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16 Zhīshi qīngnián 知识青年 (giovane istruito)

Nel documento … O RIENTE ,O CCIDENTEEDINTORNI (pagine 158-168)

16 Zhīshi qīngnián 知识青年 (giovane istruito).

17 诗人, poeta.

18 Bei, 2003, p. 14.

19 La rivista “non-ufficiale” (minkan, 民刊) fondata da Bei Dao e Mang Ke nel 1978, intorno alla quale si riunivano i poeti menglong.

20 Per questa generazione di giovani nati e vissuti in una società che condannava ogni manifestazione soggettiva al di là della massa, la scoperta di se stessi in quanto individui fu un evento fondamentale.

21 In realtà, allora si definiva “modernista” tutto ciò che si discostava dal realismo socialista.

Evanescenze d’esilio 1651 di regime, il linguaggio dei discorsi ufficiali ne era stravolto e la poesia menglong diveniva “anche” politica – di opposizione politica – proprio in virtù di questa sua manifesta “a-politicità”.23

La pratica quotidiana dei poeti menglong fu una vera e propria fankang 反抗 (ribellione, opposizione) pertanto, nell’idealismo giovanile di Yang Lian, l’attività letteraria conserva la missione storica che l’ha caratterizzata per gran parte del XX secolo: creare una nuova Cina. Già a ventitre anni, il poeta dà il via alla costruzione di un paesaggio del passato cinese che utilizzerà per accostarsi all’avvenire del proprio paese, ma anche e soprattutto per condurre un’attenta analisi di se stesso e dei propri malesseri. Questo paesaggio, costante sfondo dei suoi versi, ne diviene man mano uno dei protagonisti principali. L’altro protagonista è il poeta stesso, sia come uomo intento a riscoprire la propria identità soggettiva, sia in quanto eroico cantore della propria civiltà.

Il poeta-eroe solitario, che vagava in un paesaggio desolato, fu un elemento caratterizzante della poesia menglong. Tuttavia l’eroismo dei versi di Yang Lian si differenziava da quello di altri poeti, poiché non si dispiegava tanto nello scetticismo provocatorio verso il passato ed il presente quanto nella rievocazione di una cultura sopita, che sarebbe risorta attraverso la nuova poesia. Per Yang Lian, il “caso cinese” non è mai stato solo un caso politico ma un “caso culturale”. Già prima che l’intero paese iniziasse ad interrogarsi sulle cause delle tragedie degli ultimi anni,24 Yang Lian non si sentiva solo una vittima della Rivoluzione Culturale ma uno dei carnefici. Ciò è particolarmente significativo se ricordiamo che l’autore – classe ’55 – fu guardia rossa solo quando i primi, clamorosi anni della Rivoluzione Culturale erano già trascorsi; quindi non fu un “carnefice” in senso letterale, come invece accadde ad altri poeti menglong. Probabilmente anche per questo l’indignato poeta che gridava “te lo dico mondo, io non credo!”25 non rappresentava appieno lo spirito del poeta-eroe di Yang Lian. Si potrebbe dire che l’autore, già all’inizio degli anni ’80, avesse l’esigenza soggettiva di dare delle prospettive a se stesso ed alla Cina intera. Per questo portò alla ribalta un eroe “epico”, che realizzasse l’impresa titanica di salvare un’intera civiltà con la propria poesia. L’eroismo di altri si dispiegava nel ribadire il proprio no agli -ismi, l’eroismo di Yang Lian, un poeta nato dalla “notte nera” che non gli aveva dato altro che “occhi neri”, non stava tanto nello scacciare la notte, quanto nel superarla, usando quegli stessi occhi neri ch’essa gli aveva lasciato per “cercare la luce”.26

Ecco dunque l’eroe di Yang Lian che, quando “il vecchio secolo scopre la fronte/ e scuote le spalle ferite”,27 urla al mondo, “Io credo, ciò è stato creato per me”.28

La ricerca, in questo autore, non è uno dei tanti motivi dell’immaginario

23 Goodman, 1981.

24 Fu un periodo di grande fansi 反思 (riflessione su ciò che si ha alle spalle), che preparò l’avvento della

wenhuare 文化热 (febbre culturale) della metà degli anni ’80.

25 Bei Dao, Huida 回答 (“Risposta”). In Bei, 2003, pp. 12-13.

26 Qui parafraso Gu Cheng, Yi dairen 一代人, (“Una Generazione”): “La notte nera mi ha dato occhi neri,/ma li uso per cercare la luce.” ivi, pp. 73-74.

