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Abuso di dipendenza economica e competenza dell’Antitrust

Nel documento L'abuso di dipendenza economica (pagine 141-146)

SEZIONE I. LA COMPETENZA LE AZIONI INIBITORIE

1.1 Abuso di dipendenza economica e competenza dell’Antitrust

1.3 Tutela inibitoria ed obblighi di facere infungibili: l’obbligo a contrarre. SEZIONE II. LA SANZIONE. 2.1 La nullità di cui all’art. 9 quale nullità di protezione. 2.2 La necessaria parziarietà della nullità di cui all’art. 9. 2.3 La legittimazione attiva. SEZIONE III. IL RISARCIMENTO DEL DANNO. 3.1 La natura del risarcimento del danno da abuso di dipendenza economica. Responsabilità da contatto economico. 3.2 Gli elementi costitutivi della fattispecie risarcitoria. La quantificazione del danno

SEZIONE I. LA COMPETENZA - LE AZIONI

INIBITORIE

1.1 Abuso di dipendenza economica e competenza

dell’Antitrust

Illustrati nei capitoli precedenti la natura dell’istituto, le circostanze in cui può sorgere una situazione di dipendenza economica, il campo di applicazione soggettivo ed oggettivo dell’istituto, nonché le fattispecie di abuso, occorre ora volgere l’attenzione ai rimedi che il legislatore ha inteso prevedere per sanzionare, o comunque reagire, alle situazioni di abuso di dipendenza economica.

In primo luogo ed in generale, anche per quanto attiene al sistema dei rimedi previsti, l’art. 9, il cui comma 3 dispone: “Il patto

attraverso il quale si realizzi l’abuso di dipendenza economica è nullo. Il giudice ordinario competente conosce delle azioni in materia di abuso di dipendenza economica, comprese quelle inibitorie e per il risarcimento dei danni”, solleva notevoli problemi in ordine alla

concreta individuazione delle sanzioni applicabili e delle autorità competenti ad irrogarle.

In merito al profilo della competenza, limitandoci per il momento ad una mera lettura di tale disposizione, risulterebbe evidente che l’autorità deputata legalmente a conoscere delle fattispecie di abuso di dipendenza economica ed a sanzionare le stesse sia esclusivamente il giudice ordinario competente per territorio. Tale lettura, tuttavia, si complica solo ove si consideri la circostanza che, ai sensi del successivo comma 3 bis, è espressamente previsto che, ferma l’eventuale applicazione dell’art. 3 l. antitrust, che sanziona l’ abuso di posizione dominante, l’ AGCM può applicare all’impresa dominante le

sanzioni e le diffide di cui all’art. 15 l. antitrust137qualora l’abuso di dipendenza economica sia tale da restringere o falsare in maniera rilevante la concorrenza ed il mercato.

In virtù di tale disposizione, invero, il potere di sanzionare l’abuso di dipendenza economica spetterebbe, al ricorrere di determinate circostanze, non solo al giudice civile ordinariamente competente, ma anche all’AGCM, il quale, pertanto, potrebbe o

Secondo quanto disposto dall’attuale formulazione dell’art. 15 l. antitrust, in caso

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di gravi infrazioni, relative alle fattispecie di abuso di posizione dominante o di intese restrittive, l’Antitrust può applicare una sanzione amministrativa pecuniaria fino al dieci per cento del fatturato realizzato dall’impresa nell’esercizio precedente la diffida. In caso di inottemperanza alla diffida, l’Antitrust applica un’ulteriore sanzione di importo minimo non inferiore al doppio di quella già comminata (nel caso in cui non sia stata precedentemente comminata alcuna sanzione, l’importo massimo è nuovamente pari al dieci per cento realizzato nell’esercizio precedente alla diffida); nell’ipotesi, infine, di ulteriore continuazione da parte dell’impresa dell’attività abusiva l’Antitrust può disporre la sospensione dell’attività dell’impresa fino a 30 giorni. La dottrina ha equiparato tale sistema sanzionatorio alla tecnica francese delle astreintes, inizialmente elaborata dalla giurisprudenza, ha trovato espresso riconoscimento legislativo, e che consiste, in estrema sintesi, nell’imposizione al debitore, condannato all’adempimento in natura, del pagamento di una somma di denaro, ove detto debitore non dia esecuzione all’obbligo disposto con la condanna. È stato rilevato che dopo un primo periodo di “rodaggio”, che, a dir la verità, è stato necessario per l’intero sistema antitrust italiano, in cui l’AGCM ha utilizzato poco il proprio potere sanzionatorio, successivamente detto potere sanzionatorio è stato utilizzato con sempre maggiore frequenza e con un costante inasprimento.

d’ufficio o dietro segnalazione di terzi138, all’esito dell’espletamento dell’istruttoria di cui all’art. 14 l. antitrust, ritenere che l’abuso di dipendenza economica rilevato integri gli estremi dell’abuso di posizione dominante o sia comunque rilevante per la tutela della concorrenza e del mercato.

