Costruire ABM per accompagnare i processi di policy: potenzialità, prospettive
4.1 ABM e processi di policy tra descrizione, spiegazione e partecipazione
Nei capitoli precedenti si è avuto modo di argomentare diffusamente sui rapporti tra paradigma dei Sistemi Adattivi Complessi (CAS) e studio dei processi di po- licy. In sintesi, questi rapporti possono essere considerati da due prospettive. Da una prospettiva cognitiva, l’approccio CAS consente di interrogarsi e cogliere i mec-
canismi sottostanti l’evolversi dei fenomeni sociali che possono incidere sull’esito degli interventi di policy. Meccanismi riconducibili ai comportamenti degli agenti individuali, alle interazioni tra loro e alle interazioni tra i livelli che compongono il sistema oggetto di osservazione. Da una prospettiva operativa l’approccio CAS,
in ottica generativa, guarda alla policy come una componente della riflessività, capacità di adattamento e autorganizzazione del sistema il comportamento del quale è finalizzata a modificare. Il processo stesso di policy si lega al contesto della sua applicazione all’interno di una dinamica coevolutiva e la policy diventa così un processo di accompagnamento. Si è anche cercato di qualificare l’ade- guatezza degli ABM nel fornire strumenti concettuali e metodologici adatti alla rappresentazione dei comportamenti dei Sistemi Adattivi Complessi. Essi hanno infatti negli ultimi 20 anni trovato ampia applicazione nel tentare di comprendere le dinamiche di emergenza dei fenomeni sociali che i diversi settori di policy sono orientati a governare.
In questo quadro di riferimento, nel seguito si illustrano le concrete potenzialità degli ABM nello studio e nel supporto ai processi di policy. Non si intende pro- porre un repertorio dell’utilizzo degli ABM per lo studio degli scenari di inter- vento pubblico nei diversi ambiti (settori di policy) di suddivisione dello spazio sociale1. È sufficiente richiamare il recente crescente impiego di queste tecniche 1 Per approfondimenti su specifici temi di interesse si rimanda al testo di Hammond e, più in generale, alle abbondanti risorse web. È importante sottolineare infatti che data la natura impli- citamente ‘tecnologica’ degli ABM la comunità di modellisti intrattiene con la rete un rapporto par-
in un ampio ventaglio di campi di applicazione (Hammond 2015): uso del suolo e politiche agricole; ecosistemi e gestione delle risorse naturali; epidemiologia e in particolare il controllo dei focolai e delle dinamiche di diffusione delle malat- tie trasmissibili; progettazione di interventi di politica economica; educazione e sistema scolastico; politiche dell’innovazione; sviluppo urbano sostenibile e mo- bilità; studio delle strategie di campagna elettorale e, nel settore privato, logistica e strategie di marketing.
Le applicazioni ABM per lo studio dei processi di policy cominciano quindi ad essere numerose. Usando un certo grado di semplificazione si possono indivi- duare due orientamenti nell’impiego degli ABM a supporto di un policy ma- king complexity-based, ciascuno riconducibile ad una delle prospettive indicate in
apertura di paragrafo per qualificare le relazioni tra complexity e policy: i modelli prescrittivi legati alla prospettiva cognitiva e i modelli partecipativi realizzazione di una
prospettiva più operativa (Boero e Squazzoni cit.).
I modelli prescrittivi si inscrivono in una cornice epistemologica essenzialmente
positivista. Fondandosi sull’idea che sia possibile raggiungere una conoscenza oggettiva dei fenomeni di interesse, sufficientemente ‘scientifica’ da poter rappre- sentare una base certa per formulare raccomandazioni ai policy makers, questo tipo di approccio modellistico si propone primariamente di fornire strumenti efficaci di acquisizione, elaborazione e restituzione delle informazioni. Concen- trato sulla comprensione dei meccanismi nascosti di produzione degli effetti degli interventi di policy, l’impiego degli ABM è finalizzato a fornire evidenze, quanto più possibile empiricamente fondate, delle possibili conseguenze delle diverse opzioni di policy. La complessità del reale viene indagata dal ricercatore/modelli- sta e i risultati dell’indagine vengono trasferiti ai decisori che possono contare su una nuova e diversa comprensione dei contesti su cui devono intervenire. In que- sta impostazione, l’attività di modellizzazione precede e supporta la decisione. I modelli partecipativi, invece, si fondano su un approccio ispirato al costruttivismo
sociale che si orienta verso un processo generativo di costruzione della cono- scenza. In questa prospettiva, la conoscenza di un fenomeno è il prodotto di una costruzione attiva da parte dei soggetti coinvolti che generano una narrazione condivisa della situazione. È un processo di apprendimento in cui il momento della produzione e dell’acquisizione di conoscenza si fondono. In concreto, l’o- biettivo di un’attività modellistica ispirata a questo approccio è la messa a punto di un ABM attraverso la partecipazione di ricercatori, policy makers, stakeholders ticolarmente vivo e intenso. Il web è una fonte di risorse utili all’attività modellistica, un repository di applicazioni ed anche uno strumento di visualizzazione e sperimentazione. Per operare ricerche tematiche su modelli sviluppati si guardi tra gli altri agli URL https://www.openabm.org/,http:// modelingcommons.org/account/login, http://jasss.soc.surrey.ac.uk/JASSS.html.
