• Non ci sono risultati.

Rappresentare la complessità dei fenomeni sociali: i modelli di simulazione basati su

3.2 La modellizzazione ad agenti nella tradizione di ricerca sociologica

3.2.1 Tra qualità e quantità, oltre i mixed methods

Si è già avuto modo di introdurre alcuni elementi circa i limiti dei tradizio- nali approcci qualitativi e quantitativi alla ricerca sociale. Nel seguito vengono richiamati brevemente per qualificare rispetto ad essi la novità della proposta ABM.

La scelta rispetto ad una famiglia di metodi di indagine si può ricondurre alla finalità stessa delle attività di ricerca che da quei metodi devono essere suppor- tate:

- i metodi qualitativi tendono a focalizzarsi sulla spiegazione dei fenomeni sociali come risultanti da processi (o meccanismi). A tal fine si rivolgono allo studio comparativo approfondito di un ristretto numero di casi colti e osservati nella loro complessità senza preoccuparsi di ridurre il numero delle variabili considerate (metodi small-N e case oriented);

- i metodi quantitativi invece cercano di comprendere i fenomeni sociali in- dividuando la relazione tra le variabili che ne approssimano la misurazione senza preoccuparsi dei singoli casi su cui queste vengono rilevate. Considerano quin- di un ristretto numero di variabili riferite a un’ampia popolazione descritta in maniera semplificata (metodi large-N and variables oriented).

La forza dei metodi qualitativi risiede nella ricchezza della spiegazione dei meccanismi causali che presiedono alla realizzazione di un fenomeno, la loro debolezza nella difficoltà di generalizzare le conclusioni in ragione della bas- sa numerosità dei casi osservati e della specificità dei contesti considerati; i metodi quantitativi, invece, sono forti della possibilità di generalizzare i risultati

delle indagini (attraverso tecniche di inferenza e grazie alla possibilità di ripetere le analisi), ma deboli nello spiegare le dinamiche causali al di là della forza delle relazioni tra le variabili considerate.

Non esiste un approccio migliore in assoluto ed è compito del ricercatore indi- viduare di volta in volta l’approccio più adeguato alla realtà che si vuole indagare, alle domande di ricerca che ci si pone e alle informazioni disponibili. Cio- nonostante è indubbio che i limiti e le specificità dei due approcci lascino, da una parte, un vuoto informativo e dall’altra generino una certa difficoltà di comunicazione tra i due universi metodologici, soprattutto in termini di recipro- co riconoscimento della validità dei risultati raggiunti nelle analisi.

Nella direzione di superare questo gap metodologico sono ormai nume- rosi i tentativi di utilizzare tecniche e metodi riconducibili ad entrambi gli approcci (i cosiddetti progetti di ricerca mixed-method). Gli esiti non sembrano

essere confortanti giacché il risultato del mixing non si risolve nell’effettiva

combinazione di diverse tipologie di dati e diversi metodi di elaborazione (ovvero in una vera miscela) quanto nella compresenza dei diversi approcci all’interno della stessa ricerca (ovvero in un miscuglio). La separazione tra ricerca qualitativa e quantitativa continua quindi a generare risultati solo parzial- mente condivisi che dal piano cognitivo possono ricadere su quello operativo se tali acquisizioni devono guidare la pianificazione e valutazione di interventi volti a modificare la realtà all’interno della quale i fenomeni si manifestano, come è nel caso degli interventi di policies (ma in genere nei meccanismi decisionali

strategici delle organizzazioni).

I modelli basati su agenti invece possono (devono) essere alimentati da dati, informazioni e ipotesi di ricerca pertinenti ad entrambi gli approcci metodologi- ci. Un esempio paradigmatico è fornito da Chattoe–Brown (cit.) che sostiene come gli ABM rappresentino sotto questa prospettiva una reale novità nel panorama della ricerca sociale.

L’autore propone un esperimento mentale rivolto a rendere ‘plausibile’ il modello di segregazione di Schelling (Schelling 1971), laddove per plausibilità di un modello si intende la sua capacità di superamento del processo di valida- zione rispetto ai dati rilevati nel mondo reale.

