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Costruire ABM per accompagnare i processi di policy: potenzialità, prospettive

4.3 Strumenti per la modellizzazione

In questa sezione vengono presentati gli strumenti di cui la comunità scientifica si sta avvalendo per fare degli ABM un metodo di ricerca in grado, come auspi- cato da Gilbert, di essere appealing, trasparente e flessibile. Di mettere quindi a diposizione dell’analisi dei processi di policy una conoscenza realmente utile, cioè robusta e comprensibile per chi questa conoscenza deve utilizzare per alimentare il processo decisionale.

Nel capitolo seguente, si vedranno questi strumenti in azione in un caso di mo- dellizzazione del sistema della mobilità sistematica.

4.3.1 Descrivere il modello: il protocollo ODD

Il basso livello di standardizzazione e formalizzazione dei modelli ad agenti è uno dei limiti che più spesso vengono rilevati dai critici di questo approc- cio. Si è già avuto modo di sottolineare come questo aspetto abbia ricadute sulla ‘reputazione’ della ricerca condotta attraverso l’impiego di ABM sia per quanto attiene la comunicazione scientifica ovvero la leggibilità e la trasparenza delle ricerche condotte, sia per quanto riguarda, questione più strettamente metodologica, la loro riproducibilità (Angus, 2015).

La ricerca condotta mediante l’utilizzo di ABM sconta infatti, per la relativa no- vità della sua introduzione, un ritardo su questo piano rispetto a più consolidati metodi di indagine sociale, siano essi qualitativi o quantitativi. Gli approcci

tradizione metodologica sufficientemente lunga da consentire alla comunità scientifica una qualche forma di controllo sulla qualità della ricerca condotta e la validità delle conclusioni cui si perviene. Nel caso degli approcci quantitativi,

con cui gli ABM condividono lo sforzo di fornire scientificità alla ricerca sociale, essi ereditano direttamente dagli strumenti che utilizzano un elevato livello di standardizzazione e formalizzazione.

A fronte della esaustività e trasparenza delle equazioni di un modello statistico o analitico, insomma, i modellisti continuano spesso a proporre ai lettori comuni e alla comunità scientifica risultati di ricerca accompagnati da una descrizione del modello che li ha generati o troppo destrutturata o troppo incompleta (o en- trambe) per facilitare il necessario lavoro di valutazione e critica. In questo senso, la pubblicazione del codice con cui è stato implementato il modello si presenta come requisito minimo che in parte può sanare la mancanza di trasparenza. La- scia però aperto il problema riguardo alla standardizzazione e complica, per le in- trinseche difficoltà di lettura di un codice informatico, la fruizione e valutazione del lavoro da parte di chi non possiede adeguate conoscenze nel campo.

Lo sforzo di chiarezza che si richiede ai modellisti quindi sembra essere giustifi- cato e urgente sia da una prospettiva esterna, di confronto con gli altri approcci di indagine, sia per la crescita interna della comunità dei ricercatori che a questo approccio si rifanno.

A tal fine, nei primi anni duemila, un folto gruppo di ricercatori interessati all’im- piego degli ABM ha cominciato a lavorare nella direzione di mettere a punto un protocollo descrittivo dei modelli che riuscisse a sanare in parte la mancanza di metodologie standardizzate. Sebbene l’obiettivo fosse primariamente quello di aumentare l’efficacia della comunicazione e della condivisione dei risultati, e quindi la valutazione e il confronto all’interno della comunità dei pari, presto ci si accorse che gli esiti di questo sforzo potevano avere ricadute in senso non solo strumentale alla comunicazione ma anche prescrittivo, ovvero di supporto all’at- tività stessa di modellizzazione.