In merito a tale aspetto è opportuno precisare che, non disconoscendo il fatto che possano darsi casi in cui fattispecie di abuso di posizione dominante possano sovrapporsi a quelle di abuso di dipendenza economica, come, peraltro, sebbene il citato comma 3 bis dell’art. 9 non vi faccia espresso riferimento, non può escludersi che una tale sovrapposizione si possa verificare anche con le intese restrittive — si pensi alle ipotesi di restrizioni verticali della concorrenza — ciò non vuol significare che l’abuso di dipendenza economica sia rilevante ai fini antitrust solo ed unicamente quando detto abuso possa essere ascritto all’una o all’altra figura di cui alla l.

antitrust.

La giurisprudenza del T.A.R. del Lazio si è costantemente pronunciata nel senso

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dell’inammissibilità dei ricorsi introdotti dai denuncianti avverso le decisioni di non avvio dell’istruttoria. In particolare, esso ha affermato (sentenza 9 aprile 2001, sez. I, n. 3056, Ediservice c. Autorità, reperibile in www.giustizia- amministrativa.it): “Ritiene il Collegio che siano fondate le eccezioni di inammissibilità delle

impugnative per difetto di legittimazione della ricorrente. La giurisprudenza amministrativa (Cons. Stato, sez. VI, 30 dicembre 1966, n. 1972; Tar Lazio, sez. I, 23 dicembre 1997, n. 2216; 29 settembre 1998, n. 2746; 15 ottobre 1998, n. 2952; 13 luglio 1999, n. 1558) è concorde nel ritenere che i poteri di cui alla legge n. 287 del 1990 sono preordinati esclusivamente alla tutela del diritto di iniziativa economica nell'ambito del libero mercato, e non alla garanzia di posizioni, individuali o associate, di soggetti fruitori del mercato, con la conseguenza che, a fronte dell'esplicazione dei detti poteri, tutti i soggetti diversi da quelli direttamente incisi sono titolari di un mero interesse indifferenziato rispetto alla pretesa della generalità dei cittadini a che le Autorità preposte alla repressione dei comportamenti illeciti esercitino correttamente e tempestivamente i poteri loro conferiti a tale specifico fine. Tale avviso, che trae fondamento dal più generale principio secondo cui, in tutti i procedimenti repressivi, il soggetto denunciante non ha legittimazione ad essere parte necessaria del giudizio amministrativo (Cons. Stato, sez. VI, n. 1792/1996 cit. e giurisprudenza ivi citata), conduce all'accoglimento dell'eccezione di inammissibilità”.

In tal modo opinando, invero, si finirebbe per dare ragione ai sostenitori della natura esclusivamente privatistica dell’istituto (tra cui rientra l’AGCM stesso), i quali, peraltro, potrebbero trovare ulteriore conforto dalla lettura dell’inciso secondo il quale l’AGCM può esercitare i propri poteri quando l’abuso di dipendenza economica assume rilevanza ai fini della tutela della concorrenza e del mercato, laddove si volesse sostenere, con argomentazione a contrario, che in tutti i casi in cui l’AGCM non intervenga il comportamento denunciato non incida in alcun modo sul gioco della concorrenza e sul mercato.

Una tale ricostruzione, tuttavia, sembrerebbe provare troppo. La disposizione citata, invero, non ha altro fine che quello di stabilire il limite di intervento dell’AGCM, sì da evitare che tale autorità finisca per essere oberata di denunce e subire in tal modo un rallentamento eccessivo nella propria attività.

Il riferimento alla tutela della concorrenza e del mercato deve essere, in tale ottica, inteso quale rinvio generale alle disposizioni della l. antitrust ed ai criteri ed ai principi generali che l’autorità preposta all’enforcement di tale disciplina applica nell’esercizio della propria attività di controllo e sanzionatoria, ed ai sensi della quale la stessa è chiamata ad intervenire non in ogni caso in cui si verifichi una alterazione della concorrenza e del mercato, ma solo nei casi in cui tale alterazione sia rilevante in considerazione dell’estensione geografica del mercato di riferimento e dell’intensità del perturbamento che

provochi o possa provocare su tale mercato139. In assenza di una tale rilevanza, è errato sostenere che non si verifichi tout court una alterazione della concorrenza e del mercato, dovendosi, invece, riconoscere che, in base ad una analisi costi-benefici, il legislatore abbia semplicemente ritenuto che non fosse opportuno impegnare le già limitate risorse dell’AGCM per fattispecie che abbiano un impatto ridotto sull’intero mercato nazionale o su di una sua parte rilevante140.

1.2 Le azioni inibitorie: tutela preventiva e tutela

Nel documento L'abuso di dipendenza economica (pagine 141-146)