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2.5 In nome della complessità: per un dialogo interdiscipli nare a supporto delle policy

2.5.2 I requisiti di un efficace mediatore cognitivo

Quali caratteristiche dovrebbe avere quindi uno strumento cognitivo efficace per il supporto ai processi di policy ovvero adeguato a far convergere queste molte- plici prospettive di osservazione e complessità? Quale strumento può fornire ai decisori la conoscenza (o informazione intelligente) utile ad operare una valuta- zione efficace degli effetti di alternative di policy, realizzate o da realizzare?

Una precisazione terminologica è d’obbligo. Parlando di costruzione di cono- scenza all’interno dei processi di policy si fa generalmente riferimento, come si è visto, alle attività racchiuse nella fase di valutazione degli effetti degli interventi che dovrebbero riavviare il ciclo di policy su un livello di consapevolezza maggio- re delle possibilità e delle conseguenze dell’azione pubblica. Questo tipo di eser- cizio è la cosiddetta valutazione ‘ex-post’ ma è necessario puntualizzare che nei processi di formazione della decisione, altrettanta se non maggiore importanza è da attribuirsi alla valutazione ‘ex-ante’. Seguendo Simon, infatti,

“La funzione della conoscenza [...] è di determinare quali conseguenze deri- vano da ciascuna delle strategie alternative. Spetta alla conoscenza scegliere dall’intera classe delle conseguenze possibili una sottoclasse più limitata od anche un solo insieme di conseguenze collegate a ciascuna strategia” (Simon 1958)

Il primo obiettivo che si richiede di soddisfare a uno strumento finalizzato a orientare l’azione pubblica (sia esso ex-post o ex-ante) è quindi quello di fornire conoscenza utile alla considerazione e alla scelta di alternative dove utile signifi- ca che riesca ad intercettare le principali caratteristiche dei fenomeni oggetto di osservazione.

strumenti per la comprensione dei modelli di sviluppo urbano (Occelli 2001)12, un termine appropriato per indicare la natura di questo strumento è quello di

mediatore cognitivo. Con questo si intende riferirsi a un dispositivo concettuale e

metodologico che abbia tra i suoi caratteri distintivi la capacità di rappresentare un punto di incontro tra diverse dimensioni delle attività cognitive e di costruzio- ne di conoscenza funzionali a orientare l’azione pubblica.

Un efficace mediatore cognitivo deve innanzi tutto soddisfare due requisiti fon- damentali: rappresentazione della complessità (interna ed esterna al dominio di indagine) e trasferibilità dell’applicazione a diversi domini.

Riguardo il primo requisito, il mediatore cognitivo deve riuscire a rappresentare fenomeni complessi, in genere e nello specifico dei processi di policy. Rispetto a questa sfida, si misura l’adeguatezza della strumentazione disponibile alla pratica della valutazione che mostra i limiti propri degli approcci quantitativi e qualitativi su cui si appoggia.

Indubbiamente i metodi qualitativi (studio di casi approfonditi, individuazione di patterns comportamentali, studio delle preferenze degli attori e dei meccanismi di interazione) offrono strumenti importanti di descrizione di meccanismi che producono complessità all’interno dei sistemi (es. processi decisionali e attuativi delle policy) ma scontano il limite di non poter produrre altro che narrative, ovvero ipotesi che, per quanto ragionevoli, sono sostenute da un’evidenza em- pirica limitata ai pochi casi che un metodo tanto dispendioso può consentire di trattare13. I metodi quantitativi offrono molte consolidate tecniche di valutazione di impatto e di analisi scenariale. Ma anche quando riescono a rappresentare proprietà ed evoluzione dei sistemi complessi, come nel caso dei modelli di Sy- stem Dynamics, rimangono a un livello di analisi aggregato. Non riescono cioè a riprodurre la dinamica micro-macro determinante nella rappresentazione dei sistemi sociali e, in essi, degli effetti dell’intervento pubblico e sono ciechi all’os- servazione delle dinamiche di formazione della decisione. Applicato ai processi di policy, questo primo requisito significa andare oltre questi limiti metodologici ed ottenere generalizzabilità nella spiegazione dei processi e maggiore dettaglio nella considerazione degli effetti.

