• Non ci sono risultati.

Egli deve avere un’abilità sufficiente a completare il desiderio d’azione; 3) Ci deve essere una causa scatenante la reazione dell’utente.

INVESTMENT VARIABLE REWARDACTION

2) Egli deve avere un’abilità sufficiente a completare il desiderio d’azione; 3) Ci deve essere una causa scatenante la reazione dell’utente.

Questo modello, detto Fogg’s Behavior Model (Fogg, 2009), si presenta quando tutti e tre i fattori si verificano nello stesso momento, altrimenti, se soltanto uno di essi viene a mancare o è inadeguato, l’utente non

63

riesce a superare la cosiddetta Action Line, linea d’azione, e il compor- tamento non “prende il via”.

Per quanto riguarda la motivazione possiamo definirla come l’energia dell’azione infatti, essa determina l’intensità del desiderio di agire; Fogg (2009) afferma che le persone sono sempre motivate nella ricerca del piacere, mentre evitano il dolore, fuggono dalla paura e si affidano alla speranza, cercano l’accettazione della società e sono terrorizzati dall’esserne esclusi. Tuttavia in alcuni casi, nonostante la motivazione sia molto forte, gli utenti non si comportano secondo quanto previsto dai progettisti nell’uso di un prodotto. La spiegazione sta nella facilità di utilizzo di un oggetto: più è veloce intuire come funzioni, maggiore è la probabilità che un individuo ne sia attratto e ne faccia uso. Al contrario, se la persona dovesse trovarsi in difficoltà, potrebbe dirigersi verso altre possibili soluzioni al proprio problema. Naturalmente anche l’ambiente circostante gioca un ruolo fondamentale nell’influenzare le scelte e i comportamenti, i quali possono variare in base al contesto in cui si trova l’utente. Tornando all’esempio della registrazione di un nuovo account online, essa oggi richiede notoriamente diversi step: è quasi impossibile però non imbattersi nella finestra di log in di Face- book, la quale permette di accedere eliminando numerosi passaggi e velocizzando l’intero processo.

4.4 LA RICOMPENSA FINALE

Fondamentalmente il modello di Eyal (2014) aiuta i consumatori a raggiungere un obiettivo o risolvere un problema e per far sì che essi ne siano soddisfatti, è necessario mantenere quelle promesse, quelle speranze, garantite alla partenza dell’Hook cycle. Fornire agli utenti una ricompensa, possibilmente variabile, rinforza la motivazione degli stessi nel portare a termine l’azione che stanno compiendo. Secondo uno studio del professor Brian Knuston, svolto presso l’università di Stanford nel 2008, ciò che ci porta effettivamente ad agire non è tanto il desiderio di ricevere una ricompensa, quanto il sollievo provato nel momento in cui vediamo soddisfatta la nostra smodata ricerca.

Tuttavia, se l’obiettivo finale è troppo facile da raggiungere e/o risulta essere scontato, prevedibile ma non abbastanza gratificante, immedia- tamente ci trasformiamo in bambini capricciosi, che una volta capito qual è la sorpresa finale perdono interesse nel cercare di ottenerla. Si deve quindi catturare l’attenzione delle persone con la giusta dose di

64

cambiamenti e novità, poiché esse sono in grado di aprire una breccia nelle routine quotidiane, dando una scossa alle vecchie abitudini ormai consolidate e reiterate inconsapevolmente.

Ecco spiegato perché possiamo trovare una sorta di ricompensa va- riabile in tutti quei prodotti o servizi i quali portano gli utenti ad uno stato di assuefazione. Non c’è dunque da meravigliarsi nel constatare l’estrema popolarità che hanno raggiunto i social network: Facebook, Twitter, Pinterest, Instagram, connettono tra loro gli utenti mettendo a disposizione numerose diverse “ricompense”, così essi tornano a visi- tarne la home, pubblicando nuovi contenuti e lasciandosi sempre più coinvolgere. Tutto ciò soddisfa il bisogno di sentirsi accettati, importanti, attraenti ed inclusi in un gruppo, una compagnia o nella società in generale. Su Facebook i like e i commenti ricevuti ad uno stato o una foto pubblicata sono una valida motivazione per ricambiare con i propri apprezzamenti e tornare a pubblicare nuovi post.

Tuttavia la ricompensa non funziona come una “polvere magica” che rende istantaneamente un prodotto più attraente, anzi, ogni cosa deve adattarsi perfettamente al contesto narrativo di quest’ultimo e allinearsi alle emozioni e motivazioni più profonde dei consumatori. In questo senso, l’utilizzo di meccaniche tipiche del mondo del gioco in ambienti non ludici (gamification) è un metodo che viene spesso applicato dai progettisti, poiché coinvolge gli utenti con successo.

Eyal (2014) sostiene che le tecnologie di maggior successo siano quelle che nessuno ci obbliga ad utilizzare; le aziende realmente in grado di cambiare i comportamenti dei consumatori presentano loro una scelta implicita tra il loro modo di agire ed uno nuovo, più conveniente, veloce e utile a soddisfare le esigenze del momento. Mantenere inalterata la libertà di poter scegliere che cosa fare è un buon modo per indurre gli individui ad adottare nuove abitudini, sia nel bene che nel male.