Utilizzando Google, la ricerca con le keywords “agent based models” + nome del settore di policy di interesse produce in genere soddisfacenti risultati.
ed altri componenti del policy subsystem. Questi attori sono ad un tempo soggetto
e oggetto di apprendimento ovvero sono coinvolti in un processo di costruzione di conoscenza (attraverso il modello) di cui l’attività di policy making è parte costituiva (o il modello è parte costitutiva del processo di policy making, se si preferisce). In questo caso quindi la partecipazione allargata non è finalizzata alla (pur fondamentale) acquisizione di informazione ma alla costruzione di una visione condivisa dei problemi e alla compenetrazione tra il processo di policy e la sua rappresentazione.
I modelli prescrittivi, coerentemente con i loro obiettivi, possono essere utilizzati estensivamente a condizione che informazioni e dati siano disponibili su agenti e processi del modello.
I modelli partecipativi, invece, si sviluppano in situazioni di maggiore asimmetria o incertezza informativa in cui diventa cruciale la partecipazione di tutti gli atto- ri interessati. L’obiettivo, il cui perseguimento accompagna la fase del processo decisionale, è quello di raggiungere una rappresentazione dettagliata e condivisa che può supportare o addirittura risultare da pratiche di mediazione nella ricerca di soluzioni a problemi collettivi.
Un’applicazione paradigmatica di questo ultimo approccio è quella relativa alla gestione di risorse naturali condivise in Causse Méjan, una regione nel sud della Francia (Etienne et al 2003)2. Il problema si poneva nei termini della concorren- za tra le strategie di utilizzo dell’area, da destinarsi a bosco oppure ad allevamento. Il processo di acquisizione delle informazioni e costruzione del modello è stato strutturato in molteplici passaggi che hanno accompagnato i diversi portatori di interesse nella costruzione di una visione condivisa del problema e nella conse- guente identificazione delle strategie di policy per la sua soluzione. Le parole dei ricercatori responsabili del progetto ne descrivono bene il percorso:
The involvement of the stakeholders throughout the modelling process was based on four concepts: 1) the opinion, the specific way in which each sta- keholder perceives his resources and identifies the entities to be managed; 2) the viewpoint, a spatial representation of an opinion; 3) indicators, a set of markers selected by the stakeholders to monitor the dynamics of their system; and 4) scenarios, prospective management rules to tackle the pine encroach- ment problem. The interaction between the model and the stakeholders mo- ved progressively from local individual aspects to global collective processes.
2 L’esperienza cui si fa riferimento si inscrive nelle attività di una comunità di modellisti raccolti intorno al progetto CORMAS (http://cormas.cirad.fr/ indexeng.htm.), emanazione del Centre de coopération internationale en recherche agronomique pour le développement (CIRAD). Il progetto è finalizzato allo studio delle interazioni tra ambiente e società, focalizzandosi in parti- colare sui conflitti in presenza di gestione condivisa e conflittuale di risorse naturali. La modelliz- zazione ad agenti è stata scelta come metodologia di analisi e supporto delle attività e il gruppo di ricerca mette a disposizione online strumenti software, riferimenti teorici e metodologici e un vasto repertorio di pubblicazioni ed esperienze.
It began exclusively with the specific parts of the model accounting for the practices of a specific stakeholder through individual enquiries (the National Park scientist who specialised in birds, a representative of milk ewe farmers, etc). The following meetings gathered several agents of the same category (conservationists, foresters) in order to get a common opinion if not agree- ment on the current state of the model. To build up the collective scenarios, meetings with the three categories of agents were organised both to assimilate the functioning of the model and to share representations among stakehol- ders. (Etienne et al 2003).