27 Yang Lian, 1981: Shi de chazun 诗的察尊 (“Omaggio alla poesia”), ivi, pp. 56-59.

individuale, ma la sua stessa ragion d’essere. Il poeta vive e crea la propria arte “perseguendo affannosamente”29 qualcosa in cui credere,30 ricercando quella “debole stella intempestiva”, speranza ritrovata tra le “rovine” della civiltà cinese”.31 Se però il futuro va ricercato nel passato, ciò non è per “restaurare l’antico”32 della cultura ufficiale, bensì per abbracciare quell’insieme di pratiche, credenze ed arti che la volontà ufficiale non è mai riuscita ad inglobare o cancellare del tutto. Il poeta si accinge a “penetrare la terra [cinese] con la mano per toccare la morte”,33 per lasciarsi avvampare da quel “magma”34 culturale, sopito sotto la superficie, che in tanti tentarono di riportare alla luce nella Cina degli anni ’80.

Nel settembre del 1983 appare per la prima volta Chuantong yu women 传统与我 们, “La tradizione con noi”,35 un breve articolo che condensa le opinioni di Yang Lian sulla tradizione cinese ed una chiara descrizione della sua idea di identità culturale, oggi fondamentalmente invariata. Yang Lian ha sempre avuto una percezione molto poco idealizzata dell’identità, ha sempre chiaramente percepito l’estrema variabilità dei suoi confini. Per Yang, l’identità e la cultura d’origine non possono essere considerate delle maledizioni imposte dal fato, né tantomeno il tempio in cui trovare rifugio dal trambusto del mondo contemporaneo, esse sono delle realtà da rielaborare, individualmente e collettivamente, giorno dopo giorno. Ecco dunque che il ritorno al passato ed i viaggi nelle aree più remote del territorio della R.P.C., la scoperta delle usanze delle culture minoritarie, l’interesse per la più antica cosmogonia e cosmologia cinese, si dispiegano come i punti di partenza di un viaggio alla scoperta di se stesso e delle proprie origini. In questo scenario, l’attività artistica si muove in un dialogo continuo tra gli “elementi intrinseci” che caratterizzano la civiltà cinese, e le “entità individuali”,36 gli stili e le forme artistiche attraverso cui, all’interno della stessa tradizione, i singoli maestri si sono ricavati una propria individualità. Poiché per Yang Lian nessuno può pretendere di essere “a prescindere” dalla propria tradizione, dalla struttura psicologica, dai peculiari modi di sentire, pensare ed esprimersi37 che indicano l’affinità con una certa cultura piuttosto che con un’altra. La vocazione quasi antropologica che lo porta nelle regioni più remote, come nel cuore della “terra gialla”, regala un immenso patrimonio al suo mondo spirituale e letterario, che si è sedimentato, strato dopo strato, nel suo stesso essere

Tutte quelle distanze erano le distanze interne, tutti quei viaggi erano i viaggi interiori, che stavano rendendo più grande e più ricco il mio mondo letterario e spirituale.38

29 “痛苦地追求 tongkude zhuiqiu”. Yang, 1985, a, p. 146.

30 Yip, 1985, pp. 122-123.

31 Yang Lian, Dansheng 诞生 (“Nascita”), in Pozzana – Russo, 1996, pp. 48-51.

32 Yang, 1999.

33 “Ba shou shenjin tu 把手伸进土”, Yang, 2002, pp. 104-105.

34 Han, 1985.

35 Yang, 1983, b.

36 Ibidem.

37 Ibidem.

Evanescenze d’esilio 1653 Talvolta però, il poeta pare avere un atteggiamento ambivalente, pur se intento nella riscoperta di sé e nella sperimentazione formale, sembra parallelamente incapace di distaccarsi del tutto dal contesto in cui vive. Quella che sembra, tuttavia, una dolorosa inquietudine simile a quella che Xia definì “obsession with China”,39 riferendosi ai giovani del Quattro Maggio, è in realtà la scoperta del varco verso le speranze ed i punti di riferimento che mancavano. L’ambivalenza è solo apparente; partendo sempre dall’introspezione soggettiva, il poeta si muove immancabilmente verso l’approfondimento del mondo esterno di cui è parte. Già negli anni ’80, perciò, l’individuo diventa per Yang Lian il punto di partenza e di arrivo della sua ricerca personale. Non a caso un altro elemento fondamentale nella formazione del poeta è la lettura di traduzioni, non solo degli autori modernisti (in primis Pound – il suo preferito – ed Eliot), ma soprattutto di Nietzsche. L’autore fa proprio un immenso patrimonio culturale estremamente ibrido e dà vita ad una poesia che combini all’interesse per le teorie poetiche del modernismo occidentale i risultati delle sue ricerche sulla cultura cinese. Parallelamente la scrittura poetica diventa, in modo risolutivo, meditazione ed auto-analisi. Da allora Yang compone versi vitali ed originali, che celebrano l’ascesa dell’Io (我, wo)

