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INVESTMENT VARIABLE REWARDACTION

4.1 SIAMO ABITUDINAR

Secondo la definizione fornita nel precedente paragrafo, le abitudini ci guidano nella maggior parte delle nostre azioni quotidiane; gli scienziati sostengono che siano queste ultime a permetterci di focalizzare la nostra attenzione su ciò che ci circonda, svolgendo contemporaneamente in modo automatico quelle operazioni per il nostro cervello ormai conso- lidate. Se abbiamo risolto un problema in passato e oggi ci troviamo di fronte ad una situazione analoga, la mente applica gli stessi meccanismi che ci hanno permesso di affrontare le difficoltà trasformando queste azioni in automatismi; nel momento in cui incontriamo una via d’uscita facile ed efficace il nostro corpo la mette in pratica senza “chiedere” al cervello per passare così allo svolgimento delle mansioni successive.

Eyal sostiene che questa capacità ci sia di grande aiuto nella vita di ogni giorno, ma, nel corso degli anni, sia stata anche ampiamente sfruttata dalle aziende, le quali mirano alla creazione di nuovi bisogni nei consumatori, per poi appagarli momentaneamente con la produzione di prodotti e/o servizi ad hoc. Nel momento in cui una nuova routine viene generata, non è più necessario che ci sia un richiamo all’utilizzo di quel prodotto: l’utente ne sente il bisogno più e più volte nel corso della giornata.

Nel business dei casual games gratuiti, i giocatori sono portati ad essere assuefatti finché giungono al punto di dover investire del denaro per poter continuare a giocare; altrimenti non possono avanzare velocemente di livello o sono costretti ad attendere i lunghissimi tempi di caricamento. Si può dire che questi giochi sfruttino il meccanismo di una Skinner’s Box,6 in cui il soggetto in questione viene premiato quando esegue un preciso

6. Il condizionamento operante, detto anche Skinner’s Box, è un paradigma sperimentale per lo studio dell’apprendimento nell’uomo e negli animali, scoperto dallo psicologo americano Burrhus F. Skinner nella prima metà del XX secolo. In quell’epoca, il soggetto sperimentale (di solito un animale) veniva posto in un apparato sperimentale chiamato scatola di Skinner (Skinner’s

box), costituito da una gabbietta con pavimento elettrificato, alcuni stimoli

sonori come luci colorate e un altoparlante e, infine, una levetta manipolabile dall’animale (manipulandum). Tramite ripetute sessioni di apprendimento l’animale comprendeva che l’utilizzo della leva serviva per ottenere piccole porzioni di cibo. Tale comportamento poteva controllato da stimoli condizionati come, per esempio, l’accensione di una luce rossa ma non di una luce verde, o la presenza di un suono di una certa altezza nella gabbia (Enciclopedia Treccani della Scienza e della Tecnica online, 2008 [Accesso: Aprile 2016]).

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comportamento; solitamente non sono progettati per creare un’esperienza di gioco carica di significati, bensì fanno leva su meccanismi psicologici i quali portano il giocatore a tornare, rigiocare, rifare, rigiocare, incentivan- do il gioco “a tempo perso”. Secondo la ricerca condotta dallo statunitense Aaron Pressman, reporter presso Yahoo Finance, nel dicembre 2013 più di 500 milioni di persone avevano scaricato Candy Crush Saga (2012) sul proprio mobile device, tanto che l’ammontare del guadagno giornaliero del gioco era diventato di 1 milione di dollari circa.

Talvolta alcuni utenti scoprono prima degli altri il valore di un prodotto condividendone i benefici pubblicamente ed invitando i propri amici ad utilizzarlo; in questo modo essi assecondano anche gli interessi delle aziende produttrici il cui brand viene pubblicizzato dagli stessi gratuita- mente. Questa categoria di utenti viene chiama early bird users, cioè coloro i quali arrivano alla meta per primi. Molto spesso accade che le compagnie si servano di questi ultimi volontariamente, chiedendo loro di testare i propri prodotti in modo da aumentare il numero di recensioni e di pub- blicizzarli in rete. Il successo di Facebook si deve in parte alla peculiarità di coinvolgere i propri iscritti in diversi modi, creando una catena virale di condivisione: basti pensare a quando si tagga qualcuno in uno stato, si commenta una foto di un amico o si invitano più persone ad un evento. Tuttavia “le vecchie abitudini sono dure a morire”, così un nuovo pro- dotto/servizio nascente deve offrire un miglioramento degno di nota per poter entrare a far parte della routine giornaliera di una persona. Per lo stesso motivo una volta che un oggetto si afferma come habit-forming è molto difficile per le aziende concorrenti riuscire a spodestarlo, diven- tando leader di quel mercato. Quando un utente comincia ad investire in qualcosa, prodotto o servizio che sia, si crea un valore aggiunto personale ed unico, così è sempre minore la probabilità che improvvisamente egli si affidi ad altro.

Many innovations fail because consumers irrationally overvalue the old while companies irrationally overvalue the new (Gourville, 2006). Un prodotto può avere tutte le potenzialità per portare all’assuefazione, ma esistono due fattori che ne influenzano lo sviluppo: la frequenza con cui si presenta un determinato bisogno o comportamento e l’utilità percepita dall’utente, cioè quanto efficace ed appagante risulta essere il prodotto rispetto ad altre soluzioni.

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Secondo lo studio condotto da Eyal, un comportamento diventa abi- tudine quando supera la soglia della sufficienza per entrambi i fattori; tuttavia è possibile che esso, nonostante risulti non essere abbastanza “utile”, si trasformi comunque in routine poiché ricorre con un’alta frequenza, mentre non è possibile che si verifichi il contrario.

In ogni caso egli definisce come innovazione qualcosa che risolve un problema o soddisfa un bisogno (in alcuni casi dopo averlo creato); spesso infatti accade che noi ci accorgiamo di necessitare di un servizio soltanto nel momento in cui esso, dopo essere entrato a far parte della nostra vita quotidiana, viene a mancare. Un’abitudine è un’azione che se non viene portata a termine o rimane incompiuta genera una sorta di malessere, di insoddisfazione; dunque l’utilizzo di un prodotto a cui siamo assuefatti non può che alleviare questo stato risolvendo il nostro disagio. Questo però non significa esserne dipendenti: la dipendenza, per definizione, crea un bisogno compulsivo e persistente di una sostanza o un comportamento ed è pericolosa perché può portare all’autodistru- zione. Al contrario, le abitudini (come ad esempio esprimere la propria gratitudine con un “Grazie”, salutare le persone con il sorriso o lavare sempre i piatti dopo pranzo), il più delle volte, portano dei migliora- menti nella vita delle persone e per questo il termine non va usato con un’accezione prettamente negativa.