L’esigenza della standardizzazione era emersa chiaramente da una conferenza tenutasi ad Irvine, California, nel 2001 e che vide la partecipazione di modellisti che si dedicavano allo studio dei modelli insediativi e del consumo di suolo. Al termine, alcune domande venivano poste rispetto alle molte eterogenee pratiche di descrizione dei modelli:

Is the author clear about the goals of the model? Are these goals appro- priate? Has the model appropriately represented relevant spatial processes? Have standard techniques for verification and validation been used? Are the mechanisms of the model clearly communicated to the audience? Have the model mechanisms been appropriately verified? How does the mod- el compare to other ongoing ABM work? (Polhill et al. 2008)

La preoccupazione era evidentemente riferita all’assenza di un linguaggio standard o di un protocollo di comunicazione condiviso tra i ricercatori che utilizzano ABM. A seguito e in risposta a questi evidenti limiti di trasparenza, pochi anni dopo un nutrito gruppo di modellisti (circa 30 afferenti in massima parte ad Università e istituti di ricerca del Nord Europa) ha messo a punto uno strumento utile a guidare la descrizione dei modelli nelle loro componenti principali (Grimm et al 2006), il protocollo ODD - Overview, Design and Details. Uno schema tripartito che prevedeva:

- una sezione (Overview) dedicata a resituire uno sguardo gene- rale sugli elementi fondamentali del modello;

- una sezione (Design) dedicata agli elementi salienti della sua progetta- zione;

- una sezione (Details) dedicata ad (importanti) aspetti di dettaglio. Lo schema ebbe un certo successo e come i promotori hanno avuto modo di ri- cordare in occasione di una revisione del protocollo proposta qualche anno dopo (Grimm 2010) il beneficio più rilevante, peraltro oltre le aspettative e le intenzio- ni, fu un maggiore rigore nell’atto stesso della creazione del modello a fianco ad un utilizzo crescente in ambiti di complex modelling che non presupponevano, o

non si limitavano, all’uso di ABM.

La tabella 3 presenta gli elementi che costituiscono il protocollo ODD e le varia- zioni non numerose ma sostanziali che sono confluite nella versione aggiornata, testimoni di un processo vivo di riflessione all’interno della comunità di modellisti:

Sezione Versione 2006 Versione 2010

Overview

1. Purpose 1. Purpose

2. State variables, and scales 2. Entities, state variables, and scales 3. Process overview and scheduling 3. Process overview and scheduling

Design con- cepts

4. Design concepts 4. Design concepts • Basic principles • Emergence • Emergence • Adaptation • Adaptation • Fitness • Objectives • Learning • Prediction • Prediction • Sensing • Sensing • Interaction • Interaction • Stochasticity • Stochasticity • Collectives • Collectives • Observation • Observation

Details 5. Initilization6. Input 5. Initialization6. Input data 7. Submodels 7. Submodels

Tabella 3. – Il protocollo ODD e la sua evoluzione, 2006 – 2010.

Nel seguito si propone una sintetica descrizione degli elementi che costituisco- no nella versione più aggiornata il protocollo ODD. È utile una precisazione: nella tabella e nella descrizione che segue i termini che individuano le diverse parti del protocollo sono volutamente lasciati in inglese. Da una parte sarebbe infatti azzardato proporre una traduzione che non trova nessun riscontro in letteratura; dall’altra, trattandosi di strumento con vocazione di standardizza- zione, gli stessi promotori hanno invitato espressamente (Grimm et al 2010) a integrarne, volendo, ma a non modificarne struttura e definizioni. Candidan- dosi a standard metodologico, il suo utilizzo richiede precisione, in conside- razione della successione e della denominazione delle sezioni, dietro la quale si celano i processi logici di organizzazione dei contenuti descrittivi (ovvero si riscontra una certa propedeuticità argomentativa e funzionale). In questo quadro, la sezione dei Design Concepts rilassa un po’ i vincoli di uniformità della struttura. Da una parte non è cogente la compilazione di tutti i punti in esso previsti (ma anche quelli non applicabili devono comunque essere elencati per garantire completezza), dall’altra è possibile aggiungere (in coda a quelli previsti dal modello standard) elementi utili alla descrizione di uno specifico ABM. Come evidenziato in tabella 3 il protocollo è (necessariamente) rigido nella struttura ma inserito in un processo di continua revisione per cui ci sarà sempre spazio per integrare stabilmente le ricorrenze più frequenti di aspetti e concetti liberamente aggiunti dai modellisti, come è il caso delle sezioni ‘lear- ning’ e ‘basic principles’ nella revisione del 2010.

A) Sezione Overview