Io sono il dio delle cascate Io sono il dio dei monti innevati

Imponente e vigoroso domino la nuova luna […].40

L’individualismo impetuoso di questi versi testimonia la vitalità prorompente di un “Io” primordiale ritrovato e, celebrando l’irresistibile potere creativo dell’uomo, richiama alla memoria le prime poesie del vulcanico Guo Moruo di Tian

gou 天狗.41 Non potrebbe essere altrimenti, dato che ora Yang rivela chiaramente la propria “modernità non modernista”. Per lui la caduta degli idoli di un tempo rimane radicata nel territorio cinese: è la cinesità (o “sinicità”, zhongguoxing 中国姓) ad essere in crisi, non l’uomo del XX secolo. La speranza dell’autore nasce dalla ricerca di un nuovo modo di essere cinesi e moderni, dalla convinzione che, nella realizzazione di tale scopo, la scrittura e la riscoperta dell’individualità giochino un ruolo fondamentale. Il poeta-eroe di un tempo si trasforma in una sorta di sciamano ed le sue poesie iniziano a perdere ogni connotazione spazio-temporale, per mutarsi in veri e propri viaggi estatici.

Emblema e realizzazione di questa visione poetica è il poema Yi . Composto nella seconda metà degli anni‘80, esso ha accompagnato l’autore fino all’inizio degli anni ’90. In Yi un forte individualismo si fonde con il sistema simbolico dello Yijing 易经, la tradizione trascendentale taoista e buddhista, la concezione poetica della natura ed alcune forme di pensiero che Yang Lian considera basilari, come l’illuminazione (wù 悟) e l’immobilità (jìng 静). Questi elementi s’integreranno con la regolamentazione poetica classica in una teoria della poesia estremamente moderna.

39 L’ossessiva preoccupazione degli intellettuali del Quattro Maggio per le sorti della Cina (Xia, 1961).

40 Norlang. Yang, 1985, b, pp. 154, 159.

Yi rispecchia una concezione poundiana dell’epica, un lungo poema contenente

la storia. Quasi un secolo fa furono proprio l’atemporalità ed l’aspazialità poetica cinesi ad ispirare l’imagismo di Ezra Pound.42 Per il poeta americano l’epica contemporanea doveva evocare l’uomo in generale e, quindi, la molteplicità delle culture e delle produzioni umane dalle origini fino al XX secolo. Per Yang Lian, così come per Pound, ciò che noi percepiamo come un’evoluzione storica lineare è solo lo strato più superficiale della realtà, al di là del quale esiste un mondo estremamente dinamico in cui corpo e spirito, passato e presente, fluiscono in continui scambi. La poesia ha il potere di evocare questo flusso; di conseguenza, nonostante i propri limiti, che sono i limiti stessi della lingua, può riferirsi a categorie di pensiero che vanno oltre l’asettica percezione causa-effetto, in uno spazio intellettuale “pluridimensionale”. La poesia, pertanto, è una nuova dimensione cognitiva.43

Il tono mistico del poema non è casuale, esso narra di un viaggio verso la consapevolezza di sé, pertanto ricorda lo sciamanesimo arcaico cui si ispiravano i testi fondamentali del taoismo. È soprattutto alla tradizione meditativa della

neiguan 内观 (alchimia interiore) che il poema sembra riferirsi. La neiguan sfruttava

l’antica metafora secondo cui il corpo dell’uomo era fatto ad immagine di un paese – il paese interiore, onde guidare visivamente la meditazione degli adepti. Collegandosi ad un sistema di corrispondenze tra il pantheon interno al corpo umano, il Pantheon Terrestre ed il Pantheon Celeste, l’alchimia interiore guidava l’adepto alla scoperta di paesaggi e personaggi che avevano una corrispondenza diretta con le energie cosmiche e le loro leggi dinamiche. La neiguan spesso utilizzava anche delle mappe (tu, 图), vere e proprie rappresentazioni grafiche della genesi del mondo. Yi può essere paragonato proprio ad una di queste mappe, in esso si dispiega la genesi dell’universo così come viene percepita dall’autore durante il proprio viaggio interiore, ma anche la descrizione di ciò che l’illuminazione finale porta, la percezione della “stratificazione del reale”.44 È con

Yi, dunque, che l’autore porta a compimento il proprio pellegrinaggio, fluendo tra

spazio, tempo e lingua.

