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L’ὀρειβασία di Fedra: lo spazio naturale come specchio della follia amorosa

Capitolo 3. Gli spazi naturali come specchio della polivalenza divina

3.2. Il λειμών nello sguardo di Fedra

3.2.1. L’ὀρειβασία di Fedra: lo spazio naturale come specchio della follia amorosa

Abbiamo osservato che la descrizione del prato effettuata da Ippolito (vv.73 ss.) allude ad alcuni topoi, non sempre espliciti, attinenti al contesto naturale erotizzato come l’azione di raccogliere i fiori, l’ape e la metafora della domatura, che appartengono all’immaginario connesso con l’adolescenza femminile e che influenzano la caratterizzazione di Ippolito come παρθένος ἄζυγος. Al contrario, nella descrizione del λειμών affidata alle parole di Fedra, l’atmosfera di purezza verginale si dissolve in favore di una più esplicita connotazione erotica, veicolata dal rimando all’elemento acquatico e introdotta dal sintagma ἔν τε κομήτῃ /λειμῶνι κλιθεῖσα, che evoca il momento della μίξις vera e propria all’interno del prato erotizzato.

La descrizione di Fedra prosegue e presenta uno spazio diverso da quello dell’οἶκος, generalmente precluso al mondo femminile e corrispondente ai luoghi di pertinenza di Ippolito: πέμπετέ μ᾽ εἰς ὄρος: εἶμι πρὸς ὕλαν καὶ παρὰ πεύκας, ἵνα θηροφόνοι στείβουσι κύνες βαλιαῖς ἐλάφοις ἐγχριμπτόμεναι. πρὸς θεῶν, ἔραμαι κυσὶ θωύξαι καὶ παρὰ χαίταν ξανθὰν ῥῖψαι Θεσσαλὸν ὅρπακ᾽, ἐπίλογχον ἔχουσ᾽ ἐν χειρὶ βέλος708.

Portatemi al monte! Sono nel bosco e fra i pini, dove le cagne che uccidono le fiere muovono per inseguire le cerve screziate. Per gli dei, desidero incitare le cagne e accanto alla chioma bionda scagliare la lancia tessalica, tenendo in mano il dardo appuntito.

Il passo che osserviamo è espressione della malattia di Fedra, presentata in termini di μανία erotica, noti a partire dalla lirica709. I segni della νόσος sono evidenti sul corpo:

le membra sono “sciolte” dall’azione di Eros il λυσιμελής (λέλυμαι μελέων σύνδεσμα φίλων v. 199). Il tipo di follia che colpisce le donne coincide spesso con forme di sregolatezza sessuale, dal momento che esse erano ritenute più inclini ai piaceri rispetto agli uomini710.

La maggior parte delle immagini impiegate nei versi citati appartengono al contesto della caccia, rappresentata attraverso gli spazi naturali in cui viene generalmente praticata, cioè lo ὄρος, il monte e la ὕλη, la foresta (v. 215), in cui la regina brama di entrare insieme alle cagne da caccia, (θηροφόνοι κύνες, v. 216), per stabilire un rapporto osmotico con Ippolito, senza però confessarlo apertamente711.

Le modalità espressive di questi versi corrispondono esattamente a quelle impiegate da Afrodite nel prologo, per descrivere le occupazioni quotidiane di Ippolito: χλωρὰν δ᾽ ἀν᾽ ὕλην παρθένῳ ξυνὼν ἀεὶ /κυσὶν ταχείαις θῆρας ἐξαιρεῖ χθονός (vv.17- 18), dove erano già presenti motivi come lo spazio della ὕλη e la caccia con i cani. L’elemento dissonante nella descrizione di Fedra è, però, il verbo ἔραμαι (v. 219), radicato nell’esperienza erotica che la regina sta vivendo e che sta verbalizzando, su un piano ancora puramente allusivo, di fronte alla reggia di Trezene. Dinnanzi al desiderio espresso da Fedra in termini non immediatamente riconducibili alla sua passione d’amore, la nutrice rinforza inconsapevolmente il nesso con il mondo della caccia e quindi con Ippolito, chiedendo a Fedra perché le interessino le attività esterne alla casa e perché

709 Ibyc. fr. 286, 10- 14, che descrive l’arrivo di Afrodite come un assalto che procura follia; Sapph. fr.36:

καὶ ποθήω καὶ μάομαι, dove la poetessa associa uno stato di μανία al desiderio erotico; cfr. infine Plat.

