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Nel corso delle attività che generano il flusso non è possibile nemmeno riflettere sul proprio io, infatti, quando l’esperienza è davvero pro-

ATTIVITÀ LUDICHE

6) Nel corso delle attività che generano il flusso non è possibile nemmeno riflettere sul proprio io, infatti, quando l’esperienza è davvero pro-

fonda e significativa da far crescere l’individuo, egli perde la consa- pevolezza di sé per concentrarsi interamente su ciò che sta facendo. 7) Infine, si può dire che durante il flusso “il tempo vola”: le ore sem- brano passare più velocemente e le persone perdono la cognizione dello scorrere dei minuti. È facile, ad esempio, passare un pomeriggio a giocare a Risiko (1968) senza accorgersi dello spostamento delle lancette dell’orologio.

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Occasionalmente il flusso può verificarsi “per caso”, grazie ad una serie di fortunate coincidenze tra le condizioni esterne ed interne alla persona. Tuttavia, mentre alcuni eventi piacevoli e formativi possono accadere in modo spontaneo, come ad esempio l’emergere di un tema controverso durante una conversazione tra amici, è più facile che l’esperienza di flow sia il risultato di un’attività strutturata e/o dall’abilità degli individui di dare il via ad esperienze di questo tipo.

Basandomi sulle ricerche di Csikszentmihalyi ho creato un “iden- tikit” delle attività che, secondo lo psicologo ungherese, facilitano il verificarsi del flusso:

Esse sono governate da regole che richiedono l’apprendimento di abilità specifiche, possiedono un obiettivo chiaro, forniscono feedback immediati e agevolano il controllo da parte delle persone. La concen- trazione e il coinvolgimento sono facilitati facendo sì che l’attività sia il più possibile distinta dalla cosiddetta paramount reality (Schutz, 1945), la realtà “più vera”, cioè dalla vita quotidiana. Viene generato così un senso di scoperta, una sensazione di far parte di una realtà nuova, dove gli individui sono spinti a dare il massimo, trasformando il loro io/essere in qualcosa di più ricco e complesso (Csikszentmihalyi, 1990). Infine lo psicologo aggiunge al concetto di flusso il suo essere autotelico

(v. paragrafo 2.1). Il termine deriva dal greco antico autós «sé” e da telos «fine”, cioè che è fine a se stesso. Questo tipo di azione o attività, infatti, trova in se stessa e nel proprio stesso svolgimento, lo scopo precipuo del suo realizzarsi. L’autotelicità è una caratteristica che, come si è visto, si può applicare a diversi tipi di attività (lo sport, l’arte, la danza, ed altre simili a queste); ma soprattutto è una delle peculiarità del gioco, il quale, è bene ricordare, «contiene in sé le proprie valute e tutto quanto serve per giocare o ha valore nel gioco», ma è anche «un’attività gratificante di per sé e non in virtù di riconoscimenti esterni» (Bertolo, I. Mariani, 2014, pag. 21). Quindi un gioco ben progettato è in grado di realizzare delle esperienze significative e soddisfare gli obiettivi sia dei giocatori che dei designer.

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3.4 GIOCARE: L’ESPERIENZA DI FLUSSO PER ECCELLENZA

Csikszentmihalyi, nel suo saggio (1990), ha individuato nei giochi un’alta capacità di generare il flusso, maggiore rispetto a quanto ne sia in grado la realtà quotidiana. Le attività di questo tipo, infatti, vengono svolte per puro piacere e non per altri fini, quali il denaro, l’obbligo sociale o motivi di status. Egli sostiene che «i giochi sono una fonte ovvia di flusso e giocare è l’esperienza di flusso par excellence.» (Csikszentmihalyi in McGonigal, 2011, pag. 38).

