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3.7 SMARTPHONE E BAD HABITS

Se può sembrare che al giorno d’oggi tutti abbiano uno smartphone non ci si allontana molto dalla verità, dato che sempre più persone portano con sé i loro “minuscoli computer” e li utilizzano ormai per fare qualsiasi cosa. Esistono applicazioni di ogni tipo (v. Google Play), dalla chat allo strumento per ritoccare le fotografie, dal “libro” di ricette al programma di esercizi per mantenersi in forma o a quello per imparare una nuova lingua; la nostra vita è stata notevolmente semplificata grazie alla presenza delle app, non solo per la tempestività con cui possiamo accedere ad alcuni servizi altrimenti fruibili tramite un computer, ma anche perché spesso ci insegnano a fare qualunque cosa in modo semplice, pratico e soprattutto veloce. Inoltre spesso la consapevolezza di avere sempre con noi il cellulare ci rende sicuri di poter ricontrollare ciò che ci interessa, senza essere costretti a ricordarcene.

Google Play e l’App Store propongono nella sezione applicazioni un numero considerevole di possibilità tra cui perdersi alla ricerca di ciò che fa al caso nostro (secondo AppBrain.com attualmente, Luglio 2016, il numero di applicazioni disponibili sul mercato dei sistemi operativi Android è di 2,308,455); esse sono raggruppate in diverse categorie per fa- cilitare la navigazione, tuttavia in alcuni casi è comunque molto difficile scegliere cosa scaricare. Addirittura da qualche anno è possibile trovare parecchie app il cui scopo è quello di aiutare l’utente a disintossicarsi dall’utilizzo di Internet e/o dello smartphone stesso. Diventa interessante a questo punto capire come le persone usino i propri telefoni e quanto tempo vi dedichino giornalmente.

I device hanno un posto prediletto al fianco di ognuno di noi, li con- trolliamo frequentemente, e talvolta ne usiamo anche più d’uno nello stesso momento. Basta guardarsi intorno per rendersi conto che quasi tutti tengono in mano un telefono, non soltanto nei cosiddetti “tempi morti”, ma spesso anche mentre si sta in compagnia o durante gli impegni di lavoro. Di seguito riporto quindi alcune abitudini che ho osservato nelle persone vicine a me o che io stessa a volte ho riscontrato nel mio comportamento.

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• Utilizzo dello smartphone in tutti quei momenti che sono defi- nibili “tempi morti”: sull’autobus, in treno, quando si è in attesa di qualcosa, in bagno, e così via. Inoltre spesso il cellulare è un buon compagno di studio e, di conseguenza, anche una fonte di distrazione [Figura 1.12: In metro].

• Controllo del telefono molto frequente e spesso immotivato; solita- mente siamo abituati a guardare lo schermo per leggere l’ora (ormai non si usano quasi più gli orologi) e addirittura può capitare di dimen- ticarla all’istante, dovendo così sbloccare nuovamente il cellulare.

• Utilizzo del cellulare come sveglia; questa, come anche la funzione di orologio, è un espediente che ci porta ad interagire con il telefono molto più spesso del necessario. In questo modo accade che lo schermo del nostro device sia l’ultima cosa che guardiamo prima di dormire e la prima quando ci svegliamo al mattino.

• Scroll compulsivo della bacheca dei social network: Facebook, Twitter, Instagram, Pinterest, e simili. Spesso lo facciamo senza un motivo reale, anche mentre siamo in compagnia di altre persone, limitando così la nostra interazione faccia a faccia [Figura 1.12: A tavola]. Lo stesso vale per le chat sempre aperte, i casual games (ad esempio Candy Crush Saga, 2012), le news, e così via. Questa tendenza in particolare è stata denominata phubbing (Macquarie Dictionary, 2012) ed è definita così: «the act of snubbing someone in a social setting by looking at your phone instead of paying attention» [Figura 1.11]. Figura 1.11 Il logo

della campagna

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• Si è sviluppata l’abitudine a navigare in rete lasciandosi trasportare dalla corrente di Internet; molte volte si guardano video, si leggono blog o pagine correlate ad altre, si commentano foto e così via, per- dendo moltissimo tempo senza rendersi effettivamente conto dei minuti dedicati a tale attività [Figura 1.12: Sorgi e splendi; Figura 1.13].

• Solitamente si comincia a navigare quando sorge un dubbio o una curiosità ed ecco che i motori di ricerca (ad esempio Google, Yahoo, Bing) sono sempre pronti a rispondere: non importa cosa si sta facendo in quel preciso momento, la sete di conoscenza va subito appagata.

• Siamo sempre connessi tanto da scrivere messaggi anche mentre camminiamo, senza più guardarci intorno o facendolo distratta- mente. Allo stesso modo ci serviamo del telefono mentre siamo in auto, magari al posto di guida, diventando così anche un pericolo per noi stessi e per gli altri.

• Facciamo foto, video, selfie a qualsiasi cosa e in qualsiasi momento; siamo drogati di documentazione ossessiva, come se ciò che non immortaliamo nella nostra vita non sia mai successo o non abbia lo stesso valore di quello che invece condividiamo sui social. Ne sono un esempio i concerti dal vivo, in cui sono di più le mani alzate a tenere uno schermo, rispetto a quelle che si muovono a ritmo di musica [Figura 1.12: I love New York, Il concerto].

La nostra vita in simbiosi con i device ci porta a provare una sensazione di disagio e mancanza nel momento in cui usciamo senza il telefono o quest’ultimo si spegne poiché è scarico; addirittura ogni tanto lo sen- tiamo suonare o vibrare in tasca nonostante non ci sia arrivato alcun messaggio, chiamata o notifica. Cercando online ho potuto trovare delle conferme rispetto a queste bad habits (cattive abitudini) che a lungo andare rischiano di trasformarsi in dipendenza o di condizionare pesantemente la vita sociale di un individuo.

Negli USA, secondo alcuni sondaggi riguardanti le sensazioni e i comportamenti delle persone rispetto al proprio smartphone (Pew Research Center, 2014), emerge che circa due terzi degli americani ne possiede uno e il 46% di questi ultimi sostiene di non poter vivere senza. È incredibile se pensiamo che quattro anni fa (2011) i possessori di smartphone erano il 35% della popolazione e dopo soltanto tre anni (2014) sono quasi raddoppiati, diventando il 64%.

Figura 1.12 (A lato) Illustrazioni del francese Jean Jullien, che con le sue opere ha deciso di esplorare la nostra crescente dipendenza da smartphone e social network: In metro, Sorgi e splendi, Vite moderne, Il concerto, A tavola, I love New York.

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