Phaed. 249d e il fr.680 Radt della Fedra di Sofocle, in cui l’uso del termine νόσος è, ancora una volta,

riferito all’effetto dell’eros (cfr. Susanetti 1997, 51).

710 In Eur.El.1035ss, Clitemnestra esplicita la maggiore inclinazione delle donne verso il desiderio; cfr.

anche Andr.674; Med.457 e Tr.1059. Sulle donne e la sessualità in Euripide, cfr. i contributi contenuti in Powell, 1990.

711 Ampiamente superata è l’interpretazione di Lattimore 1962, 5- 18 per cui Fedra vorrebbe realmente

fuggire e cacciare sui monti a causa della sua natura di wild Cretan girl. Altrettanto riduttiva appare l’analisi psicanalitica di Glenn 1976, 435- 472 per il quale l’intero brano sarebbe un elenco di fantasie erotiche espresse tramite simboli naturali. Bisogna interpretare il passo come un desiderio taciuto, del tutto interiore e senza riscontri reali, di sovrapporsi completamente all’oggetto del desiderio, evitando però di esporsi al giudizio del coro e della nutrice (cfr. Goff 1990, 33). Zeitlin 1985, 233- 234 pone l’accento sull’incessante gioco di intrecci che caratterizza la tragedia, di cui questo passo è uno dei primi esempi. L’urgenza del desiderio di Fedra, soggiogata da Afrodite, viene traslata su Ippolito, nel momento in cui le parole della regina, incise sulla tavoletta, lo accuseranno davanti a Teseo di non aver saputo domare una passione illecita (vv.877 ss.). Le ultime parole della regina sono infatti τῆς νόσου δὲ τῆσδέ μοι /κοινῇ μετασχὼν σωφρονεῖν μαθήσεται, imparerà a essere saggio, avendo in comune con me questa malattia.

“desideri ardentemente” (non a caso, ἔρασαι) bere acqua di fonte in un luogo selvaggio712.

Se lo spazio della caccia di Ippolito era caratterizzato da un equilibrio inalterabile, garantito dalla σύνεσις fra l’eroe e la dea Artemide713 e rientrava perfettamente nella norma secondo la quale i luoghi esterni alla città sono di pertinenza maschile714, il medesimo spazio si presenta, nelle parole di Fedra, come sede del dispiegamento della follia amorosa. Tale condizione è espressa attraverso una concentrazione di termini che richiama gli accessi di μανία menadica715.

Così come Fedra agogna di salire εἰς ὄρος, sul monte (v. 215), anche le menadi si radunano al grido “εἰς ὄρος;” e si recano in un luogo incontaminato, esterno alla città per praticare i riti dionisiaci716. Fedra immagina di cacciare nei boschi con le cagne veloci, θηροφόνοι κύνες e κυσὶ θωύξαι (vv. 216; 219), laddove il verbo θωΰσσω è tipico dell’avventarsi dei cani sulle prede; il verbo è impiegato anche nelle Baccanti in riferimento alle menadi che, identificandosi con delle κύνες rabbiose, si slanciano sulle vittime della loro caccia717, circondate da un ampio corteggio di animali montani718.

712 Eur. Hipp. 225-226: τί κυνηγεσίων καί σοι μελέτη; /τί δὲ κρηναίων νασμῶν ἔρασαι;

713 Eur. Hipp. 17. Già si è parlato del significato di ξυνὼν, usato in maniera volutamente ambigua, sia per

indicare il rapporto di familiarità di Ippolito e Artemide, sia con una sfumatura di “convivenza” in senso amoroso, cfr. Barrett 1964, 157; Susanetti 1997, 25- 26.

714 Sulla dicotomia interno/ esterno legata a una diversa fruizione dello spazio in base al genere, cfr. Vernant

1970, 85ss. e Zeitlin 1985, 55- 111.

