Capitolo 3. Gli spazi naturali come specchio della polivalenza divina
3.1. Il λειμών di Ippolito fra αἰδώς e ἔρος
3.1.3. Il giogo di Afrodite: una forma di domatura
Prendendo in considerazione il primo stasimo, si può osservare un ulteriore aspetto relativo alla rappresentazione del potere di Afrodite, reso tramite immagini desunte dal contesto naturale. Per mostrare le conseguenze nefaste del rifiuto della μίξις, il coro propone due paradigmi mitici a tema amoroso, quello di Eracle e Iole (vv.545- 554) e quello di Zeus e Semele (vv. 556- 564), che condividono con la vicenda dell’Ippolito un esito luttuoso, causato dall’irruenza del desiderio. Il paradigma di Iole acquista rilievo nel discorso relativo all’uso degli spazi naturali, poiché propone la metafora dell’amore come forma di domatura: τὰν μὲν Οἰχαλίᾳ πῶλον ἄζυγα λέκτρων, ἄναν- δρον τὸ πρὶν καὶ ἄνυμφον, οἴ- κων ζεύξασ᾽ ἀπ᾽ Εὐρυτίων δρομάδα ναΐδ᾽ ὅπως τε βάκ- χαν σὺν αἵματι, σὺν καπνῷ, φονίοισι νυμφείοις Ἀλκμήνας τόκῳ Κύπρις ἐξέδωκεν: ὦ τλάμων ὑμεναίων647.
La puledra di Ecalia, non aggiogata agli amplessi, ignara di uomini e non ancora sposata, dopo averla aggiogata lontano dalle case di Eurito, come una naiade in corsa, come una baccante, col sangue e col fumo, la diede Cipride al figlio di Alcmena per nozze di morte; ah, miserabile per quelle nozze.
Iole, qui paragonata a una cavalla non domata, πῶλον ἄζυγα λέκτρων (546) era figlia di Eurito di Ecalia e fu preda dell’ostinato desiderio di Eracle che, dopo aver distrutto il palazzo e la città della fanciulla, la portò nella sua casa di Trachis scatenando
così la vendetta funesta di Deianira648. La riluttanza di Iole ad accettare il γάμος con Eracle è punita da Cipride con l’imposizione dell’unione sessuale; la dea agisce contro Iole “agiogandola a nozze mortali” ζεύξασ᾽ φονίοισι νυμφείοις (vv.549, 552). La metafora attribuisce a Eros il ruolo di domatore, che si impone sugli uomini con violenza guerriera, come un distruttore di città, σὺν αἵματι, σὺν καπνῷ (v. 551)649.
Al centro della strofe si trova l’associazione fra la παρθένος ἄγαμος e una puledra da domare. Il matrimonio, o meglio il γάμος inteso come prima esperienza erotica, è generalmente equiparato alla cattura e all’aggiogamento di un animale650. La rappresentazione del potere di Cipride come domatura di una πῶλος selvatica acquista particolare importanza in un dramma come l’Ippolito, in cui la morte dell’eroe è causata dal suo rifiuto di cedere al potere di Afrodite ed è materialmente provocata dai cavalli che egli stesso alleva651.
L’associazione tra fanciulle e puledre è ben documentata nell’epica, in cui rimanda prevalentemente a forme di ratto violento perpetrato su una fanciulla ἀδμής, non ancora domata e quindi non sposata652. In un componimento di Anacreonte il poeta descrive una
vicenda amorosa ambientata in un λειμών, dove immagina di domare, in senso erotico, una fanciulla definita πῶλε Θρηικίη, puledra di Tracia653. Il tema centrale del frammento
648 Cfr. Soph. Tr. 541-551: Deianira, gelosa della giovane età di Iole, avvelenerà Eracle servendosi di una
tunica imbevuta del sangue del centauro Nesso. La sposa dell’eroe si chiede se Iole sia ancora ἄνανδρος, cioè se non abbia mai conosciuto un uomo o se sia già madre, τεκνοῦσσα (v.306), impiegando due termini che denotano due differenti status dell’antropopoiesi femminile, cioè prima e dopo la “domatura”.
