• Non ci sono risultati.

Gli accordi; il Governo come soggetto garante del consenso regionale

C APITOLO III – La Conferenza Stato-regioni dalla “teoria” alle prassi dell’ultimo quinquennio

3.9. Gli accordi; il Governo come soggetto garante del consenso regionale

Si è già visto come gli accordi costituiscano fattispecie consensuali a carattere facoltativo generalizzate solo con l’avvento del d.lgs. n. 281/1997 e come anche la produzione di accordi da parte della Conferenza risulti in crescita da un punto di vista “quantitativo”, considerato che nel solo anno 2012 la Conferenza ha stipulato 34 accordi.

La frequenza nella produzione di accordi è dovuta principalmente alla elasticità dei presupposti legali di applicazione del modello; si tratta infatti di uno strumento per mezzo del quale Stato e regioni, in attuazione del principio di leale collaborazione, nel perseguimento di obiettivi di funzionalità, economicità ed efficacia dell’azione amministrativa (art. 4, d.lgs. n. 281/1997) possono tendere al coordinamento dell’esercizio di tutte le rispettive competenze amministrative.

Gli accordi nascono, dunque, come strumento per far convergere le azioni amministrative di Stato e regioni, creando un punto di contatto tra i due soggetti; la notevole capacità degli accordi di favorire l’esercizio unitario delle funzioni amministrative, come introdotti nel modello di cui al d.lgs. n. 281/1997, ha poi influenzato la legislazione successiva, finanche la legge n. 241/1990 (legge sul procedimento amministrativo) che ha introdotto la possibilità per tutte le Pubbliche Amministrazioni di utilizzare l’accordo al fine di “disciplinare lo svolgimento in collaborazione di attività di interesse comune” (art. 15, l. n. 241/1990).

442 R.CARPINO, Evoluzione del sistema delle Conferenza, cit., p. 47, evidenzia come la varietà di temi affrontati dalle intese forti dimostra come la Conferenza diventi “il luogo del dibattito di scelte che sino a qualche anno fa era difficilmente ipotizzabile esulassero dal mero ambito statale”.

167

L’elevata frequenza nella produzione di accordi tra Stato e regioni a seguito della riforma del Titolo V non è tuttavia solo dovuta alla “duttilità” delle condizioni legali di applicazione, quanto anche al nuovo riparto dell’esercizio delle competenze regolamentari443, atteso che l’articolo 117, comma 6, della Costituzione attribuisce ora questa funzione allo Stato per le sole materie di competenza legislativa esclusiva statale, lasciando dunque il potere regolamentare alla regioni in tutti i restanti ambiti materiali di potestà legislativa ripartita o residuale delle regioni.

Dopo il 2001 il Governo si è quindi visto sottrarre la funzione regolamentare, ad esclusione che per le materie di sua esclusiva competenza, talché la stipulazione di un accordo in Conferenza è divenuto uno dei pochi strumenti mediante i quali lo Stato, con il consenso unanime delle regioni, ha potuto continuare ad inserirsi in diversi ambiti materiali, al fine di assicurare una continuità all’esercizio della potestà regolamentare, nel senso di garantire un coordinamento con le regioni nella definizione delle linee attuative.

Anche la prassi conferma peraltro come la maggioranza degli accordi stipulati ha riguardato la disciplina di materie di competenza legislativa ripartita per le quali la Costituzione attribuisce ora la competenza regolamentare alle regioni. Può dar riprova di quanto asserito l’esame degli accordi più rilevanti di recente stipulati:

- sulla ripartizione tra le regioni della riduzione delle somme trasferite dallo Stato in attuazione del “patto di stabilità interno” ai sensi dell’art. 16, c. II, del d.l. n. 95/2012;

- sulla proposta del Ministero della salute di ripartizione alle Regioni, per l’anno 2012, dei fondi per finanziare le attività dei Centri di riferimento interregionali per i trapianti (ai sensi dell’art. 2-ter, c.3, del d.l. n. 81/2004, convertito in legge n. 138/2004); - sulle linee guida concernenti i “criteri per la predisposizione dei

piani di autocontrollo per l’identificazione e la gestione dei pericoli negli stabilimenti che trattano alimenti di origine animale”, in attuazione del regolamento n. 853/2004CE;

- sullo schema di decreto del Ministro della salute relativo al “programma annuale per l’autosufficienza nazionale del sangue e dei suoi prodotti per l’anno 2012”;

- sul documento finalizzato alla “corretta applicazione della normativa per l’assistenza sanitaria alla popolazione straniera da parte delle regioni e province autonome”;

