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Ambito oggettivo: tesi espansiva contro tesi restrittiva

Nel documento L'abuso di dipendenza economica (pagine 60-69)

SEZIONE I. IL CAMPO DI APPLICAZIONE

1.1 Ambito oggettivo: tesi espansiva contro tesi restrittiva

L’art. 9 della L. 192/1998 disciplina espressamente solo i rapporti tra imprese.

Occorre chiarire se la disciplina in esso contenuta possa essere applicata anche a rapporti diversi da quelli di subfornitura, definiti dall’art. 1.

Facendo leva sul dato letterale, in particolare sull’uso dell’espressione “cliente” anziché “committente”, così come avviene nella restante parte della disciplina della subfornitura e sull’assenza nel testo e nella rubrica dell’art. 9 dell’espressione “subfornitura”, la quasi totalità della dottrina ha affermato la portata espansiva dell’art. 9 anche a quei rapporti che di subfornitura non sono.

L’art. 9 non riguarda solo il contratto di subfornitura ma anche tutti i casi in cui vi è dipendenza economica perché “un’impresa è in

grado di determinare, nei rapporti commerciali con un’altra impresa, un eccessivo squilibrio di diritti e obblighi” ; viene così introdotto nel 41

D. MAFFEIS, Abuso di dipendenza economica, in De Nova (a cura di), La

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nostro ordinamento la fattispecie dell’abuso della dipendenza economica nelle relazioni commerciali tra imprese . 42

La portata del precetto di cui all’art. 9 va oltre la subfornitura: infatti, mentre nel gruppo della subfornitura rientrano la vendita, l’appalto, la somministrazione e la prestazione d’opera, l’ambito di applicazione della disciplina di cui all’art. 9 si estende a qualsiasi contratto tipico o atipico che sia stipulato tra imprese in una situazione di dipendenza economica. Così l’art. 9 potrà applicarsi, ad esempio, ad un contratto di leasing, engineering, franchising, di concessione di vendita, di factoring, di finanziamento, estimatorio, e via dicendo . 43

L’art. 9 non si applica a quei contratti che, pur essendo stipulati tra imprese, non sono però stipulati nella dinamica dei “rapporti commerciali”, perché le imprese non li stipulano nella qualità di “clienti” o “fornitori”: dunque l’art. 9 non si applica ad una transazione, ai contratti bancari, né — per quanto la questione sia più delicata — ad un contratto di fideiussione o più in generale di garanzia stipulato tra imprese commerciali.

R. CASO e R. PARDOLESI, La nuova disciplina del contratto di subfornitura

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(industriale): scampolo di fine millennio o prodromo di tempi migliori?, Riv. dir. privato, 1998: “La norma … continua ad avere un ambito di applicazione che si estende, oltre alla subfornitura, a tutti i contratti tra imprese. In parole povere, quello che ieri era abuso di dipendenza economica è oggi diventata una clausola generale di

abuso di potere contrattuale nelle relazioni negoziali tra imprese”.

Ugualmente A. MAZZIOTTI DI CELSO, sub Art. 9 (Abuso di dipendenza

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economica), in La subfornitura - Commento alla legge 18 giugno 1998 n. 192, a cura di Alpa- Clarizia, Milano, 1999, p. 244-245: “la tutela accordata dalla norma si estende anche alle imprese che si trovino in rapporto di dipendenza economica nei confronti di un fornitore, mentre le altre disposizioni della legge 192/1998 son finalizzate esclusivamente alla tutela del fornitore debole…l’art. 9 risulta applicabile a tutti i rapporti diversi dalla subfornitura in senso stretto, proprio perché tali rapporti sono caratterizzati da un elevato livello di dipendenza del “cliente” (il franchisee o distributore), rispetto al fornitore di beni. Escluderli dalla tutela significherebbe svuotare di significato la protezione del “cliente” che il legislatore ha voluto espressamente assicurare”.

Contrari a questa impostazione troviamo una parte della dottrina , minoritaria, secondo la quale un’espansione oltre i confini 44

della disciplina della subfornitura non appare corretta sotto un profilo sistematico e teleologico della norma.

Secondo questo filone, infatti, un’interpretazione limitativa ai soli rapporti di subfornitura troverebbe fondamento sia nell’inserimento dell’istituto in esame nell’ambito di una normativa specificamente ed unicamente preordinata a disciplinare la subfornitura nelle attività produttive, sia dai lavori preparatori, dove l’introduzione della figura dell’abuso di dipendenza economica viene basata sulla necessità di garantire una maggiore equità dei rapporti.

