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IL CAMBIAMENTO DELLE TECNOLOGIE DIGITALI Quando parliamo di media ci riferiamo tutt’ora ai giornali e alla

4.2 I CASUAL GAMES

Come si è visto nel precedente paragrafo, vi sono alcuni videogiochi in grado di generare assuefazione. La tematica proposta in questa tesi, ossia quella della dipendenza da Internet e device digitali, interseca in parte il problema della videogame addiction, ma non si intende in questa ricerca approfondirne le caratteristiche. Tuttavia, proprio perché il confine tra le due dipendenze è confuso e dato che si sta presentando una panoramica del mondo ludico in generale, credo sia utile definire brevemente la categoria dei casual games e alcune loro peculiarità.

Recentemente i casual games stanno acquistando sempre più po- polarità e ormai rappresentano una parte importante all’interno del panorama videoludico. Sorge spontaneo quindi chiedersi da cosa derivi il nome “giochi casuali”. Stando a quanto afferma l’International Game Developers Association4 (IGDA), essi sono giochi che tendenzialmente richiedono una minore concentrazione, in cui avere il controllo è più semplice e la cui complessità generale, in termini di meccaniche e in- vestimento di tempo, è più bassa. La IGDA ne descrive anche il giocatore tipo, cioè colui che gioca per divertirsi e rilassarsi.

Questo tipo di videogame è caratterizzato da un design generalmente semplice (come visibile in Figura 2.5) e da comandi di ridotta complessità, che rendono il tempo per imparare a giocare inferiore rispetto a quello di un normale videogioco. Tali connotati fanno sì che i casual games offrano sessioni brevi, misurabili in minuti anziché in ore. Il prezzo basso inoltre ne favorisce l’acquisto: il loro mercato è quello dei siti web o della piattaforme come Google Play e App Store, per il personal computer o smartphone e tablet.

Come spiega Bushnell a proposito di Computer Space (1971), un gioco da lui ideato insieme a Dabny e che non ebbe il successo di pubblico sperato, «you had to read the instructions before you could play, people didn’t want to read instructions» (Bogost, 2011, pag. 97). È proprio questo uno dei maggiori punti di forza dei casual games: non è necessario leggere le istruzioni per giocare, poiché il sistema funziona in modo intuitivo.

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La IGDA però ammette che in qualche modo il termine “casual” risulti inappropriato; senza dubbio infatti, la parola “casuale” non evidenzia il fatto che, spesso, questi giochi possano essere davvero molto coin- volgenti, tanto da creare assuefazione negli utenti. Essi offrono ore ed ore di intrattenimento, dimostrandosi non inferiori ai tradizionali videogame per console.

Ian Bogost (2011) sostiene che l’aggettivo “casuale” suggerisca in realtà un’informalità piuttosto che una semplicità di questi giochi. Se confrontati con i videogame più complessi, emerge come non richiedano la stessa dedizione e lo stesso impegno, ma non per questo gli utenti vi giocano soltanto qualche volta. Sebbene prevedano sessioni brevi, i casual games assorbono totalmente l’attenzione dei giocatori per ingenti quantità di tempo.

Riassumendo, la maggior parte di questi videogiochi, come abbiamo visto dalla definizione, possiede caratteristiche di base similari:

Struttura di gioco semplice, funzionale ad essere giocato intera- mente con un mouse o la tastiera o lo schermo del cellulare.

Brevi sessioni di gioco, spesso ripetute nel tempo, ottime per le pause dal lavoro o le attese sui mezzi pubblici.

Veloce raggiungimento degli obiettivi e riproduzione continua, senza necessità di salvataggio.

Stile grafico semplice e chiaro, in modo tale da richiedere bassi requisiti hardware e rendere il gioco utilizzabile anche a chi possiede sistemi non di ultima generazione [Figura 2.5].

Costo contenuto o download gratuito; vi sono diverse varianti del tipo “provalo prima di acquistarlo!” o basati sulla visualizzazione di

spot pubblicitari. Figura 2.5 raffigura uno screenshot L’immagine

del videogioco Alto’s

adventure (Snowman,

2015) in cui il paesaggio di sfondo non cambia mai radicalmente, ma è costituito da elementi ripetuti in un ordine sempre diverso. L’unica azione “permessa” all’utente è quella ti toccare lo schermo facendo così saltare il proprio personaggio per superare gli ostacoli e totalizzare più punti.