Il secondo requisito, la trasferibilità nell’applicazione, rimanda all’esigenza di in- dividuare metodi e processi di acquisizione ed elaborazione di informazioni so- lidi, strutturati e adatti a indagare diversi fenomeni e che si rivelino quindi utili strumenti di confronto e di accumulazione di conoscenza. Se a differenti doman- de di ricerca riferite a diversi domini di policy si risponde con strumenti diversi, i cui risultati sono difficilmente comparabili, si alimenta l’incertezza del contesto 12 In quella sede il mediatore cognitivo veniva ‘dotato di caratteristiche che torneranno in parte utili anche qui, ovvero la descrizione di diverse ipotesi attraverso un processo di costruzione condivisa di conoscenza.

di azione che non può che aggiungere complessità all’intero processo.

Un dispositivo concettuale e metodologico che possieda questi requisiti, dovrà poi esercitare la sua funzione di mediazione lungo quattro dimensioni, tra loro strettamente interconnesse.

a. Dimensione esplicativa, rispetto alla quale riuscire a fornire una riduzione della complessità del reale che lo renda comprensibile alla razionalità dei de- cisori. Bisogna infatti tenere a mente che la realtà è complessa ma la scienza non lo è (Parisi, 2001), e ciò che è vero per la scienza a maggior ragione lo è per la razionalità che individui e organizzazioni possono ordinariamente mettere a disposizione della loro comprensione del mondo. Uno strumento di interpretazione della complessità del reale dovrebbe quindi farsi carico di questa complessità, ‘filtrarla’ in qualche modo con lenti interpretative che consentano di restituire una lettura semplificata, ma non distorta e parziale, a chi su quella complessità deve intervenire.

• Dimensione cognitiva, che rimanda alla necessità di rappresentare, con approccio costruttivista, uno strumento di definizione condivisa dei pro- blemi e delle soluzioni. In questo senso, un mediatore cognitivo efficace deve essere in grado di alimentare i processi di apprendimento propri dei percorsi di definizione delle policy e degli esercizi valutativi e costituire un’occasione di integrazione tra i diversi punti di vista degli attori coinvol- ti in un processo di policy. In questo modo, la costruzione di un framing condiviso dei problemi, oltre a un arricchimento in termini di informazio- ne, può diventare una leva importante per individuare adeguate soluzioni. b. Dimensione metodologica, che significa riuscire a porsi in una situazione

terza tra dati e strumenti di ricerca quantitativi e qualitativi e riuscire ad inte- grare una prospettiva di osservazione multilivello.

• Considerati i caratteri distintivi dei sistemi sociali mappati sull’idea di Si- stemi Adattivi Complessi, oltre al superamento dei limiti ricordati sopra riferiti agli approcci tradizionali quali-quantitativi, è importante cogliere le complesse interazioni (multiple e multidirezionali) tra i componenti del sistema ai diversi livelli di scala e le dinamiche di azione e retroazio- ne tra questi stessi livelli. Se si applica l’ottica CAS ai sistemi sociali per comprendere i fenomeni aggregati non si può prescindere dal formulare ipotesi sui meccanismi di aggregazione che dai comportamenti dei com- ponenti elementari portano alla manifestazione degli effetti a livello di sistema nel suo complesso.

stra il documento UE sulla valutazione ex-ante “Methods usually used for theory based evaluations would be appropriate for this process, such as literature review, interviews, focus groups, peer reviews, workshops. Participative appro aches involving stakeholders on each of the component and theme evaluated would ensure ownership of the evaluation inputs to the programme design.”

c. Dimensione teorica, che consiste nel consentire di costruire un linguaggio comune a diverse tradizioni di ricerca e paradigmi di interpretazione dei fatti sociali. Questo significa che il mediatore cognitivo dovrà definirsi e soste- nersi a partire da un framework concettuale che rappresenti un possibile terreno di incontro per diverse ipotesi esplicative più o meno formalizzate in teorie. Questo non significa configurarsi come patchwork indistinto di suggestioni provenienti da diverse scuole e tradizioni, ma significa fondarsi su un ‘programma minimo’ costruito intorno ad alcuni chiari assunti, ele- menti concettuali utili a spiegare degli aspetti del reale che possono facilitare il dialogo interdisciplinare.

I metodi di simulazione basati su agenti, alla cui descrizione è dedicato il prossi- mo capitolo, sembrano essere l’approccio concettuale e metodologico più coe- rente con i requisiti e le funzioni dell’idealtipico ‘mediatore cognitivo’ che è stato qui brevemente descritto.

Capitolo 3

Rappresentare la complessità dei fenomeni