Ne consegue, che da un punto di vista soggettivo, la norma si applica unicamente alle parti, committente e fornitore, di un rapporto di subfornitura. Una simile impostazione risulterebbe aderente al senso letterale delle parole e alla ratio legis ricostruibile tramite significativi ed utili elementi offerti dalle relazioni illustrative, dai lavori parlamentari e dalle commissioni.

Né contro tale impostazione — sempre secondo tale impostazione restrittiva dell’istituto — può addursi che il riferimento al primo comma ad “un’impresa cliente o fornitrice” porterebbe a ritenere diverso e più ampio l’ambito di applicazione della stessa.

Il termine “fornitore” invece di “subfornitore” è utilizzato anche nell’art. 7 sulla proprietà del progetto da parte del committente, dimostrandosi con ciò che esso è adoperato dal redattore della legge come sinonimo di “subfornitore” e quindi il suo inserimento nell’articolo sull’abuso di dipendenza economica non sottende

R. RINALDI - F.R. TURITTO, L’abuso di dipendenza economica, in Sposato-

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Coccia (a cura di), La disciplina del contratto di subfornitura nella legge n.192 del 1998, Giappichelli, 1999

necessariamente ad una volontà di applicazione per fini più ampi di quelli cui è indirizzata la legge stessa.

L’interpretazione che applicherebbe la norma ad un ambito più esteso dei soli rapporti di subfornitura condurrebbe (sotto il profilo del controllo sull’abusività delle clausole contrattuali) ad una disciplina per le imprese in una situazione contrattuale debole irragionevolmente più favorevole rispetto a quella prevista per i consumatori.

In questo caso una clausola anche se vessatoria non viene considerata tale se è oggetto di negoziazione: esimente non presente nel caso dell’abuso di dipendenza economica.

L’interpretazione estensiva verrebbe dunque a creare un’asimmetria nella tutela di contraenti considerati più deboli, il consumatore in un caso e l’impresa dipendente economicamente nell’altro, dove quello dei due che necessita maggiore tutela (il consumatore) ne riceve di fatto di meno. Tale differenza di approccio, giustificata se la norma sull’abuso di dipendenza economica fosse andata, come nelle prime intenzioni, a far parte integrante della normativa a tutela della concorrenza e del mercato, non avrebbe ragion d’essere al di fuori di tale ambito e potrebbe addirittura porre dubbi di costituzionalità (ai sensi dell’art. 3 Cost.) per la disparità di trattamento derivante dal negare tutela al consumatore per le clausole abusive da lui negoziate, tutela invece concessa alle imprese.

In realtà il motivo dei termini utilizzati nell’art. 9 può ritrovarsi nei riferimenti comparativistici che hanno ispirato ed influenzato le prime redazioni della disposizione. La norma italiana non fa altro che rispecchiare letteralmente la formulazione della norma francese. Tuttavia, essendo quest’ultima parte del diritto della concorrenza, ed in particolare della parte che proibisce l’abuso di posizione dominante, essa ha necessariamente una portata più ampia di quella che, per

costruzione sistematica e volontà del legislatore, ha la disposizione italiana.

Quindi la poco accorta utilizzazione da parte del legislatore italiano dello strumento comparatistico nel contesto di scelte sistematiche differenti (inserimento dell’abuso di dipendenza economica nell’ambito della disciplina della subfornitura anziché nell’ambito della normativa generale sulla concorrenza come in Francia ed in Germania) comporta un’ambiguità di interpretazione dell’ambito di applicazione della norma. Ora, alla luce della specialità della norma italiana questa dottrina risolve tale ambiguità nel senso di delimitare il divieto nei confini tracciati dal rapporto di subfornitura e alle parti che vi partecipano.

La tesi minoritaria a sostegno di una portata restrittiva dell’istituto in esame non può essere accolta per una serie di motivi.

Innanzitutto i lavori preparatori sembrano spingere per un’interpretazione espansiva: mentre gli articoli contenuti nelle prime proposte di legge erano palesemente legati alla subfornitura, al fine di giungere alla modifica dell’art. 3 della L. 287/1990, si è giunti infine a un’estensione della fattispecie rilevante. Non è possibile sostenere che, analizzando tali lavori, l’esclusione della disciplina dalla normativa

antitrust sia derivato dalla volontà di limitare al fenomeno della

subfornitura l’ambito di applicazione dell’articolo.

