mentre a destra della torre si legge la metà inferiore della M e s’intuisce la lettera A. Anche in assenza della didascalia, «Clearly this is intended to represent Roma, the city against which Guilhem railed in his sirventes».76 Così Brunel-Lobrichon:
le texte stigmatise violemment Roma que es caps de la deschazensa. Rome, chef de la décadence, à la suite de la croisade contre les Albigeois, faute d’être restée la tête de la chrétienté, est marque d’infamie: au lieu de la croix du Christ, la boule d’or dont jouent les jongleurs et les animaux acrobates du manuscrit surmonte la nouvelle Tour de Babel, ouverte comme un moulin.77
Anche per quest’ultimo testo il tetragramma non è stato riempito.
Oltre alle iniziali di componimento appena descritte, i capilettera delle strofe successive alla prima sono dipinti con inchiostro rosso e blu alternati. Solamente quelli rossi sono preceduti da un segno di paragrafo blu. Le inziali di strofa sono tutte rosse in BdT 10.8 e soprattutto in IX dove l’anafora del nome Roma in apertura di ogni cobla crea sulla pagina il suggestivo susseguirsi di R rosse con pieds de
mouche di colore blu.
Nella tavola iniziale, le pièces di Figueira dislocate in tre diverse sezioni del canzoniere sono indicizzate in un blocco compatto a c. Cr, sulla terza di quattro colonne, in terza posizione dopo due incipit di Pons d’Ortaffa e Raimon de la Sala, separato da quest’ultimo da uno spazio bianco di tre righi. L’iniziale è staccata dal resto del verso incipitario e toccata in rosso. I rimandi al codice sono corretti – ma è assente quello relativo al sirventese contro Roma – e affidati a cifre romane minuscole in rosso. In trascrizione diplomatica l’indice appare come segue:
· W · f i g u i e i r a L aut(ri)er caualcaua .xx. U n nou sirue(n)tes .xxii. I a de far .i. sirue(n)tes .xxii. S irue(n)tes uuelh far
P el ioy del bel com(en)sam(en) .xxxi. E n pessam(en) me fay .xxxii.
T otz hom q(ue) be com(en)sa .xxxii.
76 Ibid., p. 430, ma erroneamente aggiunge «[…] for her sponsorship of the Inquisition at Toulouse in 1274».
A nc may de ioy .xxxii.
L’analisi approfondita della tavola svela un dato importante: il copista aveva già iniziato a registrare gli incipit dei componimenti di Figueira – il ventottesimo trovatore a entrare in scena in R – a c. Av, seconda colonna, dopo la sezione di Uc de Saint Circ, conformemente alla successione dei testi in R2 (BdT 457.42 – 194.15
attribuito a Figueira), ma li ha poi eliminati per grattage per riproporli sull’ultima carta della tavola, in quella sezione dell’indice denominata λ da Tavera. Nella veste definitiva dell’incipitario, Uc de Saint Circ è seguito da Aimeric de Belenoi (che