715 Nei commenti questo aspetto è trattato in maniera molto stringata (cfr. Barrett 1964, 189 ss.; Halleran

1995, 107; Susanetti 1997, 52- 53, perché l’attenzione è generalmente posta sulle dinamiche di interazione fra Fedra, la nutrice e il coro, fino al completo svelamento del segreto (v.309 ss.). Credo sia importante porre l’accento sulla presenza di un lessico orientato verso una specifica sfera religiosa, cioè quella della ritualità femminile dionisiaca, poiché ciò dà senso alla menzione di particolari ambienti naturali o elementi legati all’estetica del personaggio, che potevano veicolare sfumature precise del suo status. Per l’età classica, le principali attestazioni del rituale menadico provengono dalle Baccanti di Euripide e dall’iconografia. Cfr. Seaford 2005; Villanueva- Puig 2009. Il parallelo fra la baccante e Fedra è stato notato da Thumiger 2017, 149 ss., che accosta i movimenti veloci e disordinati che Fedra avrebbe compiuto sulla scena a quelli di una menade.

716 Cfr. Eur. Bacc. 116, 135- 140, 163; Alcm. Fr. 56 P. Il passo di Eur. Bacc.135- 140 presenta tutte le

caratteristiche del rito menadico: ἡδὺς ἐν ὄρεσσιν ὅταν /ἐκ θιάσων δρομαίων/ πέσηι πεδόσε, νεβρίδος ἔχων/ ἱερὸν ἐνδυτόν, ἀγρεύων/ αἷμα τραγοκτόνον, ὠμοφάγον χάριν, /ἱέμενος εἰς ὄρεα Φρύγια Λύδι’ /†ὁ δ’ ἔξαρχος† Βρόμιος· εὖοἷ, Che gioia sui monti! Ballare, correre all’impazzata e poi cadere a terra con la

pelle di cerbiatto sul corpo, con la voglia di sangue, sangue di capri uccisi, il piacere della carne cruda e lanciarsi per i monti della Frigia e della Lidia, Dioniso è la nostra guida, evoè. (trad. Susanetti 2010).

717 Cfr. Eur. Bacch.733 e 871: Ὦ δρομάδες ἐμαὶ κύνες è l’epiteto con cui Agave raduna e incita le menadi.

Il teriomorfismo è un tratto peculiare del menadismo ed è frutto dell’allucinazione entusiastica: Agave, una avventatasi sul figlio Penteo, lo identifica realmente come una fiera, dal momento che lei stessa si percepisce come una leonessa, (λεαίνας δέ τινος ὅδ’…γένος, v. 989).

718 Cfr. Eur. Bacc.699 ss. il messaggero riporta a Penteo la sua testimonianza sulle attività delle menadi del

Citerone. Le donne che avevano da poco partorito (νεοτόκοι, v.701) sono descritte mentre allattano cuccioli di lupo o di daino; tutti gli animali del monte e tutta la natura partecipa dello stato di esaltazione divina che possiede le donne, cfr. vv. 726- 727: πᾶν δὲ συνεβάκχευ’ ὄρος /καὶ θῆρες, οὐδὲν δ’ ἦν ἀκίνητον δρόμῳ.

Anche l’aspetto esteriore e l’addobbo menadico sono richiamati alla mente dalla condizione di Fedra, che porta i capelli non raccolti, bensì sparsi sulle spalle (ἄφελ᾽, ἀμπέτασον βόστρυχον ὤμοις, v. 202), un tratto estetico condiviso con le menadi presenti nella maggior parte delle raffigurazioni719. Si può rintracciare anche un riferimento alla νεβρίς, la pelle screziata di cerbiatto che è forse il tratto distintivo più celebre della baccante720, nel momento in cui Fedra agogna di trafiggere un cervo (ἔλαφος) con un giavellotto (ὄρπηξ Θεσσαλικός e ἐπίλογχον βέλος v. 221)721.

Il punto di contatto tra il fenomeno della μανία dionisiaca e quella erotica, definita appunto οἶστρος nell’Ippolito722, è la comune origine da una punizione divina, in tal caso mandata da Dioniso o da Afrodite, scagliata contro coloro che si dimostrano recalcitranti ad osservarne le norme rituali723. Il caso più celebre, in ambito dionisiaco, è sicuramente quello di Penteo e dei componenti della famiglia reale tebana, ma vi sono altri miti legati all’arrivo di Dioniso in diverse aree della Grecia, che presentano la stessa struttura basata sul rifiuto del dio e il conseguente contagio di follia menadica, come misura punitiva724.