Infatti, anche ammesso che in passato ci fosse spazio per una forzatura del dato letterale e per una lettura volta ad attribuire al mancato innesto la volontà legislativa di ridurre alla sola subfornitura l’ambito di applicazione della disciplina, “la successiva evoluzione normativa rende impraticabile tale forzatura. Si è già messo in evidenza l’avvenuto ripristino del legame con la disciplina antimonopolistica. Il collegamento istituito non è biunivoco, in quanto sono concepibili abusi rilevanti dal punto di vista civilistico, ma privi

di interesse per l’authority. Tuttavia la configurabilità di un abuso di dipendenza economica nocivo per la concorrenza ed il mercato, e tale da indurre a mettere in campo qualcosa in più rispetto ai meccanismi di

private enforcement, mal si concilia con una visione riduttiva del suo

habitat” .45

La circostanza che l’art. 9 sia inserito all’interno della disciplina sulla subfornitura non è idonea a far prospettare diversa soluzione: la disciplina sull’abuso di dipendenza economica si mostra non in linea con l’intero impianto della legge, se non altro perché protegge espressamente anche il cliente (committente) insieme al fornitore (subfornitore) come avviene nella rimanente disciplina.

Un’interpretazione che limitasse al solo rapporto di subfornitura l’ambito di applicazione dell’art. 9 non sarebbe rispettosa dell’assiologia dell’intera disciplina come invece sarebbe un’interpretazione che estende tale ambito anche a rapporti diversi. L’unica interpretazione rispettosa della ratio dell’intero impianto della 192/1998, quella cioè che limitasse l’ambito di applicazione della norma a protezione del solo subfornitore, sarebbe in contrasto con il dato letterale e quindi inaccettabile.

Alla prospettiva secondo la quale se l’art. 9 fosse esteso oltre la subfornitura condurrebbe, per quanto riguarda il profilo del controllo sull’abusività di clausole contrattuali, ad una disciplina per le imprese in una situazione contrattuale debole più favorevole rispetto a quella prevista a tutela dei consumatori, si può replicare che pur ammettendo che non possano rinvenirsi ragioni che giustifichino il diverso trattamento tra imprese e consumatori, l’eventuale “asimmetria di tutela” permarrebbe anche limitando l’ambito di applicazione alla sola disciplina che riguardi i rapporti di subfornitura tra imprese.

A. PALMIERI, Abuso di dipendenza economica: dal “caso limite” alla (drastica)

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Parte della dottrina, pur ammettendo che l’art. 9 si applichi anche al di là del rapporto di subfornitura, ritiene che esso non si applichi a quei contratti che, pur essendo stipulati tra imprese, non rientrano nella dinamica dei rapporti commerciali, perché le imprese non assumono la qualità di clienti e fornitori.

Appare più preferibile la tesi di chi ritiene che anche a voler riconoscere all’espressione rapporti commerciali (cui al primo comma) “un contenuto precettivo, essa sembra diretta a delineare la situazione

di dipendenza economica, e non i rapporti o i contratti mediante cui si può realizzare l’abuso dello stato di inferiorità altrui” .46

La disciplina prevista all’art. 9 si può applicare in quanto il contratto intercorra tra due soggetti, abusante e abusato, non coinvolgendo terzi; significa che i contratti con i terzi frutto dell’abuso saranno validi o invalidi a partire da ragionamenti non fondati su dati di cui all’art. 9.

1.1 (segue) Gli orientamenti giurisprudenziali

Mentre in dottrina viene affermata quasi unanimemente la portata espansiva dell’art. 9, in giurisprudenza, invece, si rinvengono due orientamenti contrapposti.