Grazie a questo processo di coinvolgimento incrementale degli stakeholders si è potuto giungere alla individuazione di otto scenari di policy da confrontare attra- verso l’implementazione in un modello condiviso della situazione da gestire. Il modello ha quindi non solo offerto una prospettiva di osservazione che si facesse carico della complessità dei fenomeni oggetto di decisione, ma ha soprattutto consentito di individuare delle strategie condivise di impiego dell’area. La co- struzione di conoscenza (ovvero la costruzione del modello) si è accompagnata all’apprendimento da parte degli attori rispetto al problema (ovvero la risorsa na- turale oggetto di contesa), alla globalità del sistema sociale-ambientale coinvolto nella decisione, ai propri e agli altri obiettivi. Gli stakeholders hanno avuto modo di condividere l’analisi delle frizioni che li separavano (oggettivizzare in qualche modo il problema) e convenire sulla scelta delle strategie tra quelle che, sulla base delle loro percezioni, erano state simulate e i cui esiti dipendevano anche dal loro comportamento.
L’esempio che si è voluto descrivere consente di qualificare meglio il portato dell’applicazione degli ABM ai processi di policy. I due tipi di approccio mo- dellistico (prescrittivo e partecipativo) e le prospettive cui, in buona parte, si ri- chiamano (cognitivista e costruttivista) si collocano su due diversi livelli di utilità nel supporto che possono fornire allo studio ed allo sviluppo dei processi di policy. I modelli partecipativi si collocano al più alto livello di influenza sulle azioni di policy che può derivare da un processo di costruzione di conoscenza. Essi condividono con altre metodologie di indagine qualitativa (che si richiama- no alla ricerca-azione) il processo di modifica in corso di indagine dell’oggetto che vanno studiando. Ma ancor più di questi, i modelli partecipativi applicati alla policy non inducono solo cambiamenti nelle credenze, nella conoscenza e nei comportamenti degli attori che compongono il policy subsystem oggetto di osservazione ma diventano lo strumento per la sua stessa definizione. I modelli prescrittivi si pongono invece in una più tradizionale posizione ancillare rispetto al policy making sebbene rappresentino in ogni caso un importante passo avanti nella costruzione di una conoscenza realmente utile per la decisione. Utilità che risiede non tanto o non solo nella possibilità di formulare previsioni (nei limi- ti di validità propri di ogni previsione) quanto nell’accuratezza (empiricamente
fondata) della ricostruzione della realtà che consente di intercettarne i fenomeni complessi. Anche sul piano cognitivo però i modelli partecipativi si pongono ad un livello di comprensione superiore, in ragione della maggiore accuratezza nella descrizione del sistema consentita dal coinvolgimento degli stakeholders. A loro vantaggio, i modelli prescrittivi hanno l’universalità di applicazione e l’economi- cità del processo di analisi.
Scendendo su un piano di più immediata praticità, nel promuovere il coinvolgi- mento degli stakeholders e dei decisori pubblici, il cui portato in termini cognitivi e strategici è stato ampiamente chiarito nelle righe precedenti, gli ABM hanno un ulteriore punto di forza in quanto possono risultare molto attrattivi nei confronti dei decisori pubblici. Nigel Gilbert nella prefazione ad un lavoro incentrato sul- la modellizzazione delle policy infrastrutturali (van Dam et al, 2012) individua almeno tre ‘vantaggi competitivi’ della simulazione rispetto ad altri metodi di indagine sociale:
Appealing. L’idea alla base di un ABM è accessibile e facile da capire anche per chi
non ha alcuna familiarità con l’approccio. Un ABM è costituito da una serie di agenti che corrispondono in genere, nel caso delle policy, ad individui (o organiz- zazioni o altri raggruppamenti) nel mondo reale. Questo significa che gli agenti sono ricreati in modo da comportarsi e interagire con modalità ragionevolmente assimilabili ai veri attori, di sperimentare gli stessi vincoli e avere analoghe possi- bilità di accesso all’informazione. Questa corrispondenza ‘uno-a-uno’ tra quello che vediamo vivere nel sistema sotto osservazione nel mondo reale e ciò che è simulato nel sistema rappresentato dal modello lo rende di facile comprensione. Gilbert sottolinea come questa forte analogia tra realtà vera e realtà simulata in anni di pervasiva diffusione dei role games e di altri sistemi di virtualizzazione delle esperienze via Internet abbassi molto la barriera all’entrata per gli utilizza- tori degli ABM. Questa potrà sembrare un’osservazione banale, ma è assoluta- mente coerente con gli assunti di razionalità limitata che, attraverso i framework cognitivi costruiti su analogie, orientano i processi decisionali individuali.