719 Di grande importanza rimane il pur datato studio di Lawler, The Maenads, a contribution to the study of

the dance in Ancient Greece, MAAR, 6, 1927, pp. 69- 112, che ricostruisce con estrema precisione

l’addobbo, i passi di danza e gli accessori rituali delle menadi. Per trattazioni più recenti, cfr. E. Keuls 1984, p. 289 e Villanueva Puig 2009, 39ss.

720 Una completa trattazione sull’iconografia delle menadi a partire dall’età arcaica è quella di Villanueva

Puig 2009, 79 ss. Gli aspetti estetici e performativi del rituale menadico sono stati studiati da Bremmer 1984, 267- 286. Sugli aspetti fondamentali del dionisiaco cfr. le osservazioni di Gernet 1953, 377- 395.

721 Cfr. Eur. Bacc. 1205, in cui si menziona un giavellotto dotato di laccio, detto ἀγκυλωτός στόχασμα

θεσσαλικῶν; quest’arma è specificamente indicata per la caccia al cervo in Xen.Kyn. 9.2ss. Il dardo (βέλος) che Fedra immagina di impugnare si ripresenta nel primo stasimo (525- 532), quando il coro esprime il suo timore nei confronti del dardo di Eros che è più forte delle saette di fuoco e degli astri, πυρὸς οὔτ᾽ ἄστρων ὑπέρτερον βέλος. Il βέλος di Eros può essere più estesamente considerato il dardo luminoso che, nell’immaginario antico, partiva dagli occhi della persona amata rifrangendosi nello sguardo dell’amante e suscitando, così, il desiderio amoroso, cfr. Cap. 1, p. 30ss.

722 Cfr. Eur. Hipp. 1300, Artemide chiama οἶστρος il desiderio di Fedra: ἐκδεῖξαι [..]καὶ σῆς γυναικὸς

οἶστρον ἢ τρόπον τινὰ /γενναιότητα, (vengo) a mostrarti il pungolo, o in qualche modo la nobiltà innata di

tua moglie. L’οἶστρος è un insetto, il tafano, e indica una passione furiosa, e/o un delirio assillante, non

necessariamente dotato di connotazione amorosa, come in Aesch.Pr. 566, 598, 879-890 detto a proposito di Io. L’analogia fra l’amore e la μανία espressa in Plat.Phaedr.265b ἐρωτικὴν μανίαν ἐφήσαμέν τε ἀρίστην εἶναι.

723 Si potrebbe obiettare che questa modalità di intervento punitivo non è appannaggio esclusivo di Dioniso

e Afrodite, dal momento che anche Era scatena l’οἶστρος, il “pungolo”, per perseguita Io trasformata in giovenca per punirla dopo gli amori illeciti con Zeus (cfr. Aesch. Suppl.308; Pr.566, 598), Atena è responsabile della follia di Aiace (Soph. Aj.1-33); Lyssa fa impazzire Eracle (Eur. HF.835-837). Tuttavia, l’analogia fra queste due forme di μανία (erotica e dionisiaca) risulta evidente direttamente dal testo dell’Ippolito, che mostra un lessico tipico del contesto dionisiaco e menadico, in un momento tragico caratterizzato dalla presenza di Afrodite sullo sfondo degli eventi.

724 In Il. 6.128- 140, le ninfe del monte di Nisa, preda di follia, proteggono Dioniso bambino dagli assalti

di Licurgo, punito per aver cercato di uccidere il dio. Emblematici anche i casi delle figlie di Minia e di Preto, che rifiutavano di celebrare i riti menadici, cfr. Ant. Lib., Met., 10. 32. Anche Plut., QG., 38 parla

Allo stesso modo, il desiderio irrefrenabile di Fedra, con il suo carattere incestuoso, altro non è che la manifestazione del potere di Afrodite e della sua vendetta contro Ippolito. Eros è, infatti, più volte associato alla μανία, per la furia distruttiva che mostra nei confronti di coloro che ne sono vittime; per Alcmane, Eros è μάργος, cioè folle e smanioso, quando salta veloce sulle corolle dei fiori; in Saffo e in Anacreonte il desiderio amoroso si accompagna spesso a uno stato di μανία che, come nel caso di Fedra, mostra i segni di un malessere fisico725.

