Capitolo 2. Ippolito nel dominio di Artemide
2.6. Il percorso iniziatico di Ippolito e la memoria delle imprese di Teseo
2.6.2. Skiron
Teseo aveva nominato Sinis per opporre il suo paradigma eroico all’ἀπραγμοσύνη471 di Ippolito. La memoria delle imprese giovanili, che costituivano il
presupposto per l’acquisizione dello statuto di eroe e poi della regalità, viene ulteriormente ampliata da Teseo con il riferimento al mostruoso Skiron. Costui era solito
esistente, Teseo chiama Ippolito “cacciatore vegetariano” (v. 952), delegittimandone la principale attività e dice del figlio, al momento dell’esilio: καὶ πρός γ᾽ ἐξελῶ σφε τῆσδε γῆς, lo estirperò da questa terra, utilizzando ancora una volta ἐξαίρω ed evocando le sue imprese eroiche giovanili.
471 Sul concetto di ἀπραγμοσύνη cfr. Demont 20092, 14 e 152 ss: il temine appartiene al contesto dell’Atene
democratica e indica il rifiuto di immischiarsi nei processi e nelle faccende politiche. Al contrario, la πολυπραγμοσύνη è associata alla continua necessità di apparire nei tribunali, come nel caso dei sicofanti (Lys. 1. 16; il πολυπράγμων è un tipo comico frequente Ar. Pax.191; Av. 1423). Ippolito è presentato come un ἀπράγμων contraddistinto da caratteristiche negative nell’Atene periclea, come la μαλακία, la debolezza del carattere (Thuc. 2. 61.4 e 63.2) e la ῥᾳθυμία, la pigrizia e il disinteresse (Lys. 10.11), cfr. Carter 1986, 52 ss.
far precipitare giù da una rupe i viandanti472; la lotta contro Skiron è nota agli Ateniesi dalle rappresentazioni vascolari473 e da alcuni luoghi geografici, come la scogliera situata
sulla via fra Trezene e Megara474, citata da Teseo nei versi riportati sotto:
οὐδ᾽ αἱ θαλάσσῃ σύννομοι Σκιρωνίδες
φήσουσι πέτραι τοῖς κακοῖς μ᾽ εἶναι βαρύν475.
E le rocce Scironidi, tenute insieme dal mare, non diranno che sono severo con i malvagi.
Lo stesso luogo è menzionato, poco più avanti, dal messaggero che descrive il luogo in cui la fuga di Ippolito viene interrotta dall’emersione del toro di Poseidone, dalle acque del Golfo Saronico:
ἐπεὶ δ᾽ ἔρημον χῶρον εἰσεβάλλομεν, ἀκτή τις ἔστι τοὐπέκεινα τῆσδε γῆς πρὸς πόντον ἤδη κειμένη Σαρωνικόν. […] ἐς δ᾽ ἁλιρρόθους ἀκτὰς ἀποβλέψαντες ἱερὸν εἴδομεν κῦμ᾽ οὐρανῷ στηρίζον, ὥστ᾽ ἀφῃρέθη Σκίρωνος ἀκτὰς ὄμμα τοὐμὸν εἰσορᾶν,
472 Bacc. 18. 24-25 costituisce la testimonianza più antica; Plat. Thaet. 169a-b; Plut. Thes. 10; Skiron
compare poi in Paus. 1.44.6 che parla della strada in direzione di Megara, chiamata σκιρωνίς ὁδός in memoria dell’impresa di Teseo; Diod. 4.59.4.
473 L’episodio di Skiron nella produzione ceramica attica è presente dalla fine del VI sec. a.C., cfr. Brommer
1982, 14-18. Sul Ceramico cfr. Musti, Beschi 2000, 267: si tratta di un “secondo” Ceramico, così chiamato da Pausania (1.3.1; schol. Plat. Parm. 127), che in periodo classico era consierata parte dell’agorà. Qui era situato un Ceramico più antico, in corrispondenza della vecchia agorà di Teseo. La topografia dei luoghi pubblici connessi alla leggenda di Teseo conferma la diffusione dei filoni mitici delle imprese giovanili dell’eroe, che facevano parte del patrimonio di conoscenze comuni agli spettatori del teatro di Dioniso.