649 Cfr. Eur. Hipp. 536 ss. In questo primo stasimo, l’incedere di Eros è descritto attraverso metafore
militari: Ἔρωτα δέ, τὸν τύραννον ἀνδρῶν, [ ]/ πέρθοντα καὶ διὰ πάσας ἱέντα συμφορᾶς /θνατοὺς ὅταν ἔλθῃ (vv.538; 541-542). Eros condivide la sua forza distruttrice con Ares, detto a sua volta “colui che scioglie le membra”, cfr. Il. 24. 498: Ἄρης ὑπὸ γούνατ᾽ ἔλυσεν. Sull’aspetto militare di Eros, cfr. Pironti 2007, 225ss.
650 Hsch. s.v. πῶλος: …πώλους τούς νέους καὶ τάς νέας, καὶ παρθένους; Cfr. Calame 1977, 413 crede che
la metafora della fanciulla- puledra e quella di Eros domatore condividano un’origine comune e si siano sviluppate parallelamente. Il terreno comune di un lessico che coinvolge il tema del γάμος e quello dell’aggiogamento è quindi il particolare ruolo attribuito a Eros e ad Afrodite, cfr. Hes. Theog. 120ss., dove Eros δάμναται νόον. Cfr. anche Sapph. fr.102 e Thgn. 1350, in cui l’amato è paragonato a un puledro da domare con l’aiuto di Eros.
651 Come si è detto in 2.2.4., l’allevamento dei cavalli fa parte degli elementi che caratterizzano Ippolito
come un aristocratico, dal momento che il possesso di cavalli costituiva un emblema di ricchezza.
652 Il. 3. 301; hHom.Ven.. 133 ἀδμήτην, ἀπειρήτην φιλότητος; in Eur. Andr. 621 πῶλος è usato da Peleo per
riferirsi allo status di Ermione precedente al matrimonio con Neottolemo; in Eur. Hec. 142. Polissena è detta πῶλος con specifico riferimento alla sua giovane età, quando il coro avverte Ecuba che Odisseo verrà a strappare Polissena dal seno della madre, σῶν ἀπὸ μαστῶν. L’associazione fra la giovinezza e la domatura di animali allo stato selvatico è segnalata anche da Gerorgoudi 1986, 223-229.
653 Anacr. fr. 417. Il topos della fanciulla- puledra è presente nella descrizione di Agesicora e Agidò, in
Alcm. (PMGF. 1.45- 59); Theog. 275- 260; la puledra è anche una delle donne teriomorfiche di Semon. fr. 7. 57-70; Ar. Lys. 1308- 1313 paragone le spartane a cavalle scorrazzanti e utilizza, con connotazione
è il rifiuto espresso dalla fanciulla verso il parlante, che vorrebbe invece “metterle il morso” χαλινόν ἐμβαλεῖν (v.3), imbrigliarla ἔχων ἡνίας (v.4) e dimostrare così di essere un “esperto cavaliere”, ἱπποπείρην (v. 6). La παρθενία della fanciulla654, che implica
un’inesperienza di Afrodite, è resa attraverso la metafora della selvatichezza animale, che si manifesta in un preciso momento dell’esistenza umana (νῦν, v.5) e in un contesto naturale incolto come il λειμών, in cui la puledra si dedica a giochi infantili, σκιρτῶσα παίζεις (v. 5)655. Il frammento 2 di Saffo, che è già stato citato per evidenziare
l’importanza della componente floreale del prato erotizzato, presenta un quadro ancora più completo del contesto naturale in cui si verifica la domatura amorosa e condivide alcuni dei suoi elementi più rilevanti con la descrizione euripidea:
ἐν δὲ λείμων ἰππόβοτος τέθαλε ἠρίνοισιν ἄνθεσιν, αἰ δ’ ἄηται μέλλιχα πνέοισι.656
Poi un florido prato, coi cavalli, i fiori della primavera, aliti dolcissimi che spirano. (trad. E. Mandruzzato, 19982).