L’accostamento tra gli effetti del νόσος erotico di Fedra e l’immagine tradizionale dell’invasamento menadico veicola l’idea di un sovvertimento momentaneo dell’ordine costituito, una dinamica che era direttamente associata alle attività religiose dei gruppi femminili in stato di ἐνθουσιασμός726. Evocare il linguaggio della follia menadica attraverso la menzione di precisi spazi naturali (ὀρειβασία), suggerisce l’opposizione tra una dimensione sociale e religiosa regolata dalla città, e una dimensione che sfugge al controllo delle istituzioni, dispiegandosi all’esterno della casa e dello spazio poleico727.

Questa opposizione fra spazio del rito cittadino e spazio del rito esterno alla città è conseguenza dell’intervento destabilizzante di Dioniso, che provoca con il suo arrivo l’inversione di alcuni paradigmi generalmente ritenuti immutabili, dal punto di vista

del caso degli Agrionia, feste beotiche, in cui l’inseguimento di Licurgo narrato nell’Iliade era ripristinato in forma rituale da un sacerdote armato che inseguiva le donne. In Ael, VH, 3. 42 è Afrodite, non Dioniso, a instillare la follia nelle Pretidi, costringendole ad aggirarsi nude per tutto il paese. La responsabilità di Afrodite in questo caso è un hapax, ma è un esempio di come il modus agendi della dea condivide con Dioniso lo schema punitivo, come si nota già nell’Ippolito.

725 Cfr. Alcm. fr. 58 μάργος δ’ Ἔρως οἷα <παῖς> παίσδει. Il termine μάργος è usato in senso erotico anche

in Eur. El. 1027, detto di Paride che vede Elena, (cfr. Calame 1983, 556); Sapph. 130 V: καὶ ποθήω καὶ μάομαι; Anacr. fr.46 G: ἐρέω τε δηὖτε κοὐκ ἐρέω /καὶ μαίνομαι κοὐ μαίνομαι. Cfr. anche Theog. 1231: Σχέτλι’ Ἔρως, μανίαι σε τιθηνήσαντο λαβοῦσαι· Nelle fonti liriche la forza dell’eros si percepisce dunque in modo duplice e “γλυκύπικρος”, poiché coniuga il piacere generato dal desiderio crescente e nello stesso tempo è spesso causa di insoddisfazione, cfr. l’ode a Eros ἀνίκατος in Soph. Ant.781- 788. Per una trattazione ampia del tema amoroso nella lirica, cfr. Calame 1992, 8ss.

726 Sulla dialettica fra potere costituito e rituali dionisiaci, con particolare riferimento alle Baccanti di

Euripide, cfr. Seaford 2005, 32ss. e Di Benedetto 2004, 71-164.

727 Soffermarsi a lungo sulle complesse questioni legate al dionisismo, nella sua forma contraddittoria e

sfumata, richiederebbe un lavoro a sé stante. È importante qui tenere presente il carattere sovversivo dei riti dionisiaci in relazione agli equilibri tradizionali dell’οἶκος e alle relazioni fra i generi che vi abitano. Per il nesso fra la struttura drammatica dell’Ippolito e delle Baccanti rimando a Segal 1987, 152ss., che affronta l’analogia da un punto di vista psicanalitico e strutturalista e a Bruit Zaidman 1998, 333- 351;

sociale e religioso728. Fra le differenti modalità di intervento perturbativo di Dioniso, quella che più interessa questo discorso è relativa alle dinamiche di interazione fra i generi che partecipano al culto. L’azione destabilizzante del dio è incarnata da coloro che partecipano ai suoi riti, cioè le donne, strappate alla reclusione domestica e condotte sul monte da una forza incontrollata. Il legame con la sfera femminile è, infatti, uno dei tratti peculiari del dio, il cui aspetto sbarbato, curato, femmineo rappresentato a partire già dal VI- V secolo a.C.729.

