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SHOULD I STAY (ONLINE) OR SHOULD I GO (TO DETOX)?

DISCONNETTERSI PER RICONNETTERS

5.2 SHOULD I STAY (ONLINE) OR SHOULD I GO (TO DETOX)?

Navigando in rete mi sono imbattuta in articoli, libri e conferenze di studiosi, psicologi o esperti di tecnologia, i quali manifestano opinioni diverse in merito al digital detox. A seguito della ricerca sviluppata lo scorso anno accademico (2014/2015) per il corso di Sintesi finale sono riuscita ad individuare tre diverse correnti di pensiero: c’è chi è com- pletamente a favore della disconnessione, chi al contrario la ritiene un provvedimento inutile, dato che ormai la tecnologia è parte pregnante delle nostre vite e dobbiamo imparare a conviverci, ed infine coloro i quali reputano il detox un buon metodo per apprezzare appieno le potenzialità della rete ed allo stesso tempo del vivere senza esserne assuefatti.

In particolare Nathan Jurgenson, ricercatore statunitense e studioso dei social media, teorizza il cosiddetto Digital Dualism, Dualismo Digitale (2013), cioè l’esistenza di due mondi distinti: uno reale, fisico in cui gli individui si rapportano concretamente tra loro e con la società, ed un altro virtuale che corrisponde alla vita online. Secondo lui però questa distinzione è fuorviante, certo giustifica numerose critiche ai social network, ma analizza questi due universi separatamente senza consi- derarne le continue connessioni. Egli sostiene invece che il “digitale” e il “fisico”, costantemente collegati l’uno all’altro, siano ormai inscindibili ed è per questo che viviamo in una Augmented Reality, Realtà Aumentata. Come si è visto la rete e le nuove tecnologie sono parte integrante della quotidianità, diventano quasi una protesi del nostro corpo nello svolgere

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alcune mansioni, perciò sarebbe sciocco cercare un completo distacco da tutto quanto è digitale. Anzi, Jurgenson (2013) suggerisce semplicemente di farne un uso consapevole, moderato, così da non generare ansia e da permettere lo sfruttamento di tutte le potenzialità dei device senza diventarne ossessionati. Il suo consiglio è questo:

[…] Disconnect. Take breaks. Unplug all you want. You’ll have different experiences and enjoy them, but you won’t be any more healthy or real (Jurgenson, 2013).

Anche altri studiosi si schierano a favore di Jurgenson e si trovano d’accordo nell’affermare che non sia affatto necessario un periodo di completa disconnessione.

Evgeny Morozov (giornalista bielorusso e autore, tra gli altri, di The Net Delusion: The Dark Side of Internet Freedom, 2012) analizza la situazione del punto di vista socio-economico e, con lo sguardo puntato alle soluzioni per il digital detox, sostiene che vi sia di fondo una manipolazione da parte delle forze economiche; queste ultime approfitterebbero della nuova moda del vivere bene, in modo salutare, a contatto con la natura, per proporre una serie di espedienti a caro prezzo. Ci troviamo infatti in una situazione tipica di un sistema capitalistico, in cui si creano i problemi poi di conseguenza una serie di mezzi per risolverli la cui acquisizione alimenta economicamente il sistema stesso.

Il punto di vista di Alexis C. Madrigal, giornalista americano e di- rettore di The Atlantic, è incentrato invece sulla tendenza che abbiamo a criticare e demonizzare ogni strumento imperfetto; certamente le nuove tecnologie, ed i servizi ad esse connessi, manifestano alcuni aspetti negativi, creano dei problemi, non sempre funzionano come ci si aspetta, tuttavia non è questo un motivo sufficiente per abbandonarli definitivamente o considerarli completamente dannosi. È necessario porsi delle domande e controllare il proprio modo di utilizzare questi mezzi così da non rimanere assuefatti o negativamente influenzati.

