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Ippolito: un’antropopoiesi ateniese

Capitolo 2. Ippolito nel dominio di Artemide

2.2. Ippolito: un Cacciatore Nero?

2.2.2 Ippolito: un’antropopoiesi ateniese

Fatte queste precisazioni in merito agli studi che, di recente, hanno ripensato le categorie impiegate da Vidal- Naquet, il Cacciatore Nero rimane comunque uno strumento esegetico utile per isolare un tipo di personaggio mitico/ storico, marcato da una particolare età (adolescenza) e vivente in determinate condizioni ambientali e sociali (solitudine o gruppi ristretti, pratica della caccia). Si deve però tenere presente che l’oggetto di questo studio è un personaggio del mito, di cui sfugge gran parte della storia mitica precedente alla messa in scena della tragedia. Come si è detto, l’Ippolito di Trezene era forse anticamente associato alla kourotropheia degli adolescenti, per le sue proprietà terapeutiche261; questo può essere considerato il presupposto del trattamento euripideo, che ha inteso presentarlo come giovane in transizione verso l’età adulta, come coloro che rendevano onori all’eroe durante la pratica rituale.

La problematizzazione del processo di maturazione e di inserimento nella comunità lascia intravedere alcuni frammenti della realtà storica di Atene, nella fase iniziale della Guerra del Peloponneso262. Il corretto inquadramento dei giovani nell’apparato

259 Fra le altre feste a cui gli efebi partecipano all’interno della città, anche le Panatenee, le festività di

Artemide Agrotera e quelle in onore di Zeus Soter, cfr. Parker 1983, 26 ss.; presenziavano inoltre a gare atletiche, come Munichie e Oscoforie, cfr. Parke 1977, 59, 65, 74,139, 153, 168, 173. Sul ruolo degli efebi in teatro, cfr. Winkler 1985, 30 ss.; Schol. Aristoph. Av. 794, schol. Pac. 882; Suda s.v. Bouletikon.

260 Per il concetto di antropopoiesi cfr. Premessa, n.3; cfr. Remotti 1996, 9- 25 e Calame 2005, 179- 197. 261 Cfr. 1.4.

istituzionale della città, in termini di educazione sul piano religioso e politico, doveva infatti essere un fattore di capitale importanza, per favorire il consolidamento delle maglie del corpo sociale di fronte a minacce esterne come Sparta, che molto investiva sulla παιδεία dei giovani e sul loro addestramento militare.

L’efebia ateniese e la krypteia spartana sono fra i pochi paradigmi educativi di cui si abbia notizia263. In una ricerca che coinvolge riti di passaggio e miti di transizione ad uno status di cittadino adulto, si deve sicuramente tenere conto di entrambi i modelli, ma con la consapevolezza che i contesti sociali in cui sono praticati presentano alcune differenze. Quando mi riferisco all’efebia o alla krypteia, lo faccio considerandoli non delle istituzioni solide e immutabili, esistenti in tutte le città greche, ma come alcuni dei paradigmi educativi a noi noti, finalizzati al corretto sviluppo dell’individuo, in termini di crescita fisica e di educazione politica264.

Ritengo che cercare nell’Ippolito euripideo riferimenti alla παιδεία spartana, non favorisca una corretta comprensione del dramma. Un paragone fra Ippolito ed il kryptes rimarrebbe allo stato di pura speculazione, sia perché la materia di questo studio è un dramma attico, cioè prodotto da un Ateniese per altri Ateniesi, sia perché non sono presenti nel testo evidenze di particolari simmetrie265. La caratterizzazione che emerge

dal dramma, non è quella di un Ippolito che si dedica a scorribande notturne in luoghi isolati e che si macchia le mani del sangue dei suoi coetanei. Inoltre, la caccia praticata da Ippolito non è una prova di forza fisica, come lo era per gli spartani, né è finalizzata alla ricerca di cibo in uno stato di indigenza266. La caccia era, per i kryptoi spartani, un atto paragonabile al furto, come attesta il violento rituale di età arcaica e classica praticato in onore di Artemide Orthia, in cui i giovani cacciatori cercavano di rubare del formaggio dall’altare della dea, mentre altri coetanei dovevano impedirlo267. Il nesso che unisce la

263 Tra le fonti antiche sulla krypteia: Xen. Lac.; Plut. Lyc.; Sui riti di passaggio in Grecia antica, cfr. Brelich

1969; Dodd, Faraone 2003. Sulla krypteia spartana cfr. anche Vernant 1987, Lanère 2008. Sull’efebia, oltre a Vidal- Naquet, Winkler 1985. Sull’efebia con specifico riferimento all’Ippolito cfr. Mitchell- Boyask 1999.

