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Sono i giochi che ci danno qualcosa da fare quando non c’è niente da fare. Per questo li chiamiamo “passatempi” e li consideriamo banali riempitivi degli interstizi della nostra vita. Ma sono molto più impor- tanti. Sono indizi del futuro. E coltivarli seriamente ora è forse la nostra unica salvezza (Suits in McGonigal, 2011, Prefazione, tr. it. V. Sala).

L

e ricerche condotte su come siamo inclini a percepire la rete e qual

è il ruolo dei device digitali nelle nostre vite mi hanno portata a chiedermi se le parole del filosofo americano Suits potessero essere applicate non soltanto ai giochi, ma anche ad Internet e all’uso che ne facciamo. In tal caso suonerebbero così:

È la rete Internet che ci dà qualcosa da fare quando non c’è niente da fare. Per questo la chiamiamo “passatempo” e la consideriamo un banale riempitivo degli interstizi della nostra vita. Ma è molto più importante. È un indizio del futuro. E coltivarla seriamente ora è forse la nostra unica salvezza.

È vero, Internet ci fornisce sempre qualcosa da fare, se non siamo occupati. Non è certo usanza riferirsi ad essa come ad un passatempo, però sappiamo che lo sono molti degli strumenti disponibili online, come ad esempio i giochi, in primis, i video e lo streaming, i social network, i quotidiani o i siti di news, e così via.

Secondo studiosi come Turkle (2012) e Carr (2011) (v. capitolo 1, paragrafo 5.2), la rete non è altro che un modo per riempire il nostro tempo libero, come potrebbe esserlo un libro, una corsa al parco, un giro con gli amici o un programma tv. Eppure ormai sappiamo che non è affatto così, anzi ad oggi gran parte dei nostri dati personali e professionali sono affidati al Web 2.0. Non siamo obbligati ad usare Internet, ma probabilmente il nostro futuro sarà strettamente legato alla sua evoluzione.

Come si è visto però, la rete, in seguito ad un eccessivo utilizzo, può portare anche ad assuefazione e, in casi estremi, dipendenza. Essendo diffusa in gran parte del globo, fornisce la possibilità di concentrare la nostra attenzione su ciò che più ci piace e ci interessa (siano essi video divertenti, giochi online, chat, articoli, o altro). In questo modo siamo portati a passare più tempo online, appagati da feedback immediati e ricompense gratificanti, le quali alimentano le nostre speranze di successo molto più di quanto non lo facciano le piccole soddisfazioni quotidiane.

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Nel capitolo 1, si è parlato di come navigare in Internet ci permette di costruire nuovi legami (ad esempio di amicizia, professionali o anche più intimi), poiché l’interazione è più semplice perfino con coloro che non conosciamo; le emozioni cosiddette prosociali (v. capitolo 2, paragrafo 3.5), come l’ammirazione per chi è in grado di risolvere i problemi della comunità, o l’orgoglio per qualcuno a cui abbiamo insegnato qualche “segreto” della rete o, ancora, il desiderio di sfidare chi si dimostra pro- vocatorio, incentivano la nascita di nuove relazioni (McGonigal, 2011). Questo fa sì che spesso gli utenti del Web 2.0 si uniscano in comunità online il cui scopo è unico e condiviso, creando così nuovi gruppi di persone, a volte lontane tra loro nella realtà, ma vicine in rete. Ecco perché in alcuni casi ci si sente coinvolti in qualcosa di più grande, in missioni che sembrano impossibili, ma non per questo ci si spaventa; si è tutti parte della stessa squadra virtuale e come ben si sa “l’unione fa la forza”. Tuttavia questi successi non rimangono confinati soltanto all’interno delle nostre vite digitali, anzi, ci cambiano anche come individui e, in alcuni casi, hanno degli effetti significativi sul mondo reale. Oggi si naviga, chatta, studia, ci si informa, si lavora, ci si rilassa online, perché Internet ormai fa parte del mondo reale.

Diventa quindi necessario chiarire cosa si intende per realtà virtuale: in questo capitolo talvolta si fa riferimento alla realtà virtuale in cui ci si immerge in un videogame, ma il termine potrebbe essere utilizzato anche parlando di un qualsiasi gioco non digitale. Per chiarire il concetto, riporto di seguito le parole degli psicologi Anolli e Mantovani, i quali descrivono in maniera esauriente la differenza tra simulazioni virtuali digitali e analogiche:

«Il concetto di simulazione virtuale (computer simulation) fa riferimento a varie forme di simulazione digitale. Mentre le simulazioni analogiche si avvalgono di dispositivi materiali per ricreare “fisicamente” determi- nati aspetti della realtà, quelle virtuali fanno ricorso alle potenzialità informatiche per la riproduzione di fenomeni. […] Tali simulazioni hanno ricevuto un forte impulso dallo sviluppo delle tecnologie digitali […] le quali hanno ampliato le potenzialità della simulazioni virtuali, consen- tendo ai fruitori di fare un’esperienza diretta (ancorché virtuale) di ciò che è simulato a computer» (Anolli, Mantovani, 2011, pag. 145).

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Richiamando il paragone tra il gioco (in particolare i videogiochi) e la rete, favorito dalle parole di Suits ([1978] 2005), si può notare come i due mondi presentino diverse caratteristiche comuni. Entrambi, come è possibile vedere di seguito, vengono spesso accusati di essere soltanto dei modi per perdere tempo, evadere dalla realtà o addirittura creare dipendenza. Certamente un uso sconsiderato dell’uno e dell’altro può avere conseguenze anche molto spiacevoli, però ambedue hanno le potenzialità necessarie per migliorare le nostre vite, facendoci ritrovare il piacere delle piccole gioie quotidiane (cfr. McGonigal, 2011).

Dopo aver tracciato una panoramica della rete nei suoi aspetti positivi e negativi, nel capitolo che segue si presenta una riflessione critica sul ruolo del gioco nella società moderna e, riprendendo quanto sostenuto da studiosi quali ad esempio Csikszentmihalyi (1990) e McGonigal (2011), si riporta un’analisi di come alternative tipologie di attività ludiche contribuiscano a migliorare il nostro quotidiano e spesso persino la nostra stessa esistenza.

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1 IL GIOCO È BELLO FINCHÉ DURA POCO!