Protagonista del frammento è Afrodite stessa, che si trova nel suo ναός, dove l’altare fuma di incensi, βῶμοι θυμιάμενοι, v.4. Il λείμων ἰππόβοτος è caratterizzato dalla presenza dei cavalli che pascolano fra i fiori a primavera, ἠρίνοισιν ἄνθεσιν (v.10) che è, come si è visto, la stagione in cui la dea si manifesta in modo più impellente; si noti infine l’utilizzo dell’aggettivo μέλλιχα (v.11), riferito alla brezza, che rimanda ai μειλίχια δῶρα
erotica, termini che rimandano alla cavalcatura, come κελητίζω (Ar.V.501, Th.153), ἱππικός (Ar. Lys.677), κέλης (Pax.901).
654 Seguo l’interpretazione proposta da Calame e riportata in Kurke, Inventing the Hetaira, ClAnt 94 (1),
1997, pp.114, secondo la quale la puledra di Tracia viene volutamente tratteggiata in modo ambiguo e può quindi corrispondere o a una παρθένος, o a un’etera mal disposta all’unione amorosa (cfr. Leo 2015, 165). Dal momento che la seconda strofa del frammento è interamente dedicata alla descrizione della domatura di un cavallo in senso erotico, trovo che propendere per la forma παρθένος consenta di incontrare più coerentemente il topos. In ogni caso, ciò che qui interessa è la descrizione di un contesto naturale erotizzato come il prato, in cui avviene l’aggiogamento amoroso di una fanciulla, espresso tramite immagini appartenenti al repertorio di Eros e Afrodite.
655 L’azione di Eros è spesso presentata sotto forma di gioco e di provocazione, come in Anacr. 13 e 111
G, che propone l’immagine di Eros che lancia una palla (σφαῖρα πορφυρέη) e che gioca a dadi (ἀστράγαλοι). Cfr. Gentili 1958, 187- 189; Calame 2006, 25- 41; Neri 2011, 263- 264.
656 Sapph. fr. 2, 9-11; il testo riportato è quello edito da Campbell 1982, dove appare la congettura ἠρίνοισιν
di Afrodite e alla dolcezza del miele prodotto dall’ape, che vola a sua volta sui fiori del λείμων euripideo657.
Nell’Ippolito, ci troviamo di fronte a un eroe figlio della ἄνασσα ἱππία Ἀμαζών (307) e che è, a sua volta, domatore di cavalli ἱππονώμας (v.1399), ma che rifiuta l’aggiogamento, esito di una corretta pratica dei culti di Afrodite, nonostante appartenga a una classe d’età il cui statuto è definito socialmente proprio dalla sperimentazione dell’eros658. L’atto di πωλοδαμνεῖν rientra, infatti, in una dimensione pedagogica nei
confronti della gioventù e mira a limitarne le forze incontrollate, associate alla selvatichezza dell’infanzia e al domino di Artemide659.
Un esempio della sovversione di questo paradigma sono le Danaidi nelle Supplici di Eschilo che, analogamente a quanto accade nell’Ippolito, si rivolgono Artemide in quanto dea ἄδμητος, affinché storni da loro il giogo di Afrodite, superando così i confini di ciò che è consentito agli uomini660. Le Danaidi si definiscono δαμάλεις, giovenche non aggiogate661, un derivato di δαμάζω, generalmente riferito a un animale di sesso femminile allo stato selvatico e riferibile, quindi, alla condizione di παρθένος.
Nel rifiuto di Ippolito di abbandonare le prerogative dell’adolescenza, risiede dunque la negazione di un suo personale sviluppo come individuo di sesso maschile, socialmente integrato e politicamente legittimato tramite le nozze. Come Iole, o come le Danaidi, come i cacciatori Atalanta e Melanione662, Ippolito finisce per essere
657 Cfr. hHom.Ven III. 2; Hes. Theog. 206. L’etimologia di μειλίχιος è incerta. Secondo Cassola 1991, 567
il rapporto con μελι non è certo; è necessario, però, tenere conto di un’associazione fra l’eros e il miele che i Greci avevano comunque colto, per esempio nel composto γλυκυμείλιχιος del secondo Inno ad Afrodite (h.Hom.Ven. 19), riferito al sorriso della dea.