264 Cfr. Graf 2003, 20.

265 Ippolito tende, in numerosi luoghi del dramma, a prendere le distanze dai kakoi (79- 81; 84; 932-933;

984-985; 996-998; 1013-1015; 1070- 1071; 1074-1075); la continua rivendicazione dell’ἀγαθία allontana l’eroe dal modello del guerriero Melanthos, prototipo del Cacciatore Nero.

266 Sulle attività dei giovani spartani, cfr. Vernant 1987(b), 269-99 e Winkler 1985, 28 ss. 267 Xen. Lac. 2.9; Pl. Leg. 633 a-b.; Sul rituale dell’Orthia cfr. Brelich 1969, 126 ss.

caccia ad atti contrari ai principi di condivisione del bottino, rientra nel meccanismo educativo illustrato da Vidal- Naquet e coincidente con il principio di inversione simmetrica268. In base a questo meccanismo, il kryptes deve, dimostrare di aver raggiunto la maturità affrontando prove che lo sottopongono al biasimo della comunità, alla violenza e alla vergogna, per imparare a evitare, una volta adulto, di ricadere in quelle stesse circostanze.

L’addestramento militare degli efebi aveva, invece, come scopo quello di formare degli opliti coscienti dell’importanza di rimanere nei ranghi e non quello di educare i giovani a compiere aristie individuali, come il kryptes nella fase di segregazione269.

Ippolito non rispecchia pienamente, com’è ovvio per un personaggio del dramma attico, nessuno di questi modelli. Sembra, piuttosto, che l’eroe pratichi un tipo di caccia aristocratica, finalizzata a mostrare la sua appartenenza alla schiera degli ἀγαθοὶ e a ribadire davanti agli altri il suo rapporto privilegiato con Artemide. È proprio in questa tendenza a incarnare il paradigma aristocratico che si deve leggere il sigillo di un’iniziazione tutta ateniese, lontana dalle attività disonorevoli dei giovani spartani.

Vi sono anche ragioni storiche, che mi inducono a non considerare la krypteia un modello valido per capire l’Ippolito.

Sia Sparta che Atene hanno esercitato, a turno, la loro influenza su Trezene270; la tradizione spartana è attestata nei miti riguardanti la storia della città: il ricordo della diarchia e il ruolo di Pelope nell’incivilimento della regione, fanno da contrappeso alle leggende ateniesi che situano in Argolide l’infanzia di Teseo e le sue prime imprese271;

inoltre la città condivide con Atene l’organizzazione di alcuni spazi sacri e la pratica dei culti ad essi associati272.

La polis di Trezene ha subito, nel corso del V secolo a.C., diverse ingerenze da parte delle di Atene e Sparta. Verso il 446 a.C., terminata la fase di collaborazione con Atene

268 Cfr. 2.2.

269 Ciò è attestato dal contenuto del giuramento efebico, che si configura come un evento di gruppo e che

veicola un messaggio di compattezza e sinergia nella difesa della città, cfr. Siewert 1977, 102-111; Kellogg 2013, 263- 276.

270 Cfr. cap. 1.2.

271 Cfr. Cap. 1.1.; sulla storia mitica di Trezene, cfr. Calame 20182, 223 ss. 272 Cfr. 1.1, 1.2, 1.3.

nelle Guerre Persiane, Trezene passò nella sfera di influenza spartana273; la città fu poi una tappa dell’annuale invasione dell’Attica, all’inizio della Guerra del Peloponneso, ma non venne mai realmente conquistata dai Lacedemoni274.