La soluzione del filosofo, con cui concorda pienamente la game de- signer McGonigal, potrebbe essere quella di strutturare le attività e il lavoro nella realtà in modo analogo al funzionamento dei giochi, così da affrontare i problemi più stressanti e le preoccupazioni quotidiane in modo più efficace. Stando a quanto affermato in La realtà in gioco (McGonigal, 2011) però, questo non è sempre stato l’obiettivo dell’indu- stria del gioco, anzi, la maggior parte degli sviluppatori, ancora oggi, progettano strumenti di divertimento fini a se stessi e non rivolti al miglioramento della quotidianità. Nel complesso comunque, comincia a verificarsi un cambiamento, poiché sempre più progettisti si basano sugli studi di psicologia positiva per creare i propri giochi. Con l’avvento dei videogame e della rete, è diventato possibile sperimentare lo stato di flusso in maniera quasi immediata, tanto da spingere rapidamente i giocatori all’assuefazione.

Continuando il ragionamento della game designer americana, basato sullo studio di Csikszentmihalyi (1990), il flusso a lungo andare può portare alla dipendenza, un tema che ad oggi è affrontato seriamente dall’industria ludica; quest’ultima mira a creare il maggior numero di giocatori in grado di trovare un equilibrio tra la propria vita e i giochi preferiti. In questo modo vi sarebbero molti più giochi per più persone, quando al contrario, un individuo dipendente, ad un certo punto, è costretto a smettere con l’attività ludica, altrimenti rischia di perdere tutto ciò che ha costruito nella vita reale. Dunque, come si visto parlando di Internet, la domanda da porsi è sempre la stessa:

quanto tempo è “troppo” tempo?

McGonigal (2011) osserva che, in molti giochi online esistono dei sistemi di affaticamento che servono a ridurre il tempo passato davanti allo schermo (lo scopo di questi meccanismi è analogo a quello delle detox app, utili a staccarsi temporaneamente dal proprio device digitale). In World of Warcraft (1994), per esempio, si accumulano dei resting bonus,

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bonus da riposo, per ogni ora che si trascorre fuori dal gioco. Al successivo log-in l’avatar può guadagnare ricompense maggiori in base al numero di bonus ottenuti. Ma queste sono soltanto misure di tamponamento.

Nel suo saggio (2011) la game designer suggerisce quindi di creare nuovi giochi, il cui fine vada oltre l’ottenere il flusso e che abbiano un approccio al benessere più duraturo; la sua speranza è di indurci, grazie a queste attività, ad essere più felici anche nei momenti in cui non stiamo giocando, così da ricavare il massimo sia dai giochi che dalle nostre vite reali.

3.5 LE QUATTRO GRATIFICAZIONI DEL GIOCARE

Le analisi degli studi della psicologia positiva hanno portato McGo- nigal nel 2011 ad individuare quattro gruppi di gratificazioni, le quali aiutano nel vivere una vita felice. Come già evidenziato in precedenza (v. paragrafo 3.3), i giochi sono l’attività ideale per sperimentarle contem- poraneamente, all’interno di un ambiente diverso, sicuro e affidabile: 1) Lavoro soddisfacente: varia da persona a persona, ma inizia sempre

con un obiettivo chiaro e degli step ben definiti, che permettano di vedere chiaramente i propri progressi. Esistono alcuni tipi di giochi, i casual games, che forniscono questo tipo di gratificazione in brevissime sessioni intensive. Solitamente vengono giocati nei momenti di noia, di stanchezza o attesa, poiché riescono a dare una soddisfazione a breve termine, capace di migliorare l’andamento di una giornata. Sono giochi facili da apprendere, veloci da giocare e richiedono, rispetto a vide- ogame come ad esempio Halo (2001), una minore concentrazione da parte dell’utente, ma anche una minore memoria e capacità di calcolo da parte dei device. Il loro uso è generalmente legato ai browser web e ai dispositivi mobili (smartphone e tablet), così da renderli efficaci riempitivi in quei momenti di attesa, pausa o relax.

2) Avere successo: aspiriamo tutti a qualcosa e ci piace vedere un costante