- sulle linee guida inerenti le “modalità per la richiesta di tessuto osseo da parte degli utilizzatori”;

168

- per la definizione delle modalità di erogazione di prestazioni di assistenza sanitaria da parte dell’Istituto Nazionale per l’Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro;

- sui “requisiti minimi organizzativi, strutturali e tecnologici delle strutture sanitarie autorizzate di cui alla legge 19 febbraio 2004, n. 40 per la qualità e la sicurezza nella donazione, l’approvvigionamento, il controllo, la lavorazione, la conservazione, lo stoccaggio e la distribuzione di cellule umane”; - sul documento concernente la determinazione del fabbisogno di

medici specialisti da formare nelle scuole di specializzazione e la ripartizione dei contratti di formazione specialistica a carico dello Stato per l’anno accademico 2011/2012;

- per la regolamentazione dei profili formativi dell’apprendistato per la qualifica e il diploma professionale;

- sul documento concernente la diffusione nelle scuole, di ogni ordine e grado, “dei progetti e delle azioni di innovazione didattica”;

- sugli “indirizzi di Gestione Forestale per i siti della rete Natura 2000”;

- sullo schema dell’atto non regolamentare proposto dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali che, in applicazione di quanto previsto dall’art. 34, c. 2 e 37, c. 2 del d.lgs. n. 8/2008, disciplina la durata, i contenuti minimi e le modalità della formazione del lavoratore in materia di sicurezza sul lavoro, nonché le modalità di formazione del datore di lavoro che voglia svolgere in modo diretto i compiti di prevenzione e protezione dai rischi per i lavoratori stessi.

Questa elencazione dimostra l’eterogeneità degli ambiti e degli interessi oggetto della produzione di accordi, che riguardano, tuttavia, in prevalenza la costituzione di azioni amministrative comuni in materie di potestà ripartita; la prassi conferma quindi l’utilizzo degli accordi per assicurare convergenza all’esercizio del potere regolamentare in settori nei quali lo Stato ha perso la sua competenza.

Varie sono infatti le materie di competenza concorrente interessate dalla produzione di accordi, tra cui si segnalano la “tutela della salute”, “l’istruzione”, la “tutela e sicurezza del lavoro”, nonché determinati profili in materia di “professioni”, mentre si riscontra anche una fattispecie nella quale per mezzo di un accordo si è inteso recepire un regolamento europeo (n. 853/2004CE) inerente, come si è visto, i criteri per la predisposizione dei piani di autocontrollo

169

per l’identificazione e la gestione dei pericoli negli stabilimenti che trattano alimenti di origine animale.

La prassi evidenzia anche come sia stato recepito in un accordo un provvedimento espressione del potere di “cogestione diretta” attribuito alla Conferenza in tema di “patto di stabilità interno”, in particolare relativo alla ripartizione della riduzione delle risorse trasferite dallo Stato444.

In casi siffatti, in cui lo Stato non ha nessun interesse alla contrattazione sul contenuto del provvedimento, non evincendosi nessuna finalità di condivisione delle azioni amministrative di Stato e regioni, sembra mutare il ruolo dello Governo; l’esecutivo statale interviene infatti in Conferenza più in funzione di soggetto garante della corretta deliberazione della Conferenza, che al fine di negoziare con le regioni il contento del provvedimento445.

Inoltre, ferma la discrezionalità delle parti al fine di addivenire alla stipulazione di un accordo, si registrano comunque anche previsioni legislative che richiedono al Governo di concordare in Conferenza le modalità di attuazione prima di approvare atti di carattere normativo, in specie decreti legislativi o decreti ministeriali.

Dall’elencazione prima effettuata si nota infatti come alcuni accordi siano stati raggiunti in forza di una previsione del legislatore statale (in materia di tutela e sicurezza del lavoro” in attuazione degli art. 34, c. 2 e 37, c. 2 del d.lgs. n. 8/2008 e in tema di ripartizione dei fondi a strutture ospedaliere ai sensi dell’art. 2-ter, c.3, del d.l. n. 81/2004) che ha inserito l’accordo nel procedimento di formazione di atti di carattere normativo.

In definitiva, la prassi dimostra il miglioramento anche “qualitativo” della produzione delle fattispecie negoziate, a riprova della postulata duttilità di siffatti strumenti, che allargano sempre di più il proprio raggio d’azione.