Trasparenza. Un buon ABM può risultare quindi relativamente ‘trasparente’ per
l’utilizzo e la sperimentazione da parte dei decisori in ragione del fatto che pro- duce delle informazioni e dati osservabili sugli esiti dei diversi scenari. Nel caso di un modello-teorico, ovvero di un modello di simulazione slegato dalla validazio- ne empirica, il policy maker può comunque essere facilmente persuaso della plau- sibilità del modello se questo reagisce in maniera verosimile alle perturbazioni che lo sperimentatore (il policy maker stesso, considerata la semplicità di utilizzo) applica alle proprietà o ai comportamenti degli agenti, oppure alle condizioni di contesto generale. Se poi sono disponibili dati e informazioni per la piena valida- zione, il modello riuscirà facilmente a guadagnarsi la fiducia dei pragmatici deci- sion makers che in genere prediligono ‘dati e previsioni’ come esito delle attività di ricerca commissionate.
Flessibilità. L’eterogeneità di agenti, fenomeni e interazioni che possono essere
simulate in un modello ad agenti ne fa uno strumento estremamente flessibile in cui i ‘submodelli’ che rappresentano i comportamenti degli agenti possono essere integrati e adattati a diversi contesti di azione ovvero a diversi ambiti di policy. Ma gli ABM non sono gli unici strumenti computazionali a disposizione dei ri- cercatori per intercettare la complessità dei processi di policy. Utile in questo senso il confronto tra le alternative disponibile rispetto alle fasi del ciclo di policy analysis3 tiportato in tabella 2 (Ghorbani et al. 2014).
Fase del ciclo di policy
analysis Aspetti rilevanti per fase di analisi Metodi
NEM TGT SD SG ABM
definizione del pro- blema
comunicare con gli esperti X X O
parametrizzare i problemi X X X X X
identificare il target X X X
identificare risorse, caratteristiche e confini del
sistema X O
criteri di valutazione
specificare indicatori X O
collegare indicatori
e definizione del problema X X X X X
identificare tolleranze e valori
estremi X X X X
3 Nell‘ utilizzare il ciclo di policy analysis Ghorbani fa riferimento al lavoro di Patton (Pat- ton, C.V., and D.S. Sawicki. 1993. Basic Methods of policy Analysis and Planning, Vol. 7. Prentice Hall Englewood Cliffs, NJ.).
Il ciclo di policy analysis è un tentativo di finalizzare le attività cognitive al servizio del ciclo di policy collocandole lungo il ciclo del processo. Individua le seguenti attività: definire il problema; stabilire criteri di valutazione; identificare alternative di policy; valutare alternative di policy (secondo i criteri stabiliti); distinguere le alternative di policy; monitorare l’implemetazione delle policy.
identificazione delle alternative di policy
identificare caratteristiche della
policy X X X
Collegare policy e indicatori X X X X
includere aspetti tecnici e
politici X X X
presentare alternative di policy X X O
supporto alla decisione e selezione alternative
di policy
comparare alternative di policy X X X
processi decisionali parteci-
pativi X X
costruire scenari X X X X
esplorare possibili reazioni alle
policy X
testare i valori estremi X X X X
monitoraggio
comparare situazioni prima e
dopo l’intervento X X X X X
tracciare le reazioni X
Tabella 2. - Metodi computazionali per il supporto delle policy a confronto (nostra elaborazione da Ghorbani cit.)
Legenda:
V=originale del testo; O = nostra elaborazione
Modelli Neo-classici di Equilibio (NEM);Teoria dei Giochi (TGT); System Dynamics (SD); Serious Games (SG); Agent Based Models(ABM)4.
Il confronto consente di evidenziare punti di forza e debolezza di ciascuno dei metodi analizzati e di quantificare e qualificare l’importanza relativa degli ABM nell’attività di supporto alle diverse fasi del policy process per come vengono mappate dal ciclo di policy analysis.