658 Cfr. cap. 2.2.5 e 2.2.6.
659 Sull’importanza dell’azione di Afrodite nella formazione dei giovani, intesa come sviluppo della
σωφροσύνη cfr. Cfr. Plut. Mor. 13ss; Luc. Am.45. Calame 1992, 130ss e Pironti 2007, 197ss. parlano dell’imposizione del giogo di Afrodite come di un passaggio obbligato per l’integrazione nella comunità politica. Per le attestazioni iconografiche della domatura erotica, cfr. Sourvinonu- Inwood 1987, 131-153.
660 Aesch. Suppl. 1031-1033, μηδ᾽ ὑπ᾽ ἀνάγκας /γάμος ἔλθοι Κυθερείας. Il parallelo fra la condizione delle
Danaidi e quella di Ippolito in relazione agli ἔργα di Afrodite è segnalato da Pironti 2007, 126 ss., che evidenzia il comune raggiungimento di un’età ormai matura (ὥραν ἐχούσας, v. 997), che contrasta però con il rifiuto del γάμος espresso da entrambi.
661 Cfr. Segal 1987, 111, l’analogia è costruita su Aesch. Suppl. 41, 351- 352, dove Io, antenata delle Danaidi
è trasformata in giovenca, πόρτις che può assumere anche il significato di fanciulla, vergine (Lyc.102).
662 Il tratto comune dei miti citati è il rifiuto per le unioni sessuali espresso dai protagonisti. A questi si può
aggiungere il mito delle Pretidi, narrato in Bacchyl. 11.39 (cfr. Costanza 2010, 3-21). La μανία delle Pretidi, ostili alle unioni amorose, è attribuita nelle differenti versioni del mito a Era, a Dioniso o ad Afrodite, cfr. Dowden 1989, 74-79 e il saggio sulle wandering maidens di Montiglio 2005, 18- 19; Atalanta e Melanione, entrambi ostili al γάμος, sono puntiti tramite un rovesciamento di tale condizione: divengono infatti preda
inevitabilmente “aggiogato” alla sventura, ὦ τλῆμον, οἵᾳ συμφορᾷ συνεζύγης (v. 1389), procurata dal tiro dei suoi cavalli:
οὐκέτι συζυγίαν πώλων Ἐνετᾶν ἐπιβάσῃ τὸν ἀμφὶ Λίμνας τρόχον
κατέχων ποδὶ γυμνάδος ἵππου.663
Non salirai più sulla coppia di cavalle Enete, percorrendo la corsa tutt’intorno alla Limna col piede dell’agile cavallo.
La morte di Ippolito era stata inconsapevolmente preannunciata nelle parole dell’eroe stesso, alla fine della preghiera rivolta ad Artemide, non a caso in termini che ricordano il contesto ippodromico: τέλος δὲ κάμψαιμ᾽ ὥσπερ ἠρξάμην βίου (v. 87) “possa io girare intorno alla meta così come ho cominciato la vita”, laddove il τέλος indica il traguardo di uno stadio da corsa. La fine di Ippolito si presenta dunque come un vero e proprio contrappasso, orchestrato in base al suo rifiuto della domatura664. L’abile cacciatore devoto ad Artemide diviene a sua volta preda. Spaventate dal toro marino mandato da Poseidone (vv.1223 ss.), le cavalle di Ippolito perdono la rotta e sbalzano fuori l’eroe in fuga da Trezene. Afrodite, la dea χρυσήνιος “dalle redini dorate”665,
imbriglia Ippolito alla sua stessa pariglia, ἱμᾶσιν ἀρτήσας δέμας (v. 1222), ἱπποδέσμων κολλητῶν (v. 1225), trattenendolo in “un nodo impossibile da sciogliere” ἐμπλακεὶς δεσμὸν δυσεξήνυστον (v.1236) che verrà districato soltanto con la morte dell’eroe,
di una irrefrenabile passione in un luogo sacro e, per questo, incorrono nella punizione divina, (Theog.1288; Plut.Prov 44.2) cfr. Zeitlin 1985, 278.