Gli spazi del rito e delle attività che in essi si effettuano hanno infatti, nell’immaginario collettivo, una definita connotazione di genere. Nel caso dell’Ippolito, il contesto evocato tramite una Fedra “menade” è quello di un luogo incontaminato, selvatico e del tutto esterno alla polis, dove si pratica un’attività tipicamente maschile come la caccia, si brandiscono armi e si creano forme di collettività quasi militarizzate730. L’aspetto dionisiaco relativo all’inversione di genere è stato notato da Prauscello nel celebre passo dell’Iliade, in cui Andromaca, lascia le attività femminili della tessitura per consigliare Ettore su fatti di guerra731. Per essersi rivolta a occupazioni che non

competono alla sfera femminile, bensì ἄνδρεσσι μελήσει (v.492), Andromaca viene detta μαινομένῃ εἰκυῖα (v.398), paragonata cioè a un essere umano preso da follia732. Ciò

equivale a dire che lo status di μανία va a coprire tutta quella serie di “sintomi” che esulano dalle aspettative comuni e dalla normatività sociale733. In tal modo, il desiderio di Fedra ad occupare gli spazi di pertinenza di Ippolito rientra nella dinamica sovversiva provocata dalla μανία, in questo caso erotica, che crea le condizioni per una

728 Cfr. Gernet 1953, 393: Et c'est l'antithèse que Dionysos signifie partout, au niveau de l'action religieuse,

à celui de la représentation religieuse, à celui d'une conception' du monde. Su questo aspetto cfr. anche

Segal 1987, 244 e il suo commento alle Baccanti del 1996, 25-54.

729 Cfr. Prauscello 2007, 209-216; per le fonti iconografiche cfr. Kerényi 2007, 110- 124. Celebre è

l’immagine del Dioniso adolescente effeminato, fornita da Eur.Bacc. 455- 458, 821. Le rappresentazioni di V secolo mostrano il dio come un giovane dalla bellezza fiorente e languida, con capelli lunghi e pelle bianca, considerata un tratto delle donne asiatiche (cfr. Ar.Thesm. 190; Ec. 395)

730 Eur. Bacc.52, ξυνάψω μαινάσι στρατηλατῶν; 723 τεταγμένη; 733 ὡπλισμέναι, Cfr anche Ael. Ar., fr.

41.9 K, 9, riporta che le baccanti seguono Dioniso in sostituzione di una schiera di arcieri o di cavalieri, mentre dall’altra parte, gli uomini diventano effeminati.

731 Cfr. Prauscello 2007, 209- 216 su Il. 6. 389, 490- 493.

732 Il caso di Andromaca rappresenta una delle primissime attestazioni della parola “menade”, usata nei

confronti della sposa di Ettore anche una seconda volta, in Il.22. 460- 461: ὣς φαμένη μεγάροιο διέσσυτο μαινάδι ἴση /παλλομένη κραδίην, dopo aver appreso della morte di Ettore.

733 Riporto le parole di Seaford 1993, 116 sul ruolo di Dioniso come “destroyer of the household”: not only

[of] the spatial differentiation of male and female but also [of] their activities: Dionysiac frenzy typically causes women to abandon their weaving and go out to become warriors and hunters.

sovrapposizione di due personaggi, Ippolito e Fedra, sempre distanti e mai compresenti sulla scena, eppure uniti da un vincolo divino che si palesa in termini di invasamento.

Il valore acquisito dalla riflessione sui luoghi naturali in una tragedia come l’Ippolito è quindi evidente, dal momento che è proprio lo spazio a farsi veicolo di riferimenti a usi, ruoli sociali o religiosi, connotazioni specifiche che non potrebbero essere colte senza indagare sui significati attribuiti a un determinato tipo di spazialità. Oltre a riguardare lo stato psicofisico di μανία, che il coro riconosce come segno tangibile sulla regina detta ἔνθεος734, l’affinità di Fedra con le baccanti evoca una sorta di “monde à l’envers”735 e conferisce una sfumatura maschilizzata al discorso di Fedra relativo agli

spazi naturali, che va così a porsi come parallelo all’immagine di un Ippolito femminilizzato che è stata osservata nei paragrafi precedenti.

3.2.2. Fedra domatrice di cavalli: elementi naturali e polivalenza divina