4.5 INVESTIRE SULLE PROPRIE ABITUDINI

L’ultimo step dell’Hook Model è fondamentale nella progettazione di un device che crei assuefazione; prima di riuscire a sviluppare un comportamento automatico gli utenti devono investire qualcosa nel prodotto che stanno utilizzando (da qui questa fase prende il nome di investment, investimento).

Una volta che si dedica il proprio tempo e impegno nel portare a termine un compito, il risultato finale acquisisce un valore maggiore.

65

Questo fenomeno, che può verificarsi in ambiti diversi ma ha sempre lo stesso effetto, viene chiamato da alcuni studiosi americani Effetto IKEA (Norton, Mochon, e Ariely, 2011). La famosa azienda svedese distri- buisce convenienti pezzi d’arredamento pronti per essere assemblati e i consumatori acquistano dei pacchetti contenenti tutto il necessario per poi, una volta tornati a casa, “giocare” a costruire i propri mobili. Così facendo i costi sono notevolmente contenuti e le persone, le quali vengono pienamente coinvolte nel processo di montaggio e arredamento dei propri spazi, attribuiscono a quegli oggetti un’importanza maggiore rispetto ai mobili “già pronti”. In altre parole, si affezionano al frutto del proprio lavoro e l’impegno della costruzione gli conferisce un valore aggiunto insostituibile.

Eyal (2014) inoltre sostiene che nell’agire siamo condizionati dai nostri comportamenti passati, nonostante ci piaccia pensare di essere comple- tamente liberi nelle scelte e nelle decisioni importanti; allo stesso modo può capitare di sviluppare due idee o comportamenti che sono tra loro incoerenti dando luogo ad uno stato di disagio interno alla persona (in psicologia si definisce questa inclinazione dissonanza cognitiva).

Le tre tendenze sopra elencate (l’Effetto IKEA, l’importanza delle azioni compiute in passato e la dissonanza cognitiva) fanno parte di un processo psicologico conosciuto come razionalizzazione,7 per cui siamo portati a cambiare le nostre abitudini e le nostre convinzioni così da adeguarci alle novità e dare una spiegazione ai nostri comportamenti.

Inoltre, maggiore è il valore attribuito ad un prodotto/servizio, più alta è la probabilità per cui un individuo torni ad utilizzarlo abitualmente. Facebook, con la sua timeline costituita da contenuti generati dagli utenti, è l’esempio perfetto di una piattaforma facile da arricchire con le proprie opinioni, ricordi, fotografie e difficile da abbandonare nel momento in cui si è creata una rete di rapporti basata proprio sulla condivisione delle esperienze personali.

7. Nella celebre favola attribuita a Esopo, La volpe e l’uva, la reazione dell’animale di fronte all’insuccesso della sua azione, nella quale la dissonanza fra il desi- derio dell’uva e l’incapacità di arrivarvi conduce la volpe alla conclusione che “tanto l’uva è acerba”, è considerata una forma esemplare di razionalizzazione.

4.6 SI PUÒ CONTROLLARE LA PROPRIA ASSUEFAZIONE?

L’accesso facile e veloce ad Internet, l’utilizzo dei dati personali online, la creazione di una sempre più ampia rete di contatti, certamente con- tribuiscono ad incrementare le potenzialità del Web. Secondo Paul Graham (2010), esperto in ambito informatico e scrittore inglese, non abbiamo ancora avuto il tempo di sviluppare gli anticorpi per difenderci da questo nuovo tipo di dipendenza e quindi dobbiamo salvaguardare la nostra libertà valutando quali comportamenti frenare e quali siano invece sicuri.

Ian Bogost, noto game designer e professore statunitense, ha definito quest’onda digitale come “cigarettes of this century” (2012), cioè “le sigarette di questo secolo”; e come il tabacco appunto, essa ha tutte le potenzialità per creare dipendenza.

Riflettendo su quanto ho potuto apprendere, concordo nell’affermare che le habit-forming tecnologies, cioè le tecnologie che creano assuefazio- ne, sono delle vere e proprie armi a doppio taglio; possono aiutarci nello svolgimento di molte mansioni quotidiane, basti pensare all’utilità del navigatore nel momento in cui ci troviamo in una località sconosciu- ta, o alla possibilità di accedere velocemente ad Internet in qualsiasi momento. Nello stesso tempo però, hanno tutte le potenzialità per creare dipendenza. Sta a noi quindi controllare quanto tempo dedichiamo ai nostri personali device, che uso ne facciamo, se questo ci costringe a sacrificare altre attività a cui prima ci dedicavamo o alcuni momenti in compagnia di altre persone.

Personalmente non credo sia così facile cadere nel vortice della dipen- denza da device digitali, mentre guardandomi intorno ho notato diversi atteggiamenti i quali possono rientrare nella definizione di “abitudine” che ho evinto dal lavoro di Eyal (2014). Ne sono un esempio la tendenza a scattare fotografie a qualsiasi cosa prima ancora di averla osservata

Figura 1.17 Godersi il momento secondo

la rubrica “Dati di fatto” della rivista Internazionale online (11 Maggio 2016).

67

con i propri occhi [Figura 1.17], o l’utilizzo del telefono durante i pranzi e le cene, o ancora il giocare continuamente a free casual games come Candy Crush Saga (2012), Farmville (2009), Fruit Ninja (2010).

5 DIGITAL DETOX