663 Eur. Hipp. 1133- 1135.
664 La stessa Artemide, a fine tragedia, userà l’espressione συμφορᾷ συνεζύγης (v. 1389) “sei stato
aggiogato al disastro”, guardando Ippolito morente. Zeitlin 1985, 278 sottolinea che, nel mito greco, le punizioni divine si misurano sempre sull’entità della colpa commessa; rifiutare l’eros significa incorrere in amori illeciti, sfrenati, di impossibile concretizzazione. Su τέλος come meta di una corsa di cavalli cfr. Barrett 1964, 175- 176 e Nagy 2013, 544. Le parole di Ippolito mostrano il desiderio dell’eroe di mantenere un carattere completamente inalterato lungo tutto l’arco della vita. L’espressione risulta, perciò, oltre che premonitrice dell’esito tragico, anche indicativa di una sostanziale immutabilità della condizione di Ippolito durante l’arco della sua esistenza (cfr. Dunn 1996, 87ss). Solo nella morte, infatti, l’eroe troverà un’alterazione del suo status tramite la fondazione del suo culto.
finalmente liberato dai vincoli, ἐκ δεσμῶν λυθεὶς (v.1245), una condizione necessaria al suo assorbimento nel paradigma religioso cittadino666.
Oltre che prerogative di Eros, che è per eccellenza il λυσιμελής, legare e slegare sono dinamiche proprie di tutti i componenti del corteggio di Afrodite667. Il patimento amoroso di Fedra, la sua morte e quella di Ippolito sono connessi attraverso metafore che rimandano alla dinamica del “legare” e “slegare”, volta a rappresentare l’azione inarrestabile di Afrodite ed Eros sulle loro vittime mortali; nella parodo Fedra aveva “l’anima legata dalle sofferenze” ὑπὲρ παθέων δέδεται ψυχά (vv.158- 159); la morte di Fedra, che precede quella di Ippolito, è causata da un laccio, βρόχος (v. 779) da cui la regina pende ἠρτημένη (v. 779), proprio come Ippolito è ἀρτήσας, “appeso, incastrato” alle redini della sua pariglia, ἱπποδέσμων668.
Il medesimo senso è da riconoscersi nell’epiteto attribuito alle Cariti, dette συζύγιαι, per il loro ruolo nell’aggiogamento in amore, percepito come cattura, legatura di una preda recalcitrante:
ἰὼ ἰώ:
συζύγιαι Χάριτες, τί τὸν τάλαν᾽ ἐκ πατρίας γᾶς οὐδὲν ἄτας αἴτιον
πέμπετε τῶνδ᾽ ἀπ᾽ οἴκων; 669
Ahi, ahi! Oh, Cariti che avete il potere di aggiogare670, perché scacciate questo
sventurato senza colpa dalla terra patria e da queste case?
666 Cfr. Zeitlin 1985, 231: Hippolytos has refused to cross the boundaries between child and adult, thereby
also transgressing the line of temporality that divides human from divine…Subject to the constraining bonds placed on the untouched and untouching body, he will be released only in death.
667 Eros λυσιμελής è “colui che scioglie le membra”, cfr. Hes. Theog. 911, Archil.fr.118; Alcm.3. 61. Eros
condivide questo epiteto con ὕπνος e θάνατος, il sonno e la morte (Il. 4.469; 22. 335; Od.20. 57; Eur.
Suppl.47). Sul rapporto fra Eros, la morte e il sonno nelle teogonie orfiche, cfr. Calame 1992, 155 ss.
668 Zeitlin 1985, 225ss. ha dedicato particolare attenzione alle metafore che esprimono l’idea di “legare” e
“sciogliere” dell’Ippolito. Sia Fedra che Ippolito sono “legati” da Cipride e trovano una liberazione solo nella morte. La fine si presenta per entrambi sotto forma di un nodo, per Fedra il βρόχος, per Ippolito le briglie, che sarà infine sciolto.