In una lettura storico-antropologica del dramma è quindi necessario tenere conto degli avvenimenti storici che fanno da sfondo alla messa in scena, attraverso i quali è possibile intuire un messaggio politico, sotteso al trattamento della materia mitica275. Mi riferisco, cioè, al tentativo di legittimare l’influenza di Atene su un’area di interesse economico e strategico come Trezene e l’area dell’Istmo, attraverso l’appropriazione di un eroe locale e il suo inserimento nel panorama cultuale ateniese276. L’eroizzazione di Ippolito, chiamato significativamente φανερώτατον ἀστέρ᾽ Ἀθήνας (v. 1121), avviene soltanto dopo la sua morte, che è presentata come un dolore comune per tutti i cittadini, κοινὸν τόδ᾽ ἄχος πᾶσι πολίταις (v. 1462) e ingloba le vicende di un eroe trezenio, dotato di altre prerogative, nel bagaglio mitico-rituale ateniese.

L’ambientazione nella città di Trezene non è, dunque, finalizzata a mettere in scena costumi non attici come la krypteia, ma è lo specchio della funzione metaforica della liminarità: uno spazio distante, ma legato ad Atene, che sia il simbolo dello status transitorio in cui Ippolito si trova277. Da un lato, Trezene è intesa come uno spazio

volutamente marginalizzato (Teseo la sceglie infatti come luogo di esilio temporaneo e purificazione da un miasma278 e Ippolito ne apprezza gli spazi naturali lontani dalla vita

della polis); d’altra parte però, Atene è una presenza che fa continuamente da sfondo ed è lo “specchio” di Trezene, per la sua posizione geografica frontale e la simile conformazione dei luoghi sacri279.

273 Thuc. 1.115.

274 Thuc. 2.56. Cfr. Cartledge 1979, 224 ss: il re Pleistoanatte ricattò gli ateniesi pretendendo la consegna e

la resa di Trezene, Megara e Acaia (Thuc. 2.21.1), prima della conclusione della pace trentennale (446- 445) con cui le due potenze si impegnarono a rispettare le reciproche aree di influenza. In questi anni, Argo e l’Argolide, pur non essendo parte della tregua, si portarono dalla parte di Atene (Paus. 5.23.4).

275 Cfr. Kowalzig 2006, 94: Euripides’ Hippolytus, therefore, suggests, again through myth interacting with

heroic ritual, that another non-Attic hero became part of the Athenian scene. The clearly related political and military issues were at this time concentrated on areas of Corinthian interest.

276 L’inserimento di eroe appartenente a un’area esterna all’Attica è una misura politico-religiosa è

frequente, come attesta, ad esempio, il culto delle Amazzoni (cfr. 1.1.), o quello del tebano Edipo, sul quale cfr. Kearns 1989, 50-51.

277 Su questo rapporto tra la tragedia e gli spazi dell’efebia, cfr. Vidal-Naquet 1981, 52-53. 278 Eur. Hipp, 34- 37; 792- 793; 816- 817. Su contaminazione e purificazione cfr. Parker 1983.

279 Cfr. 1.3. Nell’Ippoolito Atene è menzionata in tono celebrativo ai vv.423, in cui i figli di Fedra e Teseo

La presenza di Atene nel dramma è costante, poiché tale era la presenza degli Ateniesi a Trezene nel 428 a.C., quando l’entourage pericleo inaugurava una serie di spedizioni per riportare le città dell’Argolide sotto l’egida di Atene280. Queste ragioni

politiche mi inducono quindi a non prendere la krypteia spartana come possibile modello di rito di passaggio per Ippolito, che va invece considerato un efebo ateniese anomalo.

Cerchiamo ora di capire in che modo viene declinato il tema dell’efebia in relazione ad Ippolito, a partire da tre punti: la caccia, il rapporto con il gruppo sociale e la battaglia iniziatica; l’esito di queste prove è, per Ippolito, fallimentare. L’eroe deve essere considerato un efebo “a metà” per una semplice ragione: egli percorre le tappe di un percorso di maturazione, ma senza essere consapevole della transitorietà del suo status. Ippolito, in sostanza, non ritiene di dover compiere alcun passaggio, perché sente di possedere un’identità completa e compiuta nel solo dominio di Artemide.