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Pac-Man (Namco, 1980), di cui è visibile una scherma- ta esemplificativa in Figura 2.6, ha debuttato durante l’età d’oro dei videogiochi arcade,5 ed è considerato il primo casual game (Kohler, 2010). Si stima che sia stato giocato più di dieci miliardi di volte nel corso del XX secolo (Morris, 2005; Wolf, 2008), il che lo rende il videogame dal maggior incasso di tutti i tempi (Kent, 2001). Nel 1989, Nintendo ha rilasciato il pacchetto Game Boy + Tetris. Il gioco, realizzato nel 1984 dal russo Alexey Pajitnov, è diventato ancora più popolare grazie alla console portatile, il cui successo, a sua volta, è legato anche alla presenza di Tetris (Kharif, 2005).

Nel 1990 Microsoft ha rilasciato Solitario, gratuito installando Micro- soft Windows; il gioco è largamente considerato il primo casual game di successo per computer, giocato da più 400 milioni di utenti dalla sua nascita ad oggi (Morrison, 2007).

Nel 1996 i casual game hanno debuttato su Internet grazie a siti quali Gamesville, che proponevano simulazioni multiplayer di dama, scacchi e giochi di carte basati sul linguaggio HTML (Clampet, 1999). L’uscita di Flash (2000) ha causato successivamente un boom di web-casual games; Bejeweled (PopCap, 2001), è diventato uno dei simboli di questo genere.

Nel 2008, dopo il successo di Happy Farm in Cina, i giochi per social network hanno iniziato a guadagnare popolarità (Kohler, 2009). Happy Farm è riuscito ad attirare al tempo 23 milioni di utenti cinesi al giorno ed ha ispirato la creazione di molti altri giochi simili, non soltanto in Cina; il noto FarmVille [Figura 2.7] di Facebook è uno dei casual game ideato nel 2009 sull’onda del predecessore cinese (Kohler, 2009).

5. Un gioco arcade (in inglese /ɑːˈkeɪd/ e traducibile come “videogioco da sala giochi”) è un videogame che si gioca in una apposita postazione pubblica a gettoni o a monete, costituita fisicamente da una macchina posta all’interno di un cabinato. Chiamate anche con il termine coin-op, abbreviazione di coin-o-

perated, in italiano prendono spesso il nome di macchina a gettoni, sebbene

il termine si possa riferire anche a giochi non necessariamente video, come i

flipper (Thomas, Orland, Steinberg, 2007). Figura 2.6 Una schermata

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Oggi Internet è il canale preferenziale attraverso cui distribuire questo tipo di videogame ed probabilmente questo è uno dei motivi per cui si associa alla rete il concetto di dipendenza. Tuttavia abbiamo visto che i giochi casuali tendono a far “sconnettere” l’utente da ciò che stava facendo per un breve periodo di tempo, così da divertirsi e rilassarsi, agendo in modo meccanico e ricevendo immediate gratificazioni.

In How to do things with videogames (2011), Ian Bogost evidenzia che i game designer parlano apertamente di come rendere i loro giochi more addicting – più coinvolgenti – tuttavia trova il termine catchy – accat- tivanti – sicuramente più adatto. Riflettendo a livello terminologico, l’autore stesso (si) chiede il motivo per cui qualcuno dovrebbe scegliere di utilizzare l’aggettivo addicting per il proprio prodotto. L’espressione addicting, che in italiano si traduce con che da dipendenza, è un termine che normalmente identifica sostanze quali la nicotina. Accattivante, invece, suggerisce che i giochi, costruendo nuove abitudini (v. Eyal, 2014), siano in grado di coltivare la familiarità degli individui verso le meccaniche utilizzate, in modo da applicarle poi anche alla vita reale. È proprio la familiarità che rende le cose facili da apprendere e i casual games si basano su questo principio.

Esiste poi un filone di giochi, chiamati Persuasive Games (Bogost, 2007), di cui tratta più approfonditamente il paragrafo successivo e il cui fine è diverso sia da quello dei videogame “tradizionali”, sia dei casual games.