Due punti meritano attenzione ai fini della generale argomentazione del lavoro. Innanzi tutto, stando alle valutazioni degli autori, (‘X’ nella tabella) in termini di quantità i modelli ad agenti risultano coprire, a pari merito con i Serious Game, il maggior numero di dimensioni analitiche ritenute di interesse (13 su 18). Ancor più interessante è però la considerazione qualitativa della ‘performance metodo- 4 Per una descrizione dei metodi si rimanda al testo del paper.
logica’. Gli ABM risultano infatti essere gli unici a soddisfare pienamente le esi- genze di Supporto alla Decisione e Monitoraggio, ma essere carenti nella fase di identificazione delle Alternative di policy. A fronte di queste considerazioni, ci si è permessi di emendare in parte il confronto aggiungendo delle features alla per- formance cognitiva degli ABM (‘O’ nella tabella). Nel lavoro di Ghorbani, infatti, è facile rilevare una certa sottostima della flessibilità di implementazione degli ABM cui viene riconosciuto il ‘limite’ dell’impostazione bottom-up ovvero l’inca-
pacità di presidiare fenomeni top-down quali, appunto, le alternative di policy, l’identificazione dei confini del sistema e la definizione degli indicatori e il coin- volgimento degli esperti. Credo che quanto ampiamente descritto nelle sezioni precedenti fornisca elementi per la soddisfazione di queste esigenze: il modello partecipativo ci sembra rispondere agli ultimi tre rilievi; rispetto al primo, in ter- mini meramente operativi una attenta configurazione dei parametri di simulazio- ne nel modello dovrebbe fornire efficace soluzione, in termini di individuazione dello spazio di alternative possibili, una interessante prospettiva di integrazione dell’approccio ABM viene fornita nel successivo paragrafo.
La seconda osservazione è relativa ad un’occasione mancata. La mappatura delle performance cognitive dei metodi analizzati sul ciclo di policy e non sul ciclo di policy analysis avrebbe infatti consentito di interrogarsi su quanto dell’intero pro- cesso di policy possa essere utilmente osservato dai diversi strumenti. E avrebbe consentito di individuare l’effettiva debolezza degli ABM e del paradigma della complexity nella mancata considerazione della fase decisionale. L’analisi di poli- cy complexity-based mediata dagli ABM si concentra sugli effetti assumendo le policy come esogene, prodotto di un processo che rimane una ‘scatola nera’. Un ‘vuoto cognitivo’ tipico dei modelli prescrittivi che nei modelli partecipativi, per loro natura, è attenuato seppure non risolto dalla coevoluzione dello strumento cognitivo e della definizione della policy.
Qualche passo avanti si può però auspicare, certi della sua opportunità, meno della praticabilità. Sia da un punto di vista meramente scientifico che da quel- lo delle applicazioni pratiche, l’apertura e l’inclusione negli ABM dei processi decisionali può rappresentare un’importante evoluzione del quadro cognitivo risultante. Un’apertura che, in termini metodologici, implicherebbe l’internaliz- zazione nei modelli dei risultati provenienti da altri metodi tra quelli analizzati (i Serious Game, la Teoria dei Giochi) che forniscono efficaci strumenti per la lettura ed anche la modellizzazione delle arene decisionali. Ipotesi interessante ma sicuramente non banale nella sua realizzazione pratica. Pionieristici tentativi in questa direzione sono già stati fatti a supporto della ragionevolezza di questa ipotesi di lavoro5 ma l’operazionalizzazione di questa ipotesi di lavoro dovrebbe comunque considerare attentamente il bilancio tra impegno richiesto e risultati 5 Si fa qui riferimento al modello , sviluppato in Fortran, di Cohen, March e Olsen (Cohen et al 1972) presentato in occasione della loro proposta del modello decisionale garbage-can.
prodotti. L’idea alla base è di riuscire ad associare alle diverse opzioni di policy la descrizione delle arene decisionali che dovrebbero valutarle, ovvero la consi- derazione delle loro reali condizioni di successo. L’obiettivo quello di escludere a priori opzioni chiaramente irrealizzabili. In termini di alternative di policy questa integrazione concorrerebbe a definire uno spazio di possibilità (ovvero differenti proposte e relative probabilità di successo in relazione ai diversi processi decisio- nali). In termini disciplinari infine significherebbe gettare un saldo ponte di co- municazione tra la tradizione della complexity, concentrata sugli effetti, e quella della policy analysis, concetrata sui processi. Che sarebbe già un risultato di valore al di là dell’utilità pratica di un esercizio modellistico così complesso.