474 Plut. Thes.10.1., informa che, nella versione megarese del mito, il brigante Skiron è invece una figura
positiva. Alla base della versione ateniese c’è l’ostilità fra Atene e Megara, risalente all’epoca pisistratea, (cfr. Thuc. 1.70; Ampolo, Manfredini 1988, 208); le diverse connotazioni politiche imposte nel tempo alla figura di Teseo, incidono anche sul trattamento dei personaggi mitici che accompagnano l’eroe (cfr. Piccirilli 1975, 103; la versione megarese, fa di Skiron un consanguineo di Teseo, in quanto anch’egli nipote di Pitteo, per spiegare l’istituzione degli agoni Istimici in onore di Poseidone, come atto purificatore per l’uccisione di un consanguineo (Piccirilli, 1975, 101- 102); la versione ateniese (Plut. Thes, 10. 5.) fa di Skiron un parente di Eaco, Telamone e Peleo, facendolo rientrare nelle genealogie di Salamina ed Egina, quindi nell’orbita dell’impero Ateniese (cfr. Pritchard 2010, 7-9).
ἔκρυπτε δ᾽ Ἰσθμὸν καὶ πέτραν Ἀσκληπιοῦ476.
Poi entravamo in un luogo deserto: una baia oltre questa terra, protesa lungo il mare Saronico […] Guardando verso la spiaggia battuta dai vortici del mare, vedemmo un’onda divina elevarsi fino al cielo, cosicché ai nostri occhi fu impedito di vedere la spiaggia di Skiron e coprì l’Istmo e lo scoglio di Asclepio.
Questi versi aggiungono un dettaglio importante alla descrizione del contesto in cui Skiron è menzionato. Il messaggero specifica, infatti, la conformazione geografica del luogo in cui sorgono le Σκίρωνοςἀκταί, definendolo ἔρημον χῶρον (1199). La radice di nomi come Skiron o Skiros indica, non a caso, una roccia calcarea simile al gesso, o si riferisce ad aree limacciose e impraticabili, generalmente isolate e soprattutto non coltivabili477.
La posizione dei santuari extraurbani è strettamente legata all’attività agraricola, poiché i luoghi sacri segnano i confini dell’area coltivabile di una polis. Il carattere liminare di un santuario di frontiera acquisisce, dunque, un valore simbolico che mette in comunicazione ciò che è umanizzato e interno alla città, con ciò che è esterno e selvatico478.
Il contesto della fuga di Ippolito si configura, quindi, come un’ἐσχατιά, un territorio scarsamente abitato, in cui le attività umane sono rare e che è soprattutto esterno allo spazio cittadino479. Gli spazi descritti nell’Ippolito possono, così, essere messi in relazione alle aree in cui gli efebi d’età storica trascorrevano il loro periodo di esclusione
476 Eur. Hipp. 1198- 1200 e 1205- 1209.
477 Sul significato di σκίρος, Σ Ar. Vesp. 926, in cui si trova γῆ σκιρρας; Suda s.vv. σκίρος e σκίρον. Cfr.
Chantraine 19992 s.v. σκίρος: il significato è quello di roccia chiara, dura e calcarea. La parola σκίρος
presenta anche un’altra etimologia, dipendente da σκιά “ombra”, sulla quale discute Calame 20182, 340ss:
lo studioso vede un collegamento con lo skiàdeion, il parasole rituale usato in occasione delle Scire, di cui si parlerà poco più avanti. Beekes 2010, s.v. σκίρον mostra come il senso di “calloso, duro, compatto” sia stato poi esteso al lessico della medicina, mantenendo il suo senso originario relativo alla qualità della roccia. Ellinger 1993, 76 ha evidenziato come σκίρον, in contesto attico-megarese indicasse senza distinzione il gesso (γύψος) e la calce (τίτανος), ponendo particolare attenzione al tipo di paesaggio denominato a partire da questa radice, in genere paludi e aree fangose.
478 Cfr. De Polignac 1984, 42-49.
479 Sull’ἐσχατιά come spazio dell’efebia cfr. 2.2. e 2.2.1. Vidal-Naquet 1988, 98 ss. sostiene che gli efebi
trascorressero il loro periodo di latenza in completo isolamento; contra cfr. Polinskaja 2003, 91 ss., la quale, basandosi su recenti ritrovamenti archeologici, ha confermato che i territori identificati con l’ἐσχατιά corrispondono in realtà a insediamenti e ospitano comunità periferiche con cui gli efebi entravano in contatto.
dal centro abitato. Il bando di Teseo prevedeva infatti l’allontanamento non soltanto da Trezene e da Atene, ma da tutte le terre che componevano il suo regno:
ἔξερρε γαίας τῆσδ᾽ ὅσον τάχος φυγάς καὶ μήτ᾽ Ἀθήνας τὰς θεοδμήτους μόλῃς μήτ᾽ εἰς ὅρους γῆς ἧς ἐμὸν κρατεῖ δόρυ.480
Vattene al più presto in esilio da questa terra e bada di non recarti ad Atene costruita dagli dei, né entro i confini della terra su cui ha potere la mia lancia.