Infine, resta da segnalare la problematica del “seguito” degli accordi. Secondo una prima prospettiva, trattandosi di provvedimenti amministrativi a carattere puntuale, essi sono suscettibili di incidere nella sfera giuridica di soggetti terzi, talché in qualche evenienza se n’è anche ammessa l’impugnabilità diretta innanzi al giudice amministrativo ove l’accordo introduca prescrizioni immediatamente lesive per la posizione soggettiva differenziata e qualificata del destinatario del provvedimento446.

444 I criteri di ripartizione della decurtazione delle somme sono stati infatti definiti concretamente dalla Conferenza e trasfusi in un accordo sancito nella seduta del 3 agosto 2012 (in Rep. atti n. 167/CSR); successivamente l’accordo è stato recepito in uno schema di decreto ministeriale, come prescrive la normativa in questione (art. 16, d.l. n. 95/2012) sul quale si è peraltro nuovamente espressa la Conferenza con parere reso nella seduta del 22 novembre 2012 (in Rep. atti n. 216/CSR).

445 Cfr.,R.CARPINO, Evoluzione del sistema delle Conferenza, cit., p. 36 e p. 49, che segnala come il ruolo dello Stato di garante solo formale di accordi raggiunti tra le regioni sia visibile anche in relazione ad alcune fattispecie di intese “forti”.

170

Inoltre, considerata l’incidenza degli accordi in materie di potestà prevalentemente regionale, è rimessa alle regioni stesse la concreta attuazione della disciplina contenuta nell’accordo, sicché si conferma come il ruolo dello Stato sia volto ad assicurare una convergenza delle future azioni amministrative la cui concretizzazione resta di competenza regionale; da tale punto di vista, non sembra necessaria neppure alcuna ulteriore attività deliberativa da parte delle regioni affinché l’accordo produca i suindicati effetti, anche nei confronti di soggetti terzi.

A quanti, infatti, ritengono la necessità che l’accordo debba essere recepito in un successivo provvedimento amministrativo regionale, può infatti replicarsi come sia l’art. 4, c. II, del d.lgs. n. 281/1997, ad escludere siffatta eventualità nel momento in cui prevede che “gli accordi si perfezionano con l’espressione dell’assenso del Governo e dei Presidenti delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano”447

.

Infine, resta da valutare se l’accordo abbia carattere vincolante o meno sulla successiva attività normativa e, quindi, se la legge eventualmente prescrittiva di norme incompatibili con il contenuto dell’accordo stipulato sia sindacabile dalla Corte costituzionale sotto il profilo della violazione del canone cooperativo.

Sul punto la Corte aveva sempre sancito la valenza solo politica dell’accordo, il quale costituirebbe infatti “una manifestazione politica d’intento, che non si inserisce come elemento giuridicamente rilevante nel procedimento legislativo, e tanto meno può costituire parametro cui commisurare la legittimità delle disposizioni impugnate”448.

Tuttavia, di recente, la stessa Corte costituzionale in un giudizio su un conflitto di attribuzioni sollevato dalla Regione Lombardia nei confronti della Presidenza del Consiglio dei Ministri449, sembra porre le basi per una diversa efficacia degli accordi, nel momento in cui ha determinato che “il principio di leale collaborazione, anche in una accezione minimale, impone alle parti che sottoscrivono un accordo ufficiale in una sede istituzionale di tenere fede ad un impegno assunto”.

Precisa ancora la Corte che “la via di concretizzazione del parametro della leale collaborazione che passa attraverso gli accordi in sede di Conferenza

447 Così anche R.CARPINO, Evoluzione del sistema delle Conferenza, cit., p. 37 e ss.. Sul punto vedi anche la posizione del Consiglio di Stato, sez. VI, n. 25 del 5 gennaio 2001 che in questa decisione avente ad oggetto gli accordi di cui all’art. 15 della legge n. 241 del 1990, conferma la non necessità di un atto amministrativo di recepimento dell’accordo, sulla base di principi estensibili anche agli accordi in Conferenza Stato-regioni.

448 Corte costituzionale, sent. n. 437 del 2001; sottolinea in questa pronuncia la Corte come il principio di leale collaborazione non possa essere dilatato “fino a trarne condizionamenti, non altrimenti riconducibili alla Costituzione, rispetto alla formazione e al contenuto delle leggi”.

171

regioni appare anche la più coerente con la sistematica delle autonomie costituzionali, giacché obbedisce ad una concezione orizzontale-collegiale dei reciproci rapporti più che ad una visione verticale-gerarchica degli stessi”.

172

C

APITOLO

IV – Leale collaborazione e sistema delle Conferenze nella

Outline

Documenti correlati