Il polo opposto vede i cosiddetti dualisti favorevoli alla disconnessione per un periodo di tempo di variabile durata; essi sono psicologi, studiosi o esperti in ambito tecnologico, nell’ambito del benessere, scrittori. È interessante notare come insistano nell’affermare che Internet e i device ci stiano rovinando la vita, che cambino il nostro modo di pensare, le nostre abitudini giornaliere, il rapporto con gli altri individui.

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Sherry Turkle, psicologa statunitense e professoressa al MIT, ha scritto diversi libri riguardanti l’interazione tra la tecnologia e l’uomo, come ad esempio Alone Together (2012). Con i suoi studi mira a farci riflettere su come stanno cambiando le nostre vite, ma soprattutto le nostre relazioni con le persone che ci sono vicine, infatti sostiene che ci affidiamo alle nuove tecnologie per riempire un vuoto, una mancanza, ma appena incrementiamo l’utilizzo dei nuovi mezzi, il nostro coinvolgimento emotivo piano piano diminuisce.

Nel discorso tenuto su TED11 (2012), Connected but alone?, Turkle pone alla sua platea il seguente interrogativo: se ci aspettiamo sempre più dalle tecnologie, allora dobbiamo aspettarci qualcosa in meno gli uni dagli altri? La distinzione tra la vita online rispetto a quella reale si fa sentire nel suo discorso ed è alla base delle scelte che deve fare l’in- dividuo. Secondo lei l’importante è riflettere sui comportamenti che stiamo assumendo e su come vogliamo si trasformino i nostri rapporti sociali in futuro.

A sostenere il Dualismo Digitale, convinti che il nostro rapporto con la tecnologia sia diventato morboso e pericoloso, vi sono: Chris Kresser (leader americano nel mondo della salute e del benessere, autore del blog Let’s take back to your health), Nicholas Carr (studioso americano autore di The Shallows, 2011), Arianna Huffington (scrittrice greco americana, cofondatrice dell’Huffington Post).

Infine esiste una terza fazione che raggruppa coloro che hanno speri- mentato alcuni mesi di digital detox, convinti inizialmente di avere un rapporto malsano con i device, e di necessitare una disintossicazione onde evitare la dipendenza. Primo fra tutti è Paul Miller, giornalista statunitense, il quale ha scritto un articolo per The Verge raccontando la sua esperienza di 12 mesi senza Internet.

One year ago I left the Internet. I thought it was making me unpro- ductive. I thought it lacked meaning. I thought it was “corrupting my soul” (Miller, 2013).

11. «TED is a nonprofit devoted to spreading ideas, usually in the form of short,

powerful talks (18 minutes or less). TED began in 1984 as a conference where Technology, Entertainment and Design converged, and today covers almost all topics — from science to business to global issues — in more than 100 languages. Meanwhile, independently run TEDx events help share ideas in communities around the world» (TED – Our Organisation, Aprile 2016).

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Nel corso di questo lungo anno egli si è accorto di come, anche senza l’utilizzo delle tecnologie, sia possibile sviluppare dei vizi, delle abitu- dini “negative”, dei comportamenti che possiamo considerare malsani; solitamente diamo la colpa alla rete, ai social network, all’amore per i device. Ma non è sempre così: il vero Paul e il mondo reale sono inestri- cabilmente legati ad Internet.

My plan was to leave the Internet and therefore find the “real” Paul and get in touch with the “real” world, but the real Paul and the real world are already inextricably linked to the Internet. Not to say that my life wasn’t different without the Internet, just that it wasn’t real life (Miller, 2013). Miller (2013), come altri (ad esempio Mark Griffiths, psicologo, David Roberts, scrittore), è giunto a concludere che una disintossicazione possa essere utile per coloro i quali sentono il peso dell’overdose digitale, tutta- via essa non è affatto necessaria e non porterà ad un riavvicinamento al “mondo reale”, anzi: “Internet vive dove vivono le persone” ed è nostro compito saperne fare un uso consapevole e controllato.