669 Eur. Hipp. 1147- 1150.
670Scelgo di tradurre la forma all’attivo (cfr. Bushala 1969, 23- 29), per far emergere il nesso con la sfera
cultuale di Afrodite. Le Cariti sono infatti πάρεδροι della dea, insieme a Peithò, Himeros ed Eros e agiscono instillando il desiderio amoroso (Hes.Theog.907ss.). Barrett 1964, 378 traduce συζύγιαι come linked in
loving embraces, privilegiando un significato desunto dalla tendenza della scultura classica a rappresentare
le Cariti in gruppo e mai singolarmente, mentre si tengono per mano. Tuttavia, considerato il contesto dei vv. 1147- 1150 e cioè un inno al potere di Afrodite ed Eros che nell’Ippolito si traduce chiaramente nell’immagine del vincolo, del laccio, mi sembra opportuno dare a συζύγιαι una sfumatura che si avvicini
Il coro esprime qui meraviglia riguardo alle sofferenze di un eroe considerato innocente, per lo meno stando al piano dell’azione umana. Teseo ha esiliato Ippolito ingiustamente, dopo aver dato credito alle parole lasciate da Fedra su una tavoletta671. La colpa dell’eroe non è infatti riscontrabile nelle dinamiche agite e osservate dai personaggi, dal momento che costui non ha effettivamente commesso alcuna ἀδικία nei confronti di Teseo, o di Fedra. Ippolito è però colpevole sul piano delle norme vigenti nel rapporto fra dei e uomini. L’aggiogamento dell’eroe è, così, attribuito all’intervento delle Cariti, compagne di Afrodite672 ed è espresso attraverso un termine appartenente alla sfera semantica della domatura animale (συζύγιαι, v. 1148), posta in relazione con lo statuto di παρθένος e con il rifiuto del suo superamento.
Vale la pena soffermarsi su alcuni aspetti propri delle Cariti, per ampliare il quadro relativo al ruolo degli spazi naturali nella pratica religiosa e per identificare il tipo di retroterra mitico-cultuale che la menzione delle compagne di Afrodite attivava negli spettatori dell’Ippolito. La χάρις, intesa come insieme delle qualità estetiche che producono la bellezza, ha in sé delle sfumature spiccatamente erotiche, che giustificano l’appartenenza delle Cariti alla sfera di Afrodite. Nell’epica il loro ruolo appare già consolidato, dal momento che si occupano della κόσμησις di Afrodite prima dei suoi amplessi con Ares e Anchise, svolgendo quindi una funzione attiva nella preparazione all’eros673.
Nonostante non si vi siano amplissimi riscontri del loro trattamento cultuale e di una loro diretta associazione con la dea, l’antichità del culto delle Cariti di Orcomeno in Beozia, dove erano venerate sotto forma di tre pietre cadute dal cielo, costituisce uno degli indizi più chiari riguardo alle prerogative di queste divinità674. L’Olimpica 14 di
maggiormente alla nozione di “aggiogamento”, inteso come atto preliminare dell’unione sessuale e al matrimonio.
671 Eur. Hipp. 857, 879- 880, 1058.
672 In Il.5.338, le Cariti tessono il peplo di Afrofite; Od.8. 364-366, 18.194 lavano, vestono la dea e danzano
con lei. Pindaro le invoca insieme a Cipride nel Fr. 90 e canta poi il giardino di Afrodite e delle Cariti (Pyth. 6. 1-2, Ἀφροδίτας ἄρουραν Χαρίτων); frequentissime le associazioni con la dea anche nel teatro come riporta Bushala 1969, 25 n.7.
673 Od. 8,266-366; hHom.Ven. 58-63; in Hes.Op.65, 73 Afrodite dona a Pandora la χάρις, mentre le stesse
Cariti la adornano con oggetti dorati per accrescerne la bellezza e il potenziale seduttivo.
