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GIOCHI TRADIZIONALI VS DIGITAL

IL CAMBIAMENTO DELLE TECNOLOGIE DIGITALI Quando parliamo di media ci riferiamo tutt’ora ai giornali e alla

4.1 GIOCHI TRADIZIONALI VS DIGITAL

Concordando con quanto affermano i due game designer americani appena citati, McGonigal (2011) articola il ragionamento e arriva ad affermare che i giochi, digitali e non, abbiano in comune quattro tratti principali: (1) un obiettivo, verso cui si concentra l’attenzione dei gioca- tori e che li spinge a non interrompere l’attività prima della fine. (2) Le regole, cioè i vincoli da rispettare per poter giungere alla vittoria, che incentivano il pensiero creativo e l’ideazione di strategie alternative. (3) Un sistema di feedback, il quale indica ai partecipanti la loro vicinanza o lontananza dall’obiettivo, che fornisce in tempo reale delle risposte alle azioni compiute, stimolando così la motivazione ad andare avanti. Infine, (4) la volontà del singolo individuo a partecipare: fondamentale condizione affinché siano riconosciute le prime tre. I videogame essendo infatti un’evoluzione dei giochi tradizionali, ne portano le caratteristiche fondamentali.

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In Rules of Play (2004) gli autori identificano alcune caratteristiche dei giochi che nei videogame risultano particolarmente accentuate e per questo i game designer dovrebbero sfruttarle nel tentativo di creare esperienze di gioco significative.

La prima è l’immediata interattività del sistema, la quale richiede un breve tempo in cui prendere le decisioni da parte del giocatore, poiché ad un’azione corrisponde un istantaneo feedback. Rispetto a quelli tradizionali infatti, i giochi per computer e device digitali sono caratterizzati da un alto livello di interazione e da un’intensa varietà di feedback. È fonte di gratificazione notare che non vi è quasi alcun ritardo tra le azioni compiute dall’utente e le risposte del sistema. Sembra inoltre che il gioco come sistema sia estremamente attento alle nostre mosse e prestazioni, dato che la difficoltà aumenta nel momento in cui si affinano le proprie abilità. In un buon gioco digitale si è sempre al limite delle proprie capacità, sempre sull’orlo della sconfitta, in equilibro tra il fallimento e l’accomplishment (il raggiungimento di un piccolo traguardo o della vittoria finale); e quando il coinvolgimento è tale da non percepire più il mondo reale, si entra nel cosiddetto stato di flusso (Csikszentmihalyi, 1990).

Il secondo elemento individuato da Salen e Zimmerman è la manipo- lazione delle informazioni che vengono date ai giocatori; certamente le nuove tecnologie permettono di dispensare i dati sotto forma di testo, ma anche di immagini, video, audio, contenuti 3D. In particolare è in- teressante il modo in cui spesso riescono a nascondere le informazioni essenziali, così che chi gioca debba sfruttare tutte le proprie abilità per risolvere il dilemma.

Forse però, il tratto più distintivo dei videogame è che possono au- tomatizzare un buon numero di procedure e, così facendo, facilitano le meccaniche di numerosi giochi, altrimenti troppo complessi da riprodurre in un contesto non informatizzato. Nella maggior parte dei giochi non digitali infatti, i giocatori devono portare avanti la partita ad ogni passo, spostando manualmente i pezzi o comportandosi secondo le istruzioni esplicite delineate dalle regole. In un videogioco, il software è in grado di rendere automatiche le procedure e movimento senza input diretti e/o obbligatori di un utente, così che quest’ultimo possa concentrarsi sugli ostacoli da superare o su altri aspetti del gioco.

Infine, una caratteristica che molti videogame possiedono è quella di poter facilitare la comunicazione tra i giocatori. Esistono molte forme di comunicazione mediata dai device, dalle e-mail alle chat di testo, dai

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video in tempo reale alla comunicazione audio. I giochi multiplayer, digi- tali e non, sono contesti che facilitano la socializzazione, tuttavia, i primi offrono la possibilità di comunicare su lunghe distanze e di condividere una serie di spazi sociali con molti altri partecipanti, anche estranei (McGonigal, 2011). Sebbene input e output siano strettamente legati al device utilizzato, la comunicazione non è più limitata soltanto al testo.

Alle quattro caratteristiche appena descritte, McGonigal (2011) ag- giunge un’altra importante differenza tra i giochi tradizionali e i vide- ogame. Quest’ultima sta nella consultazione del regolamento: i primi necessitano della presenza di istruzioni senza le quali è impossibile iniziare una partita; nei secondi, al contrario, è il sistema stesso che guida il giocatore nei suoi primi passi. Questa è una motivazione for- tissima a procedere nel gioco, poiché invita alla scoperta e favorisce l’ingresso nel flusso. Frequentemente infatti si “impara” a giocare durante il cosiddetto Level 0 o Tutorial, un’introduzione sotto forma di primo livello di gioco in cui si viene aiutati a capire quali sono le po- tenzialità del sistema tramite degli indizi ben chiari. Ne troviamo un esempio in Figura 2.3.

A questo punto è più facile analizzare qualsiasi tipo di videogioco ed individuarne le peculiarità. McGonigal (2011) porta tra i suoi esempi Tetris (Alexey Pajitnov, 1984), noto gioco il cui obiettivo è impilare dei blocchetti di forme geometriche diverse che cadono, cercando di in- castrare gli elementi, evitando di lasciare spazi vuoti [Figura 2.4]. Figura 2.3 Indizi nel gioco

per mobile device Alto’s Adventure (Snowman, 2015).

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Mano a mano che si procede e si avanza di livello i pezzi scendono più rapidamente e il solo modo di guadagnare qualche istante è quello di completare un’intera riga. Quando finisce il gioco? Mai. Tetris può continuare all’infinito, non vi è una vittoria, ma solo possibilità di sconfitta. Non è vero dunque che in ogni gioco l’obiettivo finale sia quello di vincere la partita, sebbene vi sia sempre un conflitto, tra due o più giocatori, tra un giocatore e un sistema. In questo caso infatti, lo scopo è quello di stabilire un nuovo record di punteggio, superando se stessi o gli altri giocatori. Anche se non sembra così divertente Tetris è uno tra i giochi per computer più amati. Infatti, il termine addictive – che dà dipendenza – è stato usato per questo più che per qualsiasi altro gioco mai progettato. L’intensità dei feedback che offre, infatti, fa sì che il livello di soddisfazione dell’utente sia sempre alto; ve ne sono tre tipi: visivo (si possono vedere le righe scomparire una dopo l’altra), quantitativo (il punteggio è bene in evidenza e sale costantemente), qualitativo (si percepisce un incremento costante nella difficoltà) (McGonigal, 2011).

In uno dei suoi studi (1986), sebbene non strettamente legato alle attività ludiche, il filosofo statunitense Carse raggruppa i giochi in due macrocategorie: quelli in cui l’obiettivo è vincere, giochi finiti, e gli altri in cui si gioca per continuare a giocare il più a lungo possibile, giochi infiniti. Come abbiamo visto, Tetris fa parte di questi ultimi.

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games – FarmVille (2009), FruitNinja (2010), Candy Crush Saga (2012), e via dicendo – che però, possono portare i giocatori all’assuefazione grazie ai numerosi feedback generati.