Il primo è nel senso di una soluzione restrittiva, secondo la quale il citato art. 9 “derogando al principio della libertà contrattuale,

conferisce al giudice poteri di natura eccezionale qual è quello di riequilibrare l’assetto del contratto e può spingersi fino all’estremo di costituire veri e propri rapporti giuridici fra le parti, determinando in tal modo conseguenze che, ove se ne ritenesse l’applicazione al di fuori della ristretta cerchia delle subforniture, si rivelerebbero

T. LONGU, Il divieto dell’abuso di dipendenza economica nei rapporti tra le

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assolutamente dirompenti dei principi di comune applicazione in materia contrattuale”. 47

Esemplare è anche la pronuncia del Tribunale di Taranto del 22 dicembre 2003 , che non ha accolto il ricorso con cui un franchisee 48

chiedeva di sospendere in via d'urgenza gli effetti della disdetta di un contratto di affiliazione commerciale per l'esercizio del servizio di autonoleggio, intimata dal franchisor nel rispetto del termine di preavviso pattuito. Il giudice di Taranto ha così argomentato: a) il

franchising non è riconducibile ai rapporti di subfornitura, ai quali

soltanto si applica il divieto dell'abuso di dipendenza economica; b) in ogni caso, non è configurabile un'interruzione arbitraria delle relazioni commerciali in atto, allorquando il contratto prevede una durata determinata e attribuisce alle parti la facoltà di non proseguirlo inviando una disdetta nel termine all'uopo concordato.

Nel senso dell’applicazione estensiva dell’istituto dell’abuso di dipendenza economica occorre segnalare l’ordinanza del 6 maggio 2002 emessa dal Tribunale di Bari che costituisce il primo intervento giudiziale in tema di abuso di dipendenza economica. Il giudice ritiene pacifico che il divieto possa trovare applicazione anche al di fuori del contratto di subfornitura .49

Sempre favorevole ad estendere l’ambito oggettivo di applicazione la pronuncia del Tribunale di Catania : l’istituto in esame 50

“deve considerarsi, per sua natura, di applicazione generalizzata a

Così Trib. Torino, ord. 19 novembre 1999, in Foro it., 2000, I, 3014, e Trib.

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Taranto, ord. 28 settembre e 13 ottobre 1999, in Foro it., 2000, I, 624. Trib. Taranto, ord. 22 dicembre 2003, in Foro it., 2004, I, 262.

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Il giudice argomenta sostenendo che in tale senso depongono i precedenti

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(referenti comparatitici tedeschi e francesi), la genesi (iniziale intento di inserire la norma del corpo della legge antitrust), e soprattutto la lettera della legge (utilizzo dei termini “clienti” e “fornitori” anziché “subfornitori” e “committenti”).

Trib. Catania, ord. 5 gennaio 2004, in Foro it., 2004, I, 262.

tutti i rapporti contrattuali tra imprese aventi natura commerciale, sì da non porsi un problema di applicazione analogica o estensiva dello stesso”. Si veda inoltre l’ordinanza del Tribunale di Bari , dove il 51

giudice afferma che “la disciplina dell'abuso di dipendenza economica

si applica a tutti i rapporti contrattuali tra imprese, ivi compreso il franchising”.

Nell'ambito della tesi estensiva particolarmente interessante si rivela, poi, per le distinzioni che opera, il provvedimento del Tribunale di Torre Annunziata secondo il quale, sebbene l'art. 9 non sia da 52

limitare alla sola subfornitura, esso comunque non trova applicazione nel rapporto orizzontale tra imprese, richiedendosi invece che queste ultime siano in relazione verticale nell'ambito di un rapporto produttivo, di distribuzione, di effettuazione di servizi, qualunque sia la direzione della cessione di beni o servizi tra impresa dipendente e dominante.

Da ultimo la Cassazione, a Sezioni Unite, con sentenza del 25 novembre 2011, n. 24906, ha scelto un’interpretazione estensiva affermando che “l’abuso di dipendenza economica di cui all’art. 9

della legge n.192 del 1998 configura una fattispecie di applicazione generale, che può prescindere dall’esistenza di uno specifico rapporto di subfornitura, la quale presuppone, in primo luogo, la situazione di dipendenza economica un’impresa cliente nei confronti di una sua fornitrice, in secondo luogo, l’abuso che di tale situazione venga fatto, determinandosi un significativo squilibrio di diritti e obblighi, considerato anzitutto il dato letterale della norma, ove si parla di imprese clienti o fornitrici, con uso del termine cliente che non è presente altrove nel testo della L. n. 192/1998”.

C’è da augurarsi che la questione sia da considerarsi chiusa.

Trib. Bari, 22 ottobre 2004, in Foro it., 2005, I,1604.

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Trib. Torre Annunziata, 30 marzo 2007, in Giur. merito, 2008, II, 350.

1.2 Ambito soggettivo: il concetto economico di

Nel documento L'abuso di dipendenza economica (pagine 60-69)