674 Per una discussione sulle fonti letterarie e iconografiche sulle Cariti cfr. Breitenberger 2007, 106 ss. Sul
Pindaro, dedicata alla vittoria dell’atleta beota Asopico, contiene un’invocazione alle βασίλειαι Χάριτες ’Ερχομενοῦ (v.3)675, che vengono descritte come divinità delle acque
del Cefiso, Καϕισίων ὑδάτων λαχοῖσαι (v. 1) e poste in relazione con lo spazio naturale e la presenza dei cavalli: αἵτε ναίετε καλλίπωλον ἕδραν (v.2). La Beozia, e specialmente la città di Orcomeno. era nota per la sua potente cavalleria, per cui l’hapax καλλίπωλον può assumere una sfumatura di carattere puramente celebrativo nei confronti delle glorie cittadine676; tuttavia, sembra opportuno ripensare l’epiteto καλλίπωλον alla luce del ruolo ricoperto dalle Cariti in contesto erotico, nel momento della preparazione alla μίξις, avendo già osservato il ruolo di συζύγιαι che queste dee ricoprono nell’Ippolito. Le Cariti sono infatti legate a quel tipo di femminilità inquadrabile nel momento di transizione all’età adulta, un momento in cui la desiderabilità della fanciulla agli occhi maschili diventa la componente essenziale per l’effettuazione del passaggio, tramite le nozze. Le Cariti vengono inoltre associate ai corsi d’acqua e al fertile rigoglio di alcuni ambienti naturali erotizzati677, come si evince dall’Inno ad Apollo, in cui le dee danzano insieme con Hebe e Afrodite, divinità di riferimento della prima giovinezza, sia maschile che femminile e fortemente coinvolte nel processo di raggiungimento dell’età adulta. Inoltre, le Cariti descritte nell’Inno protendono le mani verso frutti maturi (ἐπὶ καρπῷ χεῖρας ἔχουσαι, v.196) che, come abbiamo avuto modo di osservare, rappresentano uno degli elementi essenziali presenti nei κῆποι di Afrodite678 e rimandano a un immaginario erotico diffuso a partire dalla rappresentazione dello ἱερός γάμος, nel Giardino delle Esperidi. La presenza di un immaginario consolidato già dall’esperienza epica rende le Cariti, insieme con le ninfe, divinità emblematiche di una fase centrale del processo antropopoietico femminile, quella che K. Dowden definisce the apotheosis of
marriageable girls at the peak of beauty and desirability679.
pietre cadute dal cielo al re Eteocle, figlio di Cefiso (e non di Edipo), è narrato in Theocr. 16. 104ss., Paus. 9.38.1 e Strab. 9.2.40.
675 La formula è quella tipica dell’inno cletico, κλῦτ’, ἐπεὶ εὔχομαι (v. 5), cfr. Aubriot- Sevin 1992, 199ss. 676 Cfr. Gentili, Catenacci, et.al 2013, 614- 615 (in Gentili et.al.). La prosperità di Orcomeno era oggetto
di canto a partire da Il. 9.381.
677 Cfr. Schachter 1981, 141 cita la testimonianza di Eforo (FGrHist. 70 F152), riguardante il rapporto fra
le Cariti, le sorgenti e i luoghi verdeggianti ed erbosi.
678 Cfr. Sapph. 2 e 105; Ibyc. 5, cfr. par. 3.1.1.
679 Cfr. Dowden 1992, 126. In hHom.Ven. 95ss., emerge la vicinanza esistente fra Cariti e ninfe: Anchise
si chiede se Afrodite, vestita da παρθένος, fosse ἤ πού τις Χαρίτων/… ἤ τις Νυμφάων. L’associazione con lo status intermedio fra la παρθένος e la νύμφη deriva anche dal fatto che le Cariti sono le uniche, nel
Nell’Ippolito, la metafora della domatura, richiamata dal riferimento alle Cariti “che aggiogano” rientra nel novero dei riferimenti a un contesto naturale e animale dotato di significati tradizionali, orientati verso un immaginario erotico, che può essere percepito sia tramite allusioni direttamente presenti nel testo, come la menzione delle Χάριτες συζύγιαι, o che rimane sullo sfondo del linguaggio drammatico, come accade per la μέλισσα ἠρινή, ma che influenza la lettura degli eventi e dei personaggi, da parte degli spettatori.