Il modello di Schelling (v. box 1) è infatti un modello prettamente teorico. Ciò significa che nelle intenzioni dell’autore non c’era alcuna pretesa di riprodurre dati empiricamente osservati riguardo la formazione di cluster etnici all’interno delle città ma solo l’esplorazione di ipotesi interpretative del fenomeno fondate sui comportamenti e le preferenze individuali.

Box 1 – Il modello di segregazione di Schelling

Obiettivo del modello: osservare gli effetti di diverse soglie di tolleranza individuale verso l’origine etnica dei propri vicini nella determinazione di cluster etnici all’interno delle città.

Struttura del modello:

A. L’ambiente: contesto urbano stilizzato in una griglia di N x N celle, ognuna delle quali può ospitare al mes-

simo un agente. Ogni agente può quindi avere da 0 a 8 vicini.

B. Gli agenti

Proprietà: forma (triangolo/cerchio).

Obiettivi: avere una percentuale di vicini della propria stessa forma superiore a una certa soglia di soddisfazione (o di tolleranza).

Comportamenti:

- se il numero di vicini della stessa forma è inferiore alla soglia di soddisfazione gli agenti si rilocalizzano, altrimenti rimangono nella localizzazione corrente;

- il processo di rilocalizzazione secondo questa semplice regola si ripete sino a che il sistema mostra comportamenti evolutivi.

Ovvero la simulazione termina quando l’ambiente è fortemente clusterizzato (massima segregazione) oppure quando è stabilmente eterogeneo (massima mescolanza).

Es: il comportamento dell’agente centrale in 3 scenari residenziali e con soglia di soddisfazione (tolleranza del diverso) pari a 75%, (ovvero 6 vicini su 8)

Scenario 1: 18,7% di vicini simili -> l’agente deciderà di rilocalizzarsi Scenario 2: 37,5% di vicini simili -> l’agente deciderà di rilocalizzarsi

Scenario 3: 75% % di vicini simili -> l’agente è soddisfatto e quindi non si rilocalizzerà

Rendere questo modello teorico un modello esplicativo, in questo consiste l’esperimento mentale proposto, significa alimentarlo con informazioni e dati raccolti dal mondo reale, ovvero (semplificando):

1. Disporre di una descrizione accurata delle variabili sociodemografiche che rappresentano il territorio oggetto di indagine in modo da riprodurre l’eterogeneità della popolazione urbana;

2. Attraverso un’attività di rilevazione qualitativa individuare gli schemi de- cisionali degli individui rispetto alle decisioni di rilocalizzazione residenziale (attribuendo quindi il peso corretto alla componente tolleranza, questa atti- vità definisce il ‘generatore di regole’ del modello ERA, figura 3.2);

3. Attribuire agli agenti i diversi schemi decisionali in maniera coerente con il profilo socio-demografico (questa attività concorre a definire il ‘gestore di regole’ del modello ERA);

terns residenziali etnici.

A questo punto si hanno le informazioni utili ad alimentare e validare il mo- dello ABM e in particolare:

- il punto 1 fornisce le informazioni quantitative per l’inizializzazione del modello ovvero per la definizione dell’ambiente e la descrizione degli agenti

- il punto 2 e il punto 3 consentono di definire le regole di comportamen- to rispetto alle scelte residenziali e la loro attribuzione agli agenti

- il punto 4 è necessario per la validazione. Ovvero, per verificare se e quanto i patterns residenziali prodotti dal modello attraverso i mecca-

nismi generativi implementati sulla base delle regole comportamentali riproducono i patterns osservati.

L’esperimento mentale proposto (ma nulla impedisce di farne un esercizio reale) ci sembra metta in luce come i modelli ABM si muovano sul crinale qua- li-quantitativo alimentandosi (e, cosa importante, non potrebbe essere altri- menti) delle informazioni e delle tecniche provenienti da entrambi i versanti. Un modello ABM consente la messa a valore di informazioni eterogenee relative ad un comune oggetto di indagine e quindi permette:

- di gettare luce sui meccanismi che possono spiegare la relazione tra varia- bili aggregate (aggiunge qualità a quantità);

- generalizzare i risultati delle indagini qualitative misurando (con valori numerici, confrontabili e statisticamente trattabili) l’effetto dei comportamenti osservati nel dettaglio individuale (aggiunge quantità a qualità).

3.2.2 Tra micro e macro: ABM, sociologia analitica e complessità