D’ora in poi Yang Lian concepirà la poesia, il mondo e la realtà in genere come composti da diversi livelli stratificati, che spesso descrive come “cerchi concentrici”.45 Pertanto Yi è un poema molto complesso, che può essere interpretato in diversi modi, tutti egualmente corretti. Ogni poesia è una sorta di

mandala che, attraverso le molteplici stratificazioni di significato, diviene un

universo linguistico del tutto autonomo. Per questo, ad esempio, Yi si divide in quattro parti, ognuna delle quali, attraversando le più disparate epoche storiche, dispiega le diverse tematiche nelle molteplici sovrapposizioni linguistiche del testo. Ma cosa dà un aspetto così omogeneo ad un materiale tanto composito? É la

42 Yang, 2001.

43 Yang, 1997, a.

44 Yang, 1997, b.

45 Nel 1997 Yang Lian terminerà la stesura di un poema intitolato proprio Tongxinyuan 同心圆(Cerchi

Evanescenze d’esilio 1655 stessa lingua cinese, o meglio, l’invariabilità dei suoi verbi. In cinese il verbo ha sempre la stessa forma, a prescindere dalla persona e dal tempo verbale che deve esprimere. Per questo Yi mantiene la coesione tra le parti e tra i diversi temi, a prescindere dal tempo e dallo spazio cui fanno riferimento. È come se la lingua esprimesse una visione superiore, una prospettiva dall’alto per cui il mondo intero – un mondo poetico – diventa un unico spazio senza tempo.46

In Yi, per di più, Yang Lian va ben oltre la cosmologia tradizionale, secondo cui l’uomo era un microcosmo generato da Cielo e Terra, mediatore tra il puro Yin (il cielo) ed il puro Yang (la terra) e loro punto di convergenza. Secondo l’autore queste concezioni sono nate da un’antica mistificazione dello Yijing, che cancellava il ruolo fondamentale dell’uomo nell’universo, schiacciandolo tra cielo e terra.47 Gli esagrammi e le complesse corrispondenze dello Yijing, per Yang, testimoniano un’interpretazione umana della natura. Lo Yijing pertanto descrive la natura così come viene percepita dall’uomo, unico arbitro del modo in cui il cosmo viene narrato. L’uomo quindi, domina la natura in virtù del potere magico degli ideogrammi e dei simboli dello Yijing. Quest’uomo “nuovo” è lo Yi , neologismo coniato dallo stesso Yang Lian, rappresentato graficamente da un uomo (l’ideogramma arcaico di 人 ren) che attraversa , simbolo della natura, del cielo e del sole, ad indicare non solo che l’uomo è parte integrante della natura ma anche ch’egli è l’unico arbitro del modo in cui questa viene descritta. Anche la pronuncia del nuovo ideogramma ha un notevole valore simbolico, perché fa riferimento alle

mutazioni (易; yi) dello Yijing, alla pronuncia arcaica della parola shi 诗 – poesia –

ed alla parola yi 一 , che vuol dire “uno, unico, unità”, pertanto indica la parificazione tra uomo, cielo e terra. Yi esprime il potere dell’uomo, e in particolar modo del poeta, equiparandolo al cielo.48

La lingua, in questo contesto, si configura come un codice magico composto dalle infinite mutazioni del mondo. Colui che si confronta più di tutti con la lingua, il poeta, è un creatore che impone la propria prospettiva alla realtà. Il potere soprannaturale degli ideogrammi, dunque, testimonia la magia della poesia, le infinite possibilità della lingua cinese strutturata, grazie ad i suoni ed alle immagini, in modo da evocare una nuova dimensione spirituale ed intellettuale. In

Yi Yang Lian rivendica il potere creativo del poeta – un potere che la tradizione gli

negava. Il poeta è un santo, un immortale che ci porta con sé nel viaggio estatico che è la poesia. Una poesia che non è più astrazione dalla realtà, ma approfondimento della sua conoscenza attraverso il flusso della lingua. Strato dopo strato, cerchio dopo cerchio, in Yi Yang Lian ci conduce a quella visione superiore che ha sempre ricercato. In virtù della quale egli “guida il suo cocchio sull’ordine dell’universo, cavalca le trasformazioni degli elementi e scorrazza così per l’infinito”.49

46 Sembra che il poeta abbia compreso solo molti anni dopo, paragonando la propria lingua alle altre che si accingeva ad imparare, questi meccanismi. (Cfr. Merolla, 2005).