Come egli stesso realizza, Ippolito è destinato a non trovare accoglienza in nessuna terra e a vagare come esule lontano dalla patria, a causa della gravità dell’accusa:
IΠ. ποῖ δῆθ᾽ ὁ τλήμων τρέψομαι; τίνος ξένων δόμους ἔσειμι, τῇδ᾽ ἐπ᾽ αἰτίᾳ φυγών;
ΘΗ. ὅστις γυναικῶν λυμεῶνας ἥδεται ξένους κομίζων καὶ ξυνοικούρους κακῶν.481
I. Dove mi volgerò, io sciagurato? Alle case di quale straniero andrò, fuggendo per una tale accusa? T. Presso chiunque abbia piacere di ospitare corruttori di donne e compagni di azioni turpi.
Ippolito è dunque confinato in un ἔρημον χῶρον (1199) isolato, selvatico ed esterno all’abitato. Questo genere di ambiente corrisponde al dominio di pertinenza di Artemide; non si deve infatti dimenticare che lo spazio della fuga di Ippolito coincide con la costa del Golfo Saronico dove sorgeva il santuario di Artemide ἐν λίμναις, dea “degli acquitrini” 482. Oltre ai boschi e alle aree montane, alla dea erano sacre le paludi e i territori
compresi fra corsi d’acqua, o situati sulla riva del mare, come appunto la fascia costiera
480Eur. Hipp.973- 975. 481 Eur. Hipp. 1066- 1069.
482 Cfr. 1.2. e 2.1. La dea era anche nota con l’epiteto di λιμνᾶτις, in contesto lacedemone e aveva sede
presso la riva del mare, uno spazio dove i confini non sono perfettamente marcati, o abitava regioni dell’interno, in cui lo straripamento dei fiumi creava spazi isolati dal resto del territorio. Cfr. Frontisi- Ducoux 1981, 29-56; su Artemide come dea degli spazi selvatici extrapoleici cfr. Petrovič 2010, 209 ss; sull’archeologia dei culti, cfr. Léger 2017, 51 ss.
indicata, nei versi citati all’inizio di questo paragrafo, come ἀκτή κειμένη πρὸς πόντον Σαρωνικόν (v. 1200)483.
Nell’ Ippolito, l’aspetto di Artemide come Dittinna e Potnia Theron484, cioè
protettrice della natura selvaggia e degli animali, si interseca con la prerogativa di dea κουροτρόφος, che presiede al passaggio dall’adolescenza all’età adulta. L’ambiente naturale è, in tal caso, lo specchio di questa transizione. Vernant ha isolato la nozione che collega gli spazi sacri di Artemide, cioè aree di confine “dove selvaggio e civilizzato sono l’uno accanto all’altro” 485, e lo status liminare riservato ai giovani nel passaggio
dall’adolescenza all’età adulta. Sia nel caso del concetto di liminarità relativa a uno spazio incolto, sia nel caso del passaggio d’età, l’idea che fa da sfondo alla pratica del culto è quella di transizione e incompiutezza486.
Nel dramma è in gioco proprio questa forma di pensiero, che emerge con particolare chiarezza nella parte della tragedia, che segue l’esilio. Qui, il protagonista sperimenta fisicamente le tappe di un percorso iniziatico che comporta prima l’allontanamento e poi la reintegrazione in seno alla città, sancita dalla fondazione del culto a lui dedicato. Menzionare le rocce Scironidi durante l’esilio di Ippolito e rievocare, così, un’impresa di Teseo-efebo ai danni di Skiron, aggiunge un’ulteriore sfumatura iniziatica alla vicenda di Ippolito e sembra proporre all’uditorio due personaggi affini che si muovono nello stesso spazio naturale e condividono l’appartenenza alla stessa classe d’età, ma risultano distanti per quanto riguarda l’esito del passaggio.
483 Il nome deriva da Sarone, una sorta di alter ego di Ippolito nella mitologia Trezenia (cfr. 1.2.), che aveva
un rapporto privilegiato con l’Artemide delle paludi e diede il nome al mare che separa Atene e Trezene. Nel mito di Sarone, l’aspetto selvaggio e vendicativo di Artemide-Dittinna è evidente nella punizione che la dea al cacciatore che aveva oltrepassato i limiti consentiti ai mortali nel rapporto con gli dei (cfr. Calame 2011, 294). L’analogia con il mito di Ippolito è palese e la funzione che questo rimando assume, nei versi citati, forse quella di anticipare l’esito tragico che spetta al protagonista (cfr. Barrett 1964, 385).
484 Per questi epiteti cfr. 2.1., in cui si è parlato delle differenti aree di pertinenza di Artemide. 485 Cfr Vernant 1987, 21- 25.
2.7. Skiron-Skiras: rimandi al contesto rituale delle Oscoforie