47 Yang, 1997, b.

48 Ibidem.

“Questo è davvero un anno qualsiasi”,50 Tiananmen e l’esilio

Il 4 giugno 1989 Yang Lian ed il poeta ed amico Gu Cheng, con le rispettive mogli, si trovano in Nuova Zelanda per partecipare ad alcuni festival poetici. È lì che assistono atterriti alle immagini del massacro di Piazza Tiananmen. Gli eventi di questi giorni sconvolgeranno irreparabilmente le loro vite. L’immediata reazione è l’aperta denuncia delle politiche governative cinesi: Yang Lian e Gu Cheng organizzano ad Auckland delle manifestazioni contro il governo e dichiarano la propria totale opposizione alla linea del P.C.C. Questi atti palesano un forte conflitto col governo cinese e danno inizio al loro esilio.

Yang Lian rimane nominalmente ad Auckland fino al 1993, anno in cui acquisisce la cittadinanza neozelandese. I primi anni d’esilio sono scanditi da un perpetuo vagare. Lavora per un breve periodo nella biblioteca della University of Auckland, gli viene concesso un DAAD a Berlino (1991), visita per la prima volta l’Italia (Milano, Bologna, Roma, Napoli). Nel 1992 si reca negli U.S.A e poi di nuovo ad Auckland. Nel 1993 gli viene offerto un posto come “visiting scholar” presso la University of Sydney. Sarà tuttavia Auckland, il primo porto d’arrivo nel perpetuo vagare di quegli anni, a rimanergli più cara ed il suo mare, così diverso dagli altri già visti, sarà un’immagine ricorrente nella poetica di Yang degli anni ’90.

Inizialmente l’autore è totalmente preso dall’organizzazione delle commemorazioni dei caduti, così come dal dolore e dal senso di colpa nei confronti di coloro che sono scomparsi e di tutti coloro che vivono ancora nella Repubblica Popolare. È in questi giorni che compone la gran parte dei testi contenuti in

Liuwang de sizhe 流亡的死者, (Morto in esilio),51 pubblicata in Australia, già nel 1990, in edizione bilingue. Il volume è dedicato a coloro che non ci sono più ed alla volontà di non dimenticare ciò che è accaduto a Tiananmen nel giugno del 1989. Il titolo dell’opera fa probabilmente riferimento ad un’affermazione ripetuta più volte in tutto il volume: nell’istante stesso in cui tanti cinesi hanno perduto la vita a Piazza Tiananmen, tutti coloro che si trovavano, per un motivo o per l’altro, al di là dei confini della R.P.C. hanno iniziato a morire. Questo tema viene presentato già nella prima prosa, Daoci 悼辞 (“Elegia”),52 scritta a quattro mani con Gu Cheng il 6 giugno del 1989, e rimarrà centrale in tutta l’opera. Ad esso si accompagnano la questione della memoria storica ed il ricorrente rimorso per l’assenza dal territorio cinese nei giorni della tragedia.

Una caratteristica essenziale di questa raccolta è l’alternanza delle forme testuali. Qui non troviamo solo versi, ma anche sanwen. Ad ogni ragionamento è parallelamente associata l’angosciosa introspezione nel dolore cui esso è indissolubilmente legato, le immagini e le riflessioni sono affidate alla prosa, mentre le brevi visioni-effusioni simboliche ed autobiografiche, come lampi intuitivi, sono affidate ai versi.

Se per Yang Lian l’aspazialità e l’atemporalità sono sempre stati gli elementi

50 Yijiubajiu nian 一九八九年 (“1989”), in Yang, 1990, pp. 13, 50.

51 Yang, 1990.

Evanescenze d’esilio 1657 fondamentali della poesia, la prima lampante novità di Liuwang de sizhe sono le chiare coordinate spazio-temporali di una versificazione che sembra non riuscire ad andare al di là degli eventi immediati. Ciò è sintomo della sofferenza dell’autore, che nei primi giorni d’esilio versa in condizioni psicologiche estremamente precarie. Ora la poesia, da sogno al di là dello spazio e del tempo, si muta sempre più in un incubo, l’orrore del mondo contemporaneo irrompe nella visione onirica e la tramuta in quel sogno asfissiante e confuso che è la realtà. All’inizio degli anni ’90 Yang Lian è del tutto incapace di astrarsi dalle ragioni dei propri tormenti. Pertanto, in molti versi di Liuwang de sizhe, sembra penosamente e

Nel documento … O RIENTE ,O CCIDENTEEDINTORNI (pagine 158-168)